DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA PRATICA CLINICA I diuretici

DALLA SPERIMENTAZIONE
ALLA PRATICA CLINICA
Questa rubrica intende portare all’attenzione dei lettori alcuni studi clinici apparsi in
letteratura, particolarmente rilevanti per il riflesso che possono avere nella pratica
della medicina. La presentazione degli studi sarà in forma sintetica e terrà conto anche
delle obiezioni, critiche e rilievi che faranno seguito alla loro pubblicazione.
I diuretici tiazidici restano i farmaci di scelta nel
trattamento dell’ipertensione arteriosa
Titolo
Revisione sistematica delle terapie antipertensive: le
prove raggiunte aiutano a scegliere un farmaco di
prima linea? (Titolo originale: Systematic review of
antihypertensive therapies: Does the evidence assist in
choosing a first–line drug?)
Autori
James M. Wright, MD, PhD; Cheng–Han Lee, BSc; G.
Keith Chambers, MD.
Rivista
Canadian Medical Association Journal (CMAJ)
1999;161:25–32.
Sponsor
British Columbia Ministry of Health e University of
British Columbia.
Problema clinico sollevato
Nei pazienti con ipertensione, quali sono i farmaci di
scelta efficaci nel ridurre la mortalità e gli eventi cardiovascolari?
Contesto e motivazione della ricerca
Quale dovrebbe essere il farmaco di scelta nel trattamento dell’ipertensione? La risposta a questo quesito
rappresenta un aspetto particolarmente critico nell’approccio e nella gestione del paziente iperteso. La decisione dovrebbe fondarsi primariamente sulle prove di
efficacia disponibili e raggiunte in un ambito di normale
pratica clinica, intendendo con ciò la capacità del farmaco di prevenire eventi avversi importanti per il paziente.
Le evidenze disponibili non sono state strutturate in
modo organico così da aiutare i medici a prendere questa decisione. Sull’efficacia reale della terapia antipertensiva sono state condotte numerose revisioni sistematiche che però, nella maggior parte dei casi, hanno focalizzato il loro interesse sull’efficacia complessiva nella
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pratica clinica (1,2) o sull’efficacia in particolari gruppi di pazienti, come gli anziani (3-7).
Quando in una revisione sistematica sono presi in
considerazione tutti i farmaci antipertensivi, si parte dal
presupposto che il beneficio ottenibile con la riduzione
della pressione sia indipendente dal meccanismo attraverso il quale tale riduzione è raggiunta. Tale presupposto non è provato ed è presumibile che il meccanismo
attraverso cui un farmaco riduce la pressione possa
determinare altri effetti, indipendenti da quello antipertensivo. Inoltre tutti i farmaci antipertensivi, oltre ad
abbassare la pressione del sangue, presentano altre
azioni, alcune note, altre sconosciute, che potrebbero
aumentare o annullare l’efficacia reale legata alla diminuzione della pressione arteriosa.
Solo due revisioni hanno tentato di valutare l’efficacia clinica di farmaci antipertensivi usati come agenti di
prima scelta (1,8). Collins et al. (1) hanno sottoposto a
revisione studi comparativi farmaco vs farmaco, ma
solo 2 studi dei 3 inclusi erano appropriati perché si
potesse realizzare una comparazione. La revisione di
Psaty et al. (8) presenta numerosi limiti: non sono stati
inclusi studi comparativi farmaco vs farmaco; alcuni
studi non sono stati correttamente classificati in rapporto a gruppi farmacoterapeutici; non sono stati inclusi dati sugli effetti della riduzione pressoria.
Gli obiettivi di questa nuova revisione sistematica
sono:
a. combinare le evidenze raggiunte, in termini di efficacia sperimentale e di efficacia reale*, in studi comparativi farmaco vs farmaco utilizzati in terapie di
prima scelta;
b. combinare le evidenze raggiunte, in termini di efficacia sperimentale e reale, in studi in cui classi di farmaci utilizzate come terapie di prima scelta sono
state confrontate con placebo o con gruppi di controllo non trattati;
c. calcolare, a partire da eventi cardiovascolari totali, il
valore più favorevole di riduzione assoluta del
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DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA PRATICA CLINICA
rischio complessivo e il numero di pazienti da trattare per ogni classe di farmaci antipertensivi;
d. trasferire le evidenze raggiunte in implicazioni cliniche
nell’individuazione di terapie di prima scelta.
* Il termine italiano “efficacia” traduce due termini inglesi, efficacy
e effectiveness. Nei paesi anglosassoni tali termini hanno una
diversa accezione. Efficacy è l’efficacia di un trattamento dimostrata misurando il beneficio prodotto in una popolazione studiata in condizioni ideali di attuazione di tale trattamento (efficacia
virtuosa). Classicamente la dimostrazione di efficacy si ottiene
mediante studi clinici controllati randomizzati. Effectiveness è
invece l’efficacia dello stesso trattamento misurata attraverso il
beneficio prodotto in un ambito non più sperimentale, ma di normale pratica clinica. E’ quindi l’efficacia riferita ad una popolazione il più possibile prossima a quella reale e in condizioni di
pratica clinica normali (efficacia pratica).
Disegno dello studio
Revisione sistematica della letteratura disponibile, in
cui sono stati definiti chiaramente obiettivi e modalità
della revisione stessa.
Fonte dei dati
Gli studi sono stati identificati mediante ricerca su
Medline (1966-1997), Cochrane Library (1998, seconda edizione) e referenze di precedenti meta-analisi
(1980-1997).
Selezione degli studi
Sono stati selezionati:
• gli studi in cui i pazienti presentavano una pressione
sistolica di almeno 160 mm Hg e diastolica di almeno
90 mm Hg, partendo dal presupposto che l’effetto
sugli esiti fosse indipendente dall’ipertensione definita in termini di pressione diastolica o sistolica;
• tutti gli studi sugli antipertensivi, senza tenere conto
di co-morbilità o del rischio iniziale dei pazienti, assumendo che l’età e la co-morbilità non fossero influenti sulla riduzione del rischio relativo correlata al trattamento farmacologico;
• gli studi in cui sono stati rispettati i seguenti criteri:
– i pazienti erano allocati per randomizzazione;
– veniva confrontata una farmacoterapia di prima
scelta vs un’altra terapia di prima scelta o vs nessun trattamento (placebo compreso);
– erano riportate le caratteristiche dei gruppi al baseline;
– erano chiaramente definiti gli end point di mortalità e di morbilità;
– presentavano un follow up di almeno un anno;
– era precisato il trattamento farmacoterapico di una
delle sei categorie previste: tiazidici, beta-bloccanti, ACE-inibitori, calcio antagonisti, alfa-litici, sartani;
– la maggioranza dei pazienti (> 70%) del gruppo
trattato era in terapia con il farmaco studiato dopo
un anno.
Sono stati esclusi:
• gli studi che utilizzavano gli antipertensivi per indicazioni diverse dall’ipertensione (ad es., scompenso
cardiaco congestizio).
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Raccolta e analisi dei dati
Due ricercatori hanno estratto dagli studi in modo
indipendente i dati su pazienti, durata degli studi, trattamento, esiti (decesso, ictus, malattia arteriosa coronarica, eventi cardiovascolari totali) e interruzioni del
trattamento a causa di effetti avversi.
Sono stati presi in considerazione 38 studi di terapie
di prima scelta nell’ipertensione pubblicati tra il 1966 e
il 1997. Ne sono stati esclusi 15 in quanto non sono stati
soddisfatti i criteri di inclusione. In definitiva, sono
stati selezionati 23 trial riferiti ad una popolazione di
50.853 pazienti.
Principali risultati
a. Studi comparativi: farmaco vs farmaco
a.1. Tiazidi vs beta-bloccanti: 5 studi
Rispetto ai beta-bloccanti, il trattamento con diuretici tiazidici ha evidenziato una percentuale minore di
interruzioni per effetti avversi; anche l’incidenza di
eventi cardiovascolari totali è risultata minore con i tiazidici, pur se al limite della significatività statistica. I
dati di mortalità totale erano disponibili per atenololo,
metoprololo e propranololo. In questa analisi per sottogruppi, il numero totale di decessi è apparso significativamente più basso con tiazidi rispetto a atenololo, ma
non quando i diuretici sono stati confrontati con metoprololo e propranololo.
a.2. Tiazidi vs calcio antagonisti (isradipina o verapamil): 2 studi
Nessuna differenza significativa per quanto concerne misure di esito e interruzioni.
a.3. ACE-inibitore (delapril) vs calcio antagonisti diidropiridinici: 1 studio
Tendenza a esiti più favorevoli con l’ACE-inibitore,
ad eccezione, per quest’ultimo, delle interruzioni dovute ad effetti avversi (soprattutto tosse).
b. Studi comparativi: trattamento attivo vs nessun
trattamento
I risultati sono riassunti in Tabella 1.
b.1. Tiazidi a basso dosaggio (dose media, in equivalenti di idroclorotiazide: 26 mg): 5 studi
b.2. Tiazidi ad alto dosaggio (dose media, in equivalenti di idroclorotiazide: 90 mg): 11 studi
Il trattamento antipertensivo con diuretici tiazidici a
basse dosi è risultato simile a quello ad alte dosi nel
ridurre il rischio di ictus e di eventi cardiovascolari
totali; solo il trattamento a basse dosi si è dimostrato
tuttavia in grado di ridurre significativamente l’incidenza di malattia coronarica.
b.3. Beta-bloccanti: 2 studi
Nessuno degli esiti differisce significativamente tra
gruppi trattati e gruppi di controllo non trattati.
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DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA PRATICA CLINICA
b.4. Calcio antagonisti (nitrendipina): 1 studio
Lo studio, condotto in pazienti con ipertensione
sistolica isolata ha evidenziato una riduzione significativa di ictus e di eventi cardiovascolari rispetto al gruppo di controllo.
c. Riduzione dei valori pressori
Tanto negli studi comparativi farmaco vs farmaco
che in quelli trattamento attivo vs nessun trattamento, i
tiazidici si sono dimostrati significativamente più effi-
caci degli altri gruppi di farmaci nel ridurre la pressione sistolica.
Nella Tabella 2 sono riportati la riduzione assoluta del
rischio di eventi cardiovascolari totali (ARR) e il numero di pazienti da trattare (NNT) per prevenire un evento relativamente a quattro classi di farmaci.
Nota: I tiazidici presenti negli studi sottoposti a valutazione erano: idroclorotiazide, clorotiazide, clortalidone, bendrofluazide, meticlotiazide, triclormetiazide.
Tabella 1. Eventi avversi osservati in studi comparativi tra terapie antipertensive di prima scelta vs nessun
trattamento
Esiti
Trattamento attivo
Nessun trattamento
Rischio Relativo (IC 95%)
Tiazidi a basse dosi
Morte
Ictus
Malattia coronarica
Eventi cardiovasc. totali
pazienti: 4.349
521
197
221
527
pazienti: 5.163
720
355
374
899
0,89
0,66
0,71
0,68
(0,81÷0,99)
(0,56÷0,79)
(0,60÷0,84)
(0,62÷0,75)
Tiazidi ad alte dosi
Morte
Ictus
Malattia coronarica
Eventi cardiovasc. totali
pazienti: 7.769
221
87
212
311
pazienti: 12.070
377
229
329
613
0,90
0,47
1,00
0,72
(0,76÷1,05)
(0,37÷0,61)
(0,84÷1,19)
(0,63÷0,82)
Beta-bloccanti
Morte
Ictus
Malattia coronarica
Eventi cardiovasc. totali
pazienti: 5.505
287
98
212
311
pazienti:10.867
568
243
329
613
1,01
0,80
0,92
0,89
(0,88÷1,15)
(0,64÷1,01)
(0,78÷1,10)
(0,78÷1,02)
Calcio antagonisti
Morte
Ictus
Malattia coronarica
Eventi cardiovasc. totali
pazienti: 2.398
123
50
58
137
pazienti: 2.297
137
78
73
186
0,86
0,61
0,76
0,71
(0,68÷1,09)
(0,43÷0,87)
(0,54÷1,07)
(0,57÷0,87)
Tabella 2. ARR di eventi cardiovascolari totali e NNT per prevenire un evento di alcune classi di
antipertensivi
ARR
di eventi cardiovascolari totali
% e IC 95%
NNT per prevenire un evento*
Tiazidi a basso dosaggio
5,7% (4,2÷7,2)
18
Tiazidi ad alto dosaggio
1,5% (0,9÷2,1)
67
Beta-bloccanti
0,7% (0,1÷1,4)
142
Calcio antagonisti
2,4% (0,9÷3,8)
42
*La stima della durata del trattamento per l’NNT può essere derivata rapportandola alla durata degli studi; chi intende approfondire l’argomento
confronti la revisione originale di Wright.
Per il significato delle sigle adottate si veda il Glossario nella terza pagina di copertina.
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DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA PRATICA CLINICA
Conclusione
La terapia con diuretici tiazidici a basse dosi può essere prescritta quale trattamento di prima scelta a pazienti
con ipertensione con la certezza che è efficace nel ridurre
il rischio di mortalità, ictus e malattia coronarica. La stessa cosa non si può dire per la terapia con tiazidi ad alte
dosi, beta-bloccanti, calcio antagonisti e ACE-inibitori.
3.
4.
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Bibliografia
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PHWDDQDO\VLV-$0$ Obiezioni, critiche e rilievi allo studio
34
trattamento mostra di essere un fattore
molto importante perché sia raggiunto
questo obiettivo.
Risposta degli Autori
Pur apprezzando la lettera, non ne
condividono le conclusioni. I medici,
prima di scegliere un farmaco sulla
base della compliance, dovrebbero
porsi due domande: che probabilità ci
sono che si verifichi realmente una differenza della compliance? E se una differenza esiste qual è la sua importanza
e può riflettersi in differenze di morbilità o mortalità?
La risposta a entrambe le domande è
negativa.
Per quanto concerne il primo quesito, due studi suggeriscono l’ipotesi
che la compliance sia migliore con le
nuove classi di farmaci rispetto a
quelle meno recenti (3,5), altri due
studi (2,6) dimostrano invece che
non esistono differenze. I quattro
studi sono osservazionali e sono soggetti a bias. Invece uno studio in doppio cieco randomizzato e controllato
ha dimostrato un minor numero di
interruzioni con i farmaci meno
recenti, tiazidi e beta-bloccanti; il
che evidenzia che è altamente improbabile una più bassa compliance con
tali farmaci (7).
Per quanto concerne il secondo quesito, nello studio di Caro et al. (5), gli
autori della lettera, la più ampia differenza assoluta nella non adesione alla
terapia si è avuta tra tiazidi ed ACEinibitori: 9% a 6 mesi e 13% a 4,5
anni. E’ possibile che questa differen-
za, piuttosto modesta, nella compliance determini una differenza nella morbilità e mortalità? Si ritiene che ciò sia
altamente improbabile, e tutt’al più
dovrebbe essere condotto uno studio
randomizzato ad hoc per rispondere al
quesito.
E’ importante che i medici non cadano nell’inganno pensando che gli studi
osservazionali che misurano la compliance siano più importanti di studi
clinici controllati disegnati per valutare
eventi di rilevanza ben maggiore sul
piano clinico.
Bibliografia
In una lettera inviata all’Editore (1)
si sostiene che gli autori della revisione
sistematica si erano prefissati di presentare le evidenze raggiunte in tema di
terapia antipertensiva, con lo scopo di
aiutare i medici nella scelta iniziale del
trattamento più idoneo, ma tale obiettivo non è stato raggiunto in quanto l’interesse dello studio si è limitato esclusivamente a dati degli studi clinici. Più
precisamente, anche se Wright et al.
hanno puntualizzato l’importanza delle
decisioni sulla base dei risultati più
probanti conseguiti, si sono dimenticati di ricordare ai medici che l’efficacia
reale di una terapia antipertensiva
dipende in larga misura dal rispetto e
dalla adesione dei pazienti alla terapia
prescritta (compliance). Su questo particolare problema sono stati condotti
studi che hanno evidenziato l’esistenza
di difficoltà nel mantenimento di schemi terapeutici prefissati, specie quando
sono stati utilizzati, quali terapie iniziali, farmaci di più vecchia data, come
diuretici e beta-bloccanti (2-5).
Di conseguenza, concludere come
hanno fatto gli autori della meta-analisi, che i medici dovrebbero scegliere,
in assenza di controindicazioni, un
diuretico tiazidico, significa ignorare
del tutto l’evidenza disponibile. Se
l’obiettivo ultimo della terapia antipertensiva è di controllare l’ipertensione ed evitare eventi cardiovascolari, allora i medici dovrebbero tenere
conto di tutte le evidenze disponibili.
Una terapia antipertensiva è efficace
solamente se un paziente persevera
nella terapia, e la scelta iniziale di un
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BIF Mar-Apr 2000 - N. 2
DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA PRATICA CLINICA
BIF Mar-Apr 2000 - N. 2
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Commmittee on Prevention, Detection,
Evaluation, and Treatment of High
Blood Pressure. Arch Intern Med
1997;157:2413-46.
Post-fazione
ACP Journal Club è una rivista
bimestrale pubblicata da American
College
of
Physicians-American
Society of Internal Medicine. Nel
numero di gennaio/febbraio 2000 (vol.
132 n. 3) lo studio “Systematic review
of antihypertensive therapies: does the
evidence assist in choosing a first-line
drug?” di Wright, Lee e Chambers è
stato sottoposto a valutazione, con un
commento finale di seguito riportato.
“Molti studi di ampie dimensioni
hanno evidenziato che i diuretici tiazidici
a basse dosi sono efficaci nel trattamento
antipertensivo sia dopo sperimentazione
clinica che nella pratica reale. Alcune
linee guida nazionali, tra cui US Joint
National Committee on the Prevention,
Detection, and Evaluation and Treatment
of Hypertension (1), hanno raccomandato le tiazidi come terapia antipertensiva
di prima linea. Tuttavia, nella pratica,
l’impiego delle tiazidi è nettamente inferiore rispetto agli antipertensivi più
recenti, anche se l’efficacia di questi ultimi è peggio documentata.
Purtroppo, sono stati eseguiti pochi
confronti diretti tra differenti classi di farmaci utilizzati nel trattamento dell’ipertensione. Gli unici riguardano due gruppi
di antipertensivi, tiazidi vs beta-bloccanti,
attuati in uno studio. Un confronto fra più
recenti classi di farmaci è attualmente in
fase di realizzazione, nello studio ALLHAT (2), ed è stato progettato con l’obiettivo di confrontare mortalità ed eventi
cardiovacolari in gruppi di pazienti ipertesi, relativamente ad alto rischio, trattati
con un tiazidico, un calcio antagonista,
un ACE-inibitore, un alfa-litico. Questo
studio, di ampie dimensioni, con 42.451
pazienti, è parzialmente completato e i
risultati finali sono attesi entro 2-3 anni
(vedi rubrica “Aggiornamenti” in questo
numero del BIF).
Nel frattempo, i medici che cosa
dovrebbero fare? Come è stato concluso in questa e in altre revisioni sistematiche (usando talvolta metodi differenti), i tiazidici a basse dosi dovrebbero
costituire la prima linea di trattamento
dell’ipertensione. Tale trattamento
riduce non solo il rischio di ictus ma
anche di altra morbilità e mortalità cardiovascolare. Le tiazidi sono farmaci
poco costosi con la più forte dimostrazione di efficacia osservata mediante
studi sull’ipertensione”.
Bibliografia
Risposta degli Autori
I contenuti di questa seconda lettera
non sono condivisi, mentre si ribadisce
che le conclusioni della revisione sistematica sono fondate.
La prima affermazione delle conclusioni dello studio: “la terapia con
diuretici tiazidici a basse dosi può
essere prescritta quale trattamento di
prima scelta a pazienti con ipertensione con la certezza che è efficace
nel ridurre il rischio di mortalità,
ictus e malattia coronarica” è giustificata dalla significatività statistica
(intervalli di confidenza al 95%)
della riduzione di tali eventi raggiunta con i diuretici, come si può osservare in Tabella 1.
La seconda affermazione: “la stessa
cosa non si può dire per la terapia con
tiazidi ad alte dosi, beta-bloccanti, calcio antagonisti e ACE-inibitori” si
fonda sul fatto che una riduzione statisticamente significativa dei tre esiti
non è stata evidenziata con le tiazidi ad
alte dosi, con i beta-bloccanti e con i
calcio antagonisti (in Tabella 1, gli
intervalli di confidenza comprendono il
valore 1). E neppure è stato dimostrato
con gli ACE-inibitori o qualsiasi altra
classe di farmaci, in quanto non sono
stati valutati con studi in grado di soddisfare i criteri fissati dalla revisione
sistematica.
Non è possibile pertanto prescrivere
queste altre classi di farmaci considerandole di prima scelta con la certezza
che siano in grado di ridurre ognuno dei
tre esiti avversi esaminati. Gli autori
della revisione sistematica affermano
poi di non avere concluso, come ventilato dall’autore della seconda lettera
(1), che solo le tiazidi a basso dosaggio
siano in grado di prevenire la morte e la
morbilità cardiovascolare, e di non
essere giunti ad alcuna conclusione,
diversamente da quanto affermato dall’autore della lettera, circa l’efficacia
relativa delle tiazidi a basse dosi e di
altre classi di farmaci. L’evidenza disponibile farmaco vs farmaco è insufficiente per giudizi conclusivi circa l’efficacia relativa delle diverse classi di
antipertensivi.
Ciò che è stato dimostrato dalla revisione sistematica è che l’utilizzo delle
tiazidi quale terapia di prima scelta si
dimostra correlato a una maggiore riduzione della pressione sistolica e a una
minore percentuale di interruzioni per
effetti avversi rispetto a quanto è osservabile con alcune altre classi di farmaci
antipertensivi. Il problema del vantaggio dei costi delle tiazidi non è stato considerato nella revisione, anche se non va
sottovalutato (come è stato evidenziato
dall’autore di questa seconda lettera).
Bibliografia
In una seconda lettera (1), si sostiene che, pur essendoci buone ragioni per
scegliere una terapia a base di tiazidici
– come il basso costo o la percentuale
limitata di sospensioni per effetti
avversi - i dati di efficacia non supportano le conclusioni degli autori che solo
questo tipo di terapia a bassi dosaggi
sia in grado di prevenire mortalità e
morbilità di pazienti ipertesi. Dallo studio emerge infatti (v. Tabella 1) che non
esistono sostanziali differenze tra tiazidi a basso dosaggio, tiazidi ad alto
dosaggio e calcio antagonisti per quanto concerne mortalità (Rischio Relativo
(RR) rispettivamente 0,89 - 0,90 - 0,86)
o eventi cardiovascolari totali (RR
rispettivamente 0,68 – 0,72 – 0,71). Si
è osservata una riduzione minore del
rischio con i beta-bloccanti che con le
altre terapie, ma non vi è stata differenza significativa tra beta-bloccanti e tiazidi a basse dosi per quanto concerne la
mortalità (RRR rispettivamente 1,01 e
0,89). Per i beta-bloccanti, la riduzione
del rischio di eventi cardiovascolari
totali non ha raggiunto la significatività statistica al 5% (RR 0,89 – IC 95%:
0,78÷1,02). Non esistono studi di confronto ACE-inibitori vs placebo, ma
uno studio comparativo ACE-inibitori
vs calcio antagonisti, citato dagli autori della revisione sistematica tra gli
studi farmaco vs farmaco (2), ha evidenziato che gli ACE-inibitori sono
almeno efficaci quanto i calcio antagonisti nel ridurre mortalità ed eventi cardiovascolari.
In conclusione, l’autore della lettera
ritiene che i dati della revisione sistematica dimostrino che la terapia tiazidica a basse o ad alte dosi, quella con
calcio antagonisti e con ACE-inibitori
siano ugualmente efficaci nel ridurre
mortalità ed eventi cardiovascolari in
pazienti ipertesi.
1. Joint National Committee on Prevention,
Detection, Evaluation, and Treatment of
High Blood Pressure. The Sixth Report
of the Joint National Commmittee on
Prevention, Detection, Evaluation, and
Treatment of High Blood Pressure. Arch
Intern Med 1997;157:2413-46.
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the Antihypertensive and Lipid Lowering Treatment to Prevent Heart Attack
Trial (ALLHAT). ALLHAT Research
Group. Am J Hypertens 1996;9:342-60.
35