Gestione dei comportamenti aggressivi in psichiatria Introduzione I comportamenti aggressivi non rappresentano di per sé una patologia psichiatrica Sono espressione di malattia quando: 1. non sono controllabili da chi li manifesta 2. non sono modulabili e adeguati alla situazione che li ha determinati Introduzione Il 10% dei pazienti al momento del ricovero in psichiatria presenta un comportamento aggressivo Il 22% dei pazienti psichiatrici ha almeno un episodio di aggressività eterodiretta Il 40% degli operatori psichiatrici ha subito almeno un episodio di aggressività I comportamenti aggressivi aumentano in relazione all’aumento di abuso di alcool e droghe Ferns, 2007; Pulay et al, 2008; van Leeuwen and Harte, 2011 Introduzione La frequenza dei comportamenti violenti nelle persone con disturbi psichiatrici non si discosta significativamente da quella della popolazione generale, anche se la percezione pubblica di questo problema è molto sovrastimata I pazienti con disturbi psichiatrici hanno una maggiore probabilità di subire comportamenti violenti, piuttosto che di commetterli Tuttavia, i comportamenti aggressivi si presentano abbastanza frequentemente in alcuni disturbi mentali, come la schizofrenia, il disturbo bipolare, alcuni disturbi di personalità e d’ansia L’aggressività non è un disturbo mentale a sé stante e non è caratteristico di nessun disturbo mentale. La sua presenza indica un peggiore quadro clinico in alcuni disturbi come: Disturbi dello spettro della schizofrenia • La schizofrenia e il disturbo delirante cronico sono le patologie più frequentemente associate a comportamenti aggressivi. • È spesso conseguenza di deliri o allucinazioni e si presenta solitamente in maniera esplosiva, con crisi pantoclastiche. Disturbo bipolare • L’aggressività può essere presente nelle fasi maniacali del disturbo, ed è solitamente legata a irritabilità, iperattività, bassa tolleranza alla frustrazione e difficoltà di adeguare le risposte emotive al contesto. Disturbo borderline di personalità • L’aggressività è dovuta a incapacità di regolare le reazioni emotive, instabilità delle relazioni, eccessiva reattività agli eventi ambientali e impulsività. • I comportamenti aggressivi sono frequentemente auto-diretti, e sono spesso legati all’assunzione di alcool o droghe. Disturbi d’ansia • I comportamenti aggressivi possono rappresentare una risposta dell’individuo alla percezione di pericoli esterni e alla sensazione di mancanza di controllo L’aggressività può essere presente anche in alcune patologie organiche come: Delirium Astinenza da farmaci (oppiacei, barbiturici) Intossicazione alcolica Sepsi Lesioni cerebrali espansive Sindrome delirante da squilibri metabolici Alcune forme di epilessia Parkinsonismo post-encefalitico Strategie di intervento • Prima dell’intervento 1. Raccogliere informazioni dettagliate sul paziente, sulla crisi e su eventuali motivi che possono averla scatenata. Le informazioni possono essere raccolte da qualsiasi fonte disponibile (familiari, cartelle cliniche, altri operatori, paziente stesso) 2. Escludere cause organiche. 3. Valutare le risorse del paziente su cui contare. 4. Valutare il livello di collaborazione del paziente e dei familiari. 5. Assicurare un ambiente sicuro per l’operatore e per il paziente. 6. Stabilire le priorità e gli obiettivi dell’intervento. Per gestire efficacemente un comportamento aggressivo è necessario mantenere la calma, non prendere decisioni affrettate, essere disposti ad assumersi la responsabilità del proprio operato. 7. Organizzare le modalità dell’intervento. Tutti gli operatori dell’equipe dovrebbero essere formati all’utilizzo di tecniche specifiche, al confronto con il paziente aggressivo e alle tecniche di contenzione fisica. Cosa valutare durante il colloquio • Anamnesi psichiatrica: tenere presente diagnosi ricevute in precedenza, precedenti ricoveri in TSO, risposta a trattamenti precedenti, livello di consapevolezza della sintomatologia, motivi del fallimento dei trattamenti ambulatoriali, l’eventuale presenza di storia di abuso sessuale in età infantile. • Esposizione ad atti di violenza come vittima e come testimone: le vittime di abuso sono più frequentemente a rischio di perpetrare a loro volta abuso su altri • Precedenti comportamenti violenti, contatti con la polizia, provvedimenti sanitari e legali. Considerare anche tutti i comportamenti aggressivi che non hanno richiesto l’intervento della pubblica sicurezza. Cosa valutare durante il colloquio • Anamnesi personale al fine di escludere la presenza di patologie organiche che possano essere alla base dei comportamenti aggressivi. • Stato psichico. Indagare la presenza di ideazione delirante o di voci imperative, di umore espanso e la personalità del paziente: tratti antisociali, narcisistici, borderline o paranoidi sono più frequentemente associati a comportamenti aggressivi. • Livello di consapevolezza del paziente. Valutare se il paziente riconosce di essere aggressivo, e se è disponibile ad accettare il trattamento farmacologico suggerito. Come condurre il colloquio 1. Il colloquio va condotto in una stanza facilmente osservabile dallo staff; se non sono disponibili stanze videosorvegliate chiedere ad un membro dell’equipe di essere presente al colloquio. 2. Impedire al paziente di porsi tra l’interlocutore e la porta in modo da avere sempre una via di fuga libera. 3. Chiedere al paziente le ragioni del comportamento aggressivo, specificando che non gli si verrà fatto del male. 4. Ascoltare le preoccupazioni del paziente e mostrarsi d’accordo con le sue affermazioni. 5. Assumere una posizione passiva e non minacciosa, senza invadere lo spazio del paziente. 6. Mantenere il contatto visivo per tutta la durata del colloquio. Cosa non fare durante il colloquio 1. Approcciare la persona da dietro 2. Costringerla in un angolo 3. Avere un contatto fisico 4. Assumere un atteggiamento di sfida con il paziente 5. Considerare come un'offesa personale l'aggressione verbale 6. Mostrare paura, timore, ansia che possono spingere il paziente ad essere ancora più agitato e violento 7. Cercare di disarmare una persona: se il paziente ha armi, allontanarsi e chiamare la polizia Il trattamento Il trattamento I principali obiettivi dell’intervento terapeutico sono: • trattare l’eventuale disturbo mentale da cui deriva il comportamento • agganciare il paziente nella fase post-critica per stabilire una relazione terapeutica e per discutere con il paziente le cause che hanno determinato i comportamenti aggressivi Il trattamento • Il trattamento dei comportamenti aggressivi in psichiatria varia a seconda della gravità dei comportamenti stessi • Il ciclo dell’aggressività schematizza le fasi tipiche di un episodio aggressivo • Questo ciclo può essere interrotto in ogni momento con un opportuno intervento, diverso da fase a fase Fase Trigger Escalation Fase critica Recupero Depressione post-critica Fase trigger • Iniziale allontanamento dalla linea basale psico-emotiva • Presenza di segni di iperattività: eloquio con tono alto, minaccioso e volgare; linguaggio e gesti esplosivi; minacce esplicite o velate; aumentata tensione muscolare; agitazione Intervento • Non minacciare né spaventare il paziente; considerare la possibilità di rimandare il trattamento farmacologico • Identificare ed eventualmente rimuovere lo stimolo che ha determinato il comportamento aggressivo • Utilizzare la tecnica del “time-out”: invitare il paziente a cercare un posto tranquillo per calmarsi finché non è in grado di discutere con calma la soluzione del problema Escalation • Aumento vistoso dell’arousal (livello di attivazione psicofisica, riconoscibile da esagerata risposta di allarme, tensione muscolare, ipervigilanza, irritabilità, iperreattività neurovegetativa) e della sensazione di minacciosità dell’ambiente esterno • Le probabilità di successo dipendono dalla tempestività dell’intervento Intervento • Effettuare una diagnosi tempestiva per gestire la crisi prima che la gravità dei comportamenti aggressivi passi alla fase successiva • Utilizzare la tecnica della “de-escalation”: riduzione progressiva del comportamento violento attraverso la modulazione degli stimoli positivi e negativi, orientando il percorso verso una negoziazione in grado di risolvere il conflitto • Non simulare indifferenza: questo atteggiamento aumenta la tensione • Evitare comportamenti giudicanti o aggressivi • Prendere in considerazione l’utilizzo di terapia orale o inalatoria in caso di fallimento delle tecniche di de-escalation Fase critica • Massima distanza dell’umore dalla linea basale • Il paziente mette in atto comportamenti deliberatamente violenti con potenziali conseguenze fisiche e psicologiche sulla vittima Intervento • Non cercare di tranquillizzare il paziente: il rischio di diventare oggetto di violenza è molto alto • Trattamento farmacologico. È bene precisare che il contenimento fisico e/o meccanico deve essere preso in considerazione quando il trattamento farmacologico non è sufficiente o attuabile. Fase di recupero • • Graduale ritorno alla linea psico-emotiva di base Il livello di arousal rimane ancora elevato, ed il paziente è ricettivo nei confronti di fattori scatenanti che possono riattivare il ciclo dell’aggressività Intervento • • Non stimolare eccessivamente il paziente Monitorare costantemente il paziente soprattutto se è contenuto fisicamente Depressione post-critica • Il paziente vive sentimenti di colpa, emozioni negative, vergogna, rimorso • In questa fase il paziente presenta una buona ricettività per interventi di carattere psicologico mirati alla comprensione delle circostanze che hanno determinato il comportamento aggressivo • È utile capire la sequenza degli eventi interni, le sensazioni e le percezioni che hanno portato al comportamento aggressivo • In questa fase il paziente è maggiormente ricettivo agli interventi volti a ricostruire e/o migliorare l’alleanza terapeutica Trattamento farmacologico – Aspetti generali Proporre sempre al paziente una terapia non invasiva. Le vie non invasive (orale o inalatoria) vanno preferite, se possibile, alle vie invasive (intramuscolo o endovena). La via inalatoria, associata ad una maggiore rapidità di azione (Tmax 2 min), ad oggi è rappresentata esclusivamente dalla loxapina inalatoria Elementi fondamentali da considerare nella scelta del trattamento: • • • • patologie del paziente causa dell’agitazione psicomotoria indicazioni/controindicazioni dei singoli farmaci parametri farmacocinetici delle molecole Obiettivo del trattamento: il trattamento deve essere finalizzato a calmare (e non sedare eccessivamente) il paziente così da consentire una valutazione/intervento più accurata/mirata sulla causa sottostante. National Institute for Clinical Excellence (NICE), 2005; Garriga et al, 2016 Benzodiazepine • Quando non si hanno notizie sulle condizioni fisiche del paziente, preferire le benzodiazepine, per il minore rischio di tossicità • Tuttavia, le benzodiazepine vanno usate con cautela nei pazienti con agitazione indotta da alcool per il rischio di insufficienza respiratoria • Tenere presente che le benzodiazepine possono provocare il cosiddetto «effetto paradosso». In questi casi, può essere utile somministrare l’aloperidolo a 5 mg per via intramuscolare, ripetibile - se necessario - dopo 30 min • Tra le benzodiazepine disponibili nella via intramuscolare preferire il lorazepam o il midazolam. National Institute for Clinical Excellence (NICE), 2005; Marder, 2006; Topiwala 2011 ; Garriga et al, 2016 Antipsicotici di II generazione • Alcuni studi indicano che gli antipsicotici di II generazione siano da preferire a quelli di I generazione nel trattamento di comportamenti violenti legati a sintomi psicotici, soprattutto nella via intramuscolare • Oltre che nel trattamento dell’aggressività legata a sintomi psicotici, questa classe di farmaci è consigliata anche per la gestione di comportamenti aggressivi in corso di delirium • Gli antipsicotici che si sono dimostrati maggiormente efficaci nel risolvere una crisi di aggressività sono (nell’ordine): risperidone, olanzapina, ziprasidone, aripiprazolo • Al momento esistono pochi di dati di letteratura su paliperidone, asenapina e lurasidone • I farmaci antipsicotici di II generazione che esistono in formulazione intramuscolare pronta sono aripiprazolo, olanzapina e ziprasidone. Garriga et al, 2016; Topiwala et al, 2011 Antipsicotici di I generazione Consigliati in caso di: • agitazione associata a delirium in assenza di astinenza da alcol/benzodiazepine • agitazione psicomotoria in pazienti con una nota patologia psichiatrica, in caso di fallimento con gli antipsicotici di II generazione • agitazione associata a delirium in astinenza da alcol/benzodiazepine, solo in caso di non risposta al trattamento con benzodiazepine Sconsigliati in caso di: • condizione medica generale che inficia la funzionalità cardiaca • intossicazione da stimolanti (rischio cardiovascolare) • allungamento QT Garriga et al, 2016; Topiwala et al, 2011 Antipsicotici di I generazione • • • • • Circa 1/3 dei pazienti non risponde Usare con cautela per il rischio della sindrome neurolettica maligna Fare attenzione all’aumento del QTc Preferire le fenotiazine che danno maggiore sedazione rispetto ai butirrofenoni In mancanza di collaborazione da parte del paziente preferire un antipsicotico sedativo per via intramuscolare • Assolutamente sconsigliata la somministrazione endovenosa • Una nuova opportunità terapeutica è rappresentata dalla loxapina per via inalatoria, approvata dall’European Medicines Agency per il trattamento degli episodi di agitazione acuta di entità lieve e moderata in pazienti affetti da schizofrenia e disturbo bipolare • Rispetto agli altri antipsicotici di I generazione, la loxapina inalatoria presenta una maggiore rapidità di azione (Tmax= 2 minuti) e una modalità di somministrazione meno invasiva Garriga et al, 2016; Topiwala et al, 2011; Marder, 2006 Fase trigger Presenza di uno stimolo critico, disinibizione indotta da sostanze, fattori scatenanti Riconoscere lo stimolo trigger, isolare il paziente in ambiente neutro, programmare interventi di time-out Escalation Esagerata risposta di allarme, tensione muscolare, ipervigilanza, irritabilità, iperreattività neurovegetativa Utilizzare una comunicazione diretta, specifica e positiva. Utilizzare tecniche di De-escalation e di estinzione progressiva. In caso di fallimento, prendere in considerazione, in base alla gravità, l’utilizzo di un trattamento farmacologico per via non invasiva (orale o inalatoria) Fase critica Massimo allontanamento dalla linea psicoemotiva di base. Fase dell’aggressione vera e propria Trattamento farmacologico e/o contenzione fisica Recupero Graduale ritorno alla normalità. Il paziente è ancora ricettivo agli stimoli. Monitorare costantemente il paziente Depressione postcritica Il paziente acquista maggiore ricettività rispetto a quanto è successo. Presenza di vissuto di colpa e vergogna rispetto al comportamento violento. Discutere con il paziente sull’episodio, capire la sequenza degli eventi interni, le sensazioni e le percezioni, che hanno portato al comportamento aggressivo Bibliografia 1. Clinical Practice guideline for “Violence: the short-term management of disturbed/violent behaviour in psychiatric in-patient setting and emergency department”. National Institute for Clinical Excellence, NCC_NSC, 2005 2. WHO: Mental health legislation & human rights (Mental health policy and service guidance package). Geneva: World Health Organization; 2003) 3. Marder SR. A review of agitation in mental illness: treatment guidelines and current therapies. J Clin Psychiatry 2006; 67: 13-21. 4. Allen MH, Currier GW, Carpenter D, et al. Expert Consensus Panel for Behavioral Emergencies 2005. The expert consensus guideline series. Treatment of behavioral emergencies. J Psychiatr Pract 2005; 11:5-108. 5. Topiwala A, Fazel S. The pharmacological management of violence in schizophrenia: a structured review. Exp Rev Neurother 2011; 11: 53-63. 6. Garriga M, Pacchiarotti I, Kasper S et al. Assessment and management of agitation in psychiatry: Expert consensus. 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