NAIDA Stavano cavalcando lungo il torrente. Il vento gli sferzava la faccia, e i suoi capelli gli sfioravano il viso.. erano anni che non si sentiva così bene. Era inondato da una gioia piena, da un calore incredibilmente piacevole.. Naida, la sua Naida, era lì con lui. Stava tra le sue braccia, era la curva del suo collo quella che intravedeva, delicata, tra le chiome scomposte. Era il suo profumo, che si ricordava bene, ad inebriarlo. Un regalo simile non se lo sarebbe mai aspettato. Dopo tante sofferenze finalmente il sole faceva capolino in mezzo alle nubi, un angelo era piovuto dal cielo a dargli conforto.. Lasciò le redini, la strinse in vita proteggendola con le braccia, e si lanciarono giù dal cavallo in corsa, rotolando per il pendio. Era di nuovo Duke, quel Duke solare e spensierato della sua adolescenza, quel Duke innamorato e aperto alla vita che affrontava vorace ogni nuova esperienza, che sentiva di avere il mondo in mano. Aveva ritrovato se stesso.. si sentiva così leggero! “L’amore è una gran forza”, era una frase che gli aveva sussurrato lei nell’orecchio, prima di andarsene da Fleed con la famiglia, era stata la sua promessa..ed era scolpita da allora nel suo cuore. Quanto era vero! Erano stesi entrambi sull’erba, il respiro affannoso, lui cercò la sua mano, e la strinse, girandosi su un fianco.. “Ti sei fatta male?”, le chiese solleticandole il naso con una margherita.. Lei aprì gli occhi.. Era cambiata, quanto e come ancora non riusciva bene a capirlo..ma il suo sguardo era diverso..era più matura, certo, ma non era solo quello. Riconosceva quella luce, era la stessa che ritrovava nella sua espressione,quando si guardava allo specchio, era il velo di tristezza che copre l’anima di chi ha vissuto esperienze insostenibili, come la perdita degli affetti e della libertà, e che ancora non riesce a dimenticare. Erano due profughi, dispersi nel cosmo ad anni luce di distanza dalla loro civiltà sepolta, ma erano insieme, e da lì avrebbero ricominciato. L’avrebbe aiutata, sapeva esattamente cosa fare.. Ricordava del conforto che Procton era riuscito a dargli nei mesi successivi al suo arrivo sulla Terra: lui l’avrebbe accolta e protetta esattamente come suo padre aveva fatto con lui, ed il calore dell’affetto degli abitanti della fattoria le avrebbe fatto dimenticare le sofferenze e gli incubi. L’avrebbe curata col suo amore. Si chinò verso di lei..voleva baciarla, era un desiderio fortissimo, aveva bisogno di entrare di nuovo in sintonia con Naida. Desiderava ritrovare la confidenza di un tempo, la complicità di due giovani amanti che avevano scoperto insieme come i loro corpi potessero regalare sensazioni indimenticabili..voleva di nuovo vedere sul suo volto quell’espressione di intenso piacere che lo esaltava.. Ma qualcosa lo frenava..la sentiva distante..troppi i silenzi, gli sguardi indecifrabili.. le dita che erano scivolate via dalla sua mano..era come se non volesse il suo contatto, sentiva una forma di rifiuto nei suoi confronti.. Ma era sicuro che fosse solo questione di tempo, e non voleva forzare le cose. Si limitò a baciarla velocemente sulle labbra, e Naida sorrise. Anni prima gli avrebbe detto “tutto qui?” e lo avrebbe afferrato per il collo stringendolo a sè e baciandolo con passione.. ora era immobile, stesa nell’erba, con un’espressione incomprensibile sul viso, un sorriso dolce e amaro nello stesso tempo. Cercò di smorzare la tensione che sentiva dentro, la prese per mano e la invitò a fare una corsa fino alla passerella in riva al lago. Il sole era alto nel cielo, era una delle ultime giornate d’inverno, l’aria si stava facendo più leggera, annunciando la primavera. Si girò verso di lei.. Vedere l’espressione furiosa dei suoi occhi e sentire un dolore sordo alla bocca dello stomaco fù un tutt’uno. Chinò lo sguardo: la mano di Naida serrava un pugnale, la lama era conficcata nel suo addome. “Muori, Duke!” disse sibilando e affondando con ancora più forza la lama nel suo corpo.. Lui le teneva il polso e la guardava , la bocca schiusa in una espressione di stupore e smarrimento, i contorni del viso di Naida sbiadivano, lasciando nitida solo l’immagine dei suoi occhi, vitrei e feroci , irriconoscibili. Sentì in bocca il sapore del sangue, Naida lo spinse verso il bordo della passerella e lo lasciò cadere nell’acqua.. “Naida, no!” Si alzò dal letto gridando, era sudato, tremava.. era un incubo.. Aveva bisogno di prendere aria, la testa gli scoppiava.. era ancora l’effetto dei colpi che gli aveva inferto.. Quando sentì l’aria fredda della notte sul viso riprese a respirare. Era volato in paradiso e precipitato di nuovo verso l’inferno in soli tre giorni. Quale inspiegabile crudele destino continuava ad accanirsi contro di lui? Il dolore all’addome era rimasto, una stretta feroce alla bocca dello stomaco che non mollava da quando, poche ore prima, aveva visto morire il suo amore in un’enorme palla di fuoco. Una frase gli rimbombava ora nelle orecchie.. “Non dovrai vergognarti di me” Era l’ultima cosa che aveva sentito nel comunicatore. Ora cominciava a capire davvero cosa l’avesse spinta a quel gesto.. Naida lo aveva colpito, aveva cercato di ucciderlo, aveva cercato di distruggere Goldrake e si era avventata contro Procton e Koji, lo aveva accusato di essere un traditore portandolo sull’orlo della pazzia. E mentre lui era perso nel buio dei suoi incubi, nel delirio dei suoi rimorsi, lei aveva ripreso lucidità, si era resa conto di quello che aveva fatto e aveva maturato la più terribile delle decisioni. Non aveva voluto affrontare il nemico e sacrificarsi per proteggerlo, per evitargli una battaglia che avrebbe potuto essergli fatale, non era stato solo questo.. Si era uccisa perché non reggeva il peso della vergogna delle azioni che aveva commesso..si era uccisa perché era rimasta sola a sopportare il rimorso per quello che aveva fatto. Mai come in quel momento era in grado di comprendere il suo stato d’animo: lui aveva vissuto esattamente la stessa cosa poche ore prima. Il peso della vergogna per aver creduto di essere un traditore, per aver creduto di aver abbandonato la propria gente da vigliacco, lo aveva schiacciato. “Un traditore non merita di vivere” Era quello che aveva detto lui, una delle poche cose che si ricordava del suo delirio.. Anche lei aveva tradito, colpendolo con l’intento di ucciderlo. Ma in suo aiuto era accorsi tutti quanti: Koji, che lo aveva preso a schiaffi per scuoterlo dal torpore, Venusia, che aveva cercato di spronarlo, ed il padre, che lo aveva sottoposto allo shock elettrico prendendosi il rischio di ucciderlo. I suoi cari gli avevano fatto quadrato intorno, e lo avevano salvato. Naida invece era rimasta completamente sola, a consumare il suo dramma. E non ce l’aveva fatta. Ora che era tutto chiaro, forse era ancora più terribile da sopportare. Naida era sola da quando l’aveva lasciata partire da Fleed, era rimasta sola nell’incubo della prigionia e della tortura, sola aveva visto morire il fratello, e sola era stata anche quando era tornata di nuovo al suo fianco, perché non era riuscito a comprenderla.. Ed era morta sola, perché non c’era nessuno a fianco a lei a dirle che non aveva tradito nessuno..