Alleg 3 - Provincia di Pavia

annuncio pubblicitario
Ufficio per la promozione della parità di
trattamento e la rimozione delle
discriminazioni sulla razza e sull’origine
etnica
PRINCIPI GENERALI
STRANIERO E MIGRAZIONE
“Straniero” si applica ad ogni individuo che non
possiede la cittadinanza dello Stato nel quale si
trova” (art.1 della Dichiarazione ONU del 1985).
“migrazione” si intende “libera circolazione, entrata ed
uscita dal proprio Stato”
ACCORDI INTERNAZIONALI
Multilaterali
tutela diritti umani civili, politici, economici, sociali e culturali
anche agli immigrati e ai migranti
applicabili
Multilaterali
su diritti migranti o aspetti del fenomeno migrazione: regolare o irregolare Conv. “Protezione diritti lavoratori migranti e membri delle loro famiglie” del
1990
• a titolo universale (ONU)
• a titolo regionale (Consiglio d’Europa – Unione Europea)
Bilaterali
su temi specifici (accordi di cooperazione nella lotta contro criminalità
organizzata, sulla cooperazione giudiziaria penale o di frontiera).
Principio di non discriminazione
Dichiarazione universale diritti dell’uomo del 1948 – art.2
Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella
presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di
razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica
o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di
nascita o di altra condizione»
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali del 1950 – art.14
Il godimento dei diritti delle libertà riconosciuti
nella presente
Convenzione, deve essere
assicurato senza nessuna
discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il
colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere,
l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza ad una minoranza
nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione».
Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966 (art.2, c.1)
Ciascuno degli Stati parti del presente Patto si impegna a rispettare
ed a garantire a tutti gli individui che si trovino sul suo
territorio e siano sottoposti alla sua giurisdizione i diritti
riconosciuti nel presente Patto, senza distinzione alcuna, sia
essa fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la
religione, l’opinione politica o qualsiasi altra opinione,
l’origine nazionale o sociale, la condizione economica, la
nascita o qualsiasi altra condizione
Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966
– (art.2, c.2)
Ciascuno degli Stati parti del presente Patto si impegna a compiere,
in armonia con le proprie procedure costituzionali e con le
disposizioni del presente Patto, i passi necessari per
l’adozione delle misure legislative o d ’altro genere che
possano occorrere per rendere effettivi i diritti riconosciuti nel
presente Patto, qualora non vi provvedano già le misure,
legislative o d’altro genere, in vigore.
(art. 3)
Gli Stati parti del presente Patto s’impegnano a garantire agli uomini
e alle donne la parità giuridica nel godimento di tutti i diritti
civili e politici enunciati nel presente Patto
Dichiarazione sui diritti dell’uomo da riconoscere alle persone che
non possiedono la cittadinanza del paese in cui vivono
(Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite n.40/144 del 13
dicembre 1985)
Trattato sul Funzionamento dell’UE
(TFUE) Art. 19, I c. (ex art. 13 TCE)
« Fatte salve le altre disposizioni del presente trattato e nell'ambito delle
competenze da esso conferite alla Comunità, il Consiglio, deliberando
all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del
Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le
discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le
convinzioni personali, gli handicap, l'età o l’orientamento sessuale»
Trattamento dello straniero
La condizione di straniero non deve pregiudicare il godimento dei diritti
umani e delle libertà fondamentali nel rispetto della legislazione interna
dello Stato di non cittadinanza e del diritto internazionale
Lo Stato di non cittadinanza ha l’obbligo di proteggere lo straniero ed i
suoi beni sia con misure preventive che con misure repressive
Misure preventive
Lo Stato (di non cittadinanza) deve astenersi dal compiere atti che
compromettano il vincolo che lega lo straniero al proprio Stato fissando uno
standard minimo di trattamento al di sotto del quale lo Stato di non
cittadinanza non può andare
Misure repressive
Lo Straniero, come cittadino del proprio Stato, può percorrere tutti i mezzi di
tutela offerti dall’ordinamento dello Stato di non cittadinanza (la c.d. regola
del previo esaurimento dei ricorsi interni).
Se interviene il diniego di giustizia, lo straniero viene protetto dal proprio
Stato secondo norme internazionali, consuetudinarie o pattizie, che
autorizzano lo Stato di cittadinanza ad adottare le misure della c.d.
“protezione diplomatica”
DIVERSI STATUS
• Rifugiato – Conv. Status rifugiato 1951 - non refoulement
e Protocollo del 1967
• Richiedenti asilo – art.10 Cost. italiana e legislazione di
riferimento - UE - ONU
• Sfollati - persone alle quali è concesso il permesso di
risiedere in uno Stato a titolo di protezione temporanea
• Persona con protezione sussidiaria
• Apolide - Conv. sullo Status di apolide del 1954 /ratifica e
esecuzione italiana febbraio 1962)
• Donne - v. tratta, sfruttamento, violenza, schiavitù
• Minori - v. tratta, sfruttamento, violenza,
• immigrato clandestino
• Immigrato irregolare
• Tratta essere umani • Smuggling o traffico illecito di migranti
Discriminazione razziale
Ogni distinzione, esclusione, restrizione o preferenza fondata
sulla razza, colore, ascendenza o origine nazionale o etnica, che
ha per scopo o effetto di distruggere o compromettere il
riconoscimento, il godimento o l’esercizio, in condizioni di
eguaglianza, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali in
ambito politico, economico, sociale e culturale o in ogni altro
ambito della vita pubblica
(articolo 1 ,1 della Convenzione internazionale delle NU
sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale del 21
dicembre 1965)
.
Segue: Discriminazione razziale
art.2, c.1
Gli Stati contraenti condannano la discriminazione razziale e si impegnano
a continuare con tutti i mezzi adeguati e senza indugio, una politica
tendente ad eliminare ogni forma di discriminazione razziale ed a favorire
l’intesa tra tutte le razze…………. In particolare: “ogni Stato contraente
deve adottare delle efficaci misure per rivedere le politiche governative
nazionali e locali e per modificare, abrogare o annullare ogni legge ed ogni
disposizione
regolamentare
che
abbia
il
risultato
di
discriminazione o perpetuarla ove esiste” (art.2,c.1, lettera c).
creare
la
Segue: Discriminazione razziale
art.2, c.1, lettera d.
“ogni Stato contraente deve, se le circostanze lo
richiedono, vietare con tutti i mezzi opportuni,
compresi, ove le circostanze lo impongano, i
provvedimenti legislativi, la discriminazione
razziale praticata da singoli individui, gruppi od
organizzazioni e porvi fine”
Segue: Discriminazione razziale
articolo 5
Se la discriminazione costituisce il diniego di diritti civili,
politici, economici, sociali e culturali.
“ Gli Stati contraenti si impegnano a vietare ed a eliminare la
discriminazione razziale in tutte le sue forme e a garantire a
ciascuno il diritto all’eguaglianza dinanzi alla legge senza
distinzione di razza, colore ed origine nazionale o etnica, in
particolare nel godimento dei diritti civili, politici, economici,
sociali e culturali come elencati nello stesso articolo”.
Gli atti di discriminazione sono azioni che mirano ad escludere
una persona o un gruppo perché membro di un particolare
gruppo razziale, etnico, religioso, ecc
Le discriminazioni si palesano sempre attraverso un'azione,
una
pratica,
manifestazione
un
comportamento:
pubblica
contro
un
dall’insulto
gruppo
alla
sociale,
dall’internamento all’espulsione, dalla mancata erogazione
di un servizio al rifiuto di accesso ad un autobus o ad una
cena).
La discriminazione può essere così definita il trattamento
non paritario attuato nei confronti di un individuo o un
gruppo di individui in virtù della loro appartenenza ad
una particolare categoria.
Due caratteristiche principali e necessarie a definire la
discriminazione “un atteggiamento nei confronti di un
individuo” o un gruppo di individui sono:
·
un trattamento particolare, diverso rispetto agli altri
individui o gruppi di individui;
·
un'assenza di giustificazione per questo differente
trattamento”.
Le azioni o atti antidiscriminatori di natura
etnico-razziale sono presenti nelle c.d.
“società multiculturali”.
Le relazioni tra diverse identità etnico-razziali non
coinvolgono solo il piano dei diritti, bensì, soprattutto la
vita quotidiana in cui giocano un ruolo importante fattori
emotivi sui quali è difficile intervenire, tanto che le relazioni
tra i diversi gruppi si risolvono spesso in conflitti provocati
da gesti di intolleranza e discriminazione quotidiana
più o meno gravi.
Il cambiamento della nostra società e della nostra cultura
prodotto dalla presenza degli immigrati si accompagna
al rifiuto e alla discriminazione del “diverso”
oppure
alla tendenza a trattare l’immigrazione quasi esclusivamente
come situazione di emergenza, denunciandone la
pericolosità nei confronti della vita sociale delle nazioni meno
svantaggiate.
La discriminazione nella sua dimensione pubblica, appare
come un fenomeno che mina la stessa coesione sociale.
La discriminazione esiste se e quando viene attuata da
qualcuno e compresa da qualcun altro:
è questa l’unità di azione e comprensione che crea il
significato sociale della discriminazione, che porta ad
interpretare un significato sociale (un’informazione) come
discriminatorio.
La
capacità
(razziale)
di
dipende
cogliere
anche
l’esperienza
di
discriminazione
dall'accuratezza dei
giudizi
delle
vittime e dalle dinamiche legate alla propria identità sociale e
personale.
Il fatto che un’esperienza sia vista come funzione dell’appartenenza
dell’individuo ad una categoria sociale, o a qualcosa d’altro, sarà la
conseguenza della storia personale dell’individuo in questione,
dell’interazione tra i gruppi etnici nella società e della risposta
ad esperienze oggettive.
Gli individui che si sentono trattati in modo sfavorevole possono
considerare ciò giusto se lo rapportano ad aspetti specifici della loro
identità personale (ad esempio una qualifica poco competitiva nel
mercato del lavoro),
oppure
possono attribuire ciò alla loro intera identità personale (perché non
hanno i giusti contatti).
Inoltre, anche quando riconoscono che il trattamento sfavorevole
subìto è riconducibile alla propria posizione sociale o a
caratteristiche personali, non necessariamente lo considerano
ingiusto, anzi finiscono per giustificarlo in qualche modo
Nella stessa linea, il problema messo in luce da più studi anche sulla
discriminazione percepita (e non solo sulla discriminazione
oggettivamente rilevata) è l'esistenza di due fenomeni correlati,
l’underreporting, ovvero la non segnalazione di un episodio di
discriminazione da parte della vittima
(per paura di ritorsione, ignoranza delle possibilità offerte di
segnalazione, sfiducia nelle istituzioni e nella possibilità di
soluzione del caso, tendenza a minimizzare il problema per non
esasperare il clima o perché è doloroso ammettere di essere vittima
di razzismo, ecc.),
e
l’underrecording, il fenomeno in base al quale le persone
addette alla registrazione di casi di discriminazione hanno
una tendenza a sottovalutare la portata discriminatoria
dell’evento.
La discriminazione non è, infatti, una realtà unica e omogenea, ma
ha diverse sfumature che è necessario cogliere, e come tale, anche la
percezione della discriminazione rappresenta una realtà psicologica
importante per gli immigrati e le minoranze etniche, indipendentemente
dal fatto che possa essere considerata un indicatore valido di oggettiva
discriminazione e intolleranza.
Affinché una persona possa arrivare a sentirsi discriminata, non è
sufficiente che questa subisca una disparità di trattamento, in
quanto non sempre si è consapevoli dell’ingiustizia:
le persone possono non etichettare degli episodi oggettivi di
discriminazione come tale, oppure, per contro, possono interpretare
degli episodi minimi e non significativi come esempi eclatanti di
discriminazione.
tipologie di discriminazioni
discriminazioni sistemiche e strutturali.
Queste forme indirette di discriminazioni, non intendono
discriminare in maniera palese, ma nella pratica lo fanno
sistematicamente escludendo alcuni gruppi da determinati lavori o
opportunità.
la discriminazione multipla
uno stesso gruppo sociale viene discriminato per più motivi e
rispetto a più caratteristiche. Si parla, in questo caso, di
soggetto associato ad una pluriappartenenza, cioè uno stesso
soggetto viene osservato come appartenente a più gruppi sociali:
ad esempio, appartenere per esempio sia ad un gruppo etnico
minoritario sia al genere femminile.
ALLA DISCRIMINAZIONE SI OPPONE
LA
NON - DISCRIMINAZIONE: il rispetto
“diverso” = persona umana nella sua identità
e la tutela del
Non – discriminazione = eguaglianza
da attuare mediante
L’ INTEGRAZIONE
di tutti coloro che, definiti migranti, sono estranei negli Stati in
cui entrano legalmente o illegalmente
secondo una Politica
della c.d. ANTI-DISCRIMINAZIONE: azioni positive riferibili alle
istituzioni internazionali e nazionali.
LA
NON
– DISCRIMINAZIONE
NELL’ UNIONE
RAZZIALE
EUROPEA
La direttiva 2000/43/CE del 29.06.2000 enuncia la nozione di
“discriminazione” nell’articolo 2: “ai fini della presente direttiva il
principio della parità di trattamento comporta che non sia praticata
alcuna discriminazione diretta o indiretta a causa della razza o
dell'origine etnica” (d. lgs. 9.07.2003, n. 215)
Introducendo il “principio della parità di trattamento”
Per evitare
1. discriminazione diretta: sussiste “quando, a causa della sua
razza od origine etnica, una persona è trattata meno
favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra in
una situazione analoga”
2. discriminazione indiretta: sussiste “quando una disposizione, un
criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere
persone di una determinata razza od origine etnica in una posizione
di particolare svantaggio rispetto ad altre persone, a meno che tale
disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una
finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano
appropriati e necessari “
Il principio della parità di trattamento della direttiva
2000/43/CE è applicabile per combattere le
discriminazioni nel settore dell’occupazione e delle
condizioni di lavoro disciplinate successivamente in
altre direttive attuate nell’ordinamento italiano.
La Direttiva 2000/43/CE
Nelle “premesse” descritte nel Preambolo vi è un esplicito rifiuto
delle teorie che sostengono l’esistenza di razze umane
distinte, con la precisazione che l’uso del termine “razza” è
puramente convenzionale.
I settori di applicazione del principio della parità
trattamento sono notevolmente estesi e ricomprendono :
•accesso al lavoro e alla formazione professionale
•affiliazione e attività in organizzazioni datoriali o di lavoratori
•istruzione
•sicurezza e protezione sociale
•assistenza sanitari
•prestazioni sociali
•accesso ai beni e ai servizi, incluso l’alloggio
di
Il passaggio più significativo è dato dall’estensione ai cittadini extracomunitari della tutela loro garantita se motivata dalla loro legale
residenza sul territorio, a prescindere dalla cittadinanza.
Esclusione: non sono considerate discriminazioni soltanto le differenze di
trattamento basate sulla nazionalità o su una caratteristica legata alla razza
che sia requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività
lavorativa e viene inoltre fatta salva la normativa sull’ingresso, il soggiorno
e l’accesso all’impiego.
In ordine al procedimento per l’accertamento e la rimozione della
discriminazione viene introdotta una forma di tutela giurisdizionale
consistente nell’attribuzione al convenuto dell’onere di provare che non vi
è stata discriminazione, sollevando così la vittima dall’onere della prova.
La Direttiva indica standard minimi di tutela, cui gli Stati potranno
aggiungere disposizioni più favorevoli.
Viene, poi, introdotta una nuova figura di discriminazione razziale:
la molestia.
Si tratta di un comportamento indesiderato, che persista pur
quando riconosciuto dalla persona che lo subisce come offensivo e
idoneo a pregiudicare oggettivamente la libertà e la dignità
della vittima, creando un clima di intimidazione nei suoi confronti.
Tale comportamento lesivo è riconosciuto dalla giurisprudenza come
discriminatorio quando, ad esempio, in un locale pubblico, taluno
inveisca ad alta voce, lamentandosi della sgradevole presenza di
persone di colore in Italia, facendo riferimento, in modo sprezzante
ed offensivo a individui di razza diversa presenti nello stesso locale.
Il principio della parità di trattamento
è confermato nella direttiva 2000/78/CE del 27.11.2000 che
stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in
materia di occupazione e di condizioni di lavoro (d.lgs 9 luglio
2003, n.216) con l’obiettivo di
“stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni
fondate sulle religioni o le convinzioni personali, gli handicap,
l’età o le tendenze sessuali per quanto concerne l’occupazione
e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati
membri il principio della parità di trattamento” (articolo 1).
Direttiva 2004/38/CE
relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di
soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri non è applicata in
modo eguale in tutti i 27 Paesi (D.lgs. 6 febbraio 2007, n.30 in G.U n. 72 del
27 marzo 2007).
Quanto previsto all’articolo 2 della direttiva e del d.lgs.
“il partner che abbia contratto con il cittadino dell'Unione un'unione registrata sulla
base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato
membro ospitante equipari l'unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle
condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante”
lascia agli SM la facoltà di legiferare in materia per cui
L’Italia non prevede né il matrimonio tra persone dello stesso sesso né le
unioni di fatto. I matrimoni tra persone dello stesso sesso, contratti all’estero,
non possono essere trascritti e le unioni omosessuali riconosciute in altri
Paesi non hanno rilevanza ai fini della concessione di visti o permessi di
soggiorno.
DIRETTIVA 2004/81/CE DEL CONSIGLIO
del 29 aprile 2004
riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi
vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un'azione di
favoreggiamento dell'immigrazione illegale che cooperino con le
autorità competenti
per «cittadino di paese terzo» s'intende ogni persona non avente la
cittadinanza dell'Unione ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 1, del trattato;
Gli Stati membri dovrebbero applicare la presente direttiva senza
discriminazioni fondate su sesso, razza, colore della pelle, origine etnica o
sociale, caratteristiche generali, lingua, religione o credenze, opinioni
politiche od ogni altra opinione, appartenenza ad una minoranza,
condizioni economiche, nascita, disabilità, età od orientamento sessuale.
La direttiva 2004/113/CE attua “il principio della parità di trattamento
tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro
fornitura” (d. lgs. 6.11.2007, n.196)
La Proposta del Consiglio UE (presentata nel luglio 2008) reca
applicazione del principio di parità di trattamento fra le persone
indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la
disabilità, l'età o l'orientamento sessuale. (Proposta di modifica delle
precedenti direttive alla luce del Trattato di Amsterdam, della Carta dei
diritti fondamentali e del Programma di Lisbona.
Direttiva 2006/54/CE
relativa
al
principio
delle
pari
opportunità
e
della
parità
di
trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego
(rifusione) - (D. lgs. 25 gennaio 2010, n. 5)
Rafforza il principio che la parità di trattamento e di opportunità fra donne
e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compresi quelli
dell'occupazione, del lavoro e della retribuzione confermando la definizione di
“molestie” quale situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato
connesso al sesso di una persona avente lo scopo o l'effetto di violare la dignità di tale
persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo;
Il c.d. Codice delle Pari Opportunità (D.lgs. 198//06) è stato
modificato:
1) Introduzione dell’art. 41 bis “vittimizzazione”:” La tutela
giurisdizionale di cui al presente capo si applica, altresì, avverso ogni
comportamento pregiudizievole posto in essere, nei confronti della
persona lesa da una discriminazione o di qualunque altra persona, quale
reazione ad una qualsiasi attività diretta ad ottenere il rispetto del principio
di parità di trattamento tra uomini e donne.“
1) Previsione di sanzioni più severe: in caso di condanna per
comportamenti discriminatori, l’inottemperanza al decreto del
giudice del lavoro non è più punita, in base all’articolo 650 del
Codice
penale,
per
«inosservanza
del
provvedimento
dell’autorità», bensì con l’ammenda fino a 50mila euro o con
l’arresto fino a sei mesi.
segue modifica
al d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151: testo unico delle disposizioni
legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della
paternità, in particolare prevede:
Art. 3 (Divieto di discriminazione). - 1. E´ vietata qualsiasi discriminazione
per ragioni connesse al sesso, secondo quanto previsto dal decreto
legislativo 11 aprile 2006, n. 198, con particolare riguardo ad ogni trattamento
meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza, nonché di maternità
o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell´esercizio
dei relativi diritti.»
La normativa italiana sulla non discriminazione
Costituzione – articolo 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di
condizioni personali e sociali.
Il legislatore nazionale ha effettuato numerosi interventi normativi, sia sul
piano civile che penale, in conformità del precetto di non discriminazione
I principali sono:
1) la legge n. 300/70, conosciuta come Statuto dei lavoratori, ha
introdotto il regime di nullità dei patti o atti intrinsecamente
discriminatori, dapprima per ragioni connesse con l’esercizio delle
libertà sindacali, poi anche per motivi legati alla razza, alla lingua, al
sesso, alla religione, alla politica.
Il limite di questa norma sta nel suo riferirsi esclusivamente agli atti e ai
patti, lasciando non sanzionabili i comportamenti discriminatori
2) Il decreto lgs n. 286/98, che coordina e amplifica il testo
della legge n. 40/98, modificato dalla legge n. 189/02, la c.d. Bossi
Fini, dal D.L. 92/2008 (c.d. pacchetto sicurezza) e, da ultimo, dalla
legge 15 luglio 2009 n. 94 (che ha introdotto – tra l’altro – il
reato di clandestinità) e aggiornato con D.L. n.89 del 23 giugno
2011
E’ conosciuto come T.U. sull’immigrazione
Ambiti di riferimento del comportamento discriminatorio sanzionabile:
•istituzionale
•relazioni sociali
•relazioni di lavoro
.
Nel D.lgs 286/98 è contenuta una nozione molto chiara di
discriminazione
Art. 43
Discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi
Costituisce
discriminazione
indirettamente,
comporti
una
ogni
comportamento
distinzione,
che,
esclusione,
direttamente
o
restrizione
o
preferenza basata sulla razza, il colore, l’ascendenza o l’origine nazionale o
etnica, le convinzioni e le pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l’effetto
di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o
l’esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in
campo politico,economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita
pubblica
segue
Lo stesso D.lgs. riconosce una particolare tutela giurisdizionale alle
vittime della discriminazione, razziale, etnica, nazionale o religiosa,
con la c.d. azione civile contro la discriminazione
Articolo 44
Azione civile contro la discriminazione
Quando il comportamento di un privato o della pubblica amministrazione
produce una discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, il
giudice può, su istanza di parte, ordinare la cessazione del comportamento
pregiudizievole e adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le
circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione.
Articolo 1 del D.Lgs. 215/2003
In attuazione della Direttiva 2000/43/CE
Individua l’oggetto dell’intervento normativo:
•attuazione della parità di trattamento tra le persone indipendente
dalla razza e dall’origine etnica, in ambito pubblico e privato
• dispone le misure necessarie affinché non ci siano cause di
discriminazione, tenendo anche conto del diverso impatto delle
forme di discriminazione sulle donne e sugli uomini e del rapporto
con la discriminazione di carattere culturale o religioso
• tiene conto anche dei casi di “doppia discriminazione” e vengono
introdotte cause di giustificazione basate su ragioni oggettive.
• viene ribadita l’incompetenza quando le differenze riguardano la
condizione giuridica dello straniero.
Segue: Art. 3
Definisce l’ambito di operatività del decreto legislativo, che
viene esteso oltre che alla materia del lavoro e
dell’associazionismo sindacale, anche alle materie della
protezione e sicurezza sociale e relative prestazioni,
all’assistenza sanitaria, all’istruzione, all’accesso ai beni e
servizi e alla loro fornitura, incluso l’alloggio, comprendendo,
come novità assoluta, pure “la dimensione dell’agire sociale
dell’individuo appartenente ad una determinata razza o etnìa”.
Nel secondo comma dello stesso articolo, vengono enucleati i
casi oggetto di esclusione dalla tutela, come le differenze di
trattamento basate sulla nazionalità, e viene inoltre fatta salva
la normativa nazionale relativa alle condizioni di ingresso e di
soggiorno e al trattamento dei cittadini stranieri e degli apolidi nel
territorio dello Stato basata sulla condizione giuridica di questi
soggetti
Segue: Art. 4
Il procedimento previsto da questo articolo richiama la c.d. azione
civile antidiscriminazione introdotta dall’art. 44 del T.U.
sull’immigrazione.
Segue: Articolo 5
Riconosce la legittimazione ad agire in nome, per conto o a sostegno
del soggetto passivo della discriminazione le associazioni e gli enti
inseriti in un apposito elenco, individuati sulla base delle finalità
programmatiche e della continuità dell’azione.
Articolo 6
Introduce il Registro delle associazioni e degli enti che
svolgono attività nel campo della lotta alle discriminazioni.
Articolo 7
Competenze e finalità dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni
La funzione istituzionalmente prevista dell’Ufficio UNAR è quella di
esplicare un’attività di promozione, controllo e garanzia
dell’operatività degli strumenti di tutela nel settore di
competenza attraverso:
v
La prevenzione del fenomeno discriminatorio;
v
La promozione della parità di trattamento;
v
La rimozione delle condotte discriminatorie;
V Il monitoraggio del settore della lotta alla discriminazione
e la verifica dell’attività effettuata.
L’etnia più discriminata in Italia ancora oggi risulta
l’immigrato africano (28,95).
Il dato dimostra quanto il colore della pelle sia un elemento di
forte discriminazione e come un clima islamofobico traduca la
paura in azioni discriminatorie.
Altra etnia discriminata
particolare i cinesi.
e
quella
proveniente
dall’Asia
in
La discriminazione verso la popolazione cinese è legata a più
fattori. La scarsa conoscenza della lingua italiana non permette
aperture verso l’esterno alimentando la crescita di pregiudizi e
stereotipi.
Inoltre a causa della crisi economiche sempre più spesso le
aziende cinesi sono sempre di più viste come concorrenti sleali
che evadono le tasse e sfruttano i dipendenti.
Altro gruppo etnico fortemente
popolazione rom e sinti.
discriminato
è
la
La discriminazione nei confronti di questo popolo è legata
essenzialmente al pregiudizio e allo stereotipo che
accompagna la loro immagine e che rinvia alla figura dello zingaro
ladro, sporco truffatore che sfrutta e ruba i bambini, ubriacone e
incapace di lavorare.
Questi stereotipi e pregiudizi, producono
sociali di queste etnie, cariche di negatività;
rappresentazioni
costruiscono immagini fisse, immutabili, che si riproducono allo
stesso modo in ogni tempo e in qualsiasi luogo: gli zingari sono
tutti ladri, fannulloni, ecc. e non c’è alcuna possibilità di cambiarli.
Le discriminazioni che si producono sui luoghi di
lavoro assumono diverse forme, che per la maggior
parte possono essere ricondotte alla condizione di
“manodopera vulnerabile” in cui si trova la quasi
totalità dei cittadini immigrati.
Tale condizione, che viene vissuta in un mercato
del lavoro in cui la precarietà e la mancanza di
tutele sono sempre più frequenti, porta i cittadini
migranti a vivere situazioni discriminatorie pesanti.
In generale riguardano:
· il mancato riconoscimento dei titoli di studio, ovvero
l’impossibilità di svolgere un’attività lavorativa consona al corso di
studi svolto nel paese d’origine;
· l’inserimento dei lavoratori stranieri nei livelli contrattuali
più bassi, nonostante di fatto svolgano mansioni più qualificate
di quanto non risulti dai loro contratti;
· l’applicazione di condizioni di lavoro più sfavorevoli (orari
più lunghi e turni più disagiati, richieste di straordinari, mansioni
più pesanti e pericolose, ecc.) e retribuzioni più basse;
· disparità tra italiani e stranieri nell’applicazione delle
norme sui licenziamenti;
· scarso ricorso alla formazione e mancata applicazione
delle norme sulla sicurezza nei settori (come quello delle
costruzioni) in cui è più alto il ricorso alla manodopera straniera.
Un secondo ambito di discriminazione è sicuramente quello
relativo al settore abitativo.
Gli elementi sono l’innalzamento dei prezzi delle case, sia
per l’acquisto che per l’affitto, con una conseguente sempre
maggiore difficoltà delle fasce deboli della popolazione (tra cui
si collocano spesso immigrati e minoranze) nel pagamento dei
canoni.
La difficoltà da parte degli stranieri di accedere alle liste per
l’assegnazione di alloggi popolari.
Inserzioni su giornali e cartelli di appartamenti in locazione che
esplicitamente invitano gli stranieri a non prendere contatti
sono episodi purtroppo frequenti in tutta Italia e segnalati
all’UNAR
Spesso manca qualunque forma di tutela contrattuale, ed è
esperienza comune per lo straniero essere costretto a cambiare
casa anche più di una volta durante lo stesso anno.
Nelle trame dell’insediamento immigrato diviene così possibile
leggere un processo di esclusione e la marginalità sociale
assume connotati fisici:
in molte metropoli si creano spazi di degrado e anomia, privi
di qualunque servizio pubblico, quasi a corollario del fatto che
alla popolazione immigrata non è concesso diritto di
cittadinanza.
Numerosi sono gli stranieri che non riuscendo ad accedere al
mercato ufficiale della casa alloggiano in fabbriche
dismesse spesso con il consenso del proprietario degli
impianti abbandonati.
Ed infine nelle campagne c’è chi dorme all’aperto, nelle serre,
in casolari o vecchie masserie abbandonate come a
Rosarno (Reggio Calabria).
Spesso si sono costitute vere e proprie “favelas” come il
ghetto di Villa Literno.
Sicuramente tra le varie etnie presenti, quella dei Rom e dei
Sinti, è la più discriminata nelle politiche di accesso alla casa.
Circa un terzo dei Rom e dei Sinti presenti in Italia vive in
accampamenti, spesso non autorizzati, in situazione di
segregazione in pessime condizioni igieniche e la mancanza di
qualsiasi tipo di servizio (acqua corrente, elettricità ecc.)
all’interno dei campi e alla difficoltà che queste etnie trovano nel
fittare appartamenti.
La maggior parte dei campi inoltre si trova fuori dal contesto
urbano e non è servito da alcun tipo di servizio.
La situazione dei Rom rappresenta una peculiarità italiana,
poiché in altri paesi europei dove gli Zingari sono ben più
numerosi (Regno Unito e Spagna, ma anche in Albania, nella
città di Lezhe) un’efficace politica abitativa è stata il primo passo
del percorso di inserimento.
Nel settore dell’istruzione si
confronti degli alunni stranieri
rilevano
discriminazioni
nei
anche se
La Costituzione e le norme comunitarie e internazionali
impongono allo Stato italiano di riconoscere, tutelare e
promuovere il diritto all’istruzione nei confronti di tutti i
minori, senza discriminazioni di sorta, incluse l’origine etnica, la
nazionalità e la regolarità del soggiorno, rimuovendo gli
ostacoli che ne limitano di fatto l’eguaglianza.
La dispersione scolastica rimane un fenomeno molto diffuso
tra i ragazzi immigrati, la cui incidenza alla fine della scuola
dell’obbligo aumenta vertiginosamente.
Le difficoltà, degli alunni stranieri, non sono ascrivibili, solo
all’apprendimento linguistico, ma anche all’inserimento
all’interno del gruppo classe.
Una differente alimentazione e una differente religione
spesso sono cause di esclusione degli alunni stranieri.
I minori stranieri sono vittime di altre
discriminazione e di esclusione sociale.
forme
di
Da questo punto di vista, in un recente rapporto sull’Italia curato
dall’ENAR (European Network Against Racism) i minori migranti
vengono definiti una «comunità a rischio».
Il rischio è, in primo luogo, quello di esclusione e di
abbandono.
Tra gli esempi più drammatici, il rapporto ENAR cita «i quasi 2.000
minori egiziani arrivati sulle coste dell’Italia meridionale tra il
2005 e il 2006, di cui si perdono completamente le tracce nelle
statistiche ministeriali e nei dati degli enti locali».
E, ancora, dei 6.600 minori non accompagnati registrati in Italia
alla fine del 2006, solo il 10% è seguito da programmi del
governo, mentre degli altri si sono perse le tracce.
Un ulteriore campo di indagine delle discriminazioni è quello
riguardante la rappresentazione degli immigrati/e e delle
minoranze etniche attraverso i media.
I vari organi di stampa (tv e giornali in particolare) hanno
contribuito sensibilmente alla drammatizzazione del
fenomeno migratorio, enfatizzando con toni spesso
parossistici, gli aspetti di minaccia e pericolo sociale legati
all’immigrazione,
promuovendo
un
processo
di
“stratificazione degli stereotipi”.
Attraverso le informazione fornite dai media i flussi migratori
diventano
“invasioni”,
“tsunami”
da
arginare
e
l’immigrazione sinonimo di clandestinità-criminalità.
"sono gli immigrati in quanto categoria ad essere criminali,
mentre i comportamenti a loro ascritti hanno la funzione di
dimostrazioni empiriche di ciò che si sa già”.
Legge 183/2010 COLLEGATO AL LAVORO
Le novità introdotte in materia di pari opportunità:
l’articolo 21
La legge interviene modificando gli articoli 1,7 e 57 del
D.Lgs 165/2001
L’art. 7 del D.Lgs. 165/2001 è così modificato:
Le pubbliche amministrazioni garantiscono parità e pari
opportunità tra uomini e donne e l'assenza di ogni
forma di discriminazione, diretta e indiretta, relativa
al genere, all'eta', all'orientamento sessuale, alla
razza, all'origine etnica, alla disabilità, alla religione
o alla lingua, nell'accesso al lavoro, nel trattamento
e nelle condizioni di lavoro, nella formazione
professionale, nelle promozioni e nella sicurezza sul
lavoro.
Le pubbliche amministrazioni garantiscono altresi' un
ambiente di lavoro improntato al benessere organizzativo
e si impegnano a rilevare, contrastare ed eliminare ogni
forma di violenza morale o psichica al proprio interno
Nella amministrazione di appartenenza il CUG
esercita compiti propositivi, consultivi e di
verifica nell’ambito delle competenze ad esso
demandate
COMPITI PROPOSITIVI su:
- predisposizione di piani di azioni
positive, per favorire l'uguaglianza
sostanziale sul lavoro tra
uomini e donne;
- promozione e/o potenziamento di ogni
iniziativa diretta ad attuare politiche di
conciliazione vita privata/lavoro e
quanto necessario per consentire la
diffusione della cultura delle pari
opportunità;
Per predisporre il piano di azioni
positive e per attuare le politiche
di conciliazione i CUG possono
avvalersi delle esperienze
già fatte attraverso la consultazione delle
“buone prassi” di altre amministrazioni
Pubblicate:
- sul sito della Consigliera Nazionale di parità
(Osservatorio nazionale)
.
Azioni positive in materia di diritto
antidiscriminatorio sono reperibili sul sito
dell’UNAR Dip.Pari Opportunità
Ufficio nazionale antidiscriminazioni
Razziali.
…COMPITI PROPOSITIVI su
temi che rientrano nella propria
competenza ai fini della contrattazione
integrativa;
iniziative volte ad attuare le direttive
comunitarie per l'affermazione sul
lavoro della pari dignità delle persone
nonché azioni positive al riguardo;
analisi e programmazione di genere che
considerino le esigenze delle donne e
quelle degli uomini (es. bilancio di
genere);
Orario di lavoro, Politiche di
Conciliazione casa / lavoro,
Formazione ecc.
Per una parità sostanziale e non solo
formale delle persone,
Con particolare attenzione alle
politiche di genere anche attraverso
l’adozione di bilanci in ottica di genere
per una più consapevole allocazione
Delle risorse a disposizione
COMPITI CONSULTIVI su:
progetti di riorganizzazione
dell'amministrazione di appartenenza;
piani di formazione del personale;
orari di lavoro, forme di flessibilità
lavorativa e interventi di conciliazione;
criteri di valutazione del personale,
contrattazione integrativa sui temi che
rientrano nelle proprie competenze.
A tal proposito è di fondamentale
importanza che i pareri vengano
chiesti al CUG sempre
in via
preventiva
e che di essi
l’ Amministrazione tenga conto
(potrebbe darne diffusioneranche
quando adotta l’atto con la
dicitura: sentito il CUG)
…COMPITI PROPOSITIVI su
diffusione
delle
conoscenze
ed
esperienze, nonché di altri elementi
informativi, documentali, tecnici e
statistici sui problemi delle pari
opportunità
soluzioni
e
sulle
adottate
possibili
da
altre
amministrazioni o enti, anche in
collaborazione con la Consigliera di
parità del territorio diriferimento;
A tal proposito è molto importante che i
CUG operino in rete in quanto la
Diffusione delle esperienze consente di
mutuare le cd. buone prassi e di
usufruire delle sperimentazioni già
effettuate.
L’ufficio della consigliera di parità
sul territorio, l’ Osservatorio nazionale, i
Dipartimenti di Funzione Pubblica e
Pari opportunità, l’UNAR sono dei
veicoli molto importanti per la
diffusione delle conoscenze in materia,
delle problematiche, delle criticità e delle
Soluzioni sperimentate.
Ad es. con l’adozione di uno sportello di
ascolto, di effettive politiche di
conciliazione, di orario flessibile, di asili
nido e ludoteche (per ragazzi fino a 15 a.)
…COMPITI PROPOSITIVI su
- azioni atte a favorire condizioni di
benessere lavorativo;
-
azioni
positive,
interventi
e
Ad esempio con indagini di clima
che,pur avvalendosi di questionari
anonimi, facciano emergere
l’eventuale disagio dei lavoratori
in un determinato settore.
progetti, quali indagini di clima,
codici etici e di condotta, idonei a
prevenire o rimuovere situazioni di
discriminazioni o violenze sessuali,
morali o psicologiche - mobbing nell'amministrazione
appartenenza.
pubblica
di
Progetti di intervento sulle criticità
riscontrate
Monitoraggi successivi agli interventi
effettuati
COMPITI DI VERIFICA su:
La verifica non significa controllo
dell’azione amministrativa.
risultati delle azioni positive, dei
progetti e delle buone pratiche in
materia di pari opportunità;
Non è questo il compito del CUG.
esiti delle azioni di promozione del
benessere
organizzativo
e
prevenzione del disagio lavorativo;
La verifica è utile per rimuovere
le criticità dell’ambiente lavorativo,
per contrastare le eventuali violenze
morali e psicologiche che i lavoratori
subiscono, per evitare il fenomeno
del mobbing nell’ambiente lavorativo
esiti delle azioni di contrasto alle
violenze morali e psicologiche nei
luoghi di lavoro -mobbing;
Il CUG non prende in carico i singoli
casi di mobbing ma cerca di evitare
l’innescarsi di dinamiche relazionali
perverse
COMPITI DI VERIFICA su:
assenza
di
ogni
forma
di
discriminazione, diretta e indiretta,
relativa
al
genere,
all'età,
all'orientamento
sessuale,
alla
razza,
all'origine
etnica,
alla
disabilità, alla religione o alla
lingua, nell'accesso, nel trattamento e
nelle condizioni di lavoro, nella
formazione professionale, promozione
negli avanzamenti di carriera, nella
sicurezza sul lavoro.
Solo un’attenta analisi prima ed un
continuo monitoraggio poi possono
far raggiungere l’obiettivo che
L’Unione europea prima ed il
Legislatore nazionale poi (con la legge
183/2010) hanno richiesto:
“ASSENZA DI OGNI FORMA DI
DISCRIMINAZIONE DIRETTA E
INDIRETTA”
E' più facile spezzare un atomo che un
pregiudizio.
Albert Einstein
Scarica