Diapositiva 1 - Platform for Intercultural Europe

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La formazione
per il dialogo
interculturale
nel lavoro
Roma, 28-29 maggio 2010
Sergio Bonetti Dialogo interculturale e mondo del lavoro
IL CONTESTO GENERALE
I disegni di legge sulla sicurezza Berlusconi –
Maroni, 24 luglio 2008, n°125, 28 novembre 2008,
n°186, 15 luglio 2008, n°94, insieme alle misure
contenute in altri provvedimenti legislativi di
carattere generale, ordinanze e mozioni, rendono
precari i diritti fondamentali attinenti alla dignità
della persona come le libertà individuali, la tutela
della salute, il diritto all’istruzione, la tutela dei
minori.
Sergio Bonetti Dialogo interculturale e mondo del lavoro
Il governo non ha ancora recepito la direttiva
europea del 18 giugno 2009 contro lo
sfruttamento del lavoro degli immigrati
irregolari attraverso sanzioni e provvedimenti
nei confronti dei datori di lavoro che
impiegano cittadini di paesi terzi con il
soggiorno irregolare
Nell’interesse nazionale dobbiamo passare
dalla considerazione dell’immigrato forza
lavoro all’immigrato persona, che deve essere
valorizzato e non discriminato o tenuto ai
margini della società. Gli immigrati sono
persone, destinate a diventare parte stabile
della popolazione, non sono un semplice
fattore di produzione.
Le politiche d’integrazione e convivenza
vanno considerate parte integrante della
crescita e sviluppo del paese: investire sulla
formazione, superare le discriminazioni,
combattere il lavoro nero e sommerso,
incentivare la ricerca del lavoro, promuovere
un sistema di protezione sociale inclusivo.
Il percorso di integrazione esige l’ apprendimento
della lingua, della cultura e delle regole del nostro
paese ed il rispetto di queste ultime. La
conoscenza della lingua veicolare rimane per il
cittadino e lavoratore straniero il primo necessario
veicolo di integrazione nel nuovo paese di
soggiorno e di residenza. Sono ancora troppo
pochi i cittadini stranieri che partecipano a corsi di
lingua e cultura italiana nonostante la legge 40/98
prevedesse l’impegno della scuola pubblica a
promuovere il diritto alla formazione di tutti,
stranieri compresi
Il Patto Europeo per l’immigrazione definisce
l’integrazione “la chiave” del successo
dell’immigrazione,un processo a “doppio senso” che
vede protagoniste le società ospitanti ma anche gli
immigrati. Un processo di adattamento reciproco fra
la società ospitante e gli immigrati dove
l’integrazione è il risultato di una interazione tra
persone di culture diverse che hanno l’obbligo di
rispettare i valori e le regole del paese ospitante ma
hanno anche il dovere di arricchirli attraverso la
conoscenza reciproca, il reciproco riconoscimento,
lo scambio umano e culturale.
LA FORMAZIONE
CONTRO LA DISCRIMINAZIONE
E LA SEGREGAZIONE
OCCUPAZIONALE
L'investimento in formazione per
gli immigrati non risponde dunque
ad un atto di natura assistenziale
ma è intervento specializzato nel
quadro della formazione come
politica attiva del lavoro.
Dall'analisi dei dati (INPS, Dossier Statistico della
Caritas, Istat, Rapporto Ires Discriminazione nei Luoghi
di Lavoro) quello che maggiormente colpisce è
l'assunzione di immigrati in posizioni scarsamente
qualificate in contrasto con i buoni livelli di istruzione di
parecchi di loro, con l'esperienza professionale
accumulata negli anni di permanenza in Italia,
nonostante l'enfasi posta dagli stessi rappresentanti del
mondo imprenditoriale sul fabbisogno di lavoratori
qualificati. Soltanto il 35,6% ha trovato un lavoro
"normale".
Una conferma ancora più diretta della
dequalificazione viene dall'analisi delle mansioni:
più di tre immigrati su quattro sono assunti come
operai generici e gli avviamenti di operai
specializzati non arrivano al 3%. Va meglio la
categoria degli operai qualificati che si aggira sul
15% delle assunzioni.
Circa il 70% degli immigrati con istruzione elevata
subisce in Italia un processo di scadimento e
dequalificazione professionale. Si realizza uno scarto tra
capitale umano posseduto e livelli professionali di
inserimento, che non serve né ai diretti interessati né al
paese di accoglienza.
L'integrazione degli immigrati si presenta con le
caratteristiche di una forte divaricazione tra il loro
ruolo economico produttivo e la loro inclusione
sociale. Per usare una formula sintetica come uno
scarto tra cittadinanza economica intesa come
inserimento nel sistema produttivo e cittadinanza
sociale come partecipazione al sistema dei diritti
sociali.
Pur assumendo come dato necessario il fatto che il
processo di inserimento debba pagare dei prezzi,
pur assumendo che questa sia un necessario
momento di passaggio contingente della condizione
lavorativa degli immigrati, il loro inserimento
professionale non può essere pensato a priori
secondo una logica della persistenza della loro
subalternità nel sistema sociale produttivo.
Poiché più della disponibilità ad integrarsi degli
immigrati il nodo più difficile sembra essere quello
della disponibilità ad integrare della società che
accoglie,la formazione come una delle pratiche più
significative della gestione della “differenza” si rivolge
non solo agli immigrati ma ai cittadini italiani, gli
operatori
che
lavorano
con
gli
immigrati(sindacalisti,insegnanti,volontariato,servizi),
gli amministratori e i decisori politici,gli addetti
all’informazione e alla comunicazione stampata e
video
Giocano un ruolo rilevante alcuni fattori negativi
che la formazione, opportunamente organizzata,
può contribuire a mitigare, come l'inadeguatezza
che, spesso, si verifica tra le competenze
possedute, acquisite nei sistemi e nelle culture
proprie dei paesi di origine attraverso l'istruzione, la
formazione professionale e il no formal learning e
quelle richieste nei paesi di arrivo.
La formazione che mira al lavoro e quella che mira
ai saperi di integrazione, può svolgere un ruolo
importante, migliorando l'immagine che il nuovo
arrivato è in grado di dare di sé (la lingua è il
medium fondamentale) e la rappresentazione che
gli italiani hanno dei nuovi arrivati.
Soprattutto la scarsa o assente abilità linguistica,
come organizzatore delle forme concettuali e
della riconoscibilità sociale, svantaggia
fortemente gli immigrati nella ricerca e nel
raggiungimento di occupazioni più qualificate.
Lo stesso ruolo di impedimento al miglioramento
professionale dei lavoratori immigrati è giocato
dalla grande difficoltà e spesso impossibilità a
ottenere il riconoscimento dei titoli di studio e le
resistenze esercitate dalle professioni consolidate
nel paese di accoglienza
Gli immigrati sono accolti senza troppi problemi
come manodopera esecutiva, per i lavoro delle “5
P”:
pesanti,pericolosi,precari,poco pagati, penalizzati
socialmente. Emerge come il tacito presupposto
dell'accettazione degli immigrati sui luoghi di
lavoro è quello di una integrazione subalterna.
La questione dei lavoratori stranieri si inserisce
pienamente nelle problematiche che, nel
mercato del lavoro tipico dell'economia
postfordista, riguarda tutti i lavoratori, dei costi
umani della flessibilità.
L'inserimento professionale del lavoratore
straniero si configura come parte di un processo
in cui l'individuazione del sapere necessario al
lavoro si lega a quello necessario all'inserimento
sociale
Inoltre sono necessari interventi che è riduttivo
definire "formativi" e che riguardano in realtà più
quello che c'è a monte e a valle: bilancio delle
competenze, orientamento che non si limiti alla
diagnosi, ma sappia indicare percorsi e
prospettive concrete.
La difficoltà del riconoscimento delle competenze
possedute dagli immigrati si spiega anche con le
caratteristiche dei dispositivi con cui si realizza
normalmente nel nostro paese l'incontro tra la
domanda e l'offerta di lavoro. Si tratta di
meccanismi spesso, nonostante le ultime riforme,
obsoleti e deficitari che penalizzano in generale il
buon funzionamento del mercato del lavoro e i
lavoratori.
Il lavoro immigrato potrebbe ancor di più avvalersi
di un sistema di certificazione in grado di
assicurare il riconoscimento delle competenze
acquisite nei diversi contesti di studio e di lavoro,
in ambito nazionale e in prospettiva europea.
Il riconoscimento dei crediti formativi, ovunque
acquisiti, anche nel paese di origine, è infatti uno
dei requisiti fondamentali per una piena
realizzazione del diritto alla formazione
permanente secondo le direttive e gli
orientamenti dell'Unione Europea e del
Memorandum per la Formazione Permanente.
Un sistema di regole condivise per gli standard e la
certificazione, che consente il confronto con i sistemi
operanti in altri paesi europei per la libera
circolazione dei lavoratori, andrebbe esteso e
"specializzato" agli immigrati regolarmente inseriti
nel nostro mercato del lavoro, per garantire la
qualità dell'offerta formativa e la mobilità per
l'occupabilità (Accordo Regioni e OO.SS. 1° agosto
2002).
Si può pensare a dispositivi formativi a geometria
variabile, in grado di applicare in modo funzionale
momenti personalizzati a favore dei lavoratori
stranieri: una parte di formazione
professionalizzante comune, con la possibilità di
individualizzazione metodologico-contenutistica
presente nell'offerta e con segmenti-moduli,
dedicati precipuamente ai saperi di integrazione.
Adozione di forme di diversity
management
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Approccio alla cultura e agli obiettivi di tutta
l’organizzazione che strategicamente la valorizza anche
in un’ottica di business.
Nel nostro sistema produttivo composto in gran parte da
piccole e micro imprese le aziende non possono farsi
carico da sole di un tale processo di crescita, ma esso
deve essere favorito e sostenuto e incoraggiato da
programmi e azioni delle Organizzazioni Sindacali, delle
Organizzazioni datoriali, delle istituzioni e delle strutture
formative.
Caso di diversity management
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criteri non discriminatori di selezione del personale soprattutto non
italiano.
coesione aziendale e appartenenza: incontri periodici sulle strategie
e sui risultati raggiunti; la mensa come momento di incontro e di
scambio.
Immagine aziendale: giornale interno, sito Internet.
Politiche del lavoro: anticipazioni sullo stipendio e sul TFR
Inserimento lavorativo: per il lavoratore straniero misure particolari di
inserimento e di accompagnamento/affiancamento
Formazione: PFA perché principi e valori siano tradotti in prassi
quotidiane con iniziative mirate agli stranieri (lingua e
alfabettizazzione socio culturale) con modalità in gruppi misti
Formazione dei quadri sui valori sostenibili
Monitoraggio sistematico sul clima aziendale
Possibilità di forme di autogestione dell’orario di lavoro
Protocollo di azioni positive per conciliare tempi di vita e di lavoro
Definizione di un codice etico
Materiali editoriali in lingua per stranieri
Programmi di valore etico e sociale come volontariato e
cooperazione internazionale.
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