Seminari 2005 presso Ospedale Monaldi

La ragioni evolutive e i
meccanismi fisiologici alla
base della limitazione della
durata della vita
Interrogativi:
Dove e quando si invecchia?
Perché invecchiamo?
Testo integrale e bibliografia nel sito:
www.r-site.org/inv
Classificazione di Masoro (1998)
delle affezioni dell’età senile
1) Age Changes
(invecchiamento vero e
proprio)
2) Malattie causate da fattori
estrinseci (eccessi alimentari,
fumo, inquinanti, etc.)
3) Malattie associate all’età anziana
(malattie genetiche frequenti nell’età
senile per scarsa selezione contro i geni
che ne sono la causa)
Non ho mai fumato, mi sono sempre alimentato in modo
corretto, ho seguito tutti i consigli medici per prevenire le
malattie, sono sempre stato in pace con me stesso, per
fortuna non soffro di Alzheimer o di Parkinson …
Perché sono invecchiato?
Un grande equivoco: l’aumento della vita media
Soggetti con oltre 70 anni:
Campania - Censimento 1991: 6,74%
Campania - Censimento 1901: 4,32%
Ma:
Nel Circondario di Napoli: 3,77%
Nel Circondario di Sala Consilina: 6,94%
Nel Circondario di Vallo della Lucania: 6,63%
In larga parte l’aumento della vita media è dovuto alla
riduzione della mortalità infantile (nel 1901: 39,7% nella
fascia 0-4 anni ed un ulteriore 5,0% nella fascia 4-14!)
Uno schema
di circa 30
anni fa
La mortalità
dopo i 60 anni si
è ridotta in
misura
marginale
Interrogativi
DOVE E QUANDO
INVECCHIAMO?
Luoghi e tempi in cui si
manifesta l’invecchiamento
Dove
Quando
Perché
Come
Cosa fare
Un saldo punto di partenza!
1) Tutti gli esseri viventi in ogni tempo e in ogni
luogo sono stati e sono soggetti ad invecchiamento,
sia pure in varia misura e forma.
2) Il deteriorarsi progressivo col tempo è intrinseco
alla natura di qualsiasi essere vivente o cosa.
Questa visione è alla base della nostra civiltà
Ciò è falso!
Non si ha notizia di uomini che non siano invecchiati e ciò è
altrettanto vero per moltissime specie di esseri viventi.
Ma già nel 1925 Bidder aveva rilevato che:
Per molte specie di vertebrati inferiori la mortalità non aumenta
affatto con l’aumentare dell’età.
Un importante indizio …
Bidder osservava anche che:
la sconfessione di molte teorie sulla senescenza consegue
alla dimostrazione che non è affatto universalmente
presente nei vertebrati.
Inoltre, l’affermazione:
“Il deteriorarsi progressivo col tempo è intrinseco
alla natura di qualsiasi cosa o entità, compresi
gli esseri viventi”,
non può essere accettata come vera finché non è
dimostrata.
Interrogativi
Dove
Quando
Perché
Come
PERCHE’ INVECCHIAMO?
Meccanismi evolutivi che
spiegano l’invecchiamento
Cosa fare
Interpretazione evoluzionistica corrente dell’invecchiamento
(Kirkwood e Austad, Nature, 2000)
1) Gli individui senescenti per la gravità delle loro
alterazioni sono quasi o del tutto incompatibili con la
sopravvivenza allo stato selvatico.
Pertanto la senescenza essendo quasi del tutto assente
nello stato naturale non può essere efficacemente
contrastata dalla selezione naturale.
SEGUE
2) Inoltre qualsiasi ipotetico gene che accelerasse
l’invecchiamento sarebbe svantaggioso per l’individuo
e pertanto sarebbe eliminato dalla selezione.
SEGUE
3) L’invecchiamento è il risultato di insufficiente selezione
contro:
- Mutazioni dannose che si manifestano ad età maggiori
e che si sono accumulate con il passare delle
generazioni;
- Mutazioni vantaggiose in età giovanile e dannose in età
successive e che pure si sono accumulate con il passare
delle generazioni;
- Limiti fisiologici, biochimici o di altro tipo più
pressanti dell’esigenza di una maggiore longevità.
SEGUE
4) Per una specie quanto maggiore è la mortalità
ambientale, tanto meno efficace è la selezione contro i
fattori anzidetti e pertanto tanto più precoce deve
essere l’invecchiamento.
CRITICA DEL PUNTO 1
1) Gli individui senescenti per la gravità delle loro
alterazioni sono quasi o del tutto incompatibili con
la sopravvivenza allo stato selvatico.
Pertanto la senescenza essendo quasi del tutto
assente nello stato naturale non può essere
efficacemente contrastata dalla selezione naturale.
Se l’invecchiamento fosse la conseguenza di
caratteristiche presenti in individui di età
esistenti in condizioni naturali, tali
caratteristiche sarebbero soggette a
selezione e quindi indirettamente
l’invecchiamento sarebbe influenzato dalla
selezione!
Sopravviventi (in %)
Non è un’ipotesi fantasiosa!
Anni
Curva A: Tabella di sopravvivenza per la specie Panthera leo (leone) allo stato naturale
(Dati da Ricklefs, 1998)
Linea C: Limite arbitrario oltre il quale gli individui si possono considerare senescenti
In condizioni naturali, per il leone, come per tante
altre specie, uomo compreso, si osserva un
incremento progressivo della mortalità prima
che si raggiunga l’età in cui gli individui si
possano considerare senescenti.
E’ già stata evidenziata l’estrema importanza
dello studio di tale incremento della mortalità
(Libertini, J. Theor. Biol., 1988;
Holmes and Austad, 1995)
Sopravviventi (in %)
Che succede riducendo
artificialmente la mortalità?
Anni
Curva A e linea C: come per l’immagine precedente
Curva B: Tabella di sopravvivenza della stessa specie in condizioni artificiali di bassa
mortalità ambientale (o estrinseca)
In condizioni naturali una piccola riduzione della
velocità nella corsa o della forza o della capacità
visiva (etc.) riducono sensibilmente la capacità di
sopravvivenza.
Se abbassiamo artificialmente la mortalità quelle
cause (qualunque esse siano) che riducono
velocità, forza, etc. continueranno
presumibilmente ad esplicare la loro azione e
l’individuo raggiungerà quella condizione estrema
che chiamiamo vecchiaia.
Per capire le cause di tale condizione di senescenza
dobbiamo capire innanzitutto le cause evolutive della
riduzione della fitness in condizioni naturali!
Dobbiamo inoltre considerare correttamente le
grossolane alterazioni dei soggetti senescenti come
una sorta di esperimento di amplificazione delle
piccole alterazioni che causano l’incremento della
mortalità allo stato selvatico.
CRITICA DEL PUNTO 2
2) Inoltre qualsiasi ipotetico gene che accelerasse
l’invecchiamento sarebbe svantaggioso per
l’individuo e pertanto sarebbe eliminato dalla
selezione.
Da un punto di vista teorico tale
affermazione è erronea!
Essa non considera la fitness globale (“inclusive
fitness”: Hamilton, 1964, 1970; Wilson, 1975) che è
una teoria fondamentale del presente pensiero
biologico e forse il maggiore sviluppo nel campo
della teoria evoluzionistica.
Un gene dannoso per l’individuo che lo possiede
(=fitness individuale negativa) può avere una fitness
globale positiva ed essere favorito dalla selezione
naturale!
Vediamo un esempio banale
Un gene per le cure parentali (ad esempio per
l’allattamento di un figlio) ha una fitness individuale
negativa perché sottrae risorse al genitore.
Ma poiché è di estrema importanza per la sopravvivenza
del figlio la sua fitness globale è positiva ed è pertanto
favorito dalla selezione naturale.
Esempi di valutazione della fitness globale di un gene che
determina un’azione del soggetto A nei confronti del fratello B
A
B
A
B
Se in conseguenza dell’azione l’area nera aumenta il gene è avvantaggiato dalla selezione
Nelle formiche per un particolare meccanismo genetico vi è
più comunanza di geni fra due formiche sorelle (75%) che fra
una formica e una figlia (50%)
Per un gene di una formica è più conveniente allevare una sorella che
una figlia!
Ciò permise ad Hamilton di spiegare l’incredibile organizzazione
sociale delle formiche che per Darwin era del tutto incomprensibile
Lo stesso accade anche per le api
Dire che un gene dannoso per l’individuo è
sempre contrastato dalla selezione naturale
è una affermazione erronea.
Se la fitness globale del gene è positiva esso è
favorito dalla selezione naturale!
Alla ricerca del paradossale …
Ciò è solo una sterile precisazione teorica o vi è
qualche possibile applicazione nel nostro
caso specifico?
Ovvero: in qual modo un gene che riduce la
durata della vita potrebbe avere una fitness
globale positiva?
Premessa: Diffusione nell’ambito di una specie
di un gene C con vantaggio S
Formula: Cn+1 = Cn·(1+S) / (1+Cn·S) dove n = numero della generazione
Effetti della variazione di S
Effetti della variazione della durata delle generazioni
ovvero della durata media della vita (ML)
Aumentare il vantaggio (S) o ridurre la durata
media della vita (ML) ha lo stesso effetto sulla
velocità di diffusione di un gene
(Leopold, 1961; Libertini, 1988)
Ma la selezione a livello di specie è un
argomento inaccettabile
(Maynard Smith, 1964 e 1976)
E’ indispensabile dimostrare che un gene C
che riduca la vita media è favorito dalla
selezione naturale
Ovvero occorre dimostrare che il gene C ha
una fitness globale positiva.
Se l’anzidetto gene C, presente nell’individuo I, allorché
esplica la sua azione facendo premorire I, questi è
sostituito da un individuo I’ imparentato
geneticamente con I, il gene C avrà una fitness globale
positiva se:
r · Σ(S) · Z > S’
dove:
r = coefficiente di parentela fra I e I’;
Σ(S) = sommatoria dei vantaggi di tutti i geni vantaggiosi
in diffusione nella specie;
Z = la riduzione della vita media causata da C;
S’ = svantaggi per l’individuo I derivanti da una minore
vita media
(Libertini, 1988).
In termini ecologici affinché tale equazione sia positiva
occorrono che si verifichino due condizioni:
1) Popolazione numericamente costante con uno spazio
vitale limitato: vale a dire solo quando muoiono degli
individui vi è spazio per altri individui.
2) Gli individui I’ debbono avere rispetto agli individui I
premorienti un valore di r superiore a quello medio
nell’intera popolazione.
Queste due condizioni sono presenti in generali per
specie K-selected (Pianka, 1970).
Esempi di specie K-selected sono quelle dei vertebrati
superiori che vivono in numero abbastanza stabile,
divisi in piccole popolazioni ciascuna con un
proprio territorio definito.
Secondo la teoria le specie K-selected dovevano
mostrare l’aumento della mortalità mentre le altre
non dovevano mostrarla (Libertini, 1988).
Ciò trovava conferma nelle osservazioni naturali
(Deevey, 1947; Pianka, 1970; Wilson 1975).
Per la prima volta una teoria, in conformità al criterio
di Bidder, spiegava in termini evolutivi anche
l’esistenza delle specie che non presentano un
incremento della mortalità progressivo con il
trascorrere degli anni.
CRITICA DEL PUNTO 3
3) L’invecchiamento è il risultato di insufficiente
selezione contro:
A) Mutazioni dannose che si manifestano ad età
maggiori e che si sono accumulate nei millenni con il
passare delle generazioni;
B) Mutazioni vantaggiose in età giovanile e dannose in
età successive e che pure si sono accumulate con il
passare delle generazioni;
C) Limiti fisiologici, biochimici o di altro tipo più
pressanti dell’esigenza di una maggiore longevità
A riguardo della prima teoria (mutazioni dannose):
Ricklefs (1998): “… ad un certo punto la
selezione diventa più debole delle forze di
mutazione e della deriva genetica e le
risposte adattative dell’evoluzione cessano
… Comunque, questo punto è ben dopo che il
99% degli individui in una popolazione è
morto, e il meccanismo pertanto è
irrilevante per i meccanismi di morte dovuti
alla senescenza che accadono fino a questo
punto”
Sopravviventi (in %)
1) La selezione contro mutazioni dannose
diventa inefficace solo quando sono pochi gli
individui sopravvissuti all’età in cui la
mutazione esprime il suo danno
Anni
2) Pertanto mutazioni dannose insufficientemente eliminate dalla
selezione non possono giustificare l’incremento della mortalità a
sinistra della linea C
E se le mutazioni dannose fossero
numerosissime?
Potrebbe il loro effetto combinato causare
l’incremento della mortalità?
A questo interrogativo è stato risposto
negativamente con uno specifico modello
teorico (Libertini, 1988)
A riguardo della seconda teoria (geni con più azioni):
Secondo questa teoria l’aumento della
mortalità è causato da geni vantaggiosi
nelle età giovanili e dannosi in quelle
successive
Ma pochi candidati plausibili come geni di
tale tipo sono stati riconosciuti”
(Ricklefs, 1998).
Per i vertebrati non ne conosciamo alcuno
A riguardo della terza teoria (limiti fisiologici):
Secondo questa teoria vi sono dei limiti
fisiologici, biochimici o di altro tipo che
costringono l’organismo ad una
continua scelta fra un migliore
adattamento e una maggiore longevità.
Questa teoria non spiega affatto i limiti che
costringono all’anzidetta scelta e quindi più che una
teoria è un principio teorico non dimostrato.
CRITICA DEL PUNTO 4
4) Per una specie quanto maggiore è la mortalità
ambientale, tanto meno efficace è la selezione
contro i fattori anzidetti e pertanto tanto più
precoce deve essere l’invecchiamento.
Questa previsione è l’esatto contrario di
quanto previsto dalla teoria per la quale la
limitazione della durata della vita ha un
valore adattativo (Libertini, 1988).
Secondo questa teoria alternativa: quanto più
è alta la mortalità ambientale tanto più
diventa inutile limitare la durata della vita
con meccanismi intrinseci. La specie cioè
diventa più longeva
(“effetto Matusalemme”).
Abbiamo due previsioni opposte:
Secondo le tre teorie classiche
è prevista una correlazione
DIRETTA fra mortalità
estrinseca (o ambientale) e
mortalità intrinseca (ovvero
dovuta all’invecchiamento).
Secondo la teoria alternativa è
prevista una correlazione
INVERSA fra mortalità
estrinseca e mortalità
intrinseca.
I dati mostrano una netta correlazione INVERSA fra mortalità
estrinseca e la proporzione di morti dovute alla mortalità intrinseca
Diagramma da
Ricklefs, American
Naturalist, 1998
Ricklefs dichiara:
“… l’analisi rivela che le popolazioni con mortalità
estrinseca più bassa soffrono per una maggiore
quota di morti dovute alla senescenza.
Questo risultato è in contrasto con i modelli genetici di
senescenza basati sull’accumulo di mutazioni o
sull’ipotesi di geni con più azioni …”
SEGUE
SEGUE
“… le osservazioni riportate qui di un incremento
della mortalità correlato con la senescenza in
popolazioni con più bassa mortalità iniziale (o
ambientale) depongono contro due popolari ipotesi
(senescenza dovuta a mutazioni dannose o
senescenza dovuta a geni con più azioni) per le basi
genetiche dell’invecchiamento negli uccelli e nei
mammiferi.”
SEGUE
SEGUE
“La terza teoria (senescenza dovuta a limiti fisiologici)
potrebbe essere compatibile con le anzidette
osservazioni se la variazione genetica per le capacità
di riparazione si riducesse con l’aumento dell’età di
espressione del deterioramento fisiologico.
Cioè, il minor danno subito da individui più giovani
può essere più facilmente prevenuto o riparato
rispetto al danno più serio sofferto dagli individui
più vecchi.”
Conclusione:
due visioni del tutto opposte
Le teorie correnti, che interpretano la senescenza come
dovuta ad insufficiente selezione contro agenti di varia
natura, hanno insormontabili falle da un punto di vista
teorico e portano a previsioni contraddette dai dati
dell’osservazione naturale.
La teoria alternativa vede l’incremento della mortalità in
condizioni naturali come un qualcosa favorito dalla
selezione naturale in certe condizioni in cui ha una
fitness globale positiva. Ciò è paradossale ma coerente
da un punto di vista teorico e porta a previsioni
confermate dai dati dell’osservazione naturale.
FINE
Testo integrale e bibliografia nel sito:
www.r-site.org/inv