E patologie
Presentato da:
Bellipario Adelia
Frappietri Angelo
Lacialamella Stella
Santese Alessandro
Sasso Corrado
Zito Loriana
L’ apparato digerente è deputato alla nutrizione, ovvero all’ingestione di sostanze
nutritive; alla digestione, ovvero alla loro degradazione in molecole semplici;
all’assorbimento, cioè al trasferimento di questi composti all’apparato circolatorio e
al sistema linfatico; e infine alla escrezione dei rifiuti solidi. Gli organi che
costituiscono l'apparato digerente sono la bocca, la faringe, l’esofago, lo stomaco,
l'intestino tenue e l'intestino crasso; a questi sono annessi le ghiandole salivari, il
fegato e il pancreas.
La digestione comprende sia processi meccanici che chimici; i primi sono la
masticazione, che riduce il cibo in particelle, l'azione di rimescolamento dello
stomaco e la peristalsi intestinale. Queste forze spingono il cibo attraverso il tubo
digerente e lo mescolano con varie secrezioni. I processi chimici fondamentali,
coinvolti nella digestione e tutti catalizzati da specifici enzimi, sono la conversione
dei carboidrati in zuccheri semplici, la degradazione delle proteine in amminoacidi
e la scissione dei trigliceridi in acidi grassi e glicerolo.
Quando il cibo viene ingerito e masticato, le ghiandole salivari producono la saliva
che si mescola con il cibo. La saliva fluidifica i cibi solidi, rendendoli maggiormente
suscettibili alla successiva azione delle secrezioni gastriche e intestinali, e
contiene enzimi che scindono gli amidi in destrina e maltosio; inoltre lubrifica la
bocca e facilita la deglutizione.
L'azione dello stomaco e dell'intestino
I succhi gastrici contengono sostanze come l'acido cloridrico e alcuni enzimi, tra
cui la pepsina, il caglio e tracce di lipasi, che sarebbero in grado di esercitare la
propria azione di degradazione anche sulle pareti dello stomaco, se queste non
venissero protette dal rivestimento mucoso. La pepsina scinde le proteine in
peptidi di varie dimensioni, il caglio separa il latte in una porzione solida e una
liquida, e le lipasi agiscono sui grassi. Dopo la digestione gastrica le sostanze
ingerite vengono gradualmente liberate nella parte superiore dell'intestino tenue,
dove viene completata la digestione. La secrezione del succo gastrico è
stimolata dalla masticazione, dalla deglutizione e dalla presenza di cibo nello
stomaco, nonché, di riflesso, dalla semplice vista o dal pensiero del cibo. Le
secrezioni gastriche, a loro volta, stimolano la produzione di sostanze digestive
da parte dell'intestino tenue, mentre alcuni costituenti del succo gastrico si
attivano solo quando vengono a contatto con l'ambiente alcalino del primo tratto
intestinale.
La digestione viene completata nell'intestino tenue, dove la maggior parte dei
prodotti alimentari viene ulteriormente idrolizzata e assorbita. Il materiale
predigerito fornito dallo stomaco è esposto all'azione di tre potenti succhi
digestivi: il succo pancreatico, il succo intestinale e la bile, che neutralizzano
l'acido gastrico, ponendo fine alla fase gastrica della digestione.
Il succo pancreatico, che giunge nell'intestino tenue attraverso vari dotti, contiene
la tripsina e la chimotropsina, due enzimi che scindono le proteine complesse in
composti più semplici, assorbiti e riutilizzati per la sintesi di nuove proteine
corporee. La steapsina, anch'essa presente nel succo pancreatico, degrada i
grassi, mentre l'amilopsina idrolizza gli amidi in maltosio, successivamente scisso
in glucosio e fruttosio. La secrezione del succo pancreatico è stimolata
dall'ingestione delle proteine e dei grassi.
Il succo intestinale, che viene secreto dall'intestino tenue e contiene molti enzimi,
completa il processo iniziato dal succo pancreatico e il suo flusso è stimolato
dalla pressione meccanica esercitata dal cibo parzialmente digerito nell'intestino.
Il ruolo della bile nella digestione è quello di favorire l'assorbimento dei grassi,
riducendoli a strutture più accessibili da parte delle lipasi. Secreta dal fegato e
conservata nella colecisti, la bile giunge nell'intestino in risposta alla presenza di
grassi nello stomaco e nella parte superiore dell'intestino. L'ittero ostruttivo è una
patologia, caratterizzata dall'ostruzione dei canalicoli biliari del fegato, in cui la
bile non può essere liberata nell'intestino e quindi la digestione dei grassi è molto
difficoltosa.
I prodotti della digestione vengono, quindi, trasportati attivamente o
passivamente attraverso la parete intestinale per essere assimilati
dall'organismo. Il sodio, il glucosio e molti amminoacidi vengono, ad esempio,
trasportati attivamente e la mucosa intestinale funziona da filtro selettivo nei
confronti delle diverse sostanze nutritive.
Lo stomaco e il colon sono anch'essi in grado di assorbire alcuni tipi di sostanze,
quali l'acqua, alcuni sali, l'alcol e vari tipi di farmaci o droghe. Nel neonato si
ritiene che la barriera intestinale possa anche essere attraversata da alcune
proteine intere. L'assorbimento intestinale presenta un'altra caratteristica
singolare: molti nutrienti vengono assorbiti in modo più efficiente quando il corpo
ne ha un bisogno maggiore. Nell'adulto, la superficie di assorbimento
dell'intestino, ampiamente convoluta, è pari a circa 140 m2, distribuiti su una
lunghezza di circa 3-4 m.
Le sostanze idrosolubili, comprendenti minerali, amminoacidi e carboidrati,
passano nel sistema venoso che drena l'intestino e, attraverso i vasi della
circolazione portale, direttamente al fegato. A causa della loro insolubilità nelle
soluzioni acquose, i grassi vengono, invece, assimilati in modo più complesso e
inizialmente sono raccolti dal sistema linfatico e trasportati dalla linfa nella
circolazione generale attraverso il sistema della vena cava.
Escrezione
Nel colon, il materiale non digerito
assume la forma di una massa solida
a causa del riassorbimento corporeo
dell'acqua. Se questa massa viene
spinta troppo rapidamente, rimane
semiliquida e dà luogo a diarrea;
viceversa, un'attività insufficiente
della muscolatura del colon provoca
stipsi. Le feci vengono raccolte nel
retto fino al momento in cui sono
espulse attraverso l'ano.
Ulcera
L’ulcera è una lesione della pelle o della mucosa di rivestimento di organi interni,
di forma tondeggiante o ovale, caratterizzata da erosione del tessuto epiteliale e
del sottostante tessuto connettivo, da cui possono fuoriuscire essudati; la
guarigione spontanea può avvenire, ma è lenta e difficoltosa. Nell’uomo le
ulcerazioni possono colpire varie parti del corpo ed essere correlate a malattie
croniche come diabete, affezioni renali e cardiache, vene varicose, aterosclerosi,
sifilide, lebbra, tubercolosi, cancro o malattie infettive, quali la tularemia, la
tsutsugamushi, la leishmaniosi (in cui la lesione cutanea viene fantasiosamente
definita “bottone d’Oriente”), l’infezione da Haemophilus (responsabile dell’ulcera
venera molle) o, ancora, a lesioni da ustione o radiazioni ionizzanti o raggi X; può
derivare da avitaminosi e squilibri nei processi trofici dei tessuti.
SINTOMI
Nel caso di ulcera gastrica si producono bruciori e dolore nella parte superiore
dell’addome circa 1-3 ore dopo il pasto, mentre nel caso sia colpito il duodeno
sintomi simili compaiono dopo 4-5 ore, tipicamente di notte, nella tarda
mattinata o nel tardo pomeriggio. Possono comparire nausea, vomito, dolore
alla palpazione. Se si produce emorragia e perforazione, i sintomi divengono
acuti; si verifica un dolore intenso definito “a pugnalata”, anemia acuta, pallore,
sudorazione abbondante, shock da emorragia. La diagnosi prevede, oltre
all’esame clinico, endoscopia del tratto gastrico e duodenale, eventuale ricerca
di sangue occulto mediante analisi delle feci, e anche radiografia dopo
ingestione di mezzo di contrasto.
TERAPIA
Per la terapia dell'ulcera peptica occorre sospendere l’uso di farmaci, o altre
sostanze che possono essere correlati allo sviluppo della malattia. Gli antiacidi
orali sono utili per neutralizzare le secrezioni di acido cloridrico e alleviano il
sintomo del bruciore. Farmaci del gruppo degli H2-bloccanti, come la cimetidina,
la ranitidina e il sucralfato, bloccano l'azione dell'istamina, una sostanza chimica
organica che interviene anche nella regolazione della secrezione acida.
L’ omeprazolo e il lansoprazolo inibiscono la secrezione acida bloccando la
pompa protonica gastrica, cioè il meccanismo che determina il passaggio degli
ioni H + attraverso la parete gastrica (e ne influenza l’acidità).
L’eradicazione dell’Helicobacter avviene mediante antibiotici; attualmente viene
proposta soprattutto la formulazione detta “triplice di Bazzoli” che comprende i
due antibiotici claritromicina e tinidazolo e l’antiacido omeprazolo. Eventuali
complicanze e lesioni del tessuto possono richiedere anche risoluzione per via
chirurgica.
HELICOBACTER PYLORI
Gli studi dei due medici australiani J. Robin Warren e Barry J. Marshall
permisero di riconoscere in H . pylori il responsabile dell’ulcera duodenale (90%
dei casi) e di buona parte dei casi (70% circa) di ulcera gastrica; inoltre, il
batterio è correlato con metà dei casi di cancro dello stomaco. Queste malattie
in precedenza erano state correlate a errate abitudini alimentari o a disturbi
psicosomatici (cioè riconducibili a disturbi della sfera psichica); i due studiosi
ipotizzarono che il microrganismo fosse la vera causa del processo
infiammatorio e non semplicemente una “specie opportunista” insediatasi su un
tessuto già compromesso. Lo scetticismo della comunità scientifica spinse
Marshall a compiere un esperimento su se stesso, ingerendo una soluzione di
Helicobacter. La rapida comparsa dei sintomi di gastrite acuta nello scienziato
attirò l’interesse di altri ricercatori; tra l’altro, l’esperimento dimostrò l’utilità della
terapia antibiotica che, eradicando il batterio, consentiva un netto miglioramento
delle condizioni del paziente. Furono avviati numerosi progetti che, a distanza di
dieci anni, confermarono le prime osservazioni. Nel febbraio del 1994,
nell’ambito della Consensus Development Conference dei National Institutes of
Health statunitensi, fu ufficialmente dichiarato il legame tra infezione da
Helicobacter e insorgenza di gastrite e di ulcera peptica. Il definitivo
riconoscimento della scoperta di Warren e Marshall è avvenuto nel 2005, con
l’assegnazione ai due studiosi del premio Nobel per la medicina o la fisiologia.
Azione patogena di Helicobacter pylori
L’azione del batterio, che penetra nel tubo digerente per via orale, si esplica sia
in modo diretto, mediante liberazione di varie sostanze che modificano l’ambiente
gastrico a proprio vantaggio, sia indiretto, attraverso la risposta del tessuto
stimolata dall’insediamento di Helicobacter. In particolare, il microrganismo
secerne ureasi, un enzima che demolisce l’urea contenuta nel succo gastrico e
determina la formazione di ammoniaca; questa neutralizza l’ambiente legando
ioni idrogeno (H +). Sulla produzione di ureasi si basa un test rapido ideato da
Marshall per individuare il batterio in campioni di mucosa prelevati con biopsia.
Inoltre, il batterio libera altri enzimi (proteasi e fosfolipasi) che favoriscono la
fluidificazione dello strato di muco che riveste la superficie della mucosa. La
forma ondulata e il movimento dei flagelli favoriscono ulteriormente la
penetrazione del batterio negli strati più profondi del muco. In tale localizzazione,
Helicobacter è protetto dall’acidità del succo gastrico e da quella degli anticorpi.
Alcuni ceppi batterici aderiscono al tessuto epiteliale che ricopre lo strato più
superficiale della mucosa, quindi lo erodono insediandosi in profondità nel
tessuto connettivo sottostante. I batteri rilasciano tossine e prodotti di scarto del
proprio metabolismo che causano infiammazione del tessuto; l’organismo
risponde con infiltrazione di globuli bianchi, maggiore afflusso sanguigno,
liberazione di citochine, aumento della velocità di rinnovamento cellulare
dell’epitelio. Questi fattori favoriscono ulteriormente il proliferare del batterio.
IL DIABETE
Il diabete è una malattia cronica caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di
glucosio nel sangue (iperglicemia) e dovuta a un’alterata quantità o funzione
dell’insulina. L’insulina è l’ormone, prodotto dal pancreas, che consente al
glucosio l’ingresso nelle cellule e il suo conseguente utilizzo come fonte
energetica. Quando questo meccanismo è alterato, il glucosio si accumula nel
circolo sanguigno.
Diagnosi
I criteri per la diagnosi di diabete sono:
- sintomi di diabete (poliuria, polidipsia, perdita di peso inspiegabile) associati
a un valore di glicemia casuale, cioè indipendentemente dal momento della
giornata, ≥ 200 mg/dl
oppure
- glicemia a digiuno ≥ 126 mg/dl. Il digiuno è definito come mancata
assunzione di cibo da almeno 8 ore.
oppure
- glicemia ≥ 200 mg/dl durante una curva da carico (OGTT). Il test dovrebbe
essere effettuato somministrando 75 g di glucosio.
Esistono, inoltre, situazioni cliniche in cui la glicemia non supera i livelli stabiliti
per la definizione di diabete, ma che comunque non costituiscono una
condizione di normalità. In questi casi si parla di Alterata Glicemia a Digiuno
(IFG) quando i valori di glicemia a digiuno sono compresi tra 100 e 125 mg/dl
e di Alterata Tolleranza al Glucosio (IGT) quando la glicemia due ore dopo il
carico di glucosio è compresa tra 140 e 200 mg/dl. Si tratta di situazioni
cosiddette di “pre-diabete”, che indicano un elevato rischio di sviluppare la
malattia diabetica anche se non rappresentano una situazione di malattia.
Spesso sono associati a sovrappeso, dislipidemia e/o ipertensione e si
accompagnano a un maggior rischio di eventi cardiovascolari.
SALMONELLA
La salmonella è un genere di batterio patogeno Gram-negativo. Le salmonelle possiedono
cellule dalla forma di bastoncino (sono dunque bacilli), lunghe circa 1-2 µm, e dotate di
flagelli localizzati su tutta la superficie (flagelli peritrichi); sono caratterizzate da
metabolismo aerobio facoltativo; possono svolgere reazioni di fermentazione a partire
dall’alcol organico mannitolo.
Le salmonelle sono parassiti obbligati di molte specie animali; alcune prediligono un
ospite specifico, altre possono invece infettare ospiti diversi. Sono estremamente diffuse in
tutti i paesi, particolarmente nelle regioni in cui vi sono scarse condizioni igieniche. Il
nome di questi batteri deriva dal veterinario statunitense Daniel Elmer Salmon, che li
identificò per la prima volta nel 1886.
SPECIE RAPPRESENTATIVE
Il genere Salmonella comprende circa 2400 specie. In realtà, la classificazione del gruppo
è controversa; molti autori ritengono che le specie debbano essere considerate ceppi
(sierotipi) differenti di una stessa unità tassonomica. Secondo questa interpretazione, ad
esempio, le specie Salmonella wien e Salmonella typhi non sarebbero distinte come
accade, nel genere Staphylococcus, per le due specie Staphylococcus aureus e
Staphylococcus epidermidis; costituirebbero invece due varianti di uno stesso
microrganismo, caratterizzate da patogenicità diversa. Per scopi pratici, si può comunque
impiegare la nomenclatura binomia utilizzata nella classificazione tassonomica.
Applicando tale denominazione, le principali salmonelle sono Salmonella typhi,
Salmonella paratyphi, Salmonella choleraesuis, Salmonella enteriditis e Salmonella
typhimurium.
MALATTIE DA SALMONELLA
Nell’uomo la salmonella può causare patologie dell’apparato digerente, di entità più o meno
grave, indicate genericamente come salmonellosi. Il contagio avviene per contatto con
alimenti e acque contaminate da feci di soggetti infetti. Patologie particolarmente gravi
causate da questi batteri sono inoltre quelle dovute a Salmonella arizonae (che comprendono
infezioni del tratto gastrointestinale, delle vie urinarie, meningiti e batteriemie), a Salmonella
choleraesuis (setticemie), a Salmonella typhi (febbre tifoide) e a Salmonella paratyphi di
tipo A, B e C (paratifo).