L’approccio socio-pedagogico ai Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) Indice L’oggetto: i disturbi specifici di apprendimento secondo la legge 170/2010 1. – – – – Il punto di vista: l’approccio socio-pedagogico ai DSA 2. – – – – 3. Gli effetti sociali I DSA come bisogni educativi speciali Definizione di Bisogno Educativo Speciale Rapporto fra DSA, Bisogno Educativo Speciale e Disabilità Le strategie: verso una pedagogia inclusiva – – – – 4. Riconoscimento Definizione Finalità Misure didattiche e formative Integrazione versus inclusione Inclusione sociale e cittadinanza Inclusione sociale ed educazione inclusiva La didattica secondo il modello della speciale normalità Laboratorio propedeutico al lavoro online 1. L’oggetto: i disturbi specifici di apprendimento secondo la legge 170/2010 Il punto di vista epistemologico la cultura la cultura epistemologie pratiche teorie oggetto sociale: DSA politiche la cultura normative la cultura 1. I DSA secondo la legge 170/2010: riconoscimento art. 1, comma1: La presente legge riconosce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di apprendimento, di seguito denominati “DSA”, che si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana 1. I DSA secondo la legge 170/2010: definizione • • • • • • art. 1, comma 2-3-4-5-6-7: Ai fini della presente legge, si intende per dislessia un disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà nell’imparare a leggere, in particolare nella decifrazione dei segni linguistici, ovvero nella correttezza e nella rapidità della lettura. Ai fini della presente legge, si intende per disgrafia un disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nella realizzazione grafica. Ai fini della presente legge, si intende per disortografia un disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nei processi linguistici di transcodifica. Ai fini della presente legge, si intende per discalculia un disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà negli automatismi del calcolo e dell’elaborazione dei numeri. La dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia possono sussistere separatamente o insieme. Nell’interpretazione delle definizioni di cui ai commi da 2 a 5, si tiene conto dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche in materia. 1. I DSA secondo la legge 170/2010: finalità art. 2: a) garantire il diritto all’istruzione; b) favorire il successo scolastico, anche attraverso misure didattiche di supporto, garantire una formazione adeguata e promuovere lo sviluppo delle potenzialità; c) ridurre i disagi relazionali ed emozionali; d) adottare forme di verifica e di valutazione adeguate alle necessita’ formative degli studenti; e) preparare gli insegnanti e sensibilizzare i genitori nei confronti delle problematiche legate ai DSA; f) favorire la diagnosi precoce e percorsi didattici riabilitativi; g) incrementare la comunicazione e la collaborazione tra famiglia, scuola e servizi sanitari durante il percorso di istruzione e di formazione; h) assicurare eguali opportunità di sviluppo delle capacità in ambito sociale e professionale. 1. I DSA secondo la legge 170/2010: misure didattiche art. 5, commi 1 e 2: 1. Gli studenti con diagnosi di DSA hanno diritto a fruire di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica nel corso dei cicli di istruzione e formazione e negli studi universitari. 2. Agli studenti con DSA le istituzioni scolastiche, a valere sulle risorse specifiche e disponibili a legislazione vigente iscritte nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, garantiscono: a) l’uso di una didattica individualizzata e personalizzata, con forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico che tengano conto anche di caratteristiche peculiari dei soggetti, quali il bilinguismo, adottando una metodologia e una strategia educativa adeguate; b) l’introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonché misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere; c) per l’insegnamento delle lingue straniere, l’uso di strumenti compensativi che favoriscano la comunicazione verbale e che assicurino ritmi graduali di apprendimento, prevedendo anche, ove risulti utile, la possibilità dell’esonero. 1. I DSA secondo la legge 170/2010: misure didattiche art. 5, commi 3 e 4: 3. Le misure di cui al comma 2 devono essere sottoposte periodicamente a monitoraggio per valutarne l’efficacia e il raggiungimento degli obiettivi. 4. Agli studenti con DSA sono garantite, durante il percorso di istruzione e di formazione scolastica e universitaria, adeguate forme di verifica e di valutazione, anche per quanto concerne gli esami di Stato e di ammissione all’università nonché gli esami universitari. 2. Il punto di vista: l’approccio socio-pedagogico ai DSA 2. L’approccio socio-pedagogico ai DSA Occuparsi dei Disturbi Specifici di Apprendimento da un punto di vista socio-pedagogico significa: - considerare il problema dal punto di vista degli effetti sociali (disagio socio-emotivo, inferiorizzazione sociale della diversità, marginalizzazione, scarsa partecipazione); - predisporre gli strumenti educativi/strategie educative che in qualche modo vadano a potenziare le abilità sociali. 2. L’approccio socio-pedagogico ai DSA: gli effetti sociali • Essendo i DSA legati alla sfera comunicativo-simbolica in senso ampio, gli effetti sociali dei DSA sono di natura strettamente relazionale ovvero vanno ad incidere sul processo di interazione e negoziazione sociale e, dunque, sul processo di costruzione dell’identità personale e sociale dello studente/futuro cittadino. • In questo senso, l’approccio socio-pedagogico ha la necessità di ripensare i DSA non dal punto di vista della delucidazione delle cause del comportamento (il disturbo), ma dal punto di vista dell’individuazione delle condizioni che consentono al singolo studente/futuro cittadino d’agire e, dunque, prendere parte al processo di interazione sociale (i bisogni socio-educativi) 2. I DSA come Bisogni Educativi Speciali “Il bisogno educativo speciale (special educational need) è qualsiasi difficoltà evolutiva, in ambito educativo e apprenditivo, espressa in un funzionamento (nei vari ambiti della salute secondo il modello ICF dell’organizzazione mondiale della sanità) problematico per il soggetto, in termini di danno, ostacolo o stigma sociale, indipendentemente dall’eziologia, e che necessita di educazione speciale individualizzata” Ianes D., Bisogni educativi speciali e inclusione, Trento: Erickson, 2005, p. XX 2. I DSA come Bisogni Educativi Speciali Il BES è una difficoltà che si manifesta: • in età evolutiva e cioè entro i primi 18 anni di vita del soggetto • negli ambiti di vita dell’educazione e dell’apprendimento E che ha effetti su: • le relazioni educative, formali e/o informali; • lo sviluppo di competenze e di comportamenti adattivi: • gli apprendimenti scolastici e di vita quotidiana; • lo sviluppo di attività personali e di partecipazione ai vari ruoli sociali. Ianes D., Bisogni educativi speciali e inclusione, Trento: Erickson, 2005 2. I DSA come Bisogni Educativi Speciali La definizione di BES: • non fa riferimento alle origini eziologiche dei disturbi né alle classificazioni patologiche, ma parte dalla situazione complessiva di funzionamento educativo e apprendimento del soggetto, qualunque siano le cause che originano una difficoltà di funzionamento. • si fonda sul bisogno e la necessità di individualizzazione, di educazione speciale e di inclusione. 2. I DSA come Bisogni Educativi Speciali La definizione di Bisogno Educativo Speciale ha un minor impatto stigmatizzante rispetto ad altre definizioni – disabilità, dislessia, discalculia, disturbo da deficit attentivo con iperattività, disturbo specifico di apprendimento – perché caratterizzato da reversibilità e temporaneità. “Se il concetto di bisogno educativo speciale deriva da un modello globale di funzionamento educativo e apprenditivo ed è considerato come possibilmente transitorio e reversibile, allora l’impatto psicologico e sociale di questa valutazione e riconoscimento sarà assolutamente più lieve e meno doloroso per il soggetto e la sua famiglia”. Infatti, la reversibilità e la temporaneità facilitano la famiglia e il soggetto stesso ad accettare un percorso di conoscenza e di approfondimento della difficoltà e di successivo intervento di individualizzazione e di educazione speciale. Ianes D., Bisogni educativi speciali e inclusione, Trento: Erickson, 2005 2. DSA, BES e Disabilità Bisogni educativi speciali Bisogni educativi Speciali e disabilità Dislessia lieve Disabilità Asma Difficoltà di apprendimento Difficoltà emozionali e comportamentali Minorazioni uditive Diabete Esiti di cancro Minorazioni visive Disprassia Deficit di controllo degli sfinteri Epilessia Difficoltà di linguaggio Lieve difficoltà di apprendimento Disturbi alimentari Dislessia Disturbo da deficit attentivo/iperattività Autismo Bassa statura Obesità Ianes D., Bisogni educativi speciali e inclusione, Trento: Erickson, 2005 2. Oltre il Bisogno Educativo Speciale? La letteratura più recente ha sostenuto che anche la definizione di Bisogno Educativo Speciale può risultare problematica, fondamentalmente per due motivi: 1.Può divenire anch’essa un’etichetta stigmatizzante che conduce alla diminuzione delle aspettive nei confronti degli alunni con BES; 2.Distoglie l’attenzione dalle difficoltà che incontrano anche gli alunni che non hanno Bisogni Educativi Speciali e dai problemi che possono insorgere a partire dalle relazioni, dalle culture, dai curricoli, dalle metodologie, dall’organizzazione e dalle politiche educative. Per tale motivo, può essere utile riflettere non tanto sul singolo soggetto quanto sul più ampio contesto in cui questi vive per cogliere le opportunità così come gli ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione. Questo significa, iniziare a muoversi nell’ottica dell’inclusione… T. Booth & M. Ainscow, L’index per l’inclusione, Trento: Erickson, 2008, p.112 3. Le strategie: verso una pedagogia inclusiva 3. Le strategie: verso una pedagogia inclusiva Il passaggio da una visione incentrata sul disturbo ad una focalizzata sui bisogni socio-educativi chiama direttamente in causa la pedagogia come sapere che progetta strategie e pratiche educative, intenzionandole ed orientandole verso la costruzione di comunità inclusive. Ma cosa è l’inclusione? 3. Integrazione vs inclusione Il concetto di integrazione si afferma negli anni ‘60’70 del Novecento e matura all’interno di un più ampio tentativo di riforma sociale. Il progetto sociale a cui rimanda l’idea di integrazione si fonda su: - diritti all’istruzione per i bambini disabili (superamento della categoria dei bambini ‘noneducabili’) - diritti all’educazione nelle scuole locali per i bambini disabili (contro le scuole speciali) - riorganizzazione globale del sistema dell’educazione speciale 3. Integrazione vs inclusione • Inclusione non è: – Attenzione al soggetto o piccoli gruppi di alunni per i quali il curriculum non è adatto, o per cui è prescritto un tipo di lavoro diverso o è offerto un sostegno/assistenza – Riferita alle modalità attraverso cui ‘assimilare’ i bambini con bisogni speciali dentro forme esistenti di scuola • Inclusione è: – Un processo (piuttosto che una condizione) attraverso cui la scuola cerca di rispondere a tutti gli alunni come soggetti unici; – Qualcosa che guarda all’inclusione e all’esclusione come processi connessi su cui lavorare per sviluppare pratiche scolastiche più inclusive – Enfatizza l’efficacia complessiva della scuola – Riferita alle scuole di ogni ordine e grado 3. Inclusione sociale e cittadinanza “L’inclusione in senso ampio è legata alla cittadinanza, ai diritti civili e politici e agli obblighi che tutti i membri di una società dovrebbero avere nei reciproci confronti. Non solo formalmente. L’inclusione fa dunque riferimento alle opportunità di partecipazione alla vita pubblica. L’accesso al lavoro è una delle principali dimensioni per favorire tali opportunità. L’educazione ne è un altro”. Giddens A., The Third Way: The Renewal of Social Democracy ,1998, p. 103 3. Inclusione sociale e cittadinanza Inclusione è un termine recente: – Coniato nei primi anni ‘70 per attirare l’attenzione sulle condizioni di svantaggio di alcuni gruppi sociali ed anche per sottolineare la necessità di sviluppare politiche di coesione sociale. – Si riferisce non solo al livello di ineguaglianza ma alle forze ed ai meccanismi che avvicinano o allontanano i gruppi sociali ed i singoli individui dalle condizioni della maggioranza della popolazione. – È legato alla nozione di cittadinanza che sottolinea l’eguaglianza di possibilità ma anche la responsabilità ed i doveri dei soggetti, i loro diritti e civili e politici. Necessità di rivisitare/riconcettualizzare il ruolo dei professionisti nell’inclusione/esclusione sociale, giustizia sociale ed uguaglianza in educazione. 3. Inclusione sociale ed educazione inclusiva Salamanca Statement and Framework for Action on Special Needs Education (Salamanca, Spagna, giugno 1994) UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura) Svolta semantica/ svolta nelle pratiche – Prima fase - L’integrazione e la partecipazione come antidoto per l’esclusione: esse sono sono essenziali per la dignità umana. Questo assunto ha portato, nei contesti educativi, a cercare di offrire un’eguaglianza di possibilità. – Seconda fase - Il principio fondamentale della scuola inclusiva risiede nell’idea che tutti i bambini devono imparare insieme in base alle loro specificità e differenze. La scuola inclusiva deve rispondere ai diversi bisogni dei suoi studenti attraverso un adeguamento del curriculum e delle opportune strategie didattiche. I bambini con bisogni speciali dovrebbero ricevere quel supporto aggiuntivo che possa rendere quanto più efficace il loro percorso educativo. – Nella scuola inclusiva si costruiscono le condizioni di solidarietà fra i bambini con bisogni speciali ed i loro compagni. Costruire scuole inclusive permette di superare gli svantaggi delle scuole speciali e di andare verso la realizzazione di una scuola per tutti. – TRASFORMAZIONE DEL FOCUS DELLE POLICY SULL’INTEGRAZIONE 3. Inclusione sociale ed educazione inclusiva L’educazione inclusiva: – Pone una sfida alle politiche e alle pratiche educative di tipo esclusivo – È basata sul crescente consenso internazionale dei diritti di tutti i bambini ad un’educazione nei luoghi di appartenenza, riferita alle proprie tradizioni, condizioni sociali e di salute – Punta ad offrire un’educazione di qualità e communitybased per tutti. 3. Per una pedagogia inclusiva – Partire dalle pratiche e dalle conoscenze esistenti – Vedere le differenze come opportunità per l’apprendimento – Analizzare le barriere alla partecipazione – Fare uso delle risorse disponibili per supportare l’apprendimento – Sviluppare un linguaggio di pratiche – Creare le condizioni che incoraggiano l’assunzione dei rischi (corresponsabilità) (Ainscow, 2000) 3. Per una pedagogia inclusiva Le differenze ci invitano ad una forma di impegno che consente la salvaguardia del soggetto (Keller, 1985) Muoversi verso l’inclusione richiede che l’insegnamento sia inteso come una pratica relazionale che punti alla promozione della consapevolezza delle possibilità piuttosto che all’aderenza alle limitazioni. Superare modello medico Superare modello sociale Verso un modello sociale-relazionale (Grenier, 2010) 3. Organizzare le risorse per una didattica inclusiva Evitare il rischio della personalizzazione • “Un’offerta didattica individualizzata cerca di adattarsi ai bisogni di una singola persona, riconoscendoli e modificando le strategie di insegnamento-apprendimento per riuscire a portare quell’alunno il più vicino possibile agli obiettivi comuni al gruppo di appartenza” • Un’offerta didattica personalizzata ha obiettivi formativi profondamente diversi e spesso totalmente divergenti rispetto a quelli del gruppo. “L’obiettivo finale della personalizzazione non è tanto quello di raggiungere un fine comune, ma quello di costruire un proprio percorso rispetto a propri fini”. Ianes D., Bisogni educativi speciali e inclusione, Trento: Erickson, 2005 3. Organizzare le risorse per una didattica inclusiva Lo sfondo integratore della didattica inclusiva 1. Conoscenza globale del funzionamento, dello stato di salute ampiamente inteso e delle capacità dell’alunno. 2. Orientamento al progetto di vita ossia apertura alle dimensioni della progettazione del desiderio di adultità. 3. Speciale normalità, “uno sfondo integratore prevalentamente metodologico” su cui si innesta la progettazione inclusiva che tiene conto sia della “presenza di eventuali piani educativi individualizzati per alunni con disabilità e sia delle varie azioni individualizzate rivolte agli alunni con vari bisogni educativi speciali” Rielaborato da Ianes D., Bisogni educativi speciali e inclusione, Trento: Erickson, 2005 3. Organizzare le risorse per una didattica inclusiva “La speciale normalità è una condizione di sintesi […] e si potrebbe definire come le aspettive, gli obiettivi, le prassi, le attività rivolte a tutti gli alunni, nessuno escluso, nell’ordinaria offerta formativa, che però si arrichiscono di una specificità tecnica non comune, fondata sui dati scientifici e richiesta dalle nuove complessità dei bisogni educativi speciali. Il concetto di speciale normalità ci porta ad una condizione mista e complessivamente intrecciata di normalità e di specialità, che coesistono, si influenzano reciprocamente, in cui la specialità si trasforma nell’altra, la normalità, ne viene assimilata e in questo la trasforma, arricchendola e qualificandola ulteriormente”. Ianes D., Bisogni educativi speciali e inclusione, Trento: Erickson, 2005 4. Laboratorio propedeutico al lavoro online 4. Attività a: Che cosa è l’inclusione? 1. Fino a che punto l’inclusione viene associata agli alunni con Bisogni Educativi Speciali? 2. Fino a che punto l’inclusione viene associata agli alunni i cui comportamenti sono considerati problematici? T. Booth & M. Ainscow, L’index per l’inclusione, Trento: Erickson, 2008, p. 130 4. Attività a: Che cosa è l’inclusione?[feedback] L’inclusione nell’educazione implica: • valorizzare in modo equo tutti gli alunni e il gruppo docente; • Accrescere la partecipazione degli alunni – e ridurre la loro esclusione – rispetto alle culture, ai curricoli e alle comunità sul territorio; • Riformare le culture, le politiche educative e le pratiche nella scuola affinché corrispondano alle diversità degli alunni; • Ridurre gli ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione di tutti gli alunni, non solo delle persone con disabilità o con bisogni educativi speciali; • Apprendere, attraverso tentativi, a superare gli ostacoli all’accesso e alla partecipazione di particolari alunni, attuando cambiamenti che portino beneficio a tutti gli alunni; • Vedere le differenze tra gli alunni come risorse per il sostegno all’apprendimento, piuttosto che come problemi da superare; • Riconoscere il diritto degli alunni ad essere educati nella propria comunità; • Migliorare la scuola sia in funzione del gruppo docente che degli alunni; • Enfatizzare il ruolo della scuola nel costruire comunità e promuovere valori, oltre che nel migliorare i risultati educativi; • Promuovere il sostegno reciproco tra scuola e comunità; • Riconoscere che l’inclusione nella scuola è un aspetto dell’inclusione nella società più in generale. T. Booth & M. Ainscow, L’index per l’inclusione, Trento: Erickson, 2008, p.110 4. Attività b: Che cosa è il sostegno? Quali attività vengono considerate forme di sostegno nella scuola? Quali sono le implicazioni della definizione di sostegno per il coordinamento delle attività della scuola? T. Booth & M. Ainscow, L’index per l’inclusione, Trento: Erickson, 2008, p. 131 (Rielaborato) 4. Attività b: Che cosa è il sostegno?[feedback] Possiamo intendere il sostegno come “ogni attività che accresce la capacità da parte della scuola di rispondere alla diversità degli alunni “ T. Booth & M. Ainscow, L’index per l’inclusione, Trento: Erickson, 2008, p.131 4. Attività c: Ostacoli e risorse A. Creare culture inclusive Questa dimensione crea una comunità sicura, accogliente, cooperativa e stimolante, in cui la valorizzazione di ciascuno diviene il punto di partenza per ottimizzare i risultati di tutti, diffondendo valori inclusivi condivisi e trasmessi a tutto il gruppo insegnate, agli alunni, ai membri del Consiglio di istituto, ai dirigenti e alle famiglie. I principi e i valori, nelle culture inclusive della scuola, orientano le decisioni sulle politiche educative e gestionali e sulle pratiche quotidiane nella classe, in modo che lo sviluppo della scuola divenga un processo continuo. Index per l’inclusione: dimensioni B. Produrre politiche inclusive Questa dimensione assicura che i valori inclusivi permeino tutta la progettazione scolastica. Le politiche inclusive incoraggiano la partecipazione degli alunni e del gruppo insegnante fin dal primo ingresso nella scuola, forniscono aiuto a tutti gli alunni della comunità locale e riducono le spinte all’esclusione. Ogni decisione implica chiare strategie per il cambiamento. C. Sviluppare pratiche inclusive Questa dimensione promuove pratiche scolastiche che riflettono le culture e le poltiche della scuola. Le attività formative vengono progettate in modo da rispondere alla diversità degli alunni, e gli alunni sono incoraggiati a essere attivamente coinvolti in ogni aspetto della loro educazione, valorizzando anche le loro conoscenze ed esperienze al di fuori della scuola. Il personale individua nella collaborazione con i colleghi, gli alunni, le famiglie, la comunità locale le risorse materiali e umane per il sostegno all’apprendimento e alla partecipazione. T. Booth & M. Ainscow, L’index per l’inclusione, Trento: Erickson, 2008, pp. 117-118 4. Attività c: Ostacoli e risorse Utilizza le dimensioni dell’Index per l’inclusione per rispondere alle seguenti domande Quali ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione derivano dalle culture, dalle politiche e dalle pratiche della scuola? Nella scuola chi si trova far fronte a ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione? Quali risorse possono essere mobilitate per sostenere l’apprendimento e la partecipazione e per promuovere positivamente le culture, le politiche e le pratiche all’interno della scuola? T. Booth & M. Ainscow, L’index per l’inclusione, Trento: Erickson, 2008, p.130