Quando riceviamo uno stimolo attraverso uno dei
nostri sensi l’effetto che esso produce è chiamato
sensazione.
Ad esempio, la voce di una persona
(la sua tonalità, l’inflessione, il ritmo, le cadenze ...)
provoca una certa sensazione:
una voce calda produce una sensazione diversa da
una voce aggressiva, e così via.
Anche quando dialoghiamo, selezioniamo e
interpretiamo quello che ci viene detto.
Perciò dobbiamo essere molto cauti,
nell’ascolto, cercando di capire veramente
quello che ci si vuol dire.
Nel dialogo fra
persone accade
sovente di attribuire
un significato
maggiorato o
diminuito
rispetto a quello che
effettivamente una
persona vuole
comunicare.
E’ l’effetto illusorio o proiettivo.
Per evitare l’effetto illusorio o proiettivo
Occorre un certo esercizio personale di autoriflessione
ed autocritica per non essere vittima di illusioni.
E’ per questo semplicissimo
motivo che si deve essere
prudenti e pazienti
nell’ascolto,
lasciando che una persona
tenti di esprimere tutto
quello che vuole dire per non
esporsi al rischio
dell’incomprensione.
La comunicazione dipende in gran parte da
quello che si percepisce.
Non si tratta di sopprimere
i propri modi di vedere.
Il mondo dei nostri sentimenti ha però
bisogno di essere purificato, qualora sia
infestato da sentimenti negativi che
impregnano l’atmosfera psichica.
I sentimenti tossici più comuni sono:
la paura, il risentimento, l’invidia, il
pessimismo, l’aggressività, l’ansia, la
passività, la brama di prevalere,
l’ambizione di apparire.
Per neutralizzare i nostri sentimenti
negativi occorre:
1. Non sentirsi
provati
in
colpa
per
averli
2. Saperli riconoscere
3. Sottrarre loro attenzione
4. Utilizzare
distanziarsi
ossessivi
l’auto-ironia,
per
dai nostri sentimenti
5. Dirottare
l’energia
qualcosa di positivo.
affettiva
su
Tra i sentimenti positivi più
importanti per l’apertura del dialogo
sono:
1. lo sguardo valorizzatore di ogni pur
piccola positività che s’incontra,
2. la gioia di costruire qualcosa di nuovo,
3. la donazione oblativa nell’amore,
4. la comprensione e la misericordia,
5. la vibrazione emotiva per ciò che è
bello,
6. l’accoglienza riconoscente dell’affetto
altrui.
1. Atteggiamento di critica
L’atteggiamento di critica è
proprio di chi, mentre ascolta un
altro, si mette subito a
paragonare quello che ascolta
con i propri schemi personali e
con le proprie idee.
I suoi interventi caratteristici
sono di questo tipo: “Hai fatto
bene, hai fatto male!”, “ Eh, no!
Così, no!”, “Mi stupisco che una
persona come te ...”, “Tu non
devi”.
L’inverso di questo atteggiamento nel dialogo
è quello che sa riconoscere in colui che parla
una persona che ha il diritto
di avere opinioni ed emozioni,
di esprimersi nel modo con cui sa e gli riesce.
E’ l’atteggiamento di chi ascolta senza
giudicare, né tanto meno colpevolizzare.
Offre il suo ascolto e
accoglie l’esperienza altrui nel silenzio.
2. Atteggiamento di superiorità
L’atteggiamento di superiorità
nel dialogo si può descrivere
come
ascolto
venato
di
benevola accondiscendenza,
quasi a dire: “Di’ pure! Ma la
tua opinione non può stare a
confronto con la mia! E non
vedo come il tuo pensiero
possa arricchire il mio!”.
E’ l’atteggiamento di chi ha di se stesso
un’immagine fatta unicamente di valenze positive
e s’attende che l’interlocutore si percepisca pieno
di valenze negative.
L’atteggiamento contrario è
l’atteggiamento paritario.
Esso è centrato sulla persona
e cerca insieme una soluzione.
Tale atteggiamento è consapevole delle
difficoltà della vita e della sua misteriosità:
si fa comprensivo dell’altro
e partecipe delle sue difficoltà,
poiché le percepisce un po’ come sue.
E’ un atteggiamento che avvicina.
3. Atteggiamento di indifferenza
L’atteggiamento di indifferenza significa:
distacco, disattenzione, disimpegno, freddezza,
impassibilità nell’ascolto di un altro.
Esprime lontananza emotiva fra gli interlocutori.
Il suo contrario è l’atteggiamento di
empatia,
fatto di comprensione, coinvolgimento, interessamento,
centrati non sul problema ma sulla persona.
Chi adotta un atteggiamento empatico cerca di
adottare gli schemi mentali dell’altro
nel tentativo di accogliere la sua interiorità
e viverla insieme a lui almeno per un poco.
Quando si parla in un clima empatico
non soltanto si è ascoltati,
ma ci “si sente ascoltati”.
Entrambi gli interlocutori ricevono gratificazione
dall’incontro, perché si scambiano un
apprezzamento reciproco..
4. Atteggiamento
manipolatorio
L’atteggiamento
manipolatorio è un
atteggiamento calcolatore
mediante il quale si vuole
sedurre o ricattare per
difendere interessi personali
o raggiungere particolari
obiettivi.
La comunicazione del manipolatore non è né
informativa né partecipativa, ossia tesa a far maturare
una convinzione libera e motivata; ma è suggestiva e
unidirezionale, nel senso che mira a portare l’altro in
una posizione predeterminata.
L’atteggiamento contrario è quello
dialogico!
Fra interlocutori si cerca
il punto comune che sia l’avvicinamento più
prossimo alla verità.
L’atteggiamento dialogico non è
predeterminato, ma è rispettoso e libero.
5. Atteggiamento rigido
L’atteggiamento
rigido
caratterizza la persona
autocentrata, incapace di
guardare la realtà con il
distacco dentro: ciò che è
diverso la disturba e gli
dà fastidio;
fa’ della propria opinione
un idolo e la vuole
imporre agli altri; non sa
riconoscere la possibilità
di altri punti di vista.
L’atteggiamento flessibile
caratterizza invece una persona
tollerante, duttile,
consapevole dei propri ed altrui limiti,
aperta al confronto e alla verifica.
L’ascolto è l’aspetto
più arduo della
comunicazione.
L’ascoltare è un processo
molto attivo che richiede
molta energia:
altro è udire,
altro è ascoltare.
Chi ascolta deve sapere che ciò che
vien
detto
dall’altro
contiene
qualcosa di più del significato delle
parole.
Vi è “in più” il tono della
voce, l’espressione del
volto e il mondo affettivo
di colui che parla.
Pertanto l’ascoltatore efficace cerca di non
interpretare troppo rapidamente, ma si sforza di
cercare la chiave di interpretazione di ciò che
l’altra persona sta cercando di dire.
Uno dei fattori
maggiormente coagulanti
in un rapporto è la
stima reciproca o
l’apprezzamento.
Stimare significa
“riconoscere il bene dell’altro”,
riconoscerlo anche dentro gli spazi di ombra.
Il riconoscimento è un atteggiamento attraverso il
quale può avvenire
un reciproco scambio di “umanità”
ed aiuta ad apprezzarsi reciprocamente.
L’uomo come essere di coscienza non ha solo dei
bisogni di tipo utilitaristico o materiale,
ma ha anche un bisogno
caratteristico che è il bisogno
di essere riconosciuto come
soggetto, come “io”.
Dove è tolto il riconoscimento,
l’uomo si sente annichilito nella
sua umanità.
Perde fiducia in se stesso.
Dare fiducia, riconoscerla, è
far vivere una persona.
La presenza e la
parola di un altro gli
risveglia
l’autopercezione del
proprio “essere
significativo”,
nonostante l’angoscia di
non esserlo più di fronte
a se stesso e agli altri,
e lo rimette in grado di
riprendere con più
serenità il suo posto nella
vita e di guardare con più
distacco il suo disagio.
Se è bene tenere ben
presenti queste regole umane
nel dialogo e nell’ascolto reciproco,
va però sottolineato che
sul filo della parola e dell’ascolto
passa la carità.
La carità è il grande bene,
il solo bene, per tutti.