DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA PRATICA CLINICA Questa rubrica intende portare all’attenzione dei lettori alcuni studi clinici apparsi in letteratura, particolarmente rilevanti per il riflesso che possono avere nella pratica della medicina. La presentazione degli studi sarà in forma sintetica e terrà conto anche delle obiezioni, critiche e rilievi che faranno seguito alla loro pubblicazione. I diuretici tiazidici restano i farmaci di scelta nel trattamento dell’ipertensione arteriosa Titolo Revisione sistematica delle terapie antipertensive: le prove raggiunte aiutano a scegliere un farmaco di prima linea? (Titolo originale: Systematic review of antihypertensive therapies: Does the evidence assist in choosing a first–line drug?) Autori James M. Wright, MD, PhD; Cheng–Han Lee, BSc; G. Keith Chambers, MD. Rivista Canadian Medical Association Journal (CMAJ) 1999;161:25–32. Sponsor British Columbia Ministry of Health e University of British Columbia. Problema clinico sollevato Nei pazienti con ipertensione, quali sono i farmaci di scelta efficaci nel ridurre la mortalità e gli eventi cardiovascolari? Contesto e motivazione della ricerca Quale dovrebbe essere il farmaco di scelta nel trattamento dell’ipertensione? La risposta a questo quesito rappresenta un aspetto particolarmente critico nell’approccio e nella gestione del paziente iperteso. La decisione dovrebbe fondarsi primariamente sulle prove di efficacia disponibili e raggiunte in un ambito di normale pratica clinica, intendendo con ciò la capacità del farmaco di prevenire eventi avversi importanti per il paziente. Le evidenze disponibili non sono state strutturate in modo organico così da aiutare i medici a prendere questa decisione. Sull’efficacia reale della terapia antipertensiva sono state condotte numerose revisioni sistematiche che però, nella maggior parte dei casi, hanno focalizzato il loro interesse sull’efficacia complessiva nella BIF Mar-Apr 2000 - N. 2 pratica clinica (1,2) o sull’efficacia in particolari gruppi di pazienti, come gli anziani (3-7). Quando in una revisione sistematica sono presi in considerazione tutti i farmaci antipertensivi, si parte dal presupposto che il beneficio ottenibile con la riduzione della pressione sia indipendente dal meccanismo attraverso il quale tale riduzione è raggiunta. Tale presupposto non è provato ed è presumibile che il meccanismo attraverso cui un farmaco riduce la pressione possa determinare altri effetti, indipendenti da quello antipertensivo. Inoltre tutti i farmaci antipertensivi, oltre ad abbassare la pressione del sangue, presentano altre azioni, alcune note, altre sconosciute, che potrebbero aumentare o annullare l’efficacia reale legata alla diminuzione della pressione arteriosa. Solo due revisioni hanno tentato di valutare l’efficacia clinica di farmaci antipertensivi usati come agenti di prima scelta (1,8). Collins et al. (1) hanno sottoposto a revisione studi comparativi farmaco vs farmaco, ma solo 2 studi dei 3 inclusi erano appropriati perché si potesse realizzare una comparazione. La revisione di Psaty et al. (8) presenta numerosi limiti: non sono stati inclusi studi comparativi farmaco vs farmaco; alcuni studi non sono stati correttamente classificati in rapporto a gruppi farmacoterapeutici; non sono stati inclusi dati sugli effetti della riduzione pressoria. Gli obiettivi di questa nuova revisione sistematica sono: a. combinare le evidenze raggiunte, in termini di efficacia sperimentale e di efficacia reale*, in studi comparativi farmaco vs farmaco utilizzati in terapie di prima scelta; b. combinare le evidenze raggiunte, in termini di efficacia sperimentale e reale, in studi in cui classi di farmaci utilizzate come terapie di prima scelta sono state confrontate con placebo o con gruppi di controllo non trattati; c. calcolare, a partire da eventi cardiovascolari totali, il valore più favorevole di riduzione assoluta del 31 DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA PRATICA CLINICA rischio complessivo e il numero di pazienti da trattare per ogni classe di farmaci antipertensivi; d. trasferire le evidenze raggiunte in implicazioni cliniche nell’individuazione di terapie di prima scelta. * Il termine italiano “efficacia” traduce due termini inglesi, efficacy e effectiveness. Nei paesi anglosassoni tali termini hanno una diversa accezione. Efficacy è l’efficacia di un trattamento dimostrata misurando il beneficio prodotto in una popolazione studiata in condizioni ideali di attuazione di tale trattamento (efficacia virtuosa). Classicamente la dimostrazione di efficacy si ottiene mediante studi clinici controllati randomizzati. Effectiveness è invece l’efficacia dello stesso trattamento misurata attraverso il beneficio prodotto in un ambito non più sperimentale, ma di normale pratica clinica. E’ quindi l’efficacia riferita ad una popolazione il più possibile prossima a quella reale e in condizioni di pratica clinica normali (efficacia pratica). Disegno dello studio Revisione sistematica della letteratura disponibile, in cui sono stati definiti chiaramente obiettivi e modalità della revisione stessa. Fonte dei dati Gli studi sono stati identificati mediante ricerca su Medline (1966-1997), Cochrane Library (1998, seconda edizione) e referenze di precedenti meta-analisi (1980-1997). Selezione degli studi Sono stati selezionati: • gli studi in cui i pazienti presentavano una pressione sistolica di almeno 160 mm Hg e diastolica di almeno 90 mm Hg, partendo dal presupposto che l’effetto sugli esiti fosse indipendente dall’ipertensione definita in termini di pressione diastolica o sistolica; • tutti gli studi sugli antipertensivi, senza tenere conto di co-morbilità o del rischio iniziale dei pazienti, assumendo che l’età e la co-morbilità non fossero influenti sulla riduzione del rischio relativo correlata al trattamento farmacologico; • gli studi in cui sono stati rispettati i seguenti criteri: – i pazienti erano allocati per randomizzazione; – veniva confrontata una farmacoterapia di prima scelta vs un’altra terapia di prima scelta o vs nessun trattamento (placebo compreso); – erano riportate le caratteristiche dei gruppi al baseline; – erano chiaramente definiti gli end point di mortalità e di morbilità; – presentavano un follow up di almeno un anno; – era precisato il trattamento farmacoterapico di una delle sei categorie previste: tiazidici, beta-bloccanti, ACE-inibitori, calcio antagonisti, alfa-litici, sartani; – la maggioranza dei pazienti (> 70%) del gruppo trattato era in terapia con il farmaco studiato dopo un anno. Sono stati esclusi: • gli studi che utilizzavano gli antipertensivi per indicazioni diverse dall’ipertensione (ad es., scompenso cardiaco congestizio). 32 Raccolta e analisi dei dati Due ricercatori hanno estratto dagli studi in modo indipendente i dati su pazienti, durata degli studi, trattamento, esiti (decesso, ictus, malattia arteriosa coronarica, eventi cardiovascolari totali) e interruzioni del trattamento a causa di effetti avversi. Sono stati presi in considerazione 38 studi di terapie di prima scelta nell’ipertensione pubblicati tra il 1966 e il 1997. Ne sono stati esclusi 15 in quanto non sono stati soddisfatti i criteri di inclusione. In definitiva, sono stati selezionati 23 trial riferiti ad una popolazione di 50.853 pazienti. Principali risultati a. Studi comparativi: farmaco vs farmaco a.1. Tiazidi vs beta-bloccanti: 5 studi Rispetto ai beta-bloccanti, il trattamento con diuretici tiazidici ha evidenziato una percentuale minore di interruzioni per effetti avversi; anche l’incidenza di eventi cardiovascolari totali è risultata minore con i tiazidici, pur se al limite della significatività statistica. I dati di mortalità totale erano disponibili per atenololo, metoprololo e propranololo. In questa analisi per sottogruppi, il numero totale di decessi è apparso significativamente più basso con tiazidi rispetto a atenololo, ma non quando i diuretici sono stati confrontati con metoprololo e propranololo. a.2. Tiazidi vs calcio antagonisti (isradipina o verapamil): 2 studi Nessuna differenza significativa per quanto concerne misure di esito e interruzioni. a.3. ACE-inibitore (delapril) vs calcio antagonisti diidropiridinici: 1 studio Tendenza a esiti più favorevoli con l’ACE-inibitore, ad eccezione, per quest’ultimo, delle interruzioni dovute ad effetti avversi (soprattutto tosse). b. Studi comparativi: trattamento attivo vs nessun trattamento I risultati sono riassunti in Tabella 1. b.1. Tiazidi a basso dosaggio (dose media, in equivalenti di idroclorotiazide: 26 mg): 5 studi b.2. Tiazidi ad alto dosaggio (dose media, in equivalenti di idroclorotiazide: 90 mg): 11 studi Il trattamento antipertensivo con diuretici tiazidici a basse dosi è risultato simile a quello ad alte dosi nel ridurre il rischio di ictus e di eventi cardiovascolari totali; solo il trattamento a basse dosi si è dimostrato tuttavia in grado di ridurre significativamente l’incidenza di malattia coronarica. b.3. Beta-bloccanti: 2 studi Nessuno degli esiti differisce significativamente tra gruppi trattati e gruppi di controllo non trattati. BIF Mar-Apr 2000 - N. 2 DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA PRATICA CLINICA b.4. Calcio antagonisti (nitrendipina): 1 studio Lo studio, condotto in pazienti con ipertensione sistolica isolata ha evidenziato una riduzione significativa di ictus e di eventi cardiovascolari rispetto al gruppo di controllo. c. Riduzione dei valori pressori Tanto negli studi comparativi farmaco vs farmaco che in quelli trattamento attivo vs nessun trattamento, i tiazidici si sono dimostrati significativamente più effi- caci degli altri gruppi di farmaci nel ridurre la pressione sistolica. Nella Tabella 2 sono riportati la riduzione assoluta del rischio di eventi cardiovascolari totali (ARR) e il numero di pazienti da trattare (NNT) per prevenire un evento relativamente a quattro classi di farmaci. Nota: I tiazidici presenti negli studi sottoposti a valutazione erano: idroclorotiazide, clorotiazide, clortalidone, bendrofluazide, meticlotiazide, triclormetiazide. Tabella 1. Eventi avversi osservati in studi comparativi tra terapie antipertensive di prima scelta vs nessun trattamento Esiti Trattamento attivo Nessun trattamento Rischio Relativo (IC 95%) Tiazidi a basse dosi Morte Ictus Malattia coronarica Eventi cardiovasc. totali pazienti: 4.349 521 197 221 527 pazienti: 5.163 720 355 374 899 0,89 0,66 0,71 0,68 (0,81÷0,99) (0,56÷0,79) (0,60÷0,84) (0,62÷0,75) Tiazidi ad alte dosi Morte Ictus Malattia coronarica Eventi cardiovasc. totali pazienti: 7.769 221 87 212 311 pazienti: 12.070 377 229 329 613 0,90 0,47 1,00 0,72 (0,76÷1,05) (0,37÷0,61) (0,84÷1,19) (0,63÷0,82) Beta-bloccanti Morte Ictus Malattia coronarica Eventi cardiovasc. totali pazienti: 5.505 287 98 212 311 pazienti:10.867 568 243 329 613 1,01 0,80 0,92 0,89 (0,88÷1,15) (0,64÷1,01) (0,78÷1,10) (0,78÷1,02) Calcio antagonisti Morte Ictus Malattia coronarica Eventi cardiovasc. totali pazienti: 2.398 123 50 58 137 pazienti: 2.297 137 78 73 186 0,86 0,61 0,76 0,71 (0,68÷1,09) (0,43÷0,87) (0,54÷1,07) (0,57÷0,87) Tabella 2. ARR di eventi cardiovascolari totali e NNT per prevenire un evento di alcune classi di antipertensivi ARR di eventi cardiovascolari totali % e IC 95% NNT per prevenire un evento* Tiazidi a basso dosaggio 5,7% (4,2÷7,2) 18 Tiazidi ad alto dosaggio 1,5% (0,9÷2,1) 67 Beta-bloccanti 0,7% (0,1÷1,4) 142 Calcio antagonisti 2,4% (0,9÷3,8) 42 *La stima della durata del trattamento per l’NNT può essere derivata rapportandola alla durata degli studi; chi intende approfondire l’argomento confronti la revisione originale di Wright. Per il significato delle sigle adottate si veda il Glossario nella terza pagina di copertina. BIF Mar-Apr 2000 - N. 2 33 DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA PRATICA CLINICA Conclusione La terapia con diuretici tiazidici a basse dosi può essere prescritta quale trattamento di prima scelta a pazienti con ipertensione con la certezza che è efficace nel ridurre il rischio di mortalità, ictus e malattia coronarica. La stessa cosa non si può dire per la terapia con tiazidi ad alte dosi, beta-bloccanti, calcio antagonisti e ACE-inibitori. 3. 4. 5. Bibliografia 6. 1. 2. &ROOLQV 5 HW DO %ORRG SUHVVXUH VWURNH DQG FRURQDU\ KHDUW GLVHDVH 3DUW 6KRUWWHUP UHGXFWLRQV LQ EORRG SUHVVXUHRYHUYLHZRIUDQGRPLVHGGUXJWULDOVLQWKHLUHSL GHPLRORJLFDOFRQWH[W/DQFHW *XH\IILHU)HWDO1HZPHWDDQDO\VLVRIWUHDWPHQWWULDOV RIK\SHUWHQVLRQLPSURYLQJWKHHVWLPDWHRIWKHUDSHXWLF EHQHILW-+XP+\SHUWHQV 7. 8. ,QVXD-7 HWDO'UXJWUHDWPHQWRIK\SHUWHQVLRQLQWKHHOGHUO\D PHWDDQDO\VLV$QQ,QWHUQ0HG 0DF0DKRQ65RJHUV$7KHHIIHFWVRIEORRGSUHVVXUHUHGXF WLRQLQROGHUSDWLHQWVDQRYHUYLHZRIILYHUDQGRPL]HGFRQWURO OHG WULDOV LQ HOGHUO\ K\SHUWHQVLYHV &OLQ ([S +\SHUWHQV 0XOURZ&'HWDO+\SHUWHQVLRQLQWKHHOGHUO\LPSOLFDWLRQVDQG JHQHUDOL]DELOLW\RIUDQGRPL]HGWULDOV-$0$ 7KLMV / HW DO $ PHWDDQDO\VLV RI RXWFRPH WULDOV LQ HOGHUO\ K\SHUWHQVLYHV-+\SHUWHQV 0XOURZ&HWDO$QWLK\SHUWHQVLYHGUXJWKHUDS\LQWKHHOGHUO\ >&RFKUDQH5HYLHZ@,Q7KH&RFKUDQH/LEUDU\,VVXH 2[IRUG8SGDWH6RIWZDUH 3VDW\%0HWDO+HDOWKRXWFRPHVDVVRFLDWHGZLWKDQWLK\SHUWHQ VLYHWKHUDSLHVXVHGDVILUVWOLQHDJHQWV$ V\VWPDWLFUHYLHZDQG PHWDDQDO\VLV-$0$ Obiezioni, critiche e rilievi allo studio 34 trattamento mostra di essere un fattore molto importante perché sia raggiunto questo obiettivo. Risposta degli Autori Pur apprezzando la lettera, non ne condividono le conclusioni. I medici, prima di scegliere un farmaco sulla base della compliance, dovrebbero porsi due domande: che probabilità ci sono che si verifichi realmente una differenza della compliance? E se una differenza esiste qual è la sua importanza e può riflettersi in differenze di morbilità o mortalità? La risposta a entrambe le domande è negativa. Per quanto concerne il primo quesito, due studi suggeriscono l’ipotesi che la compliance sia migliore con le nuove classi di farmaci rispetto a quelle meno recenti (3,5), altri due studi (2,6) dimostrano invece che non esistono differenze. I quattro studi sono osservazionali e sono soggetti a bias. Invece uno studio in doppio cieco randomizzato e controllato ha dimostrato un minor numero di interruzioni con i farmaci meno recenti, tiazidi e beta-bloccanti; il che evidenzia che è altamente improbabile una più bassa compliance con tali farmaci (7). Per quanto concerne il secondo quesito, nello studio di Caro et al. (5), gli autori della lettera, la più ampia differenza assoluta nella non adesione alla terapia si è avuta tra tiazidi ed ACEinibitori: 9% a 6 mesi e 13% a 4,5 anni. E’ possibile che questa differen- za, piuttosto modesta, nella compliance determini una differenza nella morbilità e mortalità? Si ritiene che ciò sia altamente improbabile, e tutt’al più dovrebbe essere condotto uno studio randomizzato ad hoc per rispondere al quesito. E’ importante che i medici non cadano nell’inganno pensando che gli studi osservazionali che misurano la compliance siano più importanti di studi clinici controllati disegnati per valutare eventi di rilevanza ben maggiore sul piano clinico. Bibliografia In una lettera inviata all’Editore (1) si sostiene che gli autori della revisione sistematica si erano prefissati di presentare le evidenze raggiunte in tema di terapia antipertensiva, con lo scopo di aiutare i medici nella scelta iniziale del trattamento più idoneo, ma tale obiettivo non è stato raggiunto in quanto l’interesse dello studio si è limitato esclusivamente a dati degli studi clinici. Più precisamente, anche se Wright et al. hanno puntualizzato l’importanza delle decisioni sulla base dei risultati più probanti conseguiti, si sono dimenticati di ricordare ai medici che l’efficacia reale di una terapia antipertensiva dipende in larga misura dal rispetto e dalla adesione dei pazienti alla terapia prescritta (compliance). Su questo particolare problema sono stati condotti studi che hanno evidenziato l’esistenza di difficoltà nel mantenimento di schemi terapeutici prefissati, specie quando sono stati utilizzati, quali terapie iniziali, farmaci di più vecchia data, come diuretici e beta-bloccanti (2-5). Di conseguenza, concludere come hanno fatto gli autori della meta-analisi, che i medici dovrebbero scegliere, in assenza di controindicazioni, un diuretico tiazidico, significa ignorare del tutto l’evidenza disponibile. Se l’obiettivo ultimo della terapia antipertensiva è di controllare l’ipertensione ed evitare eventi cardiovascolari, allora i medici dovrebbero tenere conto di tutte le evidenze disponibili. Una terapia antipertensiva è efficace solamente se un paziente persevera nella terapia, e la scelta iniziale di un 1. Caro JJ, Payne K. Real-world effectiveness of antihypertensive drugs. CMAJ 2000;162:190-1. 2. Jones JK et al. Discontinuation of and changes in treatment after start of new courses of antihypertensive drugs: a study of a United Kingdom population. BMJ 1995;311:293-5. 3. Monane M et al. The effects of initial drug choice and comorbidity on antihypertensive therapy compliance: results from a population-based study in the elderly. Am J Hypertens 1997;107:697-704. 4. Caro JJ et al. Persistence with treatment for hypertension in actual practice. CMAJ 1999;160:31-7. 5. Caro JJ et al. Effect of initial drug choice on persistence with antihypertensive therapy: the importance of actual practice data. CMAJ 1999;160:41-6. 6. Hamilton RA, Briceland LL. Use of prescription-refill records to assess patient compliance. Am J Hosp Pharm 1992;49:1691-6. 7. Philipp T et al. Randomized double blind, multicentre comparison of hydrochlorothiazide, atenolol, nitrendipine and enalapril in antihypertensive treatment: results of the HANE study. BMJ 1997;315:154-9. BIF Mar-Apr 2000 - N. 2 DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA PRATICA CLINICA BIF Mar-Apr 2000 - N. 2 1. Study Group on Long-term Antihypertensive Therapy. A 12-month comparison of ACE inhibitor and CA antagonist therapy in mild to moderate essential hypertension - The GLANT Study. Hypertens Res 1995;18:235-44. 2. Joint National Committee on Prevention, Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Pressure. The Sixth Report of the Joint National Commmittee on Prevention, Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Pressure. Arch Intern Med 1997;157:2413-46. Post-fazione ACP Journal Club è una rivista bimestrale pubblicata da American College of Physicians-American Society of Internal Medicine. Nel numero di gennaio/febbraio 2000 (vol. 132 n. 3) lo studio “Systematic review of antihypertensive therapies: does the evidence assist in choosing a first-line drug?” di Wright, Lee e Chambers è stato sottoposto a valutazione, con un commento finale di seguito riportato. “Molti studi di ampie dimensioni hanno evidenziato che i diuretici tiazidici a basse dosi sono efficaci nel trattamento antipertensivo sia dopo sperimentazione clinica che nella pratica reale. Alcune linee guida nazionali, tra cui US Joint National Committee on the Prevention, Detection, and Evaluation and Treatment of Hypertension (1), hanno raccomandato le tiazidi come terapia antipertensiva di prima linea. Tuttavia, nella pratica, l’impiego delle tiazidi è nettamente inferiore rispetto agli antipertensivi più recenti, anche se l’efficacia di questi ultimi è peggio documentata. Purtroppo, sono stati eseguiti pochi confronti diretti tra differenti classi di farmaci utilizzati nel trattamento dell’ipertensione. Gli unici riguardano due gruppi di antipertensivi, tiazidi vs beta-bloccanti, attuati in uno studio. Un confronto fra più recenti classi di farmaci è attualmente in fase di realizzazione, nello studio ALLHAT (2), ed è stato progettato con l’obiettivo di confrontare mortalità ed eventi cardiovacolari in gruppi di pazienti ipertesi, relativamente ad alto rischio, trattati con un tiazidico, un calcio antagonista, un ACE-inibitore, un alfa-litico. Questo studio, di ampie dimensioni, con 42.451 pazienti, è parzialmente completato e i risultati finali sono attesi entro 2-3 anni (vedi rubrica “Aggiornamenti” in questo numero del BIF). Nel frattempo, i medici che cosa dovrebbero fare? Come è stato concluso in questa e in altre revisioni sistematiche (usando talvolta metodi differenti), i tiazidici a basse dosi dovrebbero costituire la prima linea di trattamento dell’ipertensione. Tale trattamento riduce non solo il rischio di ictus ma anche di altra morbilità e mortalità cardiovascolare. Le tiazidi sono farmaci poco costosi con la più forte dimostrazione di efficacia osservata mediante studi sull’ipertensione”. Bibliografia Risposta degli Autori I contenuti di questa seconda lettera non sono condivisi, mentre si ribadisce che le conclusioni della revisione sistematica sono fondate. La prima affermazione delle conclusioni dello studio: “la terapia con diuretici tiazidici a basse dosi può essere prescritta quale trattamento di prima scelta a pazienti con ipertensione con la certezza che è efficace nel ridurre il rischio di mortalità, ictus e malattia coronarica” è giustificata dalla significatività statistica (intervalli di confidenza al 95%) della riduzione di tali eventi raggiunta con i diuretici, come si può osservare in Tabella 1. La seconda affermazione: “la stessa cosa non si può dire per la terapia con tiazidi ad alte dosi, beta-bloccanti, calcio antagonisti e ACE-inibitori” si fonda sul fatto che una riduzione statisticamente significativa dei tre esiti non è stata evidenziata con le tiazidi ad alte dosi, con i beta-bloccanti e con i calcio antagonisti (in Tabella 1, gli intervalli di confidenza comprendono il valore 1). E neppure è stato dimostrato con gli ACE-inibitori o qualsiasi altra classe di farmaci, in quanto non sono stati valutati con studi in grado di soddisfare i criteri fissati dalla revisione sistematica. Non è possibile pertanto prescrivere queste altre classi di farmaci considerandole di prima scelta con la certezza che siano in grado di ridurre ognuno dei tre esiti avversi esaminati. Gli autori della revisione sistematica affermano poi di non avere concluso, come ventilato dall’autore della seconda lettera (1), che solo le tiazidi a basso dosaggio siano in grado di prevenire la morte e la morbilità cardiovascolare, e di non essere giunti ad alcuna conclusione, diversamente da quanto affermato dall’autore della lettera, circa l’efficacia relativa delle tiazidi a basse dosi e di altre classi di farmaci. L’evidenza disponibile farmaco vs farmaco è insufficiente per giudizi conclusivi circa l’efficacia relativa delle diverse classi di antipertensivi. Ciò che è stato dimostrato dalla revisione sistematica è che l’utilizzo delle tiazidi quale terapia di prima scelta si dimostra correlato a una maggiore riduzione della pressione sistolica e a una minore percentuale di interruzioni per effetti avversi rispetto a quanto è osservabile con alcune altre classi di farmaci antipertensivi. Il problema del vantaggio dei costi delle tiazidi non è stato considerato nella revisione, anche se non va sottovalutato (come è stato evidenziato dall’autore di questa seconda lettera). Bibliografia In una seconda lettera (1), si sostiene che, pur essendoci buone ragioni per scegliere una terapia a base di tiazidici – come il basso costo o la percentuale limitata di sospensioni per effetti avversi - i dati di efficacia non supportano le conclusioni degli autori che solo questo tipo di terapia a bassi dosaggi sia in grado di prevenire mortalità e morbilità di pazienti ipertesi. Dallo studio emerge infatti (v. Tabella 1) che non esistono sostanziali differenze tra tiazidi a basso dosaggio, tiazidi ad alto dosaggio e calcio antagonisti per quanto concerne mortalità (Rischio Relativo (RR) rispettivamente 0,89 - 0,90 - 0,86) o eventi cardiovascolari totali (RR rispettivamente 0,68 – 0,72 – 0,71). Si è osservata una riduzione minore del rischio con i beta-bloccanti che con le altre terapie, ma non vi è stata differenza significativa tra beta-bloccanti e tiazidi a basse dosi per quanto concerne la mortalità (RRR rispettivamente 1,01 e 0,89). Per i beta-bloccanti, la riduzione del rischio di eventi cardiovascolari totali non ha raggiunto la significatività statistica al 5% (RR 0,89 – IC 95%: 0,78÷1,02). Non esistono studi di confronto ACE-inibitori vs placebo, ma uno studio comparativo ACE-inibitori vs calcio antagonisti, citato dagli autori della revisione sistematica tra gli studi farmaco vs farmaco (2), ha evidenziato che gli ACE-inibitori sono almeno efficaci quanto i calcio antagonisti nel ridurre mortalità ed eventi cardiovascolari. In conclusione, l’autore della lettera ritiene che i dati della revisione sistematica dimostrino che la terapia tiazidica a basse o ad alte dosi, quella con calcio antagonisti e con ACE-inibitori siano ugualmente efficaci nel ridurre mortalità ed eventi cardiovascolari in pazienti ipertesi. 1. Joint National Committee on Prevention, Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Pressure. The Sixth Report of the Joint National Commmittee on Prevention, Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Pressure. Arch Intern Med 1997;157:2413-46. 2. Davis BR et al. Rationale and design for the Antihypertensive and Lipid Lowering Treatment to Prevent Heart Attack Trial (ALLHAT). ALLHAT Research Group. Am J Hypertens 1996;9:342-60. 35