LE POSSIBILI FORME GIURIDICHE D’IMPRESA L'espressione "in proprio" si riferisce a qualsiasi tipo di lavoro indipendente, in cui il lavoratore non presta la propria opera all'interno di un'impresa o un esercizio non gestiti da lui. Il nostro Codice Civile si esprime sulla materia con buona chiarezza. Una prima, importantissima distinzione che va fatta è quella fra attività di impresa e attività di lavoro autonomo. Il libro V, titolo III del Codice definisce come lavoro autonomo la situazione in cui "una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente". Il lavoro autonomo può essere svolto in tre modi, e cioè tramite: Esercizio di arti e professioni, le cui peculiarità sono: impiego di mezzi propri non responsabilità personale del risultato ottenuto carattere intellettuale del lavoro discrezionalità nell'esecuzione. Collaborazione a progetto, le cui peculiarità sono: impiego su uno o più progetti specifici con l'impiego di mezzi del committente, responsabilità personale del risultato ottenuto, assenza di vincolo di subordinazione, retribuzione periodica concordata. Collaborazione occasionale, le cui peculiarità sono: impiego di mezzi propri o del committente responsabilità personale del risultato ottenuto assenza di vincolo di subordinazione carattere assolutamente occasionale del rapporto di lavoro. 1 Da un punto di vista fiscale: gli appartenenti alla prima categoria devono avere la partita IVA, tenere la contabilità, essere iscritti all'INPS o a casse specifiche (come ad esempio le casse degli ordini professionali); gli appartenenti alla seconda categoria hanno la trattenuta IRPEF e concorrono al versamento INPS insieme all'ente committente; gli appartenenti alla terza categoria non sono tenuti ad aprire partita IVA, non devono iscriversi o versare alcunché all'INPS, sono solo soggetti ad una ritenuta d'acconto pari al 20%. Viene definito imprenditore, invece, un lavoratore che "esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione e dello scambio di beni e servizi". L'impresa quindi, sempre secondo il Codice di Procedura Civile, è un'attività caratterizzata da uno scopo specifico, ed ha specifiche modalità di svolgimento. 2 SCELTA DELLA FORMA GIURIDICA Una volta presa la grande decisione, affinata l'idea e acquisite tutte le conoscenze necessarie, resta ancora un nodo da sciogliere. Cosa bisogna sapere sulle varie forme di impresa che l'attuale ordinamento consente? Che tipo di impresa conviene scegliere? Anche in questo caso può essere d'aiuto il Codice Civile. Innanzitutto è necessaria una prima distinzione, quella fra: impresa individuale e società. Si definisce individuale quell'impresa che fa capo a un solo titolare (l'imprenditore) che è l'unico responsabile e promotore della propria attività. Il rischio d'impresa, in questa forma, si estende a tutto il patrimonio dell'imprenditore: in caso di insolvenza, egli risponde nei confronti di terzi con tutti i beni personali, caratteristica che rende l'impresa individuale conveniente solo per attività che richiedono investimenti e rischi contenuti. La società si ha invece quando "due o più persone conferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di un'attività economica allo scopo di dividerne gli utili" (articolo 2247 del Codice Civile). 3 Le società si distinguono, in prima battuta, in: Società di persone Nel caso della società di persone la figura dei soci è più importante del capitale conferito (non è richiesto, infatti, un capitale minimo per la loro costituzione) e la società non ha personalità giuridica. Società di capitali Nel caso di società di capitali, la caratteristica fondamentale riguarda la responsabilità limitata dei soci, che rispondono esclusivamente per il capitale da essi sottoscritto. La società ha personalità giuridica. Società cooperative In seconda battuta, è possibile distinguere tra: società a scopo di lucro società a scopo mutualistico Sono società a scopo mutualistico le società Cooperative e le società di mutua assicurazione. 4 Cose da sapere La Società semplice (Ss) non può esercitare attività di impresa commerciale. Il potere di amministrazione e rappresentanza spetta a tutti i soci disgiuntamente. Le Società in nome collettivo (Snc) è formata da soci ai quali spetta, indistintamente, l'amministrazione e che sono responsabili, in maniera solidale e illimitata (anche con il loro patrimonio personale) degli impegni assunti da loro in nome della società. La suddivisione degli utili avviene in base alla percentuale di capitale detenuta da ciascun socio. La Società in accomandita semplice (Sas) distingue al proprio interno due categorie di soci: gli accomandanti e gli accomandatari. I primi sono soci di capitale, e rispondono solo di quello, i secondi sono invece responsabili illimitatamente e solidalmente, con potere di gestione e rappresentanza. La suddivisione degli utili avviene in base alla percentuale di capitale detenuta da ciascun socio. 5 La Società per azioni (Spa) esercita attività d'impresa utilizzando il patrimonio versato dai soci, rappresentato da azioni. Il capitale sociale non può essere inferiore ai 100.000 euro, il numero dei soci non ha alcuna limitazione e l'amministrazione spetta ad un apposito consiglio, di cui non fanno necessariamente parte i soci. La Società a responsabilità limitata (Srl) utilizza il patrimonio versato dai soci in semplici quote, non rappresentate da azioni. Il capitale sociale non può essere inferiore ai 10.000 euro, e l'amministrazione non deve essere necessariamente affidata ai soci. La Società in accomandita per azioni (Sapa) fonde le caratteristiche della Spa e della Srl (in Italia poco utilizzata). La Società a responsabilità limitata unipersonale, abbastanza recente, è una società senza soci, una sorta di impresa individuale ma con caratteristiche e vantaggi della Srl. 6 Le cooperative Il libro V, titolo IV, del Codice Civile tratta ampiamente delle società cooperative. Esse si possono definire come società che esercitano attività d'impresa perseguendo uno scopo mutualistico e cioè, in concreto, fornendo beni, servizi o occasioni di lavoro direttamente ai soci a condizioni più vantaggiose di quelle che potrebbero ottenere sul mercato. Il loro numero minimo deve essere almeno di nove unità. Nel caso della piccola società cooperativa, tipologia introdotta dalla legge 266 del 1997, il numero di soci può variare da tre ad otto. Si può lavorare in cooperativa come socio lavoratore, e si è allora equiparati al lavoratore dipendente dal punto di vista previdenziale e all'imprenditore dal punto di vista civilistico, oppure come lavoratore dipendente, e in questo caso si applica esclusivamente il contratto collettivo afferente alla categoria interessata . Le cooperative possono essere: di consumo (acquistano merce all'ingrosso per venderle a soci e a terzi a prezzi ridotti rispetto a quelli di mercato); di produzione e lavoro (producono beni e servizi); agricole(operano sia nel campo della produzione, sia in quello della lavorazione e conservazione); edilizie (possono costruire o acquistare immobili da affittare o vendere ai soci a condizioni favorevoli). 7 Esiste inoltre la categoria delle piccole società cooperative, contraddistinte dalle seguenti caratteristiche: Composte solo da persone fisiche Numero socie/soci da 3 a 8 Potere di amministrazione attribuito dallo Statuto ad un amministratore unico o all'assemblea con indicazione dell'organo dotato del potere di rappresentanza legale Per le obbligazioni sociali risponde solo la società con il suo patrimonio Possono trasformarsi in società cooperative 8 Le cooperative sociali Sono considerate cooperative sociali quegli organismi che perseguono l'interesse collettivo dell'integrazione sociale dei cittadini attraverso due tipi di attività: gestione di servizi socio-sanitari ed educativi svolgimento di attività produttive finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Esistono quindi due tipi di cooperative sociali: le cooperative socio-assistenziali (tipo A). In questo gruppo rientrano le cooperative che svolgono servizi socio-sanitari ed educativi (come le comunità terapeutiche per tossicodipendenti, i centri per portatori di handicap o per assistere anziani o malati di mente, le comunità per minori). le cooperative per l'inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati (tipo B). Le cooperative del primo gruppo non beneficiano di agevolazioni contributive. Le cooperative del secondo tipo si propongono di coinvolgere soggetti svantaggiati in attività produttive (in agricoltura, industria e servizi). I soci o i lavoratori svantaggiati (invalidi fisici, psichici e sensoriali; ex degenti in istituti psichiatrici; tossicodipendenti; alcolisti; minori fra i 14 e i 18 anni con difficoltà familiari; condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione) che prestano la loro attività nella cooperativa devono costituire almeno il 30% dei lavoratori in forza. 9 Per le cooperative rispondenti ai requisiti sopra esposti è prevista una serie di agevolazioni contributive: le retribuzioni corrisposte alle persone svantaggiate godono della totale esenzione dal pagamento dei contributi previdenziali (art. 4, c. 3, L. 381/91); i contributi riguardanti gli altri soci si determinano su retribuzioni convenzionali, anziché sui compensi effettivi, qualora il calcolo risulti più conveniente. Le cooperative caratterizzate dalla denominazione sociale, oltre ai soci ordinari possono prevedere nei loro statuti anche la figura del volontario a cui non si applicano i contratti di lavoro, ma solo le disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali. Queste cooperative possono stipulare convenzioni con gli enti pubblici per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi, anche in deroga alla disciplina dei contratti della Pubblica Amministrazione. Il requisito, tuttavia, è l'iscrizione all'Albo delle cooperative sociali, che le Regioni devono istituire, insieme alla definizione del regolamento della legge 381/91. Oltre ad avvalersi delle normali agevolazioni creditizie e fiscali proprie del mondo cooperativo, le imprese sociali che danno lavoro a persone svantaggiate non versano contributi sulle retribuzioni loro corrisposte. 10 Il terzo settore e le Onlus Il Decreto Legislativo 460 del 4 dicembre 1997 regolamenta tutte quelle attività che, con un'espressione entrata ormai nel linguaggio comune, vengono definite "no profit", ovvero terzo settore. La normativa dedica la prima sezione alla disciplina degli enti non commerciali, mentre la seconda è dedicata ad una particolare categoria di enti giudicata dal legislatore meritevole di maggiori agevolazioni in ragione delle finalità perseguite: le Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale (questa la sigla estesa dell'acronimo ONLUS). Ma che cos'è esattamente una ONLUS? Sarebbe sbagliato pensare a queste realtà come ad una sottospecie degli Enti Non Commerciali. A prescindere dalla personalità giuridica, possono essere qualificate come ONLUS: le associazioni riconosciute le associazioni non riconosciute le cooperative le cooperative sociali le fondazioni altri enti privati con o senza personalità giuridica le associazioni di volontariato le organizzazioni non governative gli enti ecclesiastici delle confessioni religiose con le quali lo stato italiano ha stipulato accordi, intese o patti le associazioni di promozione sociale le cui finalità siano state riconosciute dal Ministero dell'Interno. 11 Non possono invece essere qualificati come ONLUS: gli enti pubblici le società commerciali con cooperative i partiti e i movimenti politici i consorzi tra cooperative le organizzazioni sindacali le associazioni di categoria le associazioni tra datori di lavoro 12 Requisiti indispensabili sono: svolgimento di attività in uno dei seguenti settori: assistenza sociale, assistenza sanitaria, istruzione, beneficenza, tutela e valorizzazione della natura, dell'ambiente, del patrimonio storico-artistico, tutela dei diritti civili, ricerca scientifica, etc. (l'elenco completo è contenuto nel D. Lgs già menzionato); perseguimento esclusivo di finalità di solidarietà sociale; divieto di svolgere altre attività che non siano strettamente connesse a quelle sopra menzionate; divieto di distribuire anche indirettamente utili, fondi, avanzi di gestione, capitale o riserve durante la vita dell'organizzazione, salvo le ristrette eccezioni previste dalla legislazione in materia; obbligo di devolvere il patrimonio dell'organizzazione, se scioltasi, ad altre ONLUS; obbligo di redigere bilancio o rendiconto annuale; utilizzo, per qualsiasi comunicazione verso l'esterno o segno distintivo, dell'acronimo ONLUS o della locuzione per esteso. 13