Democrazia - Comune di San Giacomo delle Segnate

annuncio pubblicitario
La mia nascita è quando dico un tu.
Mentre aspetto, l’animo già si tende.
Andando verso un tu, ho pensato gli universi.
Non intuisco dintorno similitudini pari a quando penso alle persone.
La casa è un mezzo per ospitare.
Amo gli oggetti perché posso offrirli.
[…]
Prima che tu sorridi, ti ho sorriso.
Sto qui a strappare al mondo le persone avversate.
Ardo perché non si credano solo nei limiti.
Dilagarono le inondazioni, ed io ho portato nel mio intimo i bimbi travolti.
Il giorno sto nelle adunanze, la notte rievoco i singoli.
Mentre il tempo taglia e squadra cose astratte, mi trovo in ardenti secreti
di anime.
Torno sempre a credere nell’intimo.
[…]
[segue
Quando apro in buona fede l’animo, il mio volto mi diviene accettabile.
Ringraziando di tutti, mi avvicino infinitamente.
Do familiarità alla vita, se teme di essere sgradita ospite.
Quando tutto sembra chiuso, dalla mia fedeltà le persone appaiono
come figli.
A un attimo che mi umilio, succede l’eterno.
La mente, visti i limiti della vita, si stupisce della mia costanza da
innamorato.
[…]
Ritorno dalle tombe nel novembre, consapevole.
Non posso essere che con un infinito compenso a tutti.
[Aldo Capitini, 1956]
Chiusura/apertura
1.
2.
3.
Necessità di in intervento continuo per integrare,
correggere, resistere/opporsi (anche).
Un passo in avanti, per andare oltre la politica pur
restando nella polis: far sì che i principi dell’apertura
diventino “posizioni di coscienza”, ethos, sentire
profondamente radicato nell’animo.
“[…] Buttar via la violenza, la vuotezza diseducatrice
dei comizi (da chiunque fatti) […]; mettersi giù ad un
lavoro di solidarietà e di formazione aperto a tutti,
questo era ed è da fare in questa Italia che vediam
ricadere sempre nelle mani di controriforme,
oppressive del mondo della cultura e del mondo del
lavoro, e sempre più insipide intellett e socialm.”
Perché non si realizza questa
apertura?
I motivi non sono solo di carattere
amministrativo, organizzativo, politico …
tecnico, ecc.
Le colpe/responsabilità non sono solo altre
[ossia: degli altri: di quelli che stanno
“dentro” (i partiti, i palazzi, la chiese, le
istituzioni…) o di quelli che stanno “fuori”]
Perché si ha
dell’uomo e della realtà sociale
una visione chiusa.
“Deve avvenire qui un’apertura, una tramutazione che
raggiunga i fondamenti del modo stesso di vivere e di
pensare. Altrimenti, il rivoluzionarismo più spinto sarà
sempre riformismo, cioè applicazione di ritocchi e di
correzioni particolari, ripetendo il vecchio uomo […], la
vecchia realtà […].
Si guardi come nello stesso cristianesimo, dalla
sollecitazione di Gesù a tutte le coscienze ad aprirsi
al’imminente regno di Dio, si sia passati alla sua
monarchicizzazione, in istituzioni autoritarie, invece di
operare continuamente la sua apertura.”
Comunità aperta
“è, perciò, quella che non solo si apre verso
tutti, in direzione, per così dire, orizzontale; ma
quella che realizza verticalmente valori sempre
più alti, di arte, di pensiero; e che spazza ogni
pericolo d ritornante chiusura, realizzando una
tramutazione, vivendo una presenza nuova, di là
dal vecchio uomo e dalla vecchia realtà,
sospendendo il flusso di ciò che è guasto per
l’aprirsi di una realtà pura.”
[A. Capitini, “Nuovo Corriere”, 20 maggio 1948]
Chiusura fascista e apertura C.O.S.
“Uno dei metodi del fascismo che bisognava
capovolgere era la “chiusura” delle autorità
verso il pubblico, degli’intellettuali verso il
popolo, del centro verso la periferia, dell’”alto”
verso il così detto basso,il gerarchismo, lo
stivalismo e l’abuso.
Con il proposito e l’animo di “capovolgere” io
chiesi, pochi giorni dopo la liberazione di
perugia, l’ampia sala della Camera del lavoro
per le riunioni del Centro di orientamento sociale
(COS) dedicate all’esame dei problemi
amministrativi sociali, politici, culturali.” [segue]
Gli aspetti del capovolgimento erano
questi.
• Ascoltare e parlare: non l’una cosa o l’altra come nel
fascismo, …………………
• Presenza delle autorità:………
• Contributo degli intellettuali:……
• Libertà di ingresso:………………..
• Nonviolenza:…………………………
• Autoeducazione:……………………….
• Controllo democratico:……………………..
• Deliberazioni:…………………………………….
• Obbiettività:…………………………………………….
• Iniziative collettive:…………………………………………
L’Italia dovrebbe avere ventiduemila di
questi COS, uno per ogni parrocchia …
“Per di più faccio osservare la novità del
COS, che tratta di amministrazione e di
idee; sì, l’una e l’altra cosa, non l’una
contro l’altra: bella è questa sintesi del buon
amministrare, dell’onestà del blancio, della giustizia,
delle tasse (e che contributo a questo del COS!),
dell’igiene delle vie del villaggio, del piano regolatore
cittadino, e, insieme, degli alti ideali umani, delle grandi
riforme.”
[A. Capitini, “Avanti”, 12 agosto 1948]
(Fine prima parte)
Grazie.
Democrazia:
una prima definizione “di servizio”
(ossia: requisiti minimi del processo elettorale della democrazia rappresentativa)
Una forma di stato che
a) possiede un governo rappresentativo eletto da
b) un elettorato costituito dall’intera popolazione
adulta, i cui voti
c) espressi nel segreto dell’urna a intervalli
regolari hanno egual peso, e che
d) ha la facoltà di votare per qualunque opinione
senza intimidazioni né da parte dello stato
stesso né da elementi organizzati della
società.
Per la formazione delle democrazie:
alcuni requisiti
•
•
•
•
•
Libertà di formare organizzazioni e di aderirrvi
Libertà di espressione
Diritto di voto
Eleggibilità alle cariche pubbliche
Diritto dei dirigenti politici di competere per il sostegno e
per i voti
• Fonti alternative di informazione
• Elezioni libere ed eque
• Le istituzioni che producono politiche governative
dipendono dai voti e da altre espressioni di preferenze
Democratizzazione e riflusso: 5 ondate
• Prima ondata di democratizzazione (1828-1926): 29
Stati democratici;
• prima ondata di riflusso (1922-42): 12 Stat democrat;
• seconda ondata di democratizzazione (1943-62): 36;
• seconda ondata di riflusso (1958-75): 30;
• terza ondata di democratizzazione (dal 1974): 58.
Nota Nel 1988 solo 66 su u totale di 167 Stati Onu
vantavano credenziali democratiche; nel 2000 erano
120 su 192, ovvero la maggioranza (62 % dei Paesi
Onu).
Democrazie elettorali e
democrazie liberali
• Per le prime è suff soddisfare un unico
criterio: assicurare lo svolgimento di
elezioni “regolari, libere e leali” tra partiti
avversari.
• Per le seconde si richiede il soddisfacim
di ulteriori cinque requisiti.
[ulteriori cinque requisiti]
• Libertà civili (fede, espressione, organizzazione,
protesta, assemblea…).
• Parità di trattamento dei cittadini di fronte alla
legge e certezza del diritto.
• Magistratura indipendente e neutrale; autonomia
ed effettivo potere a istituzioni di “responsabilità
orizzontale” (ad es. la Banca centr o il garante dei mezzi di
comunicaz).
• Società civile aperta e pluralista (di cui è parte essenz
la libertà dei media).
• Forze armate sotto il contr del governo democr
eletto.
Osservazioni
1. Applicando i suddetti criteri le 120
democrazie citate si riducono a 75
(secondo l’analisi di Diamond e Plattner).
2. Problematicità della misurazione
dell’effettivo sodisfacim dei 5 requisiti
sopra richiamati.
3. Nessuna delle democr citate combina
sistemi partecipativi e rapresentativi, se
non in maniera assai superficiale.
(segue Osservazioni )
4. «In tutte, la politica rappresenta una sfera
eccessivamente “separata”: in esse è quindi assente la
sensibilità o la cultura della politica quotidiana, mancano
meccanismi che fungano da collegamento tra vita
normale e problemi straordinari. Le strutture e le pratiche
della politica democratica nella loro forma attuale sono
vecchie e logore, spesso isolate all’interno di rituali
antiquati e prolungati, sempre distanti dagli elettori. Per
quanto degna di essere celebrata, l’espansione della
democrazia non possiede un’inevitabile dinamica di
progresso né ha insito in sé un congenito controllo
qualitativo.» (P. Ginsborg)
(segue Osservazioni)
6. In relazione ai contenuti emergenti dalla citazione precedente, è da
sottolineare il “ruolo” chiave delle Amministrazioni
locali (sopratt dei piccoli Comuni):
• nella mitigazione dell’eccessiva separazione della
politica dalle altre sfere sociali;
• nella diffusione della sensibilità/cultura della politica
quotidiana;
• nel collegamento tra vita normale e problemi straordinari;
• nel sostegno vitale alle strutture e alle pratiche della
politica democratica nella forma e nei contenuti meno
distanti dagli elettori, ossia nell’agevolazione delle
condizioni di base della vita democratica.
Per (strumentale e finale) la democrazia locale:
qualche azione agevolante
• Spazi
• Informazione
• Scadenze temporali delle azioni e
delle risposte
• Scelta dei materiali e dei fornitori
• Clima culturale (in cui il Pubblico sia reinventato
in termini etici e di valori)
A proposito di clima culturale
Necessità di pensare:
•nuova filosofia del
Pubblico
e
•nuova etica del servizio
Democrazia rappresentativa e
democrazia partecipativa
• Per gran parte del XIX e XX secolo queste due
visioni furono giudicate antitetiche
• Negli anni ’90 i due modelli di democrazia
iniziarono ad essere considerati di potenziale
mutua utilità, l’uno salutare piuttosto che
pregiudizievole rispetto all’altro: è la cosiddetta
democrazia deliberativa (quella dei processi di
Agenda 21, del bilancio partecipativo di Porto
Alegre…)
Democrazia deliberativa
• Deliberative (deliberativo): agg. inglese che,
riferito ala democrazia, assume doppio signif:
discutere e decidere.
• Lo scopo è: prendere decisioni sagge, entro
ragionevoli termini di tempo, coinvolgendo tutte
le parti in causa e/o i loro rappresentanti.
• Il metodo è: il dibattito inserito in un contesto
strutturato di collaborazione, basato su
un’informazione adeguata e una pluralità di
opinioni.
Alcuni vantaggi della
democrazia deliberativa
(quando funziona al meglio):
l’attività della democraz. partecipativa
contribuisce a migliorar
la qualità della democraz. rappresentativa:
•
•
•
allarga il processo decisionale a cerchi più ampi della popolazione
produce decisioni “migliori”
dona alle decisioni maggiore legittimità
•
rafforza le “virtù civiche” (perché insegna alle persone ad ascoltare, ad
essere più tolleranti e aperti nei confronti dell’altra opinione, a costruire la
fiducia reciproca, aiuta a formare cittadini informati, esperti…)
(fine seconda parte)
Grazie
Preliminari
P1) Il termine democrazia come
• categoria-base del nostro lessico quotidiano,
• “concetto idolatrico onnicomprensivo”.
P2) Luogo comune dell’ideologia democratica:
che sia necessario e sufficiente diffondere i diritti di partecipazione –
i diritti politici e innanzitutto il diritto di voto – affinché lo spirito
democratico si radichi, alimenti e diffonda da sé. […] che la virtù
democratica, che nella sua essenza consiste in dedizione alla cosa
pubblica e disponibilità a destinarvi le proprie energie e a mettere in
comune una parte delle proprie risorse, si sviluppi da sola, causa ed
effetto della democrazia stessa: tanto più la democrazia cresce –
questa è la credenza – tanto più lo spirito democratico si sviluppa e
questo sviluppo fa ulteriormente crescere la democrazia.
P3)
Dalla lettura della storia abbiamo
imparato che la democrazia :
- non si autoimmunizza dalle pericolose involuzioni
antidemocratiche,
- né si autoalimenta indefinitamente.
P4) Se ci guardiamo attorno, vediamo diffondersi:
- il sentimento di indifferenza (o apatia) politica;
- scarsa partecipazione,
o partecipazione egoisticamente interessata.
P5) Necessità di un’opinione pubblica
consapevole, critica, informata.
“A differenza di tutte le altre forme di governo, le quali
non solo possono ma devono farne a meno, in
democrazia, essa è conditio sine qua non. […] Ogni
società ha un modo di governarsi cui corrisponde un suo
ethos particolare che deve informare lo spirito degli
individui che governano e che sono governati. Il
problema dell’insegnamento della
democrazia è qui, nell’identificazione e nella
specificazione dell’ethos che le corrisponde.
Esso deve essere diffuso tra tutti, conformemente
all’ideale democratico di una comunità di individui
politicamente attivi.” (Zagreb)
P6)
“I classici insegnano che non bastano
buone regole ma che occorrono
anche
buoni uomini, che agiscano cioè nello
spirito delle regole.
La migliore delle costituzioni nulla può se gli
uomini che la mettono in pratica sono corrotti
o si corrompono o, comunque, non ne sono a
misura” (Zagrebelsky)
P7) Domanda:
Perché il titolo
“Pedagogia della democrazia”?
Risposta:
per sottolineare
l’esigenza di promuovere
uno SPIRITO pubblico adeguato alla buona
vita delle istituzioni.
DomandonA femmina n° 1:
qual è
l’ethos democratico?
E poi:
si può insegnare (non la democrazia ma)
ad essere democratici? E come insegnarlo,
(senza cadere in melliflua, spesso
controproducente propaganda di valore)?
DomandonE maschio n° 2:
perché essere democratici?
Tentativi di risposta
Impossibilità di una fondazione solo
strumentale e utilitaristica della
democrazia.
Proposta di
risposta al domandone n° 2: prima parte
“[…] non trovo altro fondamento della democrazia
che questo: il rispetto di sé. La democrazia è
l’unica forma di reggimento politico che rispetta
la mia dignità, mi riconosce capace di
discutere e decidere sulla mia vita pubblica.
Tutti gli altri regimi non mi prestano questo
riconoscimento, mi considerano indegno di
autonomia fuori della cerchia delle mie
relazioni puramente private e familiari. La
democrazia è, tra tutti, l’unico regime che si
basa sulla mia dignità in questa sfera più
ampia.” (Zagreb)
Risposta al domandone n° 2: seconda parte
“Ma non basta il rispetto di sé, occorre anche
il rispetto, negli altri, della medesima
dignità che riconosciamo in noi.
Il motto della democrazia dovrebbe essere:
«Rispetta il prossimo tuo come te stesso».
Infatti, il rispetto solo di se stessi e il disprezzo
degli altri porterebbero non alla democrazia ma
alla lotta per l’affermazione della propria
autocrazia” (Zag)
P8) Essere democratici stanca
• “La virtù politica (della democrazia) è una
rinuncia a se stessi, ciò che è sempre
molto faticoso da sopportare. Questa virtù
consiste nella preferenza continua
dell’interesse pubblico agli interessi propri”
(Montesquieu)
Il problema della stanchezza
L’oppressione dispotica
suscita
reazione e ribellione.
La democrazia
invece
suscita stanchezza
P9) La democrazia come ideale
• La democrazia non promette nulla a
nessuno, ma richiede molto a tutti.
• Non è un idolo, ma un ideale
corrispondente a un’idea di dignità
umana.
• La sua ricompensa sta nello stesso agire
per realizzarlo.
(Zagreb)
Democrazia come fine e mezzo,
non solo mezzo (“perciò, oltre che servire, deve
Valori
essere servita”)
Sottrarre il popolo alla
passività e alla mera reattività
(renderlo soggetto di politica, non oggetto o
strumento)
“usare strumenti
Metodo
di
liberazione che mentre operano
sul mondo, sulla società, sullo Stato,
tramutano la nostra sostanza stessa”
(A. Capitini)
(A proposito di democrazia come “potere del popolo”)
P 10) Vox populi, vox dei?
• Contro la divinizzazione del popolo, vera e
propria forma di idolatria politica.
• L’autorità del popolo non dipende dalle sue virtù ma
dall’insuperabile mancanza di meglio.
• Sulla presunta democrazia dei sondaggi: attraverso il
sondaggio si registra una forza, attraverso le elezioni si
esercita un’autorità: infatti “le autocrazie possono usare il
sondaggio senza smentirsi, ma vietano le libere elezioni.
Il popolo sondato è un oggetto; il popolo che vota è un
soggetto”.
P 11) Il popolo dei sondaggi
• è passivo, per l’isolamento dei suoi componenti:
la folla, come il campione rappresentativo,
sembra un soggetto unitario, in realtà “opera
come somma di atomi che non interagiscono, […]
non possono impiantare una discussione, non possono mettere in
atto un’azione collettiva. I
singoli nella massa perdono
identità politica. Possono soltanto ‘far massa’,
cioè aggiungere il contributo del loro peso a un
movimento che già esiste. Ma non possono
determinarlo.
P12a) “Viva il popolo,
abbasso le istituzioni”
Questo potrebbe essere
il motto della demagogia contemporanea,
perché si ritiene che
qualora il popolo si sia espresso, laddove (si
presume) sia chiara la volontà del popolo
nessun ostacolo è lecito.
P12b) Sconfitta dello stato di diritto
e nuovo autoritarismo
• Tutte le altre forme di autorità, comprese quelle
di garanzia della legalità dell’azione di governo,
dovrebbero piegarsi all’autorità del popolo.
• Verso l’autoritarismo, seguendo la direzione
“contraria” dell’autoritarismo classico: non
attraverso il rafforzam degli apparati dello Stato,
ma attraverso la sua de- istituzionalizzazione, a
vantaggio della comunicaz diretta tra il popolo e
i suoi capi. Diverso il percorso, uguale il punto
d’arrivo.
P12c) Reductio ad unum delle
istituzioni
• Vengono messe in discussione le istanze
indipendenti di garanzia, equilibrio,
distinzione dei pubblici poteri (che si sono
affermate nell’esperienza secolare di
costituzionalismo).
• Semplificazione e omologazione delle
istituzioni, “loro allineamento sull’asse che
direttamente unisce, in un andare e venire,
il popolo e il suo interprete” (Zag).
P12d) La deistituzionalizzazione
della politica
che si attua attraverso
l’appello ripetuto e insistente
dell’opinione popolare
– nelle
diverse forme oggi possibili
referendum a ripetizione,
scioglimenti continui degli organi elettivi,
sondaggi dagli esiti largamente pubblicizzati –
porta progressivamente
ad allineare le posizioni e a ridurre le deviazioni.
P13) Domanda:
E allora, che serve per esercitare
un’azione politica?
P 14) Risposta:
Occorrono le
istituzioni
P15) Spiegazione della
necessità di produrre
(forme di “integrazione sociale ai fini politici”, ossia)
istituzioni”
Solo queste “istituzioni”
rendono i singoli e il popolo
capaci di libera azione politica.
P16) Le istituzioni tolgono
tolgono qualcosa alla “spontaneità” soggettiva: per esempio,
ai singoli
viene negato il diritto di “volere tutto e subito”.
Ma questo, in fondo, è anche la condizione
affinché le energie individuali
• siano coalizzate in iniziative costruttive;
• non si isteriliscano in gesti meramente dimostrativi, occasionali,
irrazionali;
• non diventino facile preda di chi le volesse strumentalizzare per i
propri fini: è una tendenza che oggi prende forme subdolamente
intriganti: il sentimento contrario alle politiche organizzate, l’appello
alla presunta naturale saggezza della gente comune, la tentazione di
assecondare o esaltare o rappresentare in politica gli umori pre (o
addirittura anti) politici, considerando ogni organismo di mediazione
come un ostacolo, una perdita di tempo.
P17)
Istituzionalizzazione della
politica
• Moltiplicare le “istituzioni”
(o “forme di integrazione sociale ai fini politici”);
–
B) garantire loro:
•
•
•
b1) durata,
b2) differenziazione funzionale (proposta, decisione, controdecisione, controllo),
b3) bilanciamento;
• C) darsi tempo:
- c1) tempo per decidere,
- c2) tempo per durare
• D) garantire l’espressione di tutte le voci.
–
[“Solo il tempo che si diffonde e si espande attraverso procedure nelle
quali siano garantite tutte le voci, di consenso come di dissenso (…) può
garantire che il popolo non si richiuda su se stesso, soffocando per paura
chi non si riconosce nel coro” e dando luogo, così, a “una democrazia
della massa indistinta e perciò totalitaria che, condannando coloro che non
le sono conformi, si priva della critica e della facoltà autocritica, cioè della
possibilità di emendarsi dai propri errori” (Zagrebelsky)].
Fine dei
Preliminari.
Ritorniamo alla domandona:
qual è
l’ethos democratico?
Ecco allora una proposta di
contenuti minimi necessari allo SPIRITO democratico
1.
La fede in qualcosa
2.
La cura delle personalità individuali
3.
Lo spirito del dialogo
4.
Lo spirito dell’uguaglianza
5.
L’apertura verso chi porta identità diverse
6.
La diffidenza verso le decisioni irrimediabili
7.
L’atteggiamento sperimentale
8.
Coscienza di maggioranza e coscienza di minoranza
9.
L’atteggiamento altruistico
10. La cura delle parole
1. La fede in qualcosa
• “La democrazia è relativistica, non assolutistica. Essa, come
istituzione d’insieme e come potere che da essa promana, non ha
fedi o valori assoluti da difendere, a eccezione di quelli sui
quali essa stessa si basa: nei confronti dei principi democratici, la
pratica democratica non può essere relativistica. La democrazia
deve cioè credere in se stessa e non lasciar correre sulle questioni
di principio, quelle che riguardano il rispetto dell’eguale dignità di
tutti gli esseri umani e dei diritti che ne conseguono e il
rispetto dell’uguale partecipazione alla vita politica e delle
procedure relative. Ma al di là di questo nucleo, essa è relativistica
nel senso preciso della parola, cioè nel senso che i fini e i valori
sono da considerare relativi a coloro che li propugnano e, nella loro
varietà, tutti ugualmente legittimi. Democrazia e verità assoluta,
democrazia e dogma, sono incompatibili. La verità assoluta e il
dogma valgono non nelle società democratiche, ma in quelle
autocratiche.” (p. 15-6)
2. La cura delle personalità individuali
•
•
•
•
•
“La democrazia è fondata sugli individui, non sulla massa. Come
Tocqueville aveva antiveduto […], la massificazione della società tramite
l’uguaglianza e la spersonalizzazione dei suoi membri è un pericolo mortale
per la democrazia, aprendo la strada alla tirannide (della maggioranza)” (p.
18)
“[…] una democrazia senza qualità individuali apre la strada ai demagoghi, i
regimi totalitari, a loro volta, hanno bisogno, per così dire, di uomini-massa,
non di uomini-individui.
Per questo, una democrazia che vuole preservarsi dalla degenerazione
demagogica deve curare nel massimo grado l’originalità dei suoi
membri e combattere la passiva adesione alle mode. L’originalità […]
concepita […], etimologicamente, come seria capacità di dare inizio, origine
a un progetto, a un rinnovamento che produce vita nuova e combatte la
passiva e animalesca ripetitività” (p. 19-20)
“Dobbiamo vedere con preoccupazione il procedere delle nostre società
verso l’omologazione” (p. 20)
“ […] si invocano proprio dalla scuola gli antidoti necessari a
preservare l’originalità delle persone. Alimentando, invece di reprimere, i
caratteri, le inclinazioni, le capacità e le vocazioni personali delle giovani vite
con le quali la scuola entra in rapporto, essa contribuisce a difendere la
democrazia” (p. 21)
3. Lo spirito del dialogo
• “La democrazia è discussione, ragionare
insieme” (p. 21)
• “Affinché sia preservata l’integrità del
ragionare, deve essere prima di tutto
rispettata la verità dei fatti, che è la base
d ogni azione orientata a intendersi
onestamente”. (p. 22)
• “Il dialogo è anche nell’interesse di
ciascuno per se stesso” (p. 23)
4. Lo spirito dell’uguaglianza
• “La democrazia è basata sull’uguaglianza;
è insidiata mortalmente dal privilegio.
L’uguaglianza non è l’omologazione, la
massificazione […]” (p. 24)
• L’uguaglianza […] è essenzialmente
isonomia […] l’uguaglianza che deriva
da leggi valide per tutti” (p. 24)
5. L’apertura verso chi porta
identità diverse
• “La democrazia esige che le identità
particolari siano ininfluenti rispetto alla pari
partecipazione alla vita sociale; esige in
breve di essere potenzialmente multiidentitaria” (p. 26)
6. La diffidenza verso le decisioni
irrimediabili
• “La democrazia implica la reversibilità di ogni
decisione (sempre esclusa quella sulla
democrazia medesima). Le soluzioni definitive ai
problemi, quelle che non consentono
ripensamenti o aggiustamenti, sono proprie dei
regimi della giustizia e verità, uniche e ferme.
[…] La democrazia invece è, come detto,
relativistica perché perennemente dialogica e
aperta […] La strada per dire: ‘ci siamo
sbagliati’ deve restare sempre aperta” (p. 29)
7. L’atteggiamento sperimentale
• “La democrazia è orientata da principi, ma deve
imparare quotidianamente anche dalle conseguenze
delle proprie azioni. […] La politica democratica come
pratica sempre rivedibile comporta un’attenzione
particolare alle conseguenze dell’agire. […] Lo spirito
democratico è […] quello in cui convinzioni della
coscienza e conseguenze dell’agire formano un
circolo sempre aperto nel quale si determinano le
norme dei soggetti responsabili.
• Quale scuola di democrazia è più efficace della
partecipazione a un’opera comune, alla quale tutti
siamo chiamati a cooperare? […] La tensione tra la
teoria e la pratica è esperienza da cui si apprende
molto. Essa soprattutto forma il carattere […] (p. 31)
8. Coscienza di maggioranza e
coscienza di minoranza
• “[…] ogni deliberazione in cui una maggioranza
sopravanza numericamente una minoranza non è una
vittoria della prima e una sconfitta della seconda. E’
invece una provvisoria prevalenza che assegna un
duplice onere: alla maggioranza di dimostrare poi, nel
tempo a venire, la validità della sua decisione; alla
minoranza, di insistere per far valere ragioni migliori.
Ond’è che nessuna votazione, in democrazia (salvo
quelle riguardanti le regole costitutive o
costituzionali della democrazia stessa) chiude
definitivamente una partita. Entrambe attendono e, al
tempo stesso, precostituiscono il terreno per la sfida di
ritorno tra le buone ragioni che possano essere
accampate.” (p. 33)
9. L’atteggiamento altruistico
• “La democrazia è la forma di vita comune di esseri
umani solidali tra loro. Ciò è espressione dell’idea di
virtù repubblicana di Montesquieu, di quell’amore per la
cosa pubblica che presuppone disponibilità a mettere
in comune qualcosa di sé, anzi il meglio di sé:
tempo, capacità, risorse materiali”
• “L’emarginazione sociale è contro la democrazia e
l’idea che nessuno possa essere lasciato indietro,
abbandonato a se stesso e alle difficoltà della sua vita
particolare, non è un suo elemento accidentale, che può
esserci o non esserci, a seconda delle politiche del
momento” (p. 34)
10. La cura delle parole
• “Essendo la democrazia una convivenza
basata sul dialogo, il mezzo che permette il
dialogo, cioè le parole, deve essere oggetto
di una cura particolare, come non si
riscontra in nessuna altra forma di governo.
Cura duplice: in quanto numero e in
quanto qualità.”
Il numero di parole
“Il numero di parole conosciute e usate è direttamente proporzionale al
grado di sviluppo della democrazia. Poche parole, poche idee, poche
possibilità, poca democrazia, più sono le parole che si conoscono,
più ricca è la discussione politica e, con essa, la vita democratica.
Quando il nostro linguaggio si fosse rattrappito al punto di poter
pronunciare solo sì e no, saremo pronti per i plebisciti, e quando
conoscessimo solo più i sì, saremmo nella condizione del gregge che
può solo obbedire al padrone. Il numero delle parole conosciute, inoltre,
assegna i posti entro le procedure della democrazia. Ricordiamo ancora
la scuola di Barbiana e la sua cura della parole, l’esigenza di
impadronirsi della lingua? Comanda chi conosce più parole. Il
dialogo, per essere tale, deve essere paritario. Se uno solo sa
parlare, o conosce la parola meglio di altri, la vittoria non andrà
all’argomento, al logos migliore, ma alla persona più abile con le
parole, come al tempo dei sofisti. Ecco perché la democrazia esige
una certa uguaglianza – per così dire – nella distribuzione delle
parole. “E’ solo la lingua che fa uguali. Eguale è chi sa esprimersi e
intende l’espressione altrui. Che sia ricco o povero importa meno”. Ecco
perché una scuola ugualitaria è condizione di democrazia.”
La qualità delle parole
“Le parole non devono essere ingannatrici, affinché il
dialogo sia onesto. Parole precise, specifiche,
dirette; basso tenore emotivo, poche metafore,
lasciar parlar le cose attraverso le parole, non far
crescere parole con e su altre parole; no al
profluvio che logora e confonde. Esemplare è la
prosa di Primo Levi. Le parole, poi, devono rispettare
il concetto, non lo devono corrompere. Altrimenti il
dialogo diventa un inganno, un modo di trascinare gli
altri dalla tua parte con mezzi fraudolenti.”
Pausa
E poi due citazioni capitiniane
per salutare.
[Il principio delle onde]
“Chi è amico della nonviolenza crede,
ancor più degli altri, al principio delle onde,
per cui ciò che si è e si fa si diffonde,
spesso impercettibilmente, e arriva
lontano. Perciò egli si sente uno degli
innumerevoli centri di nonviolenza, nel
senso che preferisce ai gruppi chiusi e
minaccianti la violenza per difesa, portare
dappertutto questa apertura.”
[Una direzione di bene]
“La nonviolenza porta con sé un principio
importantissimo: l’interesse per le persone
anche se avversarie, la fede che esse hanno un
infinito accanto, e che perciò non debbono
essere chiuse in ciò che esse oggi fanno, nel
loro male, e quindi si debbano distruggere. La
nonviolenza è persuasa che esse persone, sotto
l’azione del nostro metodo, possano cambiare.
Tutti gli esseri nella compresenza hanno una
possibilità infinita di sviluppo; ed io credo che ci
sia, entro la compresenza, una direzione di
bene, anche se difficile e varia ne sia la via per i
singoli che cadono e si rialzano mille volte.”
grazie
Scarica