SINTESI DELL`INTERVENTO DI ANDREA APPETECCHIA

SINTESI DELL’INTERVENTO DI ANDREA APPETECCHIA
CONVEGNO “UN MARE DI OPPURTINITA’”
21 MAGGIO 2014
Il mare rappresenta da sempre, agli occhi di un osservatore esterno, un esperienza esotica,
impenetrabile, indefinibile nei meccanismi che ne regolano il funzionamento.
Oggi quell’idea “epica” mal si attaglia all’immagine efficiente che le moderne organizzazioni del
trasporto restituiscono all’esterno. L’orizzonte strategico all’interno del quale si inscrive
l’evoluzione del lavoro in mare è legato, infatti, all’attitudine e alla capacità di rispondere
tempestivamente alle esigenze di mercati sempre più globalizzati che richiedono tempi di presa
e di consegna delle merci sempre più frenetici. Ma non è solo un problema di merci. Le
“immense” navi da crociera, poco hanno a che fare con i traghetti ed i transatlantici di un
tempo, mentre sono più prossimi a villaggi vacanze.
Oggi sono i cosiddetti global carrier che controllano la movimentazione delle merci grazie ad
una fitta rete di percorso logistici integrati che iniziano e finiscono, spesso, molto lontano dai
porti e all’interno del quale si sovrappongono una pluralità di spostamenti non solo per mare,
ma anche per terra e per aria. L’insieme di tali percorsi rappresenta lo scheletro portante delle
economie globalizzate. Il vantaggio competitivo di un percorso non si gioca tanto sulla
localizzazione o sull’efficienza del singolo vettore, ma sul valore medio dei risparmi di tempo e di
costo che il percorso nel suo insieme riesce a totalizzare, cui si aggiungono l’efficacia dei servizi
erogati lungo tutto il tragitto (non solo dunque il trasporto via nave, ma anche dei porti, dei
centri intermodali, degli aeroporti, ecc..).
Allo stesso modo nel trasporto passeggeri l’esigenza dello spostamento rischia di essere quasi
residuale, rispetto alla ricerca del comfort del viaggio (leisure) e all’intrattenimento dei
passeggeri (entertainment).
D’altra parte, le esigenze di efficienza, sicurezza, rispetto dell’ambiente sono sempre più
pressanti tanto nel settore merci, quanto in quello passeggeri e se non adeguatamente trattate,
rischiano di comprimere le potenzialità di tale insostituibile asset per il commercio e l’economia
internazionale.
Da questo punto di vista, un valido supporto viene offerto dall’attività di ricerca nel settore
marittimo e dalle conseguenti applicazioni industriali.
Si tratta, invero, di un’altra eccellenza nazionale, che attraverso studi e applicazioni sulle forme
degli scafi, dei sistemi antirollio e delle eliche delle navi, sui materiali super idrofobici-ovvero
che limitano l’adesione dell’acqua e, dunque, aumentano lo scivolamento, sui sistemi di
monitoraggio continuo della struttura della nave offre soluzioni al trasporto marittimo per
ridurre i consumi di combustibile, accrescere la sicurezza e il comfort della navigazione, limitare
gli impatti negativi su ambiente ed habitat naturale.
Il cluster marittimo ricopre un ruolo fondamentale, nel sostegno al rilancio dell’economia
mondiale, ed attraverso un patto sinergico tra ricerca industria e operatori può rispondere al
meglio alle nuove sfide della sicurezza e della sostenibilità ambientale.
Ma a fronte dei cambiamenti evidenziati, la carenza di risorse umane adeguatamente qualificate
può rappresentare un altro freno per lo sviluppo di tali potenzialità.
Nel 2020 a livello mondiale - secondo le previsioni, sia della Commissione Europea che di Istituti
internazionali specializzati - vi sarà la necessità di ampliare l’attuale forza lavoro di circa 32.000
ufficiali, e di circa 47.000 i marinai semplici (Study on seafarers employment 2011). Il gap tra
domanda e offerta di profili professionali specializzati nel comparto marittimo dovrebbe già nel
2015 attestarsi intorno al 3,5% (circa 23.000 marinai comuni e oltre 15.000 ufficiali in meno
rispetto alla potenziale domanda).
La crescita della domanda planetaria di trasporto, il conseguente ampliamento della flotta e
della complessità, sia tecnologica che strutturale delle navi, provocherà infatti un incremento
costante della domanda di personale qualificato cui le attuali strutture formative non sono in
grado rispondere.
Il cluster marittimo italiano, che secondo il Terzo rapporto sull’economia del mare
dell’Unioncamere, oggi rappresenta circa il 3% del Pil italiano e raccoglie il 3,3%
dell’occupazione nazionale1, più di altri, è chiamato ad affrontare urgentemente la sfida dello
sviluppo sostenibile dell’industria del mare, non solo per la sua secolare tradizione marinara, ma
soprattutto per il ruolo di primo piano che il Mediterraneo rappresenta nello scenario mondiale
dei traffici marittimi, sia per polarizzazione del traffico, sia per quanto riguarda il mercato
potenziale che rappresenta.
In un mondo in cui si lamenta spesso la sparizione di alcuni profili professionali, oppure la
contrazione di intere filiere produttive, il mare costituisce dunque un’opportunità per le giovani
generazioni. Tuttavia per poter attirare tali generazioni è necessario tenere conto delle criticità
della vita in mare, che di fatto oggi hanno determinato un progressivo invecchiamento della
forza lavoro, soprattutto tra i profili più qualificati (in tutto il pianeta più del 40% degli ufficiali
imbarcati ha più di 45 anni, mentre tra i marittimi europei più della metà degli ufficiali ha più di
55 anni), e impediscono il recupero della marginalità della presenza femminile (solo l’1,7% degli
ufficiali ed il 14,9% dei comuni imbarcati in tutta la flotta in esercizio nel mondo è di sesso
femminile).
Le ragioni di tale disaffezione sono spesso legate all’eccessivo isolamento del lavoro in mare e
alla scarsa possibilità di integrazione tra la carriera a bordo e quella a terra. A tale proposito, in
considerazione dell’evoluzione del mercato dei trasporti, sarebbe opportuno costruire percorsi
professionali integrati tra terra e mare, consentendo al personale imbarcato di poter distribuire
la propria carriera lavorativa lungo tutta la catena logistica. Tale approccio permetterebbe, da
una parte, di comprimere l’eccessivo turn over del settore e dall’altra, di valorizzare l’esperienza
accumulata in mare anche a terra e, dall’altra, di agevolare l’accesso alle professioni del mare
da parte di giovani e donne.
1
Per avere qualche termine di riferimento si può segnalare che il settore agricolo rappresenta il 2,5% del Pil ed il 5%
dell’occupazione, mentre quello delle costruzioni si attesta al 5% del Pil ed al 7,5% dell’occupazione