la luce è un fenomeno corpuscolare o ondulatorio? Nei primi dell ‘800, Young allestisce un’esperienza che sembra mettere fine alla questione. (esperienza della doppia fenditura) I fori, per diffrazione, si comportano come sorgenti della stessa luce. I segnali luminosi uscenti subiscono interferenza, in fase e in opposizione di fase, che porterà sullo schermo l’alternanza di bande chiare e scure, Se la luce fosse fatta da particelle la loro interferenza non comporterebbe questo risultato sullo schermo (bensì zone più chiare o più scure, ma in modo casuale) Interferenza distruttiva Interferenza Costruttiva Un’onda marina è un’oscillazione di “forma” della massa d’acqua. Un’onda sonora è una variazione “volumetrica” della massa del mezzo (compressione ed espansione). Maxwell, nell’800, basandosi sulle le leggi fisiche fino ad allora scoperte, relativamente all’elettricità e al magnetismo, dimostrò matematicamente che la luce è una perturbazione (oscillazione) periodica di campo elettromagnetico che si propaga nello spazio. Hertz costruì il primo circuito a corrente «oscillante» producendo onde radio. Come onda, quindi, la luce ha: Una lunghezza d’onda λ (spazio tra un’onda e la successiva) Un Periodo T (tempo impiegato per percorrere λ) Una frequenza d’onda ν (numero di onde passanti per un punto in un secondo). ν=1/T Una velocità C (circa 300,000 km/sec) Le tre grandezze sono legate dalla formula: C= λ ν (Dalla formula del moto rettilineo unoforme v=s/t, se consideriamo V=C, s=λ e t=T C= λ/T, ma 1/T=ν sostituendo C= λ ν) Quanta energia c’è nella luce? In che modo interagisce con la materia? La materia interagisce con la luce: continuamente assorbe ed emette segnali luminosi. Già da tempo era noto che lunghezze d’onda (colori) emesse ed assorbite erano collegati con la temperatura dei corpi. Tuttavia i corpi reali non sono in grado di assorbire o emettere tutte le lunghezze d’onde. Per lo studio «matematico» di questi fenomeni occorreva un corpo ideale… Il Corpo nero Corpo capace di assorbire ed emettere luce di qualsiasi lunghezza d’onda (o frequenza). Con una certa approssimazione tutti i materiali solidi, liquidi e gassosi con alta densità si comportano da «corpi neri». Una stella, essendo sostanzialmente allo stato gassoso molto denso, si comporta come corpo nero (emette radiazioni di tutte le lunghezze d’onda) Dispositivo di Kirchhoff Emulatore di corpo nero utilizzato per studiare in laboratorio l’interazione Luce-Materia Un corpo nero Un faretto Una stella … una lampadina La luce emesse da una qualsiasi sorgente possiede una determinata luminosità, o «potenza luminosa», L. Essa è definita come la quantità di energia emessa nel tempo dalla sorgente (E/t). La sua unità di misura è il watt (J/sec). Uno strumento di rilevazione, però, non riesce a «raccogliere» tutta la luce emessa da una sorgente più o meno puntiforme o sferica (come quella di una stella) che tende, invece, a disperdersi in tutte le direzioni dello spazio. Per tale motivo si definisce un’altra grandezza, cioè «l’Intensità luminosa» I che è la luminosità (o potenza luminosa) per unità di superficie, (I=L/S=W/m2) ed è quella che effettivamente uno strumento può «rilevare» e, eventualmente, misurare. fotometro Considerando la formula (I=L/S), l’intensità luminosa dipende direttamente dalla potenza luminosa ed inversamente dalla superficie. Ma di quale superficie di tratta? Se la luce si diffonde in tutte le direzioni dello spazio, l’energia emessa (quindi la potenza) si distribuisce su tutta la superficie di una sfera. Non solo: più la luce si allontana dalla sorgente, più è la superficie sferica di distribuzione, quindi minore la potenza per unità di superficie. Dato che la superficie di una sfera è S=4πr2 la formula completa è I=L/4πr2 Da questa formula si evince che l’intensità luminosa diminuisce con il quadrato della distanza (per es. se la distanza si raddoppia, l’intensità diminuisce di 4 volte, se si triplica di 9 volte ecc.). Riflessione: confrontando «visivamente» le stelle, notiamo tra loro una differenza di luminosità (rilevabile anche con un fotometro), ma non possiamo affermare che la più luminosa sia effettivamente la più grande, in quanto potrebbe «apparirci» più luminosa solo perché più «vicina». Se, però, oltre a misurare l’intensità I, con opportuni metodi riusciamo a conoscere le distanze r delle varie stelle osservate, potremo risalire alle loro potenze luminose L: in tal modo il confronto ci fornirà informazioni reali sulle relative dimensioni. I Legge del corpo nero Le sperimentazioni condotte con il dispositivo di Kirchhoff (corpo nero) sulle intensità luminose emesse dalla materia portò ad una prima legge Legge di Stefan-Boltzman La potenza irradiata per unità di superficie (I) da un corpo nero è direttamente proporzionale alla quarta potenza della sua temperatura assoluta (T) I=σT4 I = energia irradiata al secondo per ogni cm2 di superficie σ = costante di Stefan-Boltzman Oltre a misurarne l’energia e la potenza, di un segnale luminoso è possibile analizzarne le componenti «cromatiche» attraverso lo spettrofotometro. Sorgente Luminosa (Solido, liquido, gas denso) Spettrofotometro (Luce prodotta da corpo nero) Sorgente Luminosa (Gas rarefatto) Spettrofotometro (Solido, liquido, gas denso) (Gas rarefatto, freddo) (Luce prodotta da un gas rarefatto) (Luce prodotta da un corpo nero e assorbita da un gas rarefatto) Spettrofotometro Portato all’equilibrio termico, un corpo nero emette luce in tutte le lunghezze d’onda (spettro continuo), ma con intensità distribuita in modo gaussiano ed il picco più alto (il colore predominante) dipendente inversamente dalla temperatura. Per esempio a 5.000 K il corpo nero si «percepisce» sul giallo; a 20/3000K sul bianco-blu ecc. II legge del corpo nero Un corpo nero portato all’equilibrio termico, emette radiazioni elettromagnetiche in tutte le lunghezze d’onda ma con potenza differente e distribuite in modo gaussiano. I valori di intensità per ogni lunghezza d’onda, rappresentati su un diagramma cartesiano portano a grafici di distribuzione come quelli in figura. Come si nota, il grafico «a campana» cambia in base alla temperatura del corpo nero: a temperature maggiori diventa più «alto» e più «stretto». Wien, considerando la λ di picco (quella più intensa) in funzione della temperatura, ottenne una legge empirica (legge di Wien) T x λmax=b (b=costante di Wien) La lunghezza d’onda con maggior intensità (colore predominante) tende a «mascherare» ai nostri occhi le altre componenti cromatiche. Per tal motivo, alla variazione di temperatura d’incandescenza, vediamo cambiare il colore della luce emessa. Quelle di Stefan-Boltzman e di Wien erano, e sono, solo leggi «empiriche», ovviamente occorreva «spiegarle» con leggi fisico-matematiche. La luce e i fenomeni luminosi in genere erano state ben descritte e spiegate dalle leggi dell’elettromagnetismo di Maxwell, ma nel caso del comportamento del corpo nero, queste stesse leggi non erano in grado di fornire spiegazioni convincenti. In particolare, l’applicazione delle funzioni matematiche di Maxwell non portavano a risultati tali da giustificare i grafici di Wien. Maxwell I motivi dell’insuccesso della teoria di Maxwell erano essenzialmente due. Si era convinti che: 1) L’energia contenuta in un segnale luminoso fosse correlata solo all’intensità 2) L’energia luminosa potesse assumere qualsiasi valore (valori continui) PLANCK Planck, nel tentativo di «far quadrare i conti» fu portato a ipotizzare: 1) Che l’energia contenuta in un segnale luminoso dipendesse anche dalla frequenza d’onda (dal colore) 2) Che l’energia totale contenuta in un segnale luminoso di una determinata frequenza non potesse avere qualsiasi valore, ma doveva essere multiplo di un «pacchetto minimo» (valore discreto) che è specifico per ogni frequenza. I suoi calcoli matematici portarono ad una formula elegante E=hν. La formula rappresenta il pacchetto minimo di energia (quantum) contenuto in un segnale luminoso di frequenza ν, dove h=costante di Planck (detta anche quanto d’azione) In altre parole, per avere l’emissione di un segnale luminoso di un certo colore (frequenza d’onda ν ) è necessaria una quantità minima e definita di energia (quantum) che è funzione della frequenza stessa E=hν L’energia totale contenuta in un segnale monocromatico è sempre un multiplo intero n del quantum specifico Etot=nhν Einstein e Compton Grazie allo studio dell’effetto fotoelettrico e dell’effetto Compton, i due fisici rilevarono che un segnale luminoso può «urtare» particelle, come gli elettroni, «cedendo a quest’ultimi» energia cinetica quantizzata (multipli del quantum hν ipotizzato da Planck). Il fenomeno viene spiegato paragonando un segnale luminoso ad «treno» di particelle (fotoni) dotate di quantità di moto (mv). Sono le prove «certe» che la luce ha natura dualistica: 1.Ha proprietà ondulatorie, descritte dalla teoria classica di Maxwell 2.Ha proprietà particellari, descritte dalla teoria quantistica Bohr Un segnale luminoso emesso o assorbito da corpo nero (solido, liquido, gas denso) presenta uno spettro continuo. Differenti sono gli spettri di un gas rarefatto: sia quello di emissione che quello di assorbimento evidenziano la presenza di righe. Emissione Corpo nero Emissione Gas rarefatti Righe di assorbimento da parte dell’atmosfera esterna, rarefatta, del sole. (Sole=corpo nero) Bohr spiegò i risultati degli spettri proponendo il modello atomico quantistico che, tra l’altro, permetteva di superare quello planetario di Rutherford (che aveva incontrato non poche difficoltà per la teoria di Maxwell) Assorbimento di energia quantizzata: calore o elettricità o luce con determinata frequenza. Ritorno allo stato fondamentale con emissione di un segnale luminoso con determinata frequenza. La serie di frequenze (righe di colore) emesse o assorbite è specifica di ogni specie atomica in quanto collegate con i livelli di energia degli elettroni (configurazione elettronica): l’analisi spettrale porta a identificare il gas specifico. Stella Corpo nero Rilevamento Intensità luminosa • • Ipparco Magnitudo apparente (lineare) Pogson Magnitudo apparente (logaritmica) e Magnitudo Assoluta Applicazione Leggi corpo nero • • WienTemperatura superficiale di una stella Stefan-Boltzman potenza irradiata di una stella Applicazione Teoria quantistica • Bohr (Spettri) Composizione chimica superficiale di una stella Classificazioni di Harvard classi spettrali