I FEDELI
Fedeli cristiani sono coloro che,
incorporati a Cristo mediante il battesimo,
costituiscono il «nuovo popolo di Dio».
Diciamo «popolo» e non folla perché è una pluralità di
persone unite tra di loro non semplicemente da vincoli
esterni e precari, ma anche da vincoli interni e permanenti.
Diciamo ancora «nuovo», perché è succeduto all'antico
popolo d'Israele.
Diciamo infine «di Dio», perché possiede una
caratteristica propria ed esclusiva rispetto a tutti gli altri
popoli:
• in esso vi è l'elemento umano, comune a tutti gli altri
popoli
• vi è però anche l'elemento divino: l'autore che è
l'Uomo-Dio.
Esso, inoltre, ha un fine supremo proprio ed esclusivo:
la salus animarum.
Il canone 204 tratta solo dei battezzati che sono in
comunione piena con la Chiesa; non tratta dei fratelli
separati, che sono in una comunione imperfetta (UR 3/1).
Dalla loro incorporazione a Cristo segue un duplice
effetto:
-la partecipazione ontologica e funzionale «nel modo loro
proprio dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo»;
-la loro corresponsabilità in ordine alla missione «che Dio
ha affidato da compiere alla Chiesa nel mondo» (204/1).
Nella Chiesa di Cristo i fedeli sono a Lui incorporati e
ne condividono la missione e la responsabilità.
•Essa si presenta come una comunità carismatica, i cui
membri sono uniti dal triplice vincolo di fede, speranza e
carità
•Contemporaneamente è anche un organismo visibile
ordinato gerarchicamente, ossia la Chiesa Cattolica,
governata dal Romano Pontefice e dai Vescovi in
comunione con lui (204/2; cf. LG 8/305).
Sono in «comunione piena» con la Chiesa Cattolica i
fedeli che accettano integralmente la sua struttura e nel
suo corpo visibile sono congiunti con Cristo che la
dirige mediante il Sommo Pontefice e i Vescovi.
Tale comunione è sancita dai seguenti vincoli:
• della professione della fede,
• dei sacramenti,
• del regime ecclesiastico e della comunione (LG 14/323;
e. 205).
Perciò anche la mancanza di un solo di questi vincoli
rende la comunione imperfetta.
I catecumeni non fanno parte della Chiesa, ma in forza
del loro desiderio e della loro vita di fede, di speranza e
di carità «sono congiunti alla Chiesa, che ne ha cura
come se fossero già suoi» (206/1)
La Chiesa li invita ad una vita evangelica e li inizia alla
celebrazione di riti sacri, concede già loro varie
prerogative che sono proprie dei cristiani
(206/2; cf. LG 14/324; AG 14/1121)
I fedeli, per istituzione divina, sono divisi in due
categorie:
•Laici, che sono i fedeli che hanno ricevuto il battesimo
•Ministri sacri, detti anche Chierici.
Sono i fedeli i quali, oltre il carattere battesimale, hanno
ricevuto anche il carattere dell'Ordine sacro, che li ha
costituiti «ministri del sacro culto».
I religiosi non costituiscono uno stato intermedio tra
quello dei laici e dei chierici: essi provengono dagli uni
e dagli altri.
Con la professione dei consigli evangelici, mediante i
voti o altri vincoli ufficiali, si consacrano totalmente a
Dio e cooperano alla missione della Chiesa in un modo
proprio.
Il loro stato, quantunque non riguardi la struttura
gerarchica della Chiesa, appartiene, tuttavia, alla sua
vita ed alla sua santità: sono una struttura nella Chiesa
ma non una struttura della Chiesa!
LA COMUNIONE
NEL NUOVO CODICE
DI
DIRITTO CANONICO
Nel nuovo CIC si parla di una duplice comunione:
-della Comunione Gerarchica, ossia in senso verticale.
-della Comunione tra i fedeli, ossia in senso orizzontale.
La Comunione Gerarchica si fonda nel sacramento
dell'Ordine.
Di essa si parla nei seguenti canoni:
• c. 336: Comunione nel Collegio Episcopale
• c. 375/2: Comunione dei Vescovi in genere
• c. 753: Comunione dei Vescovi maestri della fede
• c. 204/2: Comunione nella Chiesa, come società
ordinata
La Comunione dei Fedeli si fonda nel sacramento del
Battesimo.
I canoni che trattano di questa Comunione sono di due
categorie:
• Quelli che determinano l'appartenenza alla Chiesa
Cattolica
•Quelli che indicano la Comunione Intraecclesiale
In questi si parla della Comunione piena, che viene data
soltanto nella Chiesa Cattolica per mezzo dei tre vincoli:
• vinculum fidei (professione della stessa fede)
• vinculum Sacramentorum (partecipazione agli stessi
Sacramenti)
• vinculum disciplinae seu regiminis (dipendenza dalle
.
legittime Autorità).
* La formula «Communio ecclesiastica» significa sempre la Comunione piena
(cf. cc. 96; 316; 840).
* In alcuni casi anche la semplice parola «Communio» ha lo stesso significato
(cf. cc. 844/3; 149/1; 194/1-2).
Questa suppone sempre la Comunione piena: fidei,
sacramentorum et disciplinae.
Ai cattolici si ricorda l'obbligo a
conservare la Comunione con la Chiesa,
mediante l'adempimento dei loro doveri:
• verso la Chiesa universale e particolare (c. 209/2)
• verso la propria comunità parrocchiale (c. 529/2)
• il parroco non deve pregiudicare la comunione
ecclesiale (c. 1741)
• I religiosi verso il proprio Istituto.
La Comunione si perde:
•per autoesclusione
•per intervento della Chiesa (Scomunica)
Anche i singoli vincoli si possono perdere:
• Vinculum fidei: con l'apostasia (c. 751)
• Vinculum Sacramentorum: con l'eresia (c. 751)
• Vinculum disciplinae: con lo scisma (c. 751)
Dalla Comunione piena dipende l'esercizio dei diritti e
dei doveri acquistati col Battesimo.
Quelli che non hanno la Comunione piena non possono:
• essere membri del Consiglio pastorale diocesano
(c. 512/1)
• ricevere i Sacramenti della Chiesa (c. 844)
• i sacerdoti cattolici non possono concelebrare con essi
(c. 908)
• i fedeli non possono unirsi in matrimonio con essi
(c. 1124)
• essere promossi ad uffici ecclesiastici (c. 149/1)
• essere accolti in associazioni pubbliche (c. 395/1).
Quelli che abbandonarono la comunione piena:
• sono inabili ad suffragium ferendum (c. 171/1)
• devono essere rimossi dall'ufficio ecclesiastico (c. 194/1, 2°)
• devono essere espulsi dalla associazioni pubbliche
(c. 916/2).
Effetti della scomunica:
• priva i fedeli dei Sacramenti della Chiesa
• la Chiesa non esercita direttamente su di essi la sua
funzione
Esigenze della piena comunione sono:
• che uno rimanga cattolico
• che adempia le sue obbligazioni verso la Chiesa
universale e particolare
• che obbedisca alle leggi ed ai precetti dei legittimi
Superiori.
Obblighi e
diritti di tutti
i fedeli
Questa si fonda su una triplice motivazione:
•I doveri e i diritti del fedele scaturiscono dalla
incorporazione al Corpo Mistico.
•Il soggetto dei doveri e dei diritti è il cristiano
appartenente al Popolo di Dio e in comunione con la
Chiesa, senza distinzione di sesso, età o stato.
•Unità dei due principi: gerarchico ed ugualitario.
Il principio della uguaglianza «nella dignità e nell'azione»
espresso dal Concilio, nel c. 208 è divenuto un principio
base dell'ordinamento canonico.
Il primo e fondamentale dovere del fedele è di
conservare sempre e in ogni manifestazione della
sua vita, privata, familiare e sociale, una comunione
vitale con la Chiesa universale e locale, nonché con
la comunità parrocchiale (cf. 529/2), sia in senso
orizzontale, sia in senso verticale.
«Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono
chiamati alla pienezza della vita cristiana ed
alla perfezione della carità» (LG 40/389).
Essendo la Chiesa essenzialmente missionaria
(AG 2/1090), il dovere impegna indistintamente tutti
ì fedeli (cf. 741/1, 781).
•Il primo dovere è quello della
cristiana obbedienza e adesione (212/213 754).
•I fedeli hanno anche il diritto di manifestare ai
pastori i loro bisogni spirituali e le loro aspirazioni
(212/2).
Esse sono:
•
Poter adempiere i doveri del proprio stato
verso Dio, secondo le prescrizioni del proprio rito
approvato dai legittimi Pastori.
•
Poter seguire una propria forma di vita
spirituale, purché conforme alla dottrina della
Chiesa.
È la prima volta che un tale principio
viene inserito ufficialmente
nell'ordinamento canonico.
(cf. AA 19/986).
È un dovere ordinario.
Nessuna opera però può qualificarsi
«cattolica» senza il consenso della
legittima autorità, (cf. A A 24/1003 ).
Questa esige la formazione integrale
della persona sotto ogni aspetto:
umano e soprannaturale,
dottrinale, morale e spirituale,
liturgico e apostolico.
La libertà però non va confusa con
«autonomia».
Tale libertà deve esse sottomessa al
Magistero ufficiale della Chiesa
(cf. DV 10/887).
Tra
•fedele secolare
•chierico
•religioso
•fra il matrimonio o il celibato
Sono diritti originari in quanto derivano
dalla stessa natura: «bona fama est alterum
patrimonium».
I diritti principali in questo settore sono tre:
• diritto alla legittima difesa
• diritto all'assistenza da parte di un legale
• diritto a non essere colpito da
pene ecclesiastiche se non a norma di legge
Al diritto della Chiesa di esigere
quanto è necessario all'esercizio della
sua missione, corrisponde il dovere dei
fedeli di contribuire secondo le loro
disponibilità.
Sono doveri di diritto naturale che
obbligano tutti gli uomini in forza
della fraternità e della solidarietà umana
Nell'esercizio di tutte le libertà si deve osservare
il principio morale della responsabilità personale
e sociale; con tutti si deve agire secondo
giustizia e umanità.
L'Autorità non deve limitare i diritti, ma solo
assicurare il loro retto esercizio ed evitare gli
abusi.
Obblighi e
diritti dei
fedeli laici
Il CIC, allo stato giuridico dei fedeli in genere, fa
seguire lo stato giuridico dei fedeli laici, i quali, per la
loro parte, compiono nella Chiesa e nel mondo la
missione di tutto il Popolo di Dio (LG 31/362-3).
• Il Concilio Vaticano II, oltre il cap. V della LG, ha
dedicato ai laici il Decreto Apostolicam Actuositatem
• Paolo VI, nel 1967 ha istituito il Pontifìcio Consilium
de Laicis
Sotto il profilo sacramentale, sono laici quei fedeli
che, in virtù del loro sacerdozio comune, partecipano
alla triplice funzione della Chiesa, ma tale
partecipazione è diversa da quella dei Chierici.
Sotto il profilo apostolico, l'impegno proprio dei
laici è diretto all'animazione dell'ordine temporale.
I laici operano in nome della Chiesa, non della
Gerarchia
I diritti e i doveri dei fedeli laici
presuppongono quelli comuni a tutti i
fedeli e quindi anche ai chierici ed ai
religiosi
Questo impegno spetta ai laici come
proprio, in virtù del Battesimo e della
Confermazione.
In diversi luoghi e circostanze la Chiesa
difficilmente potrebbe rendersi presente ed
operante senza l'opera dei laici.
Questa animazione costituisce l'impegno
proprio dei laici; un impegno che riguarda la
famiglia, la società, gli strumenti di
comunicazione sociale, l'economia, la scuola,
il diritto ecc.
I laici devono assumere, come loro proprio
compito, il rinnovamento dell'ordine temporale
A queste, come sposi e come genitori,
spettano compiti di estrema importanza per la
Chiesa e per la società (cf. AA 11/952-7)
• come sposi il compito di popolare la terra di
uomini
• come genitori, il compito di popolare il
cielo di santi (cf. Familiaris consortio)
Perché i fedeli laici possano adempiere tali doveri
hanno bisogno della necessaria libertà:
• di fronte allo Stato devono essere considerati come
tutti gli altri cittadini, senza alcuna discriminazione a
motivo della loro fede
(Dic. Diritti universali dell'uomo, art. 2; Conc. Italiano, art. 2, n. 3);
• di fronte alla Gerarchia ecclesiastica devono
godere di una certa autonomia (GS 43/1455).
Più che da motivi contingenti (scarsità di clero) è
motivata da ragioni essenzialmente teologiche:
essendo essi membri effettivi della Chiesa e
radicalmente uguali ai chierici ed ai religiosi nella
dignità e nella edificazione del Popolo di Dio
(cf. 208), hanno l'obbligo di promuovere e
sostenere l'attività apostolica anche con le
proprie iniziative (216), in forza del loro Battesimo
e della loro Cresima.
La funzione dei laici nella Chiesa ha il
suo riconoscimento non solo di fatto
ma anche giuridicamente, in quanto
la loro cooperazione ecclesiale è
sancita in molti canoni.
I motivi principali sono questi:
• vivere secondo la dottrina cristiana
• essere in grado di annunziarla
• difenderla, se necessario
• partecipare attivamente all'esercizio
dell'apostolato.
Vi sono:
• ministeri stabili (lettore e accolito)
• ministeri liturgici temporanei
• ministeri di supplenza.
.
Questa è richiesta perché i laici possano
esercitare i ministeri e servizi con
consapevolezza, zelo e diligenza
LE
ASSOCIAZIONI
DEI FEDELI
NORME COMUNI
Nella Chiesa esistono associazioni distinte dagli IVC e
dalle SVA nelle quali tutti i fedeli (laici, chierici, religiosi),
con azione comune, tendono
• all'attuazione di una vita cristiana più perfetta
• all'incremento del culto pubblico o della dottrina
cristiana
• ad altra opera di apostolato
I fedeli sono esortati a dare il loro nome soprattutto
alle associazioni erette, lodate o raccomandate dalla
competente autorità ecclesiastica (298).
I fedeli, in virtù del loro battesimo hanno il diritto
originario di fondare e dirigere personalmente
proprie associazioni che abbiano fine:
• «pietatis erga Deum»
• «caritatis erga proximum» ovvero varie forme di
apostolato (299). Ogni Associazione ha diritto al
proprio titolo ed ai propri Statuti.
Le associazioni di fedeli laici si suddividono in
• Private
• Pubbliche
• Clericali
• Terzi Ordini
Sono tali se erette mediante un accordo privato.
Possono essere:
• di fatto o semplicemente private, se prescindono da
qualsiasi riconoscimento
• semplicemente riconosciute, con atto formale o
implicito
• lodate o approvate
• costituite in persona giuridica, con particolare
provvedimento amministrativo, previa la revisione
(recognitio) dello statuto
Nessuna associazione privata può assumere il nome di
«cattolica» se non col consenso
• del Vescovo, se diocesana
• della Conferenza Episcopale, se nazionale
• della Santa Sede, se internazionale (300, 312)
Tali associazioni rimangono «private», anche se
lodate o raccomandate dall'autorità ecclesistica (299/1)
Sono tali se erette dalla pubblica autorità e che si
propongono:
• l'insegnamento della dottrina cristiana in nome della
Chiesa
• l'incremento del culto pubblico
• intendano altri fini il cui conseguimento è riservato,
per sua natura, all'autorità ecclesiastica
• il conseguimento di altre finalità spirituali alle quali
non sia stato sufficientemente provveduto mediante le
iniziative private (301)
• sono formate e rette da chierici
• hanno come scopo l'esercizio del sacro
ministero da parte dei membri
• sono riconosciute come tali dalla
competente autorità (302).
• i soci vivono nel mondo
• tendono alla perfezione cristiana partecipando
allo spirito dell’IVC a cui sono associati
• operano sotto l'alta direzione dell'Istituto
stesso (303).
NB. Secondo il nuovo CIC ogni IVC potrà avere il
proprio T.O. senza un particolare privilegio della Sede
Apostolica (303).
• DI VIGILANZA
• DI GIURISDIZIONE
È questo un diritto nativo da esercitare
su tutti i fedeli, allo scopo di tutelare la
integrità della fede e la purezza dei
costumi
È questo un diritto nativo da esercitare su tutta
l'attività della Chiesa, allo scopo di favorire,
stimolare, promuovere l'attività e le iniziative, nonché
per tutelare la legittima libertà.
Ambito di tale attività:
• prescrivere norme di carattere generale, intervenire in
casi di emergenza (316)
• confermare istituire o nominare il presidente
• nominare direttamente il cappellano o l'assistente
ecclesiatico (317/1)
• nominare un commissario in circostanze gravi e per
motivi gravi (318/1)
• rimuovere per giuste cause il presidente e il cappellano
(318/2)
• esigere il rendiconto annuale, sopprimere per cause
gravi l'associazione pubblica (319-320)
LE ASSOCIAZIONI
PUBBLICHE
DI FEDELI
L'erezione delle associazioni pubbliche è di esclusiva
competenza delle autorità ecclesiastiche:
• della Santa Sede per l'erezione delle associazioni di
carattere universale o internazionale
• della Conferenza episcopale per le associazioni di
carattere nazionale
• del Vescovo del luogo per le associazioni di carattere
diocesano (non dell'Amministratore o del Vicario generale, senza
speciale mandato).
Alle medesime autorità compete tutto ciò che è
necessario per la erezione:
• approvazione definitiva degli Statuti e delle loro
eventuali innovazioni (314)
• la superiore direzione (315)
• l'eventuale conferma, istituzione o nomina del
presidente (317/1)
• la nomina del cappellano o dell'assistente eccl. (317/1)
• l'eventuale nomina di un commissario (318/1).
Per l'erezione di una associazione o di una sua
sezione, ad validitatem, si richiede il consenso
del Vescovo diocesano (312/2).
Per gli IVC, il consenso dato per l'erezione della
casa religiosa vale anche per l'erezione, nella
casa o nella chiesa, di una associazione propria
dell'IVC (609/1).
Un'associazione pubblica è costituita in
persona giuridica in forza dello stesso
decreto di erezione e riceve
simultaneamente la «missio» di poter
svolgere la sua attività nella Chiesa.
Le associazioni pubbliche possono
intraprendere liberamente le iniziative
rispondenti alla propria natura;
esse sono rette a norma degli statuti, ma
sotto la direzione dell'autorità
ecclesiastica competente (cf 312/1).
Non possono essere accettati nelle associazioni pubbliche:
• gli apostati dalla fede
• coloro che si sono separati dalla comunione ecclesiale
• chi è stato colpito da scomunica, inflitta o dichiarata
Un socio che è incorso in uno dei casi di cui sopra,
premessa la necessaria ammonizione, può essere dimesso,
secondo le modalità previste dagli statuti.
L'interessato ha la facoltà di ricorrere contro il
provvedimento e tale ricorso ha effetto sospensivo.
I catecumeni, se non esiste un divieto negli
statuti, possono essere ricevuti nelle
associazioni pubbliche, perché essi «sono
uniti alla Chiesa con un vincolo
particolare» (cf. 206/1)
L'autorità ecclesiastica competente, secondo i casi:
• conferma, istituisce o nomina il Presidente;
• nomina direttamente il Cappellano o l'Assistente
ecclesiastico, dopo aver sentito il parere degli ufficiali
maggiori dell'associazione, se ciò risulta opportuno.
Tale principio vale anche per le associazioni pubbliche
erette dagli IVC fuori delle proprie chiese.
Nelle associazioni non clericali, i laici possono essere
assunti all'ufficio di presidente. Il Cappellano o
Assistente ecclesiastico non sia assunto a tale incarico,
tranne che gli statuti non prevedano diversamente (317/3).
È consentita solo in circostanze speciali e per motivi
gravi.
Tale incarico ha carattere straordinario e temporaneo. Nel
provvedimento devono essere precisati i compiti.
Il Presidente può essere rimosso «per una giusta causa»,
occorre però ascoltare previamente il Presidente
interessato e, se ciò è previsto negli statuti, anche gli
ufficiali maggiori.
Il Cappellano viene rimosso dalla competente autorità.
I beni sono «ecclesiastici» e vanno amministrati a norma del CIC
e degli Statuti. L'associazione ha l'obbligo del rendiconto annuale
all'autorità ecclesiastica competente.
Le associazioni pubbliche vengono
soppresse dalla medesima autorità che le
ha erette, «per grave causa» e previa
l'audizione del Presidente e degli
ufficiali maggiori
LE ASSOCIAZIONI
PRIVATE
DI FEDELI
Le associazioni private, formalmente, non esistevano
nell'ordinamento anteriore.
Ad esse (come pure alle associazioni pubbliche) oltre che le norme
proprie contenute nei rispettivi statuti, si applicano anche
le norme comuni contenute nei cc. 298-311.
Mentre le associazioni pubbliche operano in nome della
Chiesa ed hanno una maggiore tutela, però una minore
autonomia, le associazioni private operano in nome
privato e quindi godono di una maggiore autonomia.
Le associazioni private sono dirette e
amministrate dai fedeli a norma dei propri statuti.
Esse, oltre il semplice riconoscimento, possono
acquisire anche la personalità giuridica per
decreto formale della competente autorità
ecclesiastica, previa approvazione degli statuti.
L'acquisizione però della personalità giuridica
non modifica la natura dell'associazione, che
rimane sempre privata (cf. 321-322 ).
Le associazioni private, pur godendo di una legittima
autonomia, sono soggette:
• alla vigilanza da parte dell'autorità ecclesiastica, allo
scopo di garantire la integrità della fede e dei costumi,
nonché il coordinamento di tutte le energie che devono
essere ordinate al bene comune
• alla giurisdizione della medesima, la quale, per cause
molto gravi, potrà adottare opportuni provvedimenti.
L'associazione privata di fedeli designa
liberamente, sempre però a norma degli
statuti, il Presidente e gli Ufficiali
Essa può anche designare un Consigliere
spirituale fra i sacerdoti che operano in
diocesi, che deve essere però confermato
dall'Ordinario del luogo
I beni delle associazioni private non sono «beni
ecclesiastici», anche se l'associazione è dotata di
personalità giuridica.
Come tali non sono soggetti alla normativa del libro
V del CIC, se non è disposto espressamente
(cf. e. 1257/2).
Ciononostante, le autorità ecclesiastiche hanno il
diritto di vigilanza perché detti beni vengano
amministrati a norma degli statuti
L'estinzione di una associazione privata, non dotata di
personalità giuridica, avviene nei modi determinati
dagli statuti e per deliberazione dell'assemblea dei
soci.
La soppressione può essere decretata dalla
competente autorità ecclesiastica, ma solo per motivi
molto gravi: se l'associazione è di grave danno per la
dottrina o per la disciplina.
In caso di cessazione di una associazione
privata, sia per semplice estinzione che
per soppressione, la destinazione dei
beni va effettuata a norma degli statuti,
salvo i diritti acquisiti e la volontà degli
offerenti.