Psicosi e Post-Razionalismo

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Psicosi e Post-razionalismo
(Roma 2014)
Pasquale Parise, IPRA,

In the 6th edition of Psychiatrie of 1899, Kraepelin reordered
the psychiatric universe for the next century by grouping
most of the insanities into two large categories, dementia
precox and manic-depresive illness. They were distinguished
by the following characteristics:

(1) dementia praecox was primarily a disorder of intellectual
functioning, manic-depressive illness was primarily a disorder
of affects or mood
(2) dementia praecox had a uniformly deteriorating course
and a poor prognosis, manic-depressive insanity had a
course of acute exacerbations followed by complete
remissions with no lasting deterioration of intellectual
functioning
(3) there were no recoveries from dememtia praecox,
whereas in manic-depressive illness there were many
complete recoveries


Classificazione Kraepeliniana

Dementia Praecox (1899 VI ediz.)
 Ebefrenia di Hecker
 Catatonia di Kahlbaum
 Demenza paranoide di Morel

Psicosi Maniaco-Depressiva
Criteri Classificatori Kraepeliniani

Raggruppamento di sintomi

Decorso della psicopatologia

Predittività prognostica (outcome)
Limiti del modello kraepeliniano
 Non era frequente una distinzione così evidente tra
forma clinica ed evoluzione della malattia
 La periodicità del decorso era considerata una
caratteristica generale della malattia mentale
 Numerose osservazioni cliniche contrastarono fin
dall’inizio la rigida divisione binaria delle psicosi
“..sta diventando sempre più chiaro che non possiamo fare una
soddisfacente distinzione tra queste due malattie, e questo ci fa
nascere il sospetto che la nostra formulazione del concetto
possa essere scorretta” (E.Kraepelin, 1920)
La Paranoia

La paranoia la possiamo considerare
concettualmente un tentativo di spostare il fulcro
del paradigma psichiatrico di fine ‘800 dalla
nozione di processo destinato inevitabilmente
alla defettualità del deterioramento
(caratterizzato dalla inesorabilità degli aspetti
demenziali della follia, che si poteva ritrovare
nella concezione unicista di Griesinger, in quella
della degenerazione di Magnan, ancora più
esplicita nella demenzia praecox di Kraepelin fino
ad arrivare, per alcuni aspetti, al concetto
inderivabilità del delirio primario di Jaspers) a
quella di sviluppo (reazione) comprensibile sulla
base delle caratteristiche di personalità.
La Paranoia

Kraepelin nell’edizione del trattato del 1899
cercò di delimitarne in maniera drastica i
confini, distinguendola dalle forme paranoidi
e definendola come “un sistema delirante
durevole, immutabile, che suole svilupparsi
molto lentamente accanto ad una totale
conservazione della chiarezza e dell’ordine
nel pensiero, nel volere e nell’azione”

La paranoia kraepeliniana era caratterizzata
sostanziamente dalla produzione di un delirio
interpretativo lucido, con le caratteristiche della
plausibilità, sostenuto da una struttura logica
forte, sistematica, sostanzialmente senza aspetti
allucinatori e, soprattutto, che non andava
incontro a deterioramento.

Questa concezione veniva fatta risalire a delle
forme deliranti descritte qualche decennio prima
(negli anni 60 da due psichiatri tedeschi, Snell e
Sander) che esordivano “a freddo”, senza cioè
quegli elementi passionali e affetivi che erano
stati descritti come prodromici nella concezione
unicista della follia da Griesinger

La paranoia rappresentava infatti un ottimo
argomento di discussione non solo per definire
l’origine primariamente affettiva o intellettuale
delle esperienze deliranti, ma anche per
riflettere sull’antinomia del delirio come sviluppo
di personalità, “destino fatale di una
costituzione”, e quindi con una sua
comprensibilità, oppure delirio come processo
morboso, momento di rottura di una biografia,
stravolgimento di significati in una costituzione
di personalità

La concezione kraepeliniana rivede il
paradigma della paranoia definendola come
una forma di alterazione della ragione
(concezione intellettualistica) non così
grave da involvere verso il deterioramento,
caratterizzata da una forte coerenza
narrativa, e in cui, soprattutto, non c’è il
dissolvimento di una temporalità narrativa;
esiste cioè una possibilità di una evoluzione
biografica: la temporalità del delirio rimane
nell’ambito della temporalità della vita.
Il Delirio di interpretazione di
Serieaux e Capgras

In quegli stessi anni, in maniera simile alla
Paranoia di Kraepelin, viene descritto il Delirio di
interpretazione da due psichiatri francesi,
Serieux e Capgras (1909), che seppure
sembrano riferirsi agli stessi malati, dal punto di
vista del “meccanismo generatore” iniziano a
introdurre il concetto della follia non più come
demenza, ma come squilibrio delle funzioni
psichiche.
Il Delirio di interpretazione di
Serieaux e Capgras

Nel delirio paranoico infatti loro sottolineano
l’iperrazionalità, una vera “ossessione di
causalità” di un intelletto che si mostra
svincolato da quell’ equilibrio che dovrebbe
tenere insieme le varie facoltè psichiche.
Questo evidentemente rappresentava un
superamento dell’ottica demenzialista della
follia
Il Delirio di interpretazione di
Serieaux e Capgras

Altra importante distinzione del Delirio di interpretazione dei
francesi riguarda la concezione della temporalità, che per
loro diventa una temporalità “figèe”, non più evolutiva,
cristalizzata in una ripetizione infinita dello stesso
meccanismo delirante. Per loro “il delirio si espande ma non
evolve”. Il delirante attraverso la reiterazione dello stesso
meccanismo morboso, tende a ripetere lo stesso tema
(persecuzione, gelosia, erotomania...) all’infinito,
determinando il congelamento di una biografia. Per loro il
meccanismo delirante funziona come uno stampo industriale
che traduce ogni volta nella stessa forma la “tranche” di vita
della costruzione delirante che sta edificando. Il tempo del
delirio é come il presente eterno dell’inferno dantesco, il
tempo dove tutto é già accaduto
Del Pistoia, 2008
Allor surse a la vista scoperchiata
un'ombra, lungo questa, infino al mento:
credo che s'era in ginocchie levata.
Dintorno mi guardò, come talento
avesse di veder s'altri era meco;
e poi che 'l sospecciar fu tutto spento,
piangendo disse: "Se per questo cieco
carcere vai per altezza d'ingegno,
mio figlio ov'è? e perché non è teco?".
E io a lui: "Da me stesso non vegno:
colui ch'attende là, per qui mi mena
forse cui Guido vostro ebbe a disdegno".
Le sue parole e 'l modo de la pena
m'avean di costui già letto il nome;
però fu la risposta così piena.
Di subito drizzato gridò: "Come?
dicesti "elli ebbe"? non viv'elli ancora?
non fiere li occhi suoi lo dolce lume?".
Quando s'accorse d'alcuna dimora
ch'io facea dinanzi a la risposta,
supin ricadde e più non parve fora.

"Deh, se riposi mai vostra semenza",
prega' io lui, "solvetemi quel nodo
che qui ha 'nviluppata mia sentenza.
El par che voi veggiate, se ben odo,
dinanzi quel che 'l tempo seco adduce,
e nel presente tenete altro modo".
"Noi veggiam, come quei c'ha mala luce,
le cose", disse, "che ne son lontano;
cotanto ancor ne splende il sommo duce.
Quando s'appressano o son, tutto è vano
nostro intelletto; e s'altri non ci apporta,
nulla sapem di vostro stato umano.
Però comprender puoi che tutta morta
fia nostra conoscenza da quel punto
che del futuro fia chiusa la porta".


Questa distinzione, tra Paranoia di Kraepelin e
Dellirio d’interpretazione di Serieaux e Capgras,
sottolinea una importante differenza di
paradigma tra una concezione ottocentesca del
delirio, caratterizzata da una cifra
sostanzialmente contenutistica (temi e loro
evoluzione nel tempo) e una concezione del
nuovo secolo, interessata maggiormente ai
meccanismi generatori del delirio, e alla struttura
psicopatologica dell’esperienza delirante
Paranoia come sviluppi di personalità

Psicosi passionali di de Clerambault

Costituzione paranoica dei francesi

Il Beziehungswahn di Kretschmer

Gli sviluppi di personalità di Jaspers
Paranoia come sviluppi di personalità

Conferimento al delirio di un significato
“comprensibile” (inteso quindi come
‘reazione paranoide’ ad un evento)

Continuità tra delirio e stile di personalità

Ottimismo della prognosi
Paranoia e Ipocondria

Interessante risulta essere l’accostamento tra
paranoia e ipocondria, caro ad una certa
tradizione fenomenologica, dove si possono
individuare due tratti psicopatologici distintivi
comuni: l’argomentare (caratterizzato dalla
continua ricerca dell’accreditamento sociale del
proprio delirio) e il vissuto del corpo opaco (ogni
segno della corporeità dell’ Altro é caratterizzato
dalla polisemia, nel senso che può essere
espunto dal contesto di appartenenza e
reinterpretato in termini autoreferenziali)
Del Pistoia
Paranoia e Ipocondria

In questo senso l’ipocondriaco può essere
considerato il geloso, l’erotomane, il
querulomane del proprio corpo
(Tatossian). Il corpo diventa un oggetto
destorificato e deanimato, centro di
costanti attenzioni e continua fonte di
preoccupazioni, di cui si rivendica un
possesso sempre sul filo del tormento e
della sofferenza da un lato, e della
esibizione e del compiacimento dall’altro

Dopo Kraepelin il concetto di “demenzia
praecox”, sempre contrapposto alla psicosi
maniaco-depressiva, venne affrontato e
ridefinito da Eugen Bleuler che introdusse
il termine di “schizofrenia”.

“Quando Eugen Bleuler ha introdotto il termine di
schizofrenia, sostituendolo a quello di dementia
praecox, ha spostato radicalmente e
vertiginosamente l'asse della conoscenza e della
denominazione della forma morbosa dal piano di
una esperienza psicotica, che si riconosca e si
costituisca utilizzando criteri clinici, a una
esperienza psicotica che si abbia a definire e a
diagnosticare mediante criteri non clinici
(comportamentali ed esteriori) ma, appunto,
psicopatologici (interiori e immedesimativi).”
(E. Borgna)
Le Schizofrenie di Bleuler

Sottolineava gli aspetti psicologici del disturbo

Modello teoretico-patogenetico

Gruppo di sintomi descrittivo
 Sintomi fondamentali
 Sintomi accessori

Gruppo di sintomi eziopatogenetico
 Sintomi primari
 Sintomi secondari
Le Schizofrenie di Bleuler
 Sintomi fondamentali
 Autismo
 Ambivalenza
 Alterazioni delle Associazioni
 Alterazione dell’Affettività

Sintomi accessori
 Deliri
 Allucinazioni
 Comportamenti catatonici
 Disturbi del comportamento

Sintomi primari: alterazioni delle associazioni
(spaltung e allentamento dei nessi associativi)

Sintomi secondari: tutti gli altri
Il concetto di Autismo

“Chiamiamo autismo il distacco dalla realtà
e la predominanza della vita interiore… Gli
schizofrenici gravi non hanno più alcun
rapporto col mondo esterno, vivono in un
mondo a sé; se ne stanno con i loro
desideri, che ritengono appagati, o con la
sofferenza della propria persecuzione;
limitano al massimo i contatti col mondo.”
E. Bleuler , 1911
Il concetto di Autismo

Minkowski (1926) parla di perdita del “contatto vitale con la
realtà” e di quel radicamento abituale al mondo
intersoggettivo della vita che determina la “presunzione che
l’esperienza continui costantemente nel medesimo stile
costitutivo” (Husserl). L’accordo e la sintonia col mondo della
vita non riguarda la conoscenza razionale delle cose, ma il
presupposto ontologico della costituzione del mondo, quello
sfondo pre-categoriale, pre-riflessivo, pre-verbale che
caratterizza l’esperienza della propria ipseità.

l’autismo inizia ad essere considerato come un “disturbo
generatore” dell’essere schizofrenico che indica una profonda
trasformazione del tessuto dell’esperienza e della possibilità
di condividerla con gli altri esseri umani
Il concetto di Autismo

Binswanger (1963) “il concetto base usato
nella comprensione di ciò che è chiamato il
tessuto esistenziale dello schizofrenico è la
nozione di crisi della coerenza della esperienza
naturale - la sua incoerenza. L’incoerenza
implica precisamente l’incapacità di “lasciare
essere le cose” nell’incontro immediato con
esse, in altre parole di sostare indisturbato
presso le cose”
Il concetto di Autismo

In questo senso l’autismo non è una proprietà
indipendente dalla persona ma indica una
trasformazione del Sé, una trasformazione del
dialogo tra il Sé e il Mondo, che implica la
perdita di quel “senso comune”, quella
naturalità dell’evidenza caratterizzata da una
tacita condizione dell’esperienza, qualcosa di
simile ad un medium o a un orizzonte nel quale
l’esperienza, inclusa la riflessione esplicita e
tematica, è resa possibile e prende luogo
Parnas, 2002
Il concetto di Autismo

Disturbo dell’intenzionalità costitutiva
dell’esserci intersoggettivo, dove per
“intenzionalità” intendiamo la “necessità di
raggiungere, nell’interazione sociale, una
comune costituzione di significato”.
C. Mundt, 1985
Il concetto di Autismo

Blankenburg si riferisce a quelle forme di schizofrenie
paucisintomatiche, “subapofaniche”, nelle quali può
essere colta l’essenza della modificazione schizofrenica in
quanto non sommersa dalla produzione delirante
allucinatoria.
“L’evidenza dell’evidente si sottrae all’attenzione dell’essere
sano nasconendosi dietro la maschera del banale, del
trascurabile,e si rifiuta ostinatemente alla
coscienza...nelle schizofrenie subapofaniche si perde
questa caratteristica dell’evidenza...che è una qualità di
fondo e di base allo stesso tempo” (Blankenburg, 1971)
Le Schizofrenie di Bleuler
 Forma Simplex
 Chiusura autistica, appiattimento dell’affettività,
mancanza d’interessi e d’iniziative
 Forma Ebefrenica
 Appiattimento affettivo, giovane età, dissociazione
ideoaffettiva
 Forma Catatonica
 Manifestazioni catatoniche (stupor, flexibilità cerea,
negativismo)
 Forma Paranoidea
 Produttività delirante, Allucinazioni
K. Jaspers e la psicopatologia
fenomenologica

"L’oggetto della psicopatologia è l’accadere psichico
reale e cosciente. Noi vogliamo sapere che cosa provano
gli esseri umani nelle loro esperienze e come le vivono"
Il delirio viene quindi visto non come un errore del
giudizio ma come un’alterazione dell’esperienza
(un’esperienza delirante primaria), caratterizzata da uno
stravolgimento dei significati del mondo attraverso il
meccanismo della percezione delirante (l’esperienza del
delirare è contemporanea alla percezione di una
trasformazione dei significati mondani)
Karl Jaspers e l’incomprensibiltà
dell’esperienza schizofrenica

Nel 1913 Jaspers, nel suo trattato di Psicopatologia
Generale introduce il concetto d’incomprensibilità
dell’esperienza delirante primaria (schizofrenica)
attraverso la definizione di “processo psichico”, che
rappresenta tutto ciò che non si riesce ad afferrare
attraverso la comprensione empatica, che non si
riesce a derivare in senso storico-biografico
dall’incontro col pz: paradigma della discontinuità
dell’esperienza e della relazione.
Per Jaspers lo schizofrenico è qualcuno da cui ci si sente
separati da “un abisso che si oppone a qualsiasi
descrizione”
Karl Jaspers e l’esperienza delirante

Introduce quindi la distinzione tra i “veri”
deliri, che riguardano le esperienze
deliranti primarie, e i deliroidi (wahnhafte
ideen), che sono in qualche misura
derivabili dalle variazione dell’umore e
comprensibili nell’ambito di queste
variazioni.
Karl Jaspers e l’esperienza delirante

"Diamo il nome di vere idee deliranti solamente a
quelle idee deliranti che hanno la radice in una
esperienza patologica primaria...mentre
chiamiamo idee deliroidi quelle che sorgono,
comprensibilmente...e che possono quindi
psicologicamente essere derivate dalle emozioni,
dalle pulsioni, dai desideri e dalle paure"
Jaspers, 1913
Karl Jaspers e l’esperienza delirante
Le convinzioni deliranti derivano da esperienze
deliranti, a partire dalle quali il paziente
costruisce un sistema delirante “che nella sua
concatenazione può essere completamente
comprensibile, anzi talvolta molto acuto,
stringente e tale che ci diventa incomprensibile
solo nelle fonti ultime dell’esperienza primaria”
“L’esperienza delirante... consiste.. nello
stravolgimento dei significati che assume il
mondo circostante”

Jaspers, 1913
Kurt Schneider e la sua
psicopatologia clinica
Concetto medico-scientifico, naturalistico
della patologia mentale
 Sistema di classificazione triadico
 La diagnosi fondata su criteri di status e
non di decorso
 Introduzione del concetto di sintomi di
primo rango per la diagnosi di schizofrenia
 La distinzione, nell’ambito delle psicosi
endogene, tra Dasein e Sosein


Il concetto di ‘malattia’ in psichiatria per KS era
supportato non tanto da obiettività patologiche del soma,
quanto da una serie di peculiarità psicopatologiche:

la psicosi “infrange la compiutezza, la sensatezza e la
continuità di significato dello sviluppo di una vita”

sono caratterizzate da sintomi psicopatologici che non
hanno analogie con le esperienze psichiche non
psicotiche (come i sintomi di primo rango)

non sono comprensibili alla luce di particolari eventi nè
motivate da questi

Attraverso la ‘comprensione genetica’ si
può afferrare l’esser-così (Sosein) dello
psicotico, arrivando ad una buona
comprensione dei temi e dei contenuti, ma
rimane l’’incomprensibiltà’ degli aspetti
formali del delirare, l’inaccessibilità
dell’essere-con (del Dasein).
La psicopatologia di K. Schneider

“L’esperienza insegna che spesso vi sono
grosse difficoltà nel basare una diagnosi
psichiatrica su un dato psicopatologico. Non si
tratta qui infatti di addizionare o combinare
sintomi obiettivamente coglibili e dimostrabili,
come nelle diagnosi di malattie fisiche, bensì
della valutazione di affermazioni, della
valorizzazione di comportamenti e di
atteggiamenti dell’esaminato, e delle
impressioni dell’esaminatore”
K. Schneider, 1950
I Sintomi di Primo Rango

“I sintomi che abbiamo posto in rilievo ai fini diagnostici
sono talvolta esperienze abnormi, altre volte espressioni
abnormi. Dobbiamo quindi cercare di stabilire un
ordinamento per rango dei sintomi nella loro struttura ai
fini della diagnosi. Si può dire, in generale, che alcune
modalità abnormi dell’esperienza, riconosciute in modo
inequivocabile, hanno la precedenza rispetto alle
abnormità dell’espressione.”
I Sintomi di Primo Rango
“ Tra le numerose varianti abnormi dell’esperienza
schizofrenica, ve ne sono alcune che noi chiamiamo
sintomi di primo rango, non perchè li abbiamo
considerati “disturbi fondamentali”, ma perchè essi
hanno un’importanza e un peso tutto particolare ai fini
della diagnosi. Questa valutazione si riferisce quindi solo
alla diagnosi. Non dicono cioè nulla nei riguardi della
teoria della schizofrenia, come invece i sintomi
‘fondamentali’ e ‘accessori’ di Bleuler “
Disturbi dei confini dell’Io

I disturbi dei confini dell’Io possono essere
concettualizzati secondo quattro
organizzatori psicopatologici:
-
Perdita della meità
Passività
Permeabilità dei confini dell’Io
Immediatezza
-
-
Perdita della meità

Questa fa riferimento alla perdita del
senso di appartenenza dei propri pensieri
(sentimenti, impulsi, atti di volontà), che
vuol dire il pz ha la convinzione che i
pensieri, sentimenti, ecc... non gli
appartengano, non siano i suoi. Anche se
sono localizzati nella sua mente, non sono
generati da lui.
Passività

Questa si riferisce al senso di perdita del
sentimento di attività rispetto ai propri pensieri
(affetti o movimenti). L’esperienza del pz è che i
pensieri, le sensazioni, i movimenti del suo corpo
gli siano imposti da forze esterne (ciò viene
generalmente espresso con la convinzione di
“essere controllato”), e che lui deve
passivamente sottomettersi a queste esperienze.
Queste esperienze di passività possono essere
descritte lungo un continuum che va
dall’esperienze aspecifiche di influenzamento
all’esperienze di completa alienazione (come nella
diffusione del pensiero)
Continuum della passività (Koehler, 1979)

F5 Esperienze aspecifiche di influenzamento:

F6 Esperienze specifiche d’influenzamento:
il
soggetto è certo che c’é un qualche controllo o influenza generale che é
esercitata su di lui dall’esterno
l’esperienza è come in F5 ma ora il soggetto ha acquisito certezza rispetto a
quali aree specifiche dell’Io sono controllate da una forza esterna

F7 Esperienze d’influenzamento e
depersonalizzazione: si realizza una combinazione della più
comune esperienza di depersonalizzazione del sé, con l’esperienza specifica
d’influenzamento come in F6

F8 Esperienze di alienazione positive:
come in F6 ma
ora il soggetto è certo di esperire positivamente pensieri, sentimenti,
ecc..che gli sono completamente alieni o estranei; questi non li riconosce
come suoi ma come imposti dall’esterno (ad es: inserzione del pensiero)
Continuum della passività (Koehler, 1979)

F9 Esperienza di alienazione negativaattiva: come in F6 ma qui il soggetto é certo di essere
consapevole “in negativo” di aver perduto i propri pensieri,
sentimenti, ecc.. poichè questi gli sono stati attivamente sottratti
dall’esterno (ad es: furto del pensiero)

F10 Esperienze di alienazione negativapassiva: come in F6 ma il soggetto é certo di essere
consapevole “in negativo” del fatto di aver perso i propri pensieri,
sentimenti, ecc.. poichè questi sono stati, contro la sua volontà, in
qualche modo diffusi o persi nel mondo esterno (ad es: diffusione
del pensiero)
Permeabilità dei confini dell’Io

Si intende che tutti i disturbi dell’Io, vale a dire
furto, influenzamento, diffusione del pensiero e
le esperienze di passività descritte possono
essere raggruppate insieme e considerate
“sotto il comune angolo visuale della
permeabilità della ‘barriera’ Io-Ambiente, cioè
della perdita dei limiti dell’Io, della dissolvenza
dei suoi contorni” (Schneider, 1950)
Immediatezza

Ai primi tre organizzatori della
psicopatologia classica, Blankemburg ha
aggiunto quello della immediatezza
dell’esperienza avvertita, che rimanda al
tema del preriflessivo, e quindi immediato,
dell’esperienza delirante.
Percezione Delirante

“ Si parla di percezione delirante quando a una
percezione reale viene attribuita, senza un motivo
comprensibile conforme alla ragione (razionale) o al
sentimento (emozionale), un significato abnorme,
generalmente nel senso dell’autoriferimento. Questo
significato è di tipo particolare: quasi sempre è inteso
come qualcosa di importante, di profondo, di
penetrante, in certo qual modo di personale, come un
avvenimento, un messaggio, un’ambasciata proveniente
da un altro mondo.”
K. Schneider, 1950

La percezione delirante rappresenta quindi il
delicato punto di equilibrio tra la sospensione
dell’abituale significatività delle cose,
l’incrinatura delle categorie dell’esperienza e
l’improvvisa comparsa (apofania) di un
contenuto tematico nuovo, autoreferenziale e
idiosincrasico. Quello che qualcuno ha
chiamato una “regressione tolemaica”
dell’esperienza,

“ In una esperienza delirante primaria è
insito qualcosa che ribalta una visione del
mondo, una rottura epistemologica, una crisi
di paradigma...che rivoluziona il rapporto
figura/sfondo. L’elemento di rottura che la
percezione delirante introduce ha a che
vedere con la necessità di uno iato nella
propria biografia...che fratturi la contiguità
tra il tema del delirio e la propria esistenza.”
M. Rossi Monti, 2008
Torso arcaico d’Apollo (R.M. Rilke)
Non conoscemmo il suo capo inaudito
e le iridi che vi maturavano. Ma il torso
tuttavia arde come un candelabro
dove il suo sguardo, solo indietro volto,
resta e splende. Altrimenti non potrebbe abbagliarti
la curva del suo petto e lungo il rivolgere
lieve dei lombi scorrere un sorriso
fino a quel centro dove l'uomo genera.

E questa pietra sfigurata e tozza
vedresti sotto il diafano architrave delle spalle,
e non scintillerebbe come pelle di belva,
e non eromperebbe da ogni orlo come un astro:
perché là non c'è punto che non veda
te, la tua vita. Tu devi mutarla.

Nella poesia di Rilke, secondo Blankenburg, si ritrovano
gli aspetti formali di una percezione delirante
nell’incontro con una opera d’arte. Il poeta si sente
soggiogato e trasformato da quell’incontro: colui che
osserva si sente all’improvviso colui che viene
osservato, e dal torso origina in maniera inaspettata un
imperativo categorico: “devi cambiare la tua vita!”,
come improvvisa nuova certezza di sè. Si assiste quindi
all’irruzione di un evento nuovo, improvviso e
soggiogante sulla propria esperienza. Non è questa, si
chiede Blankenburg, la struttura tipica del vissuto nella
percezione delirante? Non siamo di fronte a quella
condizione nella quale un significato emerge in maniera
incomprensibile da un’esperienza percettiva?

La differenza tra l’esperienza di Albrecht e quella del
poeta sta non tanto negli aspetti formali dell’irruzione di
un evento nuovo e discrepante nella biografia
dell’individuo, quanto nella capacità di assimilazione
dell’evento stesso da parte della persona. Nel poeta la
continuità della storia di vita non viene spezzata ma
l’evento rappresanta il tema di una elaborazione
personale. Il torso di Apollo trova un ‘tu’ con cui entrare
in dialettica. Il quadro di Albrecht non trova nessun ‘tu’
con cui confrontarsi: al contrario impone il proprio
significato come un diktat.
M. Rossi Monti, 2008
Schneider’s Symptom
Deliri
Percezione delirante
Allucinazioni uditive
Eco del pensiero
Voci che discutono o litigano
Voci che commentano le azioni del
paziente
Disturbi del pensiero:
passività del pensiero
Furto del pensiero
Inserimento del pensiero
Trasmissione (diffusione) del
pensiero
Esperienze di passività:
deliri di controllo
Passività
Passività
Passività
Passività
affettiva
degli impulsi
della volontà
somatica

“Non c'è una modalità astratta e impersonale in
psicopatologia, ma in essa ogni forma di conoscenza è
implacabilmente implicata e immersa in una circolarità
ermeneutica che trascini con sè la interiorità (la soggettività)
del paziente e la soggettività (la interiorità) del medico. Non
c'è, dunque, possibilità di conoscenza in psicopatologia, non
c'è captazione possibile degli orizzonti infiniti che fanno
da sfondo ai sintomi (ai fenomeni), che possano fare a
meno delle connessioni radicali con l'area sfuggente e
problematica, ma essenziale, della intersoggettività.
Non è possibile fare della psicopatologia, non è possibile
sondare i modi di vivere e di ri-vivere (le cose e le situazioni)
da parte dei pazienti se non si rinuncia a ogni atteggiamento
di neutralità, di fredda e gelida scientificità, di fronte a loro,
e se non ci si serve della intuizione e della
immedesimazione.”
(E.Borgna)
SISTEMI NOSOGRAFICI ATTUALI
 Modestia epistemologica (caratterizzata
da pretese finalità essenzialmente operative,
rifiutando ogni responsabilità di carattere
ontologico)
 Aspirazioni essenzialiste e oggettiviste
(sforzi di carattere scientifico, culturale,
economico per la ricerca di markers biologici,
genetici, neurofisiologici della schizofrenia)

Una tale nosografia descrittiva e statica ha
avuto il vantaggio della massima
condivisione all’interno del mondo
scientifico privando però di significato e di
storicità la sofferenza individuale, che viene
vista in maniera impersonale, senza
mostrare molto interesse per il contenuto
di questa sofferenza, dove deliri e
allucinazioni sono spesso visti come “rami
secchi” da potare farmacologicamente
 Le
premesse epistemologiche di una
tale prospettiva sono che esista una
realtà oggettiva data alla quale i
tentativi di classificazione debbano
tendere

Dal nostro punto di vista, invece, i sintomi
vanno ricondotti in un contesto storico di
significato dell’individuo e la psicopatologia
dovrebbe essere organizzata su costrutti
generatori di senso piuttosto che di
diagnosi.

Da questa prospettiva il concetto
d’incomprensibilità e inderivabilità dell’
esperienza delirante primaria, al centro del
tentativo di sistematizzazione della
psicopatologia di Jaspers, corre il rischio di
rimandare all’esperienza dell’osservatore il
giudizio sulla congruità e comprensibilità di un
significato (che in altri termini potrebbe anche
voler dire cercare una corrispondenza di
significati tra osservatore e osservato).

“Il sentimento di estraneità dello psichiatra
corrisponde all’estraneazione del malato. Il
fallimento della comprensione é in
psicopatologia un criterio fondamentale.
La coscienza dello psichiatra diventa, per
così dire, un ‘reattivo sensibile’, ed
acquisisce una specie di ipersensibilità
all’incomprensibile. Questa ipersensibilità
consente di isolare più facilmente
l’elemento schizofrenico.”
Blankenburg, 1971

In questo senso il rischio è di non cogliere
che la comprensibilità riguarda non
soltanto il mondo del pz ma piuttosto
qualcosa che riguardi l’osservatore: il suo
zelo, l’elasticità dei suoi concetti
interpretativi, le sue capacità empatiche, il
tempo dedicato e trascorso insieme al pz,
etc.

“…è difficile evitare la conclusione che
una delle principali funzioni dei sistemi
di classificazione fosse convincere i
medici e il pubblico della complessità
della follia e della conoscenza precisa e
specialistica necessaria per il suo
trattamento.”
Mary Boyle

Attualmente è ancora difficile dire in
maniera definitiva cosa sia la schizofrenia
e, soprattutto, se esista un’unica patologia
caratterizzata da un'unità di sintomi,
decorso, esito e fisiopatologia che
rappresenti l’espressione prototipica della
follia umana
La Schizofrenia

Realtà sindromica cui poter arrivare da più
direzioni caratterizzata da una mutazione
profonda dell’esperienza, in cui viene
definitivamente persa la certezza
preriflessiva nelle caratteristiche del
mondo e della realtà, che determina quindi
l’impossibilità a partecipare ad una prassi
condivisa di senso con la perdita di quello
sfondo di “evidenza naturale”, di “common
sense” che ci permette di “sostare indisturbati
vicino le cose”
Il ‘Senso Comune’

“..la sempre presente e sempre
dimenticata cornice
dell’esperienza…che dà continuità
storica al Sé e costituisce il flusso
dell’intersoggettività”
A. Tatossian
Psicosi Non Schizofreniche

Nelle forme di scompenso psicotico non
schizofreniche è più evidente una
amplificazione di temi basici di significato
senza che però vengano messe in discussione
le categorie attraverso le quali facciamo
esperienza della realtà. In questi casi non si
assiste alla completa rottura della cooperazione
e del consenso nella condivisione
dell’esperienza.
In questi casi “il congedo dalla funzione del reale” è solo
temporaneo.
(G. Arciero)
Esperienza e Narrazione

Esistono costantemente, per ognuno di noi,
due livelli dell’esperienza rappresentati dal
continuo accadere della propria vita (sotto
forma di un’esperienza antepredicativa e
preintenzionale) e della sua riconfigurazione
narrativa attraverso il linguaggio (quindi
attraverso significati condivisi che ne
permettano un suo riordinamento stabile).
Esperienza e Narrazione
La nostra ‘esperienza del vivere’ prende
continuamente forma attraverso uno
“sforzo di appropriazione” del senso,
mediato dalla ricomposizione simbolica
del linguaggio.
(G. Arciero)

Dalla continua dinamica circolare tra questi due
livelli, cioè l’esperienza vissuta e la continua
ricomposizione della propria storia, prende forma
l’IDENTITA’ NARRATIVA, la cui principale funzione è
quella di articolare i temi emotivi, ai quali è
ancorata, e di integrare le emozioni discordanti
e gli eventi inaspettati in un senso di unicità e di
unitarietà.
Identità Narrativa
Questo implica che più efficacemente si riesce ad
articolare l’esperienza, riuscendo a darle un
significato ‘personalmente’ riconoscibile,
più si riesce a
modulare oscillazioni emotive perturbanti e
integrarle in un proprio senso di continuità
personale.

La costituzione dell’esperienza
soggetttiva: l’ipseità

Da un lato abbiamo il senso dell’accadere, della
discontinuità dell’accadere rappresentato dalla
ipseità, legata agli avvenimenti e agli eventi
emotivi, espressione dell’immediatezza situazionale
e di un’esperienza pre-riflessiva dell’accadimento.
L’ipseità, intesa come un mio modo di essere
‘intenzionalmente’ diretto verso questo o quello in
ciascuna occasione, è caratterizzata da una coappartenenza al mondo su base ante-predicativa.
La costituzione dell’esperienza
soggettiva: la medesimezza

Dall’altro lato abbiamo il percepire una
continuità e una persistenza nella propria
esperienza del vivere, il sentirsi sempre sé
stesso, e questa dimensione è
rappresentata dalla medesimezza, che si
struttura su tratti emotivi ricorrenti e a sua
volta dà forma alla propria dimensione
emotiva
Medesimezza
Senso di
continuità
 Permanenza nel
tempo
 Tratti emotivi
 Percezione
emotiva del Sé
sedimentata nel
tempo

Ipseità
• Discontinuità
dell’accadere
• Costanza nel
tempo
• Stati emotivi
• Espressione
dell’immediatezza
situazionale
L’Identità Narrativa unifica in maniera
dinamica, per mezzo di una trama, gli
aspetti ricorrenti del Self con il Self
situazionale. Crea una continua dialettica
tra i fattori che permettono all’individuo di
essere certo di essere sempre sé stesso, di
essere sempre la stessa persona nel tempo
(medesimezza) e la variabilità, instabilità e
discontinuità dell’esperienza del vivere
(ipseità).

Dimensione Inward

Pazienti prevalentemente inward, più orientati
sulla medesimezza, tenderanno a dar forma
all’Identità Narrativa attraverso la sedimentazione
di stati emotivi basici ricorrenti. Questo fa sì che
nella costituzione della propria identità personale
sia evidente (dato) il mantenimento di una trama
narrativa stabile, dove le principali possibilità di
regolazione emozionale sono costituite dalla
modulazione dell’attivazione dell’intensità
emotiva.
Dimensione Inward

Da ciò deriva un carattere molto più
stabile nel tempo, con un senso molto
più netto di demarcazione dagli altri.
Questo implica un primato ontologico
assegnato al Sé a spese del mondo
Dimensione Outward

Pazienti prevalentemente outward, più orientati sulla
ipseità, saranno caratterizzati da un maggior
ancoramento al Mondo/Altro nella costituzione della
propria Identità Narrativa, che si costituirà
soprattutto attraverso l’adesione ad un contesto
esterno di riferimento: questo farà sì che stati
emotivi interni possono passare inosservati o
selettivamente esclusi, senza riuscire a dar forma a
delle esperienze emotive corrispondenti.
Dimensione Outward

Il mantenimento di un senso di stabilità
personale può essere dato dal cambiamento
della prospettiva, del punto di vista con il quale
interpretare l’evento: questo porta ad un
continuo prendere il punto di vista dell’altro
come modalità definitoria di sé. In questi casi la
trama narrativa viene asservita al mantenimento
del personaggio. Questo implica un primato
ontologico assegnato al Mondo/Altro a scapito
del Sé.
Caso di Gabriele

“..era come se quello che vedevo non
corrispondesse alla realtà, cioè io vedevo
gli arti ma in realtà non li avevo…pensavo
che ciò che vedevo fosse tutto un’illusione,
fino a pensare che la mia stessa identità
fosse un’illusione…fino a pensare di poter
essere un’altra persona…ad es. la mia
sorellina morta 30 anni prima…”
Caso di Gabriele

Quando si discuteva sul tema della
intrusività ‘percepita’ degli altri (sensazione
di essere spiato su Internet) lui mi dice:
“…mi viene in mente che lei possa pensare
che questo tema ci porti all’invadenza dei
miei genitori…se non avessi pensato che lei
ci pensava non ci avrei pensato..”

Nello stile INWARD la medesimezza orienta
la costruzione del racconto di Sé

nello stile OUTWARD l’identità narrativa è
orientata dalla corrispondenza a frame
esterni di referenza.
Caratteristiche della riconfigurazione
dell’esperienza negli scompensi psicotici

Negli scompensi psicotici il paziente spesso
perde la capacità di riconoscere come propria
l’esperienza, e la sua riconfigurazione
narrativa viene avvertita come un dato del
livello esperenziale.

È inoltre evidente la difficoltà di
integrazione
dell’esperienza,
cioè
la
capacità di mantenere una narrazione
sequenzialmente unica, stabile, cronologica,
in cui sia rigidamente diviso l’interno
dall’esterno.

L’evento discrepante produrrà
un’alterazione dell’articolazione
emotiva che si manifesta in maniera
diversa a seconda che la propria identità
narrativa sia orientata verso la
medesimezza (INWARD) o verso la ipseità
(OUTWARD).
Scompensi psicotici in INWARD ed OUTWARD
INWARD
OUTWARD
Amplificazione
dei tratti
emotivi basici
difficoltà di regolazione
dell’attivazione emotiva
dell’intensità emotiva con
incremento dei processi di
mantenimento
Amplificazione
della
dipendenza
dal contesto di
referenza
difficoltà di gestire il
contesto esterno di lettura,
interruzione del senso di
continuità, con incapacità a
riordinare la propria
esperienza in una trama
narrativa consistente
Scompenso psicotico Inward

In questi pazienti si ha un irrigidimento della
trama narrativa, dove il Mondo/Altro viene
stravolto (e può diventare minaccioso,
persecutorio, effimero come nel delirio
nihilistico dei depressi, o inattendibile come nei
deliri genealogici, ma anche appassionato e
ipercoinvolto come nel delirio erotomanico) in
relazione al mantenimento della trama del
personaggio.
Scompenso psicotico Inward

I cambiamenti dell’esperienza del Mondo/Altro,
stravolgendo il senso del rapporto col reale,
tendono a mantenere il primato ontologico alla
propria dimensione esperenziale pre-riflessiva (ad
es la paura nella costruzione delirante di un
paranoico). In questi pazienti è generalmente
mantenuta la distanza tra il proprio Sé e l’Altro
(ad es. le esperienze di controllo di questi pz non
hanno generalmente il carattere della perdita dei
confini del Sé come nella lettura o nell’inserzione
del pensiero)
Scompenso psicotico Outward

In questi pazienti è più caratteristica la perdita del senso di
meità dei propri vissuti (nel senso della ownership intesa
come senso di appartenenza dell’esperienza, e dell’agency
nel senso dell’autorialità delle proprie azioni): il Mondo/Altro
amplifica la propria valenza ontologica, la demarcazione tra
Sé e il Mondo/Altro tende progressivamente a venire meno.
I disturbi dell’esperienza, amplificando il tema del primato
ontologico dell’Alterità, darebbero forma alle esperienze
caratterizzate dalla perdita della meità, passività,
permeabilità dei confini dell’Io. In questi pazienti lo
sconvolgimento del senso di agency e di ownership è
maggiore, con una maggiore evidenza dei disturbi dei
confini dell’Io.
Scompenso psicotico Outward
E’ come se la dimensione esperenziale
pre-riflessiva, disancorata dalla propria
carne, fosse in balia dell’Altro/Mondo e
perdesse progressivamente ogni
possibilità di prospettiva sull’attribuzione
di senso degli eventi.
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