UNIVERSITA’ DEGLI STUDI «G. D’ANNUNZIO»
CHIETI - PESCARA
FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA
SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN IGIENE E MEDICINA PREVENTIVA
Direttore Prof. F. ROMANO
CONTAMINAZIONE DELLE ACQUE
IN AMBIENTE SANITARIO
Specializzanda
Dott.ssa Donatella DI LORETO
Relatore
Chiar.mo Prof. F. S. SCHIOPPA
Anno Accademico 2005 / 2006
INTRODUZIONE
 Ogni anno nei Paesi occidentali circa il 5-10% di tutti i pazienti
ospedalizzati incorrono in infezioni nosocomiali;
 Sebbene la presenza di patogeni nell’ambiente nosocomiale, e specialmente
nei sistemi di distribuzione idrica, fosse ben nota da decenni, l’importanza
di questa sorgente di contaminazione è stata per lungo tempo sottostimata;
 I microrganismi rilevati nell’acqua e responsabili di infezioni nosocomiali
sono: Legionella spp, Pseudomonas spp, Cryptosporidium spp,
Stenotrophomonas, Burkholderia, Enterobacter, Acinetobacter, Serratia,
batteri associati all’Amoeba, Mycobacteria, funghi, parassiti e virus;
 Nella letteratura internazionale non si ravvisano documenti in grado di
descrivere esattamente il ruolo della contaminazione batterica dell’acqua
nella genesi delle infezioni nosocomiali, se non in particolare per
Legionella ed alcuni micobatteri atipici;
 Le infezioni da Legionella spp sono considerate un problema emergente in
Sanità Pubblica, tanto che sono sottoposte a sorveglianza speciale da parte
dell’OMS, dei paesi Europei e dall’ISS.
NORMATIVA ITALIANA
1.
Linee guida per la prevenzione e il controllo della legionellosi. 4 aprile 2000;
2.
DPR n. 236: Attuazione della direttiva 80/778/CEE concernente la qualità delle
acque destinate al consumo umano, n. 183 del 24 maggio 1988;
3.
D.Lgs 2 febbraio 2001, n. 31: Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla
qualità delle acque destinate al consumo umano;
4.
D.Lgs 2 febbraio 2002, n. 27: Modifiche ed integrazione al decreto legislativo 2
febbraio 2001, n. 31;
5.
D.M. 21 dicembre 1990, n. 443: Regolamento recante disposizioni tecniche
concernenti apparecchiature per il trattamento domestico di acque potabili;
6.
Circolare Ministero della Sanità n. 400 2/9/5708: Sorveglianza delle
legionellosi. 29 dicembre 1993;
7.
Allegato XI del D.lgs 626/94;
8.
Linee guida recanti indicazioni sulla legionellosi per i gestori di strutture
turistico-ricettive e termali. 13 gennaio 2005;
9.
Linee guida recanti indicazioni ai laboratori con attività di diagnosi
microbiologica e controllo ambientale della legionellosi. 13 gennaio 2005.
EPIDEMIOLOGIA
Agente eziologico
 Attualmente al genere Legionella appartengono 48 specie, tra cui
L.pneumophila è la più diffusa (90% delle infezioni).
 Si tratta di sottili bacilli, pleomorfi, Gram-negativi, aerobi, asporigeni e
mobili. Sono difficilmente coltivabili e richiedono terreni di coltura
specifici.
 Costituisce una parte naturale della microflora dell’acqua. Predilige gli
habitat acquatici caldi: si riproduce tra 25-42°, ma è in grado di
sopravvivere in un range di T molto più ampio (5,7-63°). Presenta una
buona sopravvivenza in ambienti sia acidi che alcalini (pH 5,5-8,1).
 Capacità di vivere in simbiosi con altri microrganismi e di moltiplicarsi
all’interno di protozoi ciliati ed amebe, che costituiscono fonte di
nutrimento e di protezione dalle condizioni ambientali sfavorevoli (T ed
acidità elevate, presenza di biocidi).
EPIDEMIOLOGIA
Condizioni naturali favorenti
 Legionella è ampiamente diffusa in natura, dove si trova associata alla
presenza di acqua (superfici lacustri e fluviali, acque costiere, sorgenti
termali, falde idriche). Da queste sorgenti può colonizzare gli ambienti
idrici artificiali (reti cittadine di distribuzione dell’acqua potabile, impianti
idrici dei singoli edifici, impianti di climatizzazione, piscine, fontane) che
si pensa agiscano da amplificatori e disseminatori del microrganismo.
 All’interno degli impianti idrici, Legionella può trovarsi sia in forma libera
nell’acqua che ancorata al biofilm, cioè ad una pellicola di microrganismi
immersi in una matrice organica, dove trova sostentamento e riparo.
Rischio di infezione
 Sono considerati più a rischio i soggetti di sesso maschile, di età avanzata,
fumatori, consumatori di alcool, affetti da malattie croniche e con
immunodeficienza acquisita in seguito ad interventi terapeutici o infezione
da HIV.
EPIDEMIOLOGIA
Modalità di trasmissione
 La legionellosi viene normalmente acquisita per via respiratoria mediante
inalazione di aerosol, prodotti da svariati sistemi idraulici contaminati da
legionelle, oppure mediante inalazione di particelle derivate per essiccamento,
oppure tramite l’uso di acqua contaminata per il lavaggio di apparecchiature
che vengono in contatto con l’apparato respiratorio.
 Non è mai stata dimostrata la trasmissione interumana.
Frequenza della malattia
 Si ritiene che la frequenza della malattia sia largamente sottostimata e che
l’incidenza più probabile in Europa sia superiore ai 20 casi per milione di
abitanti.
 In Italia si registra un incremento del numero di casi a partire dal 2002. E’ però
difficile dire se tale incremento sia legato ad un reale aumento delle infezioni
o al miglioramento delle possibilità diagnostiche e ad una maggiore attenzione
alla diagnosi e notifica da parte degli operatori sanitari.
CLINICA
La legionellosi può presentarsi in tre distinte forme cliniche:
 La Malattia dei Legionari è la forma più severa dell’infezione, con una
letalità che può arrivare fino al 30-50% nel caso di infezioni ospedaliere, e
si presenta come una polmonite acuta difficilmente distinguibile da altre
forme di infezioni respiratorie acute delle basse vie aeree. La malattia si
manifesta dopo un periodo di incubazione variabile da 2 a 10 giorni, con o
senza manifestazioni extrapolmonari (sintomi gastrointestinali, neurologici,
renali e cardiaci, alterazioni dello stato mentale).
 La Febbre di Pontiac è una forma simil-influenzale. Si presenta, dopo un
periodo di incubazione di 24-48 ore, come una malattia acuta autolimitante,
che si risolve in 2-5 giorni spontaneamente, senza interessamento
polmonare e senza casi di mortalità.
 L'infezione da Legionella può manifestarsi anche in forma subclinica, cioè
senza comparsa di sintomi clinici, e si evidenzia solo con il riscontro di
anticorpi anti-Legionella spp.
DIAGNOSI DI LABORATORIO
 Il metodo diagnostico di elezione è l’isolamento e l'identificazione del
microrganismo. Tuttavia esso richiede terreni di coltura speciali e tempi di
crescita relativamente lunghi. La prova dovrebbe essere eseguita
sistematicamente sulle secrezioni respiratorie. E’ il criterio diagnostico più
specifico e permette lo studio comparativo con ceppi di Legionella isolati
dall’ambiente.
 La prova dell’antigenuria (presenza di antigene solubile nelle urine) ha il
vantaggio che è più facile ottenere un campione di urine che un campione di
espettorato adeguato. Inoltre, si positivizza precocemente e può dare risultati
positivi anche per oltre 60 giorni e in corso di terapia antibiotica. Tuttavia
proprio per questo motivo, può risultare difficile distinguere tra infezione acuta,
fase di convalescenza, o infezione pregressa.
 I metodi sierologici sono utili per indagini epidemiologiche ma sono meno
validi per quelle cliniche, data la comparsa talvolta tardiva degli anticorpi
specifici e della necessità di controllare un campione di siero in fase di
convalescenza.
 L’evidenziazione delle legionelle nei campioni clinici per mezzo
dell’immunofluorescenza, pur permettendo di confermare la diagnosi di
polmonite da Legionella entro poche ore, ha una validità inferiore al metodo
colturale.
SORVEGLIANZA
I principali obiettivi della sorveglianza della legionellosi sono:
 monitorare la frequenza di legionellosi, con particolare
attenzione ai fattori di rischio per l'acquisizione della malattia;
 identificare eventuali variazioni nell’andamento della malattia;
 identificare tempestivamente cluster epidemici di legionellosi
dovuti a particolari condizioni ambientali, al fine di
evidenziare i fattori di rischio ed interrompere la catena di
trasmissione;
 attivare appropriate misure di controllo.
Flusso informativo delle schede di sorveglianza della
Legionellosi (Circolare 400.2/9/5708 del 29/12/93)
Direzione Sanitaria dell’ospedale in cui è stata posta la diagnosi
Scheda di sorveglianza
Servizio di Igiene
dell’azienda
USSL
Assessorato alla
Sanità della
REGIONE
ISS
Lab. di Batteriologia
Lab. di Epidemiologia
Ministero della Sanità
METODI DI PREVENZIONE E CONTROLLO DELLA
CONTAMINAZIONE DEL SISTEMA IDRICO
Trattamento termico
Shock termico
Il metodo: Elevare la temperatura dell’acqua a 70-80°C continuativamente per
tre giorni e far scorrere l'acqua quotidianamente attraverso i rubinetti per un
tempo di 30 minuti. E’ fondamentale verificare che, durante la procedura, la
temperatura dell’acqua nei punti distali raggiunga o ecceda i 60°C.
Vantaggi: Non richiede particolari attrezzature e quindi può essere messo in
atto immediatamente, vantaggio non trascurabile in presenza di un cluster
epidemico.
Svantaggi: Richiede tempo e personale, o l'installazione di sonde a distanza.
Inoltre è una modalità di disinfezione sistemica ma temporanea.
Mantenimento costante della temperatura tra 55-60°C all’interno della rete
ed a monte della miscelazione con acqua fredda
Pur garantendo una buona efficacia presenta l’inconveniente degli elevati
consumi di energia.
METODI DI PREVENZIONE E CONTROLLO DELLA
CONTAMINAZIONE DEL SISTEMA IDRICO
Clorazione
Iperclorazione shock
Il metodo: Deve essere effettuata su acqua a temperatura inferiore a 30°, con una
singola immissione di dosi elevate di cloro in acqua fino ad ottenere
concentrazioni di cloro residuo libero di 20-50 mg/L in tutto l’impianto.
Dopo un periodo di contatto, l’acqua viene drenata e nuova acqua viene fatta
scorrere nell’impianto fino a che il livello di cloro ritorna alla concentrazione
di 0,5-1 mg/L.
Iperclorazione continua
Il metodo: Si ottiene con l’aggiunta continua di cloro. Il disinfettante residuo nei
rubinetti deve essere compreso tra 1 e 3 mg/L.
Vantaggi: Garantisce una concentrazione residua del disinfettante in modo da
minimizzare la colonizzazione della legionella nei punti distali.
Svantaggi: Il cloro è corrosivo e può provocare danni alle tubature. La quantità
di cloro residuo è difficilmente compatibile con gli standard attuali
dell’acqua potabile. La clorazione non agisce efficacemente contro amebe e
biofilm. L’efficacia dipende fortemente da temperatura e pH dell’acqua.
METODI DI PREVENZIONE E CONTROLLO DELLA
CONTAMINAZIONE DEL SISTEMA IDRICO
Lampade a raggi ultravioletti
La luce ultravioletta inattiva i batteri interferendo con il loro DNA.
Vantaggi: facilità d’installazione dell’apparecchio e assenza di effetti avversi
sull’acqua o sulle tubature. Il trattamento può essere più efficace se
localizzato in aree piccole (es. reparto di terapia intensiva).
Svantaggi: il flusso dell'acqua sottoposta all'azione dei raggi deve avere uno
spessore di pochi centimetri e deve essere scarsamente torbida per non
limitarne l'efficienza. Non è adeguata come unica modalità per un intero
edificio poiché non possiede effetto residuo.
Ionizzazione rame/argento
Azione sulla parete cellulare del microrganismo. Gli ioni di rame ed argento
sono aggiunti all'acqua elettroliticamente o come ioni metallici.
Vantaggi: facile applicazione e non influenzato dalla temperatura dell’acqua. A
causa dell’accumulo del rame nel biofilm l’effetto battericida persiste per
alcune settimane.
Svantaggi: il sistema è soggetto a delle fluttuazioni di concentrazione. Non
adatto per reti idriche in zinco. Richiede una costante manutenzione degli
elettrodi.
METODI DI PREVENZIONE E CONTROLLO DELLA
CONTAMINAZIONE DEL SISTEMA IDRICO
Ozonizzazione
L'ozono è un gas che, disciolto in acqua, ha caratteristiche biocide circa 20 volte
superiori al cloro.
Vantaggi: richiede tempi di contatto notevolmente inferiori al cloro, la sua
efficacia è indipendente dal pH e dalla temperatura, ha un maggior potere
nella rimozione del biofilm, ha efficacia su tutta la rete idrica, non altera le
caratteristiche di potabilità dell’acqua.
Svantaggi: non ha potere residuo. Il gas può interagire con altre sostanze presenti
nel refluo. Inoltre il suo impiego richiede un impianto di produzione in loco,
misure di sicurezza specifiche, in quanto tossico per inalazione, e l’intervento
di personale altamente qualificato.
Filtrazione
Impiego di filtri, dotati di apposita membrana capace di trattenere particelle di
dimensioni superiori a 0,2 µm, da applicare ai punti d'uso (rubinetti, docce).
In ambito ospedaliero sono utilizzati soprattutto nei reparti a rischio.
Vantaggi: soluzione generalmente applicabile a tutti gli impianti, anche quelli
vetusti. Facilità di utilizzo ed economicità nella gestione.
Svantaggi: sono monouso, con possibilità di utilizzo fino a 14 giorni.
STRATEGIE DI INTERVENTO IN OSPEDALE
Definizione di infezione nosocomiale
Si definisce caso accertato di legionellosi nosocomiale un caso confermato
mediante indagini di laboratorio verificatosi in un paziente che è stato
ospedalizzato continuativamente per almeno 10 giorni prima dell’inizio
dei sintomi. Un’infezione che si manifesta in un paziente ricoverato per un
periodo variabile da 2 a 9 giorni è considerato un caso di malattia di
possibile origine nosocomiale. Due o più casi che si verifichino in un
ospedale nell’arco di 6 mesi, vengono invece definiti come un’epidemia
ospedaliera.
Un aumento del numero di polmoniti nosocomiali deve far pensare a un
cluster di casi di legionellosi e deve indurre i medici a richiedere gli esami
specifici in questi malati.
STRATEGIE DI INTERVENTO IN OSPEDALE
Indagine di legionellosi nosocomiale
1. Conferma della diagnosi. Se possibile isolamento colturale e
identificazione precisa del germe in causa.
2. Notifica alle autorità sanitarie.
3. Ricerca dell'esposizione: locali frequentati e trattamenti a rischio.
4. Ricerca di altri casi.
5. Descrizione della distribuzione nel tempo e nello spazio dei casi.
6. Ricerca di esposizioni comuni.
7. Ipotesi sulla possibile origine dell'infezione.
8. Indagini ambientali mirate.
9. Confronto dei ceppi di Legionella isolati dai malati con quelli isolati
dall'ambiente.
10.Se l'origine dell'epidemia resta difficile da identificare, effettuare
un'indagine di tipo caso-controllo.
STRATEGIE DI INTERVENTO IN OSPEDALE
Valutazione del rischio di contrarre la malattia
Presenza di una concentrazione di legionelle fino a 102 UFC/L (assenza di
casi): non è necessario alcun intervento.
Presenza di una concentrazione di legionelle compresa tra 103-104 UFC/L:
contaminazione, si potrebbero verificare casi sporadici:
•In assenza di casi è raccomandata una aumentata sorveglianza clinica, in
particolare per i pazienti a rischio. Evitare l'uso dell'acqua dell'impianto
idrico per docce o abluzioni che possano provocare la formazione di
aerosol. Ripetere periodicamente i controlli batteriologici.
•In presenza di un caso effettuare la bonifica ambientale ed adottare
misure specifiche di prevenzione e controllo.
Presenza di una concentrazione di legionelle > 104 UFC/L: contaminazione
importante. Mettere in atto immediatamente misure di decontaminazione:
shock termico o iperclorazione. Successiva verifica dei risultati.
STRATEGIE DI INTERVENTO IN OSPEDALE
Misure a breve termine
Poiché la disinfezione puntuale di una rete senza misure strutturali ha solo
un’azione temporanea, è necessario mettere in atto le seguenti misure:
Sostituzione dei giunti, filtri dei rubinetti e cipolle delle docce, tubi flessibili
delle docce usurati e di ogni altro elemento di discontinuità.
Decalcificazione degli elementi meno usurati e disinfezione.
Dopo la bonifica, effettuare ulteriori controlli ambientali, con la seguente
cadenza:
immediatamente dopo la bonifica;
se il risultato è negativo, dopo 15-30 giorni;
se negativo, dopo tre mesi;
se negativo, periodicamente ogni sei mesi.
STRATEGIE DI INTERVENTO IN OSPEDALE
Misure a lungo termine
Almeno una volta l’anno svuotare, pulire e disinfettare serbatoi, scaldabagni e
tubature.
Controllare la formazione di depositi di calcare sui circuiti dell’acqua calda.
Decalcificazione periferica delle docce al minimo una volta all’anno.
In occasione di lavori sulla rete idrica approfittare per eliminare bracci morti e
tubi ostruiti. Aggiornare la pianta della rete.
Per le attrezzature che generano aerosol è opportuno utilizzare sempre acqua
sterile sostituita giornalmente e mai rabboccata. I componenti delle attrezzature
per l’assistenza respiratoria devono essere monouso sterili o decontaminati in
modo adeguato dopo l’uso.
Se i casi sono associati ad impianti di condizionamento dell’aria, occorre
bloccarli, procedere alla loro pulizia e disinfezione, alla loro modifica (se
necessaria) ed alla loro regolare manutenzione con particolare riferimento alla
sostituzione dei filtri.
REPARTI AD ALTO RISCHIO
Le aree maggiormente esposte sono: Dialisi, Neonatologia, Oncoematologia,
Trapianti, Sale Operatorie, Geriatria, Neurologia e Terapia Intensiva. Il
rischio di infezione, infatti, è più elevato in relazione allo status di
immunosoppressione, alla terapia farmacologica che riceve il paziente ed ai
protocolli di attività sanitarie per cui è previsto l’utilizzo dell’acqua.
Da circa un decennio è stato posto in grande evidenza il problema della
contaminazione batterica del liquido di dialisi. Inoltre, è ampiamente dimostrato
il legame che esiste tra qualità del liquido di dialisi e aspettativa di vita del
paziente. Se pure le moderne tecnologie attualmente disponibili sul mercato
consentono di produrre inizialmente acqua per dialisi di elevatissimo grado di
purezza, risulta molto più impegnativo riuscire a mantenere tale grado di purezza
nelle fasi successive.
Il parto in acqua è una modalità di parto sempre più richiesto dalle donne. Però
tanti esperti di igiene ospedaliera, medici ginecologi e neonatologi sono tuttavia
scettici e mettono in guardia dal rischio di contrarre infezioni, tra cui da
Legionella.
CONCLUSIONI
La situazione italiana comporta ancora molto lavoro in termini di:
 Maggiore attenzione alla diagnosi e alla notifica della patologia, soprattutto
nelle regioni del sud;
 Approvvigionamento da parte dei laboratori di microbiologia clinica di
almeno un test per effettuare diagnosi rapida (determinazione dell’antigene
urinario);
 Costituzione di laboratori di riferimento regionali;
 Per quanto riguarda le linee guida, pur non essendo trascorso molto tempo
dalla loro pubblicazione, sarebbe necessario un aggiornamento, in
adeguamento con quanto riportato nelle linee guida internazionali soprattutto
in merito a:
• La soglia d’intervento;
• Misure di prevenzione e controllo in sezioni ospedaliere con pazienti
gravemente immunocompromessi;
• Metodi di bonifica, alla luce delle nuove conoscenze;
• Aggiornamento della definizione di caso e di cluster secondo quanto
stabilito dall’European Working Group on Legionella.