Nome: Sara
Cognome: Talarico
Classe: V A
A.S: 2011/2012
Scuola : Liceo scientifico Sersale
Tema:
AIDS
INDICE
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Che cos’e’?
Come si trasmette;
Sintomatologia;
Manifestazioni cliniche dell’AIDS;
Test HIV;
E’ possibile guarire?
AIDS a che punto è la ricerca dopo 20 anni?
Reazioni psicologiche alla diagnosi di Aids;
Ma combattere l’AIDS è possibile: come non si trasmette il virus;
Epidemiologia;
L’Aids in Africa;
Giornata mondiale contro l’Aids.
Che cos’è?
• AIDS (Acquired Immune Deficiency Sindrome) significa
"Sindrome da Immunodeficienza Acquisita".Nelle persone
malate di AIDS le difese immunitarie normalmente
presenti nell'organismo sono state fortemente indebolite
a causa di un virus denominato HIV e non sono più in
grado di contrastare l'insorgenza di infezioni e malattie più o meno gravi - causate da altri virus, batteri o funghi
(infezioni/malattie opportunistiche).
Una persona contagiata viene definita sieropositiva
all’HIV. Pur essendo sieropositivi, è possibile vivere per
anni senza alcun sintomo e accorgersi del contagio solo al
manifestarsi di una malattia opportunistica.
Che cos’è?
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Il virus dell'immunodeficienza umana (HIV, acronimo
dall'inglese Human Immunodeficiency Virus) è il virus
responsabile dell’AIDS.
L’HIV è suddiviso in due ceppi: HIV-1 e HIV-2. Il primo dei due
è prevalentemente localizzato in Europa, America e Africa
centrale. HIV-2, invece, si trova per lo più in Africa occidentale
e Asia e determina una sindrome clinicamente più moderata
rispetto al ceppo precedente.
HIV è in grado di infettare produttivamente i seguenti tipi
cellulari: linfociti, macrofagi, cellule della microglia e cellule
dendritiche.
Dopo che il virus è penetrato nella cellula il suo RNA viene
trascritto come DNA a opera della trascrittasi inversa e
successivamente viene integrato nel genoma della cellula ospite
dall'integrasi virale. Una volta che il genoma virale si è
integrato in quello dell'ospite può rimanere inattivo dal punto di
vista trascrizionale per un periodo di tempo compreso tra mesi
e anni.
Come si trasmette…
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Il virus si trasmette
attraverso:
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sangue infetto (stretto e
diretto contatto tra ferite
aperte e sanguinanti, scambio
di siringhe);
rapporti sessuali (vaginali,
anali, orogenitali), con persone
affette da Hiv, non protette
dal preservativo;
da madre con Hiv a figlio
durante la gravidanza, il parto
oppure l’allattamento al seno.
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…sangue infetto..
A partire dal 1985 la selezione dei donatori di sangue, mirata
all’individuazione di comportamenti a maggior rischio di esposizione al virus
responsabile dell’AIDS e lo screening delle unità di sangue, effettuata
attraverso la ricerca di anticorpi specifici anti-HIV, con l’uso di metodiche
validate e kit appositi, hanno ridotto il rischio di contagio attraverso le
terapie emotrasfusionali. Il miglioramento delle metodiche in linea con le
conoscenze scientifiche ha di fatto contribuito in breve tempo
all’abbattimento del rischio di contagio trasfusionale con HIV.
La trasmissione attraverso il sangue rappresenta, invece, la principale
modalità di contagio responsabile della diffusione dell’infezione nella
popolazione dedita all’uso di droga per via endovenosa. L’infezione avviene a
causa della pratica, diffusa tra i tossicodipendenti, di scambio della siringa
contenente sangue infetto.
Con la stessa modalità è possibile la trasmissione sia dell’HIV che di altri
virus tra i quali quelli responsabili dell’epatite B e C, infezioni anch’esse
molto diffuse tra i tossicodipendenti.
…rapporti sessuali…
La trasmissione sessuale è nel mondo la modalità di trasmissione più diffusa
dell’infezione da HIV. I rapporti sessuali, sia eterosessuali che omosessuali,
non protetti dal profilattico possono essere causa di trasmissione
dell’infezione. Tale trasmissione avviene attraverso il contatto tra liquidi
biologici infetti (secrezioni vaginali, liquido pre-eiaculatorio, sperma, sangue)
e mucose -anche integre- durante i rapporti sessuali.
Ovviamente tutte le pratiche sessuali che favoriscano traumi o lesioni delle
mucose possono provocare un aumento del rischio di trasmissione. Per questo
motivo i rapporti anali sono a maggior rischio: la mucosa anale è, infatti, più
fragile e meno protetta di quella vaginale e quindi il virus può trasmettersi
più facilmente.
Ulcerazioni e lesioni dei genitali causate da altre patologie possono far
aumentare il rischio di contagio.
I rapporti sessuali non protetti possono essere causa di trasmissione non
solo dell’HIV. Esistono, infatti, oltre 30 malattie sessualmente trasmissibili.
Il coito interrotto non protegge dall'HIV, così come l'uso della pillola
anticoncezionale, del diaframma e della spirale. Le lavande vaginali, dopo un
rapporto sessuale, non eliminano la possibilità di contagio.
Amore..SI, AIDS…NO
…trasmissione verticale e perinatale (da madre a figlio)…
La trasmissione da madre sieropositiva
al feto o al neonato può avvenire
durante la gravidanza, il parto o
l’allattamento al seno. Il rischio per una
donna sieropositiva di trasmettere
l’infezione al feto è di circa il 20%.
Oggi è possibile ridurre questo rischio
al di sotto del 4% se viene
somministrata la terapia antiretrovirale
alla madre durante la gravidanza e al
neonato per le prime sei settimane di
vita. Per stabilire se è avvenuto il
contagio il bambino deve essere
sottoposto a controlli in strutture
specializzate per almeno i primi due
anni di vita.
Tutti i bambini nascono con gli anticorpi
materni. Per cui il test HIV effettuato
sul sangue di un bambino nato da una
donna sieropositiva risulta sempre
positivo. Anche se il bambino non ha
contratto l’HIV gli anticorpi materni
possono rimanere nel sangue fino al
diciottesimo mese di vita, al più tardi
entro i due anni. Il bambino viene
sottoposto a test supplementari per
verificare se è veramente portatore
del virus o se ha ricevuto solo gli
anticorpi materni.
Sintomatologia
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I primi sintomi dell'AIDS sono
simili a quelli che si sviluppano in
soggetti con un normale sistema
immunitario. La maggior parte
sono infezioni causate da batteri,
virus, funghi, parassiti e altri
organismi. Negli individui affetti
da AIDS sono comuni le infezioni
opportunistiche, e aumenta il
rischio di sviluppare varie forme
di tumore, come il Sarcoma di
Kaposi, tumori del cervello e
linfomi. Sintomi comuni sono
febbre, sudorazione specie
notturna, ingrossamento
ghiandolare, tremore, debolezza e
perdita di peso. Senza il supporto
terapeutico la morte sopravviene
entro un anno. La maggior parte
dei pazienti muore per infezioni
opportunistiche dovute al
progressivo indebolimento del
sistema immunitario.
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Nel 1990, l'Organizzazione
Mondiale della Sanità(OMS) ha
raggruppato i diversi tipi di casi
definendo una scala per i pazienti
affetti da HIV-1.
Stadio I: l'infezione da HIV è
asintomatica e non categorizzata
come AIDS.
Stadio II: include minori
manifestazioni mucrocutanee e
ricorrenti infezioni del tratto
respiratorio superiore.
Stadio III: include diarrea
cronica prolungata per oltre un
mese, gravi infezioni batteriche e
tubercolosi.
Stadio IV: include toxoplasmosi,
del cervello, candidosi, di esofago,
trachea, bronchi o polmoni e
sarcoma di Kaposi; queste
patologie sono usate come
indicatori dell'AIDS.
Manifestazioni cliniche dell'AIDS
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Le principali patologie polmonari:
Polmonite;
Tubercolosi;
Parotite;
Le principali infezioni del tratto
gastro-intestinale:
Esofagiti;
Diarrea cronica;
Le principali patologie
neurologiche:
Toxoplasmosi;
Leucoencefalita multifocale
progressiva;
AIDS Dementia Complex;
TEST HIV
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Il test comunemente utilizzato
come test HIV è il test "HIV
Ab" che rivela la presenza nel
sangue di anticorpi "anti-HIV",
cioè prodotti dall'organismo per
contrastare il virus, i quali sono
indicati con la sigla "HIV ab"
(dove Ab sta per Antibody,
ovvero anticorpo). Poiché il test
HIV Ab, spesso, viene eseguito
con il metodo ELISA, esso viene
comunemente indicato come "test
ELISA".
Precisamente, quando si parla di
test ELISA riferendosi al comune
test dell'HIV, ci si riferisce al
test che ricerca nel sangue
anticorpi diretti contro gli
antigeni dell’HIV.
…sequenza dei test e risultato definitivo…
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Tuttavia questo test non può essere eseguito subito dopo il possibile contagio.
Il periodo finestra
Infatti, quando il virus HIV dell'AIDS penetra nell'organismo, gli anticorpi anti-HIV
non si formano subito: esiste il cosiddetto periodo finestra, periodo durante il quale si
è stati contagiati e si può anche contagiare qualcun altro, ma non è ancora avvenuta la
sieroconversione, ossia non si è ancora diventati sieropositivi, ossia non si sono ancora
formati gli anticorpi specifici anti-HIV.
Dunque durante il periodo finestra, il test ELISA risulta negativo (nonostante si sia
stati infettati) e, di conseguenza, basandosi solo su di esso per rilevare la
sieropositività, chiunque potrebbe essere stato contagiato anche se ciò non viene
rilevato.
Durata del periodo finestra
Il periodo finestra dura mediamente 22 giorni, secondo i Centers for Disease Control
and Prevention (CDC) di Atlanta e secondo la Food and Drug Administration (FDA), con i
test ELISA attualmente in uso nella maggior parte dei laboratori.
Affinché il risultato del test possa essere considerato definitivo, bisogna tener conto
della durata massima possibile; ecco perché il risultato è considerato definitivo dopo 3
mesi dall'evento a rischio. Il test può essere effettuato anche dopo 3 mesi, periodo
sufficiente secondo una grandissima parte di infettivologi, tuttavia, riguardo a questo,
non c'è unanimità assoluta. Anche l'OMS parla di test definitivo a 3 mesi, tuttavia,
consiglia di ripetere solo per precauzione il test anche a 6 mesi se l'esposizione al virus
è avvenuta con una persona "certamente" sieropositiva.
E’ POSSIBILE GUARIRE?
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Al momento non si guarisce
dall'HIV o dall'AIDS e non
esistono vaccini. L'infezione da
HIV porta all'AIDS ed, alla fine,
al decesso. Tuttavia nei paesi
occidentali la maggior parte dei
pazienti sopravvive per molti anni
dopo la diagnosi grazie alla
disponibilità sul mercato della
terapia antiretrovirale a elevata
attività (Highly Active
Antiretroviral Therapy o HAART).
In mancanza della HAART, il
passaggio dall'infezione da HIV
all'AIDS si verifica in un arco di
tempo che va dai 9 ai dieci anni e il
tasso medio di sopravvivenza dopo
che si sviluppa l'AIDS è di 9.2
mesi. La HAART aumenta
notevolmente il tempo che
intercorre dalla diagnosi alla
morte mentre continua la ricerca
volta allo sviluppo di nuovi farmaci
e di vaccini.
…terapia antiretrovirale..
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La ricerca sui farmaci anti-HIV ha
sviluppato con successo farmaci potenti
ed efficaci per il controllo della
replicazione virale, per ridurre i danni
al sistema immunitario e per prevenire
o trattare la maggior parte delle
infezioni opportunistiche. Le terapie
antiretrovirali hanno apportato
significativi miglioramenti
all’aspettativa e alla qualità di vita dei
pazienti affetti da AIDS.
Tuttavia, queste medicine non sono in
grado di eradicare il virus
dall’organismo, e alcune infezioni
opportunistiche continuano ad essere
molto difficili da curare. Inoltre,
bisogna sottolineare che solo una
piccola parte delle decine di milioni di
persone sieropositive nel mondo ha
accesso alla terapia antiretrovirale.
La maggior parte degli individui che
hanno accesso a queste cure vivono nei
Paesi industrializzati.
Aids, a che punto è la ricerca
dopo 20 anni
?
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"Tante strategie, ma si è
ancora lontani dalla cura
miracolosa“.
(http://www3.lastampa.it/scie
nza/sezioni/news/articolo/lst
p/422526/)
REAZIONI PSICOLOGICHE ALLA DIAGNOSI DI AIDS
Di fronte alla comunicazione della diagnosi di
AIDS,le prime reazioni sono, in genere, di
shock emotivo e disorientamento. L’impatto
con questa malattia costringe l’individuo a
dover affrontare numerose paure (paura del
dolore, dell’isolamento sociale, del
decadimento fisico e mentale, della morte)
e a doversi confrontare con l’incertezza
riguardo al futuro. Per far fronte alle ansie e
all’angoscia conseguenza di questi sentimenti,
è frequente il ricorso a meccanismi di difesa
quali la negazione e lo spostamento.
Attraverso la negazione risulta possibile
allontanare la realtà di una malattia ritenuta
intollerabile, perché vissuta come una vera e
propria “aggressione”, mentre lo spostamento
consente di indirizzare la collera impotente
verso le persone vicine, che costituiscono un
“bersaglio” più accettabile perché concreto e
tangibile. Tutti i meccanismi di difesa messi in
atto rappresentano l’estremo tentativo di
“prendere tempo” per consentire un migliore
adattamento alla malattia.
…conseguenze…
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Ansia: presente nell’uomo sin dai
primordi come meccanismo di
difesa,l’ansia è una normale
reazione ad uno stato di pericolo,
reale o presunto. Nelle persone
colpite da una grave malattia
nasce come risposta all’insieme
delle paure che l’insorgere della
malattia ha provocato. Dal punto di
vista fisico, le sue manifestazioni
più evidenti e significative sono
l’insonnia e l’iperattività.
Angoscia:L’angoscia è uno stato
d’animo spiacevole che deriva dal
senso di impotenza simile alla
sensazione di non essere in grado
di affrontare una situazione. Ai
normali meccanismi dell’ansia
aggiunge reazioni fisiche quali
intensa sudorazione, senso di
oppressione e soffocamento.
…conseguenze…
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Depressione: è uno stato mentale che
nasce come reazione ad un insieme di
perdite, reali o immaginarie. Nel caso di
una malattia come l’AIDS, che ha una
forte componente “sociale”, al normale
senso di perdita derivante dalla
diminuzione delle capacità lavorative e
delle prestazioni fisiche, nonché della
ridotta prospettiva di vita, si
aggiungono le perdite di rapporti sociali
e familiari, dovute alla paura di essere
rifiutati, in quanto affetti da una
malattia contagiosa spesso associata a
comportamenti ritenuti “socialmente
riprovevoli” come l’omosessualità e la
tossicodipendenza. I principali sintomi
della depressione sono difficoltà ad
alzarsi alla mattina, la mancanza di
volontà, l’inappetenza e una generale
apatia.
…Rapporto con il corpo…
Il corpo è il mezzo attraverso il quale l’uomo si mette in contatto con
l’ambiente esterno e stabilisce le relazioni con il mondo. La consapevolezza
dell’integrità fisica contribuisce a creare un’immagine di sé positiva e a
rafforzare la fiducia nelle proprie capacità sociali. L’AIDS è un male che può
deformare il corpo, e per questo motivo indebolisce nella persona il senso
dell’immagine di sé. Il sentimento di identità (“ciò che io so di essere”) viene
talvolta compromesso a causa delle limitazioni imposte dalla crescente
disabilità fisica, dal venir meno delle energie e della vitalità. Durante il
decorso della malattia il corpo dimagrisce, e non è più oggetto di desiderio,
anzi, il malato teme di essere rifiutato per il suo aspetto. La persona, che si
vede e si sente malata, spesso è costretta a dipendere dagli altri anche per
compiere le funzioni più elementari, e vive l’esperienza di un corpo estraneo,
con diminuite capacità di esercitare un controllo sulla realtà esterna. Anche
l’immagine mentale che possediamo del nostro corpo è compromessa:
costretto a reimparare azioni note, come se non ci fosse nemmeno più la
“memoria” delle proprie capacità fisiche, il paziente scopre che il corpo
non offre più tutte le garanzie di continuità per il futuro e questo fa si che
il pensiero della morte diventi una eventualità reale e possibile.
L’ospedalizzazione
Per un ammalato di AIDS,
l’ospedalizzazione è un evento molto
stressante, perché mette in evidenza
l’evoluzione della malattia e costringe a
prendere atto del peggioramento della
situazione. Questo fatto provoca la
riattivazione dei meccanismi di difesa e la
presenza di intensi sentimenti di paura e di
manifestazioni di tipo ansioso depressivo. La
rottura, sia pure temporanea, dei legami con
la famiglia e con il contesto sociale può
essere molto gravosa, così come il dover
comunicare agli altri la propria malattia per
giustificare la degenza in un reparto di
infettivologia. Vivere all’interno di una
struttura ospedaliera può essere fonte di
estremo disagio per il paziente, a causa del
senso di estraneità che egli prova. Un
migliore adattamento alla vita ospedaliera
può essere favorito se al paziente vengono
date le necessarie spiegazioni e su quanto
gli accadrà e se gli viene spiegato il ruolo
delle diverse persone che compongono
l’équipe sanitaria e ai quali potersi rivolgere
per le proprie necessità.
Supporto e aiuto
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Per chiunque sia entrato in contatto con
l’universo AIDS, numerose sono le
possibilità di trovare aiuto e supporto
psicologico, tra queste citiamo le più
importanti:
Gruppi di auto-aiuto: sono costituiti da un
certo numero di persone che decidono di
confrontarsi, con se stessi e con gli altri,
sulla base di una condizione comune (es. Ia
sieropositività). Ci si riunisce per parlare
del problema e affrontare la situazione
sotto tutti i punti di vista, scambiandosi
esperienze e condividendo emozioni e paure.
Gruppi di supporto psicoterapeutico: sono
gruppi condotti da uno psicoterapeuta, che
ha un modello teorico di riferimento
(cioè segue una teoria derivante dai propri
studi) e lo applica sul gruppo che conduce.
Rispetto al gruppo di auto aiuto produce
cambiamenti più profondi nella personalità
dei partecipanti.
Ma…combattere l’AIDS è
POSSIBILE…
Come NON si trasmette il virus
•
Il virus non si trasmette attraverso:
strette di mano, abbracci, vestiti baci,
saliva, morsi, graffi, tosse, lacrime,
sudore, muco, urina e feci bicchieri,
posate, piatti, asciugamani e lenzuola
punture di insetti.
Il virus non si trasmette frequentando:
palestre, piscine, docce, saune e
gabinetti scuole, asilo e luoghi di lavoro
ristoranti, bar, cinema e locali pubblici
mezzi di trasporto.
•
Il virus non si trasmette attraverso
una giusta PREVENZIONE.
1- Prevenzione dalla trasmissione dell'HIV tramite
il sangue e derivati
•
L’uso di siringhe in comune con
altre persone sieropositive
costituisce un rischio di contagio
pertanto è necessario utilizzare
siringhe sterili.
Sarebbe opportuno sottoporsi ad
agopuntura, mesoterapia, tatuaggi
e piercing utilizzando aghi
monouso e sterili. Le trasfusioni, i
trapianti di organo e le
inseminazioni, nei Paesi europei,
sono sottoposti a screening e ad
accurati controlli per escludere la
presenza dell'HIV.
2-Prevenzione dalla trasmissione dell’HIV da
madre a figlio
•
La trasmissione del virus da
madre a figlio può accadere in
utero durante le ultime
settimane di gestazione e alla
nascita. Anche l'allattamento
al seno presenta un rischio di
infezione per il bambino. In
assenza di trattamento, il
tasso di trasmissione tra
madre e figlio è del 25%.
Tuttavia, dove un trattamento
viene effettuato,
combinandolo con la possibilità
di un parto cesareo, il rischio
è stato ridotto all'1%.
3- Prevenzione della trasmissione sessuale
dell'HIV
•
•
Durante rapporti sessuali il solo
preservativo, che può essere maschile
o femminile, può ridurre le possibilità di
contrarre l'HIV. Deve però essere
utilizzato durante tutto il rapporto di
penetrazione in caso di partner
sieropositivo o la cui sieropositività non
è conosciuta, come può avvenire per
rapporti occasionali.
Adottare questi metodo di prevenzione
ha causato però in alcune regioni
controversie e difficoltà. Alcuni
associano queste difficoltà come
conseguenza della forte influenza di
indicazione religiose che sconsigliano
o condannano l'utilizzo dei
preservativi.
Epidemiologia
•
•
Si pensa che la sindrome abbia avuto
origine nell'Africa subsahariana per
mutazione di un retrovirus animale,
forse della scimmia, che nel XX
secolo fu trasmesso alla popolazione
umana provocando poi una epidemia
globale. Il primo caso documentato di
AIDS risale al 1959, quando la
presenza del virus dell'HIV fu
riscontrata in un campione di sangue
proveniente da Kinshasa, città della
Repubblica democratica del Congo].
La UNAIDS e il WHO hanno stimato
che ci siano stati 25 milioni di morti
dalla scoperta della sindrome, il che
ne ha fatto una delle più terribili
epidemie della storia. Solo nel 2005
sono stati stimati circa 3,1 milioni di
morti di cui 570.000 bambini.
Globalmente, si stima che le persone
affette dall'HIV siano 33 milioni
circa (fonte UNAIDS, 2007). Solo
nel 2005, tra i 4,3 e i 6,6 milioni di
persone sono stati infettate e tra i
2,8 e i 3,6 milioni di persone sono
decedute per l'AIDS. Il valore più
alto dal 1981.
L’AIDS…in AFRICA
•
L'Africa è il continente
più colpito dal virus, ma
non per questo si può
parlare di una singola
epidemia africana.
Nonostante solamente il
12% della popolazione
mondiale viva in Africa, si
stima che ben il 60%
delle persone malate di
AIDS viva nel continente.
…Aids in Africa…
•
In generale nei paesi in via di sviluppo, in
particolare nei paesi africani, le persone
affette da HIV vivono la povertà con
conseguenze più gravi. L’AIDS toglie
possibilità di reddito e capacità produttiva alle
famiglie colpite allo stesso tempo genera un
bisogno disperato di assistenza, con
conseguente aggravio dei costi medici e sociali
(anche le spese per il funerale possono essere
un problema!). I bambini orfani sono privati, a
causa dell’aids, della propria infanzia, e devono
occuparsi della cura degli anziani, e a volte
sono essi stessi costretti ad assumere
prematuramente il ruolo di capofamiglia e
badare ai fratelli più piccoli; quella della
mancanza di insegnanti, decimati dalla
malattia, che ha messo a rischio l'intero
sistema scolastico e il diritto all'istruzione;
quella del divario di genere che rende le donne
più vulnerabili all'infezione.
…Aids in Africa…
•
In un articolo intitolato "Death Strikes A
Continent" (La Morte Colpisce Un Continente),
Johanna McGeary descrive la serietà del
problemain Africa. McGeary spiega che i membri
più giovani e forti della società sono i più colpiti
dal virus: “Gli adulti muoiono lasciandosi dietro
bambini e anziani. Non è possibile definire dei
'gruppi a rischio' perché chiunque sia
sessualmente attivo diventa automaticamente a
rischio. Anche bambini piccoli vengono infettati
dalle loro madri senza che esse lo sappiano. È’
difficile trovare anche solo una famiglia che non
sia stata danneggiata dal virus. Molte persone non
sanno come o quando hanno contratto il virus,
molti non sanno di essere infetti, e molti che
sanno non lo rivelano a nessuno e muoiono
mentendo. Ci sono molti elementi nelle culture
africane che scoraggiano la profilassi: Anche
quando una donna vuole proteggersi, solitamente
non le è permesso: non è raro vedere uomini
picchiare donne che rifiutano il sesso o che
richiedono di usare un preservativo". (Time
Magazine, Johanna McGeary 2001).
Fattori culturali… che favoriscono la diffusione
dell’AIDS
•
I fattori che contribuiscono alla
diffusione del virus dell'HIV sono
molti. Come prima cosa, l'ammissione di
usare preservativi e di essere stati
infettati,porta con sè una stigma
sociale-culturale. Inoltre, molti
rifiutano il fatto che il virus dell'HIV
sia la causa dell'AIDS: Thabo Mbeki e
Robert Mugabe hanno entrambi
suggerito che l'AIDS venga contratto
attraverso povertà e malnutrizione. Se
questo non fosse sufficiente, sono nate
numerose leggende metropolitane
riguardanti l'uso di preservativi, per
esempio alcuni pensano che questo
metodo contraccettivo sia stato
prodotto allo scopo di limitare la
crescita delle popolazioni africane e
che l'uso dei preservativi privi l'uomo
della sua tradizionale virilità nel
contesto della sua comunità.
Fattori religiosi…
•
« La Santa Sede non appoggia in alcun
modo la contraccezione o l'uso dei
profilattici, sia come sistema di
pianificazione familiare sia nei
programmi per la prevenzione
dell'HIV/AIDS. » (Mary Ann Glendon,
capo della delegazione vaticana alla
Fourth World Conference on Women).
•
«Non si può superare questo problema
dell’AIDS solo con soldi pur necessari,
ma se non c’è l’anima, se gli africani non
aiutano [impegnando la responsabilità
personale], non si può superarlo con la
distribuzione di preservativi: al
contrario, aumentano il problema». La
soluzione è in un «rinnovo spirituale e
umano». (Papa Benedetto XVI).
Moralità e AIDS…
•
•
•
La Chiesa intende l’atto sessuale all’interno di una visione morale che promuove tra i
partner reciproci rispetto e donazione di sé, e che offre un orientamento «per ricevere
come dono la sessualità con la quale ognuno è stato creato, per comprenderla nel modo
giusto, sia personalmente sia socialmente, riconoscendo la responsabilità che
accompagna il proprio potenziale sessuale e per integrare olisticamente questa
sessualità a ogni stadio della vita».
In questa ottica, compiere qualcosa di non rispettoso della propria dignità e di quella
altrui sarebbe forse più sicuro con un profilattico, ma la sicurezza non rende l’atto più
corretto. Si può facilmente capire come la Chiesa non possa e non voglia incoraggiare
qualcosa di «più sicuro» dal punto di vista della prevenzione, ma che allo stesso tempo
non sia costruttivo per la persona nel suo insieme. L’affermazione «Non commettere
adulterio, ma se lo fai, usa il profilattico» sarebbe del tutto incoerente ed
equivarrebbe a dire: «La Chiesa non ha fiducia nella tua capacità di vivere una vita
buona».
Si esprimono così i vescovi del Kenya: «Se anche l’HIV non rendesse i rapporti
prematrimoniali, la fornicazione, l’adulterio, gli abusi sui minori e gli stupri così
terribilmente pericolosi, essi sarebbero comunque sbagliati, come lo sono sempre stati.
[...] La Chiesa non insegna una morale sessuale diversa, a seconda di dove l’AIDS.
costituisce o meno un pericolo. Ma è un insegnamento che per il mondo, e per i media
non è facile da comprendere, tanto meno da accettare».
…E aiuto…
•
•
Il Vaticano stima che oggi nel mondo la Chiesa cattolica
fornisca più del 25% di tutte le cure offerte alle
persone sieropositive o malate di AIDS. Questa
percentuale è ovviamente più elevata in Africa, dove
nelle aree più isolate raggiunge quasi il 100%. Una
burundese sieropositiva in cura con farmaci
antiretrovirali spiega il servizio della Chiesa in questi
termini: «Quando ci rechiamo in altre strutture, siamo
considerati solo come numeri, diventiamo casi sanitari
da trattare. Siamo problemi, perdiamo il nostro valore e
la nostra dignità. Ma quando ci rivolgiamo al programma
della Chiesa, questo non si verifica mai, perché lì
l’approccio ai nostri problemi è completo: spirituale,
medico, mentale, sociale, economico».
Sullo sfondo di questo impegno concreto significativo,
efficace e realistico della Chiesa, il Santo Padre solleva,
con la sua risposta, due questioni cruciali: «Direi che non
si può superare questo problema dell’AIDS solo con
soldi, pur necessari. Se non c’è l’anima, se gli africani
non aiutano (impegnando la responsabilità personale) non
si può eliminare questo flagello con la distribuzione di
preservativi: al contrario, essi aumentano il problema».
Ma il profilattico rimane l’unico rimedio
•
•
Secondo gli esperti di prevenzione, un profilattico,
se correttamente usato, può ridurre il rischio di
infezione da HIV durante un rapporto sessuale, e i
soggetti che lo utilizzano costantemente e in modo
appropriato hanno minori probabilità di
trasmettere o contrarre il virus. In Europa e in
America settentrionale, dove i profilattici sono
culturalmente accettati da molti, la gente si chiede
incredula perché mai la Chiesa si opponga al loro
utilizzo. Ci sono però due diversi aspetti da
considerare in proposito: la natura morale delle
azioni individuali e l’efficacia di una strategia
indirizzata a intere popolazioni.
Senza ricorrere a termini tecnici, il Santo Padre
rileva innanzitutto un contrasto cruciale tra due
approcci, quello della Chiesa, che considera la
persona nel suo insieme (come indicano i termini
«anima» e «responsabilità personale») e quello che
investe risorse (rappresentate dalla parola «soldi»)
mirando esclusivamente a una soluzione «tecnica»
dei problemi, tipico delle strategie dei Governi e
delle organizzazioni internazionali.
Giornata mondiale contro l’AIDS
•
•
La Giornata mondiale contro l'AIDS,
indetta ogni anno il 1º dicembre, è
dedicata ad accrescere la coscienza
dell’epidemia mondiale di AIDS. Dal
1981 l'AIDS ha ucciso oltre 25 milioni
di persone, diventando una delle
epidemie più distruttive che la storia
ricordi. Per quanto in tempi recenti
l'accesso alle terapie e ai farmaci
antiretrovirali sia migliorato in molte
regioni del mondo, l'epidemia di AIDS
continua a mietere vittime.
L'idea di una Giornata mondiale contro
l'AIDS ha avuto origine al Summit
mondiale dei ministri della sanità sui
programmi per la prevenzione
dell'AIDS del 1988 ed è stata in
seguito adottata da governi,
organizzazioni internazionali ed
associazioni di tutto il mondo, lequale,
hanno scelto di volta in volta un "tema"
per la Giornata.
Fine
Fonti:
Sitografia varia;
Wikipedia;
Ministero della salute;
L’ANLAIDS, Associazione Nazionale
per la Lotta contro l’AIDS,
Michael Czerny SJ* :la chiesa di fronte all’Aids
in Africa;
Red campaign: fighting Aids in Africa.