I
Informazione sanitaria, divulgazione scientifica, promozione della salute,
prevenzione delle malattie tiroidee e da carenza iodica sono gli obiettivi che si
prefigge l’ATTA, associazione onlus che da oltre quindici anni opera in Sicilia.
Nel corso di questi anni è stata vicina ai Malati ed alle loro Famiglie ma anche al
Cittadino - Utente che “vuole” sapere, conoscere; è infatti ben evidente che il sapere modifica i
comportamenti e quindi facilita l’approccio preventivo e di diagnosi precoce.
Le malattie tiroidee hanno un grande impatto sociale sia perché sono molto frequenti sia
perché legate all’ambiente, alla carenza iodica; la conoscenza del problema ha già contribuito
a modificare l’epidemiologia e l’entità del fenomeno.
E’ comunque necessario un ulteriore sforzo promozionale; non bisogna “abbassare la guardia”
proprio adesso che la diffusione del consumo di sale iodato ha già iniziato a modificare l’entità
del fenomeno.
In quest’ottica l’ATTA, continuando in una tradizione pluriennale, ha promosso la
pubblicazione di questo opuscolo che raccoglie articoli scritti da Specialisti che
quotidianamente lavorano in questo campo: rigore scientifico e semplicità di linguaggio sono
alla base di tutti i contributi.
Vogliamo ringraziare Tutti coloro che a titolo gratuito e con spirito di servizio hanno contribuito
alla realizzazione dell’opuscolo.
Marco Attard
Responsabile Scientifico
Elio Bonfanti
Presidente
L
Le malattie della tiroide
a centralità del sistema endocrino può essere riassunta in una sola espressione;
gli ormoni sono i “registi della vita” e quindi i garanti del mantenimento della
specie umana.
Altri organi ed apparati (cuore, reni, polmoni..) sono indispensabili per la
sopravvivenza del singolo ma l’integrità del sistema endocrino è indispensabile
per il mantenimento e la perpetuazione del genere umano.
Gli ormoni infatti regolano gli aspetti maturativi fisici e psichici, condizionano lo stimolo
all’accoppiamento, regolano i tempi e le modalità della riproduzione, assicurano anche lo
sviluppo neuro-psichico dei singoli e le normali performances intellettivo-motorie.
Fra i vari protagonisti di questa molteplicità di azioni la tiroide riveste un ruolo centrale per la
crescita somatica , lo sviluppo psico-intellettivo, la sfera cognitivo emozionale.
E’ per questo che, come società scientifica endocrinologica, accogliamo con vivissimo
interresse tutte le iniziative formative ed educazionali miranti ad una migliore conoscenza
della funzione tiroidea e delle sue alterazioni.
I percorsi di conoscenza aperti ai pazienti ma sopratutto ai “non pazienti” di qualsiasi età ed
estrazione socio-culturale creano buona informazione. L’informazione a sua volta genera
responsabilità da parte di tutti ad operare con funzione vicaria nell’ambito della prevenzione,
tanto utile in tempi in cui gli aspetti di cassa hanno purtroppo la meglio sulle istanze valoriali
che dovrebbero ispirare l’azione sanitaria di una società civile e solidale
L’AME si pone come strumento di informazione e formazione non solo della classe sanitaria ed
infermieristica ma privilegia sopratutto il cittadino “senza volto” del quale si fa carico con una
vocazione specifica di supporto e tutela.
E’ con questi sentimenti che auguro a nome mio personale e della società che ho l’onore di
presiedere l’augurio di una proficua e serena attività a tutti voi.
Piernicola Garofalo
Presidente Nazionale Associazione Medici Endocrinologi
La tiroide: cosa è, a che serve, come funziona, come si ammala…
Notiziario ATTA
Jimmy D'Azzò - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
LA TIROIDE: COSA E', A CHE SERVE, COME
FUNZIONA, COME SI AMMALA…
La tiroide è una ghiandola endocrina posta nella regione anteriore del collo, anteriormente alla trachea; essa ha
dimensioni modeste seppure si collochi fra le più rilevanti dell'intero sistema endocrino considerato nella sua
interezza morfo-funzionale (ghiandole come pancreas, ovaio, testicolo hanno carattere "misto", contengono cioè
strutture tipicamente endocrine frammiste ad altre che endocrine non sono).
Il concetto di ghiandola endocrina può essere espresso in modo relativamente semplice: una ghiandola è un
organo formato da strutture cellulari capaci di "organizzarsi" secondo una particolare architettura e capace di
produrre e liberare sostanze in grado di esercitare specifici effetti morfo-funzionali anche a distanza: queste
sostanze, gli ormoni, vengono secrete nel
sangue ed, attraverso esso, raggiungono il
loro od i loro bersagli per esercitare l'azione
ormonale. E' importante sottolineare che,
nel
nostro
organismo,
esistono
numerosissime ghiandole ma non tutte
sono dotate di funzione endocrina: è
endocrina la ghiandola che libera il proprio
prodotto di secrezione nel sangue mentre
non lo è (si definisce esocrina) quella che
libera il proprio prodotto in cavità che sono,
in qualche modo, collegate con l'esterno (un
tipico esempio di ghiandola esocrina è
rappresentato dalla ghiandola salivare il cui
prodotto, la saliva, viene liberato nella cavità
orale oppure dalle ghiandole gastriche
secernenti nello stomaco il succo gastrico).
Gli ormoni prodotti dalla tiroide, che
conosciamo familiarmente come T3 e T4,
svolgono importanti funzioni di controllo e
regolazione del metabolismo cellulare ed
agiscono pressoché su tutte le cellule
dell'organismo purché queste siano dotate
di un sistema che ne consenta l'attività (i
cosiddetti recettori per gli ormoni tiroidei).
La produzione degli ormoni tiroidei è
regolata da effetti stimolatori ed effetti
inibitori con un meccanismo di
bilanciamento che consente di mantenere,
in condizioni normali, un adeguato livello
asse ipotalamo - ipofisi - tiroide
La tiroide: cosa è, a che serve, come funziona, come si ammala…
Notiziario ATTA
Jimmy D'Azzò - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
circolante di ormoni. L'effetto stimolante è esercitato dal TSH, un ormone prodotto dall'ipofisi che stimola la
produzione e la secrezione di T3 e T4; questi ultimi, a loro volta, inibiscono la secrezione di TSH attivando così un
meccanismo di autoregolazione. Tale sistema di feedback (letteralmente "controllo retrogrado") consente di
attivare processi che tendono a far aumentare la sintesi e la secrezione degli ormoni tiroidei quando il loro livello
ematico diminuisce ed, al contrario, di limitarne la produzione quando il loro livello nel sangue è elevato.
Gli ormoni tiroidei (T3 e T4 di cui, nella pratica diagnostica quotidiana misuriamo la quota cosiddetta libera, che
circola, cioè, nel sangue non "legata" a particolari proteine che hanno il compito di veicolare gli ormoni; queste
"quote libere" sono universalmente definite come free T3 e free T4 o FT3 ed FT4 che sono esattamente gli ormoni
che misuriamo nella pratica diagnostica) hanno la caratteristica di essere iodati: ognuno di essi, cioè, contiene
atomi di Iodio (3 per ogni molecola di T3 e 4 per la T4); lo Iodio, dunque, è l'elemento fondamentale per un regolare
funzionamento della tiroide considerando che, senza di esso, le sostanze prodotte dalla ghiandola perderebbero
ogni efficacia; da ciò deriva lo sviluppo di numerose patologie secondarie alla carenza, ed, in taluni casi, all'eccesso
di Iodio. Le malattie da carenza iodica si possono manifestare in ogni parte del mondo laddove vi siano condizioni
che determinano un apporto giornaliero di Iodio significativamente inferiore a quello necessario per garantire un
buon funzionamento della tiroide; fra esse la più diffusa è certamente l'ipertrofia della ghiandola (il suo aumento
volumetrico genericamente definito "gozzo") che, in particolari condizioni,
può assumere carattere nodulare e che, probabilmente, favorisce una
maggiore incidenza di tumori (tiroidei) caratterizzati da una maggiore
aggressività biologica. Altre patologie più frequenti nelle aree di carenza
iodica sono l'ipotiroidismo congenito ed il cosiddetto cretinismo
endemico; si calcola che, a tuttoggi, circa 200.000.000 di persone siano
affette da malattie da carenza iodica anche se va sottolineato che
l'incremento dei programmi di profilassi iodica correlati con l'aumento del
consumo di sale iodato e, soprattutto, i fenomeni di globalizzazione che,
anche nei posti più sperduti, tende ad uniformare i consumi (specialmente
alimentari)
favorisce,
seppure lentamente, un
aumento dell'apporto
iodico con conseguente
riduzione dell'entità dei
fenomeni patologici.
Ecografia: tiroide normale
La tiroide: cosa è, a che serve, come funziona, come si ammala…
Notiziario ATTA
Jimmy D'Azzò - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
Gli ormoni tiroidei esercitano il proprio effetto pressoché su tutte le cellule dell'organismo, regolandone il
metabolismo attraverso l'attivazione di processi biochimici endocellulari che, a loro volta, hanno conseguenze
fisiologiche ed, in caso di eccesso o carenza ormonale, patologiche; è questo il motivo per cui la patologia
funzionale tiroidea si esprime clinicamente con disturbi variegati e per lo più aspecifici che, nel loro insieme,
caratterizzano l'iper o l'ipotiroidismo ma la presenza di uno o più di questi disturbi non significa necessariamente
che la loro causa sia una malattia della tiroide. E' per questo che si fa un discreto abuso di dosaggi ormonali che
cercano nella tiroide la causa di disturbi o sintomi che invece hanno altre determinanti (un tipico esempio è
rappresentato dall'obesità, condizione per la quale si cerca nella "disfunzione tiroidea" la causa mentre, nella gran
parte dei casi la tiroide è normalmente funzionante).
La tiroide, come altri organi, può andare soggetta a processi infiammatori, alcuni abbastanza peculiari come la
tiroidite subacuta, ed è frequentemente oggetto di patologia immunitaria, di "aggressione" delle sue strutture da
parte di anticorpi, in genere prodotti dal proprio sistema immunitario (c.s. autoanticorpi) che caratterizzano la
tireopatia autoimmune, una condizione di frequente riscontro che, tuttavia, non necessariamente si traduce in un
danno funzionale e per la quale non vi è indicazione a trattamento terapeutico; in altri casi, invece, l'aggressione
anticorpale può determinare danni per la struttura cellulare con conseguenze patologiche in senso funzionale.
La patologia tiroidea più frequente è rappresentata dal gozzo nodulare caratterizzata da aumento volumetrico
della ghiandola che diviene sede di uno o più noduli (aggregati di cellule tiroidee in qualche modo alterate rispetto
alla cellule normali che possono evolvere in vario modo caratterizzando così noduli solidi, cistici, misti e di natura
diversa, benigna o maligna). Il nodulo tiroideo è spesso causa di allarme per il soggetto che se ne scopre portatore,
perché quasi sempre identificato come possibile tumore maligno ma, per fortuna, la maggior parte dei tumori
definiti maligni della tiroide ha grandi possibilità di guarire sia per una relativa bassa aggressività di essi sia per la
sempre più frequente precocità della diagnosi sia per la possibilità di strumenti terapeutici efficaci e risolutivi come
lo Iodio radioattivo.
In ultima analisi la tiroide è una ghiandola di piccole dimensioni (pesa fra i 25 ed i 30 g per un volume di circa 1825 ml in relazione alla costituzione del soggetto) ma di grande importanza poiché il suo malfunzionamento è causa
di patologie che, se non curate adeguatamente, possono condizionare fortemente la qualità di vita del soggetto;
la sua assenza in epoca fetale, per mancato sviluppo, è causa di gravi conseguenze irreversibili per inadeguato
sviluppo del sistema nervoso centrale (da ciò la necessità assoluta non solo di non interrompere una terapia con
ormoni tiroidei in
gravidanza ma di
aumentarne il dosaggio
in funzione dell'assenza
della
tiroide
nell'embrione nelle
prime 10 settimane di
gravidanza, epoca in cui
l'embrione
stesso
utilizza quelli che la
madre gli fornisce
attraverso il sangue
materno).
Gozzo e Noduli
Notiziario ATTA
Marco Attard - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
GOZZO E NODULI
Definizione
Con il termine di gozzo si indica l'aumento volumetrico della tiroide. Questo incremento delle dimensioni può
essere diffuso a tutta la ghiandola (c.d. "gozzo semplice") o circoscritto a determinate aree in modo tale da realizzare
la presenza di uno o più noduli clinicamente apprezzabili (c.d. "gozzo nodulare").
Quali sono le cause del gozzo?
La carenza alimentare di iodio è la causa più frequente della comparsa del gozzo: lo iodio è infatti un elemento
essenziale per la formazione degli ormoni tiroidei. Nelle condizioni di carenza iodica (ancora oggi molto frequenti
in numerosi Paesi del mondo) la ghiandola, per produrre quantità sufficienti di ormoni, incrementa il suo volume
realizzando il gozzo che può quindi essere considerata una risposta dell'organismo al deficit alimentare. Il gozzo è
quindi "malattia dell'adattamento, della nutrizione, dell'ecosistema". Esistono comunque altre cause (genetiche,
infiammatorie, "neoplastiche" …..) che possono essere causa del gozzo.
Quali sono i sintomi?
Un modesto incremento di volume della tiroide e/o
la presenza di noduli della ghiandola sono
generalmente asintomatici e la loro scoperta può
essere del tutto occasionale. I noduli di maggiori
dimensioni possono dare disturbi locali: fastidio con
sensazione di "impaccio", tosse, difficoltà
respiratorie, difficoltà alla deglutizione ed
alterazioni del timbro della voce. Il gozzo è per
definizione normofunzionante (cioè con normalità
dell'assetto ormonale) e non può quindi essere
causa di disturbi generali (variazioni di peso,
tachicardia, "nervosismo", disturbi del sonno ……).
E' una malattia frequente?
Le malattie da carenza iodica sono tra le patologie
più diffuse nel mondo; in alcune regioni il gozzo è
Scintigrafia: “nodulo freddo”
presente in diffusi strati della popolazione tanto da
realizzare aree di endemia. Il gozzo si definisce
endemico quando è riscontrabile in almeno il 10% della popolazione generale; l'Italia può essere considerata a
tutt'oggi una regione a lieve-media carenza di iodio, sub-endemica. Negli ultimi decenni si è assistito ad un
significativo incremento di diagnosi di noduli tiroidei; questa apparente "epidemia" è quasi certamente da correlare
all'utilizzazione routinaria dell'ecografia ed è quindi conseguenza di una migliorata capacità diagnostica e non
esprime un incremento dell'incidenza della malattia. In altri termini numerosi piccoli noduli tiroidei, clinicamente
insignificanti, vengono diagnosticati grazie alle migliorate possibilità diagnostiche.
Gozzo e Noduli
Notiziario ATTA
Marco Attard - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
Come si fa la diagnosi?
Il rilievo di un aumento di volume della tiroide e/o la presenza di noduli nella ghiandola richiede l'intervento del
Medico di Famiglia che valuterà clinicamente, con metodiche di laboratorio e strumentali, il singolo paziente. Nella
maggioranza dei casi si tratta di riscontri privi di vero "significato patologico" che non richiedono indagini
specialistiche e/o terapie; il Medico di Famiglia selezionerà quei casi meno frequenti, con alterazioni funzionali della
ghiandola e/o con formazioni nodulari "sospette" per essere neoplastiche, che saranno studiati con indagini più
approfondite ed eventualmente indirizzati allo Specialista Endocrinologo. Oltre alle valutazioni di laboratorio
(dosaggio di FT3, FT4, TSH ed in casi selezionati degli autoanticorpi e della calcitonina) il Medico può ricorrere alla
scintigrafia tiroidea; questa metodica diagnostica viene oggi sempre meno utilizzata ed il suo significato è adesso
limitato alla identificazione dei cosidetti "noduli caldi" (e cioè formazioni nodulari capaci di produrre un eccesso di
ormoni). Grande valore diagnosticato occupa invece l'ecografia del collo che consente di precisare struttura e
dimensioni della tiroide, di identificare la presenza dei noduli e di individuare quelli "sospetti". La diagnosi "di
natura", e cioè la possibilità di identificare il nodulo tumorale, è invece appannaggio dell'esame citologico di
agoapirato. Questo esame, effettuato da personale qualificato, è privo di rischi ed ha una accuratezza diagnostica
molto alta; consente quindi di selezionare i pazienti destinati alla soluzione chirurgica e, di converso, evita
l'intervento ai numerosi pazienti che non ne hanno necessità.
Si può prevenire la comparsa del gozzo
e dei noduli?
L'utilizzazione estensiva del sale iodato ha già significativamente
ridotto l'entità dell'endemia di gozzo; le patologie riscontrate negli
ultimi anni sono peraltro "meno gravi" (gozzi di dimensioni più
contenute, meno compressivi sugli altri organi del collo….). La
normalizzazione dell'apporto iodico ha peraltro ricadute
fondamentali sulle altre patologie da carenza iodica che sono meno
frequenti ma certamente più gravi (malformazioni congenite,
natimortalità, ipotiroidismo neonatale, ritardi di crescita, deficit
intellettivi….). L'utilizzazione del sale iodato deve essere costante ed
estesa a tutta la popolazione.
Qual è la cura?
Il gozzo diffuso e la patologia nodulare della tiroide raramente
richiedono la soluzione chirurgica; a questa si ricorre soltanto nei
gozzo
casi particolarmente avanzati con importanti disturbi locali e/o nei
casi di sospetto tumorale. La terapia medica del gozzo si avvale
dell'utilizzazione dell'ormone tiroideo (l-tiroxina); il razionale della terapia muove dall'assunto che la
somministrazione di ormone al paziente "mette a riposo" la ghiandola che quindi non è più stimolata alla crescita
di volume. Tale terapia non è esente da rischi e va evitata nei soggetti anziani, nei cardiopatici ed anche nei pazienti
con gozzi di grandi dimensioni e/o inveterati, condizioni nella quali è certamente priva di efficacia.
Tireopatie in età pediatrica
Notiziario ATTA
Giovanna Lupo - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
TIREOPATIE IN ETÀ PEDIATRICA
Le più frequenti:
n Ipotiroidismo congenito 1/3000-4000
n Ipotiroidismo acquisito
l Tiroidite di Hashimoto 2-3 % dei soggetti in età scolare
n Ipertiroidismo
l Morbo di Graves 0,1 / 100.000 nel bambino a 3.0 /100.000 nell'adolescente
n Gozzo
Gozzo
Aumento di volume della tiroide dovuto a replicazione di cellule follicolari con formazione di nuovi follicoli; colpisce
prevalentemente il sesso femminile e in epoca puberale ed è dovuto a fattori genetici (familiarità per tireopatie),
ambientali (carenza I, fumo, farmaci e fattori gozzigeni), endogeni, ambiente fetale.
Viene distinto in:
n Semplice o nodulare sulla base della presenza o meno di lesioni focali nodulari formi.
n Ipotiroideo (Tiroidite cronica Hashimoto, Carenza di iodio, Difetti ormonogenesi, Eccessiva introduzione
Iodio, Farmaci)
n Ipertiroideo (Malattia di Graves, Resistenza ipofisaria agli ormoni tiroidei)
n Eutiroideo (Gozzo semplice - idiopatico, colloide, non tossico, ambientale - cibi, eccessiva introduzione
Iodio, farmaci - infiltrazione leucemica, tumori differenziati, cisti tiroidee)
Ipotiroidismo acquisito
n Tiroidite autoimmune, deficit di iodio endemico, sovraccarico di iodio, post-tiroidectomia o irradiazione
cervicale, azione di farmaci antitiroidei o agenti gozzi geni, malattie sistemiche (cistinosi, insufficienza
renale, infiltrazione leucemica), difetti acquisiti ipotalamo-ipofisari, tiroide disgenetica o ectopica (quadri
lievi), disormonogenesi
Quando pensare alla tiroide
n Sovrappeso, ritardo di apprendimento, familiarità per tireopatie, scarso accrescimento, astenia, stancabilità,
disturbi del sonno, irritabilità, tachicardia, perdita di peso, alopecia
Ipotiroidismo congenito:
Viene distinto in Ipotiroidismo congenito permanente ed Ipotiroidismo transitorio
Ipotiroidismo congenito permanente
Dovuto ad anomalie tiroidee (ipotiroidismo primario)
Difetti di sviluppo (disgenesia tiroidea), agenesia tiroidea (atireosi), ipoplasia tiroidea, ectopia tiroidea,
errori congeniti della biosintesi degli ormoni tiroidei
Tireopatie in età pediatrica
Notiziario ATTA
Giovanna Lupo - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
Dovuto ad anomalie extratirodee
Difetti ipotalamo-ipofisari (ipotiroidismo terziario-secondario), resistenza periferica agli ormoni tiroidei,
resistenza generalizzata dei tessuti, extra ipofisaria o ipofisaria isolata
Disturbi della funzione tiroidea transitori neonatali
Ipotiroxinemia transitoria, ipotiroidismo primario transitorio, ipotirotropinemia transitoria, sindrome del T3
basso del pretermine
Frequenza, distribuzione per sesso ed etiologia
n
n
n
n
n
1 caso ogni 3047 nati
M / F: 1/2,5
Agenesie 42%
Ectopie 38%
Ghiandole in sede 20%
E' importante ricordare come la diagnosi precoce dell'ipotiroidismo congenito mediante screening neonatale è una
condizione indispensabile per prevenire con un corretto trattamento sostitutivo il danno neurologico irreversibile
causato dalla carenza postnatale di ormone tiroideo
Ipertiroidismo
Viene distinto in ipertiroidismo neonatale ,ITN, e IT nel bambino e nell'adolescente
ITN: frequenza % dei segni e sintomi clinici in Letteratura
n Esoftalmo
83%
n Agitazione
73%
n Tachicardia
73%
n Gozzo
71%
n Basso peso
63%
n Cute calda
46%
n Ipersudorazione
35%
n Polipnea
34%
n Appetito
27%
n Tremori
25%
n Cardiomegalia con scompenso
22%
n Diarrea ed ipertermia
20%
Tireopatie in età pediatrica
Notiziario ATTA
Giovanna Lupo - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
Ipertiroidismo Neonatale Cause
Bisogna considerare inoltre anche l'ipertiroidismo iodio indotto (ioduria elevata)
Prognosi:
n
n
n
n
Decorso da poche settimane a 3 mesi (mai più di 7) in rapporto alla scomparsa dal circolo degli anticorpi materni
Prognosi buona se il neonato è adeguatamente trattato
Mortalità rilevante (fino al 20%) senza trattamento
Sequele: ritardo di crescita, craniosinostosi, iperattività, problemi caratteriali.
IT nel bambino e nell'adolescente
È una condizione caratterizzata sul piano biologico da un aumento degli ormoni tiroidei circolanti e di
quelli liberi in particolare
Tireopatie in età pediatrica
Notiziario ATTA
Giovanna Lupo - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
Cause di IT nel bambino e nell'adolescente
n Malattia di Graves (è di gran lunga la causa più frequente di ipertiroidismo nell'infanzia e adolescenza),
hashitossicosi (fase iniziale ipertiroidea di T. di H.), tiroidite subacuta, eccessiva introduzione di Iodio,
nodulo solitario iperfunzionante (adenoma tossico), gozzo multinodulare tossico, Ipertiroidismo factitio ,
resistenza periferica agli oo tiroidei (ipofisaria), adenoma ipofisario TSH-secernente , sindrome di McCuneAlbright
Sintomatologia
n Turbe del comportamento, ipercinesia, tremori, insonnia, astenia, scarso rendimento scolastico,
insofferenza al calore, bulimia, perdita o presa di peso, accelerazione della crescita, aumento età ossea,
ritardo puberale, esoftalmo, diarrea, strategia terapeutica, iniziare con il trattamento medico, riservare la
chirurgia ai casi di insuccesso (dopo 1-2 recidive) dei farmaci antitiroidei di sintesi, iodio radioattivo.
Conclusioni
Non c’è dubbio che nel campo delle patologie tiroidee è stato profondamente ridisegnato, in questi ultimi anni,
l’approccio diagnostico, grazie sia allo screening neonatale dell’ipotiroidismo congenito, che all’ impiego sempre
più diffuso dell’indagine ecotomografia e tutto ciò chiaramente ha reso possibile anche un radicale cambiamento
nell’ambito della prognosi a distanza della tireopatia dell’età evolutiva.
Ipotiroidismo Congenito
Notiziario ATTA
Daniela Gucciardino - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
IPOTIROIDISMO CONGENITO
La tiroide produce ormoni (sostanze che controllano i processi che avvengono all'interno di un organismo) che
svolgono funzioni molto importanti, tra cui la crescita, lo sviluppo del sistema nervoso centrale ed il metabolismo
in generale. Il bambino affetto da ipotiroidismo presenta una diminuita o assente produzione di ormoni tiroidei.
Premesse
Nel 1850, per la prima volta, venne individuato l'ipotiroidismo congenito come causa di ritardo mentale ma solo
negli ultimi anni del XX secolo, grazie alle sofisticate metodologie biomolecolari, neuroendocrinologiche,
neuropsichiche e neurofarmacologiche, è stato possibile valutare gli effetti degli ormoni tiroidei nel controllo dello
sviluppo postatale del sistema nervoso centrale, oggi prevenibili grazie alla diagnosi precoce dello stato
ormonocarenziale formulata mediante lo screening neonatale di massa dell'ipotiroidismo congenito. Nella specie
umana il periodo critico, durante il quale gli ormoni tiroidei influenzano in maniera determinante lo sviluppo
cerebrale, si estende dall'ultimo trimestre della vita fetale, fino almeno al primo anno di vita extrauterina.
Epidemiologia
L'ipotiroidismo congenito è, congiuntamente al diabete, la più frequente endocrinopatia dell'infanzia,
L'incidenza dell'Ipotiroidismo Congenito nei diversi Paesi è mediamente di 1:4000 nati all'anno, con una variabilità
negli ultimi anni che ha portato la frequenza, almeno in Italia, da 1:3047 nati nel 1993 a 1:2262 nel 1997. Il rapporto
maschi/femmine è di 2,5/1. È verosimile che, data la diffusione dello screening neonatale, sempre meno pazienti
sfuggano alla diagnosi. In Italia peraltro si riscontra una certa diversità di incidenza tra Nord (1/2540), Centro (1/2409)
e Sud (1/1926). La Sardegna mostra l'incidenza più bassa (1/1744).
Eziologia
Dal punto di vista eziologico si distinguono :
1. IPOTIROIDISMO PRIMITIVO MALFORMATIVO: responsabile del 90% casi, è dovuto all'assenza della tiroide o ad
una riduzione del suo volume, o alla presenza in sede atipica (ipo-a-genesia della tiroide, ectopia)
2. IPOTIROIDISMO PRIMITIVO DA DIFETTO MOLECOLARE: comprende il 10% circa dei casi. Si tratta dei
difetti della produzione di ormoni tiroidei
3. IPOTIROIDISMO SECONDARIO/TERZIARIO: da difetto ipofisario o ipotalamico (sintesi di TSH o TRH o
di panipotiroidismo sporadico o familiare). E' un evento raro (1:60000, 1:140000 casi).
4. IPOTIROIDISMO TRANSITORIO NEONATALE: è stato scoperto grazie all'avvio dello screening: i
soggetti affetti risultano falsamente positivi a causa di una carenza o di un eccesso di iodio durante la
gravidanza, di una sofferenza neonatale o di un'immaturità dell'asse ipotalamo-ipofisario.
È probabile, comunque, che nell'eziopatogenesi entrino in causa fattori genetici (maggior frequenza di IC nelle
femmine rispetto ai maschi; presenza di aggregazioni familiari tra IC e altre patologie tiroidee; ricorrenza di IC tra gemelli
omozigoti o tra componenti della stessa famiglia; diverse prevalenze nelle diverse etnie negli USA); Fattori nutrizionali,
soprattutto una ridotta disponibilità di iodio in zone ad alta incidenza gozzigena, e alcuni fattori immunologici,
sembrano invece spiegare meglio i casi di IC transitorio. Esistono due condizioni che possono essere rilevate alla nascita
Ipotiroidismo Congenito
Notiziario ATTA
Daniela Gucciardino - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
con l'effettuazione dello screening di massa dell'IC:
n
Ipotiroxinemia neonatale
Una ipotiroxinemia neonatale (T4) interessa il 50% dei soggetti nati pretermine (< 30a settimana di
gravidanza). Questa condizione corrisponde a quella situazione (fisiologica nel feto) di ipotiroidismo da
difetto di maturazione dell'asse ipotalamo-ipofisario, ed è quindi del tipo definito come ipotiroidismo
ipotalamico o terziario. Non richiede alcun tipo di terapia, ma solo l'attesa della fisiologica maturazione.
n
Ipotiroidismo transitorio con TSH alto
Si tratta di un ipotiroidismo lieve, transitorio, primario, espressione di una sofferenza tiroidea da cause
esogene (eccesso di carenza di iodio, immaturità, altra noxa).
v
ITN da carenza iodica
La carenza iodica severa può essere una causa di ITN, con livelli ormonali sovrapponibili a quelli che si
riscontrano nell'IC. Questa forma può interessare fino al 10% dei neonati e può portare, nelle zone con
carenza endemica di iodio, a difetto mentale anche importante.
v
ITN da eccesso di iodio
Non soltanto la carenza di iodio é responsabile di ITN, anche l'eccesso di iodio lo può determinare. La tiroide
del neonato contiene basse quantità di iodio e quindi il turnover di questo elemento nella ghiandola è
particolarmente elevato, questa situazione, associata alla relativa immaturità dei meccanismi deputati alla
protezione della ghiandola da parte di un carico di iodio, favorisce l'insorgenza dell'ITN da eccesso iodico,
che può derivare da pratiche chirurgiche perinatali: taglio cesareo alla madre, disinfezione dell'ombelico
del bambino, in particolare in quelle zone, spesso a carenza iodica, dove si utilizzano disinfettanti iodati;
altre cause possono essere farmaci, somministrati alla madre contenenti iodio.
v
ITN da meccanismi immunologici
Una madre con patologia tiroidea autoimmune può produrre nel figlio, per passaggio di autoanticorpi, un
IC o un ITN. Immunoglobuline bloccanti il recettore del TSH passerebbero da madre a feto attraverso la
placenta, e darebbero origine a un ipotiroidismo transitorio, dal momento che il loro effetto inibente
durerebbe non più di 21-28 giorni
Ipotiroidismo Congenito
Notiziario ATTA
Daniela Gucciardino - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
Diagnosi clinica
Indipendentemente dal fattore etiologico, il quadro clinico dell'ipotiroidismo congenito è sovrapponibile, e la
severità della sintomatologia appare essenzialmente legata all'entità del deficit ormonale. Lo stato
ormonocarenziale si riflette in maniera elettiva sul sistema nervoso e su quello scheletrico, i quali, nella fase critica
dello sviluppo, esigono una quantità di ormoni iodati superiore a quella necessaria per gli altri tessuti. Il quadro
clinico dell'ipotiroidismo congenito si instaura gradualmente, e si rende manifesto a partire dalla 6a settimana di
vita extrauterina, quando l'apporto di ormoni iodati con il latte materno diventi insufficiente L'ipotiroideo alla
nascita si presenta di peso e di lunghezza normali. Il protrarsi dell'ittero fisiologico del neonato può essere il
primissimo segno della malattia.
Altri segni presenti durante il primo mese di vita sono la difficoltà di alimentazione, la scarsa interazione con
l'ambiente, la sonnolenza, gli episodi di soffocamento durante l'allattamento. Difficoltà respiratorie dovute in parte
alla macroglossia (si possono contare anche episodi asfittici), una respirazione rumorosa, l'ostruzione nasale
possono essere altri segni d'accompagnamento. I bambini affetti piangono poco, dormono molto, hanno scarso
appetito e sono poco reattivi. Vi può essere stipsi che non risponde al trattamento convenzionale. L'addome è
globoso e può essere presente un'ernia ombelicale. Spesso è presente anemia refrattaria al trattamento. Col
passare del tempo il piccolo stenta a crescere, gli arti si presentano corti, le fontanelle sono ampie, la dentizione è
ritardata. La cute appare secca, squamosa, mixedematosa.
I segni dell'ipotiroidismo congenito si fanno progressivamente più evidenti con il passare dell'età (progressivo
deterioramento delle facoltà mentali, caratteristico rallentamento della velocità di crescita staturale). La loro
aspecificità (ittero, ernia ombelicale, stipsi), o la loro scarsa rilevanza (suzione torpida, ipotonia, bradicardia), o la
non rilevabilità all'esame clinico (assenza di nuclei di ossificazione) spiegano il ritardo della diagnosi clinica in
assenza di dosaggio ematico degli ormoni tiroidei.
Aspetti clinici rilevanti nelle forme congenite neonatali
Nel neonato
Ernia ombelicale
Persistenza dell' ittero fisiologico
Persistenza fontanella posteriore
Macroglossia
Ipotonia
Sonnolenza
Deficit di suzione
Bradicardia (<125/m)
Ipotensione
Stipsi
Gozzo (in casi particolari)
Ritardo della maturazione ossea
Ipotiroidismo Congenito
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Daniela Gucciardino - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
Nelle età successive
Mixedema
Cute secca
Capelli radi
Ipotonia
Sonnolenza
Pallore
Gozzo (soprattutto nelle fm acquisite)
Bradicardia
Ipotensione
Stipsi
Ritardo di accrescimento (epifidi distale del femore e prossimale della tibia)
Ritardo dell'età ossea
Ritardo nell'ideazione e mentale (nelle fm congenite non trattate)
Diagnosi
Se tempestivamente diagnosticato, con adeguato trattamento sostitutivo possono essere corretti gli effetti prodotti
dalla carenza di ormoni tiroidei durante lo sviluppo intrauterino e quelli correlati con il deficit ormonale nelle prime fasi
dello sviluppo postnatale. La diagnosi di ipotiroidismo congenito viene attualmente effettuata con il test di screening.
I centri che si occupano dello screening in Italia dell'IC sono 25. Undici centri su 25 (44%), corrispondenti al 48% dei
soggetti sottoposti a screening, utilizzano i dosaggi di T4 e TSH, 14 su 25 (56%), corrispondenti al 52% dei soggetti
sottoposti a screening, utilizzano esclusivamente il dosaggio del TSH. Presso il punto nascita è prelevata dal tallone di
tutti i neonati una goccia di sangue che viene
depositata su di un apposito cartoncino
assorbente. Il campione viene inviato al Centro
di Screening che provvede al dosaggio del TSH
ipofisario e del T4. Il prelievo deve essere
effettuato in 4a - 5a giornata poiché subito
dopo la nascita si ha una brusca elevazione di
tali ormoni che renderebbe poco affidabile la
interpretazione del test. Lo screening dell'IC ha
tra l'altro permesso di far conoscere condizioni
di alterata funzionalità tiroidea, transitorie
(ITN), secondarie a fattori nutrizionali, carenza
iodica, o secondari a trattamenti farmacologici
materni che altrimenti non sarebbero stati
rilevati o forse solo tardivamente.
Ipotiroidismo Congenito
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Daniela Gucciardino - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
Mezzi diagnostici complementari
In caso di segni clinici precoci inequivocabili, anche prima della risposta del centro deputato allo screening, o in
caso di segnalazione di sospetto di IC, è possibile avviare alcune procedure diagnostiche che possono confermare
la diagnosi. Innanzi tutto va rinviato al centro di screening un altro campione di sangue su carta da filtro, e
contemporaneamente possono essere dosati gli
ormoni tiroidei su prelievo venoso. Tutte le procedure
dovrebbero avvenire nel minor tempo possibile, in
modo da poter avviare la terapia sostitutiva in maniera
tempestiva. Comunque in caso di sospetto diagnostico,
o di chiarimento della diagnosi possono essere utili altre
pratiche diagnostiche.
Ecografia tiroidea
L'ultrasonografia tiroidea nel neonato con
sospetto di IC non è di facile esecuzione, può
solo indicare la presenza di una tiroide in sede,
quindi definire una condizione di ipoplasia o
ancora
un
difetto
congenito
dell'ormonogenesi;
scintigrafia tiroidea
Scintigrafia tiroidea
È un'indagine che ancora oggi è indispensabile per un corretto inquadramento diagnostico dell'IC. La
captazione del tracciante permette di valutare non solo la sede e le dimensioni della ghiandola, ma anche
le sue capacità funzionali; L'esame deve essere effettuato prima dell'avvio del trattamento sostitutivo, e
comunque non oltre il 4°-5° giorno dall'inizio della terapia;
Valutazione della maturazione ossea
Un difetto di maturazione ossea è frequente, se non costante. È dimostrata peraltro una correlazione tra
ritardo di maturazione ossea ed entità del difetto ormonale. Soprattutto vanno valutati il nucleo distale del
femore e quello prossimale della tibia.
Terapia
Il trattamento sostitutivo deve iniziare il più precocemente possibile, non appena posta la diagnosi. La terapia
sostitutiva con L-tiroxina sintetica (in Italia Eutirox),si effettua al mattino, a digiuno, 20 minuti prima di colazione.
Un attento follow-up dei livelli di TSH, di fT3 e fT4, sono indispensabili per un corretto trattamento.
Follow-up e prognosi
Nel primo anno di vita sarà opportuno un frequente controllo degli ormoni tiroidei, poi dal secondo anno di vita
ogni 3-6 mesi. Nel corso del follow-up sarà opportuno un controllo periodico dell'età ossea e della crescita, una
valutazione neurologica e della funzionalità uditiva e visiva (PEV/PEU). Nei casi precocemente diagnosticati e
tempestivamente trattati con terapia sostitutiva la prognosi è eccellente.
Gli ipotiroidismi
Notiziario ATTA
Francesco Iannì - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
GLI IPOTIROIDISMI
L'ipotiroidismo esprime la condizione clinico-funzionale che consegue ad una insufficiente produzione di ormoni
tiroidei. Nella maggior parte dei casi (95%) le sue cause risiedono nella stessa tiroide e l'ipotiroidismo è definito
primario o primitivo. La causa più frequente di ipotiroidismo primario è costituita dalla riduzione della massa di
tessuto tiroideo funzionante che può dipendere o da cause congenite (agenesia, ipogenesia, ectopia del tessuto
tiroideo…) conseguenti ad alterazioni del processo di differenziazione e/o di migrazione caudale dell'abbozzo
tiroideo o, più spesso, da cause acquisite, per lo più iatrogene (post-chirurgiche, post-radioisotopiche) o collegate
a processi di tiroidite autoimmune, che danneggiano in maniera irreversibile la ghiandola compromettendone la
funzione. In altri casi il deficit funzionale dipende da una turba dell'ormonosintesi, come avviene nei deficit
enzimatici congeniti o in seguito alla assunzione di farmaci (litio, iodio, tionamidi…)
che bloccano a vari livelli il processo di sintesi ormonale. Anche un marcato deficit
di apporto alimentare di iodio può essere causa di ipotiroidismo.
Altri ipotiroidismi (5% dei casi) dipendono da processi patologici a carico dell'ipofisi,
dell'ipotalamo, o di entrambi. Spesso viene distinto un ipotiroidismo secondario da
deficit di TSH ipofisario ed un ipotiroidismo terziario conseguente ad un deficit di
TRH ipotalamico; ma nella pratica non sempre le due condizioni sono clinicamente
e biologicamente distinguibili, per cui abitualmente esse sono accomunate sotto la
dizione di ipotiroidismo centrale, senza riferimento localizzativo specifico. Esiste,
paziente ipotiroidea
infine, un ipotiroidismo periferico (molto raro) dovuto a mutazioni recettoriali che
condizionano una resistenza tissutale all'azione degli ormoni tiroidei, normalmente prodotti.
L'ipotiroidismo è, nella stragrande maggioranza dei casi, definitivo (ed irreversibile); solo raramente può essere
transitorio, quando la causa che lo ha provocato è rimovibile. Nella maggior parte dei casi ha una espressione
clinica ben definita ma, in alcune evenienze, è sub-clinico, rappresentato solo da una più o meno evidente
elevazione di TSH, con valori normali/bassi degli ormoni tiroidei ed assenza di specifiche manifestazioni cliniche. Si
discute se questo ipotiroidismo provochi effetti funzionali (soprattutto metabolici) negativi e se richieda,
comunque, la terapia sostituitiva. Sul piano funzionale il parametro più importante per la diagnosi di ipotiroidismo
primario è il dosaggio del TSH. Un valore di TSH al di sopra del limite massimo normale, associato ad una riduzione
del valore di FT4 circolante, è sufficiente per la conferma diagnostica di ipotiroidismo primario. Un aumento di TSH
con contemporanea elevazione degli ormoni tiroidei e con un quadro clinico di ipotiroidismo per lo più non molto
pronunciato, chiama in causa la rara condizione di resistenza tissutale agli ormoni tiroidei, con inappropriata
secrezione di TSH. L'ipotiroidismo centrale non si accompagna, ovviamente, ad aumento del TSH che è, spesso,
indosabile in presenza di bassi valori di ormoni tiroidei e di segni clinico-funzionali indicanti l'abituale
coinvolgimento delle altre tropine ipofisarie nell'ambito di un panipopituitarismo: infatti il deficit isolato di TSH è
evenienza poco frequente. Sul piano clinico è, ormai, raro riscontrare il quadro della cachessia strumipriva che
aveva nel mixedema il sintomo capitale; esso è rimasto appannaggio della iconografia della vecchia trattatistica
medica.
Oggi l'ipotiroidismo suole presentarsi in forme cliniche più attenuate, pauci o monosintomatiche, spesso con
prevalenza di manifestazioni d'organo o d'apparato che non raramente possono fuorviare la diagnosi. Le ragioni
della odierna patomorfosi degli ipotiroidismi sembra vadano ricercate nella attuale prevalenza, fra di essi, di quelli
dipendenti da patologie autoimmuni nei quali il processo tiroiditico conquista gradualmente il parenchima
Gli ipotiroidismi
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Francesco Iannì - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
ghiandolare e fa sì che l'ipotiroidismo si instauri molto lentamente e non prima che si abbia la possibilità di
documentarne la presenza, o perché sia stato effettuato un esame ecografico, o perché siano stati dosati, spesso
non sempre sotto la spinta di specifiche motivazioni cliniche, gli ormoni tiroidei e/o gli specifici autoanticorpi, od
anche in seguito all'affioramento di qualche isolato sintomo di richiamo. Inoltre, il sistematico impiego dello
screening neonatale, che consente di intraprendere precocemente il trattamento degli ipotiroidismi congeniti,
impedisce il conclamarsi del corrispettivo quadro clinico-funzionale un tempo vistosamente e drammaticamente
espresso. Allo stesso modo, il tempestivo inizio della terapia sostitutiva dopo l'intervento di tiroidectomia o dopo
la terapia radiometabolica, rende poco o per nulla manifesta la espressione clinica dell'ipotiroidismo. La terapia
dell'ipotiroidismo si fonda sull'impiego "sostitutivo" della l-tiroxina che è terapia esclusiva, insostituibile e da
assumersi a tempo indefinito tranne che nei rari casi di ipotiroidismo transitorio.
Nell'ipotiroidismo congenito il trattamento deve essere intrapreso il più precocemente possibile al fine di evitare
l'instaurarsi delle gravi menomazioni della sfera psichica, motoria e sensoriale nei piccoli pazienti, controllando che
si pervenga ad una rapida normalizzazione del TSH e degli ormoni tiroidei e verificando periodicamente la
normalità dei parametri clinici ed auxologici di maturazione psico-somatica. Nell'adulto invece, specialmente nei
casi in cui l'ipotiroidismo si sia instaurato da lungo tempo e/o siano presenti concomitanti patologie cardiocircolatorie, la terapia sostitutiva deve essere intrapresa con gradualità, partendo da bassi dosaggi di T4 per
raggiungere la dose ottimale (che è quella che normalizza i parametri ematochimici e che assicura la regressione della
sintomatologia clinica) nell'arco di 5-6 settimane: ciò al fine di evitare l'insorgenza di manifestazioni anginose (più
frequenti) o la comparsa di insufficienza cortico-surrenalica (più rara) come conseguenza del repentino incremento
delle richieste funzionali da parte del cuore e/o dei surreni ad opera di una dose bruscamente elevata di T4.
La posologia ottimale raggiunta deve essere controllata periodicamente tramite il dosaggio del TSH e degli ormoni
tiroidei, soprattutto quando intervengano nuove condizioni, fisiologiche (pubertà, gravidanza…) o patologiche
(malassorbimento, assunzione di farmaci interferenti con la T4…) che possano incrementare il fabbisogno
dell'ormone. La T4 deve essere utilizzata anche nella terapia dell'ipotiroidismo centrale, associata, nella
maggioranza dei casi, alla terapia sostitutiva delle altre insufficienze ormonali ipofisarie: in questi casi si deve avere
cura di iniziare la terapia dell'ipotiroidismo solo dopo avere avviato la terapia del coesistente iposurrenalismo per
le ragioni precedentemente esposte. La terapia dei rari ipotiroidismi da resistenza tissutale agli ormoni tiroidei, nei
quali i livelli circolanti di ormoni
tiroidei sono aumentati, è più
problematica: in questi casi,
nonostante la situazione ormonale
esistente, è consigliata la terapia con
T4 ad elevati dosaggi, finalizzata a
"forzare", con l'eccesso di ormone, il
difetto recettoriale. Tale trattamento
viene spesso limitato al periodo
infantile e puberale allo scopo di
prevenire le influenze negative che il
deficit di azione tissutale dell'ormone
tiroideo può esercitare sullo sviluppo
psico-somatico del paziente.
Gli Ipertiroidismi
Notiziario ATTA
Adele Maniglia - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
GLI IPERTIROIDISMI
Con il termine di tireotossicosi si definisce la sindrome clinica da eccesso di T4 e T3 circolanti indipendentemente
dalla causa che determina la malattia. Il termine ipertiroidismo indica più specificatamente forme ad aumentata
sintesi e secrezione di T4 e T3 da parte della tiroide. Altre cause di tireotossicosi in assenza di iperfunzione tiroidea
comprendono le seguenti condizioni: la liberazione di ormoni tiroidei preformati per lesioni tiroidee (tiroiditi),
l’assunzione di ormoni tiroidei esogeni (tiroidite factitia o medicamentosa).
Le principali cause di tireotossicosi sono:
n il gozzo diffuso tossico
n il gozzo multinodulare tossico
n l’adenoma tossico
n la fase ipertiroidea della tiroidite di Hashimoto
n la tiroidite subacuta
n l’ipertiroidismo e la tireotossicosi da assunzione di iodio
n la tireotossicosi factitia e medicamentosa
n l’ipertiroidismo da inappropriata secrezione del TSH
n forme rare: mola vescicolare, struma ovario, carcinoma tiroideo con metastasi funzionanti.
Scintigrafia: “nodulo caldo, tossico”
L’incidenza dell’ipertiroidismo (morbo di Basedow,
gozzo multinodulare tossico e adenoma tossico) nella
popolazione generale è stimata intorno a 0,1 - 0,2 %
negli uomini e tra 1,2 - 2% nelle donne.
Le classi di età più colpite sono la quarta quinta decade
(relativamente al morbo di Basedow) mentre le forme
nodulari colpiscono generalmente soggetti più anziani
(oltre 50 - 60 anni).
La distribuzione relativa delle principali forme di
ipertiroidismo dipende dall’apporto iodico, con
prevalenza del morbo di Basedow nelle aree
iodosufficienti mentre il gozzo nodulare tossico prevale
nelle zone endemiche.
La sintomatologia comune a tutte le forme di tireotossicosi comprende in misura variabile a seconda della gravità
del quadro morboso:
n manifestazioni metaboliche: aumento del metabolismo basale, aumento della produzione di calore
(febbricola, ipersudorazione), calo ponderale, ridotta tolleranza glucidica,
n manifestazioni cardiovascolari: aumento della gittata sistolica e del volume/minuto, aumento della
pressione arteriosa differenziale, scompenso cardiaco, tachicardia,
n manifestazioni neuropsichiche: nervosismo, insonnia, fini tremori, agitazione psicomotoria
n manifestazioni a carico dell’apparato digerente: diarrea e/o frequenza dell’alvo, iperemesi,
n manifestazioni neuromuscolari: astenia, retrazione della palpebra superiore
Gli Ipertiroidismi
Notiziario ATTA
Adele Maniglia - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
Nelle forme infiammatorie (tiroidite acuta e
subacuta) si ha tumefazione tiroidea diffusa e
localizzata, associata a dolore e dolorabilità
Nelle forme di tireotossicosi da iperfunzione tiroidea
si ha aumento di volume della ghiandola. Il gozzo è
diffuso e generalmente associato ad oftalmopatia e
talora mixedema pretibiale nel morbo di Basedow. I
noduli sono multipli nel gozzo multinodulare tossico
e singoli nell’adenoma tossico.
Le manifestazioni cardiovascolari contribuiscono in
larga misura al quadro clinico delle sindromi
Mixedema pretibiale: rara complicanza
tireotossiche. In realtà bisogna distinguere tra
dell'ipertiroidismo autoimmune
giovani ed anziani. Nei giovani l’ipertiroidismo,
generalmente dovuto al morbo di Basedow, si manifesta principalmente con sintomi neuropsichici mentre le
manifestazioni cardiovascolari sono modeste e spesso limitate a: cardiopalmo, tachicardia, dispnea da sforzo. Nei
pazienti anziani, dove è relativamente più
frequente il gozzo multinodulare tossico, le
manifestazioni cardiovascolari sono frequenti e
includono: scompenso congestizio, aritmie
sopraventricolari, angina pectoris.
Nel morbo di Basedow la malattia è diagnosticata
clinicamente sulla base dell’associazione di gozzo,
oftalmopatia ed ipertiroidismo e confermata da
valori elevati di FT3, FT4 circolanti, da valori
soppressi di TSH e dalla presenza di anticorpi anti
recettore del TSH. Ruolo di primo piano nella
diagnosi è svolto dall’ecografia tiroidea in grado di
Ecocolor Doppler: tireotossicosi autoimmune
Esoftalmo in ipertiroideo
differenziare tra gozzo diffuso (Morbo di Basedow) e gozzo
nodulare (gozzo multinodulare o gozzo uninodulare )
Nel gozzo nodulare la scintigrafia tiroidea permette di identificare
i noduli iperfunzionanti e le aree autonome all’interno della tiroide.
Lo scopo della terapia è quello di rendere eutiroideo il paziente. Nel
Morbo di Basedow la terapia di prima scelta è medica e si basa
sull’uso di farmaci antitiroidei (metimazolo, propiltiouracile) e di
farmaci adiuvanti (betabloccanti). Se la terapia medica non riesce
ad indurre la remissione è necessario prendere in considerazione
terapie alternative quali il trattamento radiometabolico con 131I
e/o l’intervento chirurgico di tiroidectomia totale.
La terapia chirurgica costituisce invece trattamento di prima scelta
nel gozzo multinodulare e nel nodulo tossico.
Malattie tiroidee e gravidanza
Notiziario ATTA
Marco Attard - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
MALATTIE TIROIDEE E GRAVIDANZA
I rapporti tra gravidanza e malattie della tiroide sono numerosi ed abbastanza complessi. Da un punto di vista
pratico i temuti danni sul prodotto del concepimento, preoccupazione forte e costante delle future mamme,
possono essere correlati da una parte alla malattia materna e dall'altra all'assunzione dei farmaci utilizzati per
curare la stessa. In questo articolo vengono fornite informazioni e dati suggerimenti sui rapporti tra gravidanza e
"disfunzioni" tiroidee (iper ed ipotiroidismo); saranno analizzati i rischi per il feto ed il neonato ed indicate modalità
di trattamento e di follow up delle patologie in questione. Ovviamente le malattie disfunzionali tiroidee curate in
maniera non adeguata possono avere anche riflessi negativi sulla salute materna (anemizzazione, emorragia postpartum, eclampsia, ipertensione, disfunzioni cardiache, distacco di placenta, aborto ….). Ne consegue che il
riconoscimento precoce della malattia materna e l'adeguato trattamento consentono di evitare (o almeno di
limitare fortemente) ricadute negative sulla salute di mamma e figlio. Bisogna però premettere che la gravidanza,
evento da programmare ed affrontare in maniera adeguata, rappresenta per l'organismo femminile un impegno
rilevante, caratterizzato da una serie di adeguamenti che coinvolgono quasi tutti gli organi ed apparati. Per quanto
riguarda la tiroide l'apporto iodico vittuale, spesso deficitario anche in condizioni di "normalità", diventa quasi
sempre inadeguato. Primo consiglio è quindi quello di aumentare l'apporto iodico: durante la gravidanza bisogna
incrementarlo fino ad un mimino di 150-200 mcg/die; ciò molto semplicemente può essere realizzato con
l'utilizzazione in cucina del sale iodato.
Gravidanza ed ipotiroidismo
Le complicanze dell'ipotiroidismo conclamato (ma anche dell'ipotiroidismo frustro, subclinico) sono numerose:
interruzione della gravidanza, parto pretermine, basso peso alla nascita, malformazioni congenite, gozzo, danni
neurologici, deficit uditivi, morte del feto….; la prevalenza della malattia conclamata in gravidanza è 0,3 - 0,5% ma
considerando anche l'ipotiroidismo subclinico raggiunge il 2 - 3% . Il trattamento tempestivo ed adeguato azzera
ogni rischio e "riporta" la donna ipotiroidea in cura alle stesse probabilità statistiche di complicanze delle gravide
con funzione tiroidea normale. Compito del Medico è quello di diagnosticare tempestivamente la patologia (al
momento della programmazione della gravidanza o quando questa viene accertata) ed avviare subito la terapia
sostitutiva con l-tiroxina programmando prelievi ematochimici cadenzati (ogni 30-60 gg) al fine di
ottimizzare la cura e mantenere l'assetto ormonale nella norma. Il Medico deve altresì comunicare
alla paziente l'importanza di praticare una terapia adeguata e di monitorare l'efficacia e la
congruità della stessa durante la gestazione; il Medico ha l'obbligo di accertarsi che "il
problema" sia ben chiarito e che quindi la futura mamma abbia superato l'assunto
culturale che in gravidanza è bene evitare ogni farmaco. Gli Altri Specialisti
coinvolti (ginecologo-ostetrico, neonatologo-pediatra) devono
essere informati in modo da realizzare un lavoro d'equipe volto
alla salvaguardia della salute di mamma e figlio. Nella tabella
1 sono riportati i suggerimenti degli Esperti di due Società
Scientifiche che hanno schematizzato il da farsi e quindi realizzato
una linea guida di comportamento.
Malattie tiroidee e gravidanza
Notiziario ATTA
Marco Attard - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
Tab. 1
Position Statement AME (Associazione Medici Endocrinologi) & ISGE (International Society of
Gynecol. Endocrinology)
Gravidanza ed ipertiroidismo
La diagnosi di ipertiroidismo in gravidanza non è sempre semplice dato che alcuni cambiamenti che occorrono
fisiologicamente durante la gestazione "mimano" l'ipertiroidismo (nervosismo, cardiopalmo…).
Stante i seri rischi che la tireotossicosi (attiva o "guarita") può comportare durante la gestazione vi è però la
necessità di attuare una diagnosi precoce e di avviare un trattamento adeguato. Le complicanze dell'ipertiroidismo
conclamato sono numerose e rilevanti: interruzione della gravidanza, distacco di placenta, parto pretermine, basso
peso alla nascita, malformazioni congenite, ipertiroidismo ed ipotiroidismo fetale / neonatale, ritardo di crescita
Malattie tiroidee e gravidanza
Notiziario ATTA
Marco Attard - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
intrauterina….. L'ipertiroidismo subclinico (di lieve entità) non sembra invece avere effetti negativi
rilevanti su mamma e feto/neonato; generalmente non richiede alcun trattamento farmacologico ma
ovviamente non si può prescindere da un accurato monitoraggio del caso. La prevalenza della
malattia in gravidanza è 0,1 - 0,4%; nell'85% dei casi si tratta di malattie a patogenesi autoimmune:
questo aspetto è rilevante perchè gli effetti negativi sul feto e sul neonato possono essere
correlati sia all'eccesso di ormoni tiroidei materni sia all'effetto (stimolatorio o inibitorio) che
gli autoanticorpi possono avere sulla tiroide fetale. L'attività della tireotossicosi in gravidanza
è generalmente fluttuante con una esacerbazione iniziale ed un graduale miglioramento
nella seconda metà. Compito del Medico è quello di diagnosticare tempestivamente la
patologia (al momento della programmazione della gravidanza o quando questa viene
accertata) ed avviare subito la cura programmando prelievi ematochimici cadenzati
(ogni 30-60 gg) al fine di ottimizzare la terapia mantenendo l'assetto ormonale nella
norma. Anche se i dati in letteratura non sono concordanti è buona norma
somministrare alla donna ipertiroidea durante la gravidanza il propiltiouracile
(PTU) e non il più diffuso ed utilizzato metimazolo (MMI); il PTU non sembra
avere effetti collaterali rilevanti (anche se una relazione certa tra
somministrazione di metimazolo e le sua rare complicanze -aplasia cutis ed
atresia del tubo digerente- non è dimostrata). Così come per l'ipotiroidismo
anche in questa circostanza il Medico deve comunicare alla paziente
l'importanza di praticare una terapia adeguata e di monitorare l'efficacia e
la congruità della stessa durante la gestazione; la futura mamma deve
sapere che la realizzazione degli ipotetici effetti collaterali dell'antitiroideo
è statisticamente molto meno probabile di quella degli eventi avversi
correlabili alla patologia iperfunzionante. Ancora una volta gli Altri
Specialisti coinvolti (ginecologo-ostetrico, neonatologo-pediatra) devono
essere informati in modo da realizzare un lavoro d'equipe volto alla
salvaguardia della salute di mamma e figlio. I principali consigli sono riassunti
nella tabella 2.
Tab. 2
Ipertiroidismo e gravidanza
n Somministrare la minima dose utile di PTU per mantenere gli ormoni materni entro il range di norma.
L'assetto ormonale materno deve essere controllato ogni 30 - 40 giorni.
n Dosare TRAb (anticorpi tireostimolanti) alla XX e alla XXX settimana di gestazione.
n Controllare frequenza cardiaca fetale.
n Controllare l'accrescimento fetale con ecografia (verificare eventuale presenza di gozzo).
n Controllare funzione tiroidea del neonato (sangue del cordone, I e II settimana) e dosare i TRAb.
Il tumore tiroideo
Notiziario ATTA
Marco Attard - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
IL TUMORE TIROIDEO
Definizione
Il carcinoma della tiroide è un tumore maligno poco frequente (1-2% di tutti i tumori maligni) e a crescita lenta
derivante dalle cellule che compongono la ghiandola tiroidea; colpisce più frequentemente le donne ed i soggetti
di età media. Il tumore tiroideo può dare metastasi e cioè ha la capacità di "trapiantarsi" e di crescere a distanza;
le sedi metastatiche più frequenti sono i linfonodi del collo ed altri organi (polmoni, ossa, cervello….). Esistono varie
forme di tumore maligno della tiroide; possono essere distinte dall'esame istologico e cioè dall'esame microscopico
del pezzo operatorio. Il carcinoma papillifero è il tumore più frequente e nel contempo, fortunatamente, il meno
aggressivo ed il meglio curabile; le altre forme istologiche sono il carcinoma follicolare, il carcinoma midollare (che
prende origine da cellule distinte definite parafollicolari) e l'anaplastico (molto raro e di fatto poco curabile). Nella
maggioranza dei casi comunque il tumore tiroideo, specie se diagnosticato tempestivamente, può essere curato e
guarito.
Quali sono le cause?
La causa del tumore tiroideo non è nota; l'unico
fattore di rischio noto ed accertato è rappresentato
dalle radiazioni. I pazienti che hanno ricevuto
radiazioni terapeutiche (per la cura di altre malattie) o
i soggetti che accidentalmente sono stati esposti a
forti irradiazioni (per esempio gli abitanti di
Chernobyl) possono sviluppare, anche molti anni
dopo l'esposizione, un tumore tiroideo. Solo pochi
tumori della tiroide hanno cause genetiche ed
ereditarie (tra questi alcune forme di carcinoma
midollare).
Quali sono i sintomi?
Il tumore della tiroide è scarsamente sintomatico;
quasi sempre la prima ed unica manifestazione della
ecografia: tumore tiroideo
malattia è la comparsa di un nodulo a carico della
regione anteriore del collo. Raramente (nelle forme più aggressive) il tumore si manifesta con la disfonia
(l'alterazione del timbro della voce è causata dall'infiltrazione dei nervi che fanno muovere le corde vocali) o con il
rilievo di una metastasi nei linfonodi del collo oppure a distanza, in altre sedi.
E' una malattia frequente?
Come già detto il tumore tiroideo è una malattia poco frequente (solo il 5% dei noduli tiroidei è neoplastico) ma la
sua incidenza sembra essere in aumento. Questo cambiamento può essere solo in parte attribuito alle migliorate
capacità diagnostiche (e quindi alla possibilità di individuare tumori molto piccoli) ed è invece correlato a cause,
ancora ignote, che ne favoriscono l'insorgenza.
Il tumore tiroideo
Notiziario ATTA
Marco Attard - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
Come si fa la diagnosi?
Il sospetto diagnostico può essere clinico (noduli duri, poco mobili, in crescita lenta e progressiva…) ma la
conferma è data dall'esame citologico di agoaspirato. Questo esame rappresenta il "gold standard" (il migliore
sistema a disposizione a tutt'oggi) riguardo alla diagnosi di natura dei noduli tiroidei.
Dal nodulo "sospetto" viene prelevato con un ago (l'aspirazione deve essere guidata dall'ecografia) materiale
cellulare che, opportunamente preparato, viene analizzato al microscopio. Le caratteristiche delle cellule tumorali
sono particolari e lo Specialista incaricato di analizzare il materiale potrà dare una diagnosi di certezza o di forte
sospetto; questi pazienti saranno indirizzati al Chirurgo. Come detto questa metodica diagnostica è molto accurata
ma come per tutte le indagini mediche sono possibili i falsi negativi (noduli tumorali con caratteristiche citologiche
di benignità) ed i falsi positivi (noduli citologicamente tumorali che poi risultano
all'esame istologico post-operatorio sede di patologia benigna).
Qual è la cura?
Alla diagnosi di tumore fa seguito l'intervento chirurgico; la scelta della
tiroidectomia totale (allargata all'asportazione dei linfonodi del collo
interessati dalla malattia) è oramai consigliata da quasi tutti gli Esperti. Solo
in casi selezionati l'intervento può essere parziale (asportazione del lobo
tiroideo contenente il nodulo tumorale risparmiando l'altra metà di tiroide).
L'intervento chirurgico di tiroidectomia non comporta grandi rischi ma
ovviamente le complicanze, seppur rare, sono possibili. La lesione dei nervi
laringei, che consentono la motilità delle corde vocali, comporta una alterazione
del timbro della voce e, meno frequentemente, anche difficoltà respiratorie;
l'asportazione accidentale delle paratiroidi (piccole ghiandole poste nei pressi della
tiroide) comporta alterazioni delle concentrazioni di calcio nel sangue con
conseguente comparsa di crampi ed altri disturbi. Questa complicanza può
comunque essere corretta dall'assunzione di vitamina D e calcio.
Dopo l'intervento sarà valutato il rischio di
recidiva della malattia tumorale che dipende da
numerosi fattori: età del paziente, dimensioni ed
estensione del tumore, tipo istologico….; fatta
eccezione per i casi "a basso rischio" gli altri
pazienti saranno indirizzati alla terapia
radiometabolica con 131I. Tale terapia consiste
nella somministrazione di iodio radioattivo con
l'obiettivo di "bruciare" i residui ghiandolari (che
potrebbero contenere altri focolai tumorali) ed
anche di curare le metastasi. Infatti il tessuto
ecografia: tumore tiroideo e linfonodo metastatico
Il tumore tiroideo
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Marco Attard - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
tiroideo tumorale conserva, quasi sempre, la capacità propria del tessuto tiroideo normale di captare lo iodio; lo
iodio radioattivo somministrato al paziente si raccoglierà nei focolai tumorali ed agirà sul tessuto tumorale
distruggendolo. Il tumore tiroideo è quindi una neoplasia curabile (e spesso guaribile) per due ragioni: è un tumore
poco aggressivo e può essere trattato con una terapia specifica, molto efficace e priva di significativi effetti
collaterali. Dopo la tiroidectomia totale è necessario che il paziente assuma per tutta la vita le compresse
contenenti l'ormone tiroideo al fine di fornire all'organismo la quantità di ormoni necessaria per condurre una vita
normale; la qualità della vita del paziente senza tiroide sarà comunque assolutamente sovrapponibile a quella di
un soggetto sano.
Dopo la cura che bisogna fare?
Il paziente operato per tumore tiroideo dovrà restare sotto osservazione per tutta la vita ed essere sottoposto a
periodici controlli clinici, strumentali e di laboratorio volti a sorvegliare la possibilità di una recidiva di malattia
tumorale e a verificare la congruità della terapia sostitutiva con ormone tiroideo.
Che caratteristiche ha il
carcinoma midollare?
Come detto il carcinoma midollare della
tiroide è un tumore che prende origine dalle
cellule parafollicolari o cellule C; si tratta di
cellule che producono un ormone che si
chiama calcitonina e che non possono essere
considerate facenti parte della tiroide in senso
stretto. La tiroide normale è infatti costituita
dalle cellule follicolari (dalle quali traggono
origine tutti gli altri tumori dei quali sinora si è
detto) e da queste cellule particolari che
hanno diversa origine embriologica e diverso
significato biologico. I tumori midollari
possono essere familiari (20-30% dei casi) o
sporadici; possono anche essere associati ad
altre neoplasie nel contesto di una sindrome
definita MEN (neoplasie endocrine multiple). Il
carcinoma midollare è un tumore dal
comportamento ambiguo che può essere
anche abbastanza aggressivo. La diagnosi
tempestiva ed una terapia chirurgica ben fatta
rappresentano l'arma vincente; non abbiamo
infatti a disposizione a tutt'oggi trattamenti
terapeutici efficaci per le forme in stato
avanzato.
esame citologico di carcinoma midollare della tiroide
Epidemiologia dei tumori tiroidei
Notiziario ATTA
Ivana Fratantonio - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
EPIDEMIOLOGIA DEI TUMORI TIROIDEI
Il carcinoma tiroideo è la più frequente neoplasia endocrina la cui prevalenza fa registrare un costante incremento
nelle ultime decadi a fronte della mortalità che risulta in costante decremento. I dati sulla sopravvivenza a 30 anni
dalla diagnosi indicano che l'assoluta maggioranza dei soggetti con carcinoma papillare o follicolare sono viventi in
conseguenza di diagnosi precoci e di programmi terapeutici multidisciplinari. Il carcinoma tiroideo differenziato ha
una lenta evoluzione e prognosi generalmente buona, ma resta una neoplasia potenzialmente letale in una
percentuale di casi non trascurabile. L'epidemiologia riporta tassi di incidenza e di mortalità, in funzione di differenti
parametri, area geografica, anno di osservazione, istotipo tumorale, tipo di paziente.
Per quanto concerne la
distribuzione geografica,
l'incidenza annuale del
cancro della tiroide in
Italia è di 3.0 casi su
100.000 abitanti (donne
5,4-6,8/100.000; uomini
1,5-2,8/100.000),
ma
esistono ampie variazioni
tra i registri nazionali.
Negli
Stati
Uniti
l'incidenza è pari a
2.5/100.000 abitanti, in
altri paesi, come l'Islanda,
le Filippine e le Hawaii si
registra un'incidenza da
due a tre volte superiore,
istologia: carcinoma tiroideo
pari a 7-8/100.000
abitanti. È probabile che l'elevato grado di medicalizzazione di questi paesi possa spiegare un migliore screening dei
tumori tiroidei e una loro registrazione più accurata. In Sicilia si osserva la più elevata incidenza, superiore a quella
riportata in letteratura per alcune zone vulcaniche (Hawaii, Islanda, Filippine), ossia pari a 10/100.000 abitanti.
La geografia dell'isola risulta perfettamente circoscritta e sono state identificate aree a diversa nutrizione iodica e
disordini correlati. Sono disponibili dati preliminari indicanti una più alta incidenza dei tumori tiroidei e di alcuni
istotipi nella popolazione siciliana quali il carcinoma papillifero che costituisce quasi il 90% dei casi, contro il 7.8% del
carcinoma follicolare, l' 1,9% del carcinoma midollare, l'1,3% del carcinoma indifferenziato, lo 0,3% del linfoma e lo
0,5% dei restanti istotipi. Inoltre più del 50% dei tumori tiroidei risultano essere microcarcinomi. L'Isola costituisce un
modello di particolare interesse per lo studio dei diversi aspetti dell'oncologia tiroidea inclusi quelli relativi ai fattori
di rischio (genetici, ambientali, preesistenti tireopatie benigne) ed alle basi molecolari della loro azione
carcinogenetica.
Epidemiologia dei tumori tiroidei
Notiziario ATTA
Ivana Fratantonio - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello” - Palermo
Registro Siciliano Tumori tiroidei
Tassi grezzi di incidenza per distretto (per 100.000/anno)
Fra i fattori ambientali è noto che il carente apporto di iodio
incrementa la prevalenza dei noduli benigni e di conseguenza
anche l'incidenza del cancro alla tiroide. Rispetto alle regioni con
normale apporto iodico, i tipi istologici follicolare e anaplastico
sono più frequenti in percentuale rispetto alle forme papillari.
Quindi, la profilassi iodica è seguita da un aumento relativo degli
istotipi papillari e una diminuzione di quelli follicolari e
anaplastici.
Numerosi studi dimostrano che una storia di nodulo tiroideo
benigno è frequente nei soggetti affetti da carcinoma tiroideo,
suggerendo ma non provando l'esistenza di fattori eziologici
comuni. In letteratura alcuni studi depongono per un maggior
tasso di malignità dei noduli nel Morbo di Basedow, ma non nelle
tiroiditi di Hashimoto. In quest'ultimo caso i pazienti sono invece
a rischio di sviluppare una malattia linfoproliferativa, specie il
linfoma della tiroide. Tra gli altri fattori di rischio evidenziati negli
studi epidemiologici meritano attenzione: precedenti
irradiazioni esterne, storia familiare.
Infine per la corretta gestione dei pazienti con carcinoma tiroideo
è fondamentale tener conto dei fattori prognostici più
significativi: personali, demografici, istopatologici, molecolari e
fattori legati alle dimensioni del tumore al fine di pianificare il
trattamento iniziale ottimale (estensione del primo intervento e
asportazione di eventuali ripetizioni linfonodali) e il
monitoraggio post-chirurgico da utilizzare.
Fra i fattori genetici è ben riconosciuta
l'influenza del sesso e dell'età
sull'incidenza del carcinoma tiroideo,
infatti la frequenza nelle femmine risulta
da due a quattro volte più alta rispetto ai
maschi. Inoltre si osserva un aumento
dell'incidenza età-correlata, se infatti è
raro prima dei 16 anni, con un incidenza
annua tra 0.02-0.3 su 100.000 bambini,
risultando addirittura eccezionale prima
dei 10 anni, con l'avanzare dell'età si
registra un aumento dell'incidenza con
un età media alla diagnosi compresa tra
45 e 50 anni. Il tasso di malignità dei
noduli è più elevato oltre i 60 anni.
REGISTRO REGIONALE DEI TUMORI TIROIDEI
U.O. Catania
(Resp. prof. Riccardo Vigneri)
U.O. Palermo Osp. V. Cervello
(Resp. dott. Marco Attard)
U. O. Palermo Università
(Resp. prof.ssa Carla Giordano)
U.O. Messina Università
(Resp. prof. Francesco Trimarchi)
O.E.R Assessorato Sanità Regione Sicilia
( Resp. dott.ssa Gabriella Dardanoni)
La terapia radiometabolica con I131 nel carcinoma della tiroide
Notiziario ATTA
Umberto Ficola - U.O. di Medicina Nucleare e Terapia Radiometabolica Dipartimento Oncologico “La
Maddalena” Palermo
LA TERAPIA RADIOMETABOLICA CON I131 NEL
CARCINOMA DELLA TIROIDE
Il termine "nucleare" deriva dall'uso di radiazioni emesse dai nuclei di alcuni atomi radioattivi prodotti a scopo
medico. Tali atomi vengono legati a diverse sostanze chimiche non tossiche che, dopo la loro somministrazione al
paziente, per via orale o endovenosa, vengono incorporate nei processi metabolici in modo analogo a quelle
assunte fisiologicamente e permettono di esaminare i meccanismi biochimico-metabolici che sono alla
base delle funzioni vitali. Grazie al segnale che essi emettono, facilmente misurabile dall'esterno del
corpo con apposita strumentazione, è possibile localizzarne la distribuzione nell'uomo, "fotografando"
l'organo che si vuole esaminare. Le immagini che si ottengono, comunemente chiamate
"scintigrafie", consentono di evidenziare, precocemente, molte modificazioni dello stato di salute.
La Medicina Nucleare permette di riconoscere quindi le alterazioni funzionali, che spesso
esprimono la malattia nella sua fase iniziale, fornendo al medico informazioni utili per un
inquadramento diagnostico per la definizione di terapie, per i successivi controlli (follow-up)
e a fini prognostici. I radiofarmaci impiegati sono inoltre privi di rischio tossico e non
inducono manifestazioni di tipo allergico.
Con il termine di terapia radiometabolica si indica la somministrazione di significative
quantità di radioattività, sotto forma di radiofarmaci marcati con radioisotopi
caratterizzati da un elevato potere irradiante, allo scopo di danneggiare focolai
patologici insorti a carico di vari organi, nei quali gli stessi radiofarmaci si
accumulano.
Uno dei radiofarmaci di maggiore impiego è rappresentato dall'isotopo
radioattivo dello iodio I131, disponibile in forma liquida o in capsule per
ingestione orale. La terapia radiometabolica con I131 è indicata per
l'ablazione del tessuto tiroideo residuo dopo tiroidectomia totale,
per il trattamento di eventuali recidive, delle metastasi linfonodali
loco-regionali e delle metastasi a distanza: infatti, una
significativa percentuale di cellule tiroidee neoplastiche
mantengono la capacità di captare ed utilizzare lo iodio per la
sintesi ormonale. Dopo l'ingestione viene rapidamente assorbito nei primi tratti dell'intestino tenue: la terapia,
tradizionalmente, viene eseguita con dosi di radioiodio comprese tra 30 e 100 mCi.
In genere, prima della terapia, si esegue la misura della capacità di captazione dello I131 sulla regione del collo per
avere una indicazione qualitativa e quantitativa del tessuto tiroideo residuo, utilizzando una dose 'traccia' non
superiore a 50-100 uCi. La siderazione del residuo tiroideo con I131 ha diversi vantaggi:
n diminuisce la frequenza di recidive e, secondo alcuni, anche la mortalità, eradicando foci anche
microscopici di tumore all'interno del residuo;
n facilita la precoce scoperta di recidive tramite il dosaggio della tireoglobulina circolante e l'esecuzione della
scintigrafia globale corporea con I131, eliminando l'interferenza del tessuto tiroideo normale;
n la scintigrafia corporea totale eseguita sfruttando la radioattività della dose ablativa permette di svelare
metastasi locali e/o a distanza non sospettate al momento dell'intervento chirurgico.
La terapia radiometabolica con I131 nel carcinoma della tiroide
Notiziario ATTA
Umberto Ficola - U.O. di Medicina Nucleare e Terapia Radiometabolica Dipartimento Oncologico “La
Maddalena” Palermo
Dal punto di vista pratico, la terapia ablativa si esegue 4-6 settimane dopo la tiroidectomia totale, senza che il
paziente abbia intrapreso la terapia ormonale sostitutiva con L-Tiroxina.
Laddove vi siano impedimenti ad eseguire la radioablazione entro questi termini, il paziente viene avviato alla
terapia con L-tiroxina, che verrà comunque interrotta almeno 45 giorni prima dell'esecuzione della terapia: infatti,
rispetto alle cellule tiroidee normali, le cellule tiroidee neoplastiche presentano una ridotta capacità di trasporto
dello iodio, per cui è necessario ottenere una intensa stimolazione tireotropinica indicata da un incremento del
valore di TSH in genere > 30 uUI/ml, indicativo del raggiungimento di un adeguato grado di 'avidità' da parte del
tessuto tiroideo residuo o metastatico per lo iodio radioattivo.
Durante questo periodo il paziente viene trattato con dosi giornaliere di triiodotironina comprese tra 40 e 60 mcg
divise in tre somministrazioni, che vengono comunque sospese almeno 15 giorni prima dell'assunzione dello iodio
radioattivo: in questo periodo i pazienti sviluppano segni e sintomi dell'ipotiroidismo.
Attualmente, lo stato di ipotiroidismo necessario per l'esecuzione della terapia radioablativa può essere indotto
mediante l'utilizzo del TSH umano ricombinante (ThyrogenR), una preparazione di TSH umano ottenuto con la
metodica del DNA ricombinante, che viene somministrata per via i.m. nei due giorni precedenti l'assunzione della
dose terapeutica di radioiodio, consentendo comunque la somministrazione quotidiana di L-tiroxina, per cui il
paziente non svilupperà la sintomatologia legata alla deprivazione dell'ormone tiroideo.
La scintigrafia corporea totale (WBS) viene eseguita a distanza di 3-7 giorni dalla somministrazione della dose
terapeutica di radioiodio. Inoltre durante il periodo antecedente l'esecuzione della terapia, il paziente dovrà evitare
l'assunzione di sostanze contenenti dosi farmacologiche di iodio stabile: infatti un carico di iodio potrebbe indurre
saturazione delle cellule tiroidee precludendo la successiva captazione di I131.
Tale parametro può essere valutato con il dosaggio della ioduria, che deve mantenersi < 250 mcg/l. L'efficacia del
trattamento ablativo viene verificata 6-12 mesi dopo l'esecuzione dello stesso, mediante l'esecuzione dell'esame
scintigrafico o tramite il dosaggio della tireoglobulina adeguatamente stimolata dalla somministrazione del TSH
umano ricombinante.
In considerazione della dose di radioiodio assunta, per motivi di radioprotezione, la terapia radiometabolica viene
effettuata in regime di ricovero protetto, in opportune stanze di degenza dotate di speciali elementi di schermatura
per le radiazioni e di un impianto fognario dedicato alla raccolta di rifiuti biologici radioattivi.
Durante il ricovero, il paziente osserverà alcune semplici norme precauzionali, volte a contenere l'esposizione alle
radiazioni del personale medico e paramedico nonchè della popolazione generale (non potrà, per esempio,
ricevere visite).
La degenza del paziente ha una durata di 3-5 giorni, intervallo di tempo durante il quale avviene l'eliminazione, per
via urinaria ed intestinale, della quota maggiore del radioattivo: infatti il paziente viene sottoposto
quotidianamente a misurazione della radioattività, e quando il livello obiettivato scende al di sotto dei limiti di
legge il paziente potrà essere dimesso. Il periodo di dimezzamento fisico dello iodio radioattivo è, tuttavia, di circa
8 giorni: ciò significa che la metà della quota assunta entro quest'arco di tempo viene trasformata in un prodotto
del catabolismo, che si chiama xenon-131, che viene rapidamente eliminato dal corpo. Inoltre, le cellule tiroidee
danneggiate perdono la loro capacità di metabolizzare lo iodio, e di conseguenza esso ritorna nel flusso sanguigno
e viene poi eliminato.
Di conseguenza, per alcuni giorni, sarà opportuno proteggere familiari, colleghi ed amici dall'esposizione alla quota
eventualmente residuata nel suo organismo, osservando alcune semplici precauzioni:
La terapia radiometabolica con I131 nel carcinoma della tiroide
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Umberto Ficola - U.O. di Medicina Nucleare e Terapia Radiometabolica Dipartimento Oncologico “La
Maddalena” Palermo
1. Per circa una settimana, sarà opportuno bere 2-3 litri di acqua al giorno, ed in caso di stipsi fare uso di blandi
lassativi: ciò faciliterà l'eliminazione dello iodio radioattivo non captato dal tessuto o dalle cellule tiroidee,
riducendo così l'eventuale irradiazione degli organi interni. Dopo l'uso, lavare accuratamente con acqua i
servizi igienici ed utilizzare biancheria da bagno personale.
2. In caso di comparsa, nei giorni immediatamente successivi all'assunzione dello iodio radioattivo, di nausea,
dolenzia, o tumefazione a carico della regione anteriore del collo, su prescrizione medica, si potranno
assumere farmaci ad azione antiemetica, antinfiammatoria o antiedemigena.
3. Non sedersi e non stazionare vicino al altre persone sia in casa che a lavoro: è opportuno rispettare una
distanza di almeno un metro per brevi periodi di tempo, e di almeno due metri per periodi di tempo
superiori ad un'ora.
4. Per quanto concerne il proprio partner, ogni contato ravvicinato deve essere limitato a non più di mezz'ora
al giorno, evitando comunque rapporti intimi per almeno 10 giorni dopo l'assunzione dello iodio
radioattivo. Si consiglia, inoltre, di dormire in letti separati, distanti almeno due metri, anche se vi è una
parete divisoria in mezzo, poiché le pareti di casa non forniscono alcuna protezione dalle radiazioni
ionizzanti: in particolare queste precauzioni vanno osservate per i primi 8 giorni se il partner ha un'età
inferiore a 60 anni, mentre per gli ultrasessantenni il rischio è notevolmente inferiore, per cui non sono
necessarie precauzioni speciali.
5. I bambini di età inferiore a tre anni ed i feti sono le categorie maggiormente esposte dal punto di vista dei
rischi legati all'irradiazione, per cui qualsiasi contatto con donne in gravidanza va minimizzato, rimanendo
ad una distanza di almeno due metri per i primi 28 giorni dall'assunzione dello iodio radioattivo.
Analogamente, è opportuno evitare tutti i contatti non necessari soprattutto con bambini di età inferiore
ai dieci anni, mantenendo una distanza non inferiore a due metri, almeno per i primi 12 giorni
dall'assunzione dello iodio radioattivo; in particolare i bambini di età inferiore a tre anni dovrebbero essere
accuditi presso familiari o amici per almeno 28 giorni. Infine, poiché una seppur minima quantità di iodio
radioattivo può persistere nell'organismo fino ad 8 mesi dopo l'assunzione, per tutto questo periodo è
opportuno adoperare misure anticoncezionali. Si ricorda, inoltre, che lo iodio radioattivo contamina il latte
materno per lunghi periodi di tempo, per cui l'allattamento è assolutamente controindicato.
6. Si possono ricevere visite brevi, cioè della durata inferiore a due ore, mantenendo comunque una distanza
non inferiore a due metri ed evitando contatti ravvicinati.
7. Non vi sono controindicazioni all'attività lavorativa, mantenendo comunque una distanza di almeno due
metri dai colleghi per almeno 8 giorni; se l'attività lavorativa presuppone contatto con bambini, è
opportuno astenersi per almeno 28 giorni.
8. E' opportuno evitare di frequentare cinema o locali pubblici, o di partecipare ad eventi sociali che
comportino contatti ravvicinati con altre persone per più di un'ora
9. E' consigliabile evitare di utilizzare mezzi di trasporto pubblici per i primi 13 giorni dopo l'assunzione dello
iodio radioattivo; viaggi lunghi dovrebbero essere fatti solo se indispensabili.
10. Il paziente può tornare a casa con un mezzo privato, viaggiando solo con un'altra persone e sedendo l'uno
davanti e l'altro dietro, ai lati opposti dell'autoveicolo.
11. Si può utilizzare la stessa toilette di cui si servono altre persone, avendo cura di evitare qualsiasi dispersione
di urine: per cui è imporante urinare seduti, azionare più volte lo sciaquone, e lavare subito e accuratamente
le mani.
12. Poiché lo iodio radioattivo viene eliminato dal corpo anche attraverso la saliva e il sudore, è opportuno
utilizzare stoviglie e bicchieri monouso almeno per la prima settimana dopo l'assunzione di I131, nonchè
La terapia radiometabolica con I131 nel carcinoma della tiroide
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Umberto Ficola - U.O. di Medicina Nucleare e Terapia Radiometabolica Dipartimento Oncologico “La
Maddalena” Palermo
lenzuola ed asciugamani assolutamente personali tenendo conto che dopo il lavaggio saranno
completamente sicuri e non è quindi necessario eliminarli.
13. In caso di ricovero imprevisto in ambiente ospedaliero, informare subito il personale medico e paramedico
che siete stati recentemente sottoposti a terapia con iodio radioattivo
scintigrafia total body I131
La terapia radiometabolica con I131 è dunque un mezzo estremamente efficace, in genere ben tollerato, e
relativamente privo di effetti indesiderati nel trattamento del carcinoma tiroideo differenziato. Nella pratica clinica
la sua esecuzione viene accuratamente valutata, programmata e gestita tenendo conto delle caratteristiche del
singolo paziente in termini di sesso, età ed esame istologico, grazie alla collaborazione di un team multidisciplinare,
il cui elemento fondamentale è rappresentato dall'interazione tra l'endocrinologo ed il medico nucleare.
La terapia radiometabolica con I131 nel carcinoma tiroideo
Notiziario ATTA
Simona Merlino - U.O. di Medicina Nucleare e Terapia Radiometabolica Dipartimento Oncologico 'La
Maddalena' - Palermo
LA TERAPIA RADIOMETABOLICA CON I131 NEL
CARCINOMA TIROIDEO: NOTE PRATICHE DI
ESECUZIONE ED EFFETTI AVVERSI.
La terapia radiometabolica con I131 è un'arma di estrema efficacia nel trattamento del carcinoma tiroideo
differenziato, in quanto consente l'eradicazione di foci neoplastici residui anche microscopici nonchè il trattamento
di eventuali secondarismi iodocaptanti. Al fine di ottimizzare per ogni paziente tempi e modi di esecuzione del
trattamento, ogni singolo caso clinico viene accuratamente studiato grazie all'interazione tra il personale medico
dell'U.O. di Terapia Radiometabolica e del Centro Endocrinologico di riferimento, In particolare, il paziente, il cui
ricovero viene programmato con adeguato anticipo dal centro
endocrinologico di riferimento, viene contattato e sottoposto a visita
medico-nuclare pretrattamento: durante questo colloquio, in
considerazione di parametri quali sesso, età, esame istologico,
condizioni cliniche del paziente, dosaggio della tireoglobulina,
eventuali patolgie correlate, il medico nucleare ha la possibilità di
valutare la dose di I131 ottimale per il paziente. Inoltre il paziente
stesso viene informato relativamente alle modalità di esecuzione del
ricovero, alla durata della degenza ed alle norme di radioprotezione
cui dovrà attenersi. All'atto del ricovero, i pazienti degenti presso la
nostra U.O. di Terapia Radiometabolica, previa somminitrazione del
radiofarmaco, vengono sottoposti ad accurata valutazione delle
condizioni cliniche generali e dei parametri ematochimici.
In particolare si effettua:
n l'esame obiettivo, con valutazione di peso, altezza, PAO, temperatura corporea;
n prelievo venoso per valutazione di: emocromo, funzionalità epatica e renale, elettroliti sierici, calcemia e
fosforemia, es. urine, TSH, tireoglogulina, Ab-Tireoglobulina;
n ECG e visita cardiologica;
Laddove le condizioni cliniche e gli esami ematochimici del paziente risultino adeguati, ed il valore del TSH sia
sufficientemente elevato, viene effettuata la somministrazione del radioiodio. Si tratta di un trattamento ben
tollerato dal paziente che, nella maggior parte dei casi, non lamenta effetti collaterali o avversi. Inoltre il paziente
viene supportato mediante la somministrazione precauzionale di alcuni farmaci (steroide ed antistaminico in fase
di preparazione alla somministrazione del radiofarmaco, antiemetico e gastroprotettore successivamente). Il
radiofarmaco I131 può, tuttavia, presentare effetti collaterali o indesiderati, la cui incidenza è comunque
estrememente limitatata.
Tali effetti si distinguono in precoci e tardivi.
n effetti collaterali precoci:
l dolenzia a livello della loggia tiroidea: è legata all’infiammazione attinica dei residui tiroidei, e si manifesta
in genere tra i I e il X giorno dalla somministrazione dello I131;
La terapia radiometabolica con I131 nel carcinoma tiroideo
Notiziario ATTA
Simona Merlino - U.O. di Medicina Nucleare e Terapia Radiometabolica Dipartimento Oncologico 'La
Maddalena' - Palermo
l anomalia o perdita temporanea del gusto e/o dell’olfatto: si verifica nel 25-50% dei casi, può
manifestarsi sia precocemente che tardivamente e perdurare a lungo;
l nausea e vomito, che si manifestano in genere nelle prime 24-48 ore;
l sialoadenite: si verifica nel 10-60% dei pazienti, e sono più colpite le parotidi, per la presenza di cellule
l
l
l
l
n
duttali che concentrano in maggior misura lo ioidio rispetto al tessuto mucoso prevalente nelle
ghiandole sottomandibolari. La sintomatologia può essere mono- o bilaterale ed è caratterizzata da
dolore, tumefazione delle ghiandole interessate, secchezza delle fauci, disgeusia, che si manifestano tra
il I ed il X giorno dall’assunzione dello iodio e possono perdurare per anni, con cronica secchezza delle
mucose fino alla xerostomia;
xeroftalmia: il 25% circa dei pazienti trattati lamenta secchezza oculare ed il 18% presenza riduzione
della lacrimazione dopo un anno dal trattamento; a tre anni dal trattamento fino al 7.6% dei pazienti
può presentare congiuntivite sicca persistente;
alopecia: rara e transitoria, si ritiene sia legata all’ipotiroidismo più che all’azione del radioiodio;
riduzione della funzionalità emopoietica, in genere a risoluzione spontanea;
cistite e gastrite attinica, emorragie intralesionali, complicanze neurologiche, dovute all’improvviso
incremento volumetrico del tessuto metastatico;
danni tardivi: possono instaurarsi dopo anni dal trattamento e si distinguono in danni di tipo
deterministico, correlati all’entità della dose cumulativa assorbita a livello dei tessuti bersaglio (polmoni,
midollo emopoietico), e di tipo stocastico, relativi cioè al rischio di induzione di altre neoplasie o di difetti
genetici nei discendenti: in realtà, il rischio che la terapia con I131 induca un secondo carcinoma o una
leucemia è molto limitato, ma non assente, ed è proporzionale all’attività cumulativa di I131 somministrata.
I dati attualmente disponibili non concordano sulle sedi a maggior rischio, ma sembra confermata la
suscettibilità all’induzione neoplastica delle sedi di fisiologico accumulo del radioiodio, quali le ghiandole
salivari o il tratto gastroenterico; la leucemogenesi, invece, sembra fortemente connessa alla
somministrazione di elevate attività cumulative di I131 (> 18.5 GBq pari a 500 mCi), ed è probabile un
effetto cumulativo legato ad eventuale associazione con radioterapia esterna.
Per quanto riguarda invece il rischio genetico, studi condotti su discendenti di pazienti trattati con I131 non hanno
evidenziato un incremento significativo di malformazioni, ma solo un aumento degli aborti spontanei in
caso di terapia con dosi elevate di I131 nell’anno precedente il concepimento.
L'insorgenza di tali effetti può tuttavia essere fortemente limitata mediante l'applicazione di
misure precauzionali che tendano a limitare l’accumulo di radioiodio negli organi sani,
quali l’induzione della salivazione, l’idratazione, la minzione frequente e l’uso di
blandi lassativi. Altrettanto imporante è limitare l’attività cumulativa
somministrata a < 30 GBq (< 800 mCi) ed interporre tra ogni ciclo di
terapia un intervallo di tempo non inferiore ad un anno:
durante questo periodo il paziente verrà sottoposto a
monitoraggio dell’attività emopoietica attraverso l'esecuzione
ripetuta periodicamente dell'esame emocromocitometrico, nonchè
mediante il dosaggio del marcatore oncologico specifico.
Il tsh ricombinante umano (rhtsh)
Notiziario ATTA
Adele Maniglia - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello - Palermo
IL TSH RICOMBINANTE UMANO (rhTSH)
La determinazione della tireoglobulina sierica e la scintigrafia total body costituiscono lo standard nel follow up dei
pazienti con carcinoma differenziato della tiroide. Tale procedura richiede il raggiungimento di alti livelli di TSH
endogeno tali da stimolare la secrezione di tireoglobulina e la captazione del radioiodio da parte del tessuto
neoplastico. L’incremento dei valori di TSH (>25 mcU/ml) aumenta l’uptake dello 131I e magnifica la produzione e
la secrezione di hTg.
Tale effetto, che si esplica sul residuo ghiandolare, sul tessuto neoplastico recidivato e/o residuato in loggia tiroidea
e sulle metastasi, può essere sfruttato per finalità diagnostiche e terapeutiche.
L’elevazione dei livelli di TSH si può ottenere attraverso due vie:
a) ipotiroidismo,
b) uso dell’rhTSH.
Nel primo caso è necessaria una sospensione della l-tiroxina per 4-6 settimane, successiva sospensione della
triiodo-tironina (che si assume al posto del primo ormone) per 2-3 settimane con la conseguente comparsa di una
serie di effetti collaterali collegati alla deprivazione dell’ormone.
Nel secondo caso basta somministrare il TSH ricombinante umano (Thyrogen).
Negli ultimi anni la disponibilità dell’rhTSH ha reso possibile l’utilizzazione sempre più frequente di questa seconda
modalità.
L’alfa TSH è una glicoproteina sintetizzata con la tecnica del DNA ricombinante da una linea cellulare di ovaio di
hamster, geneticamente modificata; il rhTSH è altamente purificato e presenta le stesse proprietà biologiche del
TSH nativo.
Secondo i principali risultati
degli studi il TSH ricombinante
umano assicura efficace
stimolazione dell’uptake dello
131I e consente quindi di
eseguire una scintigrafia Total
body attendibile, stimola
efficacemente la produzione e
la
secrezione
di
hTg
aumentando la sensibilità del
dosaggio rispetto a quello
effettuato in corso di terapia
soppressiva, consente di
individuare tutti i pazienti con
malattia metastatica
Il protocollo diagnostico
dell’rhTSH
prevede
la
Campo operatorio dopo tiroidectomia totale e linfectomia
Il tsh ricombinante umano (rhtsh)
Notiziario ATTA
Adele Maniglia - U.O. di Endocrinologia - A.O. “V. Cervello - Palermo
somministrazione i.m. di due fiale di rhTSH in due giorni consecutivi (I e II giornata) mantenendo la terapia con ltiroxina e determinando i valori di Tg basali (in I giornata) e in III e V giornata dopo lo stimolo. In III giornata va
somministrata la dose diagnostica di 131I finalizzata all’effettuazione contemporanea della scintigrafia Total body
(V giornata).
Nel corso della rivalutazione del paziente viene effettuata l’ecografia del collo che mantiene sempre un ruolo
prioritario nella diagnosi precoce delle recidive neoplastiche locoregionali, anche quando il “marker” bioumorale
(tireoglobulina) è negativo.
La valutazione dopo lo stimolo con rhTSH si basa quindi sulla determinazione della Tg ed eventualmente sulla
effettuazione della scintigrafia total body.
L’uso dell’rhTSH rispetto all’ipotiroidismo quindi permette di evitare l’insorgenza dei disturbi dipendenti dalla
prolungata fase di ipotiroidismo, è perciò meglio tollerato e pressocchè privo di effetti collaterali, evita
concentrazioni elevate di TSH endogeno che potrebbero stimolare la crescita tumorale, riduce i tempi di
effettuazione delle valutazioni, da la certezza di ottenere livelli sufficientemente elevati di TSH, elimina i problemi
correlati alla bassa compliance di alcuni pazienti (errori nelle modalità di sospensione della terapia …..), non riduce
la clearance dello 131I che viene quindi eliminato più velocemente dal paziente.
Studi recenti hanno dimostrato che la
sensibilità del dosaggio della Tg dopo
lo stimolo con rhTSH è altamente
superiore alla stessa scintigrafia
nell’individuare recidiva di malattia
pertanto sempre più frequentemente
il test con rhTSH viene effettuato
dosando solo la hTg e non
sottoponendo il paziente a scintigrafia
Total body tranne in casi selezionati
(positività per AAT…).
Qualunque sia la “conclusione” della
rivalutazione dopo stimolo con rhTSH,
il paziente resterà comunque in
osservazione e sarà ricontrollato
periodicamente.
Ecografia: paziente tiroidectomizzato
Chirurgia della Tiroide
Notiziario ATTA
Salvo Ferrara, Gaspare Solina, Armando Speciale, Giuseppe Termine
U.O. Chirurgia Generale II A.O. "V. Cervello" Palermo
CHIRURGIA DELLA TIROIDE
La chirurgia della tiroide comprende essenzialmente due tipi d’intervento:
Emitiroidectomia: asportazione di metà tiroide. Tiroidectomia: asportazione di tutta la tiroide.
L'approccio chirurgico può essere tradizionale attraverso un taglio alla base del collo di alcuni cm oppure
mininvasivo (dal 1998 alcuni interventi di emitiroidectomia e di tiroidectomia per ghiandole di piccole dimensioni
possono essere eseguiti anche con tecniche endoscopiche, la più affermata delle quali è la Tiroidectomia
videoassistita o MIVAT (Mini-Invasive Video Assisted Thyroidectomy che significa tiroidectomia mini-invasiva videoassistita) attualmente eseguita da pochi centri per la controversa utilità. La tiroidectomia totale è l'intervento
chirurgico per l'asportazione della tiroide in maniera completa. Questo intervento viene eseguito comunemente
per gozzo multinodulare, tumore della tiroide e ipertiroidismo (malattia di Graves-Basedow nei casi non passibili
di terapia radiometabolica, struma basedowizzato). La tecnica chirurgica prevede una dissezione extracapsulare
della tiroide con interruzione dei peduncoli vascolari (che possono venire legati o coagulati con apparecchi che
coagulano e tagliano i vasi venosi e arteriosi) e preservazione delle ghiandole paratiroidi (generalmente due per
lato) e dei nervi laringei inferiori o ricorrenti (uno per lato) che determinano l’articolazione della voce. In alcuni casi
di tumori si effettua anche una linfectomia (asportazione di linfonodi) latero cervicali e/o del comparto centrale.
L'intervento si conclude con la ricostruzione del piano muscolare (muscolo sternoioideo e sternotiroideo) e con la
sutura del piano sottocutaneo e della cute. Secondo i casi vengono posizionati uno o due drenaggi in aspirazione,
lateralmente alla ferita per rimuovere eventuali secrezioni sierose ed ematiche nelle logge. Il drenaggio
abitualmente si rimuove dopo 24-48 ore.
Complicazioni della tiroidectomia totale:
Una delle complicanze immediate è l'emorragia (il sangue si può raccogliere nel collo e comprimere le vie
respiratorie) in tal caso il paziente è rioperato immediatamente per decomprimere la trachea ed eseguire
l’emostasi. Raramente vi sono perdite di entità tale da richiedere una trasfusione di sangue. Altra complicanza è
l'ipoparatiroidismo (consiste nella scarsa funzionalità delle ghiandole paratiroidi, deputate a mantenere un
adeguato livello di calcio nel sangue). Dopo tiroidectomia l'ipoparatiroidismo si verifica frequentemente poiché le
ghiandole paratiroidi condividono gli stessi vasi che nutrono la tiroide e che sono sezionati per asportarla.
L'ipoparatiroidismo di manifesta con formicolii alle dita delle mani o attorno alla bocca (in gergo tecnico chiamate
"parestesie") e solo eccezionalmente con tetania (contrazione involontaria dei muscoli) che è trattato con infusione
di calcio. Altra complicanza è la lesione di uno o di entrambi i nervi laringei inferiori o ricorrenti. Attenzione: è molto
probabile che dopo l'intervento si abbia sia un calo della voce sia un'ipocalcemia. Queste condizioni sono
temporanee nella stragrande maggioranza dei casi, quindi se accadono non bisogna all’armarsi troppo. Le lesioni
permanenti, in mano ad un buon chirurgo, sono molto rare ma possono sempre verificarsi.
Chirurgia della tiroide e alterazioni della voce
Notiziario ATTA
Federico Ingria - Otorinolaringoiatra
CHIRURGIA DELLATIROIDE E ALTERAZIONI DELLAVOCE
Negli ultimi anni la diffusione e l’incremento degli interventi di chirurgia cervicale e toracica per patologie della
tiroide, delle paratiroidi, dell’esofago, della trachea, e dei linfonodi cervico-mediastinici ha portato l’eziologia
iatrogena al primo posto fra le cause di paralisi delle corde vocali. Le paralisi laringee possono essere mono o
bilaterali e possono riguardare il nervo laringeo superiore o il nervo laringeo inferiore (nervo ricorrente) il cui
interessamento determina il tipo più frequente di paralisi della corda vocale (paralisi ricorrenziale). Attualmente le
paralisi cordali si verificano , in seguito ad interventi sulla tiroide , con una frequenza variabile tra lo 0,3% e il 3-4%
e diventa più frequente nei casi di intervento per recidiva neoplastica (10-15%). La causa del danno chirurgico è
spesso legata a varianti di decorso anatomiche o patologiche del nervo per cui può avvenire, in fase operatoria o postoperatoria, la sezione, la lacerazione, la compressione, lo schiacciamento o lo stiramento del nervo stesso. La lesione
del nervo determina la paralisi di tutti i muscoli della corda vocale ad eccezione del crico-tiroideo (innervato dal
laringeo superiore) con corda vocale vera ferma in posizione paramediana e notevole alterazione della voce
(disfonia) che può essere soffiata, diplofonica, rauca, di intensità ridotta, talvolta associata a disfagia e a lieve dispnea.
Decorso dei nervi laringei superiore ed inferiore di destra
Tali sintomi necessitano di una approfondita valutazione otorinolaringoiatrica e foniatrica fondata sulla
videolaringoscopia a fibre ottiche rigide o flessibili, sulla laringostroboscopia, sull’analisi elettroacustica della voce.
Questi esami consentono oltre la diagnosi anche la possibilità di definire un adeguato protocollo terapeutico e la
successiva valutazione dei risultati ottenuti. In molti casi si osserva, nelle prime settimane successive all’intervento,
una regressione della paralisi con recupero spontaneo della voce. In altri casi, pur non regredendo la paralisi, si
osserva comunque un miglioramento della voce per compenso della corda vocale sana. Nell’uno e nell’altro caso
e comunque anche nei casi in cui non si osserva alcun miglioramento della voce la terapia d’elezione della paralisi
ricorrenziale monolaterale è la terapia logopedica che attraverso adeguati esercizi di respirazione e fonazione
favorisce il compenso funzionale della corda vocale sana. In alcuni casi, infine, è possibile ricorrere ad un
trattamento di tipo fonochirurgico che può consentire un buon recupero funzionale della voce anche quando la
terapia logopedica non ha sortito risultati positivi. L’importanza della voce ai fini di un corretto equilibrio psichico
e di più agevoli contatti sociali e lavorativi giustifica, pertanto, la piena collaborazione dell’endocrinologo e del
chirurgo con l’otorino-foniatra ed eventualmente con il logopedista ai fini di una corretta diagnosi e di un adeguato
protocollo terapeutico nei casi di alterazione della voce dopo chirurgia tiroidea.
L'agobiopsia ecoguidata per esame citologico
Notiziario ATTA
Gianluigi Savoia - Endocrinologo
L'AGOBIOPSIA ECOGUIDATA PER ESAME CITOLOGICO
DIAGNOSTICA DELLA PATOLOGIA NODULARE TIROIDEA:
Introduzione
La biopsia mediante ago sottile della tiroide per esame citologico, sintetizzata nell'acronimo anglosassone FNAB
(fine needle aspiration biopsy), é l'esame diagnostico che negli ultimi dieci anni, grazie alla relativa semplicità di
esecuzione, alla sensibilità diagnostica ed all'ideale rapporto costo-beneficio, è divenuto "centrale" nell'approccio
alle tumefazioni tiroidee.
L'esame citologico del materiale ottenuto permette, con una buona accuratezza, di distinguere noduli benigni da
noduli tiroidei sospetti o maligni evitando quindi "inutili" interventi alla tiroide; ciò ha portato ad una riduzione
fino al 75 % degli interventi alla tiroide.
Inoltre l'uso intensivo dell'ecotomografia nella diagnostica tiroidea ha portato ad un importante cambiamento
nella tecnica di esecuzione dell'esame tant'é che oggi, la FNAB costituisce sempre di più un binomio inscindibile
con l'esame ecotomografico.
La tecnica
Per l'aspirazione eco-guidata si usano sonde
ecografiche da 7.5 o da 10 Mhz come
"assistenza" all'aspirazione tanto che è più
corretto parlare di agoaspirato eco-assistito
(piuttosto che eco-guidato) distinguendolo
dall'agoaspirato convenzionale.
La tecnica prevede, dopo l'individuazione
della formazione focale da sottoporre a
biopsia, l'introduzione dell'ago che viene fatto
scorrere lungo il bordo superiore o inferiore
della sonda. Sul monitor vengono visualizzati
gli echi generati dalla punta dell'ago e in
agoaspirato ecoguidato
questo modo é possibile indirizzare
l'aspirazione verso le aree più significative.
L'aspirazione viene condotta con un ago da 23 gauge montato su una siringa da 5, da 10 o da 20 ml; la siringa può
essere montata su una pistola da aspirazione (CAMECO) (fig.2).
Gli strisci vengono generalmente colorati sia con il metodo May Grunwald-Giemsa (strisci essiccati all'aria) sia con
il metodo Papanicolau (strisci fissati in alcool); la preferenza verso l'una o l'altra colorazione è legata all'esperienza
del citologo ma è importante sottolineare come la prima colorazione rende ben evidente la colloide e le cellule
linforeticolari, la seconda la struttura cromatinica del nucleo cellulare. Inoltre il fissaggio in alcool permette di
procedere eventualmente alle colorazioni immunocitochimiche.
Complicanze
La complicanza più rilevante della FNAB è il dolore locale o irradiato; questo, talvolta, può essere molto intenso e
durare alcuni giorni. Il dolore dopo l'aspirazione è legato al formarsi di ematomi sottocapsulari o sottocutanei. Tale
L'agobiopsia ecoguidata per esame citologico
Notiziario ATTA
Gianluigi Savoia - Endocrinologo
spiacevole quanto imprevedibile effetto collaterale è presente, nella nostra casistica, in circa il 4% dei casi.
L'aspirazione può inoltre indurre necrosi, infarcimento emorragico del nodulo e variazioni volumetriche dello
stesso. ma l'ago sottile genera, di solito, un trauma assolutamente minimo.
Infine l'impianto lungo il tragitto dell'ago di cellule neoplastiche deve essere considerato un "complicanza"
assolutamente eccezionale; da segnalare comunque che, nella nostra casistica, sono presenti due casi di metastasi
sottocutanee avvenute dopo aspirazioni di carcinomi anaplastici.
La FNAB ecoguidata
L'assistenza ecotomografica riduce due tra i maggiori problemi della FNAB: i prelievi inadeguati e i falsi negativi.
L'ecotomografia può essere di grande aiuto evitando le aree calcifiche e di fibrosi "guidando" correttamente l'ago
nell'area da esaminare e permette: a) di visualizzare e quindi campionare aree focali non altrimenti individuabili (a
tal proposito è stato riportato che nel 40% circa di tiroidi con un solo nodulo palpabile l'ecografia dimostra la
presenza di patologia multinodulare); b) di effettuare prelievi mirati nelle aree solide o comunque ecograficamente
più "interessanti" delle grosse formazioni focali disomogenee.
Per quanto riguarda la diminuizione dei risultati inadeguati, l'aspirazione ecoguidata porta ad una diminuizione dei
falsi negativi e ad un miglioramento della sensibilità e della specificità media che va dal 2% al 15% circa.
L'osservazione del materiale ottenuto con la FNAB ecoguidata ha permesso inoltre di verificare come, alcuni
parametri ecografici specie se associati (fra questi ricordiamo la presenza di microcalcificazioni e le irregolarità - o
l'assenza - dei margini focali e la presenza di flussi ematici disordinati all'interno della formazioni nodulari),
corrispondano citologicamente ad una diagnosi di sospetto o di franca malignità e come, invece, alcuni "segni"
ecografici (contenuto cistico e multinodularietà), prima ritenuti rassicuranti in assoluto, possano corrispondere a
patologia neoplastica.
La classificazione dei risultati
Una classificazione semplificata e di facile interpretazione divide i risultati degli esami citologici in:
Esami citologici "benigni": tale diagnosi viene fatta in circa l'80 % dei noduli sottoposti a FNAB.
Esami citologici indeterminati/sospetti: gli strisci appartenenti a tale categoria costitutiscono dal 15% al 30%
di tutti gli agoaspirati. Nel gruppo degli esami indeterminati/sospetti si pongono le diagnosi di proliferazione
follicolare (o neoplasia follicolare) che costituiscono la zona "grigia" dell'esame citologico poiché al suo interno
sono spesso comprese le diagnosi istologiche di adenoma follicolare (circa il 15% di tutti i noduli tiroidei) ma anche
di carcinoma follicolare ben differenziato (circa l'1% dei noduli tiroidei).
Esami citologici maligni: in tale categoria si pone il 5 % delle diagnosi citologiche. Esami citologici inadeguati: tale
"conclusione non diagnostica" è opportuna là dove l'esiguità del materiale aspirato, spesso dovuta
all'inquinamento ematico o alle zone di fibrosi, non permette di esprimere un giudizio certo.
Il limite della citologia: i noduli sospetti. Altre tecniche diagnostiche
Dal 15 al 30% dei noduli tiroidei viene classificato citologicamente sospetto o indeterminato e fino al 24% di questi
noduli risulta istologicamente maligno. Il Clinico si trova quindi nel dilemma se avviare tutti i pazienti con tale
diagnosi al tavolo operatorio (anche se circa il 90 % di questi casi risulta poi "benigno" all'esame istologico), oppure
"sottovalutare" la diagnosi inserendo i pazienti in follow up citologico "breve".
L'agobiopsia ecoguidata per esame citologico
Notiziario ATTA
Gianluigi Savoia - Endocrinologo
Le diagnosi che più frequentemente vengono definite sospette, come detto, sono quelle di proliferazione
follicolare e di proliferazione a cellule di Hurthle. In tutti e due i casi vi è l'impossibilità a distinguere
citologicamente tra neoplasia maligna (il carcinoma follicolare ben differenziato, la variante follicolare del
carcinoma papillare e il carcinoma a cellule di Hurthle) e l'adenoma follicolare benigno (ed in certi casi anche
l'iperplasia follicolare nodulare); inoltre nel caso della neoplasia a cellule di Hurthle, la diagnosi differenziale si può
porre nei confronti della tiroidite di Hashimoto a ricca componente epiteliale. Per tutti questi motivi, nel corso degli
anni, sono stati ricercati parametri citologici che potessero con ragionevole accuratezza operare una distinzione
diagnostica; lo studio morfometrico dei nuclei e la misurazione del DNA sono stati di fatto abbandonati per i
mediocri risultati raggiunti mentre sempre maggiore risalto viene dato a vere e propri "marcatori" molecolari
evidenziabili attraverso l'immunocitochimica e le tecniche di biologia molecolare.
Met, Telomerasi, Perossidasi tiroidea, sono le molecole che più spesso sono state prese in considerazione con buoni
risultati in termini di specificità e sensibilità ma é soprattutto la Galectina-3 il marcatore che sembra possedere i
requisiti più interessanti. Tale proteina coinvolta nella interazione tra cellule e matrice extracellulare, sembra essere
espressa solo nel citoplasma di tireociti che hanno subito una trasformazione maligna. In uno studio multicentrico
effettuato su 1000 noduli tiroidei, attraverso un approccio immuno-citochimico ed utilizzando un anticorpo
monoclonale specifico si sono ottenuti valori di sensibilità del 99% e di specificità del 98%.
esame citologico di tumore tiroideo
Note
Notiziario ATTA