I D.S.A.: aspetti neurobiologici e problematiche psicopatologiche MINISTERO PUBBLICA ISTRUZIONE – AID - USR CORSO DI FORMAZIONE PER INSEGNANTI REFERENTI Catanzaro – Vibo Valenza – Reggio di Calabria 21-22-23/NOV/2007 Vincenzo D’ONOFRIO NEUROPSICHIATRA INFANTILE - PSICOTERAPEUTA Formatore nazionale A.I.D. I Disturbi Specifici dell’Apprendimento I DSA sono disturbi funzionali che derivano da una peculiare architettura neuropsicologica del soggetto che provoca difficoltà nell’acquisizione e nella stabilizzazione di alcuni processi di identificazione e scrittura delle parole e dei numeri. Questi disturbi sono quasi sempre di natura congenita ed oggi sono note anche le basi genetiche che determinano spesso la trasmissione familiare del disturbo. Definizione di dislessia • La dislessia è una disabilità specifica dell’apprendimento di origine neurobiologica. Essa è caratterizzata dalla difficoltà ad effettuare una lettura accurata e/o fluente e da scarsa abilità nella scrittura e nella decodifica. Queste difficoltà derivano tipicamente da un deficit della componente fonologica del linguaggio, che è spesso inattesa in rapporto alle altre abilità cognitive e alla garanzia di un’adeguata istruzione scolastica. Conseguenze secondarie possono includere i problemi di comprensione nella lettura e una ridotta pratica della lettura, che può impedire la crescita del vocabolario e della conoscenza generale. Lyon, Shaywitz and Shaywitz, Annals of dyslexia 53:1-14, 2003 Dislessia, 1 (3):265-275, 2004 È importante leggere velocemente ? Proviamo ? improvvisamente a fenilalaninemia Come va ? Vi sentite un po’ dislessici ? Ok, cominciamo ! Abbiamo parlato di un disturbo di origine neurobiologica. Andiamo a vedere cosa vogliamo dire. Strutture cerebrali implicate in diversi aspetti dell’elaborazione linguistica planum temporale simmetrico o con asimmetria invertita (Dx>Sn) microdisgenesie Differenze nelle regioni temporo-parieto -occipitali fra dislessici e normo-lettori anche nei bambini, quindi non determinati da lettura scadente (Shaywitz eta al, 2002) Georgiewa et al, 1999 Anomalie strutturali microscopiche Galaburda and Livingstone, 1993 Anomalie nelle risposte uditive Baldeweg et al, 1999 • Le caratteristiche dei potenziali evocati nei neonati figli di dislessici sono predittive della modalità di acquisizione linguistica • Neonati figli di dislessici presentano un pattern di risposta ai potenziali evocati nell’emisfero di destra che predice una modalità meno brillante di processazione del linguaggio all’età di 2 anni e mezzo • Esiste quindi un fattore biologico evidenziabile molto precocemente, probabilmente determinato da fattori genetici, che contribuisce allo sviluppo di difficoltà di linguaggio From: Jyvaskyla Longitudinal study of Dyslexia (JLD) on developmental factors linked to reading and dyslexia, University of Jyvaskyla, Finland Risultati delle ricerche • I dati neuroanatomici e neurofisiologici convergono nell’evidenziare un’organizzazione ed un funzionamento cerebrale atipici nelle persone dislessiche Basi genetiche della dislessia • Cromosoma 6 (6p21.3-22) Kaplan, 2002 – Abilità fonologiche e ortografiche e consapevolezza fonologica in rapporto al QI. • Cromosoma 2 (2p12-16) Francks, 2002 – Locus di suscettibilità per la dislessia • Cromosoma 18 (18p11.2 ) Fisher, 2001 – Zona di rischio generico? Lettura di parole singole. ed in più… • Cromosoma 15 (regione 15q) Marino et al. 2004 J Med Genet 41:42-46. • un secondo gene sul DYX1C1) • • • cromosoma 15 (15q21 gene La frequenza delle mutazioni del gene dyx1c1 è uguale nei dislessici e nella popolazione generale Quando un genitore trasmette al proprio figlio una copia di questo gene alterato, non aumenta la probabilità che il figlio manifesti la dislessia Probabilmente esistono famiglie isolate, con particolari forme di dislessia, per le quali questo gene è responsabile del rischio conferito Marino C et al. Jan 2005 European Journal of Human Genetics Qual è la funzione dei geni? • I geni codificano proteine • Una mutazione di un gene può determinare la produzione di una proteina alterata • Una proteina alterata può perdere la sua funzione, i.e. recettore, neurotrasmettitore, regolatore della interazione neuronale, controllo della migrazione neuronale • I geni codificano per elementi costitutivi che rendono possibili i processi neuropsicologici più elementari coinvolti nel processo di lettura Più geni sono coinvolti nel determinare la suscettibilità a sviluppare la dislessia • Conosciamo la localizzazione di alcuni geni, ma non la loro precisa funzione • Ognuno di questi geni non è necessario e non è sufficiente • La difficoltà di lettura è mediata dall’azione congiunta di almeno due o più di questi geni • Ogni gene ha un effetto, più o meno determinante sulla manifestazione della dislessia Non sempre possedere tutti i geni necessari e sufficienti determina la manifestazione della difficoltà di lettura • Un ambiente sfavorevole può contribuire alla manifestazione del puzzle genetico pro-dislessia • Un ambiente favorevole può nascondere il puzzle genetico pro-dislessia a A favore dell’ipotesi genetica ci sono diverse evidenze: § la tendenza della D.E. alla familiarità, cioè ad essere presente in più membri di una stessa famiglia, anche se con intensità diversa; § il fatto che nelle coppie di gemelli omozigoti (provenienti cioè da uno stesso ovulo, quindi con lo stesso corredo genetico) è molto frequente che entrambi i bambini presentino D.E. allorchè uno la presenta, rispetto alle coppie di gemelli dizigoti (provenienti da due ovuli diversi); § la tendenza della D.E. a persistere nel tempo, modificandosi, attenuandosi in alcune componenti, ma persistendo: di dislessia, cioè, non si guarisce, anche se si può migliorare molto. Ma allora io insegnante non posso farci niente ! Non è proprio così! •Non si può incidere sulla struttura, (di per sé immodificabile), •ma si può incidere sulle funzioni (possibilità di svolgere in modi diversi lo stesso compito) a Ecco il bambino Un giorno, un bambino incontrò la scuola e la codifica/decodifica dei segni che la maestra ed i genitori chiamano scrittura e che servono per leggere, scrivere e fare i conti. A … ma si accorse che per lui era difficile decifrare quei segni A … ma decifrare quei segni era ciò che gli adulti si attendevano da lui a … e più avesse saputo decifrare quei segni, più sarebbe stato chiamato bravo e si sarebbe sentito bravo … … e avrebbe vissuto la sua competenza con la gioia di apprendere. A … ma lui non era bravo ED allora … a … magari inizia a girare per la classe … magari diventa disinteressato … magari fa il buffone … magari si chiude in sé … magari inizia a disturbare … magari si specializza in un ruolo … La parola all’adulto a •Riconoscere, descrivere un problema - e comprenderlo in un concetto - è la prima tappa per affrontarlo. a •Cosa può accadere ad un bambino per definizione intelligente che deve vivere con una difficoltà nuova per lui e per gli altri intorno a lui, fastidiosa e che non può essere celata? Cosa può accadere? Il bambino si accorge di non saper fare come gli altri: è difficile per lui creare i presupposti per adire una positiva stabile autostima che deriva dal vissuto di competenza nel ruolo ed iniziano ad abbassarsi le aspettative sull’apprendimento e la vita scolastica diventa un’esperienza sgradevole. Nel frattempo la scuola ha iniziato ad interrogarsi sul “cosa c’è” e sul “che fare”, si modificano le proposte didattiche, si cercano le possibili soluzioni pedagogiche, iniziano le richieste agli esperti La famiglia non comprende cosa stia accadendo a quel bambino che nei loro progetti… Gli esperti cercano di fornire risposte con gli strumenti messi a loro disposizione… a … Ma quel bambino cosa penserà di sé? e su cosa dovrà costruire la stima di sé ? (e la sua rabbia dove andrà?) a ma gli adulti significativi penseranno Che lui/ei è un dislessico oppure ha un problema dislessico? a • Pensare quindi a quel bambino con quel problema significa pensare anche in qual modo quel problema che lui vive può influenzare la formazione della personalità ed agire sulla rete di rapporti che egli vive, in famiglia, nella scuola, nella vita sociale a In qual modo la formazione del suo sé procederà con il vissuto del disturbo che diuturnamente lo accompagna? E quando in adolescenza si troverà a dover costruire la persona, con quali strumenti (danneggiati?) affronterà questo compito? a Parola chiave •autostima a • In psicologia dell’età evolutiva un’autostima positiva è considerata il fattore centrale di un buon adattamento socioemozionale • Un’autostima sana è considerata importante nei bambini, perché è in età infantile che si gettano le basi delle percezioni che si avranno di sé nel corso della vita a • La competenza socio-emozionale che deriva da un’autovalutazione positiva può essere una forza che aiuterà a evitare al bambino gravi problemi futuri • Un bambino che non si sente bene con sé stesso può fronteggiare con minore competenza i problemi che incontra (ad es., difficoltà nell’apprendimento o altro) e di solito fatica a limitarne gli effetti dannosi a Performance scolastica e autostima si trovano quindi in un rapporto interattivo a Le reazioni emotive al disturbo, se non riconosciuto, tendono a crescere nel tempo Studio italiano 98 bb. fra 7,6 e 14 anni con diagnosi di dislessia • 38 con nessun problema psicopatologico • 19 con d. attentivo (9 con problema specifico) • 23 con quadro depressivo (10 con depressione e 13 con inibizione) • 10 con disturbi d’ansia (8 puri) • 4 con disturbi di comportamento (3 D.O.P. e 1 D.C.) • 4 con tic, enuresi, balbuzie… tratto da Penge e Mazzoncini (2001) a Lo sviluppo di una forma di psicopatologia non è quindi esito inevitabile, variabili importanti risultano essere la segnalazione precoce, una presa in carico terapeutica valida e continuativa, l’organizzazione della personalità, il ruolo che il disturbo viene ad assumere nel processo di identificazione e, non ultime, le variabili familiari. Anche quando non si può parlare di una situazione di franca psicopatologia, è tuttavia di comune e comprensibile riscontro la sofferenza che deriva dal non sentirsi come gli altri, dallo scacco tra le abilità cognitive generali e le difficoltà incontrate in qualsiasi compito che coinvolge la lettura e la scrittura. A Se dovessimo pensare alla dislessia evolutiva solo come ad una discrepanza significativa tra livello di lettura e scrittura e livello intellettivo, esiste il rischio di sottovalutare la portata dei problemi psicopatologici che compaiono nel quadro clinico dei DSA: la depressione, frequente nelle bambine, i disturbi d’ansia, in percentuali simili tra i due sessi; i disturbi di esternalizzazione, con prevalenza maggiore tra i maschi, nello specifico i disturbi della condotta e i disturbi oppositivo-provocatori. L’età, oltre al genere, sembra essere una variabile collegata con il tipo di disagio espresso: nella fascia di età tra i nove e i dodici anni tenderebbero a prevalere i disturbi di internalizzazione, mentre al di sotto dei nove anni il disagio si esprimerebbe come disturbi del comportamento. A • Ma quali strumenti personali può mettere in campo l’insegnante – o meglio il corpo docente - per far sì che il percorso scolastico del suo alunno sia costellato il meno possibile da insuccessi e fallimenti che inevitabilmente avranno ripercussione sul vissuto di sé ? a Penso sia il caso di introdurre un concetto che può esserci utile La resilienza • Il termine “resilienza” indica la proprietà dei materiali di resistere agli urti senza spezzarsi (Vocabolario Garzanti). Nella letteratura psicologica e sociologica, questo concetto è utilizzato per indicare la capacità di un individuo di resistere con successo a situazioni avverse, imparando a sviluppare competenze a partire dalle difficoltà e rafforzando la fiducia in sé e nel proprio agire. a Definizioni del concetto di resilienza • Qualità che aiuta gli individui o le comunità a resistere e a superare le avversità Newman e Blackburn (2002) • Processo positivo di adattamento nonostante presenza di rischi e difficoltà. Masten (1994) • Competenza che si esprime nel contesto di sfide significative all’adattamento e allo sviluppo Masten e Coatsworth (1998) • Indica la capacità umana universale di affrontare, superare e addirittura uscire rinforzati da esperienze negative. La resilienza può essere individuata a livello della persona, di un gruppo e di una comunità e fortifica le capacità vitali di coloro che ne sono coinvolti. Grotberg (1995) • Adattamento positivo in risposta alle avversità Waller, (2001) a Come si evince da queste definizioni, la resilienza indica un aspetto fondamentale per tutti gli esseri umani: la capacità di fronteggiare situazioni di crisi attivando energie e risorse al fine di proseguire lungo una traiettoria di crescita. Un punto particolarmente significativo è che la resilienza non viene intesa come una qualità statica, bensì come il risultato di un’interazione dinamica fra l’individuo e l’ambiente. Come altre abilità, la resilienza può essere acquisita attraverso un processo di apprendimento che deve essere sostenuto e incoraggiato dalle istituzioni formative. L’educazione alla resilienza comporta il potenziamento di competenze e costituisce pertanto uno strumento primario di prevenzione del disagio psicopatologico e sociale. a FATTORI CHE PROMUOVONO LA RESILIENZA: A- l’esistenza di un legame significativo con un adulto, non necessariamente un genitore o un congiunto, in grado di sostenere e accompagnare il giovane nei momenti di difficoltà; B- l’appartenenza a un gruppo che assicuri un livello adeguato di sostegno sociale, anche attraverso il riconoscimento delle capacità di ruolo; C- la capacità di cogliere un significato e una direzione nelle proprie esperienze, sottraendole a un vissuto di caos e di destino inesorabile; D- la percezione di un senso profondo del valore di sé come persona. Cosa accade allora ? a • Allorché i bambini hanno sviluppato una serie di idee su come sono, è probabile che comincino a comportarsi con maggiore frequenza in modi conformi al proprio concetto di sé, provocando negli altri feedback tali da avvalorare ulteriormente l’immagine che di se stessi si sono creati • In questo modo il giudizio degli altri diventa una profezia che si autoavvera riguardo al concetto di sé del bambino e al suo comportamento • Le frustrazioni conseguenti alle difficoltà di apprendimento possono ridurre il livello di autostima del bambino e aumentare il rischio di disturbi emotivi-psicologici: ansia, enuresi, disturbi oppositivo-provocatori e della condotta, instabilità psicomotoria, depressione … Ed allora l’adulto cosa può fare ? a TENTARE DI AIUTARE NEL • Restituire significato alla sofferenza • Evitare che si cristallizzi una reazione di difesa dovuta alla ferita insanabile della propria identità • Evitare l’instaurarsi di una dinamica di vergogna, colpa, rifiuto che può pregiudicare anche l’accettazione di ogni aiuto • Favorire nel ragazzo una consapevolezza precoce • Incoraggiare a sperimentare la capacità di agire sulla realtà esterna per modificarla • Favorire lo sviluppo di un senso di autoefficacia e di competenza per recuperare uno sviluppo armonico pur conservando aree di vulnerabilità a E adesso, per valutare un percorso resiliente (??!!) guardiamo insieme quanto ha prodotto l’incontro fra un bambino di 8 anni con DSA e la scuola. Attenzione: parleremo soltanto alla fine della presentazione. Concluderemo ora, dopo questo momento non facile, considerando i fattori predittivi di una buona/cattiva prognosi Conclusioni - Prognosi Buone capacità cognitive Precocità dell’intervento Buon equilibrio psicologico Comprensione da parte dell’ambiente del disturbo Adeguato atteggiamento didattico Pentagono di Critchley