Università degli Studi del Piemonte Orientale “ A. Avogadro” Facoltà di Medicina e Chirurgia A.A 2009/2010 I limiti religiosi e la bioetica nel rapporto medicopaziente A cura di : Annalisa Francescato Roberta Francescato Marco Giromini Anna Stainer Angelica Zibetti Le Religioni • • • • • Cattolica Ebraica Musulmana Testimoni di Geova Valdesi La Religione Cattolica La caratteristica distintiva è l’accettazione dell’autorità e la comunione con il papa , il vescovo di Roma, e l’accettazione della sua autorità su materie di “fede “ e “morale”, e sulla sua asserzione di “potere completo, supremo e universale sull’intera Chiesa”. Rifiutano l’iconoclastia e hanno fede nella necessità di 7 Sacramenti e nella transustanziazione, venerano la Vergine Maria e i santi. La fede è vissuta attraverso le buone opere. La Religione Ebraica Considerano il tempo come l’insieme di quelle irripetibili occasioni offerte all’uomo per manifestare a sua libertà all’interno della creazione. Importante è l’idea di un legame con Dio , che non ha nulla di ascetico. Questo legame si instaura nella comunione dell’alleanza, in cui il Creatore e la creatura mantengono, separate, le rispettive identità. L’uomo ha il potere di agire sul creato, seguendo le relative regole, per completare l’opera del Signore e far coesistere il Divino con il libero arbitrio dell’uomo. La Religione Musulmana Islam significa in Arabo “Sottomissione” a Dio. L’Islam si definisce religione, sistema di governo e vita quotidiana. Hanno 5 pilastri fondamentali : • • • • • La professione di fede L’ elemosina La preghiera Il digiuno Il pellegrinaggio I Testimoni di Geova Credono nel Dio Geova , creatore del cielo e della terra. Ritengono che la Bibbia sia la Parola di Dio: quando una dottrina è presentata come verità biblica essi ritengono giusto seguirla. Praticano l’evangelizzazione porta a porta, annunciando “ la futura restaurazione del Paradiso sulla Terra grazie a Regno di Dio”. I Valdesi Elementi caratteristici sono la mancanza di immagini nelle chiese, il matrimonio dei pastori e il rifiuto delle reliquie. Inoltre non raccolgono il principio della successione episcopale secondo cui la presenza di Cristo è garantita dalla successione dei vescovi; essi affermano che tra Cristo e la Chiesa ( = comunità di credenti) non ci sono forme di autorità intermedia. La chiesa non ha il compito di dare direttive specifiche concernenti le scelte politiche o l’etica sessuale . Tematiche • Aborto • Eutanasia • Trapianti ABORTO RELIGIONE CRISTIANA La Chiesa Cattolica, sulla base degli stessi riferimenti scritturali e apostolici, considera la vita dignitosa in quanto dono del Signore e non in virtù di una condizione di "salute". Da questo scaturisce come l'aborto sia paragonato ad un omicidio, in quanto interruzione di una vita dignitosa. Allo stesso modo i metodi di contraccezione d‘emergenza, che impediscono l'annidamento dell'embrione nell'utero materno, vengono considerati abortivi perché pongono fine alla vita del nascituro. Papa Giovanni Paolo II ha spiegato la posizione della Chiesa Cattolica nella enciclica Evangelium Vitae, specialmente nei numeri 58-63 e 68-74. Tuttavia la congregazione della Dottrina delle Fede, guidata dall'allora prefetto card. Joseph Ratzinger, nelle risposte ad alcuni dubbi proposti riguardo l'isolamento uterino del 31 luglio 1993, afferma che è lecito eseguire l'asportazione in seguito a grave danneggiamento dell'utero, nel caso esso rappresenti un grave pericolo attuale per la vita o la salute della donna, in quanto ha carattere direttamente terapeutico. EXEMPLUM In Brasile un vescovo ha scomunicato i medici che hanno fatto abortire una bimba di 9 anni che era stata violentata dal patrigno ed era incita di due gemelli Il vescovo ha annunciato che l’aborto è un crimine agli occhi della Chiesa e la legge degli uomini non può sovrastare quella di Dio “La legge di Dio è superiore a qualunque legge umana. Quindi se una legge umana, cioè promulgata dagli uomini, è contraria alla legge di Dio, questa legge non ha alcun valore” Secondo i sanitari la gravidanza avrebbe comportato gravi rischi per la salute della bimba. La legge brasiliana consente l’aborto nei casi di stupro o di problemi per la salute della madre, la bambina rientrava perciò in ambedue le caratteristiche Il Vaticano ha affermato di appoggiare la scelta del vescovo perché “la Chiesa deve difendere la la vita e la famiglia: l’aborto è una scorciatoia” Inoltre ha dichiarato che “i medici sono fortemente nel peccato perché sono persone attive nel portare avanti l’aborto, questa uccisione. Sono protagonisti di una scelta di morte”. ABORTO SELETTIVO I Medici Cattolici Italiani (AMCI) si oppongono all’aborto selettivo in quanto ritengono che, come afferma il Presidente dell’AMCI di Vercelli, vi sia “un diritto alla salute, ma non ad avere un figlio sano”. Inoltre il Presidente sostiene che in base alla mentalità dominante esista il pericolo un feto frutto di violenza o un feto affetto da malformazione abbiano meno diritti rispetto agli altri e che quindi possano essere soppressi. Questo a suo parere sta portando la nostra società sulla strada dell’eugenetica e rischia di legittimare future discriminazioni tra bambini e/o uomini più o meno degni di avere gli stessi diritti degli altri PILLOLA RU486 L’ AMCI afferma in un comunicato che "non puo' non esprimere una dolorosa preoccupazione per la decisione assunta dall'Aifa di autorizzare l'uso della RU486 per la finalita' abortiva". Come medici sostengono di avere gravi riserve sul piano della sicurezza per le donne, perchè a loro parere non si e' voluto tener conto dei numerosi decessi e delle complicazioni provocate dall’uso della RU486, che avrebbero dovuto indurre l’Aifa a maggiore cautela e il ministero a più approfondite verifiche. L’AMCI sottolinea con forza la sua contrarietà all’utilizzo della RU486 perche introduce un processo di banalizzazione dell’aborto, che rischia di diventare “uno strumento contraccettivo”. Monsignor Sgreccia in merito alla RU486 afferma: "Rimango allibito dall'atteggiamento dell'Aifa, e spero che ci sia un intervento da parte del Governo e dei ministri competenti perche' la RU486 non e' un farmaco, ma un veleno letale”. RELIGIONE EBRAICA • Dal punto di vista dell’halakhà c’è il principio per cui un feto non è ancora un individuo vitale completo, quindi chi lo sopprime non è un omicida. Ciò non significa che la soppressione sia un atto commendevole, e neppure lecito, ma solo che è una colpa minore dell’omicidio. • Senza dubbio l’ebraismo considera colpevole l’aborto procurato e questo per due motivi: a) la soppressione di un essere umano vivente, anche se non ancora completo ne vitale, è vietata. b)qualunque pratica sul nostro corpo che vi causi ferita o che comunque porti ad un qualsiasi pericolo, è proibita. È quindi proibito alla donna procurarsi l’aborto e ad altri procurarglielo. • Tuttavia non essendo l’aborto un omicidio, sussiste di fronte ad esso il grande principio ebraico secondo il quale per garantire la salvezza di una vita umana (cioè di un essere vitale), è lecito e doveroso infrangere ogni altro divieto. È perciò opinione diffusa tra i Maestri di oggi che qualora un medico stabilisca che la continuazione di una gravidanza mette in pericolo la vita della madre, è lecito e probabilmente doveroso interromperla, sempre che i rischi dell’interruzione siano minori per la madre di quelli della continuazione della gravidanza. • Nei casi in cui se non si interrompe la gravidanza il nascituro avrà una vita brevissima e travagliata o gravi malformazioni la maggior parte dei Maestri ritengono l’aborto lecito e forse anche doveroso ma altri lo ritengono vietato. RELIGIONE MUSULMANA Per l'opinione maggioritaria dei sapienti musulmani (Ulemà) l'aborto è un atto proibito se non sussistono condizioni che lo rendano permissibile. Il medico che procura un aborto al di fuori di tali condizioni e che ne abbia profitto, secondo una “fatwa” (editto religioso) emessa dalla Commissione di Al Azhar (Egitto), non può trattare tale denaro come un bene proprio. I medici devono trovare un equilibrio fra la necessità di trattare il caso medico e il non incorrere in crimini. É possibile individuare una mappa dei paesi a maggioranza musulmana e il loro atteggiamento nei confronti dell’aborto: 1. Afghanistan, Iran, Egitto, Oman, Siria e Yemen: l'aborto è permesso per legge solo al fine di salvare la vita della madre; 2. Algeria, Giordania, Marocco, Pakistan, Arabia Saudita: l'aborto è permesso al fine di preservare la salute fisica e mentale della madre; 3. Kuwait, Quatar: l'aborto è consentito anche in casi di deformazione del feto; 4. Tunisia, Turchia: l'aborto è consentito, oltre che nei casi summenzionati, per gravidanza a seguito di violenza o incesto, per motivi economici e sociali o su richiesta dei genitori. Al di là della frammentazione di scuole e sette di religione musulmana, l’Islam concorda su alcuni punti fermi riguardo alla vita che nasce. I passi coranici da cui parte tutta la giurisprudenza sono due: • (XXIII, 12, 14): “la creazione di ciascuno di voi avviene per 40 giorni sotto forma di sperma, per altrettanti sotto forma di aderenza, per altrettanti sotto forma di embrione, quindi gli viene inviato l’angelo che vi insuffla lo spirito” • (XXII,5):”O uomini, sappiate che vi creammo da polvere e poi da sperma e poi da un’aderenza e quindi da un pezzetto di carne, formata e non formata e poniamo nell’utero quello che vogliamo fino a un termine stabilito” Lo sviluppo embrionale è diviso in sette diverse fasi, l’ultima delle quali coincide con l’infusione dell’anima da parte di Dio. Per la Sunna questo avviene al quarto mese, prima il feto non può considerarsi una persona. Il diritto islamico privilegia la vita della madre su quella del figlio, per cui è ammesso l’aborto terapeutico, per salvare la vita della madre. Sempre però prima dei 120 giorni. • l’aborto per indigenza economica è vietato, perché, lo dice il Corano, sarebbe un tradimento della fede in Dio. La scuola legale Hambalita (quella seguita dai Wahabiti dell’Arabia Saudita) proibisce l’aborto sempre, ma consente l’uso di farmaci entro i primi 40 giorni per eliminare «il problema». L'aborto, quindi, non è autorizzato salvo situazioni nelle quali i sapienti hanno convenuto che la vita della madre è in pericolo. Tuttavia i pareri giuridici possono essere molteplici e divergere riguardo alle possibilità di abortire. La sharia, la legge islamica, tratta ogni caso a seconda delle circostanze: se, per esempio, una ragazza pura e immacolata rimane incinta in seguito a uno stupro non vi è alcun impedimento se va da un medico per rimuovere le tracce dell’aggressione che ha subìto e per proteggere il suo onore e la sua dignità, purchè goda di una buona reputazione. TESTIMONI DI GEOVA • Essi ritengono che abortire è sbagliato, perché la vita del nascituro è preziosa agli occhi di Dio. • Nella Bibbia possiamo leggere : “Geova è la Fonte della vita. Tutto ciò che vive deve la vita a Dio.” (Salmo 36:9) “Per Dio la vita è sacra. Anche la vita del bambino nel grembo della madre è preziosa per Geova. Uccidere intenzionalmente un nascituro è sbagliato agli occhi di Dio. “ (Esodo 21:22, 23; Salmo 127:3.) • In Esodo 21:22 Dio stabilì che se due uomini venivano alle mani e nella lotta colpivano una donna incinta, causandole in questo modo la nascita prematura del bambino, essi dovevano essere multati secondo il danno causato al bambino. RELIGIONE VALDESE • Nell'utilizzo della pillola abortiva RU486 non è possibile identificare l'aborto come un metodo anticoncezionale. • Il rispetto della vita umana, sin dal momento del concepimento, va contemperato con altri valori in gioco, che richiamano primariamente la responsabilità della madre. • L’ OMS pone la definizione di «feto» a 22 settimane di gestazione e 500 grammi di peso, al di là dei quali si parla invece di «feto prematuro». • La legge 194 precisa che per poter effettuare l’aborto oltre il terzo mese occorre che sia a rischio «la salute fisica o psichica della madre». • E’ giusto considerare l’essere che la madre porta in grembo dal giorno del concepimento fino a quello del parto come un essere non autonomo, sul quale un’altra persona – la madre – può decidere. • Invece al momento del parto, il neonato prematuro dalle 22 settimane di gravidanza in avanti uscito dal grembo materno rappresenta senza dubbio un essere giuridicamente autonomo. • Nella maggior parte dei casi, l’aborto terapeutico è collegato a una diagnosi di malformazione (es. sindrome di Down), che arriva troppo tardi per consentire un’interruzione nei primi tre mesi. • È giusto rispettare la donna che «non se la sente» di accettare questo peso. • Ma è anche giusto rispettare e sostenere chi decide di riconoscere che queste vite, quelle dei disabili, dei malformati, di chi non diventerà mai adulto sono vite rispettabili (e degne agli occhi di Dio) quanto le altre. • E se una legge obbligasse la donna incinta al quinto o sesto mese ad attendere il nono mese e il parto naturale, per poi dare il figlio non voluto in adozione? Cosa avverrebbe tra l’opinione pubblica? • Nessuno può imporre a un altro essere umano un periodo angoscioso e pagato sulla propria pelle. • Tuttavia la prevalenza di questo giusto interesse avviene a svantaggio di un altro, quello del feto, che potrebbe diventare un bambino. • Quindi è ammissibile che bambini nati prematuri siano considerati «preziosi», perché frutto di molti e dolorosi tentativi di fecondazione artificiale, e che si cerchi in ogni modo di portarli ad una vita autonoma e alla crescita, mentre ad altri non vengono praticate le stesse terapie ? • La risposta è in mano al medico, che deve sempre agire secondo «scienza e coscienza», seguendo l’esperienza, la pietà e le sue capacità. EUTANASIA RELIGIONE CRISTIANA La Chiesa Cattolica è schierata nettamente contro l'eutanasia, considerando tale pratica equivalente all‘omicidio o al suicidio. La dottrina cattolica in merito all'eutanasia è riassunta nell'articolo del Catechismo della Chiesa Cattolica dedicata al quinto comandamento Catechismo della Chiesa Cattolica, Parte III, Sezione II, Capitolo II, Articolo V. «L'eutanasia 2276 Coloro la cui vita è minorata o indebolita richiedono un rispetto particolare. Le persone ammalate o handicappate devono essere sostenute perché possano condurre un'esistenza per quanto possibile normale. 2277 Qualunque ne siano i motivi e i mezzi, l'eutanasia diretta consiste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte. Essa è moralmente inaccettabile. Così un'azione oppure un'omissione che, da sé o intenzionalmente, provoca la morte allo scopo di porre fine al dolore, costituisce un'uccisione gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore. L'errore di giudizio, nel quale si può essere incorsi in buona fede, non muta la natura di quest'atto omicida, sempre da condannare e da escludere. 2278 L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'«accanimento terapeutico». Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente. 2279 Anche se la morte è considerata imminente, le cure che d'ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. L'uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate.» Le parole di Giovanni Paolo II esprimono in proposito una netta condanna nell’enciclica Evangelium Vitae: « [...] confermo che l'eutanasia è una grave violazione della Legge di Dio, in quanto uccisione deliberata moralmente inaccettabile di una persona umana. » « Anche se non motivata dal rifiuto egoistico di farsi carico dell'esistenza di chi soffre, l'eutanasia deve dirsi una falsa pietà, anzi una preoccupante "perversione" di essa: la vera "compassione", infatti, rende solidale col dolore altrui, non sopprime colui del quale non si può sopportare la sofferenza.» « La scelta dell'eutanasia diventa più grave quando si conigura come un omicidio che gli altri praticano su una persona che non l'ha richiesta in nessun modo e che non ha mai dato ad essa alcun consenso. Si raggiunge poi il colmo dell'arbitrio e dell'ingiustizia quando alcuni, medici o legislatori, si arrogano il potere di decidere chi debba vivere e chi debba morire. [...] Così la vita del più debole è messa nelle mani del più forte; nella società si perde il senso della giustizia ed è minata alla radice la fiducia reciproca, fondamento di ogni autentico rapporto tra le persone. » RELIGIONE EBRAICA Dalla Talmud: Questo episodio si svolge durante le persecuzioni dell’imperatore Adriano. Nonostante i Romani avessero proibito lo studio della Torà, Rabbi Chaninà ben Teradiòn – uno dei più importanti maestri dell’epoca – continuava a studiare e insegnare pubblicamente la Torà. Per questo fu catturato e messo a morte. “Quando Rabbì Yosè ben Kismà si ammalò, Rabbì Chaninà ben Teradiòn andò a fargli visita. Rabbì Yosè gli disse: "Chaninà, fratello mio, non sai forse che questo popolo [i Romani] regna per volontà del Cielo? Infatti, benché abbia distrutto la casa di D-o, bruciato il Suo tempio, ucciso i Suoi devoti, sterminato i Suoi fedeli, esso ancora continua a esistere. Ho sentito dire che tu studi Torà, raduni gente e stai sempre abbracciato a un Sèfer Torà!". Gli rispose R. Chaninà: "Dal Cielo avranno pietà di me". R. Yosè gli disse: "Io ti dico cose sensate e tu mi rispondi dicendo "avranno pietà di me dal Cielo"? Mi meraviglierei se non ti bruceranno con il fuoco insieme al Sefer Torà!". [...] Dopo pochi giorni Rabbì Yosè ben Kismà morì; tutti i più importanti cittadini romani parteciparono al suo funerale e gli fecero una grande commemorazione. Al loro ritorno trovarono Rabbì Chaninà ben Teradiòn che studiava Torà, radunava gente e stava abbracciato a un Sefer Torà. Lo catturarono, l'avvolsero nel Sefer Torà, lo circondarono con dei rami e accesero il fuoco, mettendogli sul petto spugne di lana imbevute d'acqua per prolungarne l'agonia. Gli disse allora sua figlia: "Padre, è questa la ricompensa a cui devo assistere?". Le rispose: "Se io bruciassi da solo, mi sarebbe difficile sopportarlo; ma ora che brucio insieme al Sefer Torà, chi esigerà una riparazione per l'offesa recata alla Torà la richiederà anche per l'offesa a me". Gli chiesero poi i suoi allievi: "Maestro, cosa vedi?". Disse loro: "La pergamena brucia ma le lettere volano in alto". Gli allievi allora dissero: "Apri la bocca e fai entrare il fuoco dentro di te [per accelerare la fine]!". R. Chaninà rispose loro: "È meglio che si riprenda l'anima Colui che l'ha data piuttosto che sia l'uomo a provocare un danno a se stesso". A quel punto il centurione romano [là presente] gli disse: "Maestro, se io aumento le fiamme e ti tolgo le spugne di lana da sopra il petto, mi porterai con te nel mondo futuro?". "Sì", gli rispose Rabbì Chaninà. Allora quello disse: "Giuramelo!". Rabbì Chaninà glielo giurò e immediatamente il centurione aumentò le fiamme e tolse le spugne di lana. Presto l'anima si dipartì e anche il soldato si gettò dentro al fuoco. Uscì una voce dal cielo che disse: "Rabbì Chaninà ben Teradiòn e il centurione sono invitati alla vita del mondo futuro!". Rabbi [Yehudà ha-Nasì] pianse e disse: "C'è chi si procura la propria parte del mondo a venire con un'ora sola e chi con tanti anni". • Questo racconto, insieme ad altri passi del Talmud e della letteratura rabbinica successiva, è spesso utilizzato come base di partenza per la discussione sull'eutanasia. Un insegnamento che se ne può ricavare è il concetto che la santità della vita ha un valore infinito . Anche pochi istanti di vita meritano di essere vissuti. L'uomo non è padrone della propria vita ma ne è solo il depositario e non può quindi essere l'uomo stesso a decidere quando concludere la propria o altrui vita. • La legge ebraica è chiara. L'eutanasia è assolutamente proibita. Ogni azione che porta alla fine della vita è considerata un omicidio, che è una delle più gravi proibizioni della Torà. Viceversa, curare il malato è un obbligo per il medico e per chiunque ne abbia la possibilità; ed è anche un obbligo per il paziente stesso farsi curare. Questo non è solo un diritto ma è anche un dovere: è un ordine esplicito "salvaguardare la propria vita" ( Deuter . 4:15 e Giosuè 23:11; cfr. Kitzùr Shulchàn Arùkh 32:1) e "non rimanere inerte se il tuo prossimo è in pericolo" ( Levit . 19:16; cfr. comm. di Rashì). • Lo Shulchàn Arùkh , il codice legale ebraico, riporta in grande dettaglio tutto ciò che è vietato fare per il timore che possa accelerare la morte di un paziente: ad esempio, è proibito togliere il cuscino da sotto la testa di un malato in agonia o anche solo chiudergli gli occhi. Ciò sarebbe considerato come uno "spargimento di sangue". Il Talmud afferma che il caso assomiglia a quello di una flebile fiamma, per la quale anche un piccolo movimento può provocarne lo spengimento: l'analogia non è casuale, dato che l'anima umana è chiamata il "lume di Dio" ( Proverbi 20:27). • L'eutanasia è quindi assolutamente vietata, però ciò non implica che si debba ricorrere a un accanimento terapeutico in caso di malati terminali: anche questo è proibito, se l'unico scopo è prolungare artificialmente la vita. • Il distacco della macchina che assicura la respirazione artificiale, senza la quale il malato terminale non sarebbe in grado di sopravvivere, è uno dei casi maggiormente in discussione, con diverse opinioni fra le autorità rabbiniche contemporanee. • È bene comunque ricordare che nella legislazione ebraica ogni singolo caso va valutato come un caso a sé stante e va sempre sottoposto al giudizio del Tribunale rabbinico competente, che esaminerà tutti gli aspetti del problema. RELIGIONE MUSULMANA • Il Corano dice: "Chiunque uccida una persona e' come se avesse ucciso tutta l'umanita', e chiunque salvi una persona, e' come se avesse salvato tutta l'umanita' ". (5:32). • Il medico musulmano è tenuto ad alleviare le sofferenze, perché “Dio non ha creato alcuna malattia senza creare una cura”: il musulmano non può lasciare che una malattia segua il suo corso senza riccorrere a tutte le cure che possano almeno ritardarne il processo. L’IMA (Associazione -americana- dei Medici Islamici): • ha dichiarato che “non c’è posto nell’Islam per qualsiasi forma di eutanasia”: • Soppressione della vita • Suicidio • Suicidio assistito 2. Ritiene che se l’eutanasia diventasse legge, la sola possibilità che essa possa essere essere praticata eserciterebbe una pressione psicologica negli occhi del paziente, che potrebbe leggere, negli occhi dei medici o dei familiari che lo assistono, un appello silenzioso. 3. Afferma che “quando la morte ormai non è soltanto inevitabile ma anche prossima, la terapia futile cessi di essere obbligatoria, a meno che non sia indispensabile per alleviare la sofferenza” La Sharia (legge divina) non prevede la soppressione della vita per pietà, per dolori insopportabili o per malattia terminale se il paziente è cosciente: il concetto di vita che non merita di essere vissuta non esiste. Nell’ Islam l’eutanasia è contraria alla morale e alla legge islamica. Esiste una responsabilità religiosa e una responsabilità civile: poiché è impossibile accertare se l’intenzione del medico sia di determinare la morte del paziente (solo Dio lo sa), si deve concludere che un comportamento che non configura un crimine punito dalla legge sfugge alla competenza del giudice terreno. Il Codice Islamico di Etica Medica afferma che • “se è scientificamente certo che la vita cosciente non può essere restituita è inutile mantenere il paziente in stato di vita vegetativa”: curare è obbligatorio, ma il trattamento cessa di essere obbligatorio quando non lascia speranze e il paziente è in stato irreversibile di perdita di coscienza; • “nella sua difesa della vita, comunque, il medico dovra' capire quali sono i limiti e non trasgredirli. Se e' scientificamente accertato che le funzioni vitali non possano essere restaurate, in quel caso e' inutile mantenere diligentemente il paziente in uno stato vegetativo grazie all'uso di macchinari o attraverso l'ibernazione o altri metodi artificiali. Il medico mira a mantenere il processo della vita, non quello della morte. • • • • Nel Corano leggiamo (3ª145): “Ognuno muore nel momento fissato e col permesso di Dio” (3ª156): “è Dio che dà la vita e la morte” (3ª185): “Ogni anima sperimenterà la morte; siamo costretti a sperimentare anche il dolore” (6ª80): “Dio detiene tutta la scienza. Della Sua scienza essi (gli uomini) abbracciano solo ciò che Egli vuole: la scelta giusta sta a noi; entro I limiti di un certo equilibrio Il medico e poeta Omar Khayyam (1048-1131) scrisse: “La distanza che separa l’incredulità dalla fede è un soffio; Quella che separa il dubbio dalla certazza è un soffio; Passiamo dunque serenamente questo prezioso spazio di un soffio Perchè anche la nostra vita è separata dalla morte da un soffio” RELIGIONE VALDESE • La Chiesa valdese la ritiene un’espressione di libertà dell’individuo. Due sono le argomentazioni di maggior rilievo: - la prima si appella al rispetto dell’autonomia del paziente - la seconda estende il concetto di cura fino a includervi l’aiuto offerto a chi intende morire dignitosamente. • Coloro che praticano la medicina hanno il dovere di applicare nel modo più completo ed efficiente le conoscenze e le tecnologie a disposizione. Simili strumenti sono da utilizzare per abbreviare sofferenze non altrimenti eliminabili. • Uno degli argomenti ricorrenti contro l’eutanasia e il suicidio assistito è quello della sacralità e intangibilità della vita. • Tuttavia è lecito chiedersi che cosa s’intende esattamente e correntemente per vita. • Ciò che distingue la vita umana è l’insieme delle esperienze, delle relazioni con le altre persone, degli sforzi per rendere degna e umana la vita. In altri termini, è necessario distinguere la vita biologica dalla vita biografica: quando la vita biografica cessa, come nel caso di uno SVP, oppure divenga intollerabile come nelle malattie terminali, deve essere presa in considerazione l’eventualità di porre termine alla vita biologica. • L’eutanasia e il suicidio assistito, praticati in un contesto di precise regole e di controlli validi, costituiscono un’espressione di libertà dell’individuo nel momento in cui egli giudica che la medicina non sia più in grado di migliorare il suo stato e che l’esistenza, ulteriormente prolungata, sarebbe intollerabile. • È opportuno sottolineare come, in definitiva, solo l’essere umano pienamente cosciente sia in grado di decidere se la propria vita sia ancora degna di essere vissuta • Donne e uomini sono responsabili delle loro vite e delle loro scelte e nessuno, medico, istituzione religiosa o società, può imporre l’obbedienza a valori non condivisi. • I Valdesi non temono che la depenalizzazione dell’eutanasia comporti rischi incontrollabili per la società. Invitano però ad assumere un atteggiamento prudente. • L’espressione di libertà implicita nella richiesta di eutanasia presuppone una completa e adeguata informazione fra medico e paziente sullo stato della malattia e sulle prospettive di vita e di morte. • In molti casi prevale un giudizio negativo nei confronti dell’eutanasia. Esso si fonda sulla Bibbia e sulla morale cristiana, e si riassume nell’affermazione che Dio solo è colui che dà e toglie la vita, da cui l’affermazione dell’intangibilità o della "sacralità" della vita. Intervenire in questa relazione di vita e di morte vorrebbe dire "prendere il posto di Dio". • Ma accogliere la domanda di un malato grave che intende porre termine alla sua vita significa sostituirsi a Dio ? • La sofferenza e il dolore non producono salvezza, sono dimensioni dell’esistenza umana da accettare, ma anche da combattere, in sé non hanno nulla di positivo. • I Valdesi non assolvono solamente chi decide di porre fine alle proprie sofferenze e quindi all’esistenza, ma anche chi collabora. Quando siano rispettate le condizioni di libera scelta, non esiste alcun valido motivo per costringere una persona a prolungare una sofferenza che egli reputa inutile e disumana. Quindi il medico che si rende disponibile al suicidio assistito o all’eutanasia non commette un crimine, né viola alcuna legge divina ma compie un gesto umano a difesa di quella vita che ha un nome e una storia di relazioni. TRAPIANTI RELIGIONE CRISTIANA I trapianti sono eticamente e moralmente accettati dalla Chiesa Cattolica. La donazione è incoraggiata in quanto atto di carità e di amore fraterno. La Chiesa Cattolica è schierata nettamente contro l'eutanasia, considerando tale pratica equivalente all‘omicidio o al suicidio. La dottrina cattolica in merito all'eutanasia è riassunta nell'articolo del Catechismo della Chiesa Cattolica dedicata al quinto comandamento RELIGIONE EBRAICA • La donazione degli organi da persona vivente non è in linea di massima consentita se il prelievo mette in pericolo l’offerente, anche se il trapianto serve per salvare una vita. Tuttavia a questo principio sono ammesse delle deroghe quando il rischio connesso alla rimozione è ridotto e per donazioni particolari (es. da padre a figlio). Non è permesso ritardare in modo artificiale il decesso del donatore per preparare il ricevente all’intervento. • Un orientamento prevalente tra i decisori considera proibito il prelievo di organi da cadavere, in assenza di un esplicito consenso del donatore in vita. Esistono però in merito opinioni differenti che considerano meritoria la donazione. • In merito a questo argomento l’Assemblea dei Rabbini d’Italia fa presente in proposito quanto segue: 1) la solidarietà e l’assistenza a chi soffre sono principi fondamentali dell’ebraismo. 2)la donazione di organi è un atto di grande solidarietà e di valore etico, nel quale la necessità di salvare una vita umana appare più importante della possibile offesa all’integrità del cadavere 3) sebbene non sia condivisa da tutti è opinione dell’Assemblea dei Rabbini d’Italia che il prelievo a cuore battente è consentito purchè sia accertata con dati oggettivi la morte cerebrale, anche in presenza di battito cardiaco RELIGIONE MUSULMANA Nella cultura islamica il corpo è considerato assoluta proprietà di Dio, cui deve tornare dopo la morte in attesa della resurrezione, verità indiscussa per tutti i musulmani. Da ciò deriva il divieto per l’uomo di disporre del proprio corpo, o di una sua parte, visto che gli è concesso da Dio come proprietà temporanea: l’uomo ne è solo custode, lo detiene in usufrutto gratuito con una sorta di patto (amana) stabilito col Creatore, con l’obbligo di non mortificarlo: ogni intervento sul corpo è giuridicamente illegittimo. Nell’Islam la cultura dei trapianti è proibita, tuttavia per legittimarla ci si appella a due principi giuridici: 1. 2. Principio di Necessità Principio di Beneficio pubblico 1. Predilige “la scelta del minore fra due mali”, soprattutto quando è in gioco la salvezza di una vita, per cui “la necessità fa eccezione alla regola e rende lecito ciò che altrimenti sarebbe vietato” 2. Sancisce la priorità dell’interesse della comunità rispetto all’interesse del singolo, per cui Dio cede i suoi diritti sul corpo in nome dell’ideale di pubblica utilità: il trapianto lede il singolo ma benefica la comunità, questa priorità riflette il principio coranico, di matrice ebraica, per cui “salvare la vita di un uomo equivale a salvare l’umanità intera” Di difficile identificazione, ai fini del trapianto, è la morte cerebrale, che viene stabilita nel momento, di difficile precisazione, del distacco dell’anima dal corpo. La donazione di organi viene assimilata a un negozio giuridico, e in base al principio tradizionale che “quel che si può donare si può anche vendere” la vendita di organi è equiparata a qualsiasi altro commercio e considerata lecita dal diritto islamico, anche se le legislazioni di molti paesi hanno recepito il divieto di compravendita che sembra riflettere un processo di “occidentalizzazione” che privilegia una concezione spirituale e basata su principi: si è avuto nell’Islam una sorta di passaggio dall’ordine della Legge all’ordine della morale e del valore. In alcuni paesi a maggioranza musulmana, la donazione di organi tra uomini di religione diversa è vietata: i musulmani pongono l’attenzione sull’importanza e sulla sacralità di un corpo di un credente. Ponendo dei vincoli alla donazione di organi, con limiti per i miscredenti, l’Islam consente la percezione di una differenza, di uno stacco, di un confine. In questo modo si riesce ad intuire il “sacro”, a credere nel “sacro”, a temerlo, a rispettarlo. Esiste ancora un netto squilibrio a favore della donazione da vivente, non tanto per ostacoli di tipo religioso, ma per difficoltà di ordine culturale. TESTIMONI DI GEOVA • 1963: la questione veniva lasciata alla decisione individuale, dato che "pareva" non vi fossero implicati principi o leggi scritturali che rendessero illecito il trapianto. Chi acconsentiva ad un trapianto o alla donazione di organi non veniva quindi giudicato od espulso. • 1968: i trapianti vennero tassativamente vietati e i testimoni di Geova che avessero acconsentito ad un trapianto per salvare la propria vita o quella dei propri cari sarebbero stati disassociati. "...Geova Dio non diede agli uomini il permesso di cercar di perpetuare la propria vita mettendo cannibalisticamente nei loro copri carne umana, sia masticandola che nella forma di interi organi o parti del corpo tolte da altri". • 1980: la Società Torre di Guardia riconosceva ai singoli il diritto di decidere in merito ai trapianti: "...ciascun individuo ... deciderà in base alla propria coscienza ciò che può o non può fare davanti a Dio. ... Se qualcuno accettasse un trapianto, il comitato giudiziario della congregazione non prenderebbe misure disciplinari nei suoi confronti". Il rifiuto alle trasfusioni di sangue • Per i Testimoni, accettare il sangue per salvare la vita equivale a rinnegare la fede, incorrere nella disapprovazione divina. • Secondo la legge di Mosè, chi riceve la trasfusione del sangue deve essere stroncato dal popolo di Dio mediante la scomunica o disassociazione. • Nella Genesi (9:3-6) possiamo leggere : « Non dovete mangiare la carne con la sua anima, il suo sangue […] Chiunque sparge il sangue dell'uomo, il suo proprio sangue sarà sparso dall'uomo, poiché a immagine di Dio egli ha fatto l'uomo». N.B I Testimoni di Geova, d'altro canto, considerano accettabili terapie trasfusionali con sostanze diverse dal sangue quali, ad esempio, il Ringer lattato o il Plasma expander. La chirurgia senza sangue • E' la nuova frontiera della chirurgia. Finora confinata al mondo dei Testimoni di Geova, la metodica ha perso il suo significato «confessionale» e si sta affermando come soluzione universale alternativa, grazie anche a strumenti sempre più sofisticati. • La tecnica consiste nell'evitare il sanguinamento e quindi il ricorso a unità di sangue donato attraverso una procedura che consiste nell’uso di clips bipolari al titanio, queste permettono di chiudere, una volta recisi, i vasi sanguigni. Si utilizzano inoltre gel che favoriscono la coagulazione, a base di trombina e collagene. • Gli interventi più indicati sono tutti quelli dove c'è bisogno di sacche di sangue. Dalla resezione del colon, alle mastectomie o alla chirurgia pancreatica ed epatica. Un esempio: Trapianto di fegato Un trapianto di fegato senza trasfusione di sangue è stato eseguito su un paziente testimone di Geova nel Centro di trapianto multiviscerale di fegato e di chirurgia epato-bilio-pancreatica dell`Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena. "Si tratta di un risultato straordinario - ha commentato il direttore del centro, Giorgio Enrico Gerunda -perché coniuga esigenze terapeutiche con le profonde convinzioni religiose del paziente che non può ricevere trasfusioni di sangue". L`intervento di “complessità eccezionale” e che presentava “problematiche diverse” si basa su una tecnica di reinfusione in circolo del sangue intraoperatorio recuperato durante il trapianto. In questo modo c`è un “risparmio” del consumo di sangue che permette di evitare le trasfusioni. La procedura segue protocolli speciali per valutare se il paziente è in grado si subire l`intervento senza trasfusioni. Valutazioni che prendono in considerazione sia la capacità coagulativa del soggetto sia le riserve funzionali del fegato. RELIGIONE VALDESE • La chiesa Valdese incoraggia e sostiene la donazione e il trapianto degli organi, giudicato uno strumento per aiutare il prossimo anche dopo la propria morte. • La questione diventa complessa a seconda che si tratti di organi dotati di una specifica autonomia funzionale, e quindi trapiantabili come tali, • oppure a componenti privi di questa autonomia come le cellule, tessuti, proteine, ormoni, DNA. • Nel primo caso non vi è nessuna preclusione, seguendo l’attuale sistema di trasferimento di organi e componenti basato sul principio della donazione. • Per la questione dei componenti la Commissione Bioetica si è espressa in modo favorevole all’utilizzo degli embrioni soprannumerari, creati ma non impiantati per la ricerca nella cura di malattie. • Per la chiesa Valdese l’embrione non può essere appaiato alla persona umana già formata, ma piuttosto è una “promessa di vita”