I pilastri dell’Islam: la loro logica in funzione del
presente
di “Kevin” analista indipendente d’Intelligence
Dopo l’analisi sulle OnG islamiche, sempre in linea agli sviluppi che
potrebbero evincersi dall’analisi geopolitica utilizzando il Complex
Networks (già qui descritto in un precedente mio articolo), nella
presente analisi porgo alla cortese attenzione di questa intelligence
community un’altra prospettiva per osservare l’attualità dell’Islam: i
suoi pilastri e la loro logica in funzione del presente.
precisazioni
utili
per
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di
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In primis, alcune
all’argomento.
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rg
La presente analisi sarà certamente breve, ma non per questa priva di
quei contenuti necessari per potenziare il nostro campo ottico al fine
di raggiungere un’analisi tout court certamente più complessa, pertanto
più utile ed ottenere quei “fini pratici” nell’analisi strategica
d’Intelligence.
un
corretto
approccio
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w.
Arabo (come persona): non corrisponde necessariamente a musulmano,
esistono arabi cristiani.
Arabo (la lingua): è la lingua del Corano, ed è definita Arabo classico;
nelle varie nazioni si parla una lingua simile all’arabo ma con
caratteristiche determinate da vari influssi della tradizione locale che
la rendono dissimile dall’arabo classico.
Allah: nome con il quale in arabo viene definito Dio. Con tale nome, si
rivolgono a Dio anche gli arabi cristiani.
Musulmano: è il credente nell’islam (mouslim), colui che ha scelto di
essere sottomesso a Dio. Musulmano è colui che è nato da padre
musulmano, che assume l’identità’ confessionale del genitore pur non
condividendone dogmi e pratiche.
Islam: letteralmente “sottomissione (a Dio)”, è la religione professata
dal Corano (libro rivelato da Dio al profeta Maometto) e canonizzata sia
sulla base di tale testo, sia sulla base degli esempi di vita del
profeta; il variegato mondo islamico è composto da due correnti
principali.
Islamista: è il musulmano militante;
Corano: letteralmente “recitazione solenne”, indica il testo che Dio ha
rivelato a Maometto. Unitamente agli esempi di vita del profeta è il
fondamento della legge divina o “shari’a” (la via retta).
Giungiamo ora al de quo della presente ricerca.
L’Islam si basa su concetti fondamentali detti appunto “pilastri” i
quali sintetizzano e identificano sia il suo credo sia la sua visione
del Mondo. Oltre ad avere un valore cultuale, ricoprono un importante
significato sociale e costituiscono un costante riferimento per il
musulmano. Essi sono:
1.
la professione di fede (shahada);
2.
la preghiera (salat);
3.
l’oblazione (zakat);
4.
il digiuno (saum);
5.
il pellegrinaggio (hajj).
Questi “pilastri” determinano, nel credo islamico, una prevalenza della
Regola sull’ortodossia.
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Essendo questi “pilastri” di fatto rigidi nella loro interpretazione,
cercherò di spiegarli nel modo più semplice, cosicché le nostre Analisi
ne tengano doverosamente a debito conto.
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Pertanto:
1.
La professione di fede o “shahada”.
E’ la testimonianza pronunciata che “non esiste altra divinità al di
fuori di Dio e Maometto è il profeta di Dio”. Essa rappresenta il modo
d’essere dei musulmani.
Si sottolinea la corrispondenza tra “shahada” e “shahid” (martire)
che, nell’attuale congiuntura, rappresenta la prassi dell’islamismo
militante.
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2.
La preghiera o “salat”.
Si recita cinque volte al giorno: all’alba, a mezzogiorno, a metà
pomeriggio, al calar del sole, alla sera. Può essere compiuta dovunque
ma è preferibile che venga effettuata in moschea insieme agli altri
fedeli. Vi è la prescrizione obbligatoria per la preghiera comune del
venerdì a mezzogiorno. La preghiera inizia con la frase “allahu akbar”
che costituisce una fondamentale “formulazione d’intenzione” (niyya)
senza la quale la preghiera non è valida.
3.
L’oblazione o “zakat”.
E’ considerata un dovere innanzi a Dio e agli uomini ed ha valore di
imposta sociale purificatrice. Si tratta del 2,5% dei capitali al di
sopra di un minimo stabilito ed è calcolata su depositi bancari,
metalli preziosi, mercanzie, ecc,
ma non su beni personali quali
automobili, case, gioielli, ecc.
In origine, ai tempi dei grandi imperi veniva versata nelle casse del
tesoro, adesso, è stata soppiantata dall’esazione statale delle
imposte ma rimane ancora a carattere volontario come oblazione a
favore delle moschee o d’enti caritatevoli (come le già analizzate
OnG) .
4.
Il digiuno o “sawm”.
Deve essere effettuato una volta l’anno nel mese di ramadan,
corrispondente al periodo nel quale è stato rivelato, per la prima
volta, il corano, nono mese dell’ anno lunare.
Durante tale mese, tutti i musulmani d’età superiore ai 10 anni sono
obbligati, dall’alba al tramonto, ad astenersi dal mangiare dal bere e
dall’avere rapporti sessuali, nonché dal litigare, dal mentire, dal
calunniare, dall’avere cattivi pensieri. Dal sawm sono esentati i
debilitati fisici, coloro i quali sono impegnati in lavori gravosi o
in viaggio, etc. Il mese di ramadan non cade sempre nello stesso
periodo, ma anticipa di 11 giorni ogni anno.
Nei paesi musulmani l’interruzione del digiuno (al tramonto) è
occasione di festose riunioni familiari.
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w.
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5.
Il pellegrinaggio alla Mecca o “hajj” (da hijra = egira, in ricordo
dell’emigrazione di Maometto da Mecca verso Medina).
Tale obbligo deve essere adempiuto da ogni musulmano adulto almeno una
volta nella vita. Il periodo ideale si situa negli ultimi dieci giorni
del dodicesimo mese del calendario lunare (dhu al hijja). Analogo
pellegrinaggio, ma in forma meno solenne, può essere effettuato in
qualsiasi
periodo,
in
questo
caso
viene
definito
“umra”
o
pellegrinaggio minore. La visita alla mecca risponde a riti quali la
purificazione personale durante l’avvicinamento alla città prima di
accedere all’area sacra, il giro intorno alla kaaba, vari tragitti da
ricoprire di corsa da un luogo sacro all’altro, la sosta in una valle,
la lapidazione di 3 colonne che rappresentano satana e il sacrificio
di un animale.
In conclusione di questa breve analisi bisogna fare riferimento al
“Tihad”, la quale conoscenza è certamente necessaria per le analisi di
scenario strategico.
Il Tihad è considerato alla stregua di un “pilastro” solo nella
tradizione sciita, la jihad rientra pienamente nella prassi ortodossa
musulmana.
Per jihad s’intende lo sforzo (jhd) individuale e della comunità
musulmana, rispettivamente piccolo e grande jihad, che deve essere
effettuato per far trionfare l’Islam “dentro di se e intorno a se”.
Ed in quest’ultimo punto devo accentuare lo stato di attenzione, che
deve essere visto con la dovuta oculatezza.
Come anzidetto, fra tali riti, degno di attenzione perché ha assunto un
significato politico, è il rito indicato al punto 5, ovvero quello
relativo alla lapidazione delle 3 colonne rappresentanti satana in
quanto, nell’attuale congiuntura, il pellegrino lapida simbolicamente
l’Occidente.