Raccomandazioni per la Gestione del Sickle Cell

1
Gruppo di lavoro
“Raccomandazioni per la gestione del dolore da Malattia a cellule
falciformi”
Agostino Nocerino (Clinica Pediatrica, AOU S. Maria della Misericordia UDINE); Alberto Arrighini, Federica
Lottici (Ospedale dei Bambini, AO Spedali Civili BRESCIA); Fabio Borrometi, Antonio Campa, Loredana
Celentano (AORN Santobono Pausilipon NAPOLI); Fabio Cardinale, Annunziata Lucarelli (UO di Pediatria e
Pronto Soccorso, Ospedale Pediatrico “Giovanni XIII”, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Bari)
Disegni di Anna Pusiol (Clinica Pediatrica , Udine)
2
La malattia a cellule falciformi (o malattia drepanocitica), in passato molto poco presente in Italia con
l’eccezione della Sicilia (dove però prevale la microdrepanocitosi, ovvero la doppia eterozigosi S-beta
talassemia, con caratteristiche cliniche non sovrapponibili a quelle della omozigosi SS), sta divenendo una
patologia sempre più spesso osservata in Pronto Soccorso, per i flussi migratori dai paesi in cui è più
frequente e perché può presentare vari problemi acuti, il più comune dei quali è rappresentato dalle crisi
dolorose vaso-occlusive, spesso molto gravi. Il dolore è di regola così intenso che nell’antico Ghana veniva
denominato con termini che rappresentavano una descrizione onomatopeica ripetitiva del dolore.
Purtroppo le crisi dolorose sono spesso sottovalutate e non trattate con sufficiente intensità. Ne consegue
anche un condizionamento del bambino nelle crisi successive, con l’aggiunta al dolore della paura di non
ricevere un trattamento adeguato.
3
TRIAGE
Tutti i pazienti con malattia a cellule falciformi devono ricevere un CODICE GIALLO all’ingresso in Pronto
Soccorso, in considerazione di:
1.
Frequente presenza di DOLORE INTENSO che deve essere trattato entro 30 minuti
dall’ingresso
2. Possibile compresenza di altre complicazioni gravi (SHOCK SETTICO, ANEMIZZAZIONE
RAPIDA DA SEQUESTRAZIONE SPLENICA, INFARTO CEREBRALE)
Un codice diverso può essere attribuito solo in alcuni casi, ad esempio:
CODICE VERDE




PATOLOGIA DERMATOLOGICA
PATOLOGIA ORL NON DOLOROSA
FERITE CUTANEE LIEVI
USTIONI 1° GRADO
CODICE BIANCO:

PROBLEMI MEDICO LEGALI
Possibili problemi concomitanti principali
1. Crisi dolorosa vaso-occlusiva
5. Anemia aplastica
2. Sindrome toracica
6. Infarto cerebrale
3. Sepsi da germi capsulati
7. Priapismo
4. Sequestrazione splenica
(vedi appendice)
4
Valutazione all’ingresso
1. DOLORE

Stadiazione del dolore con descrizione delle sue caratteristiche:

Crisi vaso-occlusiva muscolo-scheletrica

Priapismo

Sindrome toracica

Cefalea (INFARTO CEREBRALE ?)
2. VALUTAZIONE ABCD
3. SEGNI E SINTOMI: bambino abbattuto, tumefazione, dolore, cefalea, pallore, astenia, ittero,
dispnea, priapismo, orchialgia, afasia, deposte convulsioni
4. SCORE DOLORE applicando le scale di valutazione adeguate all’età

NIPS DA 0 A 28 GG
Punteggio
0
1
espressione
rilassata
smorfia
Pianto
assente
piagnucoloso
Tipo di
regolare
alterato
Rilassate
Flesse
contenute
estese
Rilassate
Flesse
contenute
estese
Stato di
Sonno
agitato
vigilanza
veglia
2
facciale
respiro
Braccio
Gambe
vigoroso
5

FLACC DA 28 GG A 3 ANNI

WONG-BAKER DA 3 A 7 ANNI

VAS DA 7 A 14 ANNI
6
ALTRE VALUTAZIONI





Anamnesi
Parametri vitali: FC ,FR, SO2, PA, T°C, COLORITO CUTANEO.
Stick urine
Si ritiene appropriato entro 30 minuti la somministrazione di analgesico
Valutazione idratazione
INTERVENTI
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A)
VALUTARE SE

Il dolore è il motivo di ricorso in PS.
OPPURE

Il dolore è sintomo concomitante al motivo per cui il paziente giunge in PS
in questo caso si avvieranno contemporaneamente:

procedure diagnostico-terapeutiche appropriate
E

trattamento del dolore.
B)
Valutare eventuale assunzione di antidolorifici (dosi e tempi) prima dell’accesso in PS.
C)
Quantificazione del dolore secondo scale VALIDATE adeguate per età:
CLASSIFICAZIONE DEL DOLORE IN BASE ALL’INTENSITA’
DOLORE LIEVE:
VAS <3
DOLORE “MODERATO”:
VAS 3-<7
DOLORE “SEVERO”:
VAS 7-10
................................................................................................................................................
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GESTIONE DELLE CRISI VASO-OCCLUSIVE
DOLOROSE LIEVI
IN PAZIENTE PEDIATRICO con Malattia a cellule falciformi

Paracetamolo e ibuprofene sono i farmaci più frequentemente utilizzati in caso di dolore lieve.

Per questo motivo vengono comunemente consigliati nella malattia a cellule falciforme, anche
se non esistono studi controllati che ne confrontino l’uso con altri farmaci.

L’associazione tra i due farmaci, benché frequentemente utilizzata, non ha ancora una
sufficiente sperimentazione.

Non esistono dati che favoriscano l’uso dell’uno o dell’altro farmaco nella malattia a cellule
falciformi, anche se si può ipotizzare che possa essere preferito l’ibuprofene per la più lunga
durata di azione e per l’azione antiinfiammatoria, in considerazione dell’importanza che hanno
i fenomeni infiammatori nella genesi della crisi vaso-occlusiva (vedi appedice).
Dolore LIEVE (intensità <3 secondo OMS),
non assunzione di terapia antalgica precedente:
somministrare
PARACETAMOLO
oppure
IBUPROFENE
Dose
20 mg/kg
10 mg/Kg
Attacco
20 (30) mg/kg
10 mg/Kg
Mantenimento
(15)-20 mg/kg ogni 6-8 ore
ogni 8 ore
Dose max.
90 mg/kg/die
30-(40) mg/Kg/die
(60 mg/kg/die se fatt. di rischio o tempi > 48/h)
Max 1,2 g/die
>150 mg/Kg/die
> 100 mg/Kg/die
Dose tossica
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Rivalutazione dopo 30 minuti:
REMISSIONE DEL DOLORE
SI
Prescrizione della terapia a domicilio
per almeno 3 gg, da continuare se il
dolore persiste.
NO
A) somministrare farmaci di liv. superiore
(secondo terapia del dolore moderato)
eventualmente
A DISCREZIONE DEL CLINICO in caso di controllo
insufficiente del dolore
B) associare l’altro dei due farmaci
(paracetamolo/ibuprofene)*
(secondo schema precedente)
Rivalutazione dopo 30 minuti:
REMISSIONE DEL DOLORE
SI
NO
Prescrizione della terapia a domicilio
somministrare farmaci
per tre giorni
di livello superiore
poi rivalutazione clinica.
(terapia. del dolore moderato)
* evidenze di letteratura non univocamente concordi sulla efficacia e sicurezza della associazione dei due
farmaci in pediatria.
10
Dolore LIEVE (intensità <3 secondo OMS),
riferita assunzione di terapia antalgica precedente:
1. Valutare farmaco assunto (adeguatezza della dose ed orario di assunzione);
2. Se terapia adeguata ed il dolore persiste:
A) Somministrare farmaci di livello superiore
oppure (A DISCREZIONE DEL CLINICO)
B) Associare l’altro dei due farmaci (paracetamolo/ibuprofene)* secondo schema
precedente.
Rivalutazione dopo 30 minuti:
REMISSIONE DEL DOLORE
SI
NO
Prescrizione della terapia a domicilio
Somministrare farmaci
per tre giorni, poi rivalutazione clinica.
di livello superiore
(terapia del dolore moderato)
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GESTIONE DELLE CRISI VASO-OCCLUSIVE
DOLOROSE “MODERATE”
IN PAZIENTE PEDIATRICO con Malattia a cellule falciformi
PAZIENTE DI ETÀ >12 ANNI
che non sia già in trattamento con oppioidi
Paracetamolo-codeina
per os (paracetamolo500 mg, codeina 30 mg)
o per via rettale (paracetamolo 400 mg, codeina 20 mg)
seguito da
1 cps. o supp. ogni 8 ore
PAZIENTE DI ETÀ <12 ANNI
che non sia già in trattamento con oppioidi
Tramadolo per os o e.v. ( 1-2mg/kg );
seguito da
4 mg/kg/die e.v. in infusione continua oppure
2 mg /kg ogni 6-8 ore per os
SE ANALGESIA INSUFFICIENTE
Associare
ketorolac 0,5 mg/kg ogni 8 ore e.v. o per os (per non più di 72 ore)
oppure
paracetamolo e.v.
15 mg/kg in 15’ ogni 6 ore ( 7,5 mg/Kg se <10Kg)
oppure 20 mg/kg per os ogni 6-8 ore
Si ricorda che il tramadolo è di uso off-label al di sotto dei 12 mesi
12
GESTIONE DELLE CRISI VASO-OCCLUSIVE
DOLOROSE GRAVI
IN PAZIENTE PEDIATRICO con Malattia a cellule falciformi
Se non in terapia con oppioidi:
morfina e.v. 0,05-0,1 mg/kg in bolo seguita da infusione continua di 0,02/mg/kg/hr , da rivalutare dopo
30’
Se analgesia insufficiente “complementare” la dose di morfina (se utilizzati 0,05mg/kg) ed eventualmente
associare ketorolac 0,5 mg/kg ogni 8 ore per non più di 72 ore o paracetamolo e.v. 15mg/kg in 15’ ogni 6
ore. (7,5 mg/Kg se <10Kg ) (Considerare la possibilità di ravvicinare la seconda somministrazione di
paracetamolo a 4h dopo, conservando la dose massima die)
PREVEDERE per entrambe le modalità di somministrazione una dose rescue dell’oppioide (pari al 10/15%
della dose die se definita)
Se già in trattamento con oppioide praticare dose rescue dell’oppioide in uso e/o associazione con
ketorolac o paracetamolo (alle dosi sopra riportate)
Premesso che le evidenze in letteratura suggeriscono esclusivamente la via di somministrazione venosa in
caso di dolore severo, si consideri la possibilità, nelle more del conseguimento dell’accesso venoso, di
somministrare lollipop di fentanil transmucosale da mantenere nei fornici gengivali fino alla scomparsa
del sintomo.
Monitoraggio: clinico e strumentale : parametri vitali F.C, F.R.,P.A.
Si ricorda che il ketorolac ed il fentanil transmucosale sono di uso off label al di sotto dei 16 anni,
Per dolore intenso/ prolungato e di difficile gestione:
Morfina somministrata in PCA (Patient Controlled Analgesia)
per pazienti >6 anni
( NCA per pazienti <6 anni)
eventualmente associata a paracetamolo e.v. 15mg/kg in 15’ ogni 6 ore. ( 7,5 mg/Kg se <10Kg ) e/o
ketorolac secondo le dosi prima riportate.
Lo schema di somministrazione potrebbe ricalcare il seguente (GOSH) :
13
Per la PCA:
Per la NCA
( per pazienti <6 anni)
background: 0ml/hr or 0.2ml/hr
background: 0, 0.2, 0.5 or 1ml/hr
dose bolo: 0.5ml or 1ml
dose bolo: 0.5ml or 1ml
(max. 2ml se il paziente pesa > 50kg)
lockout: 20 o 30 minuti
lockout: 5 o 10 minuti
La concentrazione di morfina cambia in ragione del peso del paziente
Se non è possibile usare PCA/NCA definire comunque una dose rescue e l’intervallo minimo per la
successiva somministrazione
Monitoraggio della sedazione
Al monitoraggio già previsto per il dolore severo si può aggiungere il monitoraggio della sedazione secondo
questo schema:
0 = sveglio
1 = sonno / risponde in modo appropriato
2 = sonnolento / risponde agli stimoli luminosi
3 = sonno profondo / risponde a stimoli dolorosi
4 = non risponde agli stimoli
................................................................................................................................................
14
PRIAPISMO
Considerare di eseguire un blocco del pene in sedazione

Viene eseguito bloccando i nervi dorsali del pene alla loro emergenza dalla pelvi.

L'ago viene introdotto ai lati del pene per 1 cm e quindi viene iniettato il farmaco anestetico (mepivacaina 12% o (levo) bupivacaina 0.25-0,5% 1-2ml per lato).

Usualmente si ottiene una buona analgesia per circa 4-6 ore a seconda dell'anestetico usato.
In caso di dolore agli arti inferiori (associato a priapismo):
Considerare la possibilità di chiedere la collaborazione dell’anestesista per posizionare un catetere
peridurale per infusione continua di AALL e oppioidi
TERAPIE NON FARMACOLOGICHE
DEL DOLORE
IN PAZIENTE PEDIATRICO con Malattia a cellule falciformi
Si invia alla sezione sulle terapie non farmacologiche nel sito piper.nientemale.it
Nella malattia a cellule falciformi sono stati utilizzati impacchi caldi, massaggi, tecniche di distrazione.
...............................................................................................................................................
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ALTRE TERAPIE DA CONSIDERARE IN CASO DI
CRISI DOLOROSA VASO-OCCLUSIVA
Idratazione

La disidratazione è un fattore scatenante e aggravante la crisi vaso-occlusiva, perché provoca un
aumento della viscosità del sangue, che promuove e mantiene il processo di falcizzazione 1.
(Adekile 1999): è necessario quindi assicurare un’adeguata idratazione al paziente.

Nei casi con dolore lieve e nella maggior parte dei casi con dolore moderato un’adeguata
idratazione orale è sufficiente.

Nei casi con dolore grave, soprattutto se accompagnato da febbre, vomito o diarrea più gravi è di
solito necessaria l’idratazione parenterale.

Viene di solito consigliato un volume di idratazione pari ad una volta o una volta e mezzo il
mantenimento 2, ma non esiste alcuna evidenza del vantaggio dell’iperidratazione rispetto alla
semplice prevenzione della disidratazione garantendo la somministrazione dei volumi

Al contrario l’iperidratazione può favorire la comparsa di una sindrome toracica
3 4
. Particolare
attenzione al sovraccarico di liquidi deve essere prestata nei pazienti trattati con oppioidi, che
riducono l’output cardiaco ed in quelli che già hanno sviluppato una sindrome toracica, nella quale
l’iperidratazione può favorire la comparsa di aree di polmonite 5.

Pertanto va garantita un’idratazione adeguata, ma è da evitare l’iperidratazione.
Trasfusioni

La crisi vaso-occlusiva acuta non accompagnata da altre complicanze non è un’indicazione alla
trasfusione.
Ossigenoterapia

Non è di nessuna utilità nel paziente non ipossico. Inoltre l’uso prolungato e continuo di ossigeno può
sopprimere l’eritropoiesi con conseguente rischio di incremento dell’anemia, e la sua sospensione può
far precipitare le crisi dolorose 6.
Antibiotici

La malattia drepanocitica si associa ad un elevato rischio di infezioni gravissime da batteri capsulati a
causa dell’asplenia funzionale di questi pazienti.
16

Per questo motivo se la crisi dolorosa si associa a febbre va esclusa la presenza di una batteriemia e va
iniziata una terapia antibiotica empirica, soprattutto nel bambino di età inferiore a 5 anni.
RACCOMANDAZIONI PER IL REINVIO A
DOMICILIO

Il paziente può essere reinviato a domicilio se il dolore resta stabilmente lieve (e non ci sono altri problemi
concomitanti), oppure nella fase di risoluzione della crisi dolorosa (in media dopo 3-5 giorni), quando il dolore
torna ad essere lieve.

Dal momento che il reinvio a domicilio avviene in caso di dolore lieve si applicano le raccomandazioni per la
gestione del dolore lieve.

Nel caso in cui il reinvio a domicilio avvenisse con dolore ancora “moderato”, si applicano le raccomandazioni per
la gestione del dolore moderato.
17
Per approfondimenti
LINEE-GUIDA PER LA GESTIONE DELLA MALATTIA DREPANOCITICA IN ETÀ PEDIATRICA IN ITALIA .
Associazione Italiana di Emato-Oncologia Pediatrica (AIEOP)
http://www.aieop.org/files/files_htmlarea/tutto%20giu12.pdf
ALGORITMO PER LA GESTIONE IN PRONTO SOCCORSO DEGLI EVENTI ACUTI NEI PAZIENTI AFFETTI DA
ANEMIA FALCIFORME. Società Italiana Talassemie ed Emoglobinopatie (SITE) in collaborazione con AIEOP,
SIMT, SIMEU, SIMEUP
http://www-site-italia.org/triage_scd.php
SICKLE CELL ACUTE PAINFUL EPISODE: MANAGEMENT OF AN ACUTE PAINFUL SICKLE CELL EPISODE IN
HOSPITAL. National Institute for Health and Care excellence (NICE)
http://www.nice.org.uk/guidance/cg143
Yawn BP, Buchanan GR, Afenyi-Annan AN, Ballas SK, Hassell KL, James AH, Jordan L, Lanzkron SM,
Lottenberg R, Savage WJ, Tanabe PJ, Ware RE, Murad MH, Goldsmith JC, Ortiz E, Fulwood R, Horton A, JohnSowah J.
MANAGEMENT OF SICKLE CELL DISEASE: SUMMARY OF THE 2014 EVIDENCE-BASED REPORT BY EXPERT
PANEL MEMBERS. JAMA. 2014 Sep 10;312(10):1033-48
http://jama.jamanetwork.com/article.aspx?articleid=1902235
18
APPENDICE DI APPROFONDIMENTO
19

La malattia a cellule falciformi è un’anemia emolitica cronica ereditaria che comprende diverse forme,
tutte caratterizzate dalla presenza di un’emoglobina anomala (Hb S) dovuta ad una mutazione
puntiforme che provoca l’inserimento in posizione 6 della catena β di una valina (idrofoba e con carica
neutra) al posto dell’acido glutammico (idrofilo e con carica negativa).

Ne esistono cinque forme principali:

Omozigosi SS

Doppia eterozigosi S-β° (nessuna produzione di catena β)
(Più gravi)


Doppia eterozigosi S-β+ (ridotta produzione di catena β)

Doppia eterozigosi S – C

Doppia eterozigosi S – altre catene anomale (HbDPunjab, HbOArab, HbLepore-Boston)
E’ prevalente nelle popolazioni originaria di Africa Centrale, Area Mediterranea, Medio Oriente e parti
dell’India

In Italia era presente quasi esclusivamente in Sicilia (prevalentemente in forma di doppia eterozigosi S-β
thalassemia), ma con i nuovi flussi migratori sta divenendo sempre più comune, con accessi sempre più
frequenti nei Pronto Soccorso Pediatrici soprattutto per crisi dolorose.

Problemi comuni nei bambini sono gli episodi febbrili, la sindrome toracica acuta, le crisi di
sequestrazione splenica, o gli episodi aplastici dovuti ad infezioni da parvovirus.

Nel 1973, la durata media di vita per un paziente affetto da anemia falciforme era di 14 anni in media.

Grazie al miglioramento dei trattamenti, attualmente l’attesa di vita è di 50 anni.

La sindrome toracica è la condizione più comunemente presente al momento della morte.
Manifestazioni cliniche

Le manifestazioni cliniche della malattia drepanocitica sono estremamente variabili. In alcuni pazienti
prevalgono le manifestazioni emolitiche, in altri quelle occlusive (crisi dolorose, sindrome toracica,
necrosi ossea)

Alcuni pazienti sono del tutto asintomatici, e sono identificati solo in occasione di screening di
popolazione, mentre altri soffrono continuamente di crisi dolorose (un terzo delle valutazioni mediche
per crisi dolorose vaso-occlusive è dovuto al 5% dei pazienti).
20

Nella maggior parte dei casi il quadro clinico è intermedio tra questi due estremi, con periodi
asintomatici relativamente lunghi punteggiati da occasionali crisi falcemiche.
Evoluzione per età

Il neonato con drepanocitosi è in genere asintomatico e non anemico, per l’effetto protettivo
dell’emoglobina fetale.

La sindrome clinica dell’anemia falciforme emerge dopo i primi mesi di vita, con l’aumento della

La mortalità per sepsi batteriche o per crisi di sequestrazione splenica aumenta dopo i 2-3 mesi di vita.

L’anemia (con Hb compresa tra 7 e 10 g/dl ed una reticolocitosi del 10-20%) è di solito evidente dopo
l’età di 4 mesi.
CRISI DOLOROSE VASO-OCCLUSIVE

Le crisi dolorose vaso-occlusive sono le manifestazioni più frequenti della malattia a cellule falciformi
nei bambini di età superiore a 2 anni, chwechweechwa (tribù Ga); nwiiwi (tribù Fante); nucdudui (tribù
Ewe); ahotutuo (tribù Twi).

Il più importante fattore di falcizzazione delle emazie in circolo è l’ipossia locale, che provoca
deossigenazione delle emazie, con conseguente aggregazione dell’Hb falcemica in complessi voluminosi
e rigidi detti tactoidi, e deformazione a falce delle emazie.

Le emazie falcizzate divengono disidratate e rigide, perdono la loro elasticità e tendono ad occludere
meccanicamente i vasi di calibro più piccolo, con conseguente crisi vaso-occlusiva.

Tutte le condizioni che portano a riduzione dell’ossigenazione dell’Hb possono provocare una crisi vasoocclusiva, ma i due fattori principali sembrano essere il grado di anemia e il rallentamento del flusso nel
sistema arteriole-capillari dovuto prevalentemente a fenomeni infiammatori, in particolare alla
produzione di molecole di adesione e all’attivazione dei neutrofili che rallentano il flusso ematico
locale, impedendo la riossigenzazione delle emazie 7.

Alcuni studi indicano che le infezioni, i cambiamenti climatici (ed in particolare il freddo)
8 9
, la fatica
fisica, la disidratazione, l’immobilizzazione prolungata, i fattori psicologici siano fattori precipitanti per
le crisi dolorose, ma nella maggior parte dei casi non è identificabile nessun fattore scatenante .
21



Le crisi dolorose vaso-occlusive si localizzano prevalentemente a livello di:

colonna lombosacrale

gomito

ginocchio

femore

spalla
Nei bambini di età inferiore a 5 anni sono spesso colpiti mani e piedi (“Sindrome mani-piedi”)
La maggior parte delle crisi dolorose è di lieve o media entità, e possono essere trattate a domicilio con
analgesici orali, riposo a letto, adeguata idratazione e misure locali come l’applicazione di calore nella
zona dolente.

Le crisi severe necessitano di trattamento in ospedale.

Una crisi dolorosa tipica che richiede il ricovero in un adulto dura da 9 ad 11 giorni, ed evolve in quattro
fasi:

Fase prodromica (giorno 1): il paziente realizza che qualcosa non va e che sta per sopraggiungere
una crisi. Questa fase può durare poche ore oppure 1-2 giorni. Si associa frequentemente a
febbricola, malessere, dolenzia .

Fase iniziale (giorni 2 e 3): insorge la tipica crisi dolorosa, di intensità progressiva con
interessamento di più parti del corpo, e che raggiunge un picco entro 2 o più giorni

Fase di stato (giorni 3-7): persistenza di dolore severo, stabile, che può durare fino a 5 giorni

Fase di risoluzione (giorni 8-10): graduale diminuzione dell’intensità del dolore ed eventuale
restaurazione dello stato clinico usuale.
Priapismo

Erezione dolorosa e persistente (di durata superiore ad 1 ora) dovuta a vaso-occlusione del drenaggio
venoso del pene per falcizzazione delle emazie nei corpi cavernosi.

E’ riportato in tutti i gruppi di età, ma di solito esordisce tra i 5 e i 35 anni, con due picchi di incidenza a
5-10 anni e a 20-50 anni 10.

La sua frequenza è certamente sottostimata perché gli episodi di minore durata non vengono in genere
riportati, anche perché il paziente in genere ne ignora la correlazione con la malattia drepanocitica.

Può essere breve (meno di 2 ore) o prolungato, o anche ripresentarsi frequentemente (“stuttering”)
con episodi ricorrenti di erezione prolungata (da 2 a 50 o più) che durano da pochi minuti ad alcune
ore.

Negli episodi prolungati il paziente presenta dolore medio-grave, e può avere ritenzione urinaria di
entità tale da richiedere il cateterismo.

In genere nei pazienti più giovani il priapismo è limitato ai corpi cavernosi (priapismo bicorporale),
mentre negli adulti sono interessati anche i corpi spongiosi (priapismo tricorporale).
22

I pazienti riferiscono che la minzione, gli analgesici, un moderato esercizio, l'eiaculazione, un bagno (o
una doccia) calda possono terminare alcuni episodi 11

L'applicazione di calore (borse d'acqua calda, impacchi) è probabilmente più efficace degli impacchi
freddi, e non rischia di far precipitare crisi vasoocclusive nei territori adiacenti.

Se l'episodio non si risolve in poche ore deve essere considerata una terapia medica (suggerite 4 ore,
perché dopo 6 ore compaiono acidosi ed ischemia del pene con aumento del rischio di impotenza 12):
1. Antidolorifici
2. Idratazione orale o endovenosa
3. Alcalinizzazione ematica per migliorare l'acidosi
4. Favorire le minzioni frequenti

L'aspirazione e l'irrigazione dei corpi cavernosi con soluzione fisiologica o con farmaci adrenergici
(adrenalina, fenilefrina, terbutalina) si è dimostrata efficace in varie forme di priapismo.

L’exsanguinotrasfusione a portare Hb a 10 g/dl o HbS <30%, oppure la trasfusione semplice se Hb <6-7
g/dl è consigliata in caso di mancata detumescenza dopo 12 ore, anche se manca evidenza di efficacia.
ALTRI PROBLEMI DA CONSIDERARE AL TRIAGE
Anemia

La malattia drepanocitica è un’anemia emolitica cronica che nella maggior parte dei casi è ben
compensata con un incremento dell’eritropoiesi di 6-8 volte il normale

Crisi aplastiche (indicate dal rapido calo dei reticolociti) ed iperemolitiche possono però far precipitare
l’anemia.

Le crisi aplastiche più gravi seguono ad infezioni da Parvovirus B19

La trasfusione di emazie concentrate è ovviamente sempre indicata in caso di segni di scompenso
(tachicardia, tachipnea, dispnea, affaticamento) oppure se Hb ≤ 5 g/dl; va considerata in caso di
significativo calo dell’Hb (indicativamente ≥2 g/dl rispetto al valore usuale del paziente) 3 g/dl in
assenza di segni di recupero emopoietico) 13
23
Altre crisi vaso-occlusive
Sindrome toracica

I polmoni sono un organo particolarmente a rischio per occlusioni microvascolari, dal momento che
attraverso i capillari passano eritrociti deossigenati, che provocano la cosiddetta “sindrome toracica
acuta” 14 .

E’ definita come “presenza in un paziente con malattia drepanocitica di un nuovo infiltrato polmonare
all’esame radiologico associato ad almeno uno dei seguenti sintomi:”:

dolore toracico di tipo pleuritico
dispnea
febbre, con temperatura > 38,5ºC
desaturazione.
All’incirca il 30% dei pazienti sperimenta almeno un episodio di sindrome toracica, ed è soprattutto
frequente nei bambini piccoli

Rappresenta la seconda causa di ricovero per pazienti con malattia a cellule falciformi ed una delle
principali cause di mortalità (nella casistica giamaicana di Serjeant la sindrome toracica acuta è stata
responsabile del 25% dei decessi 15).

Ha una forte associazione con le crisi dolorose, che la precedono o l’accompagnano nel 30% dei casi,
per l’ipoventilazione secondaria a crisi di dolore toracico (soprattutto dovuta ad infarti delle coste e
dello sterno), che provoca ipossiemia e atelettasie.

Tipicamente, la dispnea compare 1-3 giorni dopo il ricovero per dolore.

Nei bambini è usualmente causata da polmonite batterica (soprattutto in causa pneumococco,
Mycoplasma e Chlamydia) che riduce la diffusione dell’ossigeno nei segmenti colpiti (con conseguente
aumento della falcizzazione locale e trombosi microvascolare locale), mentre negli adulti sembra più
frequentemente attribuibile ad embolie polmonari o a trombosi.

Dolore, febbre, interventi chirurgici e narcosi, gravidanza, necrosi asettica, anemia, e pregressi episodi
polmonari sono eventi favorenti.

Benché sia spesso una condizione autolimitante (non diversamente da una crisi vaso-occlusiva), può
associarsi ad un coinvolgimento polmonare massivo che porta ad una insufficienza respiratoria a
prognosi cattiva.

Crisi toraciche ripetute possono predisporre a lesioni cicatriziali e ad ipertensione polmonare.

La terapia è basata su:

Ossigenoterapia a mantenere la SatO2 al 96-98%

Spirometria incentiva

Trasfusioni precoci a mantenere l’Hb a 9-10 g/dl
24

Idratazione, evitando però l’iperidratazione che può peggiorare il quadro (idratazione orale o
parenterale a 2/3 del mantenimento)

Terapia antibiotica (in genere beta-lattamici EV + macrolide)

Terapia analgesica adeguata (il dolore deve essere ben controllato, utilizzando senza remore gli
oppiacei).

Va fatta però attenzione ad evitare ipoventilazione per eccessiva sedazione da narcotici, che può
provocare ipossia locale con peggioramento della sindrome toracica che causa ipoventilazione che
riduce lo scambio di ossigeno peggiorando la sindrome toracica
Infarti cerebrali

Gli infarti cerebrali ischemici sono uno dei problemi più devastanti nel bambino.

Infarti clinicamente manifesti colpiscono il 5-7% circa dei bambini con anemia falciforme.

Il primo episodio di solito compare tra i 2 ed i 15 anni.

Si presentano con:


Emiparesi, emiplegia, monoparesi

Crisi convulsive

Disartria, afasia

Disturbi visivi

Coma
Oltre agli infarti manifesti possono essere presenti anche infarti silenti (definiti come alterata immagine
alla RM con aspetto di ischemia o infarto di dimensioni superiori ai 3 mm di diametro, in assenza di
storia o reperto clinico di deficit neurologico focale di durata superiore a 24 ore)

Gli infarti silenti sono correlati al numero di episodi dolorosi (probabilmente perché entrambi sono
favoriti da bassi livelli di Hb)
25
Sequestrazione splenica

La sequestrazione splenica è un’emergenza medica che richiede una trasfusione immediata.

E’ la seconda causa di morte per malattia a cellule falciformi nel bambino fino a 10 anni (dopo le
infezioni), ed è responsabile del 15-44% dei decessi in questa fascia di età.

E’ causata dall’intrappolamento e dalla distruzione degli eritrociti nella circolazione splenica, con
conseguente rapido ingrandimento della milza e precipitosa riduzione dell’emoglobina.

Viene definita clinicamente come una caduta di almeno 2 g/dl dei livelli di Hb rispetto ai valori usuali
per il paziente, associata ad un ingrandimento della milza” xvi e a reticolocitosi.

Si manifesta clinicamente con dolore e distensione addominale, pallore, astenia, tachicardia

L’incidenza è maggiore nei bambini piccoli (7-30% dei bambini fino a 2 anni; il bambino più piccolo
colpito aveva 5 settimane), e diventa trascurabile dopo la pubertà.

La maggior parte dei casi è stata osservata nella HbSS, ma è presente anche nella HbSC e nella S
talassemia.

La mortalità può essere ridotta insegnando ai genitori a riconoscere un ingrandimento della milza ed il
pallore e convincendoli dell’importanza di un intervento medico precoce.

La ricorrenza è del 50% nei sopravvissuti al primo attacco, con intervalli sempre minori tra le diverse
crisi.

La mortalità tra i sopravvissuti che presentano una ricorrenza è intorno al 20%.

Per questo motivo sono state proposte sia l’introduzione di un programma trasfusionale a lungo
termine che la splenectomia allo scopo di prevenire ulteriori crisi di sequestrazione.

L’alternativa è l’osservazione con adeguata istruzione dei genitori

Nel valutare la migliore scelta terapeutica, è necessario ricordare che le probabilità di recidiva dopo
l’età di 5 anni si riducono in maniera significativa
Infezioni

Nei primi anni di vita del bambino la milza va incontro ad alterazioni caratteristiche, causate dalla
presenza di un ambiente favorevole alle crisi di falcizzazione per la bassa concentrazione di ossigeno ed
il lento flusso ematico.

A causa di emorragie ed infarti ripetuti si verificano fibrosi splenica, calcificazioni ed iposplenia
funzionale

L’iposplenia funzionale, definita come un’attività fagocitaria splenica difettiva inizia precocemente, di
solito tra i 5 ed i 36 mesi, quando la percentuale di HbF scende al di sotto del 20%.

Dall’età di 6 mesi è presente una significativa splenomegalia, che persiste per tutti i primi anni di vita,
ma le milze ingrandite dei bambini piccoli con malattia a cellule falciformi sono di regola non
funzionanti.
26

L’autosplenectomia dell’anemia falciforme provoca disfunzione splenica e predispone a infezioni
gravissime da batteri capsulati, come S. pneumoniae e Haemophilus influenzae.

Le infezioni sono la principale causa di morte nei soggetti affetti da malattia drepanocitica, soprattutto
nei bambini di età inferiore ai cinque anni.

Forme prevalenti sono:

Batteriemia, sepsi e meningite da Streptococcus pneumoniae, Hemophilus influenzae e
Neisseria meningitidis

Infezioni polmonari da Streptococcus pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae e Chlamydia
pneumoniae

Osteomielite e/o artite settica da Salmonella spp, Staphylococcus aureus e Streptococcus
pneumoniae

Per questo motivo in presenza di febbre, soprattutto in un bambino di età inferiore a 5 anni, è
fortemente raccomandata già all’esordio del quadro un’emocoltura, seguita da terapia antibiotica EV
fino a risultato negativo dell’emocoltura dopo 48 ore.
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