Due strade divergevano in un bosco d’autunno e dispiaciuto di non poterle percorrere entrambe, essendo un sol viaggiatore, a lungo indugiai e ne fissai a lungo una, più lontano che potevo fino a dove si perdeva nel sottobosco. Two roads diverged in a yellow wood And sorry I could not travel both And be one traveler, long I stood And looked down one as far as I could To where it bent in the undergrowth; Poi presi l’altra, che era buona ugualmente forse con pretese migliori, Then took the other, as just as fair, Perché sembrava messa meglio, And having perhaps the better claim, perché era erbosa e meno calpestata; Because it was grassy and wanted wear; sebbene in realtà le tracce fossero uguali in Though as for that the passing there entrambe le strade. Had worn them really about the same, Ed entrambe quella mattina erano ricoperte di foglie che nessun passo aveva annerito. Oh, mi riservai la prima per un altro giorno! anche se, sapendo che una strada porta verso un’altra strada, dubitavo sarei mai tornato indietro. Questa storia racconterò con un sospiro da qualche parte, tra molti anni: due strade divergevano in un bosco ed io… io presi la meno battuta, e di qui ogni differenza è venuta And both that morning equally lay In leaves no step had trodden black. Oh, I kept the first for another day! Yet knowing how way leads on to way, I doubted if I should ever come back. I shall be telling this with a sigh Somewhere ages and ages hence: Two roads diverged in a wood, and I I took the one less traveled by, And that has made all the difference. Da R. Frost, “La Strada Non Presa” (The Road Not Taken), 1916 Foto di M. Ferretti, “Sentieri nel bosco”, aprile 2008 Il bosco può essere un luogo di conforto dove si riesce ad allontanare i pensieri cattivi che ci assillano ma talvolta può trasformarsi nella selva oscura di Dante dove sono convogliati tutte le nostre paure e dispiaceri. L’immagine è la rappresentazione della nostra mente nel momento in cui dobbiamo prendere una decisione. Quando ci vengono proposte due opzioni (indicate dal bivio) talvolta molto simili tra loro ci fermiamo a pensare perché ognuna di queste possibilità porterà a nuovi pensieri, idee e magari problemi (identificati dagli alberi che costeggiano le strade). Tuttavia si dice che alla fine la pista che seguiamo è quella dettataci dal nostro cuore. Questo può essere facilmente dimostrato con questa fotografia perché fin dal primo momento in cui i nostri occhi hanno visto i due sentieri ne hanno preferito uno all’altro e si sono soffermati un millesimo di secondo in più per osservarlo. Così accade nella nostra testa dove nonostante non riusciamo a vedere cosa ci riserva il futuro (nella foto infatti alla fine dei sentieri si vedono solo altrettanti alberi) tra le due possibili scelte che si fanno strada tra il bosco infinito di idee della nostra mente il nostro cuore ha già espresso la sua preferenza. Martina Ferretti 3C “Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi, e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto. Non volevo vivere quella che non era una vita, a meno che non fosse assolutamente necessario. Volevo vivere profondamente, e succhiare tutto il midollo di essa, vivere da gagliardo spartano, tanto da distruggere tutto ciò che non fosse vita, falciare ampio e raso terra e mettere poi la vita in un angolo, ridotta ai suoi termini più semplici; se si fosse rivelata meschina, afferrarne la intera e genuina meschinità e proclamarla al mondo; o, se fosse stata sublime, sperimentarlo direttamente ed esser capace di darne un vero resoconto nella mia prossima escursione." Da H. D. Thoreau, “Walden, ovvero la vita nei boschi”, 1854 Foto di M. Ferretti, “Luce di marzo”, marzo 2012 Thoreau scrisse il libro “Walden, ovvero la vita nei boschi” nell’arco di tempo in cui decise di allontanarsi dalla città per sperimentare una vita semplice e protestare contro il governo. Infatti, solo quando si è distanti dal rumore delle macchine e dalle voci della società impazzita si riescono a trovare i veri valori dell’esistenza. Vivere la vita a pieno non significa diventare un seguace della filosofia dello “Yes man” ma saper domare la frenesia degli eventi per fermarsi a riflettere sulla propria esistenza. Per farlo c’è chi si chiude in camera, chi ascolta musica e chi, come Thoreau, osserva la natura. La scelta della foto è dovuta al fatto che ho cercato di immaginare cosa possano aver visto gli occhi dello scrittore per spingerlo a formulare quella frase. Secondo me Thoreau durante una passeggiata nel bosco alzando gli occhi al cielo è stato colpito da un piccolo raggio di sole che lo ha invaso di una tale gioia che gli ha dato la prova definitiva di come l’uomo sia capace di trovare il vero senso della vita traendo dalle cose più semplici un motivo di felicità. Questo succede soprattutto quando l’essere umano viene a contatto con la natura, che è la culla della semplicità e al contempo della perfezione, dotata di una forza straordinaria capace di farci meravigliare davanti alla nascita di un fiore o alla caduta di una foglia. Martina Ferretti 3C