Platone nacque ad Atene nel 427 a.C. da una famiglia aristocratica. A vent’anni diventa allievo di Socrate fino alla sua morte. Platone avrebbe voluto dedicarsi alla politica, ma la morte del suo maestro lo colpì come una condanna generale della politica del tempo. Perciò la filosofia fu la sola via che potesse condurre l’uomo singolo e la comunità verso la giustizia. Platone viaggiò nell’Italia meridionale e, a Siracusa, conobbe il pitagorico Dione, cognato di Dionigi il Vecchio, tiranno della città. Non trovando accordi con il tiranno, ritornò ad Atene e qui morì nel 347 a.C. a 80 anni. La parola “Simposio” deriva da sym-pìnein, che significa “bere insieme”. Ai simposi potevano partecipare unicamente gli uomini. Durate questi conviti si lodava l’amore tra un eròmenos(giovane) e un erastès (adulto); infatti questo rapporto mirava a fini più nobili rispetto a quello verso le donne, considerate inferiori sia fisicamente che intelletualmente Era usanza bere smoderatamente durante i simposi. Questa volta, però, uno degli invitati esorta a non seguire questo costume e propone che ognuno a turno faccia un elogio a Eros. Apollodoro, fedele seguace di Socrate, riferisce ad un conoscente interessato la preziosa testimonianza di Aristodemo, che ha avuto la fortuna di partecipare a un convito in casa di Agatone. Aristodemo incontra Socrate, che lo invita a seguirlo verso la casa di Agatone, dove il filosofo era stato invitato, per festeggiare la vittoria del commediografo nel concorso tragico. Fedro Alcibiade Pausania Socrate Erissimaco Agatone Aristofane La figura di Alcibiade ALCESTI, ORFEO E ACHILLE Fedro è il primo che tesse le lodi di Amore, affermando che esso è il dio più antico fra tutti, al pari di Caos e Terra. Fedro porta alcuni esempi di Amore: • Alcesti, scegliendo di morire al posto del marito, ispirata da amore, ottenne la sua anima come premio degli dei, poiché si era comportata nobilmente ; •Orfeo, che avendo perso la possibilità di riavere Euridice, sua amata e non avendo osato morire per Amore, cercò un altro modo per raggiungere vivo l’Ade, ma gli dei lo punirono con la morte. • Achille invece, sapendo della morte di Patroclo, lo va a soccorrere e giura di vendicarsi, di morire per lui e dopo di lui. Notando questo ardore, gli dei lo onorarono mandandolo nell’Isola dei Beati, «poiché a tal punto aveva tenuto in pregio il suo amante» AFRODITE”Urania” E AFRODITE”Pandèmia” Pausania, il secondo a parlare, afferma dell’esistenza di due diverse “Afroditi”: una è Urania, figlia di Urano, la seconda è Pandèmia, figlia di Dione e Zeus. A queste due divinità si affiancano due tipi di Amore: il primo, detto Celeste, si accompagna a Urania; il secondo, chiamato Volgare, si accompagna a Pandèmia. L’amore Volgare è volto ad amare più i corpi che le anime delle persone. L’amore Celeste si fa guida verso un elevato sentire ed è rivolto ai giovani. Il suo scopo è quello di spingere a educare a cose nobili e alte colui che si ama; scopo ben diverso dall’amore volgare, il quale cerca solo la brutale soddisfazione dei sensi. Il suo discorso si conclude , cercando di trovare una giustificazione, attraverso alcune norme, al motivo per cui l’amore omofilo in certe regioni è disprezzato o per cui il suo inserimento risulta complicato. AMORE COME FENOMENO NATURALE Il terzo a parlare è Erissimaco, medico, intervenuto al posto di Aristofane, colto da un singhiozzo Amore, come ogni cosa in natura, deve essere equilibrato e armonico in ogni sua azione. Come Pausania, condivide l’idea dell’esistenza di due Afroditi, ma vi con alcune differenze: infatti chiama Afrodite Volgare Polinnia (“ dai molti inni” e quindi portatrice di disastri). Erissimaco afferma che, sia nella medicina, sia nella musica che in tutte le altre attività umane e divine, vi è la compresenza di questi due amori. “… colui che riesce a distinguere fra l’amore bello e l’amore brutto, questi è un vero medico.[…]L’armonia è consonanza, e la consonanza consiste nell’accordo di elementi prima discordanti e poi concordanti …” IL MITO DEGLI ANDROGINI Ripresosi dal singhiozzo, Aristofane inizia il suo discorso con un mito. All’origine del mondo esistevano degli esseri composti da due umani attaccati per il petto e per la pancia. Vi erano inoltre 3 generi: uno maschile, uno femminile e uno androgino, che rappresentava un ibrido tra uomo e donna. Possedevano una doppia natura, ma fu stroncata da Zeus, che per la loro superbia, avevano tentato di raggiungere gli dei e per questo furono puniti. Questi cercano di ricomporsi con la propria parte spezzata, stringendosi l’una con l’altra, finendo per morire di inedia. Zeus allora, per evitare l’estinzione umana, manda Eros sulla Terra in modo tale che essi possano ricostruire quell’unità perduta, provandone piacere e potersi dedicare alle incombenze che li attendono LA BELLEZZA DI AMORE Il quinto a parlare è il padrone di casa Agatone. Definisce Amore il dio più felice, in quanto è bello, nobile e giovane. Poiché è giovane, egli è anche flessuoso, particolarità che gli permette di entrare e di uscire di nascosto dalle anime. Amore simboleggia la bellezza. Egli non reca né subisce ingiustizie, in quanto “ giustizia”, “ morigeratezza”, “potenza”, e “sapienza” sono le virtù che lo contraddistinguono. Agatone compone per Amore alcuni versi “pace fra gli uomini, calma sul mare, un cessare dei venti e un sonno nell’ansia”. AMORE COME FIGLIO DI POVERTà E DI ESPEDIENTE L’ultimo a parlare è Socrate che, all’inizio ammette la sua incapacità di tessere elogi su Amore migliori dei suoi compagni, ma poi sostenuto dalla convinzione che su ogni cosa basta dire la verità, decide di iniziare il discorso. Per parlare di Amore utilizza il discorso fattogli da Diotima, sacerdotessa di Mantinea, maestra di Socrate della concezione di Amore. Secondo lei, amore non è altro che un demone, concepito da Penìa(Povertà) che si approfittò di Pòros (Espediente) alla festa della nascita di Afrodite. Socrate incappa nell’errore di vedere in Amore solo le cose belle; questa visione deriva dal fatto che Amore viene pensato come amato e non come amante. La molla che spinge l’amante all’amato è l’attrazione verso bellezza, se essa non è fine a se stessa. «SOCRATE è UN SILENO» Finito il discorso di Socrate, entra nella stanza Alcibiade, ubriaco, e si pone tra Agatone e Socrate. Dopo aver avuto un piccolo battibecco con quest’ultimo, inizia a tessere un elogio per Socrate. Lo definisce un sileno(cioè ad un satiro), ovvero che, come i satiri che sapevano incantare gli uomini con la musica in virtù degli strumenti, lui incantava gli esseri umani con la forza delle sue nude parole. Alcibiade approfittò dell’infatuazione di Socrate sulla sua bellezza per diventare anche lui stesso sapiente tramite le parole del maestro. Ma quest’ultimo gli resiste, dopo che il ragazzo aveva dichiarato quanto provava e avendolo più volte tentato di sedurlo. Alcibiade rimane attratto da questa sua anima pura ed era desideroso di contemplarla bellezza divina nel suo unico aspetto. UNA STORIA ATENIESE Alcibiade nasce ad Atene tra il 451 o 450 a.C. . Figlio di Clinia e Deinomaca e appartenente al ceto nobiliare. Dopo la morte del padre in battaglia, Alcibiade e suo fratello minore Clinia furono allevati da Pericle. Alcibiade frequentò Socrate solo per imparare l’arte della parola e si sosteneva che, sotto l’influenza del filosofo, fosse un ottimo cittadino e utile alla patria. Venne eletto stratego e fu il continuatore del partito della guerra, che si faceva portavoce delle aspirazioni popolari favorevoli alla politica imperialista, guidato prima da Cleone. Quando Nicia fallì in Tracia, Alcibiade divenne il primo sostenitore della spedizione in Sicilia. Ma il giorno prima della partenza, avvenne la mutilazione delle Erme e Alcibiade fu accusato di aver compiuto il misfatto Alcibiade morì in Frigia trafitto da una pioggia di frecce, mentre inseguiva i suoi sicari con un pugnale in mano nel 404 a.C..