DALLA SCULTURA ROMANA ALLA SCULTURA RINASCIMENTALE ARTE PLEBEA E ARTE PATRIZIA La cosiddetta arte plebea fu uno dei filoni fondamentali dell'arte romana, accanto a quello più aulico dell'arte patrizia. ORIGINI La società romana fu caratterizzata sin dalle origini da un dualismo, che si è manifestato pienamente anche nella produzione artistica: quello tra patrizi, i più nobili della società romana, e plebei, i più poveri, e quindi tra arte patrizia, o "aulica" e arte plebea, o "popolare", che in epoca più avanzata è assimilabile all'"arte provinciale" delle zone a nord e a ovest di Roma. Queste due correnti, la cui importanza storica è stata riconosciuta solo nella seconda metà del XX secolo, coesistettero fin dagli esordi dell'arte romana e gradualmente si avvicinarono, fino a fondersi nell'epoca tardoantica. Rilievo dell’arco di Tito 90 d. C raffigurante la processione dopo la cattura di Gerusalemme del 70 d. C. Corteo funebre, I sec a.C. Calcare, altezza 65cm. Da Amiternum. L'Aquila, Museo Nazionale d'Abruzzo. L’arte plebea a l’arte patrizia erano animate da interessi e fini molto diversi: l'arte patrizia si poneva come continuazione della tradizione greca legata al naturalismo; l'arte plebea aveva scopi di celebrazione inequivocabile del committente, di immediata chiarezza, di semplificazione, di astrazione intuitiva, che entreranno nell'arte ufficiale dei monumenti pubblici romani solo dal III secolo-inizi del IV secolo d.C. (a seguito di profondi mutamenti ideali e sociologici), provocando quella rottura con l'ellenismo che confluirà nell'arte medievale. L'arte plebea rappresentò quindi il primo vero superamento dell'ellenismo Per lungo tempo questo tipo di produzione artistica venne vista come chiaro esempio di decadenza, anche se oggi studi più ad ampio raggio hanno dimostrato come queste tendenze non fossero delle novità, ma fossero invece già presenti da secoli nella produzione artistica romana. L’ARTE PLEBEA L'arte plebea traeva le sue origini da tutta la tradizione artigianale medio-italica, che aveva continuato a essere prodotta anche dopo l'arrivo, massiccio, dell'arte greca in Italia a partire dal III secolo a.C. Non bisogna considerare l'arte plebea però come esclusivo appannaggio di una particolare classe sociale: è lo stile di chi cercava d'eseguire sculture (e probabilmente anche dipinti, sebbene non ci siano pervenuti) con la minore spesa possibile. CARATTERISTICHE Nell'arte plebea, anziché i problemi della forma e dell'espressione artistica, dominavano alcune esigenze pratiche e immediate, come l'economicità, la celebrazione del committente e del suo cursus honorum, l'immediatezza della narrazione, la facile leggibilità. Nel fare questo si adottavano alcune soluzioni ingenuamente intuitive, che sacrificavano le regole fondamentali del naturalismo ellenistico per evidenziare alcuni particolari e alcuni significati simbolici: si impostava una dimensione gerarchica delle figure e di alcune parti del corpo (soprattutto la testa), si deformava la prospettiva, si rappresentavano contemporaneamente scene avvenute in momenti diversi, si accentuava l'espressività per esempio aumentando il chiaroscuro con un largo uso del trapano. INFLUENZE NELL’ARTE TARDOANTICA Nell'arte tardoantica si iniziarono a scorgere le tracce della corrente plebea inequivocabilmente almeno fin dall'arco di Settimio Severo: appiattimento plastico, affollamento delle scene, forte uso del chiaroscuro. Tali elementi divengono preponderante dall'epoca di Costantino I e di Teodosio I in poi. Anche nei ritratti imperiali di quegli anni si assiste a rappresentazioni innaturali, con attenzione al dettaglio minuto piuttosto che all'armonia idealizzati, con sguardi laconici dai grandi occhi come nella Statua colossale di Costantino I. Non interessava più la rappresentazione della fisionomia, ma ormai il volto imperiale doveva esprimere un concetto, quello della santità cristiana del potere, inteso ormai come emanazione divina. Il rilievo dell'obelisco di Teodosio, dimostra come nell'arte tardoantica il filone plebeo entrò nell'arte ufficiale (IV secolo) IL MEDIOEVO I barbari, praticanti di forme artistiche più schematiche, contaminarono il modello classico ormai stanco e monotono, assecondando quella semplificazione verso forme più chiare e simboliche già in atto dal IV secolo anche nell'arte romana ufficiale. Per tutto il millennio del Medioevo agli scultori interessò più il dato simbolico e trascendentale delle opere che la loro verosimiglianza. La scultura monumentale, praticata soltanto occasionalmente, venne riscoperta dopo l'anno Mille come forma di decorazione per l'architettura, inserita in fregi e nicchie dei nuovi, grandi complessi religiosi. Come esempio per questo genere si ricominciò, soprattutto in Italia a partire dal XIII secolo, a guardare di nuovo all'arte classica, di cui restavano ancora molti esempi. Agli eleganti ritmi sinuosi dell'arte gotica delle corti del XIV secolo rispose un'arte più salda e naturalistica, il Rinascimento, che per la prima volta compì un recupero cosciente dei modelli classici. IL RINASCIMENTO La scultura rinascimentale viene inquadrata nel periodo tra i primi decenni del XV e la metà del XV secolo circa. La scultura fu, anche nel periodo rinascimentale, un'arte all'avanguardia, che spesso fece da apripista alla pittura e ad altre forme artistiche. Tra i "pionieri" fiorentini del Rinascimento ben due erano scultori, Filippo Brunelleschi e Donatello, e le loro conquiste furono una duratura fonte di ispirazione per le generazioni successive. Con il viaggio di Donatello a Padova (14431453) le conquiste rinascimentali iniziarono a diffondersi anche nell'Italia settentrionale. Verso la metà del XV secolo Roma, polo di attrazione per le sue vestigia classiche e per il vasto programma di restauro e ricostruzione monumentale della città promosso dai papi, divenne il principale punto di incontro e scambio delle esperienze artistiche, che culminò nei primi decenni del XVI secolo nel Rinascimento romano.