RIVELAZIONE DI RAGGI COSMICI CON RIVELATORI A

RIVELAZIONE DI RAGGI COSMICI
Misure di Raggi Cosmici
Si possono effettuare diversi tipi di misure di RC in base sia alla
locazione del rivelatore che alla sua natura. Per quanto riguarda il primo
gruppo possiamo distinguere ad esempio:
1. i rivelatori a Terra
2. i rivelatori in volo su palloni
3. i rivelatori in volo su satelliti tra cui distinguiamo:
- quelli dentro la magnetosfera terrestre
- quelli fuori dalla magnetosfera terrestre ma dentro l’eliosfera
N.B. fuori dall’eliosfera (di cui non si conosce peraltro la dimensione
effettiva, arriverà solo forse il Voyager o il Pioneer tra almeno una
decina d’anni.
Figura 1
Rivelatori di sciami
Per quanto riguarda la rivelazione di sciami atmosferici da terra esistono
essenzialmente 3 (escludendo misurazioni sotteranee):
- rivelatori a scintillazione (emettono luce se attraversati da una
particella energetica vedi figura 2)
- rivelatori di luce Cherenkov (rivelano la luce Cherenkov emessa da
Figura 2
particelle cariche che viaggiano in un mezzo a velocità superiore a quella
della luce nello stesso mezzo vedi figura 3)
Figura 3
- rivelatori di fluorescenza (rivelano la luce di fluorescenza emessa
dai prodotti dello sciame carichi nella loro interazione con le
molecole di Azoto presenti nell’atmosfera) in questo caso essendo
la luce di fluorescenza solo gli sciami più energetici possono essere
rivelati.
La rivelazione degli sciami atmosferici implica una perfetta correlazione
temporale (misure di coincidenza) tra i vari rivelatori di un esperimento
(di solito più di un tipo) per ricostruire la particella primaria e risalire alla
sua energia. Sempre nell’ambito di un esperimento possono essere
presenti anche rivelatori di traccia (camere a drift o tubi a streamer e tubi
Geiger) per raccogliere informazioni direzionali che permettono di
ricostruire il vertice dello sciame.
Scintillatori
I rivelatori a scintillazione sono costituiti solitamente da uno strato di
plastica speciale (vedi figura 4) che ha la caratteristica di emettere luce se
attraversato da una particella carica di alta velocità. Quando la particella
attraversa lo scintillatore eccita gli atomi dello scintillatore perdendo una
parte (trascurabile) di energia e questi atomi si diseccitano emettendo dei
fotoni nella parte visibile dello spettro elettromagnetico (figura 5).
Figura 4
Figura 5
Una piccola parte di energia può essere emessa per fluorescenza ritardata,
pur essendo trascurabile può essere utile visto che dipende fortemente dal
tipo di particella che perde energia per discriminarle.
Questo permette di utilizzare la forma dell’impulso per discriminare ad
esempio particelle da neutroni (i primi avranno una coda di emissione di
luce nel tempo più grande).
La luce emesa viene raccolta per mezzo di uno strumento chiamato
fotomoltiplicatore.
Gli scintillatori si dividono in
- Inorganici (CsI, NaI sono cristalli) in cui l’effetto di scintillazione è
legato alla struttura cristallina
- Organici (gas, liquidi o anche solidi) in cui l’effetto di
scintillazione è legato alla molecola
L’efficienza di scintillazione può essere espressa dalla seguente relazione
che la lega alla perdita di energia nel materiale:
dL/dx=S(dE/dx) (1)
dove L è la luminosità, E l’energia, x è lo spessore attraversato del
materiale ed S è l’efficienza di conversione di energia in luce.
La caratteristica principale degli scintillatori è la risposta veloce di tempo
ad un segnale (ad es. RC) incidente, infatti i tempi caratteristici di
emissione della luce sono
- fluorescenza 10-9 sec
- fosforescenza 10-3 sec
- fluorescenza ritardata 10-7 sec
L’andamento nel tempo di emissione dei fotoni segue una legge di tipo
esponenziale decrescente, ovvero
N(t)=N0e-(t/τ)
Dove N0 è il numero totale di fotoni emessi N(t) è il numero di fotoni
emessi al tempo t e τ è la costante di decadimento
Per gli scintillatori plastici i fenomeni di diseccitazione sono anche di tipo
vibrazionale ed avvengono quindi in ordini di tempo di picosecondi (pur
rimanendo l’emissione principale in nanosecondi).
A parità di energia la “scala gerarchica” per la perdita di energia (per
ionizzazione) è inversamente proporzionale alla massa, cioè dE/dx~1/M,
per cui la risposta di uno scintillatore ad un elettrone sarà maggiore che
ad un protone.
Lo scintillatore ed il tubo fotomoltiplicatore sono contenuti in un box
ricoperto solitamente di materiale riflettente verso l’interno e isolante
(nero) verso l’esterno, in modo da minimizzare la perdita dei fotoni
emessi dallo scintillatore ed evitare di sovrapporre segnali spuri (rumore)
al segnale che si vuole osservare (vedi figura 6).
Figura 6
E’ importante ottimizzare anche la raccolta della luce all’interno dello
scintillatore, in modo che sia il più uniforme possibile. La luce viene
emessa in tutte le direzioni, per cui per raccoglierne il più possibile deve
essere riflessa una o più volte dalle superfici interne dello scintillatore se
l’angolo di incidenza è superiore all’angolo critico θc allora avrà
riflessione totale, altrimenti solo parte della luce sarà riflessa. Questo
angolo è determinato dall’indice di rifrazione n0 dello scintillatore e del
mezzo ciircostante n1 tramite la relazione
θc =sin -1(n1/n0)
Per cui più piccolo è il rapporto (n1/n0) più piccolo sarà θc e maggiore
probabilità avrò di raccogliere “tutta” la luce.
Infine la luce emessa dallo scintillatore viene trasportata alla finestra del
fotomoltiplicatore tramite “guide di luce”, particolari strutture,
solitamente in quarzo, la cui forma permette di collezionare la maggior
parte della luce (tramite riflessione interna) e portarla al fotocatodo (è
altresì importante disaccoppiare scintillatore e fotomoltiplicatore a causa
dei campi magnetici che possono esere accoppiati al primo e che
disturberebbero il lavoro del secondo).
Principali caratteristiche:
- plastici
basso costo, basso potere di arresto, facilmente
sagomabili, bassa efficienza di produzione di luce, leggeri (1
gr/cm3) cattiva risoluzione, costante decadimento nsec
- inorganici costosi, alto potere di arresto, alta efficienza di
prosuzione di luce, pesanti (4 gr/cm3), migliore risoluzione,
costante decadimento 200 nsec
Figura 7
Fotomoltiplicatori
Una volta raccolti i fotoni emessi dallo scintillatore attraverso la guida di
luce, devono essere trasformati in un segnale elettrico per poter essere
analizzato.Questo compito è affidato al fototubo (figura 8).Esso è un tubo
a vuoto composto da un fotocatodo che sfrutta l’effetto fotoelettrico per
Figura 8
trasformare la radiazione in elettroni ed un anodo per successivamente
Figura 9
raccoglierli e ricavarne un segnale.
Il fotocatodo (figura 9-11) in media emette dai 3 ai 5 elettroni, anche se il
numero dipende dalla frequenza della luce incidente. Successivamente
questi elettroni vengono focalizzati fino a raggiungere l’anodo tramite
una particolare struttura di campo elettrico (è necessario ridurre la perdita
di elettroni per interazione con le pareti del fototubo a zero)
Figura 10
Figura 11
A causa del basso numero di elettroni (la corrente in uscita è troppo
bassa) il fototubo deve assolvere anche il compito di amplificare il
segnale.
Questo avviene tramite il meccanismo di moltiplicazione a cascata (vedi
figura 12)degli elettroni emessi dal fotocatodo per avere un segnale
elettrico misurabile, ovvero una corrente anodica di ampiezza sufficiente.
La moltiplicazione avviene tramite un sistema di elettrodi detti dinodi,
inseriti fra il catodo e l’anodo, rivestiti di materiale ad alto potere di
emissione di elettroni secondari.
Gli elettroni prodotti dal fotocatodo colpiscono il primo elettrodo posto a
potenziale superiore provocando emissione di elettroni secondari, che
raggiungono un secondo dinodo a potenziale ancora superiore e così via,
fino a raggiungere l’ultimo elettrodo della struttura, l’anodo. Questo è
responsabile della raccolta degli elettroni e genera il segnale di uscita. La
moltiplicazione dipende ovviamente dal numero di dinodi, tipicamente
compreso tra 9 e 12 e dalla tensione tra di loro, compresa di solito tra 100
e 180 V.
Si può definire il guadagno di un fotomoltiplicatore nota la tensione Vd
applicata tra i dinodi, e il coefficiente di emissione secondaria d avremo:
d=K Vd
Dove K è una costante di proporzionalità, assumendo che Vd sia costante
e di avere n dinodi il guadagno G sarà:
G=(d)n=(K Vd)n
Il vero guadagno non è determinabile esattamente tramite questa formula
a causa della natura statistica dell’emissione secondaria.
Il fattore di moltiplicazione dei vari dinodi dovrebbe rimanere costante
sia che nel fotocatodo venga prodotto un singolo elettrone sia che ne
vengano prodotti migliaia, in modo che il segnale in uscita dipenda in
maniera lineare dal numero di tali fotoelettroni. In realtà tale linearità
dipende fortemente dalla configurazione dei dinodi e dalla corrente lungo
il fotomoltiplicatore.
Figura 12
Figura 13
E’ possibile anche valutare il tempo di risposta del PMT considerando
però che non tutti gli elettroni fanno lo stesso tragitto (lungo l’asse ad
esempio), che può essere approssimato dalla formula
Δt=[(2Wme)/(Ee2)]
con E campo elettrico W componente dell’energia perpendicolare al
fotocatodo.
L’indice di rifrazione dello scintillatore non deve essere molto diverso da
quello del vetro, materiale con cui è realizzata la finestra del
fotomoltiplicatore, per evitare di alterare l’impulso luminoso
(rifrazione/riflessione).
Figura 14