Presentazione in PowerPoint di un
argomento per ciascuna delle seguenti
materie, realizzato dall’alunno: Fabio De
Matteis frequentante la classe: 5 et/D
data: 26/06/2004







Letteratura
Storia
Inglese
Elettronica analogica
Telecomunicazioni
Sistemi automatici
TDP
S
I
S
T
E
M
I
Realizzazione di un
semaforo semplice
e di un
incrocio semaforico pilotato
con linguaggio
Visual Basic 6.0 e utilizzo
della porta Centronics
S
I
S
T
E
M
I
Output dell’interfaccia
Centronics pilotata con
Visual Basic 6.0
Output del VB 6.0 sul
monitor
S
I
S
T
E
M
I
L’esercitazione richiedeva di comandare un semplice
semaforo, simulato da tre diodi LED (rosso, giallo, verde) con
software in Visual Basic.
I tre diodi Led sono collegati, tramite resistenza da 220,
rispettivamente alle uscite DATA1, DATA2
e DATA3 del
registro dati di indirizzo 888 dell’interfaccia Centronics.
Sul monitor, dopo aver avviato il programma realizzato, si
visualizzeranno tre lampade con cinque caselle di testo e dei
pulsanti che comanderanno il semaforo sia sul monitor che
sull’uscita Centronics del PC.
Nelle tre caselle di testo è possibile inserire il tempo,
espresso in secondi, d’accensione della lampada.
I cinque pulsanti che sono stati inseriti servono
rispettivamente a :
Ciclo giorno:
questo da la partenza al semaforo facendolo
iniziare con la successione rosso, verde, giallo
e si ripeterà fino a quando non cliccliamo
stop.
Ciclo notte:
questo da la partenza al semaforo facendo
lampeggiare la lampada gialla simulando il
ciclo notturno di un semaforo urbano.
Stop/Spento:
questo ferma e fa visualizzare tutte e tre le
lampade spente.
S
I
S
T
E
M
I
Test:
questo fa visualizzare tutte le lampade
accese.
Esci:
questo pulsante ci permette di uscire
dall’esecuzione del programma.
Per poter pilotare la Centronics
tramite
questo
software
è
necessario inserire nel codice di tale programma un’istruzione
che
varia in base al sistema operativo:
Per Windows 95, 98, ME si scrive:
per l’attivazione del verde: OUT 888,1;
per l’attivazione del giallo: OUT 888, 2;
per l’attivazione del rosso: OUT 888, 4.
Per Windows 2000 e XP si scrive:
1DlPortWritePortUchar (888, ?)
Per creare
con la Centronics
formulata
Colore l’interfacciamento
Codice binario N decimale
Istruzione in è
VBstata
6.0
per Windows
’95,
D3 D2 D1
la
’98, ME
seguente tabella:
Verde
0
0
1
1
Out 888, 1
Giallo
0
1
0
2
Out 888, 2
Rosso
1
0
0
4
Out 888, 4
Spento
0
0
0
0
Out 888, 0
Test
1
1
1
7
Out 888, 7
S
I
S
T
E
M
I
Fasi per la realizzazione del semaforo
con il programma Vb 6.0
Per avviare il programma eseguire le seguenti operazioni:
Start / Programmi / Microsoft Visual Basic 6.0 / Microsoft Visual
Basic 6.0
S
I
S
T
E
M
I
Apparirà la seguente maschera dove noi sceglieremo EXE
standard selezionando l’icona e cliccando apri.
S
I
S
T
E
M
I
Dopo aver cliccato apri ci troveremo nell’ambiente VB ovvero il
form meglio conosciuto come foglio di lavoro.
Inseriremo dalla tabella degli strumenti a sinistra:
•3shape
•3 text box
•5 timer
•5 button
•2 label
Curando l’aspetto grafico e opzionale degli oggetti inseriti nel
form si otterrà la seguente grafica:
S
I
S
T
E
M
I
Scrittura del codice per il funzionamento del programma:
Private Sub Form_Load()
Shape_verde.BackStyle = 0
Shape_giallo.BackStyle = 0
Shape_rosso.BackStyle = 0
Timer_rosso.Enabled = False
Timer_giallo.Enabled = False
Timer_verde.Enabled = False
Timer_Notte1.Enabled = False
Timer_Notte2.Enabled = False
Out 888, 0
End Sub
Private Sub CicloGiorno_Click()
Shape_verde.BackStyle = 1
Shape_giallo.BackStyle = 0
Shape_rosso.BackStyle = 0
Timer_verde.Interval = Val(Text_verde) * 1000
Timer_verde.Enabled = True
Out 888, 1
End Sub
S
I
S
T
E
M
I
Private Sub Timer_verde_Timer()
Timer_verde.Enabled = False
Shape_verde.BackStyle = 0
Shape_giallo.BackStyle = 1
Timer_giallo.Interval= al(Text_giallo) * 1000
Timer_giallo.Enabled = True
Out 888, 2
End Sub
Private Sub Timer_giallo_Timer()
Timer_giallo.Enabled = False
Shape_giallo.BackStyle = 0
Shape_rosso.BackStyle = 1
Timer_rosso.Interval = Val(Text_rosso) * 1000
Timer_rosso.Enabled = True
Out 888, 4
End Sub
Private Sub Timer_rosso_Timer()
Timer_rosso.Enabled = False
Shape_rosso.BackStyle = 0
Shape_verde.BackStyle = 1
Timer_verde.Interval = Val(Text_verde) * 1000
Timer_verde.Enabled = True
Out 888, 1
End Sub
S
I
S
T
E
M
I
Private Sub Test_Click()
Shape_rosso.BackStyle = 1
Timer_rosso.Enabled = False
Shape_giallo.BackStyle = 1
Timer_giallo.Enabled = False
Shape_verde.BackStyle = 1
Timer_verde.Enabled = False
Timer_Notte1.Enabled = False
Timer_Notte2.Enabled = False
Out 888, 7
End Sub
Private Sub Timer_Notte1_Timer()
Shape_rosso.BackStyle = 0
Timer_rosso.Enabled = False
Shape_verde.BackStyle = 0
Timer_verde.Enabled = False
Timer_Notte1.Enabled = False
Shape_giallo.BackStyle = 0
Timer_Notte2.Interval
Val(Text_giallo) * 1000
Timer_Notte2.Enabled = True
Out 888, 0
End Sub
=
S
I
S
T
E
M
I
Private Sub Timer_Notte2_Timer()
Shape_rosso.BackStyle = 0
Timer_rosso.Enabled = False
Shape_verde.BackStyle = 0
Timer_verde.Enabled = False
Timer_Notte2.Enabled = False
Shape_giallo.BackStyle = 1
Timer_Notte1.Interval
Val(Text_giallo) * 1000
Timer_Notte1.Enabled = True
Out 888, 2
End Sub
Private Sub Ciclo_Notte_Click()
Shape_rosso.BackStyle = 0
Timer_rosso.Enabled = False
Shape_verde.BackStyle = 0
Timer_verde.Enabled = False
Shape_giallo.BackStyle = 1
Timer_Notte1.Interval
Val(Text_giallo) * 1000
Timer_Notte1.Enabled = True
Out 888, 2
End Sub
=
=
S
I
S
T
E
M
I
Private Sub Stop_Click()
Shape_verde.BackStyle = 0
Shape_giallo.BackStyle = 0
Shape_rosso.BackStyle = 0
Timer_rosso.Enabled = False
Timer_giallo.Enabled = False
Timer_verde.Enabled = False
Timer_Notte1.Enabled = False
Timer_Notte2.Enabled = False
Out 888, 0
End Sub
Private Sub Command1_Click()
Out 888,0
End
End Sub
S
I
S
T
E
M
I
Il programma consiste in dieci subroutine. La prima
Form_Load(), si attiva al caricamento del programma e
consente di visualizzare il semaforo spento.
La seconda CicloGiorno_Click() che si unisce alla terza e alla
quarta a permette di attivare il ciclo giorno.
La quinta Test_Click() permette di visualizzare tutte e tre le
lampada accese.
L’ottava CicloNotte_Click() che si unisce alla settima e alla nona
permette di visualizzare il ciclo notturno di un semaforo urbano.
La decima Stop_Click() permette di fermare i cicli attivati e fa
visualizzare tutte le lampade accese.
L’undicesima istruzione Command1_Click() permette di uscire
direttamente dall’esecuzione del programma.
S
I
S
T
E
M
I
IMPIANTO SEMAFORICO APPLICATO
AD UN INCROCIO
Dopo aver programmato un semaforo singolo, si è passati a
programmare un incrocio semaforico seguendo la stessa logica.
S
I
S
T
E
M
I
Come si può notare dalla figura sopra riportata, questo incrocio
è formato da tre strade principali dove solo la strada 3 può avere
solo il verde pieno, mentre le strade 1 e 2 possono avere sia il
verde pieno che la svolta a destra. Inoltre c’è anche un senso
unico figurato con le strisce gialle dove nel senso opposto
possono circolare solo Bus e Taxi.
Per la creazione di questo programma è stata scritta una tabella
dove c’è anche l’interfacciamento con la Centronic:
Si è deciso di imporre la seguente sequenza nel ciclo giorno:
1.Verde pieno sulla strada 1; verde destra e rosso sulla strada
2; rosso
sulla strada 3.
2.Giallo sulla strada 1; verde destra e rosso sulla strada 2;
rosso sulla
strada 3.
3.Rosso e verde destra sulla strada 1; verde pieno sulla
strada 2; rosso
sulla strada 3.
4.Verde destra e rosso sulla strada 1; giallo sulla strada 2;
rosso sulla
strada 3.
5.Rosso sulla strada 1 e 2; verde pieno sulla strada 3.
6.Rosso sulla strada 1 e 2; giallo sulla strada 3.
S
I
S
T
E
M
I
Strada 1
Strada 2
Strada 3
Sequenza
VGRD
VGRD
VGR
Indirizzo
888
Indirizzo
890
Valore
da
inviare
sulla
888
1
1000
0011
001
10000100
1
132
2
1100
0011
001
11000100
1
196
3
0011
1000
001
00110000
1
48
4
0011
1100
001
00111000
1
56
5
0010
0010
100
00100110
0
38
6
0010
0010
110
00100111
0
39
ABCD
EFGH
ILM
S
I
S
T
E
M
I
Dalla tabella si nota che il verde della strada 1 coincide con il
verde destra della strada 2 e viceversa. In tal caso si possono
utilizzare delle linee di uscita che escono da 11 a 9.
I componenti inseriti nel form sono stati i seguenti i quali hanno
subito delle variazioni nella tabella delle proprietà.
•Image11
•CommandButton5
•Timer8
Dopo aver curato l’aspetto grafico del form si è passati alla
scrittura del codice per il funzionamento del programma:
N. B. : non sono state inserite le istruzioni per il pilotaggio della
centronics.
Private Sub Stop_Click()
ImageA.Visible = False
ImageB.Visible = False
ImageC.Visible = False
ImageD.Visible = False
ImageE.Visible = False
ImageF.Visible = False
ImageG.Visible = False
ImageH.Visible = False
ImageI.Visible = False
ImageL.Visible = False
S
I
S
T
E
M
I
ImageL.Visible = False
ImageM.Visible = False
Timer_A.Enabled = False
Timer_B.Enabled = False
Timer_C.Enabled = False
Timer_D.Enabled = False
Timer_E.Enabled = False
Timer_F.Enabled = False
Ciclo_Notte_A.Enabled = False
Ciclo_Notte_B.Enabled = False
End Sub
Private Sub Test_Click()
ImageA.Visible = True
ImageB.Visible = True
ImageC.Visible = True
ImageD.Visible = True
ImageE.Visible = True
ImageF.Visible = True
ImageG.Visible = True
ImageH.Visible = True
ImageI.Visible = True
ImageL.Visible = True
ImageM.Visible = True
S
I
S
T
E
M
I
Timer_A.Enabled = False
Timer_B.Enabled = False
Timer_C.Enabled = False
Timer_D.Enabled = False
Timer_E.Enabled = False
Timer_F.Enabled = False
Ciclo_Notte_A.Enabled = False
Ciclo_Notte_B.Enabled = False
End Sub
Private Sub Timer_A_Timer()
Timer_A.Enabled = False
ImageA.Visible = False
ImageB.Visible = True
ImageC.Visible = False
ImageD.Visible = False
ImageE.Visible = False
ImageF.Visible = False
ImageG.Visible = True
ImageH.Visible = True
ImageI.Visible = False
ImageL.Visible = False
ImageM.Visible = True
Timer_B.Interval = 5000
S
I
S
T
E
M
I
End Sub
Timer_B.Interval = 5000
Timer_B.Enabled = True
Private Sub Timer_B_Timer()
Timer_B.Enabled = False
ImageA.Visible = False
ImageB.Visible = False
ImageC.Visible = True
ImageD.Visible = True
ImageE.Visible = True
ImageF.Visible = False
ImageG.Visible = False
ImageH.Visible = False
ImageI.Visible = False
ImageL.Visible = False
ImageM.Visible = True
Timer_C.Interval = 5000
Timer_C.Enabled = True
End Sub
Private Sub Timer_C_Timer()
Timer_C.Enabled = False
ImageA.Visible = False
S
I
S
T
E
M
I
ImageC.Visible = True
ImageD.Visible = True
ImageE.Visible = False
ImageF.Visible = True
ImageG.Visible = False
ImageH.Visible = False
ImageI.Visible = False
ImageL.Visible = False
ImageM.Visible = True
Timer_D.Interval = 5000
Timer_D.Enabled = True
End Sub
Private Sub Timer_D_Timer()
Timer_D.Enabled = False
ImageA.Visible = False
ImageB.Visible = False
ImageC.Visible = True
ImageD.Visible = False
ImageE.Visible = False
ImageF.Visible = False
ImageG.Visible = True
ImageH.Visible = False
ImageI.Visible = True
S
I
S
T
E
M
I
ImageL.Visible = False
ImageM.Visible = False
Timer_E.Interval = 5000
Timer_E.Enabled = True
End Sub
Private Sub Timer_E_Timer()
Timer_E.Enabled = False
ImageA.Visible = False
ImageB.Visible = False
ImageC.Visible = True
ImageD.Visible = False
ImageE.Visible = False
ImageF.Visible = False
ImageG.Visible = True
ImageH.Visible = False
ImageI.Visible = False
ImageL.Visible = True
ImageM.Visible = False
Timer_F.Interval = 5000
Timer_F.Enabled = True
End Sub
Private Sub Timer_F_Timer()
S
I
S
T
E
M
I
Timer_F.Enabled = False
ImageB.Visible = False
ImageC.Visible = False
ImageD.Visible = False
ImageE.Visible = False
ImageF.Visible = False
ImageI.Visible = False
ImageL.Visible = False
ImageA.Visible = True
ImageG.Visible = True
ImageH.Visible = True
ImageM.Visible = True
Timer_A.Interval = 5000
Timer_A.Enabled = True
End Sub
S
I
S
T
E
M
I
Cenni teorici sull’interfaccia Centronics
E’
una interfaccia parallela ad 8 bit di tipo asincrona usata
soprattutto per collegare un computer ad una stampante parallela.
Il connettore sul retro del computer è di tipo D a 25 poli femmina.
Su un PC possono prendere posto fino a 3 interfacce parallele
denominate LPT1, LPT2 e LPT3 (Line Printer Terminal). Ciascuna
delle 3 LPT presenta 3 indirizzi contigui destinate alle periferiche di
I/O.
L’indirizzo base della LPT1 è 888, gli altri due indirizzi sono 889 e
890.
Ind.base
Ind.base+1
Ind.base+2
LPT1
888
889
890
LPT2
632
633
634
LPT3
956
957
958
Il registro base di indirizzo 888, denominato registro dati, contiene
8 bit di uscita dal PC.
Il registro di indirizzo successivo 889, noto come registro di stato, è
accessibile solo dall’esterno e solamente per 5 dei suoi 8 bit. È
detto registro di stato perché ciascuna delle 5 linee individua un
particolare stato in cui si trova la stampante. Il registro di indirizzo
890, noto come registro di controllo, rende disponibili solo 4 bit di
uscita.
S
I
Registro dati (indirizzo 888) :
linee di uscita DATA8...DATA1, di indirizzo 888, situate tra i pin
S Le
9....2, sono memorizzate, cioè rappresentano i bit di uscita di
T altrettanti flip-flop.
LINEE DAT DATA DATA DATA DAT DATA DATA DATA
E
A8
7
6
5
A4
3
2
1
7
6
5
4
3
2
M PIN 9 8
di stato (indirizzo 889):
I Registro
L’interfaccia Centronics possiede 5 linee di ingresso
all’indirizzo
889 con i seguenti valori e logiche di funzionamento:
_____
BUSY
ACK
PAPER OUT
SELECTED
ERROR
(pin
(pin
(pin
(pin
(pin
11)
10)
12)
13)
15)
vale
vale
vale
vale
vale
128
64
32
16
8
se è al livello basso
se è al livello alto
se è al livello alto
se è al livello alto
se è al livello alto
(logica negativa).
(logica positiva).
(logica positiva).
(logica positiva).
(logica positiva).
S LINEE BUSY ACK PAPER SELECTED ERROR 1 1 1
OUT
I PIN 11 10 12
13
15
S
I rimanenti 3 bit meno significativi del byte di ingresso non sono
sul connettore e sono poste, internamente all’interfaccia,
T accessibili
al livello alto.
a disposizione 5 bit (32 combinazioni) è possibile acquisire,
E Avendo
via software in una variabile A, un valore compreso tra 0 e 31.
Ciò si realizza con i seguenti passaggi:
M
____
A = A XOR 128 (per complementare il bit applicato su BUSY);
I A = A - 7 (per azzerare i tre bit meno significativi : operazione, comunque,
A=A/ 8
non necessaria);
(per lo scorrimento a destra di 3 posizioni).
L'algoritmo di acquisizione in linguaggio QBASIC risulta, pertanto:
A = ((INP(889) XOR 128) - 7 ) / 8
In questo modo la parola di ingresso A assume un valore compreso
tra 0 e 31.
S
I
S
T
E
M
I
STB, AF e SI
Registro di controllo (indirizzo 890):
L’indirizzo Centronics 890 rende disponibile in uscita altri 4 bit di cui
tre attivi in logica negativa ed una in logica positiva :
___ _____
STB = STROBE
(pin 1) vale 1 se è al livello basso (logica negativa).
__ __________
AF = AUTOFEED
(pin 14) vale 2 se è al livello basso (logica negativa).
IP = INIZIALIZE PRINTER (pin 16) vale 4 se è al livello alto (logica positiva).
__ _____________
SI = SELECT INPUT
(pin 17) vale 8 se è al livello basso (logica negativa).
IRQE = ABILITA INTERRUPT
Ind.
890
Linee
bit7
bit6
bit5
vale 16 se è al livello alto (logica positiva)
ma non è disponibile fisicamente.
bit4
bit3
bit2
bit1
bit0
IRQE
SI
IP
AF
STB
Pin
17
16
14
1
Se si intende trasmettere una parola a 4 bit con valore compreso
tra 0 e 15 e con i bit attivi in logica positiva, occorre commutare
(XOR con 1 logico) i bit e lasciare inalterato (XOR con zero logico)
il bit IP :
S
I
S
T
E
M
I
OUT 890, A XOR 11
A3
A2
A1
A0
A nel PC
1
0
1
1
11
A3
A2
A1
A0
A XOR
11
A3
A2
A1
A0
A in
uscita
T
D
P
CONTROLLO DELLA
VELOCITA’ E VERSO DI
ROTAZIONE DI UN
MOTORE IN C. C.
UTILIZZANDO LA TECNICA
PWM
T
D
P
Schema elettrico
T
D
P
Principio di funzionamento del circuito
ASTABILE PWM
(NE 555)
CIRCUITO DI LOGICA
(IC 4011 – IC 4069)
DRIVER
(T1- T2 – T3 – T4)
ATTUATORE
(motore in C.C.)
T
D
P
1 ° blocco
Il multivibratore astabile PWM è realizzato tramite l’ausilio del timer
NE 555.
Esso fornisce in uscita un treno di impulsi aventi ampiezza all’
incirca uguale all’alimentazione, tempo di carica tH e tempo di
scarica tL. Il periodo T dell’impulso rimane costante ma è possibile
variare il tempo di carica e il tempo di scarica attraversa il
potenziometro R1, per questo motivo prende il nome PWM Pulse
Wide Modulation (modulazione della larghezza dell’impulso).
I tempi di carica e scarica sono analiticamente cosi misurabili:
tH  0,69  ( R1  R2  R10 )  C1
t L  0,69  ( R3  R10 )  C1
T
D
P
Multivibratore astabile NE 555N
T
D
P
2°blocco
Il secondo blocco del circuito è formato dal circuito di logica,
realizzato con porte NOT (IC 4069) e porte NAND (IC 4011).
Queste hanno il compito di attivare o disattivare le basi dei quattro
transistor collegati a ponte.
Circuito di logica
T
D
P
3°blocco
Il terzo blocco del circuito è formato dal Driver ovvero il circuito di
potenza formato dai quattro transistor collegati a ponte
Driver
I quattro transistor sono di due tipi: T1 e T2 sono di tipo PNP;
mentre T3 e T4 sono di tipo NPN.
T
D
P
4°blocco
Il quarto blocco del circuito è formato dall’attuatore che sarà il
motore in corrente continua. Nello schema elettrico sono presenti
solo le uscite che saranno collegati all’attuatore.
T
D
P
Spiegazione sul funzionamento del circuito
Per la spiegazione del circuito è stata realizzata una tabella e degli
schemi per facilitare la comprensione del funzionamento; inoltre si
ragionerà con i valori 1 se è valore alto e 0 se è valore basso
Caso
U/D
Q
IC1A
IC1B
IC2A
IC2B
IC2C
Mot.
A
1
1
0
1
0
0
1
1
B
1
0
1
1
0
0
0
0
C
0
1
1
0
1
1
0
1
D
0
0
1
1
1
0
0
0
T
D
P
Caso A
T
D
P
Caso B
T
D
P
Caso C
T
D
P
Caso D
T
D
P
Tramite il programma Electronics Workbench è stato possibile
visualizzare il treno di impulso in uscita al timer NE 555.
T
D
P
REALIZZAZIONE DEL MASTER AL POSITIVO, TRAMITE IL
PROGRAMMA EAGLE 4.09, E
DELLA BASETTA CON MONTAGGIO DEI COMPONENTI E
COLLAUDO
1. Per l’avvio del programma eseguire le seguenti operazioni:
•
Start;
•
Programmi;
•
EAGLE layout Editor 4.09;
•
Eagle 4.09.
T
D
P
Dopo aver eseguito le operazioni riportate sopra è stata ottenuta la
seguente maschera:
T
D
P
2.
3.
4.
Creazione del nuovo progetto
Eseguire le seguenti operazioni:
• File;
• New;
• Project;
• Dare un nome al progetto.
Creazione dello schematics
Eseguire le seguenti operazioni:
• File;
• New;
• Schematics.
Salvataggio del file schematics
Eseguire le seguenti operazioni:
• File;
• Save as…
• Digitare il nome che si vuole attribuire al file schematics.
N.B.: il file sarà salvato nella cartella del nuovo progetto, la quale si
trova nella cartella dei progetti situata nella cartella del
programma eagle 4.09.
T
D
P
5.
Disegno del circuito
Eseguire le seguenti operazioni:
• Cliccare una volta sull’icona Add situata nella barra degli
strumenti a
sinistra dello schermo;
• Dopo aver ottenuto la maschera della libreria dei
componenti, scegliere il componente desiderato nella
sottolibreria e cliccare OK;
• Dopo aver posizionato tutti i componenti sul form ovvero il
foglio di lavoro dello schematics eseguire i collegamenti
utilizzando lo strumento Net situato nella barra degli
strumenti a sinistra dello schermo. In caso di errore
utilizzare lo strumento Delete.
Utilizzando gli strumenti Name e Value è possibile attribuire
il nome e il giusto valore al componente.
6.
Lancio del board: creazione delle piste.Eseguire le seguenti
operazioni:
• Cliccare sull’icona Board per iniziare la fase della creazione
delle piste
ottenendo la seguente maschera dove bisogna posizionare i
componenti
scelti nel riquadro bianco il quale simula la grandezza della
basetta;
T
D
P
•
•
Per spostare i componenti sul riquadro utilizzare lo
strumento Move e se è necessario ruotarlo o cliccare con il
tasto destro del mouse oppure utilizzare lo strumento
Rotate;
Dopo aver messo i componenti nel riquadro bisogna fare il
default ovvero bisogna stabilire le misure delle piste e delle
piazzole dei componenti, per fare questo cliccare sull’icona
DRC;
T
D
P
•
Dopo aver fatto il default si passa al lancio della formazione
delle piste, per fare questo cliccare sull’icona auto; appare
una maschera la quale chiede il settaggio dell’autorouter e
nel generale bisogna deselezionare Top e azionare Button
(questo indica la creazione delle piste solo su un lato cioè
botton), successivamente cliccare su OK e partirà la
creazione delle piste;
•
Se per caso la predisposizione dei componenti crea difficoltà
al programma nella creazione delle piste è possibile
rilanciarlo dopo aver cliccato sull’
icona Repup, dopo
sul semaforo verde e aver scelto Yes, e aver fatto lo
spostamento del componente non collegato, cioè dopo aver
trovato una posizione ottimale per la creazione delle piste;
•
Se per caso anche dopo aver dato nuovamente il comando il
programma non trova la soluzione è possibile intervenire
con il comando Move e cercare di trovare manualmente la
soluzione spostando eventualmente le piste;
•
Dopo aver trovato la soluzione bisogna rimpicciolire il
circuito per quanto è possibile. Le figure, riportate nella
pagina seguente, vi mostrano il lato componenti e il lato
piste del circuito realizzato in laboratorio:
T
D
P
N.B.: la figure sopra riportata non è in scala reale
T
D
P
N.B.: la figure sopra riportata non è in scala reale
T
D
P
Le operazioni svolte per la realizzazione della basetta sono:
•
•
•
•
•
•
Creazione del master al positivo;
Applicazione del master sulla basetta;
Impressione del “sandwich” creato con il master e il pezzo
di basetta nel bromografo per circa 3 minuti;
Incisione delle piste immergendo la basetta prima nella
soda caustica per
eliminare
il
fotoresist
e
successivamente nel cloruro ferrico;
Lavaggio della basetta con acqua semplice;
Foratura della basetta.
Dopo aver realizzato la basetta, è stata effettuata la saldatura dei
componenti ed il collaudo.
T
D
P
Cenni teorici sul motore in corrente continua
Le macchine rotanti si dividono
in:
Motori
in corrente
continua
Sistemi con l’induttore fisso sullo
statore
Sistema indotto costituito dagli
avvolgimenti rotorici sul rotore
Motori
asincroni trifasi
Motori
sincroni
I motori in corrente continua sono costituiti da un sistema ad
induttore fisso spazzialmente sistemato sullo statore. Tale sistema
induttore crea il campo magnetico responsabile del funzionamento
del motore. C’è inoltre un sistema indotto mobile che si trova sul
rotore che subisce l’azione di tale campo magnetico. Nel sistema
indotto sono sistemati gli avvolgimenti di indotto situati in apposite
cavità chiamate cave di rotore.
T
D
P
Lo statore costituisce il sistema induttore preposto alla creazione del
flusso magnetico.
Il rotore è la parte mobile ed è costituito da un corpo cilindrico
alla periferica del quale sono praticate delle scalanature in cui si
dispongono conduttori di indotto che, subiscono l’azione del corpo
magnetico.
T
D
P
La funzione del collettore e delle spazzole nei motori in corrente
continua è quella di trasferire la corrente da una sorgente di
alimentazione fissa ai conduttori di indotto, i quali ruotano
solidamente con il rotore. Per tanto le parti mobili del rotore sono:
l’albero, il collettore, il rotore, i conduttori di indotto.
La struttura fissa è costituita dalle spazzole le quali poggiano sul
collettore con una certa pressione sulle lamelle del collettore. Queste
sono di materiale metallo più grafite.
T
D
P
Principio di funzionamento
B= è il vettore di induzione magnetica
I = corrente nel conduttore
L = lunghezza del conduttore
A
F lB I
F  B  I sen  l

  90  F  B  I  l
T
D
P
La spira è messa in rotazione poiché quando essa è percorsa da
corrente continua il campo magnetico generato dalla stessa
interagisce con quello costante tra le espansioni polari.
Cm  F  B 
 B  I  l  b  sen 
   I  sen
Si ha la Cm massima quando le due forze si trovano in parallelo
tra di loro ma di verso opposto.
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ESERCITAZIONE DI LABORATORIO:
REALIZZAZIONE DI UN GENERATOPRE DI ONDE
QUADRE E TRIANGOLARI CON ANALIZZAZIONE
DELLE DUE ONDE OTTENUTE
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Prerequisiti:



Materiali:







scelta
degli
strumenti in funzione
delle
caratteristiche dei parametri elettrici e del valore
degli stessi;
conoscere le caratteristiche del diodo 1N4148 e
dell’operazionale LF356;
conoscere e saper utilizzare un reostato e
l’oscilloscopio.
n°1 amplificatore operazionale LF356;
n°2 diodi 1N4148;
n°4 resistenze di con i rispettivi valori :
10K, 10K, 200K, 100K;
n°2 resistenze variabili di 100K;
n°1 condensatore C da 10nF;
alimentazione duale a ±15V;
oscilloscopio.
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SVOLGIMENTO DELL’ESERICTAZIONE
Dopo aver montato il circuito, è stato alimentato con alimentazione
15V.
E’ stato posto il canale 1 dell’oscilloscopio sul morsetto VO1 dove è
possibile
prelevare l’onda quadra; mentre il
canale 2
dell’oscilloscopio è stato posto sul morsetto VO2 dove è possibile
prelevare l’onda triangolare.
La prima misura è stata svolta portando il valore dei due
potenziometri al minimo facendo subentrare le due resistenze Rf.
Dall’oscilloscopio sono stati presi i seguenti valori:
Onda
quadra
Onda
rettangolare
Ampiezza
±14V
T1 = T2
100 µsec
T
200 µsec
Ampiezza
± 7V
T1 = T2
100 µsec
T
200 µsec
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Ecco la forma d’onda visualizzata all’oscilloscopio :
La seconda misura è stata svolta portando il valore dei due
potenziometri al massimo facendo subentrare sia la resistenza
variabile che quella fissa.
Dall’oscilloscopio sono stati presi i seguenti valori riportati nella
prossima diapositiva:
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Onda
quadra
Onda
rettangolare
Ampiezza
±14V
T1 = T2
1,2 msec
T
1,2 msec
Ampiezza
± 7V
T1 = T2
1,2 msec
T
2,4 msec
Ecco la forma d’onda visualizzata all’oscilloscopio :
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La terza misura è stata svolta portando il potenziometro Rv” al
minimo facendo subentrare solo la resistenza fissa; mentre
nell’altro ramo, quello di carica, sono state poste entrambe due le
resistenze con quella variabile al massimo valore.
Dall’oscilloscopio sono stati presi i seguenti valori:
Onda
quadra
Onda
rettangolare
Ampiezza
±14V
T1
0,3 msec
T2
1,1 msec
T
1,4 msec
Ampiezza
±7V
T1
0,3 msec
T2
1,1 msec
T
1,4 msec
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Ecco la forma d’onda visualizzata all’oscilloscopio :
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La quarta misura è stata svolta portando il potenziometro Rv’ al
minimo facendo subentrare solo la resistenza fissa; mentre
nell’altro ramo, quello di scarica, sono state poste entrambe due le
resistenze con quella variabile al massimo valore.
Dall’oscilloscopio sono stati presi i seguenti valori:
Onda
quadra
Onda
rettangolare
Ampiezza
±14V
T1
1,1 msec
T2
0,3 msec
T
1,4 msec
Ampiezza
±7V
T1
1,1 msec
T2
0,3 msec
T
1,4 msec
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Ecco la forma d’onda visualizzata all’oscilloscopio
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CENNI TEORICI SUL FUNZIONAMENTO DEL CIRCUITO
Il primo A.O. genera un’onda quadra la quale pilota il secondo A.O.
Il generatore di onde quadre (prima parte del circuito) è un
comparatore con isterisi non invertente. L’uscita dell’integratore
(seconda parte del circuito) a sua volta pilota il comparatore.
Il punto Vp si calcola applicando il principio di Milmann:
V1 V2

R2 R1
Vp 
1
1

R1 R2
Quando il punto VO1 da un’ onda quadra positiva, nel punto VO2
abbiamo una rampa decrescente, per tanto il punto Vp è di valor
negativo fino a quando il punto Vp dell’operazionale 1 non diventa
uguale al moretto Vn per cui avviene la commutazione.
Quando il punto VO1 da un’onda quadra negativa, nel punto VO2
abbiamo una rampa crescente per tanto il punto Vp è positivo fino a
quando non raggiunge il morsetto Vn in quanto il condensatore C
inizia a caricarsi per cui avviene la commutazione.
L’ampiezza dell’onda triangolare dipende molto dai valori di R1 e R2
e anche da Vcc ma in minoranza.
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STUDIO DEL GENERATORE DI ONDE QUADRE E
TRIANGOLARI MEDIANTE IL PROGRAMMA DESIGNLAB 8–
PSPICE
2.0 Simulazione:
E’ stata effettuata la simulazione del generatore di onde quadre
rettangolari.Per realizzare questo bisogna svolgere le seguenti fasi:
1. Disegno dello schema elettrico.
2. Edit dei componenti.
3. Salvataggio dello schema con un file di estensione .sch.
4. Setup della simulazione.
5. Simulazione e visualizzazione del grafico della risposta del
generatore di onde quadre e rettangolari.
2.1 Disegno dello schema elettrico per la simulazione
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Avviare il programma
operazioni:
1. Start;
2. Programmi;
3. DesignLab 8 Eval;
4. Schematics.
di
simulazione
eseguendo
le
seguenti
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Dopo il caricamento del programma di simulazione si può iniziare il
disegno dello schema elettrico.
Per l’inserimento dei componenti necessari per la simulazione
eseguire le seguenti operazioni:
1. Draw;
2. Get New Part…
Si otterrà la seguente maschera
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



Per
•
•
•
•
disegnare l’operazionale LF356 procedere come segue: :
Selezionare Draw / Get New Part…(oppure CTRL+G);
Digitare LF356 nella finestra di dialogo Part Name;
Cliccare Place&Close oppure dalla tastiera Invio;
Cliccare il tasto sinistro e poi il destro del mouse per
posizionare il componente e annullare la libreria.
Per disegnare le resistenze R1,R2,, 2Rf:
• Selezionare Draw / Get New Part…(oppure CTRL+G);
• Digitare R nell’apposita finestra di dialogo;
• Cliccare Place&Close o premere dalla tastiera Invio;
• Cliccare il tasto sinistro e poi il destro del mouse per
posizionare il componente e annullare la libreria.
Per disegnare le resistenze variabili Rv:
per problemi di programmazioni no è stato possibile inserire le
Resistenze variabili ma sono state poste due resistenze
classiche con valore di 100K;
Per disegnare i diodi D1 e D2:
• Selezionare Draw / Get New Part…(oppure CTRL+G);
• Digitare D1N4148 nell’apposita finestra di dialogo;
• Cliccare Place&Close o premere dalla tastiera Invio;
• Cliccare il tasto sinistro e poi il destro del mouse per
posizionare il componente e annullare la libreria.
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


Per
•
•
•
•
disegnare il condensatore C:
Selezionare Draw / Get New Part…(oppure CTRL+G);
Digitare C nell’apposita finestra di dialogo;
Cliccare Place&Close o premere dalla tastiera Invio;
Cliccare il tasto sinistro e poi il destro del mouse per
posizionare il componente e annullare la libreria.
Per disegnare la massa (è indispensabile la sua presenza per
effettuare la simulazione di qualsiasi circuito):
• Selezionare Draw / Get New Part…(oppure CTRL+G);
• Digitare EGND nell’apposita finestra di dialogo;
• Cliccare Place&Close o premere dalla tastiera Invio;
• Cliccare il tasto sinistro e poi il destro del mouse per
posizionare il componente e annullare la libreria.
Per disegnare le batterie per l’alimentazione virtuale:
• Selezionare Draw / Get New Part…(oppure CTRL+G);
• Digitare VDC nell’apposita finestra di dialogo;
• Cliccare Place&Close o premere dalla tastiera Invio;
• Cliccare il tasto sinistro e poi il destro del mouse per
posizionare il componente e annullare la libreria.
Per disegnare i Bobble:
• Selezionare Draw / Wire (oppure CTRL+W);
• Digitare Bobble nell’apposita finestra di dialogo;
• Cliccare Place&Close o premere dalla tastiera Invio;
• Cliccare il tasto sinistro e poi il destro del mouse per
posizionare il componente e annullare la libreria.
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

Per disegnare i collegamenti:
•
Selezionare Draw / Wire (oppure CTRL+W);
•
Cliccare una volta il tasto sinistro del mouse per iniziare il
collegamento, un’altra volta per ruotare, due volte per finire.
Per inserire il Mark Voltage/level:
•
Selezionare dal menù Markes la voce Mark Voltage/level (oppure
CTRL+M);
•
Inserire il modulo sul tratto interessato cliccando prima il sinistro
per posizionare il componente e poi il destro per annullare la
libreria.
2.2 Edit dei componenti
L’edit dei componenti consiste nel l’assegnare tutti i dati caratteristici
indispensabili per una corretta simulazione.
 Edit delle batterie:
fare doppio clic sul generatore e nell’apposita finestra assegnare i
seguenti valori come in figura sotto riportata:

DC = 15V
Per due batterie il valore sarà
–15V
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
Edit della resistenza R1:
fare doppio clic sul simbolo della resistenza R1. Negli
appositi campi assegnare i seguenti valori:
VALUE:
Value: 100K

Edit della resistenza C:
fare doppio clic sul simbolo della resistenza R1. Negli
appositi
campi assegnare i seguenti valori:
VALUE:
Value: 10nF
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
Edit dei diodi:
fare doppio click sul simbolo dei diodi.Lasciare gli appositi campi
inalterati:
VALUE:
2.3 Salvataggio dello schema con un file di estensione .sch
L’ operazione di salvataggio
è Indispensabile per poter
procedere
con
la
Simulazione
( sequesta
operazione non viene svolta
verrà
visualizzato
un
messaggio di errore.
Selezionare dal menù File a
voce Save as… (salva come), nell’apposita finestra selezionare
il disco e la cartella in cui deve essere salvato il documento
e scrivere il nome del file con estensione .sch.
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2.4 Setup della simulazione
Questa simulazione consiste nel scegliere il tipo di simulazione da
effettuare ed il suo settaggio. Verrà effettuata una simulazione al
transitorio:
Dal
menù
Analysis
scegliere
Setup,
apparirà
una finestra cui è
possibile scegliere
il tipo di simulazione
ed altre opzioni. La casella da puntare è quella relativa a
Transient.
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Nella finestra Analisis Setup dopo aver scelto transientbisogna
ciccarci sopra:
Inserire i seguenti valori negli
appositi campi:
Print Step: 5us
Final Time: 5ms
Selezionare Skip initial transient
solution
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2.5 Simulazione e visualizzazione del grafico del limitatore a due
livelli in continua.
Per avviare la simulazione dal menù Analysis cliccare su Simulate o premere
F11.
Per fare la variazione dei tempi di carica e scarica dell’onda quadra, che a
sua volta fa variare la pendenza dell’onda triangolare bisogna variare i valori
delle resistenze variabili.
Ogni volta che si visualizzerà le curve di risposta del generatore di onde
quadre e rettangolari saranno composte anche di transitorio.
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SISTEMI E RETI DIGITALI
PER LA TRASMISSIONE DATI
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La trasmissione dei dati è l’insieme delle tecniche e delle
problematiche connesse con il trasferimento a distanza di segnali
informativi di tipo digitale tra e laboratori elettronici, utilizzando
canali di comunicazione messi a disposizione dei sistemi di
telecominicazione.
Fino ai primi anni ’80 la trasmissione rendeva possibile la
comunicazione tra grossi elaboratori incaricati di svolgere operazioni
particolari. Negli ultimi anni i calcolatori sono sempre più utilizzati
anche come veri e propri apparati per la comunicazione a distanza
tra utente di una rete, come Internet.
L’evoluzione tecnologica rende possibile la comunicazione
multimediale. La trasmissione dati costituisce anche il supporto per
lo sviluppo della comunicazione multimediale e dei sistemi
telematici. Con il termine telematica si intende l’insieme delle
tecniche, delle problematiche e delle possibilità connesse con
l’interazione tra telecomunicazioni e informatica.
Apparati informatici e di telecomunicazione in un sistema
per la trasmissione dati
Apparati informatici
• Elaboratori
Possono essere microprocessori, microcalcolatori o grossi
calcolatori; quest’ultimi sono indicati generalmente con il termine
host;
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• Front End Processor (FEP) o Communication Controller
Deve garantire all’host una comunicazione affidabile ed esente da
errori, per
cui si occupa delle problematiche di rivelazione e
correzione degli errori, di corretto
•Terminali peroferici
Consentono di accedere ad un host remoto, per esempio
effettuare l’inputoutput di dati.
per
• Cluster Controller (controllore di un “grappolo” di terminali)
Viene così denominato l’apparato che ha il compito di controllare
l’0accesso di più terminali, posti in uno stesso luogo, a una singola
linea.
Apparati e risorse di telecomunicazione
E’ possibile così schematizzare un sistema di telecomunicazione per
la trasmissione dati:
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I termini DTE e DCE che compiano nello schema stanno a indicare i seguenti
apparati:
• DTE (Data Terminal Equipment)
E’ l’apparato informatico che genera o utilizza i dati scambiati. Un DTE può
essere costituito da un singolo calcolatore oppure dall’insieme di host+FEP,
nel caso di grossi elaboratori.
• DCE (Data Circuit-terminating Equipment)
E’ l’apparato di telecomunicazioni che preleva il segnale digitale fornito dal
DTE e lo adatta alle caratteristiche del canale di comunicazione che si
utilizza (e viceversa).
Organismi internazionali di standardizzazione
Esistono diversi organismi internazionali di standardizzazione che in un
modo o nell’altro si occupano di trasmissione dati e più in generale di
telecomunicazioni. I principali sono quattro, in Europa:
• ITU – (International Telecommunications Union);
•ETSI – (European Telecommunications Standards Institute);
•ISO – (International Organization for Standardization);
•IEC – (International Electrotecnical Commission).
ITU (International Telecommunications Union)
L’ITU è un’organizzazione intergovernativa all’interno della quale cooperano
sia enti pubblici sia privati al fine di consentire lo sviluppo delle
telecomunicazioni.
L’ITU ha il compito di sviluppare standard che facilitano l’interconnessione di
sistemi di telecomunicazione su scale mondiale, indipendentementedal tipo
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di tecnologia che adottano, nonché quello di regolamentare l’uso dello
spettro di frequenze utilizzabili nelle trasmissioni radio, si terrestri sia via
satellite.
Dal punto di vista organizzativo l’ITU comprende essenzialmente:
• una conferenza Plenipotenziaria;
• il Consiglio;
• un settore di Radiocomunicazione noto con l’acronimo ITU-R;
• un settore per la standardizzazione delle telecomunicazioni noto con
l’acronimo
ITU-T;
• un settore per lo sviluppo delle telecomunicazioni;
• un segretario generale.
ITU – T (ITU – Telecommunication Standardization Sector)
I compiti dell’ ITU-T sono quelli di studiare le questioni tecniche, operative e
tariffarie
concernenti
le
telecomunicazioni
e
di
emanare
delle
Raccomandazioni che definiscano gli standard da adottarsi per le
telecomunicazioni su scala mondiale.Allo scopo vengono formati dei gruppi
di studio.
Per la trasmissione dati rivestono particolare importanza le seguenti serie di
raccomandazioni:
• Raccomandazioni della serie “V” (Voice, fonia)
Sono relative alla trasmissione dati effettuata sulla normale rete telefonica,
nota con l’acronimo PSTN (Public Switched Telephone Network).
• Raccomandazioni della serie “X” (eXchange, centrale di comunicazione)
Sono relative alla trasmissione dati effettuata su reti specializzate per la
trasmissione dati, note come PSPDN (Packet Switched Pubblic Data
Network)
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Caratterizzazione dei collegamenti dati
Nello schema mostrato precedentemente , nel lato trasmissione il DTE
emette i dati con un certo ritmo, fornito da un clock, e quindi è
caratterizzato dal numero di bits emessi o bit rate. Il DTE non invia i dati
direttamente sul canale di comunicazione, ma attraverso un’opportuna
interfaccia DTE/DCE (standardizzata dall’ ITU-T)li fornisce al DCE e
quest’ultimo provvede alla loro trasmissione sul canale.
A seconda del tipo di canale che si utilizza, si adottano DCE diversi in quanto
essi devono emettere un segnale avente caratteristiche trasmissive
adeguate al tipo di canale a disposizione. Vengono così definiti due tipi di
DCE:
• DCE in banda base
Noti comunemente come modem in banda base. Sono utilizzati per
trasmettere dati su un canale passa basso (numerico), adottando un
opportuno codice di linea;
• DCE in banda fonica (o in banda traslata)
Noti comunemente come modem fonici. Sono utilizzati per trasmettere dati
sul canale passa banda (analogico) realizzato con un collegamento
telefonico.
Il DCE è caratterizzato dal bit rate che è in grado di accettare in ingresso e
dalla propria velocità di modulazione o boud rate , cioè dal numero di
simbolis (o boud) che esso emette.
Nel lato ricezione il DCE preleva il segnale uscente dal canale ed estrae da
esso le informazioni digitali da fornire al DTE utilizzatore.
Per caratterizzare in maniera più un collegamento dati è necessario definire i
seguenti elementi:
• tipo di canale da impiegare;
• tipo di collegamento da adottare;
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•Modalità di collegamento;
• tipo di trasmissione.
Tipo di canale utilizzabili nella trasmissione dati
Collegamenti commutati
Un collegamento viene definito commutato quando viene instaurato da un
rete a seguito da una chiamata effettuata da chi necessita della
connessione; il chiamante deve fornire alla rete il numero del corrispondente
con il quale intende collegarsi.
Come per una normale chiamata telefonica vi è quindi una fase preliminare
di instaurazione della connessione dopodichè gli utenti possono scambiarsi i
dati.
Per usufruire di collegamenti commutati è ovviamente necessario
sottoscrivere un abbonamento a una rete di telecomunicazione.
A seconda delle esigenze, un utente può così decidere di abbonarsi a una (o
più) delle seguenti reti pubbliche.
• Rete PSTN (Public Swiched Telephone Network)
E’ la normale rete telefonica a commutazione di circuito, la quale mette a
disposizione un canale avente banda lorda pari a 4[KHz]. Al momento la
massima velocità con la quale si può operare su PSTN è di 33600 [bits]. La
capacità e la qualità trasmissiva che essa fornisce non è elevatissima. Il
vantaggio fondamentale che presenta la rete PSTN è dato dalla sua
diffusione capillare, che permette a un qualsiasi utente telefonico di
effettuare trasmissione dati semplicemente dotandosi di un modem fonico
(DCE) collegata alla presa del telefono. Per la rete PSTN una chiamata dati
equivale a una chiamata fonica.
• Rete ISDN (Integrated Services Digital Network)
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E’ la nuova rete di telecomunicazione che utilizza e fornisce canali digitali. La
sottoscrizione di un abbonamento base ISDN mette a disposizione di un
utente due canali a 64 [Kbits], noti come canali B (Bearer, di trasporto), e
u7n canale a 16 [Kbit/s], noto come canale D (Data), utilizzato per lo
scambio delle informazioni di servizio tra terminale di utente e rete. I canali
sono bidirezionali e tra loro indipendenti. In particolare i due canali B
permettono di effettuare contemporaneamente due chiamate. Un utente
ISDN può effettuare una trasmissione dati sia a commutazione di circuito sia
a commutazione di pacchetto.
•Rete Itapac
Rete pubblica italiana a commutazione di pacchetto. E’ stata progettata
appositamente ed esclusivamente per le esigenze della trasmissione dati Per
aumentare le velocità di trasmissione messe a disposizione degli utenti è
stata recentemente introdotta una variante della comunicazione di pacchetto
nota come Frame Relay.
Collegamenti dedicati
Sono collegamenti che non richiedono la fase preliminare di instaurazione
della connessione in quanto i canali che li realizzano sono permanentemente
riservati al collegamento tra i DTE interessati. Essi sono anche noti come
linee affittate o circuiti diretti.
Un circuito diretto èdi qualità migliore rispetto a un collegamento
commutato in quanto si impiegano linee selezionate e opportunamente
condizionate.
I collegamenti dedicati si possono suddividere nei seguenti tipi:
• Linea urbana fisica
Una coppia simmetrica vera e propria
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•Circuiti Diretti Analogici (CDA)
Affittano canali telefonici dedicati, usualmente con banda pari a 4[KHz]
•Circuiti Diretti Numerici (CDN)
Permettono di affittare canali numerici a 64 [Kbit/s] caratterizzati da
un’elevata qualità per collegare permanentemente i DTE interessati. Un
singolo canale a 64 [Kbit/s] può essere solo DTE oppure può essere
condiviso da più DTE a bassa velocità, che vi accedono tramite un
dispositivo noto come SubMultiplexer (SMUX).
• Circuiti virtuali Permanenti (PVC, Permanent Virtual Circuit)
Sono collegamenti a pacchetto permanenti realizzati sulla rete Itapac.
Tipo di collegamento
Su collegam,ento commutato si realizza normalmente un collegamento
definito “punto-punto” in quanto vengono connessi temporaneamente i due
punti dove sono posti i DTE che devono scambiarsi dati.
Secondo il numero di DTE coinvolti e il numero di canali (linee) utilizzati,
invece, è possibile suddividere i collegamenti dedicati nei seguenti tre tipi:
• Collegamenti punto-punto
Connettono permanentemente i due punti in cui si trovano i DTE che devono
essere interconnessi. E’ possibile far condividere la stessa linea a più
terminali utilizzando un cluster controller;
• Collegamenti punto-punto a stella
In questo caso vi sono più linee che fanno capo a un unico DTE, costituito
tipicamente da un host e dal suo FEP, il quale fa da “centro stella” del
collegamento dati. Alcuni terminali possono condividere una singola linease
si utilizza un cluster controller.
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• Collegamenti multipunto, noti anche come multidrop
In questo caso si collegano a un DTE (host+FEP) più terminali posti in luoghi
diversi, i quali vengono raggiunti tramite diramazioni effettuati sulla linea
principale che parte dalla sede dell’host. Per non avere reciproche
interferenze devono essere adottate precise procedure di accesso alla linea,
che evitano conflitti tra i terminali e cioè che impediscano a più terminali di
trasmettere contemporaneamente.
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Modalità di collegamento
Le modalità di collegamento possono essere classificate in base alla
direzione dei flussi di dati che si scambiano i terminali. Da questo punto di
vista sono possibili tre modalità di collegamento:
• collegamento simplex;
• Collegamento Half – Duplex;
• Collegamento Full – Duplex.
Collegamento simplex
Si definiscono in questo modo i collegamenti unidirezionali, nei quali un DTE
trasmette e l’altro DTE riceve, senza che esista la possibilità né di inviare
riscontri né di invertire il senso della trasmissione.
Collegamento Half – Duplex
Si definisce Half – Duplex (HD) un collegamento bidirezionale in cui può
trasmettere un solo DTE alla volta. Esso viene anche denominato
collegamento bidirezionale alternato.
Collegamento Full – Duplex
Si definisce Full – Duplex (FD) un collegamento bidirezionale nel quale
possono trasmettere contemporaneamente entrambi i DTE. In un
collegamento FD i DCE devono poter trasmettere e ricevere
contemporaneamente. Per realizzare un corretto scambio dati è
indispensabile, però. Evitare interferenze fra trasmissione e ricezione.
Esistono tre modi per realizzare un collegamento FD:
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 FD a 4 fili: in questo caso si opera con una linea a quattro fili; le direzioni
di trasmissione e ricezione sono fisicamente separate e quindi non vi sono
interferenze reciproche;
 FD a divisione di banda: si opera con una linea a due fili, ma si suddivide
la banda del canale in due sottobande uguali, specificate da
raccomandazioni ITU-T. Essenso le trasmissioni dei due DCE separate in
frequenza, è possibile inviarle contemporaneamente su una stessa linea e
separarle, lato ricezione tramite dei filtri. Lo svantaggio principale sta nel
fatto che si deve operare con velocità relativamente basse.
 FD a cancellazione d’eco: si opera sempre a due fili, ma il FD è ottenuto
tramite la tecnica della cancellazione d’eco, consiste di discriminare tra due
segnali presenti sulla stessa banda di canale. La cancellazione d’eco ha
consentito un vero salto di qualità nella trasmissione dati su linea telefonica
in quanto, grazie anche all’introduzione della tecnica di modulazione TCM
(Trellis Coded Modulation), essa permette di raggiungere velocità di
trasmissione molto elevate.
Tipo di trasmissione
Sono due le modalità base per il trasferimento di dati da un dispositvo a un
altro: la trasmissione parallela e quella seriale.
Trasmissione parallela
La trasmissione di tipo parallela consiste nel realizzare un collegamento tra
gliapparati interessati, composto da un certo numero di linee, e nel
trasmettere contemporaneamente un certo numero di bit alla volta su di
esse.
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La trasmissione parallela viene utilizzata per trasferire dati, anche a velocità
molto elevata, tra dispositivi facenti parte di uno stesso sistema. Essa viene
quindi impiegata sia all’interno di un elaboratore sia nel collegamento di una
periferica a un elaboratore.
Trasmissione seriale
In collegamenti a lunga distanza non è possibile adottare la trasmissione
parallela, in quanto i costi derivanti dalla realizzazione e dalla posa dei cavi
risulterebbero eccessivi. E’ stata così introdotta la trasmissione seriale.
Questa consiste nell’inviare sequenzialmente su una singolalunga i dati da
trasferire, un bit dopo l’altro. Poiché un elaboratore opera al proprio interno
in modo parallelo è necessario impiegare un’apposita circuiteria per passare
da trasmissione parallela a quella seriale e viceversa, i cui elementi base
sono dei registri a scorrimento di tipo PISO (Parallel In Serial OUT) e SIPO
(Serial In Parallel Out). I circuiti integrati che svolgono tale funzione sono
denominati UART.
Nella trasmissione seriale è di fondamentale importanza la temporizzazione
dei segnali da scambiare, ottenuta tramite appositi clock. Infatti:
 lato trasmissione è indispensabile utilizzare un clock per serializzare,
nonché per trasmettere ogni singolo bit come un impulso avente una durata
ben precisa;
Lato ricezione è indispensabile utilizzare un colock, in qualche modo
agganciato a quello di trasmisione per poter leggere i bit ricevuti nell’istante
migliore minimizzando così la probabilità di errore.
A seconda della modalità con la quale viene realizzata la sincronizzazione
sul bit, vi sono due tipi di trasmissione seriale: la trasmissione seriale
asincrona e la trasmissione seriale sincrona.
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Trasmissione seriale asincrona
La trasmissione seriale asincrona è caratterizzata dal fatto che i clock
impiegati lato trasmissione e la to ricezione sono indipendenti; essi devono
avere precisione tale da consentire la corretta lettura dei bit che
costituiscono un singolo carattere. In altri termini tra due caratteri trasmessi
può intercorrere un intervallo di tempo qualsiasi. Il ricevitore deve quindi
essere attivato, assieme al suo clock, solamente nel momento in cui giunge
un carattere e una volta effettuata la ricezione esso può tornare in una
condizione di riposo. Nella trasmissione asincrona è perciò indispensabile
inserire dei bit di controllo che definiscano l’inizio e la fine di un carattere e
che vengono così denominati:
 bit di start: è un impulso che precede i bit (dati) relativi a un carattere;
 bit di stop: al termine della trasmissione dei bit di un carattere, la linea
deve tornare a riposo per un certo tempo minimo; tale condizione di riposo
obbligatoria viene denominata bit di stop e può avere durata pari a 1, 1.5, 2
tempi di bit. Il bit di stop ha quindi polarità opposta rispetto a quella del bit
di start.
Nella pratica la trasmissione seriale asincrona viene utilizzata in linea solo
per basse velocità di trasmissione per due motivi:
 all’aumentare della velocità di trasmissione diventa sempre più
problematico realizzare u8n clock di ricezione preciso;
La presenza dei bit di start e di stop, aggiunti a ogni carattere,
appesantisce notevolmente la trasmissione e limita di conseguenza
l’effettiva velocità di trasferimento dei dati.
Si sottolinea che nella trasmissione asincrona i bit di start e di stop
consentono sia la sincronizzazione sul carattere, in quanto ne definiscono
l’inizio e la fine, sia la sincronizzazione sul bit, in quanto il bit di start
riallineamento il clock di ricezione con quello di trasmissione.
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Trasmissione seriale sincrona
Quando la velocità di trasmissione diviene elevata si adotta la trasmissione
seriale sincrona. Essa consiste essenzialmente nel trasmettere in modo
continuo i dati, senza inserire i bit di start e di stop, e nel realizzare un
aggancio in frequenza e fase tra il clock di ricezione e quello di trasmissione,
usualmente tramite un PLL(Phase Locked Loop). In una trasmissione
sincrona, perciò, il trasmettitore emette i bit da trasferire uno dietro l’altro e
il segnale elettrico che li trasporta deve consentire al PLL presente nel
ricevitore di effettuare l’aggancio con il clock di trasmissione.
Classificazione dei modem
Per poter effettuare uno scambio di dati a distanza tra DTE è necessario
utilizzare un canale di comunicazione,che può essere di tipo passa-basso. In
entrambi i casi è necessario interporre tra canale e DTE un dispositivo che
adatti le caratteristiche del segnale emesso a quello del canale utilizzato, in
modo da non avere eccessive distorsioni. Nel caso di utilizzo su rete
telefonica (OSTN) il DCE viene comunemente denominato modem
(modulatore-demodulatore).
Canale passa – banda
E’ usualmente messo a disposizione dalla ret telefonica, nel qual caso è
caratterizzato da una banda che va da 300 a 3400 [Hz]. I segnali emessi dal
DTE sono di tipo digitale per cui sono caratterizzati da una banda che va da
0 a 1/tbit. E’ necessario quindi impiegare un DCE il quale effettua una
modulazione, in trasmissione, per trasformare il segnale digitale emesso
dal DTE in un segnale analogico, con banda compresa tra i 300 e i
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3400[Hz], effettivamente trasmissibile sul canale. In ricezione il DCE
effettua una demodulazione per riottenere il segnale originario.
Canale passa basso
Con questo tipo di canale non c’è la limitazione in banda tra 300 e 3400 Hz.
Infatti, nel caso canale dedicato urbano si utilizza una linea fisica dedicata e
quindi la banda disponibile è quella propria del caso (relativamente grande).
Nel caso di collegamenti ISDN (commutati) oppure CDN (dedicati), invece, si
utilizza un canale numerico e quindi la limitazione è sulla massima velocità
trasmissiva con cui si può operare. Però il DTE emette un segnale con
codifica NRZ, non adatta alla trasmissione, e quindi è necessario effettuare
una conversione per passare da NRZ a un opportuno codice in linea (come
AMI). A tale scopo si impiega un DCE. Poiché il segnale emesso dal DCE è
ancora numerico, ma con un formato (codice di linea) diverso da quello del
segnale emesso dal DTE, nel caso di collegamenti dedicati esso viene
denominato DCE (o modem) banda base.
In conclusione si può affermare che un modem fonico è adatto all’uso su un
canale bassa banda e che, inoltre, un DCE (modem) banda base è adatto
all’uso su un canale passa basso.
Modem banda base
Un modem banda base (BB), adatto all’uso su un canale passa basso, è
essenzialmente un dispositivo che effettua una conversione di codice:
traduce il segnale emesso dal DTE, codificato in NRZ (NonReturn to Zero), in
un segnale digitale codificato con un opportuno codice di linea e che per
questo è adatto alla trasmissione su canale passa basso.
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Un modem BB può operare su linee dedicate a 4 Fili o su linee dedicate a 2
fili con velocità di trasmissione che vanno normalmente da 600 a 19.200
bit/s. Lato DTE esso può operare in modo sincrono o asincrono, mentre lato
linea opera in sincrono. Deve così comprendere un convertitore
asincrono/sincrono, con relativo buffer di memoria, che va attivato quando
si programma il modem per il funzionamento asincrono lato DTE. Inoltre il
modem comprende anche un equalizzatore per compensare le distorsioni
introdotte dalla linea, che va attivato quando la velocità di trasmissione
raggiunge i 1200 [bit/s].
In esso è presente:
 circuiti di temporizzazione;
 convertitore asincrono /sincrono;
 equalizzatore;
 trasformatore di accoppiamento alla linea.
Il concetto di protocollo
Oltre alla definizione delle modalità fisiche con le quali vengono trasferiti i
segnali elettrici, nella trasmissione dati vi è anche la necessità di stabilire
delle regole di colloquio tra i diversi sistemi, per definire la sequenza logica
delle operazioni con le quali avviene uno scambio di informazioni ordinato.
Quindi, oltre alla definizione
di una struttura fisica che consenta la
comunicazione va definita una struttura logica che regoli il processo di
comunicazione tra gli elaboratori. Tale struttura porta alla definizione di
opportuni protocolli.
Un protocollo è definibile come l’insieme delle regole che sovrintendono a un
processo di comunicazione tra “entità” simili, cioè dello stesso livello.
In altre parole è l’estrazione logica di una procedura per lo scambio di dati
elaborati.
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Un protocollo viene implementato sui sistemi informatici da un opportuno
software e necessita ovviamente della disponibilità di dispositivi
“intelligenti”. Nell’astrazione logica che definisce un protocollo si indica con il
termine entità un modulo software che invia o riceve i messaggi con cui si
realizza e si controlla uno scambio dati.
Il software di comunicazione può essere considerato come una struttura
gerarchica di moduli software, ognuno dei quali svolge dei compiti ben
precisi e concorre alla fornitura dei servizi messi a disposizione del software
applicativo, cioè dei programmi che devono scambiarsi i dati.
Nell’astrazione logica del processo dei comunicazione, quindi, un sistema
comprende un certo numero di entità, strutturate in modo gerarchico, le
quali interagiscono tra loro per consentire la comunicazione. Nel colloquio
tra due sistemi, ogni entità di un sistema comunica con un’entità di pari
livello del sistema remoto tramite uno specifico protocollo.
Da un punto di vista fisico un’interfaccia è un collegamento materiale tra
due dispositivi; ne è un esempio l’interfaccia V.24V.38 – RS232 per il
collegamento di DTE A un DCE.
Da un punto di vista logico, un’interfaccia viene definita come l’insieme delle
regole adottate per la comunicazione tra entità dissimili che non sono dello
stesso livello.
In termini generali, l’evoluzione di una comunicazione gestita da un
protocollo evolve in cinque fasi:
 Instaurazione di un collegamento fisico tra i DTE corrispondenti
 Inizializzazione della connessione (logica) tra le entità che colloquiano
 Trasferimento dei dati veri e propri
 Abbattimento della connessione logica
 Abbattimento della connessione fisica
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Protocolli di linea
I protocolli di linea sono stati definiti per consentire una comunicazione
affidabile tra elaboratori connessi tramite un canale fisico, come una linea
commutata oppure una linea dedicata punto – punto o multipunto. Un
protocollo di linea deve svolgere essenzialmente sei funzioni:
 Apertura e chiusura della connessione logica
 Controllo di flusso
 Controllo degli errori
 Trasparenza dei dati
 Recupero di interruzioni del collegamento e di situazioni anomale
 Gestione della corretta sequenza del traffico dati
I protocolli di linea possono essere così classificati:
 Protocolli asincroni: sono adottati nelle trasmissioni sincrone e si
dinstinguono in:
 Protocolli start – stop: sono i protocolli con trasmissione a blocchi quali
Xmodem, Zmodem ecc.
 Protocollo TTY (TeleTYpe): è la trasmissione in modo asincrono di un
singolo carattere alla volta.
 Protocolli sincroni: sono adottati nelle trasmissioni sincrone:; essi si
distinguono in:
 Byte Controlled Protocol (BCP): sono protocolli in cui la trasmissione viene
controllata per mezzo di caratteri appartenenti al codice utilizzato dai DTE
corrispondenti;
 Bit Oriented Protocol (BOP): sono protocolli in cui lo scambio di messaggi
tra i corrispondenti avviene mediante l’invio di blocchi standardizzati
denominati frame
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(Trame)
Protocollo BSC o Bisync (Binary Synchronous Communication)
Il BSC è un protocollo adottato in trasmissioni sincrone con velocità
comprese tra 1200 e 9600 [bit/s]. Con esso si realizza un colloquio del tipo
half duplex (logico) in quanto vi è un sistema che trasmette e uno che riceve
e il primo attende la conferma di corretta ricezione prima di inviare un
nuovo blocco di dati. A seconda della tipologia di rete si distinguono i
seguenti tre tipi di protocolli BSC:
 BSC1, se si opera su linee dedicate punto-punto;
 BSC2, se si opera su linee commutate;
 BSC3, se si opera su linee dedicate multipunto.
Nel BSC si possono trasmettere blocchi di dati aventi lunghezza massima
prefissata. Un messaggio informativo avente lunghezza maggiore di quella
consentita viene segmentato in un certo numero di blocchi di dati, che
vengono denominati testo.
Con riferimento alla struttura di un generico blocco trasmissivo BSC
contenente del testo della figura sopra riportata, si illustrano ora i
principali caratteri utilizzati nel
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BSC.
SYN (Synchronizing character), carattere di sincronizzazione: l’inizio di un
blocco trasmissivo è indicato dalla sequenza SYN SYN, costituita da due
caratteri di sincronizzazione.
SOH (Start Of Heading), identificatore dell’inizio di un’intestazione: un
blocco trasmissivo può comprendere o meno un’intestazione, o heading, la
quale contiene informazioni di servizio. L’inizio dell’heading è identificato dal
carattere SOH. La fine dell’heading coincide normalmente con l’inizio del
testo per cui essa è identificata dal carattere ETX.
STX, ETB, ETX, caratteri di delimitazione del testo
BCC (Block Check Caracter), carattere/i per la rivelazione degli errori
ENQ (Enquiry): viene utilizzato per effettuare una richiesta di colloquio
(inizializzazione) e nelle fasi si selezione di una stazione o abilitazione alla
trasmissione tipiche dei collegamenti multipunto.
ACK (Acknowledge):Risposta positiva indicante la corretta ricezione di un
blocco
NACK (Not ACK): Risposta negativa indicante la non corretta ricezione di un
blocco
WACK (Wait ACK before trasmit):
temporanea
risposta
positiva
indicante
la
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indisponibilità alla presecuzione del colloquio; il trasmettitore si mette in
attesa che giunga un ACK
EOT (End Of Transmission): In generale indica la fine di un messaggio
DLE (Data Lnk Escape):viene usato sia per formare caratteri di controllo
supplementari, non previsti dal codice, sia per consentire una trasmissione
con modalità trasparente del testo. In modalità trasparente il trasmettitore
antepone ai caratteri di delimitazione del testo il carattere DLE.
Procedure di colloquio con protocollo BSC
 Collegamento con linea punto-punto dedicata
Uno scambio dati su linea punto-punto dedicata evolve essenzialmente nel
seguente modo:
 fase di inizializzazione. La stazione A invia il messaggio SYN SYN ENQ per
chiedere all’altro sistema se è possibile a ricevere dei dati. La stazione B può
rispondere in tre modi: ACK0, WACK o NACK.
 fase di trasferimento dati. La stazione A trasmette in sequenza i blocchi
BSC contenenti le eventuali informazioni di servizio o heading e il testo.
Dopo aver trasmesso un blocco essa deve attendere la conferma di corretta
ricezione prima di passare al blocco successivo. Se un blocco giunge errato
allora il ricevitore invia un riscontro negativo e viene trasmesso lo stesso
blocco.
 fase di chiusura della trasmissione. La stazione A comunica la fine della
trasmissione inviando il messaggio SYN SYN EOT.
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 Collegamento su linea multipunto
In una linea multipunto vi è una stazione primaria o master a cui fanno capo
un certo numero di stazioni secondarie o slave. Per evitare conflitti, l’accesso
alla linea viene controllato dal master e ogni slave possiede un proprio
indirizzo unico.
Sulla stessa linea non possono esservi due slave con lo stesso indirizzo.
Poiché ci deve essere la possibilità di trasmettere dati da uno slave verso il
master o dal master verso uno slave sono state definite le seguenti due
procedure:
 polling. E’ un invito a trasm,ettere che il master invia ciclicamente agli
slave, secondo una successione prestabilita
 selecting. E’ la procedura con la quale il master invita uno slave a ricevere
dei dati.
Le principali limitazioni del protocollo BSC sono le seguenti:
 la distinzione tra caratteri di controllo e dati appesantisce la trasmissione
e complica l’hardware e il software;
 non è di per sé trasparente. La trasparenza è ottenuta con un
meccanismo complesso che appesantisce ulteriormente la trasmissione e
rende incompatibili protocolli BSC trasparenti e non trasparenti;
È essenzialmente half duplex, con metodo di correzione d’errore del tipo
stop and wait;
 i blocchi hanno formati diversi a seconda del tipo di informazioni
trasportate.
Protocollo HDLV (High – level Data Link Control)
Il protocollo HDLC è forse il puù noto protocollo di linea sia perché esso è
stato standardizzato a livello internazionale dall’ISO sia perché da esso sono
derivati tutta una serie di protocolli denominati LAP (Link Access Protocol),
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ognuno dei quali è pensato per uno specifico utilizzo.
Le caratteristiche principali del protocollo HDLC sono le seguenti:
 la trasmissione consiste in uno scambio di frame (o trame), aventi
struttura standardizzata e indipendente dal codice utilizzato;
 un frame è costituito da un certo numero di campi;
 le informazioni di controllo vengono scambiate utilizzando gli appositi
campi e non dei caratteri di controllo;
 si adottano modalità di ritrasmissione del tipo go-backN o selective
retransmission, che aumentano l’efficienza del protocollo;
 può operare con una connessione logica sia di tipo half duplex sia full
duplex;
 il protocollo è trasparente grazie alla definizione precisa della lunghezza
dei campi di servizio.
 Flag (delimitatore, leralmente, “bandiera”): campo contenente 8 bit
avente la funzione di indicare l’inizio e la fine di un frame;
 Address (indirizzo): campo utilizzato per indirizzare le stazioni che
debbono scambiarsi dei dati;
 Control (controllo: è un campo composto da 8 o 16 bit che può contenere
i numeri di sequenza dei frame trasmessi e di quelli ricevuti correttamente
fino a un certo momento;
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 Information (informazione): campo contenente i dati veri e propri che
devono essere scambiati tra le stazioni connesse; ha una lunghezza pari a n
bit;
 FCS (Frame Check Sequence, sequenza per il controllo del frame): campo
per la rivelazione degli errori.
In un collegamento che utilizza l’HDLC come protocollo di linea vi possono
essere una stazione primaria e una o più stazioni secondarie.
Modello ISO OSI
Il problema dell’incompatibilità hardware e software spinse costruttori e
governanti di molti paesi a istituire organismi internazionali composti da
tecnici specialisti dei vari settori in grado di emanare regole e norme che
consentissero il corretto funzionamento di apparecchiature tra loro collegate
anche se costruttori diversi. Uno di questi organismi è l’ISO (International
Standard Organization). In particolare, in un sistema di trasmissione dati è
necessario stabilire una serie di regole hardware e software, denominate
protocolli, indispensabili per assicurare un corretto collegamento e
funzionamento tra apparato trasmittente e ricevente. Tali protocolli devono
garantire, ad esempio, la compatibilità tra i segnali elettrici dei terminali DTE
E DE, la correttezza della trasmissione con eventuale possibilità di
rivelazione e correzione degli errori, ecc. In sede internazionale, è stato
messo a punto dall’ISO un sistema di riferimento denominato modello OSI
(Open Sistem Interconnection), che ha unificato in modo sistematico i
protocolli di comunicazione nella trasmissione dati.
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Prima guerra mondiale
Seconda guerra
mondiale
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Prima guerra mondiale
Prima guerra mondiale Guerra combattuta tra il 1914 e il 1918 da ventotto
nazioni, raggruppate negli opposti schieramenti delle Potenze alleate
(comprendenti tra le altre Gran Bretagna, Francia, Russia, Italia e Stati
Uniti) e degli Imperi Centrali (Germania, Austria-Ungheria, Turchia e
Bulgaria). Causa immediata della guerra fu l'assassinio il 28 giugno 1914 a
Sarajevo dell'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austroungarico,
per mano del nazionalista serbo Gavrilo Princip; le cause fondamentali del
conflitto vanno tuttavia ricercate nelle contrastanti mire imperialistiche delle
potenze europee, cresciute in un clima di esasperato nazionalismo.
Sarajevo 1914: attentato all'arciduca
Francesco Ferdinando
Il 28 giugno 1914, a Sarajevo, l’arciduca
Francesco Ferdinando, erede al trono
d’Austria, e sua moglie Sofia furono uccisi
dal nazionalista serbo Gavrilo Princip (nella
foto d’epoca, il momento del suo arresto).
L'assassinio minò l’assetto delle potenze
europee, già in grave crisi, e il fragilissimo
rapporto dell’Austria con la Russia, grande
protettrice della Serbia, diventando la
miccia che avrebbe fatto divampare la
prima guerra mondiale. Il 28 luglio infatti
l’Austria-Ungheria, con l’appoggio
dell’alleato tedesco, dichiarò guerra alla
Serbia.
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Soprattutto a partire dal 1898, i contrapposti interessi di Francia, Gran
Bretagna e Germania (e in misura minore di Austria, Russia e Giappone)
alimentarono uno stato di costante tensione internazionale, che spinse i
governi a mantenere permanentemente in stato di allerta eserciti sempre
più armati e ad accrescere la potenza delle proprie marine militari. I
tentativi di fermare questa corsa al riarmo (che furono oggetto delle
conferenze dell'Aia del 1899 e del 1907) ebbero scarso effetto, e non
riuscirono a impedire lo strutturarsi dell'Europa attorno a due coalizioni
ostili: la Triplice Alleanza tra Germania, Austria-Ungheria e Italia, e la
Triplice Intesa tra Gran Bretagna, Francia e Russia.
CRISI CHE PRECEDETTERO LA GUERRA (1905-1913)
Tra il 1905 e il 1913 varie crisi e guerre locali portarono la situazione al
limite del conflitto generale. Due di queste (crisi marocchine) furono il
risultato del tentativo tedesco di sostenere l'indipendenza del Marocco nei
confronti dell'occupazione francese, questione poi risolta pacificamente dalla
conferenza di Algeciras. Un'altra crisi si aprì nei Balcani nel 1908 (vedi
Questione balcanica), in seguito all'annessione della Bosnia-Erzegovina da
parte dell'Austria-Ungheria; in questo caso la guerra fu evitata solo perché
la Serbia, che coltivava mire espansionistiche sulla regione, non poteva
agire senza il sostegno della Russia, all'epoca non ancora disposta al
conflitto.
Approfittando del fatto che l'attenzione delle grandi potenze era rivolta alla
questione marocchina, l'Italia dichiarò guerra alla Turchia nel 1911 per
annettersi la regione di Tripoli (guerra italo-turca), mentre le guerre
balcaniche del 1912-13 ebbero il risultato di rafforzare le tendenze
aggressive del regno di Serbia nella regione peggiorando ulteriormente i
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suoi rapporti con Vienna, e di suscitare desideri di vendetta e di riscatto
nella Bulgaria e nella Turchia.
L'assassinio dell'arciduca austriaco agì perciò da detonatore in un'Europa già
profondamente lacerata da rivalità nazionalistiche, con effetti catastrofici.
DICHIARAZIONI DI GUERRA
Il governo di Vienna, ritenendo l'assassinio opera del movimento
nazionalista serbo, assicuratosi l'appoggio della Germania inviò un
ultimatum alla Serbia ritenuta responsabile di un piano antiaustriaco. A quel
punto la catena delle alleanze fece precipitare la situazione e in rapida
successione si ebbero la dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia (28
luglio), la mobilitazione della Russia, le dichiarazioni di guerra della
Germania alla Russia (1° agosto) e alla Francia con la conseguente invasione
del Belgio (3 agosto), e l'entrata in guerra della Gran Bretagna a sostegno
dei belgi (5 agosto) che provocò la reazione tedesca. Mentre l'Italia si
dichiarava neutrale, anche il Giappone (alleatosi con gli inglesi nel 1902)
dichiarò guerra al Reich il 23 agosto, attaccandone subito dopo i
possedimenti asiatici. La firma del trattato di Londra, avvenuta il 5
settembre 1914, sanciva l'alleanza tra Francia, Gran Bretagna e Russia.
1914-1915: DALLA GUERRA-LAMPO ALLA GUERRA DI TRINCEA
Le operazioni militari si svolsero su tre diversi fronti: occidentale, o francobelga; orientale, o russo; meridionale, o serbo. Nel novembre del 1914 la
Turchia entrò in guerra a fianco degli Imperi Centrali, estendendo così il
quadro delle operazioni che giunse a comprendere la regione dello stretto
dei Dardanelli e la Mesopotamia. Nel 1915 si aprirono due ulteriori fronti:
quello austro-italiano, dopo l'entrata in guerra dell'Italia alleata dell'Intesa in
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virtù del patto di Londra firmato il 26 aprile, e quello sulla frontiera greca a
nord di Salonicco, a seguito dell'intervento della Bulgaria a fianco degli
Imperi Centrali nell'ottobre successivo.
Il fronte occidentale
Il piano strategico tedesco (noto come "piano Schlieffen", dal nome del capo
di stato maggiore che lo aveva elaborato già nel 1905), affidato al generale
von Moltke, prevedeva una rapida guerra di movimento contro la Francia (la
cui invasione doveva avvenire attraverso il Belgio) per poi volgersi contro la
Russia, ma fu bloccato dall'esercito francese al comando del generale Joffre
nella prima battaglia della Marna (6-9 settembre). I tedeschi, costretti alla
ritirata sino al fiume Aisne, estesero il fronte fino alla Mosa, a nord di
Verdun. Ne seguì una sorta di gara in velocità verso il Mare del Nord, con
l'obiettivo di acquisire il controllo dei porti sulla Manica (strategicamente
nevralgici poiché vi confluivano i rinforzi britannici), che vide i tedeschi
frenati nella loro avanzata dall'inondazione del fiume Yser, provocata nella
regione dai belgi, e da una serie di scontri con le forze inglesi, noti
collettivamente come battaglia delle Fiandre. Questa segnò la fine della
guerra di movimento sul fronte occidentale e portò alla guerra di
logoramento, di cui furono protagonisti la trincea, l'assalto con la baionetta,
l'artiglieria, e che si ridusse a una sequenza di conquiste e di perdite di pochi
lembi di terreno con un costo elevatissimo di vite umane.
Nel marzo del 1915 gli inglesi tentarono, senza esito, di rompere il fronte
nemico; in aprile l'esercito tedesco attaccò Ypres, occupata dalle forze
inglesi, usando per la prima volta il gas di cloro, chiamato ufficialmente da
allora "iprite": fu la prima volta che la guerra chimica venne praticata su
vasta scala. Successive offensive franco-inglesi portarono allo sfondamento
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della prima linea delle trincee tedesche, ma in termini generali nel corso del
1915 non si produssero sostanziali modifiche rispetto alle posizioni stabilite
alla fine dell'anno precedente. Il fallimento della guerra-lampo portò alla
sostituzione di von Moltke con il generale Erich von Falkenhayn al comando
supremo delle forze tedesche.
Il fronte orientale
Nell'agosto del 1915 due armate russe attraversarono il confine orientale
della Germania, ma furono fermate dalle divisioni dei generali von
Hindenburg e Ludendorff che inflissero agli invasori una sconfitta decisiva
nella battaglia di Tannenberg (26-30 agosto) e in quella dei laghi Masuri (614 settembre). Nel frattempo altre quattro armate russe, invaso il territorio
austriaco, avanzarono in Galizia senza incontrare resistenza sino ai confini
con l'Ungheria (fine marzo 1915); l'azione venne però bloccata dalla
controffensiva austro-tedesca che dai monti Carpazi proseguì in Polonia
centrale (maggio), Lituania e Curlandia (settembre), obbligando i comandi
russi a richiamare le truppe dalla Galizia.
La guerra in Serbia
Da parte loro i serbi riuscirono a respingere tre tentativi di invasione senza
operarne alcuno ai danni dell'Austria-Ungheria, così che il fronte rimase
inattivo fino all'ottobre del 1915. All'inizio dello stesso mese, al fine di
aiutare la Serbia in caso di un attacco bulgaro, giudicato sempre più
probabile, truppe anglo-francesi sbarcarono a Salonicco: a quel punto gli
austro-tedeschi attaccarono nuovamente le postazioni serbe (6 ottobre),
sconfiggendole insieme al corpo di spedizione alleato sopraggiunto in
soccorso dalla Grecia occidentale.
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Il fronte turco
La Turchia entrò in guerra il 29 ottobre 1914, cooperando da subito con la
Germania con il bombardamento navale delle coste russe del Mar Nero e
l'invasione del Caucaso in dicembre; in risposta, forze navali inglesi
bombardarono le fortificazioni turche sullo stretto dei Dardanelli nel febbraio
del 1915, mentre tra aprile e agosto furono costituite due teste di ponte
nella penisola di Gallipoli. L'obiettivo alleato di acquisire il controllo degli
Stretti fallì miseramente, e fu seguito dal ritiro di tutte le truppe presenti
nella regione entro il gennaio del 1916.
Il fronte italiano
Trincee della prima guerra mondiale
La Grande Guerra fu una guerra di posizione: masse
di uomini attestate e contrapposte lungo un fronte
senza che mai vi fosse una battaglia risolutiva per le
sorti del conflitto. Il logoramento fisico e psicologico
della trincea segnò per sempre l'esistenza di milioni
di europei. Questo filmato d'epoca, tratto dagli
archivi dell'Istituto Luce, racconta per poche ma
significative immagini quella drammatica esperienza
collettiva.
L'Italia stipulò un trattato segreto, il cosiddetto patto di Londra (26 aprile
1915), con Gran Bretagna, Francia e Russia, in base al quale si impegnava a
entrare in guerra in cambio di compensi territoriali in Trentino, Alto Adige,
Istria, Dalmazia, Albania e nel Dodecaneso. Il 24 maggio dichiarò guerra
all'Austria-Ungheria, impegnando quest'ultima su un secondo fronte. Le
prime quattro battaglie dell'Isonzo (29 giugno-7 luglio, 18 luglio-10 agosto,
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18 ottobre-3 novembre, 10 novembre-10 dicembre) ebbero un esito incerto
per le forze italiane, che fallirono l'obiettivo di spezzare le linee austriache e
conquistare Trieste. Come per tutte le potenze belligeranti, anche per l'Italia
la guerra si tradusse in un logorante conflitto di posizioni, per di più
affrontato in condizioni sfavorevoli in quanto gli austriaci controllavano le
postazioni più elevate nel Trentino, nel Friuli e in Carnia. Gli austriaci
allentarono la pressione italiana con una violenta controffensiva in Trentino
(la Strafexpedition, spedizione punitiva) i cui effetti risultarono più
dirompenti sul piano psicologico e politico che non su quello militare: si
spense allora la speranza ancora diffusa in Italia di un'imminente vittoria.
1916: LA GUERRA DI POSIZIONE
Nel 1916, dopo aver trasferito 500.000 uomini dal fronte orientale a quello
occidentale, l'esercito tedesco al comando del generale von Falkenhayn
sferrò un massiccio attacco alla Francia: primo obiettivo fu la cittadina
fortificata di Verdun (21 febbraio), ma l'avanzata tedesca fu contenuta e le
forze alleate poterono rispondere con una controffensiva sulla Somme,
iniziata il 1° luglio e protrattasi fino al mese di novembre. Né l'una né l'altra
operazione furono tuttavia decisive: la spaventosa carneficina (1.600.000
morti) risultò inutile ai fini della guerra. Von Falkenhayn fu sostituito dal
generale Ludendorff; sul fronte alleato al posto del generale Joffre alla testa
degli eserciti francesi impegnati a nord e a nordest fu posto il generale
Nivelle.
Perdite russe e sconfitta rumena
Sul fronte orientale, i russi lanciarono un'offensiva nella regione del lago
Narocz per forzare i tedeschi a spostare le truppe da Verdun, ma
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l'operazione si risolse in un fallimento che costò loro oltre 100.000 uomini.
Maggior successo ebbe invece in giugno la risposta alla richiesta italiana di
un'azione diversiva che alleviasse la pressione dell'offensiva austriaca in
Trentino: l'avanzata russa da Pinsk verso sud costò tuttavia perdite tali
(quasi un milione di morti) da far precipitare l'esercito in uno stato di
demoralizzazione e scoramento che influì non poco sugli sviluppi politici
interni russi. La dimostrazione di forza indusse la Romania a entrare in
guerra al fianco degli Alleati (27 agosto 1916), ma le operazioni militari si
risolsero in una netta sconfitta a opera delle forze austro-tedesche e
bulgaro-turche, che assicurò agli Imperi Centrali il controllo della Romania e
delle sue risorse (grano e petrolio).
L'Italia e i Balcani
Sul fronte italiano il 1916 fu segnato dalla quinta inconcludente battaglia
dell'Isonzo e dall'offensiva austriaca in Trentino, i cui risultati furono
comunque annullati dalla reazione italiana nella campagna estiva. Tra agosto
e novembre altre quattro battaglie ebbero luogo sull'Isonzo, ancora senza
risultati a parte la conquista italiana di Gorizia (9 agosto).
Nei Balcani gli Alleati posero sotto controllo politico la Grecia, sostenendo
che il re Costantino I favoriva gli Imperi Centrali a dispetto della sua
dichiarata neutralità; l'intervento alleato provocò la costituzione di un
governo provvisorio a Salonicco (29 settembre) guidato da Eleutherios
Venizelos, che fu riconosciuto ufficialmente dalla Gran Bretagna e che il 3
novembre dichiarò guerra a Germania e Bulgaria. Nel frattempo l'esercito
serbo si univa alle truppe russe e italiane per lanciare un'offensiva congiunta
contro le forze bulgare e tedesche, che fu seguita all'inizio di ottobre da un
massiccio attacco alleato in Macedonia che si spinse fino ai confini con
l'Albania.
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Il fronte mediorientale
Le operazioni militari in Medio Oriente ebbero come teatri di scontro la
Mesopotamia, la Palestina e l'Arabia, dove nel giugno del 1916 scoppiò
un'insurrezione nella regione dell'Higiaz contro il dominio ottomano,
appoggiata dagli inglesi. Al fine di un allargamento della rivolta araba le
forze britanniche dislocate in Egitto cominciarono ad avanzare fino alla
penisola del Sinai e in Palestina, conquistando varie postazioni all'inizio del
gennaio 1917.
Tentativi di negoziato
Massacro della Somme
Nel 1916, gli Alleati tentarono di
respingere i tedeschi dai territori
occupati dagli Imperi Centrali. Il 1°
luglio gli inglesi lanciarono un'offensiva
lungo il fiume Somme nella Francia
settentrionale. La conquista di una
fascia di territorio di circa 11 km costò
a entrambi gli schieramenti oltre un
milione di morti
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Nel corso del 1916 il presidente degli Stati Uniti (a quel tempo ancora
neutrali) Woodrow Wilson cercò di spingere al negoziato le potenze
belligeranti sulla base di una "pace senza vittoria". A fine anno il governo
tedesco rese nota la disponibilità in tal senso degli Imperi Centrali, alla quale
tuttavia la Gran Bretagna non diede credito.
1917: L'ENTRATA IN GUERRA DEGLI STATI UNITI E IL RITIRO
RUSSO
La posizione di Wilson riguardo alla guerra mutò decisamente nel gennaio
del 1917, quando la Germania annunciò che a partire dal successivo 1°
febbraio sarebbe ricorsa alla guerra sottomarina indiscriminata contro le
imbarcazioni in arrivo in Gran Bretagna o in partenza da essa, contando in
questo modo di poterne piegare la resistenza entro sei mesi. Gli Stati Uniti
avevano già ammonito in precedenza che questo genere d'azione violava
palesemente i diritti delle nazioni neutrali, così che il 3 febbraio il presidente
americano decise di sospendere le relazioni diplomatiche con la Germania,
seguito da diverse nazioni dell'America latina. Il 6 aprile gli Stati Uniti
entrarono in guerra.
Arras e Ypres
Nel 1917 gli Alleati scatenarono due offensive su vasta scala per rompere le
linee tedesche sul fronte occidentale. Il primo tentativo ebbe luogo tra il 9
aprile e il 21 maggio nei pressi di Arras. I tedeschi si ritirarono dalla linea
sull'Aisne attestandosi sulla cosiddetta "linea Hindenburg", dove le forze
alleate concentrarono l'attacco, durante il quale si susseguirono la terza
battaglia di Arras e cruenti scontri sull'Aisne e nella regione della
Champagne. L'offensiva si concluse con limitate conquiste da parte dei
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francesi, ma con un costo in vite umane talmente elevato da provocare un
ammutinamento nelle file dell'esercito francese e la sostituzione del loro
comandante, il generale Nivelle, con il generale Pétain. La seconda offensiva
fu sferrata in giugno, quando il corpo di spedizione inglese al comando del
maresciallo Douglas Haig attaccò le postazioni tedesche nelle Fiandre: la
battaglia di Messines e la terza battaglia di Ypres non produssero tuttavia
esiti sostanziali per gli Alleati.
Lo sbarco degli americani
Dopo la dichiarazione di guerra alla Germania, il governo degli Stati Uniti
organizzò rapidamente una forza di spedizione in Europa al comando del
generale John Pershing. Entro la fine di maggio 175.000 soldati americani
erano già dislocati in Francia; sarebbero ammontati a quasi due milioni
verso la fine della guerra.
La guerra sottomarina
Sottomarini tedeschi
A partire dal febbraio
1915, i sottomarini
tedeschi assediarono la
Gran Bretagna e iniziarono
una guerra marina
indiscriminata, che
comprendeva attacchi
anche alle navi civili. Uno
degli episodi più gravi fu
l'affondamento del
transatlantico Lusitania, al
largo della costa
meridionale dell’Italia.
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Sempre nel 1917 i tedeschi dovettero riconoscere fallito il tentativo di
spingere la Gran Bretagna alla resa mediante il blocco sottomarino delle sue
isole. Inoltre, già dagli inizi del 1918 gli Alleati (grazie soprattutto al
contributo degli Stati Uniti) producevano nuove navi più di quante i tedeschi
riuscissero a distruggerne.
La Russia si ritira
Lo scoppio nel marzo 1917 dell'insurrezione popolare contro il governo
imperiale portò all'abdicazione dello zar Nicola II. Appena insediato, il
governo provvisorio si impegnò a proseguire la guerra, ma la successiva
Rivoluzione bolscevica (6-7 novembre, 24-25 ottobre secondo il calendario
giuliano) avrebbe portato al ritiro della Russia dalla guerra. Sul fronte
militare, le forze russe al comando del generale Brusilov avanzarono sul
fronte della Galizia, perdendo successivamente gran parte del territorio
conquistato; la controffensiva tedesca ebbe come risultato la conquista di
Riga, difesa dal generale russo Kornilov, di gran parte della Lettonia e di
alcune isole russe nel Baltico. Il 20 novembre il nuovo governo offrì alla
Germania la sospensione delle ostilità: l'armistizio, che determinò la fine dei
combattimenti sul fronte orientale, fu firmato dai rappresentanti di Russia,
Austria e Germania il 15 dicembre.
Sconfitte italiane
Durante i primi otto mesi dell'anno, nonostante le carenze in effettivi,
artiglieria e munizioni, le forze italiane al comando del generale Luigi
Cadorna proseguirono gli sforzi per sfondare le linee austriache sul fiume
Isonzo e conquistare Trieste (decima e undicesima battaglia dell'Isonzo),
senza che si producessero risultati di rilievo. L'ultimo trimestre dell'anno fu
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invece segnato da una decisa offensiva mossa da nove divisioni austriache e
sei tedesche, sopraggiunte dall'ormai inattivo fronte orientale: attaccando
sulla parte alta dell'Isonzo, riuscirono a rompere le linee italiane,
costringendo il contingente nemico a ripiegare disordinatamente sul fiume
Piave. Nella disastrosa battaglia di Caporetto, oltre alle vittime le truppe
italiane contarono 300.000 prigionieri e quasi altrettanti disertori, sfiorando
la disfatta. Sull'estrema linea del Piave venne fermata la controffensiva che
avrebbe potuto costringere l'Italia alla resa definitiva; in novembre truppe
inglesi e francesi giunsero di rinforzo, mentre Cadorna veniva sostituito dal
generale Armando Diaz.
L'entrata in guerra della Grecia
Vista la situazione di stallo sul piano delle operazioni militari sul fronte dei
Balcani, gli Alleati esercitarono pressioni sul re Costantino I con l'obiettivo di
ottenere la sua abdicazione. L'invasione della Grecia fu avviata nel giugno
del 1917: il monarca greco rinunciò alla corona in favore del figlio
Alessandro e Venizelos assunse la guida del nuovo governo, dichiarando
guerra agli Imperi Centrali il 27 giugno.
Il Medio Oriente
In Palestina, sotto il comando del generale Edmund Allenby, gli inglesi
spezzarono le linee turche a Beersheba, obbligandole prima a evacuare Gaza
(novembre), per poi prendere Gerusalemme (9 dicembre). Nella regione
l'anno era stato caratterizzato dalla brillante azione del colonnello Thomas
Edward Lawrence (più noto come Lawrence d'Arabia), animatore della rivolta
araba contro la Turchia. Le truppe arabe da lui guidate presero in luglio il
porto di Aqaba, effettuando in seguito diverse sortite contro le linee
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ferroviarie nella regione dell'Higiaz. Altri successi furono ottenuti dagli
inglesi nel corso del 1917 in Mesopotamia, con la presa di Baghdad in marzo
e un'avanzata che in settembre li portò ai fiumi Eufrate e Tigri.
1918: LA FINE DEL CONFLITTO
Il 3 marzo 1918 la Russia firmò la pace di Brest-Litovsk, che poneva
ufficialmente fine alla guerra con gli Imperi Centrali in termini decisamente
favorevoli a questi ultimi; il 7 maggio fu la Romania a sottoscrivere la pace:
il trattato di Bucarest sanciva la cessione della Dobrugia alla Bulgaria e
quella dei passi sui monti Carpazi all'Austria-Ungheria, garantendo inoltre
alla Germania concessioni a lungo termine sui pozzi di petrolio rumeni.
Ritiro della Bulgaria e dell'Austria-Ungheria
Proprio sul fronte dei Balcani, tuttavia, l'esito finale dei combattimenti risultò
disastroso per gli Imperi Centrali: in settembre 700.000 soldati alleati
avviarono contro le truppe nemiche di stanza in Serbia un'offensiva
congiunta che alla fine del mese costrinse la Bulgaria a chiedere l'armistizio;
ciò indusse la Romania a rientrare in guerra. Intanto la Serbia continuava
l'avanzata nei Balcani sino a occupare Belgrado (1° novembre), mentre
l'esercito italiano invadeva e occupava l'Albania. Sul fronte italo-austriaco le
forze italiane ottennero quindi la vittoria decisiva nella battaglia di Vittorio
Veneto (24 ottobre-4 novembre): il 3 novembre Trieste cadde in mano
italiana, così come Fiume (odierna Rijeka) il giorno 5. La sconfitta fece
precipitare la situazione interna nell'impero asburgico: cechi, slovacchi e
slavi del Sud proclamarono la loro indipendenza; a nove giorni dalla firma
dell'armistizio con gli Alleati (3 novembre), l'imperatore Carlo I abdicò e il
giorno seguente un moto rivoluzionario popolare proclamò la Repubblica
austriaca, mentre gli ungheresi istituivano un governo indipendente.
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Ritiro della Turchia
Anche la campagna in Palestina si concluse vittoriosamente per gli Alleati. In
settembre gli inglesi misero in fuga l'esercito turco e il corpo di spedizione
tedesco che lo assisteva; nel frattempo le forze francesi conquistavano il
Libano e la Siria. Il governo ottomano chiese allora l'armistizio, firmato il 30
ottobre.
Ultime offensive tedesche
Caporetto, 24 ottobre 1917
Nell’ottobre del 1917 le forze austrotedesche sferrarono un massiccio
attacco sul fronte italiano. Stremati
da lunghi mesi di sanguinose
offensive e controffensive, gli italiani
furono sbaragliati a Caporetto
(l'odierna Kobarid, in Slovenia) e
indietreggiarono in una disastrosa
ritirata fino al Piave, dove riuscirono
però a bloccare l’avanzata nemica.
Nella foto, donne e bambini sfollati
dai loro paesi durante i giorni della
battaglia di Caporetto.
La politica di pacificazione del presidente americano Wilson, riassunta nei
famosi Quattordici punti, aveva come obiettivo il conseguimento di una pace
giusta e indusse gli Imperi Centrali a cessare le ostilità alcuni mesi dopo.
All'inizio del 1918, rendendosi conto della necessità di portare a conclusione
il confronto sul fronte occidentale prima che gli americani potessero
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attestarvisi, i tedeschi decisero l'attacco finale che avrebbe dovuto portarli
fino a Parigi. L'offensiva, iniziata il 21 marzo, fu diretta contro il fronte
britannico dislocato a sud di Arras; gli Alleati incaricarono del collegamento
delle operazioni il generale Foch, che assunse il comando generale di tutti gli
eserciti alleati in Francia. Da aprile a giugno le forze tedesche avanzarono
fino a giungere a 60 km da Parigi, ma furono bloccate e, nonostante il
successo conseguito nella seconda battaglia della Marna tra il luglio e
l'agosto, furono respinte dalle truppe alleate.
Tra la fine di agosto e i primi di settembre le forze britanniche e francesi
conseguirono una serie di vittorie (seconda battaglia della Somme e quinta
battaglia di Arras) obbligando i tedeschi a retrocedere fino alla linea
Hindenburg; l'avanzata continuò tra ottobre e novembre, quando forze
angloamericane raggiunsero Cambrai, la foresta delle Argonne e Sedan,
costringendo le truppe tedesche a ritirarsi progressivamente da tutto il
fronte occidentale. Nel frattempo, su richiesta del generale Ludendorff, il
governo tedesco tentava di avviare trattative per un armistizio, subito
arenatesi però per il rifiuto del presidente Wilson di negoziare con governi
non democratici. La disfatta militare ebbe ripercussioni nella situazione
politica interna tedesca: la flotta si ammutinò, l'imperatore Guglielmo II
abdicò e cercò rifugio in Olanda, mentre in Germania veniva proclamata la
Repubblica (9 novembre 1918). Due giorni dopo, nella foresta di
Compiègne, la Germania firmava l'armistizio di Rethondes, accettando tutte
le condizioni imposte dagli Alleati.
La guerra nelle colonie
Nel corso di tutto il conflitto, le scarse forze tedesche presenti nelle colonie
in Africa (con la sola eccezione di quelle di stanza nel Corno d'Africa) furono
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costrette a cedere sotto gli attacchi alleati, che si conclusero con la
conquista del Camerun, dell'Africa del Sud-Ovest (vedi Namibia) e dell'Africa
Orientale Tedesca (vedi Tanzania). Nel Pacifico, un contingente angloaustraliano proveniente dalla Nuova Zelanda si assicurò sin dalle prime fasi
del conflitto i territori tedeschi di Samoa, delle Bismarck e della Nuova
Guinea. A loro volta i giapponesi strapparono ai tedeschi il porto di Qingdao
nella provincia cinese dello Shantung nel novembre del 1914 e,
successivamente, le isole Marshall, Marianne, Caroline e l'arcipelago di
Palau.
LA GUERRA SUL MARE
Il più importante scontro navale fu la battaglia dello Jutland, combattuta fra
il 31 maggio e il 1° giugno 1916 tra le flotte inglese e tedesca. Seppure le
perdite inglesi, sia in navi sia in vite umane, superassero quelle della
Germania, la flotta del Reich rientrò nei porti nazionali per non tornare più in
azione. Nel 1917 i responsabili militari tedeschi fecero nuovamente ricorso
alla guerra sottomarina indiscriminata, convinti che questo fosse l'unico
modo per contrastare la Gran Bretagna. Il calcolo non solo non portò il
risultato cercato, ma provocò l'entrata in guerra degli Stati Uniti. Secondo i
termini dell'armistizio di Compiègne, i tedeschi consegnarono agli Alleati
l'intera flotta (10 navi da guerra, 17 incrociatori, 50 torpediniere e più di 100
sottomarini); quando il successivo trattato di pace firmato il 28 giugno 1919
dispose che essa sarebbe definitivamente divenuta di proprietà degli Alleati,
i marinai tedeschi la autoaffondarono.
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SPAD VII, l'aereo di Francesco
Baracca
Aereo di produzione francese, lo
SPAD VII (SPAD è l'acronimo di
Société Pour l'Aviation et ses
Dérivés), è stato uno dei caccia più
famosi della prima guerra mondiale.
Maneggevole e robusto, l'aereo
richiedeva tuttavia un attento
pilotaggio per i problemi che dava alle
basse velocità. Molti sono stati gli assi
della caccia (titolo attribuito a chi
poteva vantare almeno 5
abbattimenti accertati) che hanno
conquistato le loro vittorie con questo
biplano; tra questi il più noto è stato
il magg. Francesco Baracca,
accreditato di 34 abbattimenti. Il
celebre aviatore morì in volo nel 1918
La prima guerra mondiale incoraggiò la produzione e l'uso militare di
aeroplani e dirigibili utilizzati per azioni di perlustrazione, osservazione e
bombardamento. Una caratteristica della guerra furono le incursioni
condotte per mezzo di dirigibili o di aeroplani su importanti centri nemici
situati lontano dal fronte di battaglia. La prima incursione aerea tedesca su
Parigi ebbe luogo il 30 agosto 1914; la prima ai danni dell'Inghilterra fu
scatenata su Dover, il 21 dicembre dello stesso anno. Durante il 1915 e il
1916 dirigibili tedeschi del tipo Zeppelin effettuarono 60 incursioni
sull'Inghilterra orientale e su Londra, con l'obiettivo di danneggiare
l'industria inglese e minare il morale della popolazione civile.
A partire dalla metà del 1915 i duelli aerei tra singoli aeroplani o tra
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squadroni nemici diventarono comuni. I tedeschi imposero la loro superiorità
aerea dall'ottobre del 1915 al luglio del 1916, quando la supremazia passò
agli alleati (in particolare agli inglesi), che la mantennero definitivamente
anche grazie all'entrata in guerra degli Stati Uniti. Tra gli assi del volo più
famosi, si ricordano l'italiano Francesco Baracca, abbattuto sull'altopiano del
Montello dagli austriaci, l'americano Eddie Rickenbacker, il canadese William
Avery Bishop e il tedesco Manfred von Richthofen, noto come "Barone
Rosso".
I TRATTATI DI PACE
Durante la conferenza di Versailles, che vide riunite le 27 nazioni vincitrici
della guerra tra il gennaio del 1919 e l'agosto del 1920, furono concluse le
paci separate con le potenze sconfitte: il trattato di Versailles (28 giugno
1919) con la Germania, il trattato di Saint-Germain-en-Laye (10 settembre
1919) con l'Austria, il trattato di Neuilly-sur-Seine (27 novembre 1919) con
la Bulgaria, il trattato del Trianon (4 giugno 1920) con l'Ungheria e il trattato
di Sèvres (10 agosto 1920) con la Turchia.
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BILANCIO DELLA GUERRA
Ypres in rovina (Belgio)
Durante la prima guerra mondiale
la cittadina fiamminga di Ypres fu
teatro di violenti e ripetuti scontri.
Situata lungo la linea del fronte,
era considerata un obiettivo
strategico.
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La guerra era durata 4 anni, 3 mesi e 14 giorni di combattimenti, causando
circa 20 milioni di morti tra militari e civili; diversi milioni furono i feriti.
Un'intera generazione di europei fu falcidiata dalla carneficina: francesi,
inglesi, tedeschi e russi persero tra il 15 e il 20% dei loro uomini in età
compresa tra i 18 e i 30 anni, appartenenti indifferentemente alle classi
inferiori e a quelle elevate. Infatti, nel carnaio delle trincee e nei massacri
delle battaglie morirono tanto i soldati semplici, reclutati perlopiù tra i
contadini, quanto gli ufficiali che li guidavano.
Nonostante la speranza che gli accordi raggiunti alla fine della guerra
potessero ristabilire una pace duratura, la prima guerra mondiale pose al
contrario le premesse di un conflitto ancor più devastante. Gli Imperi
Centrali dichiararono la loro accettazione dei "Quattordici punti" del
presidente Wilson come base per l'armistizio, aspettandosi che i loro princìpi
ispiratori avrebbero costituito il fondamento dei trattati di pace. Al contrario,
gli Alleati europei si presentarono alla conferenza di Versailles e a quelle
successive determinati a esigere dagli Imperi Centrali riparazioni equivalenti
all'intero costo della guerra, nonché a spartirsi tra loro i territori e i
possedimenti delle nazioni sconfitte, secondo gli impegni presi in accordi
segreti stabiliti tra il 1915 e il 1917, prima dunque dell'entrata in guerra
degli Stati Uniti.
Il presidente Wilson in un primo tempo insistette affinché la conferenza di
pace accettasse il programma delineato nei "Quattordici punti" nella sua
totalità, ma nel tentativo di garantirsi l'appoggio dei recalcitranti alleati per
l'applicazione dell'ultimo – riguardante l'istituzione di una Società delle
Nazioni – finì con l'abbandonare questa posizione. I trattati di pace prodotti
dalla conferenza di Versailles risultarono così squilibrati da divenire fattori di
instabilità nel futuro dell'Europa.
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La dissoluzione degli imperi
La soluzione diplomatica che prevalse al termine della guerra disegnò un
quadro politico dell'Europa completamente differente da quello del 1914. La
scomparsa di tre imperi (russo, tedesco, austroungarico) fu colmata dalla
creazione di nuove unità statali, entro le quali l'identità nazionale era
tutt'altro che omogenea. Si trattò di un autentico terremoto geopolitico che
investì particolarmente l'area centrorientale dell'Europa, laddove oltre 250
milioni di persone (russi, tedeschi ed ex sudditi austroungarici) videro
modificarsi sotto i loro occhi antichi confini e cadere autorità secolari.
Dovettero perciò cominciare a fondare su nuove basi le loro relazioni sociali
e politiche. In Russia la dissoluzione dell'impero zarista, sopraggiunta già
prima della fine del conflitto, era stata accelerata dal processo rivoluzionario
sfociato nell'instaurazione del regime bolscevico.
In Germania e nell'Austria-Ungheria il disfacimento della compagine
imperiale coincise con la sconfitta militare, così che la soluzione al vuoto di
potere determinatosi nel 1918 fu in parte lasciata alle decisioni delle potenze
vincitrici. Se per l'ex impero asburgico si trattava di sanzionare quel
frazionamento tra nazioni che era già in atto prima del conflitto, nel caso
della Germania bisognava fare i conti da una parte con lo spirito punitivo
della Francia e dall'altra con la coesione nazionale dei tedeschi. Gran
Bretagna e Francia, imponendo pesanti sanzioni economiche e amputazioni
territoriali, ferirono il sentimento nazionale dei tedeschi: l'umiliazione
risultava ancor più grave per il fatto che l'esercito tedesco, a differenza di
quello austriaco, non aveva subito una vera e propria disfatta.
Comunque risultò chiaro sia ai vinti sia ai vincitori che la guerra aveva
preparato il declino dell'Europa. L'instabilità dei suoi confini centrorientali
lasciava presagire un futuro di tensioni nterstatali: a est la Russia
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bolscevica apriva una potente minaccia ideologica all'ordine europeo e al di
là dell'Atlantico irrompevano due nuove grandi potenze, quali gli Stati Uniti e
il Giappone, candidate a rimpiazzare le potenze europee nella conduzione
del capitalismo mondiale.
Conseguenze economiche
Ancor più grave fu il dissesto finanziario i cui effetti negativi si aggiunsero ai
problemi derivanti non solo dalla riconversione delle industrie dalla
produzione militare a quella civile, ma più in generale dal riassetto di un
intero sistema economico. La guerra per oltre quattro anni aveva finalizzato
la produzione, gli scambi, la gestione monetaria, la macchina burocratica
degli stati, realizzando la mobilitazione totale delle risorse umane e
materiali. Ne erano state sconvolte le regole precedenti.
Per quanto concerne l'aspetto finanziario, la guerra aveva generato un
enorme disavanzo nei bilanci statali, sollecitati alla spesa dalle esigenze
militari. Nelle transazioni monetarie l'instabilità dei cambi aveva prodotto
inflazione e svalutazione a livelli incontrollati. In queste condizioni rimettere
sotto controllo le finanze statali si presentava come un problema arduo, dai
complessi risvolti sociali e politici, prima che tecnici. Anche la situazione
industriale apparve di difficile gestione nel momento in cui vennero a
mancare le commesse statali, che in tempo di guerra avevano trainato interi
settori, quali il meccanico, il tessile, il chimico. Insorsero gravi problemi
legati alla riconversione dell'industria bellica. Inoltre bisognava trovare un
lavoro per i milioni di reduci dal fronte.
Conflitti sociali
La guerra aveva innescato profondi e ampi sommovimenti in tutte le società
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coinvolte e aveva depositato nella coscienza di milioni di uomini il ricordo
brutale della violenza. Dal rifiuto morale che molti soldati e ufficiali
elaborarono in risposta ai massacri, scaturì un odio profondo verso la guerra
che si tramutò in un impulso di riscatto. Sentimenti simili furono all'origine
della Rivoluzione russa del 1917, ma anche delle lotte operaie e contadine
che si manifestarono in Germania, in Francia, in Italia tra il 1917 e il 1922.
Al contrario, nei soldati che non avevano avvertito un'opposizione morale
alla guerra, l'esperienza sotto le armi aveva lasciato impressioni di forza
bruta, abitudini all'uso della violenza, attitudine alla prevaricazione fisica,
tutte componenti queste che prepararono il clima psicologico delle forze
reazionarie attive in Europa già dal 1919. La crisi del dopoguerra infine, se
travolse operai e contadini, agrari e industriali, turbò ancora di più i ceti
medi, esposti ai contraccolpi dell'inflazione e alla perdita di reddito e di
prestigio, predisponendoli a favorire soluzioni autoritarie con le quali
liquidare i conflitti ideologici e gli squilibri sociali.
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Seconda guerra mondiale
Seconda guerra mondiale Guerra combattuta dal 1° settembre 1939 all’8
maggio 1945 in Europa e dal 7 dicembre 1941 al 2 settembre 1945 in Asia.
Ebbe come principali contendenti Gran Bretagna e Francia, prima, Stati Uniti
d'America e Unione Sovietica, poi, da una parte; Germania, Italia e
Giappone dall’altra. Le operazioni ebbero inizio nel 1939 con l'invasione della
Polonia da parte della Germania nazista. In risposta all'aggressione Gran
Bretagna e Francia dichiararono guerra alla Germania e il conflitto si estese
fino a interessare molti paesi e aree geografiche del pianeta. Più che in
qualsiasi altra guerra precedente, il coinvolgimento delle nazioni partecipanti
fu totale e l'evento bellico interessò in modo drammaticamente massiccio
anche le popolazioni civili. La sua conclusione segnò l'avvento di un nuovo
ordine mondiale incentrato sulle due superpotenze vincitrici, gli Stati Uniti e
l’Unione Sovietica.
Adolf Hitler e Benito Mussolini
In questa foto storica, Adolf Hitler (a destra) e
Benito Mussolini (a sinistra) a Monaco nel 1937.
L'alleanza fra i due dittatori fu stipulata l'anno
precedente, nel 1936.
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EREDITÀ DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
L'esito della prima guerra mondiale aveva scontentato, per motivi diversi,
tre potenze: la Germania, principale nazione sconfitta, per le perdite
territoriali e per le altre pesanti condizioni imposte dal trattato di Versailles;
l'Italia e il Giappone, che ritenevano insufficiente quanto ottenuto a seguito
della vittoria conseguita.
Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna avevano raggiunto i loro principali
obiettivi: Washington la riduzione del potere militare della Germania; Parigi
e Londra un ordine mondiale funzionale ai propri interessi coloniali ed
europei. Ma proprio il mantenimento del nuovo quadro risultò subito
problematico, dopo che gli Stati Uniti, per volere del presidente Wilson,
avevano rifiutato di entrare nella Società delle Nazioni per ritirarsi in un
nuovo isolazionismo.
Hitler a Norimberga
In un celebre discorso tenuto a Norimberga, il
Führer Adolf Hitler dichiarò ai soldati e ai membri
del Partito nazista che era loro diritto, in quanto
razza superiore, avere un tenore di vita migliore e
un maggiore "spazio vitale" o Lebensraum. Nel
1938 la Germania possedeva l'esercito meglio
equipaggiato e addestrato del mondo.
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Nel corso degli anni Venti si fecero alcuni tentativi per giungere a una pace
stabile: nella conferenza di Washington (1921-22) le principali potenze
navali concordarono di porre dei limiti ai potenziali delle rispettive marine
militari; gli accordi di Locarno (1925) stabilirono una serie di impegni a
garanzia della frontiera franco-tedesca; infine, sottoscrivendo a Parigi nel
1928 il patto Briand-Kellogg, 63 nazioni (con l'eccezione, tra le grandi
potenze, dell'Unione Sovietica) rinunciarono alla guerra come strumento di
soluzione delle controversie internazionali.
Tuttavia, se uno degli scopi dichiarati dai vincitori era stato di "assicurare al
mondo la democrazia", l'inadeguatezza dei risultati ottenuti emerse
chiaramente dal fatto che negli anni Venti si assistette all'avvento e al
progressivo affermarsi di forme di totalitarismo nazionalista-militaristico,
giudicate più efficaci della democrazia nell'operare il contenimento del
comunismo, da più parti visto come l'obiettivo politico prioritario in politica
estera, e delle rivendicazioni sociali da parte delle sinistre in politica interna.
Nel 1922 Benito Mussolini costituiva in Italia il primo regime fascista; Adolf
Hitler, Führer (guida) del Partito nazionalsocialista tedesco, dieci anni dopo
in Germania fondò il suo progetto di Grande Reich oltre che sul richiamo a
teorie basate sull'antisemitismo e sul razzismo – esaltatrici della presunta
superiorità della razza ariana – sulla prospettiva politica di abolire l'"ordine
di Versailles" e assicurare lo spazio vitale (Lebensraum) al regime totalitario
che avrebbe dovuto raccogliere tutti i tedeschi. La Grande Depressione,
inoltre, affliggeva in maniera particolarmente grave la Germania, quando
Hitler, dopo aver vinto le elezioni ed essere stato nominato cancelliere, in
breve assunse pieni poteri. Quanto al Giappone, pur non esistendovi
formalmente un regime fascista, il ruolo svolto dalle forze armate nel
governo civile del paese era preponderante e si ispirava alla volontà di
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rimettere in discussione gli equilibri internazionali sin lì definiti.
Nel marzo del 1936, dopo aver annunciato il riarmo nazionale in violazione
del trattato di pace di Versailles, Hitler occupò militarmente la Renania (il cui
status di zona smilitarizzata era stato definito sia a Versailles sia dagli
accordi di Locarno), sollevando solo una flebile protesta da parte di Londra e
Parigi. Seguì un altro passaggio preparatorio all'applicazione del programma
espansionistico, segnato dall'intervento nella guerra civile spagnola (19361939) al fianco dei ribelli franchisti e in collaborazione con il futuro alleato
Mussolini, fondatore in quegli anni dell'impero coloniale italiano in Etiopia
(vedi Guerra d'Etiopia). Tra il 1936 e il 1937 una serie di accordi tra
Germania, Italia e Giappone formalizzò lo stabilirsi di un Asse Roma-BerlinoTokyo che univa in alleanza i tre regimi "forti" della scena internazionale
(vedi Potenze dell'Asse).
ESPANSIONISMO NAZISTA IN EUROPA
L'annessione dell'Austria (Anschluss) nella primavera del 1938 fu il primo
passo verso la realizzazione del progetto hitleriano di ricostituzione della
Grande Germania. Mussolini appoggiò l'alleato, mentre britannici e francesi
ancora una volta mancarono di intervenire con decisione, liquidando la
vicenda come una questione interna tedesca.
Nel settembre successivo fu la volta delle rivendicazioni naziste sulla regione
dei Sudeti, al confine occidentale della Cecoslovacchia, abitata da una
popolazione a maggioranza tedesca (vedi Questione dei Sudeti). Il primo
ministro inglese Neville Chamberlain, sostenuto anche dal governo francese,
nel corso della conferenza di Monaco convinse le autorità ceche a cedere, in
cambio dell'impegno da parte di Hitler a non avanzare ulteriori rivendicazioni
territoriali (politica di appeasement). In realtà, nel marzo del 1939, Hitler
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occupò tutta la Cecoslovacchia, spingendo Londra a siglare un accordo di
garanzia con la Polonia, obiettivo dichiarato dell'espansionismo nazista.
Uno sviluppo inatteso si ebbe il 23 agosto 1939 con la firma a Mosca di un
trattato di non aggressione tra Germania e URSS (patto MolotovRibbentrop), che peraltro in un protocollo segreto concordavano di spartirsi
l'Europa centrorientale, attribuendo all'Unione Sovietica Finlandia, Lituania,
Estonia, Lettonia, Polonia orientale e Romania.
Il 1° settembre 1939 i tedeschi invasero la Polonia. Due giorni dopo Francia
e Inghilterra dichiararono guerra alla Germania; trincerati dietro la linea
Maginot, i francesi non erano in realtà nella condizione di attaccare l'opposta
linea Sigfrido tedesca, che pure non era protetta a sufficienza dalle truppe,
impegnate sul fronte polacco.
SCOPPIO DELLA GUERRA: IL FRONTE OCCIDENTALE
La guerra lampo in Polonia
Ghetto di Varsavia: rastrellamento nazista
I soldati tedeschi rastrellano famiglie
ebraiche nel ghetto di Varsavia. Tra il 28
luglio e il 13 settembre 1942, durante la
seconda guerra mondiale, più di 300.000
ebrei di Varsavia furono deportati in campi
di concentramento.
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Blitzkrieg in Polonia
Il 1° settembre 1939, la Germania
invase la Polonia con un attacco lampo
(Blitzkrieg). L'aviazione bombardò le
linee ferroviarie a Tczew, impedendo
alle truppe polacche di spostarsi; nel
frattempo i carri armati tedeschi
lanciarono l'offensiva terrestre e
avanzarono rapidamente. Il 17
settembre l'Unione Sovietica attaccò sul
fronte orientale. Prima della fine del
mese la Polonia fu costretta alla resa.
Il 1° settembre cominciarono i bombardamenti delle reti ferroviarie
polacche. Dopo quattro giorni due gruppi armati, uno proveniente dalla
Prussia orientale e un altro dalla Slesia, attraversarono le frontiere
indirizzandosi verso Varsavia e Brest. La macchina bellica tedesca aveva
sferrato il Blitzkrieg (guerra lampo), impiegando mezzi corazzati, aerei e
fanteria autotrasportata. Tra l'8 e il 10 settembre i tedeschi avanzarono
verso Varsavia. Il 17 l'Armata Rossa varcò il confine occupando la Polonia
orientale. Il 20 settembre tutta la Polonia era nelle mani dei tedeschi e dei
sovietici.
La drôle de guerre
Dopo la conquista della Polonia, su entrambi i fronti si sospesero le
operazioni, tanto che questa fase venne chiamata drôle de guerre ("guerra
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farsa"). I francesi rimasero attestati dietro la linea Maginot, mentre nel nord
della Francia aveva inizio il trasbordo delle truppe inglesi sul continente.
La guerra finnico-sovietica e il fronte norvegese
Il 30 novembre 1939 l'Unione Sovietica dichiarò guerra alla Finlandia (vedi
Guerra finnico-sovietica). I finlandesi, guidati dal maresciallo Mannerheim,
opposero una strenua resistenza, che durò sino all'anno seguente.
L'aggressione alla Finlandia fu condannata dall'opinione pubblica mondiale,
ma nello stesso tempo offrì a Francia e Gran Bretagna il pretesto per
impossessarsi di una delle principali fonti di rifornimento di metalli ferrosi
della Germania occupando il porto norvegese di Narvik. L'ammiraglio
tedesco Erich Raeder decise allora di invadere la Norvegia sbarcando
simultaneamente in otto città portuali, da Narvik a Oslo. Le truppe
avrebbero dovuto essere trasportate con navi da guerra. La Danimarca, che
non rappresentava un problema militare, era utile per la vicinanza dei suoi
aeroporti alla Norvegia. Temendo l'intervento di altre potenze a fianco della
Finlandia, Stalin concluse la pace il 12 marzo 1940, assicurando all'URSS
concessioni territoriali; la Finlandia rimaneva indipendente. Il 2 aprile Hitler
ordinò di attaccare la Norvegia e la Danimarca. La Danimarca si arrese
immediatamente.
I norvegesi, appoggiati da 12.000 soldati britannici e francesi, resistettero
nella zona tra Oslo e Trondheim fino al 3 maggio. A Narvik contrattaccarono,
sostenuti dalla flotta britannica. Nella prima settimana di giugno i tedeschi
furono obbligati a ritirarsi fino al confine svedese, ma le sconfitte militari in
Francia obbligarono francesi e britannici a ritirare le loro truppe da Narvik.
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I Paesi Bassi
Nella primavera del 1940 Hitler aveva impostato una nuova strategia per la
campagna contro la Francia e i Paesi Bassi: scartato il piano che prevedeva
l'invasione attraverso il Belgio, decise, secondo il piano ideato dal generale
Erich von Manstein, di sferrare l'attacco nelle Ardenne, cogliendo di sorpresa
il comando anglo-francese.
Il 10 maggio forze aeree tedesche atterrarono in Belgio e in Olanda
occupando aeroporti e nodi stradali. L'esercito olandese si arrese il 14
maggio, poche ore dopo il bombardamento di Rotterdam. Lo stesso giorno,
l'esercito tedesco, comandato dal generale Gerd von Rundstedt, attraversò
le Ardenne cogliendo alle spalle le armate britanniche e francesi.
La sconfitta della Francia
Vittoria dei tedeschi in Francia
Nel maggio 1940 l'esercito tedesco aggirò la
linea Maginot, cogliendo di sorpresa i francesi e
costringendoli ad arrendersi. Il 14 giugno i
tedeschi entrarono a Parigi e il governo francese
cadde.
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Il 26 maggio, inglesi e francesi (un contingente alleato di 338.226 uomini )
furono respinti a Dunkerque e riuscirono a trovare scampo solo grazie a una
gigantesca operazione di evacuazione della regione costiera, da cui
ripiegarono drammaticamente per scampare alla cattura. Intanto Leopoldo
III, re del Belgio, firmava la resa due giorni dopo.
La linea Maginot era intatta, ma la manovra tedesca aveva spiazzato il
comandante francese, generale Maxime Weygand, che non riuscì a difendere
Parigi. Il 10 giugno il governo abbandonò la capitale; lo stesso giorno anche
l'Italia dichiarò guerra alla Francia. Il 17 giugno il maresciallo francese
Henri-Philippe Pétain chiese l'armistizio che, firmato il 22 giugno, assicurava
ai tedeschi il controllo del Nord della Francia e della costa atlantica. Pétain
stabilì a Vichy, nel Sud, un governo collaborazionista, che rimase fedele
all'Asse sino alla fine della guerra.
La battaglia d'Inghilterra
Spitfire della RAF
Il piano di invasione della Gran
Bretagna progettato da Hitler
prevedeva come primo passo la
distruzione della RAF, la Royal Air
Force. I tedeschi sottovalutarono però
l'efficacia degli aerei da combattimento
britannici, in particolare dell'Hurricane
e, soprattutto, dello Spitfire. Veloci e
più maneggevoli degli aerei della
Luftwaffe, gli Spitfire furono
determinanti per la vittoria britannica
nella battaglia d'Inghilterra.
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La Gran Bretagna, ora sotto la guida del primo ministro Winston Churchill,
succeduto a Chamberlain, era rimasta sola ad affrontare la Germania.
Nell'estate del 1940 l'aviazione tedesca (Luftwaffe) avviò l'offensiva aerea
nel tentativo di annientare la Royal Air Force (RAF), scatenando la battaglia
d'Inghilterra. Nell'agosto iniziarono i bombardamenti dei porti e degli
aeroporti inglesi e, nel mese di settembre, quello di Londra. L'aviazione e la
popolazione civile inglesi non cedettero e Hitler dovette rinunciare
all'invasione. Fu la prima sconfitta tedesca.
L'Italia in guerra
Fin dal 1939 Mussolini aveva assistito con preoccupazione alla crescente
spinta espansionistica dell'alleato tedesco, che rischiava sia di mettere
l'Italia in una posizione del tutto marginale nel futuro ordine europeo e
mondiale, sia di far naufragare un insieme di obiettivi strategici, per quanto
confusamente concepiti, che spaziavano dai Balcani agli oceani.
Campagna di Grecia (1940-41)
Un ufficiale dell'esercito italiano arringa le truppe in attesa
di raggiungere la linea del fuoco. L’invasione militare della
Grecia, a pochi mesi dall’entrata in guerra dell’Italia, fu
ordinata il 28 ottobre 1940 da Mussolini, spinto da velleità
imperialistiche e dal bisogno di un immediato successo
bellico e politico. Gli attacchi sferrati all’Albania dalle
truppe italiane, male equipaggiate e mal dirette, furono
ripetutamente bloccati: nella primavera del 1941 l’Italia fu
costretta a ritirarsi rendendo necessario l’intervento
tedesco, mentre l'esercito greco invadeva l'Epiro.
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Era maturata nel Duce la convinzione che l'Italia dovesse prepararsi a
combattere una guerra parallela a quella dei tedeschi, in aree
geograficamente circoscritte, al fine di trarre il massimo vantaggio al tavolo
della pace. Il momento di dichiarare guerra si avvicinava man mano che la
Germania travolgeva le linee avversarie e si espandeva in Europa, a est
come a ovest. Era tuttavia palese l'inadeguatezza dell'esercito italiano ad
assumere un ruolo militare pari a quello tedesco. Perciò era giocoforza
puntare a operazioni di guerra di breve durata, in punti marginali del
conflitto, confidando nella resa dell'Inghilterra, fatto questo che nell'estate
del 1940 poteva apparire probabile.
Il 10 giugno 1940 Mussolini annunciò con enfasi l'entrata in guerra dell'Italia
contro la Francia e l'Inghilterra. Quindi fece muovere le truppe sul versante
alpino, tra il Moncenisio e il mar Ligure, per invadere da sud la Francia, già
messa in ginocchio dalla ben più possente invasione tedesca. Poco
addestrati e male equipaggiati i soldati italiani avanzarono con estrema
lentezza attraverso le Alpi. Anche sulla costa le operazioni procedettero a
rilento al punto che, al momento dell'armistizio (24 giugno), le forze italiane
non si erano spinte oltre Mentone. Si trattava di un magro bottino, che non
legittimava le richieste avanzate da Mussolini a Hitler, ben più consistenti (la
Corsica, Nizza, la Tunisia, Gibuti, la Francia meridionale fino al Rodano).
L'Africa settentrionale e i Balcani
Nel settembre del 1940 Mussolini ordinò di attaccare l'Egitto, importante
base britannica, ma fu respinto dagli inglesi che occuparono parte della
Libia, colonia italiana. In ottobre il Duce decise di attaccare la Grecia, senza
preventiva comunicazione all'alleato tedesco che ne venne informato quando
le operazioni erano già in corso (vedi Campagna di Grecia). Anche in questo
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caso l'Italia si metteva sulla scia della Germania, che aveva deciso di
proteggere militarmente i pozzi petroliferi della Romania, per sfruttarne la
forza d'urto e ristabilire un più equilibrato rapporto militare.
L'attacco partì dall'Albania e anche in questa circostanza l'impreparazione
risultò lampante. Dopo due settimane i greci erano in grado di
controbattere, mentre gli inglesi impedivano l'utilizzo della flotta silurando
tre corazzate nel porto di Taranto. All'inizio del 1941 il fronte era di fatto
bloccato in un conflitto di posizione che non lasciava presagire sviluppi
favorevoli all'Italia. Fu a quel punto che Hitler cominciò a prefiggersi la
conquista tedesca della Grecia.
Anche sul fronte dell'Africa settentrionale le controffensive inglesi avevano
costretto le truppe italiane a ritirarsi precipitosamente, fino al limite
occidentale del golfo della Sirte. Nel mese di febbraio del 1941 Hitler
assegnò al feldmaresciallo Erwin Rommel il comando delle truppe tedesche
(Afrikakorps) nell'Africa settentrionale, con lo scopo di aiutare gli alleati
italiani. Tra i mesi di marzo e aprile Rommel riuscì a respingere gli inglesi,
varcando il confine egiziano.
Hitler preparò quindi l'attacco alla Grecia: sottoscrisse trattati di alleanza
con Romania e Ungheria nel novembre 1940 e con la Bulgaria nel marzo
1941. La Iugoslavia, che non aveva accettato di allearsi con la Germania, fu
invasa. Le operazioni ebbero inizio il 6 aprile: Belgrado, pesantemente
bombardata, fu occupata il 13 aprile e il giorno dopo l'esercito iugoslavo si
arrese. Subito iniziò la resistenza, a opera dei partigiani cetnici e dei
partigiani comunisti guidati da Tito, che continuò per tutta la durata della
guerra. Le forze italiane intervennero a fianco dei tedeschi, penetrando in
territorio iugoslavo da Trieste e occupando la Slovenia, la Dalmazia e il
Montenegro, fino a ricongiungersi con i contingenti provenienti dall'Albania.
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La Croazia, costituita in stato autonomo, divenne paese satellite dell'Italia, a
cui fu annessa la Slovenia (maggio 1941).
In Grecia, Salonicco fu costretta alla resa il 9 aprile; anche le divisioni
greche, che avevano occupato quasi un terzo dell'Albania, si arresero il 22
aprile. Il 27 aprile le truppe tedesche occuparono Atene: il re e il governo
fuggirono a Creta, che tuttavia fu conquistata il mese dopo.
MONDIALIZZAZIONE DEL CONFLITTO
L'anno dopo la caduta della Francia il conflitto dilagò, assumendo dimensioni
mondiali. Hitler, pur conducendo nuove campagne nei Balcani, in Africa
settentrionale e nei cieli dell'Inghilterra, schierava adesso il grosso
dell'esercito a est, contro l'Unione Sovietica.
L'intervento degli Stati Uniti
Attacco a Pearl Harbor
La mattina del 7 dicembre 1941,
circa 350 aerei giapponesi,
decollati da 6 portaerei,
attaccarono di sorpresa la flotta
degli Stati Uniti all'ancora a Pearl
Harbor, nell'isola di Oahu
(Hawaii), con l'intento di
distruggere il principale ostacolo
al predominio del Giappone nel
Pacifico. In breve tempo i
giapponesi affondarono o
danneggiarono gravemente 18
navi statunitensi, con la perdita di
soli 29 aerei e 5 sommergibili
tascabili. Il giorno successivo, su
richiesta del presidente Franklin
Delano Roosevelt, il Congresso
degli Stati Uniti dichiarò guerra al
Giappone.
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Finora rimasti neutrali, gli Stati Uniti si prepararono allo scontro con il
Giappone in Asia e nell'oceano Pacifico, stringendo nel frattempo accordi con
la Gran Bretagna per determinare le strategie da seguire nell'eventualità di
una loro entrata in guerra.
Nel marzo del 1941 il Congresso americano approvò il Lend-Lease Act, un
programma di aiuti militari ed economici da concedere a qualsiasi paese
designato dal presidente e del quale beneficiarono la Gran Bretagna e, dopo
l'invasione tedesca nel giugno del 1941, anche l'Unione Sovietica. Gli Stati
Uniti speravano in una sconfitta dell'Asse senza un loro coinvolgimento
diretto, ma alla fine dell'estate del 1941 si trovarono in una posizione di
guerra non dichiarata con la Germania. In luglio reparti di marines americani
furono dislocati in Islanda, occupata dagli inglesi: nel maggio del 1940 la
Marina militare americana ebbe l'incarico di scortare i convogli nelle acque a
ovest dell'Islanda; in settembre il presidente Franklin Delano Roosevelt
autorizzò le navi di scorta ai convogli ad attaccare le navi da guerra
dell'Asse.
Nel frattempo, le relazioni tra Stati Uniti e Giappone si erano ulteriormente
deteriorate. Nel settembre del 1940 il Giappone costrinse il governo di Vichy
a cedere la zona nord dell'Indocina. Gli Stati Uniti proibirono l'esportazione
in Giappone di acciaio, ferro e combustibile per l'aviazione. Nell'aprile del
1941 i giapponesi firmarono un accordo di neutralità con l'Unione Sovietica,
per limitare i possibili fronti di guerra in vista dello scontro con la Gran
Bretagna o con gli Stati Uniti. Quando però la Germania invase l'Unione
Sovietica, in giugno, decisero di rompere l'accordo, pensando a un attacco
contro l'Unione Sovietica da est; in seguito cambiarono idea, e presero la
fatale decisione di portare l'offensiva nel Sud-Est asiatico. Il 23 luglio il
Giappone occupò il Sud dell'Indocina. Due giorni dopo Stati Uniti e
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Gran Bretagna risposero con l'embargo commerciale. Il 7 dicembre 1941,
un'ora prima della dichiarazione ufficiale di guerra, forze aeree e navali
giapponesi distruggevano la flotta americana a Pearl Harbor. Tre giorni dopo
le due maggiori unità navali britanniche nel Pacifico venivano affondate. Si
apriva così un nuovo fronte di guerra in Estremo Oriente.
L'invasione dell'Unione Sovietica
Lo scontro più imponente iniziò la mattina del 22 giugno 1941, quando più
di 3 milioni di soldati dell'Asse invasero l'Unione Sovietica. Nonostante
l'attacco fosse stato apertamente preparato da mesi, i sovietici furono colti
di sorpresa. I capi militari sovietici erano convinti che una guerra lampo
come quella che aveva piegato la Polonia e la Francia non sarebbe stata
possibile contro l'Unione Sovietica. L'esercito sovietico era numericamente
superiore a quello tedesco, forte di 4,5 milioni di soldati schierati sul confine
occidentale, del doppio di carri armati e del triplo di aerei, pur
tecnologicamente superati; alcuni tipi di mezzi blindati, soprattutto i famosi
T-34, erano tuttavia superiori a quelli tedeschi. Il primo giorno molti aerei
sovietici furono distrutti; lo schieramento dei carri armati, dispersi tra la
fanteria, era perdente nei confronti della concentrazione dei mezzi corazzati
tedeschi. Gli ordini dati alla fanteria furono di contrattaccare senza ritirarsi,
ma la maggior parte dei soldati sovietici cadde combattendo o fu catturata.
L’operazione Barbarossa
Per l'invasione, l'esercito tedesco era stato organizzato in tre gruppi armati –
Nord, Centro e Sud – che puntarono rispettivamente verso Leningrado
(attuale San Pietroburgo), Mosca e Kiev. Hitler e i suoi generali
concordavano sul fatto che il problema principale era bloccare l'Armata
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Rossa e sconfiggerla prima che potesse ripiegare verso l'interno del paese.
Non erano però d'accordo sulla strategia da seguire: i generali erano
convinti che il regime sovietico avrebbe sacrificato qualsiasi cosa pur di
difendere Mosca, la capitale, nodo centrale delle reti stradali e ferroviarie e
principale centro industriale del paese. Per Hitler, invece, l'Ucraina, con le
sue risorse naturali, e il Caucaso, con il suo petrolio, rappresentavano gli
obiettivi più importanti, insieme alla città di Leningrado. Il compromesso fu
trovato nelle tre differenti direttive d'invasione e il grosso dell'esercito si
mosse verso Mosca. I tedeschi prevedevano di vincere in dieci settimane:
era un punto essenziale, in quanto l'inverno russo avrebbe bloccato le
operazioni, mentre l'impegno bellico nei Balcani aveva già causato un ritardo
di tre settimane.
Mussolini decise di collaborare all'operazione Barbarossa con l'invio di un
Corpo di spedizione italiano in Russia (CSIR) composto di 62.000 uomini che
i tedeschi schierarono in Ucraina. Sul fronte opposto furono Churchill a
offrire ai sovietici un'alleanza e Roosevelt gli aiuti consentiti dalla Legge
affitti e prestiti, benché i rispettivi consiglieri militari non concedessero più di
un mese alle possibilità di resistenza dell'URSS. Alla fine della prima
settimana di luglio, il Gruppo Centro aveva fatto prigionieri 290.000 soldati
sovietici a Bialystok e a Minsk. Il 5 agosto, attraversato il fiume Dnepr, i
tedeschi fecero altri 300.000 prigionieri vicino a Smolensk ed erano ormai
prossimi a Mosca.
I russi avevano sacrificato moltissimi soldati e armamenti per difendere la
capitale. Hitler, comunque, non era soddisfatto e, nonostante le proteste dei
suoi generali, ordinò al Gruppo Centro di spostare il grosso degli armamenti
a nord e a sud per aiutare gli altri due gruppi d'invasione, fermando in
questo modo l'avanzata verso Mosca. L'8 settembre il Gruppo Nord, insieme
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a forze finlandesi, diede il via all'assedio di Leningrado. Il 16 settembre il
Gruppo Sud accerchiò Kiev da est, facendo 665.000 prigionieri. A questo
punto Hitler decise di riprendere l'avanzata verso Mosca e ordinò ai mezzi
corazzati di ricongiungersi al Gruppo Centro.
L'avanzata verso Mosca
Il Gruppo Centro riprese le azioni il 2 ottobre, catturando in due settimane
663.000 militari nemici. Le piogge autunnali trasformarono tutto il terreno in
fango e bloccarono l'avanzata per quasi un mese. A metà novembre arrivò il
freddo e il terreno gelò. Hitler e il comandante del Gruppo Centro, il
feldmaresciallo Fëdor von Bock, decisero, nonostante l'inverno, di
concludere la campagna del 1941 con la conquista di Mosca.
Verso la seconda metà di novembre Bock mosse verso Mosca, arrivando a
32 km dalla città. La temperatura era bassissima, la neve copriva le strade,
macchine e uomini non erano attrezzati ad affrontare un freddo così intenso.
Il 5 dicembre i generali tedeschi ammisero il blocco totale dell'avanzata.
Carri armati e camion erano congelati, le truppe demoralizzate.
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Fornitura di armamenti all'URSS
Durante la seconda guerra mondiale, la
Gran Bretagna, il Canada e gli Stati Uniti
fornirono all'Unione Sovietica numerosi
mezzi per respingere le forze tedesche sul
fronte orientale. I convogli che
trasportavano gli armamenti lungo le
rotte dell'Atlantico settentrionale e
dell'Artico fino ai porti di Murmansk e di
Arcangelo subirono talvolta pesanti
perdite per gli attacchi sferrati dalla
Luftwaffe e dalla Kriegsmarine. Nella foto,
un gruppo di carri armati di fabbricazione
britannica Matilda, Valentine e Churchill.
Stalin, in accordo con il maresciallo Georgij Wukov, aveva trattenuto a
Mosca le riserve, tra cui molti giovani, ma anche veterani provenienti dalla
Siberia, dove l'Armata Rossa, nel 1939, aveva sconfitto i giapponesi sul
confine con la Manciuria. Il 6 dicembre i sovietici contrattaccarono e, dopo
pochi giorni, le avanguardie corazzate tedesche si ritirarono, lasciando sul
terreno una quantità di veicoli e armamenti resi inutilizzabili dal gelo.
Su ordine di Stalin, il contrattacco di Mosca dette il via a una controffensiva
sull'intero fronte. I tedeschi non avevano costruito linee di difesa sulla
retroguardia e Hitler ordinò alle truppe di non retrocedere. I russi
annientarono molte divisioni, ma i tedeschi resistettero abbastanza per
superare l'inverno e mantenere l'assedio di Leningrado, minacciando Mosca
e occupando l'Ucraina. Per la prima volta dal 1939 falliva un piano tedesco di
annientamento del nemico. L'obiettivo di assicurarsi grandi quantitativi di
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viveri e materie prime dalla Russia sconfitta non si realizzò, perché le
ferrovie erano state distrutte dai sovietici in ritirata, e altrettanto era stato
fatto con le colture, il bestiame e ogni altra risorsa. L'aiuto in materie prime
concesse dagli americani, trasportate da convogli britannici che subirono
perdite pesanti nei porti settentrionali della Russia, assicurò ai sovietici
radar, radio e altri equipaggiamenti sofisticati.
SVOLTA MILITARE DEL 1942-43
Alla fine del mese di dicembre 1941, Roosevelt, Churchill e i rispettivi
consiglieri si riunirono a Washington. Tutti concordarono sulla necessità di
sconfiggere prima la Germania e, avendo l'Inghilterra i mezzi necessari per
combattere in Europa, dovevano essere i britannici a condurre le operazioni,
mentre la guerra con il Giappone avrebbe impegnato quasi esclusivamente
gli americani. Inoltre fu creato il Combined Chiefs of Staff (CCS), del quale
fecero parte i più alti gradi militari britannici e americani, con sede a
Washington, con lo scopo di sviluppare una strategia comune. Il 1° gennaio
1942 Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione Sovietica e altri 23 paesi firmarono
la Dichiarazione delle Nazioni Unite, impegnandosi a non perseguire paci
separate. Nazioni Unite divenne il nome ufficiale della coalizione anti-Asse,
ma il termine più usato per indicare queste potenze rimase quello utilizzato
già nella prima guerra mondiale: Alleati.
Sviluppo della strategia alleata
Agli inizi del 1942 gli Stati Uniti non potevano ancora prendere parte a molte
delle azioni che avevano luogo in Europa. In Africa settentrionale, il 10
dicembre 1941, i britannici avevano liberato Tobruk, prendendo Bengasi, in
Libia, due settimane dopo. Rommel contrattaccò alla fine del gennaio 1942,
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facendo arretrare il nemico di 300 km, fino ad Al-Ghazalah e Bir Hacheim; a
Tobruk e al confine con l'Egitto si creò una situazione di stallo.
Il fronte africano
A questo punto il grande interrogativo era se l'Unione Sovietica sarebbe
stata in grado di sopportare una seconda offensiva tedesca; i russi
premevano sugli Stati Uniti e sulla Gran Bretagna affinché si adoperassero
per alleggerire la pressione sul territorio sovietico, aprendo il cosiddetto
"secondo fronte" in Occidente. Il generale George Marshall, capo di stato
maggiore dell'esercito americano, era convinto che il modo migliore per
aiutare i russi e porre termine alla guerra sarebbe stato quello di allestire
una concentrazione di forze in Inghilterra, e sferrare l'attacco attraverso la
Manica. Le operazioni avrebbero dovuto iniziare nella primavera del 1943, o
prima ancora, se l'Unione Sovietica fosse stata sull'orlo del collasso. Gli
inglesi però non volevano aprire altri fronti prima di aver vinto in Africa
settentrionale, e non credevano alla possibilità di raccogliere in Inghilterra
un esercito abbastanza forte per attraversare la Manica entro il 1943.
Fu Rommel a risolvere la controversia: nel mese di giugno entrò a Tobruk,
sfondò in Egitto e raggiunse El-Alamein. A questo punto gli americani
convennero che era necessario rimandare l'attacco attraverso la Manica e si
prepararono per l'invasione dell'Africa settentrionale francese.
Il Pacifico
Nel frattempo, pur nel quadro della strategia che vedeva la sconfitta della
Germania come primo obiettivo, gli americani si stavano orientando verso
l'azione diretta contro il Giappone. La battaglia del mar dei Coralli (7-8
maggio 1942) e la battaglia delle Midway (giugno 1942) avevano fermato
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giapponesi nel Pacifico centrale, ma l'avanzata nipponica proseguì nel
Pacifico sudoccidentale attraverso le isole Salomone e, via terra, verso la
Nuova Guinea. Il 2 luglio 1942 gli americani scatenarono la controffensiva
nel Pacifico sudoccidentale.
L'offensiva angloamericana in Nord Africa
Bernard Montgomery
Il generale Montgomery parla
all'equipaggio di una nave della Home
Fleet durante la seconda guerra
mondiale. Nel 1942, al comando
dell'ottava armata britannica in Africa,
sconfisse le forze italo-tedesche del
generale Rommel nella battaglia di ElAlamein, ottenendo la vittoria definitiva
degli Alleati nel Nord Africa.
Tra la primavera e l'estate del 1942 la situazione nell'Africa settentrionale
volgeva a favore dell'Asse. Il 31 agosto Rommel e l'Afrikakorps sferrarono
un attacco lungo il fianco sud del fronte britannico, presso Alam Halfa, a
sud-est di El-Alamein, ma furono respinti il 7 settembre (vedi Battaglia di ElAlamein). La controffensiva alleata, guidata dal generale britannico
Montgomery, fu lanciata il 23 ottobre; l'8 novembre, dopo durissimi scontri,
Rommel diede l'ordine di ritirata alle truppe. Dopo alcuni mesi di resistenza,
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respinte dalle forze inglesi e francesi fino in Tunisia, le divisioni italotedesche si arresero il 13 maggio 1943.
Il fronte russo: estate 1942
Alle vittorie invernali sovietiche era succeduta una serie di sconfitte nella
primavera del 1942, costate all'URSS più di mezzo milione di prigionieri.
Anche i tedeschi avevano commesso un grande errore fermando la
produzione della maggior parte degli armamenti e delle munizioni destinati
all'esercito per potenziare la produzione industriale per l'aeronautica e la
marina militare, nello sforzo di sconfiggere finalmente la Gran Bretagna.
Hitler aveva comunque sufficienti truppe e armamenti per costringere
l'Unione Sovietica a sacrificare il grosso delle sue truppe nel tentativo di
difendere i bacini minerari del Donbass e i giacimenti petroliferi del Caucaso.
La campagna tedesca verso il Caucaso
Le offensive cominciarono a est di Kharkiv il 28 giugno 1942 e in meno di
quattro settimane i tedeschi furono a est del fiume Don. Le distanze
percorse erano grandissime, ma Stalin e i suoi generali, convinti che i
tedeschi avrebbero puntato per la seconda volta su Mosca, avevano
trattenuto le riserve e ordinato all'esercito del sud di ritirarsi.
Hitler, incoraggiato dalla facilità dell'avanzata, cambiò i piani. All'inizio si era
prefisso di avanzare verso Stalingrado (Volgograd) fino al fiume Volga, per
inviare le truppe verso sud, nel Caucaso, solo in un secondo momento; il 23
luglio ordinò invece a parte dell'armata di continuare l'avanzata verso
Stalingrado, e ad altri effettivi, un terzo dell'intera forza, di raggiungere il
basso Don e prendere i giacimenti petroliferi di Majkop, Grozny e Baku.
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L'assedio di Stalingrado
Difesa di Stalingrado
Nel luglio 1942 l'offensiva tedesca in Russia sembrava non
incontrare ostacoli. Arrivata a Stalingrado nella seconda
metà di agosto, dopo una rapida avanzata dal Don al Volga,
la VI armata tedesca rimase però bloccata per mesi. I
difensori russi, obbedendo all'ordine di Stalin: "Non arretrare
di un solo passo!", opposero una strenua resistenza. La
battaglia, caratterizzata da feroci combattimenti casa per
casa, durò poco meno di sei mesi e si concluse con
l'annientamento delle forze tedesche. Nella foto, soldati
sovietici in azione tra le rovine della città.
L'Unione Sovietica toccò il suo momento peggiore alla fine del luglio 1942. Il
28 luglio Stalin pronunciò il suo famoso "Neanche un passo indietro!" e
chiese alle truppe di combattere una guerra "patriottica" per la Russia.
Wukov, che aveva organizzato la controffensiva di Mosca nel dicembre del
1941, e il capo del comando supremo, Aleksandr Vasilevskij, proposero di
indebolire il nemico obbligandolo a un sanguinoso combattimento in città,
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mentre loro raccoglievano le forze per sferrare il contrattacco. La battaglia di
Stalingrado era cominciata.
Il 19 novembre, in una mattina di nebbia e neve, l'avanguardia corazzata
sovietica entrò in contatto con i rumeni a ovest e a sud di Stalingrado.
Hitler ordinò al comandante della VI Armata, generale Friedrich von Paulus,
di resistere, promettendogli imminente appoggio aereo. Il tentativo di far
giungere rifornimenti fallì e la VI Armata, che, condannata alla distruzione,
voleva tentare di rompere l'accerchiamento, ne fu impedita da un ordine di
Hitler. Von Paulus si arrese il 31 gennaio 1943. La battaglia di Stalingrado
costò 200.000 uomini ai tedeschi, costretti a ritirarsi dal Caucaso e a
retrocedere fino quasi al punto da dove era partita l'offensiva dell'estate
1942.
Nella tragica ritirata sotto l'attacco sovietico venne coinvolta anche l'Armata
italiana in Russia (ARMIR), sette divisioni che si erano aggiunte a quelle che
già componevano il CSIR, portando gli effettivi a 230.000 soldati. L'ARMIR,
insieme alle armate tedesche, rumene e ungheresi, fu annientata.
Guadalcanal
Nell'estate del 1942 Stalingrado e il Caucaso erano apparentemente sul
punto di cadere nelle mani di Hitler, e Rommel non era lontano dal canale di
Suez. I giapponesi avevano occupato Guadalcanal, nell'estremo sud delle
isole Salomone, e puntavano su Port Moresby, in Nuova Guinea.
Gli americani sbarcarono a Guadalcanal il 7 agosto 1942. La reazione del
Giappone fu pronta e violenta: le perdite in navi e aerei furono pesanti per
entrambe le parti, ma i giapponesi ne uscirono sconfitti, dopo più di quattro
mesi di scontri.
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La conferenza di Casablanca
Dal 14 al 24 gennaio 1943, Roosevelt, Churchill e i loro consiglieri si
incontrarono a Casablanca per preparare la strategia da adottare dopo la
campagna in Nord Africa: gli americani desideravano procedere con l'attacco
ai tedeschi attraverso la Manica; gli inglesi sostenevano i vantaggi di
raccogliere, come disse Churchill, i "grandi premi" che si sarebbero riscossi
nel Mediterraneo, in Italia.
Offensive aeree in Germania
Come preludio del rinviato attacco attraverso la Manica, gli angloamericani
decisero di scatenare un'offensiva aerea contro la Germania. I britannici
lanciarono quattro bombardamenti incendiari su Amburgo, alla fine del luglio
1943. Nell'ottobre gli americani attaccarono gli stabilimenti di cuscinetti a
sfere di Schweinfurt, perdendo però il 25% degli aerei; i bombardamenti
diurni furono sospesi, in attesa che fossero disponibili i cacciabombardieri a
lungo raggio.
La battaglia di Kursk
Hitler, pur sapendo di non essere in grado di affrontare un'altra offensiva, il
5 luglio dette il via alla battaglia di Kursk, attaccando da nord e da sud il
fronte, in prossimità di Kursk. Nel più grande scontro tra forze corazzate
della guerra, i sovietici opposero una strenua resistenza. Hitler sospese le
operazioni perché gli angloamericani erano appena sbarcati in Sicilia. Dopo
Kursk, l'iniziativa strategica nell'Europa orientale passò definitivamente
all'armata sovietica.
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La campagna d'Italia
Battaglia di Cassino
Bombardieri statunitensi North American B25 Mitchell sorvolano la regione del basso
Lazio tra Cassino e il fiume Garigliano. Il
caposaldo di Montecassino era l’epicentro
della linea difensiva tedesca che bloccava
l’avanzata degli Alleati. Tra il novembre
1943 e la primavera del 1944 fu
ripetutamente bersaglio delle offensive
alleate, che culminarono il 15 febbraio del
1944 con la distruzione della famosa
abbazia; nel maggio Cassino fu teatro di
uno dei più sanguinosi combattimenti della
seconda guerra mondiale: la vittoria
riportata dagli Alleati permise il
ricongiungimento con le truppe
angloamericane sbarcate ad Anzio in
gennaio. Roma fu liberata il 4 giugno.
Dopo avere occupato nel giugno del 1943 Pantelleria e Lampedusa, il 10
luglio tre divisioni americane, una canadese e tre inglesi sbarcarono in
Sicilia, battendo quattro divisioni italiane e due tedesche e superando, il 17
agosto, l'ultima resistenza dell'Asse. Mussolini era stato rovesciato il 25
luglio: il nuovo governo italiano, presieduto da Pietro Badoglio, aveva
avviato i negoziati firmando il 3 settembre un armistizio segreto, reso
pubblico l'8 settembre. I tedeschi, al comando del maresciallo Albert
Kesselring, occuparono militarmente l'Italia centrosettentrionale, mentre il
governo italiano fuggiva nel Meridione, riparando presso gli Alleati e
abbandonando a se stesso l'esercito, privo di ordini chiari. Mussolini fu
liberato dai tedeschi e trasferito al Nord, dove diede vita alla Repubblica di
Salò.
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Anzio 1944: sbarco delle forze alleate
Lo sbarco delle truppe angloamericane ad
Anzio fu uno dei momenti cruciali della
campagna d'Italia nel corso della seconda
guerra mondiale. Iniziato il 22 gennaio 1944,
era finalizzato ad isolare le forze tedesche
attestate lungo la linea Gustav, che aveva
come caposaldo Montecassino, tagliando le
principali linee di rifornimento. La prudente
condotta delle operazioni ad opera del
generale statunitense Lucas, comandante
del VI corpo d'armata, permise ai tedeschi di
inviare ingenti rinforzi in zona d'operazioni e
scatenare una violenta controffensiva in
febbraio. Solo nella seconda metà di maggio
un'offensiva alleata ad Anzio e sulla linea
Gustav riuscì a sfondare il fronte. Roma fu
liberata il 4 giugno 1944.
Il 3 settembre truppe dell'VIII Armata, guidate da Montgomery,
attraversavano lo stretto di Messina. Il 9 settembre la V Armata americana,
al comando del generale Mark Wayne Clark, sbarcava nei pressi di Salerno;
il 12 ottobre gli angloamericani avevano già stabilito una solida linea
attraverso la penisola, dal fiume Volturno, a nord di Napoli, fino a Termoli,
sulla costa adriatica. Per la fine dell'anno la resistenza tedesca aveva
fermato gli Alleati a circa 100 km a sud di Roma. Lo sbarco ad Anzio, il 22
gennaio del 1944, non permise all'esercito alleato di fare molti progressi,
perché i tedeschi si erano attestati lungo il fiume Liri e a Cassino, lungo la
cosiddetta linea Gustav, che attraversava l'Appennino fra Termoli e Gaeta
(vedi Campagna d’Italia).
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Pietro Badoglio annuncia la resa dell'Italia agli
Alleati
In qualità di primo ministro del governo italiano, il
maresciallo Pietro Badoglio firmò con gli Alleati
l’armistizio di Cassibile (3 settembre 1943) e un
secondo armistizio a Malta (detto "armistizio lungo")
il 29 settembre successivo. Il 13 ottobre da Brindisi
lesse la dichiarazione di resa dell'Italia agli Alleati,
alla presenza del generale Maxwell Taylor, uno dei
comandanti delle forze statunitensi impegnate nella
campagna d’Italia. L’ambigua formula utilizzata, pur
non dichiarando apertamente guerra alla Germania,
autorizzava le forze italiane a reagire a eventuali
attacchi da parte dei tedeschi.
Strategia alleata contro il Giappone e progressi nel Pacifico
La strategia della guerra contro il Giappone fu sviluppata per stadi nel corso
del 1943. All'inizio l'obiettivo era di stabilire basi sulla costa cinese (da dove
il Giappone avrebbe potuto essere bombardato e successivamente invaso),
con azioni inglesi e cinesi dalla Birmania e dalla Cina orientale, e incursioni
americane sulle isole del Pacifico centrale e sudoccidentale, fino a Formosa
(oggi Taiwan) e alla Cina. A metà anno fu chiaro che né gli obiettivi
britannici né quelli cinesi sarebbero stati raggiunti, e quindi ci si concentrò
sugli obiettivi americani.
Le principali operazioni ebbero come teatro il Pacifico sudoccidentale, dove
le truppe americane e quelle del corpo di spedizione australiano e
neozelandese, al comando dell'ammiraglio William Halsey, avanzarono lungo
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le isole Salomone. Gli australiani e gli americani, al comando del generale
MacArthur, costrinsero i giapponesi a ritirarsi lungo la costa orientale della
Nuova Guinea. L'obiettivo di MacArthur e Halsey, fissato nel 1942, era la
conquista di Rabaul, centro principale della Nuova Guinea. Gli sbarchi al
capo Gloucester e in Nuova Britannia nel dicembre 1943, nelle isole
dell'Ammiragliato nel febbraio del 1944 e nell'isola Emira a marzo dello
stesso anno chiusero in una morsa Rabaul. La guarnigione giapponese di
100.000 uomini non poteva più essere evacuata.
Il primo sbarco nel Pacifico centrale avvenne nelle isole Gilbert (Kiribati), a
Makin e Tarawa, nel novembre del 1943.
LA VITTORIA ALLEATA
Nella prima settimana dell'agosto 1943, le linee tedesche a nord e a ovest di
Harkiv furono investite dalla controffensiva sovietica. Il 15 settembre Hitler
permise al Gruppo Sud di ritirarsi verso il Dnepr per evitare la sconfitta. Le
armate sovietiche, al comando di Wukov e Vasilevskij, allargarono le teste di
ponte, isolando l'armata tedesca in Crimea nel mese di ottobre,
conquistando Kiev il 6 novembre e rimanendo all'offensiva per tutto
l'inverno.
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Conferenza di Teheran
Nel 1943, Stalin, capo di stato dell'Unione
Sovietica, Franklin Delano Roosevelt,
presidente degli Stati Uniti, e Winston
Churchill, primo ministro britannico, (da
sinistra a destra nella foto) si incontrarono
a Teheran, capitale dell'Iran, per discutere
la strategia militare del conflitto in corso e
gli assetti politici europei per il
dopoguerra.
Alla fine di novembre del 1943 si incontrarono per la prima volta Roosevelt,
Churchill e Stalin. Il presidente americano e il primo ministro inglese avevano
già approvato il piano d'attacco attraverso la Manica, chiamato in codice
"operazione Overlord", e Roosevelt era del parere che si dovesse partire con
il piano appena le condizioni meteorologiche fossero state favorevoli, nel
1944. Nella conferenza di Teheran, al contrario, Churchill si disse favorevole
a dare la precedenza allo sviluppo delle offensive in Italia, nei Balcani e nel
Sud della Francia. Stalin si dichiarò d'accordo con Roosevelt e quindi Overlord
fu programmato per il maggio del 1944. Dopo l'incontro, Eisenhower fu
richiamato dal Mediterraneo ed ebbe il comando supremo delle forze alleate,
con il compito di organizzare e guidare Overlord.
La conferenza di Teheran segnò il punto culminante dell'alleanza interalleata.
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1939. Inoltre reagì con malcelata ostilità alla proposta di Churchill di un
attacco angloamericano nei Balcani.
I preparativi per Overlord e lo sbarco in Normandia
Hitler si attendeva l'invasione dell'Europa nordoccidentale per la primavera
del 1944 ed era convinto che, se fosse riuscito a respingere americani e
britannici, avrebbe avuto in pugno le sorti della guerra; successivamente
avrebbe concentrato tutte le sue truppe contro i sovietici. Pertanto destinò
rinforzi al solo fronte occidentale.
Nel gennaio 1944 un'offensiva sovietica spezzò l'assedio a Leningrado e fece
retrocedere il Gruppo Nord fino alla linea tra il fiume Narva e il lago Peipus.
Nuove offensive del marzo e dell'aprile ricacciarono i tedeschi nell'ampia
distesa tra le paludi del Pripjat e il Mar Nero, cioè fuori dal territorio
sovietico.
Il 6 giugno 1944, il D-Day, giorno dell'invasione secondo il piano Overlord, la
I Armata statunitense al comando del generale Omar Bradley e la II Armata
britannica al comando del generale Miles Dempsey riuscirono a stabilire teste
di ponte in Normandia: cominciò così la campagna che si sarebbe conclusa
con lo sbarco in Normandia.
La riconquista sovietica della Bielorussia
Sul fronte tedesco non vi furono operazioni durante le prime tre settimane
del giugno 1944; Hitler si aspettava un'offensiva sul lato meridionale del
fronte, dove i sovietici, dopo la battaglia di Stalingrado, avevano concentrato
le forze. La Bielorussia era controllata dal Gruppo Centro, che non prevedeva
certo un attacco da quel lato. Tuttavia, il 22 e il 23 giugno 1944 quattro
contingenti sovietici (due guidati da Wukov e due da Vasilevskij) sferrarono
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l'attacco al Gruppo Centro, sconfiggendolo. Minsk, capitale della Bielorussia,
fu presa dai sovietici il 3 luglio; l'8 luglio la IV Armata tedesca dovette
abbandonare i combattimenti, consentendo all'Armata Rossa di dirigersi
verso la Prussia orientale e la Polonia.
Il complotto contro Hitler
Nel mese di luglio un gruppo di ufficiali organizzò un attentato per uccidere
Hitler (complotto di luglio): il 20 luglio l'esplosione di una bomba piazzata nel
quartier generale di Rastenburg, nella Prussia orientale, uccise alcuni ufficiali,
ma Hitler ne uscì indenne. Gli ufficiali sospettati di aver preso parte al
complotto furono giustiziati.
La liberazione della Francia
Intanto le truppe corazzate sbarcate in Normandia, guidate dal generale
Patton, avevano occupato la Bretagna e si erano spinte all'interno della
Francia, conquistando Le Mans, Chartres e Orléans. Il 25 agosto le forze
americane, insieme a quelle della Resistenza francese, guidate dal generale
Charles De Gaulle, entrarono trionfali a Parigi: entro settembre quasi tutto il
territorio francese era stato liberato.
Pausa nell'offensiva occidentale
Sul fronte occidentale Bradley e Montgomery guidarono l'offensiva che, a
nord della Senna, veniva sferrata verso il Belgio, mentre gli americani
avanzarono in direzione del confine franco-tedesco. Le truppe di Montgomery
conquistarono Anversa il 3 settembre 1944 e l'11 settembre le prime
guarnigioni americane varcarono il confine tedesco. L'offensiva subì a questo
punto una fase d'arresto: Montgomery aveva raggiunto le barriere fluviali
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della Mosa e del Basso Reno, mentre gli americani erano bloccati sulla linea
Maginot. Il tentativo di sfondamento operato da Montgomery nella battaglia
di Arnhem fu un completo fallimento.
L'insurrezione di Varsavia
Il 20 luglio avanguardie sovietiche raggiunsero le coste del Baltico, nei pressi
di Riga, tagliando le vie di comunicazione terrestri del Gruppo Centro con il
fronte tedesco. Il 31 luglio il comandante dell'armata partigiana polacca,
generale Tadeusz Komorowski, detto "generale Bor", organizzò l'insurrezione
di Varsavia. Gli insorti, fedeli al governo anticomunista in esilio a Londra,
crearono per diversi giorni gravi disagi ai tedeschi.
La sconfitta delle potenze dell'Asse
Un'offensiva sovietica effettuata tra i Carpazi e il Mar Nero a fine agosto 1944
ebbe come risultato l'armistizio chiesto tre giorni dopo dalla Romania. La
Bulgaria, che non aveva mai dichiarato guerra all'Unione Sovietica, si arrese
il 9 settembre. Il 19 e il 20 ottobre le truppe sovietiche occuparono Belgrado
e vi insediarono un governo comunista sotto la guida di Tito. In Ungheria, i
sovietici arrivarono alle porte di Budapest alla fine di novembre.
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L'avanzata degli Alleati in Italia
Liberazione di Roma, 4 giugno 1944
Il gioioso pezzo jazz di Glenn Miller sottolinea le
scene di entusiasmo con cui i cittadini romani
accolsero le truppe anglo-americane, che il 4 giugno
1944 entrarono nella città ponendo fine
all'occupazione tedesca. Roma, dichiarata "città
aperta", fu presidiata dalle forze tedesche dal
settembre 1943 fino al maggio 1944, quando il
generale Kesselring ordinò la ritirata di fronte
all'avanzata degli Alleati che si concluse con la
liberazione della città. Nel periodo dell'occupazione
Roma fu un centro attivo della Resistenza: la più
clamorosa azione di guerriglia fu l'attentato di via
Rasella del 23 marzo 1944 a una colonna tedesca,
che portò all'eccidio delle Fosse Ardeatine in cui
perirono 335 ostaggi italiani
In Italia, tra la primavera e l'estate del 1944, le armate di Clark, che
comprendevano truppe americane, britanniche, francesi e polacche, presero
Cassino il 18 maggio. Cinque giorni dopo, la rottura dell'accerchiamento della
testa di sbarco ad Anzio costrinse i tedeschi ad abbandonare la linea Gustav;
gli Alleati entrarono a Roma, dichiarata città aperta dal 4 giugno. L'avanzata
continuò verso nord senza problemi, ma rischiò di perdere impeto, perché le
divisioni americane e francesi avrebbero dovuto essere presto impegnate
nell'invasione della Francia meridionale. Dopo aver conquistato Ancona e
Firenze, la seconda settimana di agosto, gli Alleati si arrestarono sulla linea
gotica, che bloccò sino a tutto l'inverno l'accesso alla valle del Po, mentre nel
nord del paese, occupato dai nazisti, si sviluppava la Resistenza partigiana.
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La battaglia del Mare delle Filippine
Le operazioni nel Pacifico contro il Giappone nel 1944 subirono
un'accelerazione: in primavera gli Alleati avevano pianificato un'avanzata al
comando del generale MacArthur attraverso la Nuova Guinea, sino alle
Filippine. Una seconda operazione sarebbe stata condotta dall'ammiraglio
Nimitz attraverso il Pacifico centrale, fino alle isole Marianne e Caroline.
Il 19 e il 20 giugno la prima flotta mobile dell'ammiraglio nipponico Ozawa
Jisaburo
incrociò
l'Unità
operativa
statunitense
58,
comandata
dall'ammiraglio Marc Mitscher. Nella battaglia, che passò alla storia come
"battaglia del Mare delle Filippine", i caccia americani abbatterono gran parte
degli aerei giapponesi, mentre i sottomarini americani affondarono tre
portaerei. Ozawa virò verso Okinawa con 35 aerei rimasti su 326; Mitscher
perse soltanto 26 apparecchi e tre navi riportarono danni non gravi.
Nuova strategia nel Pacifico
Il 15 giugno 1944 le forze americane sbarcarono nell'isola di Saipan, nelle
Marianne; il 10 agosto avevano conquistato Guam, obiettivo chiave della
strategia ideata per porre fine al conflitto. L'isola poteva ospitare le basi per i
nuovi bombardieri americani a lungo raggio, i B-29 Superfortress, in grado di
raggiungere Tokyo e le città giapponesi. La superiorità navale americana nel
Pacifico consentiva di pensare all'invasione del Giappone: i bombardamenti
cominciarono nel novembre 1944, mentre proseguivano le operazioni nelle
Caroline e nelle Filippine.
La battaglia aerea in Europa e l'offensiva delle Ardenne
La più importante azione aerea contro la Germania ebbe luogo nell'autunno
del 1944: i bombardamenti inglesi e americani colpirono sia obiettivi militari
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sia le città tedesche. Hitler reagì lanciando contro Londra i missili V1 e V2,
ma nel mese di ottobre le più importanti basi missilistiche di lancio tedesche,
situate nel nord-ovest della Francia e in Belgio, furono conquistate dagli
Alleati.
L'accorciamento dei fronti a est e a ovest e la tregua nei combattimenti di
terra avevano permesso a Hitler di costituire una riserva di circa venticinque
divisioni da impegnare contro gli angloamericani, partendo dalle Ardenne,
attraverso il Belgio, fino ad Anversa.
Il 16 dicembre aveva inizio l'offensiva delle Ardenne: gli Alleati, colti di
sorpresa, riuscirono tuttavia a mantenere centri strategici come Saint-Vith e
Bastogne fino all'intervento dell'aviazione. L'ultimo tentativo tedesco di
riconquistare Anversa venne respinto solo alla fine di gennaio del 1945. Alla
fine di febbraio l'avanzata alleata verso la Germania riprese.
La conferenza di Jalta
Dal 4 all'11 febbraio 1945 ebbe luogo la conferenza di Jalta, in Crimea, tra i
capi di stato di Stati Uniti (Roosevelt), Gran Bretagna (Churchill) e Unione
Sovietica (Stalin). In questa occasione Stalin si impegnò a entrare in guerra
contro il Giappone entro tre mesi dalla capitolazione tedesca, in cambio di
concessioni territoriali in Estremo Oriente.
Nel corso della conferenza si stabilì inoltre la strategia da seguire contro la
Germania e l'organizzazione del paese alla fine del conflitto e vennero inoltre
definite le rispettive sfere di influenza da assegnare alle tre potenze che
erano sul punto di chiudere vittoriosamente la guerra. Si discusse anche sulla
proposta americana di dare vita all'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU),
strumento per un nuovo ordine mondiale, che si decise di fondare in una
conferenza internazionale da tenersi a San Francisco per la fine di aprile. I
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tre capi di stato concordarono nella costituzione di un Consiglio di Sicurezza,
al quale avrebbero partecipato le cinque potenze alleate (USA, URSS, Gran
Bretagna, Francia e Cina) con diritto di veto sulle principali questioni
internazionali. Fu anche deciso di non ammettere l'Italia alla conferenza di
San Francisco.
L'avanzata sul Reno
All'inizio di marzo del 1945 le armate alleate raggiunsero il Reno e
occuparono teste di ponte tra Bonn e Coblenza e a sud di Magonza: alla fine
del mese, l'intero schieramento tedesco sul fiume crollò; Einsenhower ordinò
alle truppe di proseguire verso est.
Il 1° aprile gli americani accerchiarono il bacino della Ruhr, facendo prigionieri
325.000 soldati tedeschi. Il 5 aprile gli inglesi varcarono il Weser, puntando
verso l'Elba. L'11 aprile gli Alleati raggiunsero l'Elba vicino a Magdeburgo, e il
giorno dopo si formò una testa di ponte sulla riva orientale, a 120 km da
Berlino. Il 13 aprile moriva a 63 anni il presidente americano Roosevelt, a cui
succedette il vicepresidente Harry Truman.
Mentre gli inglesi (soprattutto Churchill e Montgomery) e alcuni americani
consideravano Berlino l'obiettivo più importante, per Eisenhower era
essenziale che le truppe angloamericane potessero congiungersi con quelle
russe più a sud, tra Lipsia e Dresda. L'Armata Rossa, che si era attestata ai
primi di febbraio sull'Oder, all'inizio di aprile cominciò a concentrarsi su
Berlino, che divenne quindi l'obiettivo prioritario.
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Le ultime battaglie in Europa e la resa della Germania
Dresda, 1945
Nella fase finale della seconda
guerra mondiale, tra il 13 e il 14
febbraio 1945, le aviazioni
britannica e statunitense
effettuarono un massiccio
bombardamento su Dresda, una
delle più belle città tedesche.
All'azione parteciparono 800 aerei
della RAF britannica, che compì
l'attacco principale, e svariate
decine dell'Air Force statunitense.
Dresda, affollata di centinaia di
migliaia di profughi, fu ridotta in
macerie. L'attacco, in cui circa
135.000 persone furono uccise e
centinaia di migliaia rimasero ferite,
era parte di una strategia basata
sui bombardamenti a tappeto.
In Italia, il 14 e il 16 aprile 1945, la V Armata americana e l'VIII Armata
britannica
lanciarono
l'offensiva
verso
la
Pianura
Padana.
Contemporaneamente i partigiani, volontari nella Resistenza, ebbero l'ordine
dell'insurrezione generale dal Comitato di liberazione nazionale Alta Italia
(CLNAI), che coordinava i comitati militari regionali e provinciali (CLN) e
rappresentava le diverse componenti politiche dell'antifascismo. Intanto
un'ondata di scioperi paralizzava le grandi fabbriche del Nord. Nelle principali
città, Bologna, Torino, Genova, Milano, le formazioni partigiane entarono in
azione il 25 aprile e in pochi giorni costrinsero alla fuga i tedeschi, ancora
prima che sopraggiungessero le truppe alleate. Mussolini, catturato nei pressi
di Como mentre tentava la fuga in Svizzera con un'autocolonna tedesca, fu
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giustiziato il 28 aprile.
Rappresentanti dei comandi tedeschi in Italia si accordarono con gli Alleati
per la resa, entrata in vigore il 2 maggio; negli stessi giorni la Germania di
Hitler soccombeva. Il 16 aprile cominciò l'avanzata sovietica verso Berlino. Il
20 aprile la VII Armata americana conquistò Norimberga e, quattro giorni
dopo, le armate sovietiche circondarono la capitale. Il 25 aprile la V Armata
sovietica e la I Armata americana si congiunsero a Torgau, sull'Elba, a nordest di Lipsia. L'ultima settimana di aprile, la resistenza contro gli
angloamericani cessò, ma sul fronte orientale le truppe tedesche
continuarono a battersi disperatamente contro i sovietici.
Hitler decise di restare a Berlino, mentre la maggior parte dei suoi
collaboratori politici e militari si davano alla fuga. Il 30 aprile, chiuso nel suo
bunker, Hitler si suicidò insieme con Eva Braun, la sua amante, e, come
ultimo atto ufficiale, nominò suo successore l'ammiraglio Karl Dönitz, che
chiese la resa. Il suo rappresentante, generale Alfred Jodl, firmò la
capitolazione delle forze armate tedesche nel quartier generale di Eisenhower
il 7 maggio a Reims; un secondo documento fu firmato a Berlino, nel quartier
generale sovietico, il giorno seguente.
Armata Rossa a Berlino, 1945
Il 24 aprile 1945 l'Armata Rossa sovietica circondò Berlino: il 2
maggio l'ex capitale del Terzo Reich, quasi interamente distrutta
dai bombardamenti, capitolò definitivamente. In questa celebre
immagine, un soldato dell'Armata issa la bandiera sovietica sulle
rovine del palazzo del Reichstag.
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La sconfitta del Giappone
All'inizio del 1945, nel Pacifico, la fine della guerra non sembrava vicina: la
Marina nipponica non era in grado di sferrare attacchi massicci, ma i
kamikaze effettuarono azioni suicide durante i combattimenti di Luzon, nelle
Filippine, distruggendo 17 navi statunitensi e danneggiandone 50.
Attacco di kamikaze
Negli ultimi mesi della seconda
guerra mondiale, i kamikaze
dell'aviazione della marina e
dell'esercito giapponese
sferrarono pesanti attacchi alle
flotte alleate. Le unità kamikaze,
in giapponese "vento divino",
svolgevano missioni suicide: i
piloti si gettavano in picchiata con
i loro velivoli carichi di esplosivo
sulle navi nemiche, tentando in
particolar modo di colpire le
portaerei. Nella foto, dense
nuvole di fumo nero si innalzano
da una portaerei britannica
colpita da un kamikaze: sul ponte
di volo un caccia di fabbricazione
statunitense Vought F4U Corsair,
apparentemente intatto.
Iwo Jima e Okinawa
Il 19 febbraio si scatenò la battaglia di Iwo Jima, che si protrasse sino al 16
marzo: i due aeroporti dell'isola fornirono le basi di lancio per i B-29
statunitensi e permisero ai caccia di appoggiare i bombardieri durante le
offensive effettuate sulle città giapponesi. Il 1° aprile la X Armata americana
sbarcò a Okinawa, a 500 km da Kyushu, l'isola più meridionale del Giappone.
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Hiroshima e Nagasaki
Kyushu costituiva l'obiettivo principale; l'attacco fu fissato per il novembre
1945, anche se una facile vittoria sembrava improbabile. Lo sbarco a Kyushu
non avvenne mai: il governo americano adottò una nuova strategia che si
basava sull'uso delle armi nucleari. La prima esplosione atomica, per così
dire "di prova", fu eseguita ad Alamogordo, nel New Mexico, il 16 luglio 1945.
Altre due bombe erano state costruite e si decise di usarle per costringere il
Giappone alla resa. Il presidente americano Truman, succeduto a Roosevelt,
ordinò i bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki, effettuati il 6 e il 9
agosto. Intanto, l'8 agosto, l'Unione Sovietica aveva dichiarato guerra al
Giappone; il giorno dopo invase la Manciuria.
Bombardamento di Hiroshima
Il 6 agosto 1945, un B-29 dell'aeronautica militare
statunitense chiamato Enola Gay sganciò la prima bomba
atomica sulla città di Hiroshima, in Giappone. I morti, i
feriti e i dispersi furono circa 130.000. Dopo l'attacco, il
presidente degli Stati Uniti Harry Truman diede alla radio
l'annuncio del bombardamento: "Il mondo sappia che la
prima bomba atomica è stata sganciata su Hiroshima, una
base militare. Abbiamo vinto la gara per la scoperta
dell'atomica contro i tedeschi. L'abbiamo usata per
abbreviare l'agonia della guerra, per risparmiare la vita di
migliaia e migliaia di giovani americani, e continueremo a
usarla sino alla completa distruzione dell'arsenale militare
giapponese".
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La resa del Giappone
Il 14 agosto l'imperatore Hirohito fece trasmettere via radio un comunicato
che annunciava la resa incondizionata del Giappone. Il 2 settembre, a bordo
della corazzata Missouri, nella baia di Tokyo, i rappresentanti del governo
nipponico firmarono davanti al generale MacArthur il documento di
capitolazione.
BILANCIO DELLA GUERRA
Secondo le statistiche, la seconda guerra mondiale fu la guerra più
devastante quanto a perdite umane e distruzione materiale. Il conflitto, che
coinvolse 61 nazioni, provocò la morte di circa 55 milioni di persone, tra
militari e civili: l'Unione Sovietica ebbe circa 20 milioni di morti; la Cina 13,5
milioni; la Germania 7,3 milioni; la Polonia 5,5 milioni; il Giappone 2 milioni;
la Iugoslavia 1,6 milioni; la Romania 665.000; la Francia 610.000; l'impero
britannico 510.000; l'Italia 410.000; l'Ungheria 400.000; la Cecoslovacchia
340.000; gli Stati Uniti 300.000. Gli sviluppi tecnologici e scientifici fecero
della guerra un conflitto di una ferocia senza pari: la popolazione civile fu
coinvolta direttamente nei combattimenti e nelle rappresaglie e fu colpita
soprattutto a causa dei bombardamenti aerei. L'evento più terribile fu
tuttavia la deportazione e lo sterminio di oltre sei milioni di ebrei nei campi di
concentramento nazisti, la cosiddetta "soluzione finale" del "problema"
ebraico (vedi Shoah).
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Fossa comune a Bergen-Belsen
Questa foto rappresenta una drammatica testimonianza dei crimini perpetrati dai nazisti durante la
seconda guerra mondiale; ritrae una fossa comune del campo di sterminio di Bergen-Belsen, in cui
sono stati impietosamente gettati i cadaveri di centinaia di prigionieri. Il campo di Bergen-Belsen
venne istituito nel 1943, inizialmente allo scopo di raccogliervi persone destinate allo scambio con
soldati tedeschi prigionieri degli Alleati. Nel marzo del 1944 il campo, amministrato dalle SS, divenne
parte integrante del sistema di sterminio concepito e realizzato dai nazisti e in pochi mesi vi trovarono
la morte decine di migliaia di persone, tra cui Anna Frank.
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Distruzione e ricostruzione
Piano Marshall: arrivo del "treno dell'amicizia"
Voluto dal segretario di Stato americano George Catlett Marshall e
denominato European Recovery Program, il piano Marshall portò aiuti
economici ai paesi europei distrutti dal secondo conflitto mondiale. Il governo
americano intendeva così aiutare la ricostruzione economica e la ripresa degli
scambi commerciali nelle nazioni devastate dalla guerra, salvaguardando la
loro indipendenza contro i tentativi di espansione comunista. Nella foto,
l’arrivo a Milano del "treno dell'amicizia" (1° gennaio 1948), che portava
all’Italia gli aiuti americani.
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In Europa le distruzioni operate dalla guerra apparivano in tutta la loro
drammatica dimensione. L'Europa orientale e balcanica, nella quale
l'invasione tedesca aveva lasciato i segni di inaudite crudeltà, era devastata
nelle sue strutture demografiche e materiali. In tutti i paesi in guerra il
sistema industriale e le infrastrutture avevano subito danni incalcolabili, più
macroscopici nelle grandi città e nei principali porti, sui quali si erano
concentrati i bombardamenti aerei. La produzione complessiva del carbone
risultava dimezzata rispetto ai livelli prebellici. Finiti i combattimenti, in
Germania e nell'Europa orientale si registrarono tremende carestie, ma
anche nelle realtà meno colpite dalla guerra si faceva sentire la penuria
alimentare.
Uomini senza dimora
Milioni di uomini si trovarono allo sbando, senza casa, lontani dal loro paese,
sospinti da una parte all'altra del continente dagli ultimi eventi della guerra e
dalla generale confusione del dopoguerra. Erano prigionieri liberati, ebrei
sfuggiti o liberati dai campi di sterminio, dirigenti nazisti in fuga dai paesi
dell'Est nel timore delle vendette dei vincitori, e in più un numero altissimo di
profughi che scappavano dai paesi occupati dall'Armata Rossa: era il caso
delle decine di migliaia di tedeschi che dal 1939 si erano trasferiti all'Est sulla
scia dell'espansione della Germania e che ora cercavano di rientrare nelle
regioni occidentali per sfuggire ai sovietici.
Conseguenze politiche per l'Europa
Alla fine della guerra la situazione mondiale era mutata radicalmente:
l'Europa usciva dal conflitto in posizione di dipendenza rispetto alle due
potenze vincitrici, Stati Uniti e Unione Sovietica, attorno alle quali si
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configurò un nuovo equilibrio politico mondiale. L'alleanza tra USA e URSS,
che era stata determinante ai fini della vittoria contro Hitler, si trasformò,
negli anni successivi al conflitto, in un'aspra rivalità che si manifestò nella
cosiddetta Guerra Fredda. La rivalità scaturì da una forte competizione sul
piano ideologico, economico, politico, tecnologico, scientifico per il controllo
totale del mondo. Due opposti sistemi si confrontarono tra fasi alterne, ora di
distensione ora di tensione, anche acuta.
Le premesse della Guerra Fredda erano insite nella conduzione e nella
conclusione della seconda guerra mondiale. Infatti, sin dal 1943, l'Unione
Sovietica, forte dell'apporto militare determinante ai fini della sconfitta del
nazismo, non aveva nascosto il progetto di estendere il suo controllo
all'Europa centrorientale. La liberazione da parte dell'Armata Rossa di
quell'area europea fu la condizione per attuare un progetto di egemonia
comunista. Da questo punto di vista appare chiaro che lo sforzo militare
contro la Germania nazista non rispondeva soltanto alla difesa dell'integrità
nazionale dello stato sovietico, ma aveva lo scopo di condurre una guerra al
tempo stesso ideologica e di conquista, attraverso la quale il sistema
comunista avrebbe potuto estendersi su vaste aree europee e asiatiche.
Dopo il 1945, l'URSS vide confermata la grande espansione conseguita a
partire dal 1940, con il possesso sia dei territori annessi in virtù del patto di
non aggressione firmato con la Germania (le tre Repubbliche baltiche,
Lettonia, Estonia, Lituania) sia delle regioni conquistate nella guerra contro
Hitler, e cioè la Bessarabia e la Bucovina settentrionale ottenute dalla
Romania nel 1944, ampie regioni polacche situate nella Bielorussia e nella
Galizia, nonché una zona della Prussia orientale tolta alla Germania. Il
confine tra Polonia e Germania, tracciato lungo la linea Oder-Neisse,
ricompensava la Polonia con le regioni tedesche della Pomerania e della
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Slesia.
Poteva dirsi realizzato il disegno di Stalin di togliere l'Unione Sovietica
dall'isolamento internazionale in cui era stata posta dopo la Rivoluzione
bolscevica del 1917, di ricostruire un grande stato russo che non solo
recuperasse i territori perduti nella prima guerra mondiale ma ampliasse i
vecchi confini, e di presentarsi nelle relazioni internazionali come una grande
potenza in grado di stare alla pari con gli Stati Uniti. Infine l'Unione Sovietica
poteva usufruire del sostegno dell'opinione pubblica di parte democratica e
antifascista, che le riconosceva il merito di avere impedito la nazistizzazione
totale dell'Europa. Il ricordo della battaglia di Stalingrado confermava tale
giudizio.
L'impero comunista
Il successo sovietico nel dopoguerra si misurò tuttavia principalmente sulla
diffusione dei regimi comunisti in Europa e in Asia (vedi Blocco orientale). In
tutta la parte orientale dell'Europa, occupata tra il 1944 e il 1945 dall'Armata
Rossa, si insediarono, o attraverso elezioni o con atti di forza, governi
comunisti fedeli a Mosca; in Cecoslovacchia, il Partito comunista con un colpo
di stato portò il paese nell'orbita sovietica nel 1948.
Non altrettanto l'URSS riuscì a fare in Iugoslavia, paese nel quale la sconfitta
del regime filonazista e la cacciata dei tedeschi erano state conseguite con
l'azione decisiva degli eserciti di partigiani. La Iugoslavia riuscì a non venire
completamente assorbita nell'orbita sovietica, adottando un regime socialista
dai connotati antistalinisti sotto la guida del prestigioso capo partigiano Tito.
Nel dopoguerra, la divisione dell'Europa in due blocchi, l'uno orientale
filosovietico, l'altro occidentale filoamericano, fu il risultato della conduzione
politica e diplomatica della guerra. Sulla Germania la spartizione si esercitò
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compiutamente, con la sua divisione nel 1945 in quattro zone d'occupazione
militare affidate a Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica, e
con la creazione nel 1949 di due stati: la Germania Occidentale, o Repubblica
federale tedesca, appartenente al blocco capitalistico, e la Germania
Orientale, o Repubblica democratica tedesca, che divenne parte del blocco
sovietico. La spartizione fu completata con la divisione dell'ex capitale Berlino
in due settori, orientale e occidentale.
La guerra lasciò fissata nella storia europea quella che Churchill con una
felice definizione chiamò la "cortina di ferro", ossia una frattura profonda
all'interno dello stesso fronte dei vincitori. Tale frattura rendeva evidente ciò
che per tutta la durata del conflitto era rimasto implicito, ossia la convinzione
che sulle rovine del nazismo stesse rinascendo la grande rivalità mondiale tra
capitalismo e comunismo.
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ELECTRICAL SAFETY
Proper precaution must be taken to ensure that the equipment operates as
nearly as possible to peak efficiency and safety.
Equipment must have protection against excess of voltages, currents and
fire.
Protection is also necessary to minimize the risks of electrical shock to
people.
It is necessary to anticipate and prevent faults. Ignorance and carelessness
are the frequent causes of injury and even death. So an adequate knowledge
about electricity is the main requirement to avoid accidents.
Electricity is very dangerous. Its effects are visible, but nobody can say if a
wire is “live” or “dead” till it is touched. It is significant, in fact, that most
fatal electrical accidents occur at home rather than in industrial places. The
main safety provision for man is avoiding any kind of contact with objects of
unequal potentials because the human body forms part of an electrical circuit
in which current will flow.
To ensure a high degree of safety it is important for every electrical
installation to be tested and inspected not only when it is new, but at regular
intervals.
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Traduzione:
Una giusta precauzione deve essere
presa per assicurare che
l’apparecchiatura funzioni quanto più possibile per raggiungere efficenza e
sicurezza.
L’apparecchiatura deve avere protezione contro eccesso di voltaggio,
corrente e incendio. La protezione è anche necessaria per ridurre i rischi di
scossa elettrica alla gente.
E’ necessario per anticipare e prevenire incidenti. Ignoranza e disattenzione
sono le cause frequenti di danno e persino morte. Pertanto un’adeguata
conoscenza sull’elettricità è il principale requisito per evitare incidenti.
L’elettricità è molto pericolosa. I suoi effetti sono visibili ma nessuno può dire
se il filo è “vivo” o “morto” finché non è toccato. E’ significativo, infatti, che la
maggior parte degli incidenti elettrici fatali accadono a casa piuttosto che in
luoghi industriali. La principale precauzione di sicurezza per l’uomo è evitare
ogni tipo di contatto con oggetti di diversi potenziali perché il corpo umano
forma una parte di circuito elettrico nel quale la corrente fluirà. Per
assicurare un alto grado di sicurezza è importante per ogni installazione
elettrica, essere testato e controllato non solo quando è nuovo, ma ad
intervalli regolari.
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Domande:
1.
Which protection must have the equipment?
Equipment must have protection against excess of voltages, currents
and fire.
2.
Which is the main safety provision for man?
It’s avoiding any kind of contact with objects of unequal potentials.
3.
What is function of the precaution of the equipment?
The breakdown of the equipment must be avoided, and the risks of
electrical shocks to people should be minimize.
4.
Which are the frequent causes of injury and even death?
Ignorance and carelessness.
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Giovanni
Pascoli
Gabriele
D’Annunzio
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Giovanni Pascoli
La vita
Giovanni Pascoli nasce il 31 dicembre 1855 a San Mauro
di Romagna (Forlì); quarto di dieci fratelli, ha un’infanzia
agiata fino a quando, il 10 agosto 1867, il padre
Ruggero,
amministratore di una tenuta dei principi
Torlonia, viene ucciso con una fucilata mentre torna
a casa in calesse. Il poeta indagherà in seguito
personalmente sulle cause del delitto, rimasto impunito,
convincendosi inutilmente di averne individuato esecutori
e mandante. Morti anche due fratelli e la madre, il poeta
deve lasciare il collegio di Urbino, dove frequenta il liceo, e trasferirsi a
Rimini
con gli altri fratelli (1871). Nel 1873 si iscrive alla Facoltà di
Lettere dell’ Università di Bologna grazie a una
borsa di studio (per
ottenere la quale viene esaminato anche da Carducci), ma, per aver
partecipato a una dimostrazione contro il Ministro della Pubblica
Istruzione, nel ’76 perde il diritto alla borsa ed è costretto a interrompere
gli studi universitari. Si avvicina in questo periodo agli ambienti socialisti
e nel 1879 partecipa a una manifestazione che gli costa alcuni mesi di
reclusione nel carcere di Bologna, dopo i quali si allontana dalla politica
attiva e riprende gli studi, laureandosi nel 1882 in letteratura greca con
una tesi sul poeta Alceo.
Dopo la morte del fratello maggiore Giacomo (1876), Pascoli diviene il
capofamiglia. Esclusa dalla propria vita ogni relazione sentimentale, punta
alla ricostruzione del nucleo famigliare paterno: nel 1887 si stabilisce a
Massa, in Toscana, insieme alle sorelle Ida e Maria (chiamata dal poeta
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Mariù), che egli richiama dal convento (nel quale entrambe si erano ritirate
nel 1874). Sospettoso verso tutto ciò che nasce ed esiste all’esterno del
«nido» domestico, ossessionato dalla gelosia verso le sorelle e verso le
loro relazioni amorose reali e supposte, vive conangoscia il matrimonio di
Ida, avvenuto nel 1895 contro la sua volontà. Più stretto e con punte di
morbosità si fa allora il rapporto con Maria, con la quale si stabilisce a
Castelvecchio di Barga (Lucca), in una bella casa di campagna che sarà la
residenza definitiva del poeta. Maria non si separerà più da lui, divenendo,
dopo la morte del fratello, la curatrice degli inediti e l’erede letteraria.
Nel 1891 esce la prima edizione di Myricae (che conoscerà ampliamenti
importanti nei dieci anni successivi). L’anno dopo Pascoli vince il prestigioso
concorso di poesia latina di Amsterdam, il cui premio gli verrà assegnato
altre dodici volte.
Dopo aver insegnato in diversi licei d’Italia (a Matera, a Massa, a Livorno),
nel 1895 Pascoli viene nominato professore di grammatica greca e latina
all’ Università di Bologna. Nel 1897, anno di pubblicazione dei Poemetti,
Pascoli passa a insegnare all’Università di Messina, dove resta fino al 1903,
quando viene trasferito all’ Università di Pisa. In tale anno escono i Canti di
Castelvecchio. L’ anno seguente escono i Poemi conviviali. Nel 1905 diventa
titolare della cattedra di Letteratura italiana a Bologna, che fino ad allora era
stata di Carducci. In questo periodo, ereditando anche la funzione pubblica
del maestro, Pascoli accentua il proprio interesse per la poesia storica e
civile, di cui sono testimonianza opere come Odi e inni (1906), le incomplete
Canzoni di Re Enzio (1908), i Poemi italici (1911) e i Poemi del Risorgimento
(usciti postumi nel 1913).
La partecipazione di Pascoli alla vita culturale fu costante ma senza momenti
clamorosi: le sue collaborazioni alle riviste più prestigiose del periodo (tra cui
«Cronaca bizantina» e «Il convito» di Roma, «Il Marzocco» di Firenze)
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riguardarono soprattutto argomenti letterari, ma non escludevano
l’intervento polemico e
anche
esplicitamente
politico.
Accanto
all’insegnamento e soprattutto accanto alla gelosa custodia degli affetti
famigliari, trova posto nella vita di Pascoli soprattutto la poesia, vissuta con
dedizione e praticata assiduamente dalla prima giovinezza agli ultimi anni.
Poco prima della morte, avvenuta a Bologna il 6 aprile del 1912, Pascoli
pronuncia l’importante discorso La grande Proletaria si è mossa, dedicato a
sostenere l’ impresa coloniale italiana in Libia: lo scrittore che voleva
consegnare un’ immagine pubblica di sé quale artista raffinato e popolare al
tempo stesso, quale poeta della bontà e della umiltà, conclude così la propria
schiva vicenda biografica con un invito a gettarsi in un’avventura militare.
La poetica del "fanciullino"
Pascoli rappresenta un momento di passaggio necessario fra Ottocento e
Novecento. Continuità e rottura, tradizione e innovazione si contemperano in
lui in modo equilibrato, così da farne, insieme, l’ultimo dei classici (e infatti si
proclamava allievo di Carducci ma anche di Virgilio) e il primo, in Italia, dei
moderni. La sua «democrazia linguistica», come la chiamò Contini, e cioè
l’impiego di un linguaggio basso e talora persino vernacolare e popolaresco,
ha sempre qualcosa di raro e di prezioso, che sfiora l’estetismo. Alto e basso,
privilegio e umiltà, eredità del sublime ottocentesco e «democrazia»
novecentesca si combinano insieme.
La stessa poetica del «fanciullino» presuppone questa ambiguità o duplicità:
da un lato, il fanciullino è presente potenzialmente in ogni uomo, è una
figura umile e piccola e sembra porsi in alternativa al superuomo
dannunziano; dall’altro, solo il poeta conosce il privilegio di farlo rivivere e di
farlo parlare dentro di sé, sapendo scorgere il significato profondo di quelle
piccole cose che l’adulto "normale" invece trascura. Il fanciullino, insomma,
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ha in sé una vocazione alla superiorità, un destino di elezione, che può
indurre Pascoli a divenire poeta-vate e a entrare in concorrenza con
d’Annunzio sul suo medesimo terreno, quello della retorica civile.
Pubblicata nel 1897 sulla rivista fiorentina «Il Marzocco», la prosa intitolata Il
Fanciullino è il più importante ed esplicito discorso programmatico di Pascoli
sul poeta e sulla poesia, e contiene dunque la sua personale poetica. Il poeta
coincide con il «fanciullino», ovvero con quella parte infantile dell’ uomo che
negli adulti tende a essere normalmente soffocata e che invece nei poeti
trova libera espressione. Il fanciullino vede ciò che in genere passa
inosservato, attraverso vie puramente intuitive e percezioni non razionali:
egli individua accordi segreti tra le cose stabilendo tra di esse legami inediti e
inconsueti; rovescia le proporzioni classiche, adattando «il nome della cosa
più grande alla più piccola, e al contrario»; guarda il mondo con uno stupore
infantile alla luce del quale ogni cosa è una nuova scoperta. Il fanciullo, cioè,
si sottrae alla logica ordinaria, alla prospettiva comune, grazie alla propria
attività fantastica e simbolica. La poesia è il luogo in cui l’ uomo dà voce al
fanciullino che è in lui, lo lascia parlare: essa nasce dalla coscienza comune
della vita infantile e non razionale e acquista così per gli uomini un valore
regressivo
e
consolatorio che li spinge alla bontà e alla solidarietà.
Il simbolismo pascoliano vuole indicare la strada della rivelazione di una
verità segreta la cui chiave d’accesso nascosta appartiene solo al poeta. Il
senso del mistero si esprime attraverso una catena di analogie simboliche, al
termine della quale si intravede l’ ombra affascinante o paurosa di una
verità assoluta, di cui l’interprete privilegiato, e anzi l’unico interprete, è il
poeta. Il simbolismo pascoliano, tuttavia, più che sulle relazioni o sulle
"corrispondenze" fra i vari aspetti della realtà, punta sulla valorizzazione del
particolare, nel quale si racchiude, «come in una cellula speciale, l’ effluvio
poetico delle cose». C’è pertanto in Pascoli una poetica del particolare
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simbolico, che porta allo scavo dentro la realtà fenomenica e dunque alla
valorizzazione delle onomatopee, dei termini tecnici puntuali, dei
fonosimbolismi puri.La base ancora positivistica della sua cultura spinge
Pascoli a valorizzare il modo concreto di essere delle cose, e a renderlo
linguisticamente con esattezza mimetica; ma d’altra parte la sua tendenza
orfica lo porta poi ad assegnare una funzione rivelatrice a quei particolari e
alla loro voce di cui la poesia sola può farsi carico ed espressione.
Tra ideologia e poetica c’è in Pascoli un rapporto stretto, benché non
dichiarato. A differenza delle avanguardie dell’ inizio del Novecento, Pascoli
non mette in dubbio l’"utilità" e la funzione sociale e morale della poesia:
essa è al contrario ancora considerata da lui secondo gli schemi del mondo
classico, come consolazione e come possibile pacificazione delle tensioni
sociali. È infatti «il sentimento poetico» a rendere appagati «il pastore
della sua capanna, il borghesuccio del suo appartamento ammobigliato». In
tal senso, alla poesia come Pascoli la concepisce spetta la funzione di
garantire la stabilità dell’ assetto sociale, inibendo il desiderio del
cambiamento con un «soave e leggero freno». Si esprime in questa
concezione il sentimento di precarietà della piccola borghesia italiana tra la
stagione di Crispi e quella di Giolitti; e non a caso la poesia pascoliana
accoglie i semplici miti famigliari e domestici di questo ceto sociale,
nobilitandoli e universalizzandoli anche attraverso la rivendicazione delle
origini contadine dell’autore. Scavalcando a ritroso il presente e le tensioni
sociali in cerca di un’origine mitica e incontaminata del linguaggio e dei
significati, Pascoli dà voce a un bisogno di legittimazione di quei gruppi
sociali piccolo-borghesi che poi costituiranno la base del suo successo (al di
là dell’indubbio valore artistico della sua poesia).
L’adesione all’ ideologia dell’ Italia piccolo-borghese diviene esplicita nel
discorso La grande Proletaria si è mossa, pronunciato nel 1911, pochi mesi
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prima di morire, a sostegno dell’impresa coloniale italiana in Libia. Pascoli,
che è passato da un generico socialismo giovanile a un populismo
apertamente conservatore, sostiene la propria tesi in nome delle necessità
del popolo italiano di trovare spazi di lavoro, così da vincere la piaga
dell’emigrazione (fortissima in quegli anni); la superiorità della nostra cultura
rispetto a quella dei colonizzati giustificherebbe inoltre l’ invasione anche
come atto di civiltà.
L’opera in versi
Pascoli è, con d’ Annunzio, il rappresentante
più significativo del
Decadentismo italiano. D’Annunzio, più giovane di otto anni, ha cultura
moderna più vasta e aggiornata, ed è direttamente in contatto con i modelli
del Simbolismo francese; mentre Pascoli ha una solida formazione classica,
cui non
corrisponde un eguale interesse per la poesia europea
contemporanea. Si può dire perciò che la sua appartenenza al filone del
simbolismo decadente è per buona parte istintiva; benché egli si fosse
avvicinato ad alcuni testi della nuova cultura europea (tradusse per esempio
Il corvo di Poe). D’altra parte il simbolismo pascoliano è complementare
rispetto a quello di d’Annunzio: entrambi tendono al sublime e aspirano a un
ruolo di poeta-vate; tuttavia Pascoli cerca il sublime nel basso, nel
quotidiano, dando contorni famigliari e dimessi alla propria esigenza di
affermazione, mentre d’ Annunzio punta direttamente all’ innalzamento e
all’amplificazione. C’è poi anche una differenza nel modo di vivere il rapporto
con la società letteraria, con i lettori e con l’ istituzione della letteratura:
mentre d’Annunzio rinnova e modernizza in modo estremistico tali ambiti,
proponendosi quale figura pubblica che dà scandalo, suscita ammirazione e
fanatismi, crea miti e leggende, Pascoli tende invece a mantenersi entro i
confini tradizionali del letterato ottocentesco. Tradizionali sono perciò anche i
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modi attraverso i quali egli interviene nella vita politica e civile. In tal modo,
egli sconta la forza del modello carducciano; e rivela un tratto caratteristico
della propria psicologia, centrata sul bisogno di protezione e di isolamento.
La critica ha individuato la parte più viva e intensa della produzione poetica
pascoliana in tre raccolte: Myricae, Poemetti, Canti di Castelvecchio. Anche
se la prima edizione delle tre raccolte si colloca a parecchi anni di distanza
(dal 1891 di Myricae al 1903 dei Canti), tuttavia molti dei testi che formano i
tre libri furono composti nel medesimo periodo. Si è perciò parlato di un
«rapsodismo» di
Pascoli,
cioè
della
tendenza
a
lavorare
contemporaneamente a più generi di scrittura. Nel caso delle tre raccolte qui
considerate esiste però un’ unità di fondo dell’ispirazione che risponde alla
teorizzazione di poetica del Fanciullino e che vede una tendenza narrativa e
una lirico-simbolica, spesso intrecciate. Mentre la tendenza narrativa è forte
soprattutto nei Poemetti, quella lirico-simbolica ha il momento più alto e
coerente in Myricae, e si ritrova però anche nei Canti di Castelvecchio;
queste due raccolte vennero non a caso concepite da Pascoli secondo un
criterio di continuità, segnalato per esempio dalla riproposizione, nei Canti,
dell’epigrafe da Virgilio già adoperata — a spiegazione del titolo — per
Myricae: «Arbusta iuvant umilesque myricae» (mi piacciono gli arbusti e le
umili tamerici).
Influenzati da un estetismo di marca simbolista e decadente sono i Poemi
conviviali (1904). Di minore interesse sono le ultime raccolte: la poesia civile
di Odi e inni, i Poemi italici (1911), le Canzoni di re Enzio (rimaste in
compiute e uscite postume), dedicate a un affresco del Medioevo, e gli
incompiuti Poemi del Risorgimento.
La poesia latina di Pascoli (raccolta nei Carmina, pubblicati postumi) non
riflette solo la sua straordinaria abilità linguistica e metrica nel trattare una
lingua morta; è anche un modo autentico e personale di esprimersi,
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servendosi di un codice linguistico ormai del tutto artificiale e desueto. In
questo modo balza anzi in primo piano il carattere artificiale della scrittura
poetica. Pascoli sa inserire nella lingua classica i tremori, le ansie intime, le
sfumature simboliche tipiche della sua produzione in lingua italiana. Sia che
Affronti una materia romana (come nel Liber de poetis), sia che tratti
Argomenti cristiani (come nei Poemata Christiana), Pascoli riesce a calare
un’inquieta sensibilità decadente nel mondo classico e a rivivificare in tal
modo una lingua morta.
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GABRIELE D’ANNUNZIO
La vita
Gabriele d’ Annunzio nasce a Pescara il 12 marzo
1863, terzo figlio di Francesco Paolo Rapagnetta (il
cognome d’ Annunzio è quello di un ricco zio
adottivo) e di Luisa de Benedictis. Compiuti gli
studi liceali a Prato (in Toscana), si trasferisce nel
1881 a Roma, dove si iscrive — senza poi laurearsi
— alla
Facoltà di Lettere. A Roma diventa
collaboratore di alcuni periodici (come «Cronaca
bizantina») in veste di giornalista letterario e di
cronista mondano di quell’aristocrazia della quale,
conducendo una vita sontuosa e sempre pronta allo
scandalo, entra rapidamente a far parte. I suoi
amori tempestosi e volubili offrono fra l’altro
materia a un pettegolezzo tutt’altro che scoraggiato dal poeta: a Giselda
Zucconi (cantata come Lalla) seguono altre donne, fino alla clamorosa fuga
con la duchessa Maria Hardouin di Gallese, che d’Annunzio sposa nel 1883 e
da cui avrà tre figli. Ma già nell’87 si delinea il nuovo amore per Elvira
Fraternali Leoni, cantata come Barbara. Sono di questo periodo le raccolte di
versi Canto novo (1882), intermezzo di rime (1884), L’sotteo - La Chimera
(1890), Elegie romane (1892), Odi navali e Poema paradisiaco (1893), i
racconti riuniti sotto il titolo Terra vergine (1882) e i romanzi Il piacere
(1889), Giovanni Episcopo (1891), L’innocente (1892). L’esordio poetico
risale però alla raccolta Primo vere del 1879.
Dal 1891 al ’93 vive per due anni a Napoli insieme a Maria Gravina (dalla
quale ha una figlia), subendo una condanna per adulterio a causa della
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denuncia del marito di lei. A seguito della lettura di Nietzsche e
suggestionato dalla musica wagneriana, scrive il romanzo il Trionfo della
morte (1894).
Il 1894 è un anno di svolta: il rapporto con la Gravina, ormai in crisi, si
appresta a essere rimpiazzato da quello con la grande attrice Eleonora Duse,
incontrata a Venezia nel settembre di quell’anno: il dissesto finanziario e i
debiti ereditati dal padre, morto l’anno precedente, lo incalzano, come altre
volte, costringendolo a fughe precipitose e a impegni editoriali gravosi. Infine
si trasferisce con la Duse a Settignano, vicino a Firenze, dove vive dal 1898
al 1910 in una lussuosa villa detta «la Capponcina». Qui compone i primi tre
libri delle Laudi del cielo, della terra, del mare e degli eroi (Maia, Elettra e
alcyone 1903), il romanzo Il fuoco (1900) e una tra le sue opere più
fortunate per il teatro, La figlia di Iorio (1904). Nel 1905 alla Duse si
sostituisce Alessandra di Rudinì, con la quale d’Annunzio prosegue una vita
dispendiosa, segnata dalla passione per i cani e per i cavalli. Tanto negli anni
con la Duse quanto in quelli successivi, con la Rudinì e poi con altre donne, la
produzione teatrale prosegue alacremente, e con La nave (1907) d’ Annunzio
raccoglie un altro grande successo. Nel 1897 si è intanto fatto eleggere
deputato, presentandosi con la Destra, salvo passare clamorosamente nelle
fila della Sinistra tre anni dopo per protesta contro la repressione del
reazionario governo Pelloux.
Nel 1910, costretto dai debiti contratti per mantenere la villa, va in Francia,
dove compone (1912)Merope, quarto libro delle Laudi, e dove rimane in
«esilio volontario» fino al 1915, circondato da numerosi ammiratori e attore
di nuove avventure erotiche: con la contessa russa Natalja de Goloubeff e la
danzatrice, russa anch’ella, Ida Rubinstein. Spinto da quest’ultima, compone
testi in francese per il teatro, uno dei quali viene musicato da Debussy. Il
contatto con l’Italia è intanto assicurato da un’ assidua collaborazione
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«Corriere della Sera», i pezzi per il quale confluiranno in gran parte nei
volumi delle Faville del maglio, pubblicati nel 1924 e nel 1928.
Nel 1915 torna in Italia, schierandosi tra gli interventisti e poi partecipando
ad ardite imprese terrestri, navali e aeree. Perso l’ occhio destro in un
incidente aereo, compone nel periodo d’ infermità le prose del Notturno
(1916). Animato da fiero spirito nazionalistico (poté essere perciò precursore
e poi seguace del fascismo), d’ Annunzio ritiene la vittoria italiana
mortificata dalla mancata annessione all’Italia della città jugoslava di Fiume,
e perciò la occupa di forza nel 1920, istituendovi un governo militare; ma
dopo pochi mesi è costretto dalle truppe governative ad abbandonarla. Si
ritira allora, nel 1921, a Gardone Riviera (sul lago di Garda) in una villa detta
«Il Vittoriale degli Italiani»
— una sorta di museo dedicato a se stesso —
nella quale vive in disparte (con Luisa Baccara, ma senza rinunciare ad altre
avventure amorose), curando l’edizione nazionale delle proprie opere, fino
alla morte, avvenuta il 1° marzo 1938.
L'ideologia
Oltre che scrittore, d’Annunzio volle essere anche ideologo e politico,
intervenendo in numerose occasioni su questioni decisive della vita civile
nazionale e impegnandosi negli schieramenti parlamentari. Al di là dei molti
cambiamenti intervenuti nel tempo, resiste la costante dell’ ideologia
nazionalistica, che si esprime nell’adesione all’aggressività coloniale di Crispi,
nell’interventismo durante la Prima guerra mondiale, con l’ appendice
dell’impresa di Fiume, nel favore concesso alla guerra fascista in Etiopia. Il
nazionalismo dannunziano ha alcuni punti in comune con quello di Pascoli, e
tuttavia assume un’inclinazione più individualistica e pomposamente eroica,
con aperte concessioni al razzismo. Gli interventi dannunziani esprimono una
retorica roboante ed esibizionistica, fatta più per colpire che per indurre a
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riflettere, mirante a persuadere e non a convincere; una retorica che
inaugura quella fascista, e soprattutto mussoliniana, benché l’ adesione di
d’Annunzio al regime sia, nella sostanza, problematica e non enza
contraddizioni e incertezze.
Sarebbe tuttavia sbagliato avvicinarsi all’ideologia dannunziana cercando di
ricavarne le coordinate a partire dalle scelte politiche. L’ impegno con la
Destra nel 1897, il passaggio poi clamoroso alla Sinistra tre anni dopo, il
nazionalismo aggressivo e perfino volgare nel 1915, l’ impresa di Fiume,
l’appoggio al fascismo sono tutti episodi gestiti all’interno di un progetto di
vita, in cui conta innanzitutto la sensibilità ai processi in atto, ovvero la
capacità di stare dalla parte ritenuta “giusta” (cioè quella vincente, oppure
quella più appariscente e scandalosa). L’ideologia rintracciabile in d’Annunzio
è da questo punto di vista “postpolitica”: scavalca cioè le differenze
ideologiche, le inconciliabilità tra gruppi e partiti, perseguendo una logica che
Non risponde tanto a criteri oggettivi, ai vincoli di “ideali” o di progetti
organici e coerenti, quanto al bisogno soggettivo di ricavare il massimo utile
dai meccanismi culturali della civiltà di massa. Questo atteggiamento spiega
un aspetto almeno della rinascita d’interesse per d’ Annunzio negli ultimi
vent’anni, in coincidenza con il diffondersi di una mentalità della quale egli
sembra aver fornito un’anticipazione.
Per un altro verso, la posizione dannunziana è invece “prepolitica”: vi è cioè
una riduzione dell’io a puro istinto, a sensazione naturale. L’affermazione del
soggetto coincide con la sua fusione panica nell’elemento naturale.
L’identificazione con il superuomo, sulla suggestione di una lettura di
Nietzsche assai unilaterale, avviene al di fuori dei conflitti storici e anzi al di
fuori e al di là della storia. La sfida lanciata da d’Annunzio sceglie di ignorare
le reali condizioni sociali entro cui egli trova a esprimersi. Ciò vuol dire che
l’ideologia dell’autore accetta di muoversi dentro l’ orizzonte dell’ esistente,
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senza aspirare in alcun modo a trasformarlo, considerandolo anzi come dato
naturale. L’accettazione dell’esistente implica d’altra parte l’accettazione della
letteratura come istituzione.
Il protagonismo esibizionistico nasconde una sostanziale passività nei
confronti del presente, delle sue strutture sociali e culturali, dei meccanismi
di potere. Ciò si rivela per esempio nella subalternità agli interessi economici
e all’ideologia delle classi dominanti. D’ Annunzio non rinuncia a esaltare
l’aggressività imperialistica della nuova borghesia industriale, capace di far
avanzare il progresso tecnico della moderna industria, ma anche di imporre
l’ordine sociale, minacciato dal «tumulto» della «plebe» e della «canaglia»,
dalla «cieca demenza» delle masse popolari.
In questa avversione per le masse, con dichiarato disprezzo per la
democrazia e per le classi lavoratrici, d’Annunzio rifiuta d’altra parte di fare i
conti con la degradazione sociale subita dalla figura stessa dell’ artista nella
moderna società borghese; e ripropone un’idea della poesia come pienezza di
canto e come esperienza superiore e privilegiata.
La poetica
L’arte è concepita da d’Annunzio come Bellezza, sia nel senso classicistico
ereditato da Carducci (che egli non
nasconde di voler riprendere
e
continuare), sia nel nuovo senso dell’estetismo decadente. Da una parte,
dunque, d’Annunzio può proclamarsi l’ultimo umanista; dall’ altra proporsi
quale
moderno esteta al cospetto della società di massa. Questo
atteggiamento complesso implica un rapporto di tensione con
la nuova
condizione dell’arte, ben presente nella riflessione di scrittori precedenti
come Baudelaire o Zola, consapevoli che essa è ormai sottoposta alle leggi
del mercato, che la gestisce come un prodotto qualsiasi. Per un verso
d’Annunzio reagisce a questa “degradazione” negandola: la Bellezza è per lui
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al di sopra di tutto, è un valore assoluto; ma per un altro verso egli è il primo
a sfruttare con modernissima abilità i meccanismi complessi dell’ industria
culturale, del mercato librario, delle mode: sa propagandare se stesso,
costruendo il proprio successo e organizzando il consenso alla propria opera
e il suo consumo di massa. Il paradosso messo in scena da d’ Annunzio è
infine quello di offrirsi quale mito di massa nel momento stesso in cui
costruisce una figura di genio solitario e superiore, che disprezza
aristocraticamente la massa e si circonda di esperienze “esclusive” e
raffinate.
Queste contraddizioni possono essere risolte solo in una maniera: facendo
coincidere l’arte e la vita, il privato e il pubblico, la Bellezza e la merce,
facendo della propria esistenza e della propria opera esibizione, spettacolo,
infine mercato. Fin dall’esordio, d’Annunzio mette in scena una sapiente
tecnica di scambio e di confusione tra arte e vita: per esempio, diffonde la
notizia della propria morte subito dopo aver pubblicato la raccolta poetica
d’esordio, raccogliendo così alcuni importanti necrologi. Da tale momento
l’arte tende a coincidere con la vita, e questa è gestita in funzione dell’ arte
intesa quale istituzione pubblica. L’arte per l’arte implica la riduzione dell’ io a
pura esteriorità, a recita sociale, con una revoca di quella tensione tra
interiorità e realtà sociale, tra soggetto e mondo della produzione su cui si
era sviluppata la cultura romantica. Da questo punto di vista l’ arte di
d’Annunzio, pure così prepotentemente attraversata dalla soggettività, è
un’arte senza soggetto, o almeno senza interiorità.
La poetica dannunziana si affida, nelle frequenti dichiarazioni esplicite, a
un’esaltazione del valore e del potere della parola: la «scienza delle
parole» è la scienza «suprema»: «chi conosce questa, conosce tutto»,
dichiara d’Annunzio nel 1892. Ha già affidato al Piacere la parola d’ordine «il
verso è tutto». Parola e verso, cioè linguaggio e forma, coincidono. In pochi
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scrittori come in d’Annunzio il linguaggio è concepito solo in termini di
formalizzazione. Non c’è infatti un “grado zero” del linguaggio: la parola di
cui parla d’Annunzio è già la parola poetica, la parola dell’arte e l’ arte fatta
parola. Ciò che cade al di fuori di questa coincidenza è privo di interesse e di
valore; così come è priva di interesse e di valore quella vita che non sia
a sua volta oggetto di formalizzazione, che non sia, secondo il motto dell’
Andrea Sperelli del Piacere, un’opera d’arte.
È d’altra parte proprio sull’assenza di mediazioni che si fonda la percezione
della vita come opera d’arte. E il rigetto delle mediazioni è il punto d’onore
della poetica dannunziana, nonché dell’ideologia su cui essa si fonda. Di qui
trae alimento il gusto costante per l’analogia quale tecnica privilegiata della
rappresentazione, e quale criterio organizzativo della cono scenza: ogni cosa
rimanda a un’altra; anzi: ogni cosa è un’ altra. Anche quando si affidi a
strumenti di comparazione come la similitudine, che sanciscono in termini
retorici il riconoscimento della mediazione razionale, d’Annunzio trova modo
di annullare ogni limitatezza e ogni definizione. In Le stirpi canore,
nell’Alcyone, le parole del poeta ono paragonate a vari aspetti della realtà
naturale servendosi di ben quattordici similitudini: l’eccesso genera sperpero
e sfoca le possibili corrispondenze puntuali, generando così una nebulosa
puramente sensuale (musicale) e fantastica (alogica) di significato. Il
soggetto stesso è coinvolto in questa dispersione dei confini, a sua volta
gettato nel flusso della perfetta intercambiabilità analogica (io sono come...
come... come...). Una forma radicale di questa fusione tra realtà oggettiva e
soggetto conoscente, oltre che dei vari elementi della realtà in se stessa, è la
sinestesia, figura infatti frequente nell’opera dannunziana. L’analogismo, la
metafora, la sinestesia sono d’altra parte i modi per ristabilire il contatto tra
uomo e natura, per scavalcare i limiti della civilizzazione senza fare però i
conti con essi. L’arte è insomma anche un modo privilegiato per superare il
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divario tra civiltà e natura, tra cultura e istinto; non già risalendo a una
qualche dialettica tra i due termini ma fondendoli: «Natura e Arte sono un
dio bifronte», è la diagnosi sintetica di d’ Annunzio, e il tentativo da lui
perseguito è quello di dare vita a una scrittura che esprima e manifesti
questa duplicità, una scrittura che sia il massimo dell’ artificialità presentato
come il massimo della naturalezza.
Queste caratteristiche della poetica di d’Annunzio lo mettono in collegamento
con il Simbolismo europeo. Anzi, nel tentativo di cogliere il senso nell’infinita
trafila delle corrispondenze — e cioè nell’analogismo interminabile — egli ne
fornisce una versione perfino estremizzata.