La macrocategoria dei BES - Università degli Studi della Basilicata

TFA
Secondo Modulo:
Interventi didattici per i BES
- La macrocategoria dei BES - 3 aprile 2013
- Interventi psicopedagogici e strumenti didattici - 4 aprile 2013
- I DSA nell’ambito dei BES - 8 aprile 2013
- La normativa Miur per l’inclusione dei BES - 9 aprile 2013
Prof. Domenico Milito
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1^ intervento
La macrocategoria dei BES
3 aprile 2013
Prof. Domenico Milito
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Integrazione e inclusione
Quando ci si riferisce ai termini “integrazione” e
“inclusione” è bene evidenziare che, a livello normativo,
il termine “integrazione” è stato ufficializzato dalla
Legge n. 517/77 e, soprattutto, dalla Legge n. 104/92;
il termine “inclusione”, invece, è stato reso ufficiale
dalla Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con
disabilità, ratificata dall’Italia con la Legge n. 18 del 3
marzo 2009
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Prof. Domenico Milito
Da un’analisi attenta del significato espresso da tali
termini è possibile cogliere le potenzialità e la forza di
questa nuova prospettiva, riguardante tutte le persone
(e la stessa condizione umana), che possono
presentare difficoltà di vita e situazioni di disabilità.
In particolare, il concetto di inclusione è riconducibile,
in buona sostanza, al riconoscimento di un diritto, come
forma di contrasto al suo opposto, cioè all’esclusione.
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Si tratta, quindi, di garantire
la piena partecipazione e il massimo sviluppo possibile
di tutti i membri di quella comunità,
che devono poter essere parte attiva del gruppo di
appartenenza.
Prospettiva, questa, sancita dall’Organizzazione Mondiale
della Sanità (OMS) e dall’ONU con la Convenzione del 2007
(art. 3), nella quale tra i principi generali viene posta
“la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella
società”.
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È così che il concetto di inclusione
nella letteratura internazionale si applica a tutti gli alunni
come “garanzia diffusa e stabile
di poter partecipare alla vita scolastica
e di raggiungere il massimo possibile
in termini di apprendimento e di partecipazione”.
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Il soggetto di cui si occupa l’inclusione è, dunque,
ogni alunno con Bisogni Educativi Speciali.
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Il concetto di Bisogno Educativo Speciale
Riflette una macrocategoria che comprende dentro di sé
tutte le possibili difficoltà educative-apprenditive degli
alunni:
- le situazioni considerate tradizionalmente come
disabilità mentale, fisica, sensoriale;
- le situazioni di deficit in specifici apprendimenti
clinicamente significative, la dislessia, il disturbo da
deficit attentivo, ad esempio, e altre varie situazioni di
problematicità psicologica, comportamentale,
relazionale, appreditiva, di contesto socio-culturale.
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Gli alunni con BES
Non sono solo quelli in possesso di una certificazione:
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concetto di BES rientrano tutti i vari disturbi/difficoltà di
apprendimento, comportamento e altre problematicità
riconducibili a:
- ragioni psicologiche e ambientali,
- cause endogene ed esogene che insieme compromettono
il funzionamento apprenditivo dello studente.
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Nei Bisogni Educativi Speciali
È centrale il concetto di
funzionamento educativo-apprenditivo,
intendendo
- per apprendimento
il frutto di un intreccio tra spinte evolutive endogene e
mediazioni educative degli ambienti
-per educazione
un processo di mediazione tra questo intreccio che
fornisce stimoli, significati, obiettivi, modelli.
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La “speciale normalità”
Si parla oggi di speciale normalità in ragione di quel
crescente numero di alunni cosiddetti «normali» che però
presentano bisogni educativi speciali, da affrontare
adeguatamente; si pensi, ad esempio, a:
- disturbi dell’apprendimento,
- deficit di autostima,
- deficit di motivazione,
- situazioni emotive problematiche,
- comportamenti devianti,
- diversità originata dalla presenza di “culture altre”.
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Inoltre…
Sono da considerare le normalissime differenze
individuali, delle “specialità” e singolarità di tutti gli
alunni, che richiedono differenziazioni nella didattica e
varie individualizzazioni, riconducibili, ad esempio, a:
- differenze di stile nell’elaborazione delle informazioni e
nell’apprendimento;
- pluralità delle intelligenze e degli stili di pensiero,
giacchè anche nell’alunno apparentemente più normale si
trovano notevoli differenze e specialità, che vanno
incontrate, conosciute, e a cui va data la possibilità di
esprimersi e valorizzarsi.
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Gli alunni con BES
Rientrano in un filone di studi e di ricerca acquisito da
tempo dalla letteratura anglosassone con la dizione
Special Educational Needs e utilizzato nei Rapporti
internazionali.
Da noi il termine viene tradotto con Difficoltà di
apprendimento.
Questa categoria di alunni esprime ordinariamente bisogni
educativi che sono poi quelli che manifestano i soggetti
in formazione, e cioè identità, autonomia, sicurezza,
vivere in un clima sociale positivo e inclusivo, con la sola
differenza che questi ultimi manifestano i loro bisogni in
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condizioni speciali e a volte complesse.
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Le categorie sovranazionali dell’ OCSE
(Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico)
L’OCSE ha individuato tre grandi categorie sovranazionali
a cui ricondurre le numerose categorizzazioni impiegate
dai vari paesi nel definire i BES:
- disabilità,
- difficoltà,
- svantaggio.
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La scuola “inclusiva”
Si profila, così, un modello di scuola inclusiva attenta alle
molteplici diversità rappresentate non solo dagli alunni
certificati, ma anche da coloro che esprimono bisogni
educativi speciali, rendendo significativa la loro presenza
a livello cognitivo, comportamentale e psicologico (1).
(1) D. Milito, Inclusione, integrazione e bisogni educativi,
Anicia, Roma, 2012
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Un nuovo approccio di studio
Si impone qui un nuovo approccio di studio, analisi e
fattibilità da ricondurre ai nuovi sistemi di classificazione
che rovesciano la prospettiva di analisi, in quanto non
considerano la menomazione, bensì altri elementi, quali la
salute, le potenzialità dell’individuo, le sue eventuali
disabilità in relazione all’attività e alla partecipazione.
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Ci si riferisce, in particolare all’ICF (Classificazione Internazionale
del Funzionamento, della disabilità e della salute), nuovo strumento
elaborato dal 1999 dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità)
sulla base dell’ ICIDH-2, per descrivere e misurare la salute e
le disabilità della popolazione:
si pongono, perciò, le premesse per individuare
compiutamente i bisogni e superare, fino al possibile, i limiti
all’attività e alle restrizioni alla partecipazione.
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ICF
(Classificazione Internazionale del Funzionamento, della disabilità e della salute)
Si delinea come una classificazione che vuole descrivere
lo stato di salute delle persone in relazione ai loro ambiti
esistenziali (sociale, familiare, lavorativo) al fine di
cogliere le difficoltà che nel contesto socio-culturale di
riferimento possono causare disabilità.
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ICF
Tramite l’ICF si intende descrivere non le persone, ma le
loro situazioni di vita quotidiana in relazione al contesto
ambientale e sottolineare l’individuo non solo come
persona avente malattie o disabilità, ma soprattutto
evidenziarne l’unicità e la globalità.
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ICF
Descrive le citate situazioni adottando un linguaggio
standard e unificato, cercando di evitare fraintendimenti
semantici e facilitando la comunicazione fra i vari
utilizzatori in tutto il mondo.
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ICF
A differenza delle precedenti classificazioni
(ICD, ora ICD10, che descrive la diagnosi, l’eziologia e la
manifestazione clinica della disabilità, e ICIDH),
in cui veniva dato ampio spazio alla descrizione delle
malattie dell’individuo, ricorrendo a termini quali malattia,
menomazione ed handicap (usati prevalentemente in
accezione negativa, con riferimento a situazioni di deficit),
nell’ultima classificazione l’OMS fa riferimento a termini
che analizzano la salute dell’individuo in chiave positiva
(funzionamento e salute).
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ICF
L’ICF vuole fornire
un’ampia analisi dello stato di salute degli individui,
ponendo la correlazione fra salute e ambiente
e pervenendo alla definizione di disabilità,
intesa come una
condizione di salute in un ambiente sfavorevole.
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ICF
Non va assolutizzato, giacchè esso, come tutti i sistemi di
classificazione, presenta vantaggi e limiti.
È da sottolineare, comunque, il valore aggiunto che può
determinarsi per effetto di un uso congiunto,
complementare tra la decima edizione del modello ICDH e
lo stesso ICF.
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ICF
Le informazioni raccolte da questo sistema di
classificazione, che descrivono situazioni relative al
funzionamento umano e alle sue restrizioni, sono
organizzate in due parti, in modo interrelato e facilmente
accessibile.
La prima parte si occupa di “funzionamento e disabilità”,
mentre la seconda riguarda i “fattori ambientali”,
di cui si parlerà analiticamente in una lezione successiva
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In considerazione del fatto che l’ICF implica un approccio
che non si riferisce alla disabilità o alle diverse patologie,
bensì alla salute e al funzionamento globale,
i Bisogni Educativi Speciali vanno letti in un’ottica di
salute e di funzionamento
come frutto di relazioni
tra vari ambiti interni ed esterni al soggetto.
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L’ambito interno
Il riferimento è riconducibile al contesto personale, che
può essere causa di Bisogni Educativi Speciali per:
- scarsa autostima,
- reazioni emozionali eccessive,
- scarsa motivazione,
- stili attributivi distorti.
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L’ambito esterno
Ci si riferisce al contesto ambientale, che può originare
varie combinazioni di BES in caso di:
- famiglia problematica,
- contesto culturale e linguistico diverso,
- -situazione socio-economica difficile,
- atteggiamenti ostili, indifferenza o rifiuto,
- barriere architettoniche
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Prospettiva promozionale di sviluppo
Per assicurare
una prospettiva promozionale dello sviluppo
di tutti e di ciascuno
risulta fondamentale e strategica la promozione di
interventi centrati sul soggetto e sul contesto di vita,
in uno scenario di inclusione e integrazione.
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