6. Massa-energia di particelle interagenti
Possiamo ora studiare i sistemi di particelle, dove è presente, oltre all’energia cinetica, anche dell’energia associata alle interazioni. In meccanica classica è la grandezza
che viene chiamata energia potenziale.
È possibile introdurre l’energia potenziale in meccanica relativistica?
L’idea di un’energia potenziale in senso classico, cioè legata alla distribuzione nello
spazio del sistema di particelle, e il cui valore cambia con la forma del sistema stesso,
presenta qualche difficoltà in meccanica relativistica. Si tratta, infatti, di un concetto
sviluppato accettando la possibilità di azioni a distanza istantanee. Qualsiasi cambiamento nella distribuzione delle particelle dovrebbe immediatamente tradursi in
un cambiamento nell’energia potenziale. La teoria della relatività, tuttavia, insegna
che non esistono in natura interazioni istantanee, ma che c è la massima velocità alla
quale le interazioni possono propagarsi. Quindi bisogna sempre considerare un ritardo fra l’istante in cui avviene un cambiamento di configurazione, e il suo effetto
sul valore dell’energia di interazione. E il ritardo sarà tanto più consistente quanto
più le velocità delle particelle sono elevate. Per questo, senza entrare nel dettaglio,
preferiamo parlare non di energia potenziale ma di energia delle interazioni.
Si può generalizzare la legge di conservazione dell’energia includendo quella a riposo?
Per una particella libera, esiste un solo tipo di energia, ed è quello espresso dalla legge: E  mc 2  K . Si usa separare l’energia a riposo E 0  mc 2 dall’energia cinetica
K  (  1)mc 2 , perché quest’ultima è presente solo se la particella è in movimento.
È stato sperimentalmente verificato che, quando una particella non è isolata, vale in
relatività una generalizzazione della legge di conservazione dell’energia, che include
l’energia a riposo insieme ai soliti termini di energia cinetica ed energia delle interazioni. Quindi, per un sistema isolato di particelle interagenti si ha:
[E a riposo ]  [E cinetica ]  [E delle interazioni ]  COSTANTE
Nelle interazioni in cui la particella mantiene la propria identità (cioè un neutrone
rimane un neutrone, un elettrone rimane un elettrone eccetera), l’energia a riposo è
solamente un termine additivo in entrambi i membri dell’equazione che uguaglia
l’energia prima e dopo, e si semplifica algebricamente. L’importanza di includere E 0
nella legge di conservazione dell’energia appare quando analizziamo le interazioni
in cui le particelle cambiano la loro identità. Questo è ad esempio il caso del neutrone
libero, che decade in un protone, cambiando la sua massa e quindi l’energia a riposo.
Un neutrone (n) , quando non è confinato all’interno di un nucleo atomico, è una
particella instabile, e dopo una vita media di circa 15 minuti, decade in un protone
(p  ) , un elettrone (e  ) , e un antineutrino ( ) :
n  p  e  
Gli esperimenti mostrano che, anche se il neutrone che decade si trova in quiete, le tre
particelle originate nella reazione possiedono energia cinetica. Infatti, l’energia a riposo del
neutrone mnc 2  939.6 MeV è maggiore della somma dell’energia a riposo del protone m pc 2  938.3 MeV , sommata a quella dell’elettrone mec 2  0.511 MeV
(l’antineutrino ha massa quasi nulla, quindi zero energia a riposo, e viaggia quasi alla velocità della luce):
mn c 2  (m pc 2  K p )  (mec 2  Ke )  K 
21
p
e

decadimento del
neutrone libero
Quanto vale la massa di un sistema di particelle interagenti?
Consideriamo il caso semplice di un sistema costituito da particelle interagenti e in
movimento, che nel complesso si trovi in quiete (cioè il suo centro di massa è in quiete). Secondo la teoria della relatività, se la massa complessiva è M , l’energia a riposo
del sistema vale Esistema  Mc 2 , che corrisponde all’energia totale, dato che il sistema, nel suo complesso, non si sta muovendo né sta interagendo con altri corpi.
D’altra parte, possiamo ottenere l’energia complessiva del sistema anche in un altro
modo, sommando le energie di tutte le particelle che lo costituiscono, cioè
m8
m7
m2
m4
m6
Esistema  m1c 2  K1  m2c 2  K 2  ... U , dove con U abbiamo indicato l’energia
m3
m1
m5
m9
dovuta alle interazioni interne. Uguagliando le due espressioni per Esistema si ha:
M
Esistema
c2

m1c 2  K1  m2c 2  K2  ... U
c2
M  (m1  m 2  ...) 
K 1  K 2  ...  U
c2
Come si vede, la massa M del sistema non è uguale alla somma delle masse delle
particelle che lo compongono, ma può essere più grande o più piccola di
(m1  m2  ...) secondo il segno del termine contenente la somma delle loro energie
cinetiche e di interazione (K1  K 2  ...  U ) . Pertanto, l’energia interna di un corpo
formato da più parti influisce sulla sua massa. La differenza fra M e (m1  m2  ...) è
trascurabile sia quando le velocità delle particelle sono non relativistiche (e le energie
cinetiche piccole), sia nei legami chimici, quando l’energia delle interazioni coinvolte
(fra gli elettroni esterni) è piccola rispetto alle energie di riposo. Ma quando sono
coinvolte delle interazioni fra i nuclei atomici, la situazione è differente. In
quest’ultimo caso, infatti, a causa del considerabile valore dell’energia d’interazione
coinvolta, si osserva una differenza fra la massa del sistema e quella della somma
delle particelle che lo compongono.
Che succede cambiando il punto di zero dell’energia (potenziale) delle interazioni?
H H
N N
O O
Come sappiamo, in fisica classica solo la differenza U di energia potenziale ha un
significato fisico quantitativo, perché l’energia potenziale è definita a meno di una costante arbitraria additiva. Detto differentemente, siamo liberi di scegliere qual è la
configurazione del sistema che corrisponde a U  0 . Tuttavia se vogliamo che il valore U dell’energia delle interazioni (che si riconduce a quella potenziale nel caso di
basse velocità) abbia anch’essa un significato fisico quantitativo, non possiamo imporre che sia U  0 in una configurazione di nostra scelta. Dobbiamo assumere che
sia U  0 nella situazione in cui il sistema non è capace di compiere alcun lavoro a
spese dell’energia legata alla sua distribuzione nello spazio. Questo accade quando le
particelle del sistema sono infinitamente distanti, e non c’è alcuna interazione. Quindi porremo che U  0 se le particelle sono a distanza infinita le une dalle altre, e non
c’è alcuna interazione fra esse. Con tale scelta il valore di U assume il significato di
“lavoro che il sistema può compiere grazie alla sua configurazione spaziale”, e la relazione M  (m1  m 2  ...)  (K 1  K 2  ...  U )/c 2 acquista significato fisico.
Che cosa possiamo dire della massa-energia di una molecola biatomica in quiete?
Analizziamo ora un esempio preso dalla chimica, la massa-energia di una semplice
molecola composta di due atomi dello stesso elemento, come l’Idrogeno H 2 ,
l’Ossigeno O2 oppure l’Azoto N 2 . Possiamo pensare alla massa-energia di questa
molecola sia come alla somma delle energie dei due singoli atomi più la loro energia
22
energia di
interazione
2
d’interazione 2mc2  K  U , sia come all’energia a riposo Mc di un sistema in
quiete avente massa M . Poiché i due valori devono essere uguali, abbiamo:
Mc 2  2mc 2  K  U
Consideriamo ora l’andamento in figura dell’energia elettrostatica d’interazione in
questo sistema. Come sappiamo, due atomi si respingono se sono spinti l’uno verso
l’altro fino a brevissima distanza r  r0 . È questo il significato della pendenza nega-
distanza
fra gli
atomi
r0
tiva nell’andamento dell’energia d’interazione, che qui esprime la repulsione fra gli
elettroni esterni. Se invece gli atomi sono separati a distanza r  r0 , si attraggono, e
questo è il significato della pendenza positiva nell’andamento dell’energia
d’interazione, dove ora domina l’attrazione fra il nucleo di un atomo e gli elettroni
esterni dell'altro. Assumendo U  0 per una separazione fino a distanza infinita, i
due atomi hanno un punto d’equilibrio con energia d’interazione negativa alla di-
repulsione attrazione
stanza r0 . Il segno negativo indica che le forze d’interazione elettrostatica compiono
energia a riposo
della molecola
un lavoro resistente quando si separano gli atomi e li si porta da r0 a distanza infinita. Di conseguenza, nella regione intorno a r0 , U fornisce un contributo negativo
contributo
dell'energia
d'interazione
all’energia a riposo della molecola, e questo rende Mc2 minore di 2mc2 , come riportato nella figura successiva, (non in scala perché 2mc2 è molto più grande di U  K ).
L’energia a riposo della molecola è anche leggermente incrementata dal contributo
positivo dell’energia cinetica dei due atomi, che, anche se la molecola è in quiete,
possono vibrare o ruotare attorno al comune centro di massa. Il valore finale Mc 2 Mc 2
raggiunto è rappresentato dalla linea continua orizzontale.
Che cosa s’intende per energia di legame?
Come si vede, l’energia a riposo risultante per la molecola biatomica è leggermente
U
K
2mc 2
inferiore alla somma 2mc 2 delle energie a riposo dei singoli atomi. Pertanto, quando
una molecola biatomica viene creata, dev’essere rilasciato un certo quantitativo di
energia per mezzo dell’emissione di fotoni: 4.52 eV per l’Idrogeno H 2 , 5.15 eV per
l’Ossigeno O2 , e 9.79 eV per l’Azoto N 2 . Questo stesso quantitativo di energia
dev’essere fornito nel momento in cui si desidera separare la molecola nei due atomi
che la costituiscono, e viene detto energia di legame.
Esercizi
8. Calcolare il rapporto fra l’energia di legame e l’energia a riposo degli atomi che
formano la molecola H 2 dell’idrogeno biatomico.
La molecola H 2 è costituita da due protoni, ciascuno avente un’energia a riposo di
938.3 MeV . Poiché l’energia di legame è 4.52 eV , il valore del rapporto richiesto è;
4.52  103 MeV
 4.81  106
938.3 MeV
Possiamo affermare che in relatività l’energia possiede inerzia?
La nostra analisi della molecola biatomica ci porta a concludere che ogni forma di
energia, posseduta internamente da un corpo composto da più particelle, ne cambia la
massa a riposo. L’energia cinetica delle particelle che lo costituiscono produce sempre un aumento della massa a riposo del corpo. L’energia U dovuta alle interazioni
interne può far aumentare o diminuire la massa a riposo del corpo, a seconda che U
sia positiva (per le forze interne repulsive, che agevolano lo smembramento del corpo) o negativa (per le forze interne attrattive, che contrastano lo smembramento). Un
blocco di ferro rovente possiede più energia a riposo, e cioè più inerzia, dello stesso
blocco quando è freddo, a causa dell’energia cinetica delle sue particelle e
23
distanza fra gli atomi
dell’energia immagazzinata nelle interazioni al suo interno. Analogamente, una molla compressa ha più inerzia di una molla rilassata, per il suo contenuto aggiuntivo di
energia dell’interazione elastica. Questi effetti, per quanto reali, sono troppo piccoli
per essere rivelabili nei fenomeni di ogni giorno. Possiamo quindi concludere che:
L’energia possiede inerzia
In che modo le reazioni nucleari liberano energia?
Il tipo di energia immagazzinato nelle interazioni fra le particelle di un sistema non è
importate: in ultima analisi, tutti i processi che liberano un po’ di energia (ad esempio la dinamite, oppure il fuoco) stanno in realtà convertendo piccolissimi quantitarepulsione tivi di massa. Si consideri, ad esempio, che un’esplosione
6
di 1 kg di TNT rilascia 5 10 J - che è un numero molto
elettrica
grande se espresso in unità atomiche per l’energia
(3.1  1013 MeV) - in massa corrisponde a 6  1011 kg . Le
reazioni chimiche sono solo una diversa disposizione degli elettroni esterni negli atomi, e l’energia rilasciata da un
elettrone in una reazione chimica è dell’ordine di alcuni
elettronvolt. Al contrario, nelle reazioni nucleari è coinvolta la forza nucleare forte e la sua enorme energia di interazione, così che il quantitativo di massa convertito in energia in una reazione è dell’ordine di alcuni megaelettronvolt. La forza nucleare forte agisce solo a distanze
attrazione
nucleare
4 nucleoni
dell’ordine del diametro di un nucleo, cioè 1015 m .
L’attrazione che essa produce fra i protoni di un nucleo atomico è circa 100 volte più
intensa della loro repulsione elettrostatica, impedendo così a quest’ultima di disgregare il nucleo. Il meccanismo che rende possibile il rilascio di energia in una reazione
nucleare è la differenza nell’energia media di legame per nucleone (cioè un protone o
un neutrone) nei vari elementi. Come abbiamo visto, l‘energia di legame è la quantità
liberata quando un sistema di particelle si aggrega. Nel ferro, in cui ci sono 26 protoni e 30 neutroni (quindi 56 nucleoni), abbiamo la più grande energia di legame per
nucleone: 8.6 MeV , e quindi la più negativa fra le energie d’interazione nucleare.
energia di legame per nucleone
MeV
56
Fe
26
12
C
6
8
4
He
2
6
89
Kr
36
144
Ba
56
14
N
7
235
U
92
6
Li
3
4
2
1
H
1
numero di nucleoni
0
La frazione di nucleoni superficiali diminuisce perché il volume aumenta più della superficie e questo produce legami più robusti
100
200
La repulsione elettrostatica aumenta,
ma l’attrazione nucleare rimane costante
in quanto il numero di particelle contigue è sempre lo stesso, e questo produce legami più deboli
La figura mostra come l’energia media di legame aumenta rapidamente al crescere
del numero di nucleoni fino a 56, e poi decresce lentamente. Quest’andamento significa che, almeno in linea di principio:
24
In una reazione nucleare l’energia può essere rilasciata sia per mezzo della fusione di
due nuclei piccoli (più leggeri del ferro) in un unico nucleo più grande, sia smembrando un nucleo grande (più pesante del ferro), in due nuclei più leggeri.
Per quale motivo l’energia di legame nei nuclei ha questo comportamento?
La spiegazione dell’andamento dell’energia di legame in funzione del numero di nucleoni si trova nel fatto che i protoni esercitano una repulsione elettrostatica fra di
loro e, contemporaneamente, neutroni e protoni si attraggono l’un l’altro tramite la
forza nucleare forte. Possiamo pensare alla forza nucleare forte come ad un’interazione
che scende a zero quando i nucleoni non si stanno “toccando” gli uni gli altri, mentre
la forza di Coulomb è a lungo raggio. Di conseguenza, solo i nucleoni adiacenti si attraggono, ma tutti i protoni si respingono (anche se non sono contigui), e i nucleoni 14
sulla superficie esterna del nucleo, che non sono completamente circondati, sono le- 7
gati agli altri in modo più debole. Quando aumenta il numero di nucleoni, il volume
del nucleo, che cresce con il cubo del raggio, aumenta proporzionalmente più della
sua superficie, che cresce con il quadrato del raggio. Quindi, si stabilisce un legame
in media più forte, perché più nucleoni sono completamente circondati. Ciò spiega
come mai l’energia di legame aumenta con il numero di nucleoni per gli elementi più
leggeri del ferro. Nella regione degli atomi con numeri atomici più grandi, invece, la
repulsione complessiva fra i protoni è, naturalmente, maggiore. Al contrario, la forza
nucleare forte ha sempre la stessa intensità, indipendente dal numero di nucleoni. La
ragione è che solo i nucleoni contigui contribuiscono all’attrazione nucleare, che è
particelle
una sorta di forza “a contatto”, ma il numero di particelle contigue che circondano
ciascun nucleone è sempre più o meno lo stesso anche per gli atomi grandi. Quando contigue
il numero di nucleoni supera 56, la repulsione elettrostatica inizia a diventare efficace
nel ridurre l’energia di legame media.
nucleoni
superficiali
N
n p n
p
p
n
n p p n
n
p
p
n
Che cosa accade quando gli elementi più leggeri del ferro si fondono insieme?
I nucleoni negli elementi più leggeri, come idrogeno, elio, o litio, sono legati in modo
più debole che nel ferro (cioè dotati di una energia delle interazioni meno negativa),
ed hanno la possibilità di fondersi insieme e formare dei nuclei più pesanti, rilasciando energia durante il processo. Chiamiamo questo fenomeno fusione nucleare, ed
è precisamente ciò che accade all’interno del Sole. Le stelle sono alimentate dai nuclei
di idrogeno che si fondono a formare elio, i cui nuclei a loro volta si fondono a formare carbonio, e così via, finché il processo non si arresta quando si giunge al ferro.
Nelle stelle con una temperatura interna che non supera i 15 106 K , la fusione
dell’idrogeno avviene per mezzo della cosiddetta catena protone-protone, che coinvolge quattro atomi di idrogeno per crearne uno di elio (seguendo alcuni passi intermedi, che qui non vengono discussi). Ognuna di queste reazioni libera circa 26 MeV di
energia:
4 11 H  42 He  26MeV
L’energia è rilasciata in forma di radiazione elettromagnetica (raggi gamma), neutrini e positroni, ed energia cinetica, che innalza la temperatura dell’interno del Sole e
ne sostiene la struttura dall’interno, impedendo alla stella di collassare sotto il proprio peso.
Che accade quando nuclei di elementi più pesanti del ferro si separano in frammenti?
Anche i nucleoni degli elementi più pesanti del ferro, come l’uranio, sono più debolmente legati rispetto al ferro, e possono spezzarsi in frammenti, liberando energia
e formando nuclei più leggeri. Il rilascio di energia proviene dall’energia delle interazioni, che è meno negativa nei prodotti rispetto al nucleo originale. Chiamiamo
questo fenomeno fissione nucleare. L’energia media di legame per nucleone
nell’uranio è circa 7.6 MeV , quindi se volessimo smembrare il nucleo di uranio nel25
1
H
1
p
1
H
1
1
H
1
p
p
p
passaggi
intermedi
4
He
2
1
H
1
p
n
n p

26 MeV
le particelle che lo costituiscono, dovremmo fornire 7.6 MeV per ognuno dei nucleoni, per bilanciare il suo contenuto negativo di energia delle interazioni. Come si
vede nell’andamento mostrato in precedenza, per un nucleo di massa intermedia,
l’energia di legame media è circa 8.6 MeV , pertanto in una reazione che scinde
l’uranio in due nuclei di massa media, si guadagna circa 1 MeV per nucleone. Questo corrisponde più o meno a 200 MeV per atomo di uranio, considerato che un reattore nucleare può impiegare sono una forma di uranio che ha 235 nucleoni (e che
corrisponde allo 0.7% del materiale disponibile i natura).
n
Che cosa accade durante la fissione nucleare dell’uranio-235?
235
92
n
n
89
36
U
Kr
144
56
+177 MeV
n
Ba
La fissione nucleare controllata è realizzata nei reattori bombardando con neutroni
lenti un nucleo di uranio-235, che contiene 92 protoni e 143 neutroni. Mentre i neutroni veloci rimbalzano sul nucleo, quelli lenti, chiamati neutroni termici, sono facilmente catturati e fanno scindere il nucleo in due frammenti di fissione insieme con uno
o più altri neutroni liberi. Quando il neutrone aggiuntivo entra, costringe la conformazione sferica del nucleo a deformarsi in una struttura a due lobi, simile a una nocciolina, forzando le particelle a distribuirsi su di un volume più grande. In tal modo
si riduce l’effetto dell’azione a corto raggio da parte della forza nucleare forte, rispetto alla repulsione elettrostatica. La forza elettrostatica supera così l’attrazione, spezza
il nucleo in più parti facendo accelerare i frammenti, che raggiungono velocità molto
elevate e riscaldano il blocco di uranio. Sono molte le tipologie di frammenti di fissione che si possono produrre, qui proponiamo a titolo di esempio la reazione che
produce bario e kripton:
235
U
92
n 
144
Ba
56

89
Kr
36
 3n  177 MeV
Va notato che il numero di nucleoni è lo stesso da entrambe le parti della reazione:
235  1  144  89  3 , ma le masse a riposo sulla destra sono più piccole di
177MeV/c 2 , bilanciate dalla comparsa di 177MeV in energia cinetica e radiazione
elettromagnetica (raggi gamma). Quando avvengono numerose fissioni, la temperatura dell’uranio diventa abbastanza calda da far bollire l’acqua (l’uranio nei reattori
raggiunge circa 600C ), producendo un getto di vapore che mette in movimento una
turbina n un generatore elettrico.
Esercizi
8. Calcolare l’energia a riposo del neutrone in MeV e la sua massa a riposo in unità
MeV/c 2 ( mn  1.675  1027 kg ).
26