Frasca Matteo - Sito del Prof. Alberti

Il PAESE INVISIBILE
Mafia e questione meridionale
FRASCA
MATTEO
Introduzione
A partire dalla piaga del fenomeno
mafioso, se ne analizzano le origini
toccando
le
problematiche
della
“Questione meridionale” con riferimento
ad autori della letteratura italiana che
hanno affrontato queste tematiche e,
all’estero, hanno aderito alle correnti
realiste e naturaliste, promuovendo una
poesia di denuncia sociale.
Mappa dei collegamenti
ITALIANO:
verga e il
verismo, cenni
sul naturalismo
RAGIONERIA: I
finanziamenti
Etimologia
Il metodo
I traffici
STORIA: La
“Questione
meridionale”
DIRITTO: La
magistratura
FINANZA
PUBBLICA: Le
spese e le entrate
pubbliche
Gli eroi della mafia
MAFIA
Rapporti
tra cosche
Mafia
e Chiesa
Organizzazione
di una cosca
Origini
TECNICA: I
fidi
INGLESE:
Financing
and payment
methods
MATEMATICA:
Funzioni in due
variabili
INFORMATICA:
i sistemi
operativi
Italiano
 Verga e il Verismo
 Zola e il Naturalismo
Tomasi di Lampedusa

Financing the transactions



Export financing
Factoring
Leasing
Payment methods







Cheque
Credit card
Bank transfer
Bill of exchange
Cash with order
Cash on delivery
Open account

il naturalismo
 Definizione
 Caratteristiche
 Le
regole
 Émile Zola

Caratteristiche









Concepisce l'arte come studio scientifico e impersonale della natura.
E' volto allo studio e alla rappresentazione della realtà umana nei suoi aspetti più
concreti e a volte brutali (bassifondi delle grandi città, l'esistenza miserabile delle
classi operaie).
Gli autori si sforzano di essere aperti alle realtà, in particolare alla realtà
dell'improvviso sviluppo della borghesia industriale che apre le porte al problema
sociale delle masse operaie.
La natura è assunta non solo come oggetto della riflessione filosofica ma anche e
soprattutto come punto di riferimento determinante e assoluto per quanto riguarda la
vita e gli interessi dell'uomo.
Ripudio della metafisica ma anche del realismo perché si limita a riprodurre
un'immagine fedele della natura, affondando in una visione pessimistica e
materialistica del mondo.
Il linguaggio deve essere realistico quando non addirittura mimetico.
Fiducia nella scienza e nel progresso.
I fenomeni psicologici e sociali sono considerati prodotti dall'attività biologica
fisiologica e psicologica dell'individuo e dei rapporti tra gli individui. Scriveva
Hippolyte Taine che l'individuo è la risultante del concorso di tre fattori determinanti:
- l'ambiente (mileu)
- il momento storico (moment historique)
- la razza d'appartenenza (race).
Una visione fortemente negativa della realtà sociale attuale (nuova società
industrializzata) è associata ad un ottimismo fondato sul progresso della scienza.

Émile Zola
Émile Zola è il personaggio più importante del Naturalismo.
Scrive il ciclo dei "Rougons-Macquart" in cui vuole dimostrare il peso
dell'eredità sulle azioni umane.
Si propone un analisi scientifica delle realtà più povere della sua epoca,( i
minatori, il sobborgo, la prostituzione...) e per essere più realistico
possibile va a vivere coi protagonisti dei suoi lavori.
Crede che la letteratura abbia un scopo morale e sociale molto
importante, è convinto della possibilità di diffondere le suo idee socialista
di rivolta e cambiamento coi suoi libri.
È per la sua fiducia negli sconvolgimenti storici che talvolta deve
rinunciare all'impersonalità nei romanzi per lanciare i suoi messaggi
umanitari con le parole dei suoi personaggi.

Le regole





Il naturalismo applica alla letteratura il metodo sperimentale che è alla
base del movimento filosofico del positivismo: l'opera narrativa diventa
così un laboratorio per l'osservazione fredda e distaccata della realtà, di
cui lo scrittore, al pari di uno scienziato, deve registrare impassibilmente i
fenomeni: il narratore non interviene né si manifesta nel racconto
(scompare il suo punto di vista). Si deve limitare ad osservare e a riportare
il punto di vista dei suoi personaggi.
Questo movimento letterario respinge ogni eccesso della fantasia e del
sentimento; l'obiettivo finale è quello di avere un'opera d'arte oggettiva, in
cui l'autore si limita ad una narrazione impassibile delle varie vicende della
vita quotidiana. Il fattore dominante è quindi rappresentato dal canone
dell'impersonalità dell'opera d'arte.
L'opera dello scrittore deve sottolineare la dipendenza dell'uomo dalle
condizioni ambientali: l'attenzione è puntata non tanto sulla natura quanto
sulla società, intesa come meccanismo di sopraffazione e di abbrutimento
dei singoli. Fondamentale è la tesi che il male e la malattia siano causa del
deterioramento delle strutture sociali.
Il romanziere naturalista deve «affondare il suo bisturi» nella società
umana indagandone le passioni e i comportamenti e risalendo alla cause
che li determinano.
Il naturalismo privilegia il romanzo in quanto solo nel romanzo possono
essere distesamente affrontate le condizioni umane. Il romanzo
sperimentale mette in luce le manifestazioni passionali e intellettuali
dell'individuo e rappresenta l'uomo nell'ambiente sociale che lui stesso ha
creato trasformandolo incessantemente e lasciandosi a sua volta
trasformare.

Definizione
Il naturalismo è un movimento letterario che
si sviluppa in Francia nella seconda metà
del XIX secolo, con lo scrittore-scienziato
Émile Zola.
Il naturalismo trova le sue radici nel
realismo ma ne diventa un tipo
d’esasperazione.

Tomasi di Lampedusa,
“Il Gattopardo”
“Il Gattopardo” è un romanzo storico ambientato in Sicilia all’epoca
della fine del dominio Borbonico e mette in scena il forte contrasto
tra “vecchio” e “nuovo” incarnato dai due protagonisti, il principe
Fabrizio Salina e il nipote Tancredi.
E’ il secondo che comprende quanto veramente sta succedendo alla
società: nonostante tutto sembra in fase di cambiamento, in realtà
ogni cosa rimarrà com’era nella tradizione, è dunque necessario un
intervento per dirigere i mutamenti verso i propri interessi.
Nonostante l’impianto sia storico il libro è tutto impregnato da una
sensibilità decadente che maschera i temi del nichilismo e della
morte.
Anche per quanto riguarda la narrazione si ammette che nonostante
l’impianto naturalistico, tutto sia comunque filtrato dagli occhi del
protagonista.

Verga e il Verismo
 L’importanza dell’opera
 L’ideologia
 Lo stile narrativo
 Il ciclo dei vinti
 I Malavoglia
 Le novelle
 Il verismo
 Differenze fondamentali
naturalismo
 Libertà
tra verismo e

Il ciclo dei Vinti
Il ciclo di romanzi si ispira al modello diffusa dai “RougonsMacquart” di Zola.
Verga intende disegnare un quadro completo della società
italiana, passando in rassegna tutte le classi, senza
tuttavia un intento scientifico come era quello dell’autore
francese.
Verga vuole focalizzare la sua attenzione sui Vinti mettendo
il luce le leggi materialistiche che muovono il volere
dell’uomo.
Il Ciclo doveva essere composto da cinque romanzi “I
Malavoglia”, “Mastro Don Gesualdo”, “La duchessa di
Leyra”, “L’onorevole Scipioni”, “L’uomo di lusso”, solo i
primi due saranno portati a termine.

L’ideologia
La società umana è dominata dal meccanismo
della “lotta per la vita” (Darwin) in cui il più forte
schiaccia il più debole. Gli uomini non sono
mossi da ideali ma da interessi economici
(Mastro Don Gesualdo).
Come ogni legge naturale,anche quella della lotta
per la sopravvivenza è immutabile ed universale,
dunque non vi sono alternative al tipo di società
vigente, né nel passato, né nel futuro
(pessimismo).

Lo stile narrativo
Alla mancanza di fiducia nella possibilità di modificare la realtà,
dominata da una legge naturale immutabile, corrisponde la
mancanza di un intervento del narratore nel romanzo a
suggerire comportamenti, giudicare azioni e pensieri dei
personaggi.
Il narratore si cala completamente nel personaggio, parlando la
sua lingua, pensando con la sua mentalità, agendo secondo i
suoi principi.(“regressione”).
Il narratore non informa sul carattere dei personaggi e sulla loro
vita prima dell’inizio della storia.
Tutto è raccontato dalla voce della logica popolare, basata
sull’utile e l’interesse personale, priva di sensibilità e altruismo.

Il verismo
Il verismo non può propriamente essere definito
una corrente letteraria con una linea di pensiero
e un programma proprio, come lo era il
Romanticismo o il Naturalismo francese.
Nulla accomuna gli scrittori che di solito si tende a
collocare in questo “stile” se non un gusto di
fondo perla rappresentazione del reale e un
interesse verso il popolo, le classi inferiori e gli
ambienti rurali.
Si tende addirittura a definire veriste le sole
personalità di Verga, Capuana e De Roberto.

Differenze fondamentali tra verismo
e naturalismo
DIFFERENZE FORMALI
 Il narratore di Zola racconta la
vicenda dal punto di vista
dell’autore, intervenendo
spesso con giudizi morali,
mentre Verga si eclissa nel
personaggio, attraverso la
“regressione”
 Non è difficile comprendere la
distanza tra narratore e autore,
attraverso gli inrterventi di
quest’ultimo sulla realtà che
narra.

DIFFERENZE IDEOLOGICHE
 Zola crede nella funzione
progressiva della letteratura,
che per Verga non può nulla
per modificare la legge della
lotta per la vita.
 L’intellettuale deve farsi attivo
portavalori del popolo cui
spetta il compito di cambiare la
società (Zola). L’intellettuale
deve limitarsi a “trarsi fuori del
campo della lotta per studiarla
senza passione e rendere la
scena nettamente coi colori
adatti” (Verga).
Le novelle
L’importanza delle novelle consiste nel fatto che esse fanno
come da “schizzi preparatori” per i romanzi del Ciclo dei
Vinti.
La prima raccolta “Vita dei campi” (1880) risente ancora di
un sentimentalismo romantico e di una mitizzazione
dell’ambiente rurale, anche se già è applicata la tecnica
dell’impersonalità.
Più coerenti alla “conversione” verghiana al Verismo sono le
“Novelle Rusticane” (1883), ambientate in una Sicilia
rurale e aspra, governata dalla legge dell’utile che causa
miseria e soffoca i sentimenti.
Le raccolte di novelle degli ultimi anni della produzione di
Verga poco hanno di originale e segnano più che altro
una regressione dell’autore, che si limita
prevalentemente alla rielaborazione di racconti già stesi.

Libertà
Questa novella, contenuta nella raccolta ‘NOVELLE RUSTICANE ’ è ispirata ad un fatto storico del
1860, quando, dopo il proclama di Marsala, a Bronte, in un paese vicino all’Etna, la folla è
presa da una euforia omicida e compie una rivolta massacrando i possidenti e i borghesi con
il fine di instaurare un ordine sociale dove “se non c’ era più il perito per misurare la terra e
il notaio per metterla sulla carta, ognuno avrebbe fatto a riffa e a raffa !”.
Per fare questo i paesani ammazzano “i cappelli” ,vale a dire i rappresentanti dell’alta società
e della classe dirigente, come il reverendo, lo speziale, il figlio del notaio, la baronessa. Ad
ogni uccisione di un ricco sono gridate parole di “rancore socio- economico”che recriminano i
loro comportamenti passati, quando essi si arricchirono sulle spalle dei poveri e le ragioni di
questi ultimi.
Le particolarità di questa rivolta sono l’aspetto irrazionale e la disorganizzazione,
l’astrazione delle prospettive post-rivoluzione, anzi, l’assenza di tali prospettive che si
risolvono con la resa dei rivoltosi. Non solo i paesani sono catturati dai garibaldini ma essi
non pongono nemmeno resistenza, rimanendo paralizzati dalla paura e muoiono in una
condizione opposta a quella degli eroi, i quali vengono a mancare con onore. Invece le
lacrime che scendono dagli occhi dei rivoltosi prima di essere fucilati sono la dimostrazione
di un pentimento che nasce dalla consapevolezza della loro situazione di inferiorità nei
confronti di alcune classi sociali che li hanno sempre controllati e che hanno dettato le
regole fino ad allora.
Dato che non sono capaci di cambiare questa subordinazione e di sostenerne il
cambiamento, essi rimangono in tale condizione. Viceversa, sono resi secolarmente deboli e
abituati a quella realtà sociale, che non riescono e non vogliono nel profondo di loro stessi,
cambiare.
Tutto il brano è caratterizzato dalla tecnica espressiva propria di Verga, cioè l’ impersonalità
che fa apparire il racconto come proveniente dalla voce del popolo, dai viottoli del paese
dove esso si svolge. Contemporaneamente, traspare il conservatorismo dell’ autore, il quale,
propone una storia in cui i contadini siciliani non riescono, per vari motivi ad attuare un
ribaltamento delle loro condizioni sociali, neppure quando agiscono con la forza.
Il finale propone una visione della società in cui i contadini non possono fare a meno del
notaio, del perito, del prete, così come i “padroni” non possono sopravvivere senza il lavoro
dei contadini.

L’importanza dell’opera
Grazie alla lucida analisi delle problematiche della
Sicilia contadina post-unitaria, condotta nelle
pagine dei “Malavoglia”, Verga ci permette di
ricostruire un quadro dettagliato delle condizioni
di vita di un mondo lontano dalle ricche terre
piemontesi, unito all’Italia solo sulla carta, in
realtà ancora governato da una mentalità ottusa
di stampo monarchico e tradizionalista.

I Malavoglia
Sono il primo dei cinque romanzi del “Ciclo de Vinti”, scritto nel 1881.
Raccontano la drammatica vicenda di una famiglia scossa dall’irruzione
del progresso dinamico e feroce nel quotidiano statico e
tradizionalista.
Viene completamente smantellato il mito di un mondo rurale idillico e
fiabesco, in favore di una società retta dalla legge dell’utile.
Nonostante sia ormai del tutto impregnato da un pessimismo
immutabile, l’autore non rinuncia ad alcuni valori ideali che proietta in
personaggi privilegiati, ma sempre tristemente schiacciati
dall’interesse e dal progresso (alla divisione dei personaggi in “buoni”
e “cattivi” corrisponde un tipo di narrazione bipolare).
L’azione ha luogo nel 1863, nella Sicilia post-unitaria che viene a
conoscenza delle trasformazioni e delle “modernità” della società
italiana (leva obbligatoria, tasse, treno, telegrafo…).
Nonostante questi cambiamenti tuttavia i valori che muovono la società
rimangono gli stessi e le classi che la compongono, seppur scosse dal
cambiamento si mantengono per tutta la vicenda.

Mafia e Chiesa
Nei primi contrasti tra mondo contadino e proprietari terrieri dei Fasci Siciliani la
Chiesa ha preso le parti del potere al governo con eccezionali episodi
sporadici di sodalizi (solo verbali comunque) tra clero e rivoltosi.
La mafia in particolare, negli anni in cui le ribellioni si facevano più
sanguinolente e maggiormente coatte dal punto di vista ideologico, fu
sempre usata (in collaborazione con gli eserciti regolari) come silenziosa e
infallibile arma contro la minaccia socialista.
Solo don Luigi Sturzo, nominato capo del nascente PPI, si impegnò per
alleviare le condizioni di vita degli strati più disagiati della popolazione
attraverso la creazione di una Cassa Rurale Cattolica (vi furono però episodi
in cui la Cassa si legò ai gabellotti mafiosi nella lotta contro la “concorrenza”
delle cooperative socialiste).
In generale il motto di quegli anni fu universalmente “IN NOME DELLA LOTTA
ANTICOMUNISTA, TUTTO E’ GIUSTIFICABILE”.
Nel secondo dopoguerra la lotta fu condotta da una sinistra scarna e
minoritaria, qui nacque la tuttora diffusa opinione “La mafia è un’invenzione
dei comunisti”.
A seguito dei violenti e numerosi attentati degli anni ‘80 e ‘90 vi fu una più
netta presa di posizione del clero, aumentarono gli episodi di “martirio” e
furono emesse le prime condanne:
“Il Vangelo è assolutamente incompatibile con la mafia e chi collabora con essa
o ne è parte, è dichiarato fuori dalla comunione della Chiesa”.

I traffici





La prima mafia era “rurale”, legata cioè alla realtà agricola del Sud, dove
in cambio di protezione dispensava impieghi, sicurezza economica e una
relativa pace sociale.
All’incirca negli anni della Seconda Guerra Mondiale, la malavita cominciò
ad interessarsi al nuovo business dell’industrializzazione, che assicurava
capitali più facilmente accumulabili e monetizzabili.
Nei primi anni Cinquanta le organizzazioni scatenarono lotte per il
controllo di nuovi affari clandestini ma redditizi come la prostituzione, il
contrabbando, le scommesse clandestine.
Negli anni Sessanta con lo spostamento dei clan nelle grandi città, la
mafia mise le mani sugli appalti pubblici, controllando piani regolatori e
speculando indisturbatamente nel settore edile.
Risalgono agli anni Settanta le aperture verso traffici estremamente
lucrosi: l’organizzazione si preoccupò di investire nuovi capitali in settori
pericolosi quanto proficui come quello delle armi o della droga.

La mafia nella storia

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Mafia e stato liberale: dopo l’unità d’Italia
Mafia e Fascismo: il prefetto Mori
Seconda Guerra Mondiale:lo sbarco
Il dopoguerra: l’emigrazione
Gli anni sessanta, la prima Antimafia
Gli anni ottanta, i pentiti
I grandi attentati

Le stragi
In concomitanza con l’inizio delle operazioni speciali e dei
maxiprocessi per mafia sono proliferati gli attentati a
membri di clan, uomini di polizia,magistrati, giudici e
perfino giornalisti coinvolti nella lotta.
Un esempio sono le uccisioni dei procuratori della
repubblica Costa e Chinnici, del segretario regionale La
Torre e del generale dei carabinieri Dalla Chiesa.
Più recenti i casi dei giudici Falcone e Borsellino, uccisi nel
1992.
La strategia dell’eliminazione fisica degli uomini di giustizia,
per quanto efficace si rivelerà alla lunga
controproducente in quanto lo scalpore provocato dalle
stragi aiuterà una più rapida riorganizzazione degli
organi statali preposti alla lotta contro le cosche.

Il pentitismo
Per contenere la furia della criminalità organizzata, ormai
radicata in tutto il mondo, lo Stato si impegnò a
incentivare nuove azioni investigative. A questo
proposito furono create la DIA (Direzione Investigativa
Anticrimine) e la DNA (Direzione Nazionale Antimafia)
che ottennero successi con l’arresto di numerosi
capimafia.
Un ruolo importante fu ricoperto inoltre dai pentiti, ex
mafiosi che accettano di collaborare con la giustizia in
cambio di riduzioni di pena o immunità (anche se a volte
essi si sono rivelati strumenti stessi delle lotte tra clan)

La commissione Antimafia
Nel 1962, al dilagare costante e terribile del
problema, lo Stato Italiano rispose per la
prima volta con la costituzione di una
Commissione parlamentare Antimafia.
Il compito affidato fu quello di indagare sui
numerosi intrecci della criminalità
organizzata con alcuni ambienti politici.

Lo sbarco angloamericano
Raggiunta attraverso i servizi segreti nelle sue
ramificazioni oltreoceaniche, la mafia venne
usata nel 1943 dagli Americani per mettere a
segno il loro sbarco in Italia.
Essi la utilizzarono come elemento di
stabilizzazione e controllo del territorio
offrendole in cambio posti prestigiosi nelle
amministrazioni locali.
E’ in questo momento che l’Onorata Società
comincia ad occuparsi sempre più tenacemente
di questioni politiche, senza mai tuttavia esporsi
in prima persona.

La mafia esportata
Il problema assunse enorme risonanza, anche
internazionale soprattutto a seguito delle
vicende si Salvatore Giuliano che nel 1947
organizzò la prima grande strage documentata
della storia della mafia.
Nello stesso periodo i centri delle attività illegali
furono spostati dalle campagne alle grandi città
e, attraverso la sicura rete delle emigrazioni
negli Stati Uniti, si stabilì un legame di sangue
con le organizzazioni d’oltremare.

L’impresa di Mori
Il primo attacco serio al potere mafioso
venne mosso negli anni Venti,
quando il prefetto Mori venne inviato
in Sicilia.
L’azione contro la mafia servì al fascismo
come schermo per colpire gli
oppositori del regime.
Il male non fu comunque estirpato alla
sua radice, in quanto prosperava
efficacemente a causa delle
condizioni di estrema povertà in cui
versava il Sud, dove realmente
mancavano alternative legali di
occupazione e sostentamento.

Mafia e stato liberale
L’Italia fu unita nel 1861 ma il meridione
non se ne sentì mai veramente parte:
nelle campagne siciliane, calabresi,
pugliesi continuarono a governare
sistemi arretrati di tipo baronale e
feudale che favorirono lo sviluppo
capillare e clandestino delle grandi
cosche mafiose.
Lo stato liberale non riuscì a fronteggiare
il fenomeno, che anzi si potenziò con
l’inserimento di “uomini d’onore” nella
amministrazione periferica del Regno,
distorta a fini privati in un intreccio di
favoritismi e corruzione.
L’elevato tasso di emigrazione, diretta in
particolar modo verso gli Stati Uniti
fece sì che il fenomeno assumesse
dimensioni internazionali.

Famiglia di emigranti
MAFIA
Fenomeno criminoso, localizzato in Sicilia (e
col tempo diffusosi in tutto il mondo),
basato su una complessa e organizzata
rete di complicità, ricatti, delitti e violenze
in genere a sfondo economico, che si pone
come organizzazione sostitutiva e
concorrente rispetto all’autorità legale per
realizzare un “ordine” fondato su “accordi
tra amici”.

Il metodo
Le cosche operanti in una zona
si propongono di ottenere
prestigio mantenendosi ai
margini della legge, per
questo agiscono con
estorsioni, intimidazioni,
ricatti, senza mai temere la
giustizia statale in quanto
costantemente protetti da
un velo di omertà.
Il colpo di lupara è tristemente
sopravvissuto ai tempi come
tipico mezzo di persuasione
o regolamento di conti tra
clan.

Palermo, 28-8-1982, attentato incendiario
alla cereria F.lli Gange
Rapporti tra cosche
L’organizzazione tra le varie “famiglie” è assicurata da una
commissione (“cupola”) formata dai capifamiglia più
influenti o dai loro rappresentanti che decidono la
strategia dell’intera organizzazione, mantengono i
rapporti internazionali, suddividono tra le cosche le varie
attività e si assumono all’occorrenza i diritti di un
tribunale supremo e inappellabile nei confronti degli
affliati.
Tipico anche il fenomeno delle guerre tra clan, quando due
o più famiglie entrano in contrasto per assicurarsi il
settore più vantaggioso di un mercato.
Nei periodi di lotta tra le famiglie si inserisce l’affascinante
e ambigua personalità del confidente.

Etimologia
arabo Mahyas, millanteria
 Estensione di un termine già usato dal 1860 in
un rione palermitano con il significato di
valentia, superiorità, coraggio, perfezione
(opinione dello storico Pitré)
 Nel dramma di Rizzotto I mafiusi della Vicaria
(1863), il guappo, l’uomo d’onore che si
contrappone alle istituzioni vigenti
 Dall’

Origini
La mafia siciliana nacque agli inizi dell’800 come polizia
privata dei proprietari terrieri. Col tempo gli affiliati si
organizzarono in cosche autonome e, affrancatisi dal
potere baronale, divennero una vera e propria istituzione
criminale segreta e alternativa allo Stato.
La mafia ha trovato terreno fertile in quelle regioni in cui la
figura dello Stato è meno radicata nella società e dove la
miseria e la fame, a volte troppo trascurate dai governi
settentrionalisti fanno si che i più disperati accettino la
benevolente protezione di un padrino.
Non sempre infatti la “Questione meridionale” è stata
affrontata con le dovuta misure dalla politica interna
italiana.

La “Questione meridionale”
Definizione
Il dominio Spagnolo
 I Borboni
 L’Ottocento
 Dopo l’Unità
 Il governo Giolittiano
 Il regime
 Il dopoguerra
 La crisi degli anni ’70
 Gli anni Ottanta
 La situazione oggi



Palermo
Definizione
A partire dall’Unità d’Italia si denomina “questione
meridionale” un grave problema sociale della
penisola che trova origine nel differente sviluppo
storico-economico delle regioni del Mezzogiorno.
Si tratta in sostanza di una questione di zone
deboli, dove lo scarso sviluppo dei comuni, un
fiacco tessuto cittadino e l’incancellabilità del
feudalesimo hanno impedito la maturazione di
un moderno e democratico modello economico,
politico e sociale.

Il dominio Spagnolo
Instaurandosi all’inizio del XVI secolo nel Sud
Italia, gli Spagnoli non si preoccuparono di
restaurare e riunificare il mercato (anche
essendo la Spagna un paese in decadenza
commerciale).
Tutto ciò causò problemi di sovrappopolazione
nelle città, entroterra arretrati, analfabetismo,
mafia, renitenza alla leva e carenza di spirito
associativo.

I Borboni
Sotto il dominio dei Borboni cominciarono i
primi tentativi di riammodernamento che
troveranno seguito nei provvedimenti dei
successivi governi francesi.
Si cercò più che altro di incoraggiare il
formarsi di piccole proprietà contadine,
onde colpire i grossi prestigi feudali
(questione demaniale)

L’Ottocento
Mentre in Europa fiorivano le nuove industrie, il
Meridione versava ancora in condizioni di
degrado agricolo e scarsissima se non nulla
iniziativa nel settore del secondario.
Si tentò dunque di creare poli di sviluppo con
l’inserimento di imprenditori stranieri al fine di
incentivare la nascita di un ceto medio che
sapesse organizzare un decollo industriale.

Dopo l’Unità d’Italia
La questione meridionale diviene un problema nazionale.
La destra al potere ne ha una visione moralisticopedagogica (“educazione” delle masse) e nazionalisticorepressiva (a seguito dei moti del brigantaggio e per
l’imposta sul macinato).
Quando il malcontento si ricoprì di vesti ideologiche ben
precise, furono usati strumenti di repressione per
soffocare il malcontento.
Di fatto l’amministrazione piemontese aveva soffocato la
debole industria che faticosamente nasceva, imponendo
riforme fiscali inadeguate.

Il governo Giolittiano
All’inizio del Novecento furono istituite una serie di
leggi speciali per Napoli, la Sicilia, la Calabria,
senza tuttavia che la questione interessasse una
pianificazione legislativo-finanziaria globale che
impegnasse l’intera nazione.
I tassi di emigrazione e analfabetismo toccarono
vette elevatissime e nemmeno le imprese
coloniali, che volevano esportare all’estero i
problemi socio-economici della nazione
riuscirono a risollevare la situazione.

Il regime
Nel primo dopoguerra il problema meridionale era
stato completamente assorbito dalla dimensione
generale della questione agricola e dalla crisi
economica.
Il fascismo considerò antinazionale e antiunitario il
discutere di una “questione meridionale”,
dunque il dibattito e gli sforzi vennero sospesi e i
meridionalisti costretti al silenzio o
all’emigrazione.

Il secondo dopoguerra
La “questione meridionale” tornò in primo piano e fu
inserita all’interno del piano di ricostruzione socioeconomico nazionale.
A metà degli anni ‘50 nacque il grandioso fenomeno della
migrazione interna: migliaia di meridionali si stabilirono
al Nord in cerca di lavoro.
L’intervento dello stato mirò a questo punto alla
realizzazione di poli di sviluppo nel Sud, ma finì con il
creare nuovi squilibri tra zone industrializzate e zone
depresse e disabitate. Il tutto originò una serie di
disordini sociali e, nelle aree più avanzate la
speculazione edilizia favorì la crescita del fenomeno
mafioso.

La crisi degli anni ‘70
La crisi economica degli anni Settanta mise
in discussione l’intero piano di intervento
statale, basato sulla logica della creazione
di poli di sviluppo ormai soprannominati
“Cattedrali nel deserto”.

La situazione oggi
L’ipotesi che la diffusione e la modernità del
terziario al Nord potessero favorire un
trasferimento delle industrie nel mezzogiorno è
ormai decisamente da scartare:gli stabilimenti
continuano infatti a proliferare nelle aree
tradizionali del settentrione.
La “questione meridionale” è dunque tuttora di
grande attualità e legata ai tristi temi di sempre:
arretratezza delle infrastrutture, disoccupazione,
malavita, clientelismo nella politica.

Gli anni Ottanta
In questi anni si allargò ulteriormente il
divario tra settentrione e meridione,
principalmente a causa dei programmi di
ammodernamento delle industrie al Nord e
dello sviluppo in queste regioni de
terziario.

Organizzazione di una cosca
Padrino
Soldati (sicari,
guappi, picciotti)
“La mafia è un albero che ha le
radici in alto”
Le famiglie sono legate da patti di
parentela ma soprattutto di
fedeltà e protezione di stampo
feudale.
Il padrino è personalmente legato
ai subalterni, cui offre
protezione in cambio di favori
e obbedienza cieca.
Per questa struttura gerarchica
poco evoluta ed estremamente
“familiare” la mafia è spesso
paragonata ad una piovra.

Gli eroi della mafia

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Falcone e Borsellino: due nomi, un solo luogo del nostro immaginario collettivo, a testimonianza di una tragedia che ha colpito tutti, un intero
popolo. E' difficile scindere questo binomio, impossibile parlare di Giovanni, senza immediatamente ricordare Paolo. Nella nostra mente
si è insediato un automatismo che sarà difficile rimuovere. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano uniti in vita, legati da un “mestiere” che
per loro era missione: liberare la società civile dall'oppressione di una “mala pianta”- la mafia - che nasce, vive e prospera nello
stesso umore nutritivo prodotto dalla Sicilia. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono ora inscindibili nella nostra memoria. Come
accade per quanti diventano simbolo contro la loro stessa volontà, eroi soltanto per aver voluto esercitare il diritto di affermare le
proprie idee, per aver rifiutato la via facile dell'accomodamento e del quieto vivere. La loro fine, orribile e tragica, li ha fusi insieme. Così che
oggi, quasi naturalmente, il viaggiatore che si avvicini alla Sicilia sentirà i loro nomi prima ancora di mettere piede nell'Isola. Al momento
dell'atterraggio sarà la voce del comandante ad informare che “tra pochi minuti atterreremo all'aeroporto Falcone - Borsellino”. I siciliani, i
siciliani onesti amano quei magistrati caduti a meno di due mesi l'uno dall'altro. I mafiosi li rispettano, come li temevano quando erano vivi. (...)
I colpi subiti dai collaboratori di giustizia, i pentiti. “Invenzione” di Giovanni Falcone, quando nessuno osava soltanto pensare alla
eventualità che uno strumento rivelatosi essenziale contro il terrorismo potesse risultare praticabile nella lotta alla mafia. Falcone portò in Italia
un Buscetta pentito che doveva aprire la strada al ripensamento di tanti altri boss come Salvatore Contorno, Nino Calderone e Francesco Marino
Mannoia. Bastò questo per segnare tanti punti, innanzitutto l'esito del primo maxiprocesso: una disfatta per Cosa Nostra.
Già, il maxiprocesso. Fu forse allora che Falcone e Borsellino firmarono la loro condanna a morte. Cosa Nostra capì che non ci
poteva essere convivenza tra i propri interessi e quei due magistrati che parlavano in palermitano, capivano il linguaggio cifrato del “baccaglio”
mafioso, si muovevano perfettamente a loro agio tra ammiccamenti, sguardi, segni apparentemente enigmatici, bugie e “tragedie” inesistenti,
ordite semmai dal nulla per giustificare reazioni cruente. I due ex ragazzi della Kalsa, che in gioventù avevano giocato al calcio con coetanei poi
“arruolati” dai boss, si ritrovavano insieme a contrastare un mondo che conoscevano e capivano perfettamente per averne trafugato, a suo tempo, la chiave di lettura. Per questo poterono dialogare coi collaboratori, riuscirono ad ottenerne la
fiducia offrendo in cambio la semplice “parola d'onore” che avrebbe fatto tutto il possibile per aiutarli. Eppure Falcone e Borsellino non dovevano
vedersela solo coi “bravi ragazzi” che maneggiano pistole, eroina e tritolo. La storia della vita e della morte di questi due eroi siciliani non lascia
spazio a dubbi e ambiguità: Giovanni e Paolo non erano molto amati neppure nelle stanze che contano. Ovvio, si trattava di ostilità che
si manifestava in modo diverso. Eppure quella ostilità pesava esattamente quanto le pallottole.
A Giovanni Falcone fu riservata prima la tagliente ironia del Palazzo di Giustizia di Palermo, poi la saccente campagna di stampa contro la
presunta smania di protagonismo, quindi un vero e proprio “sbarramento” che gli avrebbe precluso il naturale ruolo di coordinatore delle
inchieste sulla mafia. Analoghe difficoltà avrebbe poi incontrato Borsellino durante la sua permanenza a Palermo, dopo l'esperienza di Marsala,
nella stanza di procuratore aggiunto.
Una marcia lenta - quella di Falcone - verso la delegittimazione, fino al tritolo di Capaci, passando per l'inquietante avvertimento
dell'Addaura (attentato fallito del giugno 1989) che si saldava con le “bordate” anonime degli scritti del “Corvo”. Quando Falcone salta in aria,
Paolo Borsellino capisce che non gli resterà troppo tempo. Lo dice chiaro: “Devo fare in fretta, perché adesso tocca a me”.
Nessuna fantasia di tragediografo ha mai prodotto nulla di simile. A rileggere, oggi, gli ultimi movimenti, le ultime parole di Paolo Borsellino, ci si
imbatte in un uomo cosciente della propria fine imminente, perfettamente consapevole persino del possibile movente, eppure incapace di tirarsi
indietro. Forse speranzoso di potercela fare, forse rassegnato ad una morte che in cuor suo “doveva” al suo amico Giovanni. (...)
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LA MAGISTRATURA
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La funzione giurisdizionale: GIURISDIZIONE CIVILE. PENALE E
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Principi generali relativi alla funzione giurisdizionale:
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
L’indipendenza della magistratura ordinaria.
Il consiglio superiore della magistratura: COMPOSIZIONE,

L’indipendenza dei singoli giudici: GIUDICI DI CARRIERA E

L’organizzazione della magistratura ordinaria: IL

La funzione della corte di cassazione. L’interpretazione della
legge. La giurisprudenza.
I problemi della giustizia: I GIUDICI E I POLITICI, LA LENTEZZA DEI
AMMINISTRATIVA.
GIUDICE NATURALE, GIUSTO PROCESSO, OBBLIGO DELLA MOTIVAZIONE,
GRADI DEL PROCESSO, SENTENZA DEFINITIVA.
 Magistratura ordinaria e magistrature speciali: I GIUDICI
SPECIALI.
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FUNZIONI.
GIUDICI ONORARI, L’INAMOVIBILITÅ, LA RESPONSABILITÅ DEI GIUDICI.
PUBBLICO MINISTERO,
PROCESSI.
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LE SPESE E LE ENTRATE
PUBBLICHE
LE SPESE PUBBLICHE:
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3.
4.
5.
Nozione di spesa pubblica
Classificazione delle spese pubbliche
Effetti economici delle spese redistributive
La spesa pubblica in Italia
Il controllo di efficienza della spesa pubblica
LE ENTRATE PUBBLICHE:
I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
Nozione di entrata pubblica
Classificazione delle entrate pubbliche
Il patrimonio degli enti pubblici
La valorizzazione del patrimonio pubblico
Prezzi privati, prezzi pubblici, prezzi politici
Imposte, tasse e contributi.
Le entrate parafiscali
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I FINANZIAMENTI
Il fabbisogno finanziario delle imprese
 I versamenti dei soci
 I finanziamenti di terzi creditori
 La locazione finanziaria
 Lo smobilizzo dei crediti verso i clienti
 Il factoring
 Il sostegno pubblico delle imprese

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L’impresa consegue l’equilibrio finanziario quando è sempre
in grado di far fronte con le le proprie entrate agli obblighi di
pagamento assunti e alle esigenze di far investimento che via
via si manifestano
I versamenti dei soci possono essere: a capitale sociale, in
conto capitale e in conto finanziamento. Mentre i versamenti
di terzi creditori si distinguono in debiti di regolamento e debiti
di finanziamento.
Gli investimenti in beni strumentali sono spesso finanziati con
l’accensione di prestiti a medio/lungo termine che comportano
la disponibilità di tali beni anche senza acquistarli. Un esempio
è la locazione finanziaria.
Il sostegno pubblico alle imprese viene dato attraverso
incentivi pubblici di natura finanziaria come: i contributi in
conto esercizio, contributi in conto impianti e contributi in
conto capitale.
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I FIDI BANCARI
Il fido bancario è l’importo massimo che una banca concede, sotto qualunque
forma, ad un cliente che ne abbia fatto richiesta, dopo averne accertato le
capacità reddituali, la consistenza patrimoniale e le doti morali.
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Classificazione dei fidi:
Fidi assistiti da garanzie reali
Fidi basati su elementi personali
Fidi di cassa
Fidi firma
Fidi diretti
Fidi indiretti
Fidi generali
Fidi particolari
Regole tecniche e amministrative per i fidi
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FUNZIONI IN DUE VARIABILI
Insiemi a 2 dimensioni e intorni
Punti interni, punti esterni, e punti di frontiera rispetto a un
dato insieme
Definizione e generalità
Dominio
Rappresentazione grafica
Curve di livello
Funzioni lineari in due variabili
Significato geometrico delle derivate parziali prime
Ricerca di estremi liberi
Ricerca di estremi vincolati
Moltiplicatore di Lagrange
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DATE LE VARIABILI X,Y,Z, SI DICE CHE Z è FUNZIONE DELLA
VARIABILI X ED Y QUANDO TRA LE TRE VARIABILI ESISTE UNA
RELAZIONE PER EFFETTO DELLA QUALE A OGNI VALORE
DATO ALLA X E A OGNI VALORE DATO ALLA Y; ENTRO CERTI
LIMITI,CORRISPONDE UN SOLO VALORE PER Z.
SI CHIAMA LINEA O CURVA DI LIVELLO LA PROIEZIONE
ORTOGONALE, NEL PIANO CARTESIANO A DUE DIMENSIONI,
DELLA CURVA CHE SI OTTIENE INTERSECANDO LA
WSUPERFICIE Z= F(X,Y) CON UN PIANO Z =K
SIGNIFICATO GEOMETRICO:LE DERIVATE PARZIALI PRIME,
ESPRIMONO LA PENDENZA DELLE CURVE CHE SULLA
SUPERFICIE RAPPRESENTATIVA ELLUNZIONE SI
OTTENGONO NELLE DUE SEZIONI PERPENDICOLARI CHE SI
RICAVANO MEDIANTE PIANI PERPENDICOLARI AD OY E OX
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I SISTEMI OPERATIVI
Il sistema operativo è un insieme di programmi che governa e
controlla l’uso delle componenti del sistema di elaborazione
permettendo all’utente un utilizzo trasparente ed efficace delle
risorse disponibili.
 Struttura e funzionamento
 Tipi di sistemi operativi
 Interrupt
 Gestione del processore
 Politiche di schedulazione
 Procedure di sincronizzazione e comunicazione tra processi
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I sistemi operativi si dividono in monoprogrammazione e in
multiprogrammazione.
I sistemi operativi in monoprogrammazione permettono
l’esecuzione di un solo programa utente alla volta.
I sistemi in multiprogrammzione sono sistemi operativi che
permettono di allocare più programmi in memoria centrale e di
ripartire fra questi l’uso delle risorse
Poi vi sono i sistemi in time-sharing che sono nati per ovviare al
problema dei sistemi in multiprogrammazione che è quello
dimonopolizzare la cpu quando un programma non ha richieste di
input output.
L’interrupt è il meccanismo mediante il quale vengono comunicati
alla cpu alcuni eventi ben precisi.
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