n° 28 Ottobre Gennaio 2009

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ANNO VIII | NUMERO 28 | OTTOBRE 2009 | GENNAIO 2010
2
3
Aspettando Godot
Schneider, Esslin, Iser, Dort
In scena nel mondo
La bottega del caffè
Aspettando Godot
Conversazione con Sciaccaluga Conversazione con Zavatteri
La Compagnia Gank
Lo Stabile in tournée
4
5
6
7
8
Esercitazione su Cechov
Storia delle esercitazioni
Anna Laura Messeri
Teatro e Scuola
Attività dello Stabile
Intorno al testo e oltre
Compagnie ospiti
In arrivo 15 spettacoli
Hellzapoppin
Foyer della Corte
Mostra di bozzetti e modellini
Omaggio a Padovani
La stagione 2009-2010 si apre alla Corte il 20 ottobre con il capolavoro di Samuel Beckett
INIZIA IL VIAGGIO NEL NOVECENTO
Una stagione che inizia al Teatro della Corte con un testo contemporaneo divenuto in poco
più di cinquant’anni un classico, Aspettando Godot di Beckett prodotto dal nostro Stabile, e prosegue al Duse con un
testo classico davvero molto
contemporaneo quale La bottega del caffè di Goldoni prodotto
sempre da noi e dalla Compagnia Gank. Una stagione composta da 42 spettacoli, di cui
12 grandi classici, 23 testi
contemporanei e 7 occasioni
speciali. Una stagione infine
che tiene ancora bloccati i
prezzi degli abbonamenti e
dei biglietti, fermi a quelli che
erano dieci anni fa. Ecco perché diciamo al nostro pubblico: “Una stagione così non l’avete mai vista”.
Iniziamo dunque il 20 ottobre
alla Corte con l’incontro, sotto
un albero in una landa desolata del nostro tempo, di due
personaggi ormai mitici della
storia del teatro, Vladimiro ed
Estragone, che al tempo stesso
è anche incontro, per la prima
volta sulla scena, di due protagonisti del teatro italiano, Ugo
Pagliai e Eros Pagni, accompagnati da tre fra i migliori
“esiti” del nostro lavoro di formazione di nuovi attori: Gianluca Gobbi, Roberto Serpi e
Alice Arcuri. Sotto la guida di
Marco Sciaccaluga, nello spazio disegnato da Jean-Marc
Stehlé e Catherine Rankl, Aspettando Godot ci racconterà di
un’attesa, un’attesa sospesa fra
ironia e tragedia, tra disperazione e speranza. Uno dei testi
più importanti della drammaturgia del Novecento, uno spettacolo che un tempo la critica
definiva “da non perdere”.
Nell’altro nostro Teatro, il Duse, dopo lo spazio che ogni anno volentieri mettiamo a disposizione del Festival della
Scienza, la stagione inizia
con un lavoro che vede in scena la Compagnia Gank, nove
interpreti, anch’essi tutti figli
del nostro lavoro di formazione di nuovi talenti, che daranno vita ne La bottega del
caffè a una piazzetta del ‘700
dove si raccontano storie e caratteri di una stupefacente
attualità, disegnati da un
grande “pittore” della società
quale fu Carlo Goldoni.
Carlo Repetti
(continua a pag.8)
ALLA CORTE, UGO PAGLIAI ED EROS PAGNI IN «ASPETTANDO GODOT»
La Stagione di produzione dello
Stabile si apre il 20 ottobre (ore
20.30, repliche sino all’8 novembre) alla Corte con la messa in
scena di un’opera fondamentale del teatro del Novecento, secolo alle cui feconde suggestioni culturali lo Stabile ha scelto
quest’anno di riservare un
ruolo centrale, proponendo un
percorso che, dopo Aspettando
Godot di Samuel Beckett, porterà nei prossimi mesi sui suoi
palcoscenici anche testi di James Joyce (Esuli) e di Marguerite Duras (Il dolore). Diretto
da Marco Sciaccaluga, con Ugo
Pagliai e Eros Pagni nei ruoli
principali, Aspettando Godot è
interpretato anche da Gianluca
Gobbi, Roberto Serpi, Alice
Arcuri. La scena è firmata da
Jean-Marc Stehlé e Catherine
Rankl (anche costumi); musiche di Andrea Nicolini e luci di
Sandro Sussi. Rappresentato
per la prima volta a Parigi nel
1953, Aspettando Godot è diventato ormai un classico del
teatro di tutti i tempi. Attraverso le parole e i gesti di due
vagabondi, Estragone e Vladimiro, che hanno appuntamento
sotto un albero, in un luogo de-
solato, con un certo Godot da
cui aspettano aiuto e ospitalità,
Beckett lascia emergere con
grande forza teatrale l’immagine della vita stessa, dove il tragico e il comico continuamente
s’intersecano. «Non c’è nulla di
più comico della tragedia» ha
scritto Beckett, al quale nel
1969 è stato assegnato il Nobel
per la letteratura. E Aspettando Godot è una tragicommedia
costruita intorno al senso della
vita e alla condizione dell’attesa, di cui sono protagonisti quei
due strani “border-line”, che
sembrano usciti da un film dei
grandi comici della prima metà
del Novecento, gettati ai margini di una società che non conoscono, in uno spazio insieme
astratto e concreto, nel quale
irrompe a un certo momento
anche un’altra strana coppia:
quella formata da Pozzo e Lucky. Nasce così un testo – e
quindi, nella prospettiva fatta
propria dalla regia, anche uno
spettacolo – esilarante come
una comica del cinema muto,
ma nello stesso tempo capace
di offrire una sintetica rappresentazione dell’esistenza umana nel mondo contemporaneo.
U g o Pa g l i a i ( E s t r a g o n e ) e E r o s Pa g n i ( V l a d i m i ro ) . Fo t o d i M a rc e l l o N o r b e r t h
«LA BOTTEGA DEL CAFFÈ» IN SCENA AL DUSE
G l i i n t e r p re t i d e l l o s p e t t a c o l o ( f o t o d i Pa t r i z i a L a n n a )
La stagione in abbonamento s’inaugura al Duse giovedì 5 novembre (ore 20.30) con una commedia di Carlo Goldoni, messa in
scena della Compagnia Gank, con
la quale lo Stabile prosegue la
politica di “affiancamento” alle
compagnie autonome di attori
che alla sua Scuola si sono formati. Scritta in italiano nel 1750, La
bottega del caffè racconta “in
diretta” la vita di molti personag-
gi, le cui esistenze s’intrecciano
all’interno di una piazza di Venezia su cui s’affacciano tre botteghe «quella di mezzo ad uso di
caffè; quella alla diritta, di parrucchiere e barbiere; quella alla
sinistra ad uso di giuoco, o sia di
biscazza». Ed è, appunto, in questo spazio sospeso tra la realtà e
le convenzioni del teatro classico,
che la commedia disegna vari e
meravigliosi personaggi: avvento-
ri e gestori delle botteghe, giocatori e pellegrine, mogli innamorate e uomini travolti dalla intemperanza o dalla maldicenza. Caratteri universali sempre ricchi di
verosimiglianza, attraverso i quali
Goldoni trova modo ancora una
volta di accompagnare gli spettatori lungo il complesso e contraddittorio sentiero dei sentimenti e
delle passioni umane, facendo in
modo che questo percorso acquisti inedita e imprevista vitalità
nel disegno delle contraddizioni
di una società in fermento. Diretto da Antonio Zavatteri, lo spettacolo giunge a Genova dopo l’ottima accoglienza ottenuta al Festival estivo di Borgio Verezzi e si
avvale dell’interpretazione di una
affiatata compagnia di giovani
attori che hanno tutti fatto i primi
passi allo Stabile genovese: Massimo Brizi, Filippo Dini, Lisa Galantini, Alessia Giuliani, Alberto
Giusta, Maurizio Lastrico, Aldo Ottobrino, Alex Sassatelli, Mariella Speranza. Scene e costumi di
Laura Benzi, luci di Sandro Sussi.
TRE SORELLE “IN PROVA”
Berti, Maximilian Dirr, Fabrizio
Maiocco, Gian Maria Martini, Davide Pedrini, Irene Villa, Manuel
Zicarelli), con la partecipazione
di Melania Genna del primo anno
del Corso di Qualificazione. Per
tutte le rappresentazioni l’ingresso è libero sino ad esaurimento dei posti a sedere.
Da martedì 12, ore 20.30, a domenica 17 gennaio, ore 16 (con
repliche di mattina, ore 11, per le
Scuole) va in scena al Duse l’esercitazione su Le tre sorelle di
Anton Cechov, prodotta dallo
Stabile genovese anche con la
finalità didattica di offrire ai giovani un’ipotesi di messa in scena
e di proporre loro una riflessione
sui problemi connessi con il passaggio dalla comprensione del
testo alla sua vita autonoma sul
palcoscenico. Diretta da Massimo Mesciulam, l’esercitazione Le
tre sorelle “in prova” è interpretata dagli allievi dell’ultimo
anno della Scuola di Recitazione
dello Stabile (Dario Aita, Barbara
Alesse, Antonietta Bello, Filippo
da 10 aninnviariati
prezzi
Con l’abbonamento si risparmia fino al 60%
sul prezzo del biglietto singolo
e non si fanno file al botteghino
Basta una telefonata al numero
010 5342400
Indicando il codice dell’abbonamento,
l’Abbonato può fissare il proprio posto
(fino a 24 ore prima della rappresentazione scelta) e poi ritirare il suo biglietto la
sera stessa dello spettacolo (dalle 19.30
alle 20.10 o per le pomeridiane dalle 15
alle 15.40) presentando l’abbonamento
alla cassa del Teatro.
2 l Aspettando Godot
VLADIMIRO Due ladroni, crocefissi insieme
POZZO Non appena qualcuno si mette a piangere,
ESTRAGONE Andiamo via.
VLADIMIRO C’impiccheremo domani.
al Salvatore. Uno... ESTRAGONE Il cosa?
un altro, da qualche altra parte, smette. E così per
VLADIMIRO Non si può.
A meno che Godot non venga.
VLADIMIRO Il Salvatore. Due ladroni.
il riso. Non parliamo troppo male, perciò, della
ESTRAGONE Perché?
ESTRAGONE E se viene?
Uno fu salvato e l’altro... dannato.
nostra epoca; non è più infelice delle precedenti.
VLADIMIRO Aspettiamo Godot.
VLADIMIRO Saremo salvati.
Il domani si chiama Godot
E s t r a g o n e
Aspettando Godot fu scritto
assai rapidamente: la prima
pagina del manoscritto francese porta la data del 9 ottobre
1948 e l’ultima quella del 29
gennaio 1949. Le correzioni e i
ripensamenti sono di modesta
entità, a conferma della fluidità
e della felicità inventiva con cui
l’idea di Godot si tradusse nel
testo teatrale. Molta parte della
critica ha spesso insistito sul
fatto che Godot sarebbe Dio,
che in inglese si dice «God».
Beckett, da parte sua, ha sempre rifiutato con decisione una
simile interpretazione: «Se
Godot fosse Dio l’avrei chiamato così». Nel manoscritto francese, comunque, il signor
Godot è una persona che esiste
davvero e che manda una lettera a Vladimiro ed Estragone; e
c’è inoltre un appunto in cui
Beckett si propone di suggerire
che Pozzo, dopo tutto, forse è
Godot, ed è venuto all’appuntamento, senza sapere che Vladimiro ed Estragone sono Vladimiro ed Estragone. Nella versione finale del testo, e ancor
più nella sua traduzione inglese
curata dallo stesso Beckett, però, viene eliminato ogni possibile riferimento all’identità di
Godot, con la conseguente concentrazione del senso della
pièce sull’atto dell’attesa. Il testo di Godot subì diversi cambiamenti già nel corso delle
prove per la prima messinscena diretta da Roger Blin: infatti, Beckett accolse molto favorevolmente alcune modifiche
suggerite dal regista e le fece
proprie nella traduzione inglese. Altri cambiamenti furono
apportati in occasione della
messinscena al Royal Court
Theatre di Londra nel 1964. E
altri ancora per il Godot allo
Schiller Theater, a Berlino nel
1975, diretto dallo stesso Beckett, il quale era particolarmente affezionato alle rappresentazioni che di Aspettando
Godot fecero nel corso degli anni i detenuti di numerose prigioni: da quella avvenuta il 29
novembre 1953 in Germania nel
carcere di Lüttringhausen, vicino a Wuppertal (nella traduzione di Ludwig Manker: Manwartet auf Godot) a quella al-
e
V l a d i m i r o
p r o t a g o n i s t i
d i
u n
t e m p o
I n
Rober to Serpi, Ugo Pagliai, Eros Pagni, Gianluca Gobbi
lestita nel penitenziario di San
Quintino il 17 novembre 1957.
Samuel Beckett
«Nel corso dei tre anni in cui
ho approfondito la conoscenza
di Samuel Beckett sotto il profilo umano, la sua personalità ha
acquistato per me un’importanza pari, e forse persino superiore, a quella delle sue opere. Beckett infatti non accetta
compromessi, scrive e vive come sente di dover fare, non come il mondo, e il mondo della
critica, vorrebbe. Un artista che
crea senza temere il “fallimento” – concetto peraltro cardine
della sua poetica – e senza rincorrere il successo. La testa di
un professore di fisica o matematica su un corpo da podista;
l’unione paradossale tra il profondo senso dell’“impegno” nei
confronti dell’esistenza dei francesi, e l’indole genuina e cordiale degli irlandesi. Ecco il ritratto di un uomo che ha scritto alcune delle pagine più belle
e terribili della letteratura del
Novecento». [Alan Schneider]
Ironia
«La tragedia aristotelica descriveva un mondo di dèi ed eroi a
cui gli spettatori potevano
ancora guardare con timore,
figure esemplari che per le loro sventure e sofferenze ispira-
vano una commozione profonda. Quello di Beckett è invece
un mondo fatto di ironia, abitato da personaggi ritratti in
situazioni estreme, di scarna
essenzialità. Certo noi possiamo ridere di questi personaggi,
ma non sarà un riso di scherno; con Beckett si ride dell’infelicità umana e della più crudele delle beffe: che l’esistenza umana è priva di uno scopo
riconoscibile. I personaggi di
Beckett non sono più eroi
classici, e rimangono per lo
più inconsapevoli della dimensione tragica del loro destino». [Martin Esslin]
Linguaggio
«Talvolta i personaggi di Beckett sembrano quasi dominati dal linguaggio, che diviene la
causa immediata del loro comportamento. Dal momento che
sono totalmente privi di qualsiasi finalità, è il linguaggio a
stabilire, di volta in volta, che
cosa è reale. Il linguaggio propone realtà che mutano a una
velocità spaventosa, perché
nessuna circostanza è in grado
di turbare l’indifferenza del personaggio che sta parlando.
Linguaggio e realtà vengono a
coincidere, ma al tempo stesso, e paradossalmente, la loro
unione appare irreale, poiché
la sequenza degli eventi è del
tutto indipendente dagli effettivi pensieri dei personaggi».
[Wolfgang Iser]
Recitazione
«Il teatro di Beckett richiede un
particolare stile di recitazione?
Credo, e spero, di no. Con Beckett è accaduto che le sue pièces, inizialmente interpretate
all’insegna di un’economia (nella duplice accezione del termine) che induceva a riconoscere l’impronta di un presupposto di partenza, la tendenza a
uno stile, in seguito sono state
riprese diversamente. Subentrando alla scuola avanguardistica degli anni Cinquanta,
una nuova generazione di attori, di volta in volta più tradizionalisti o più audaci, ha variato questi testi, li ha ampliati,
e in qualche modo li ha irrigati.
Senza dubbio, la duplice appartenenza di queste opere al teatro francese e a quello anglosassone, tra loro molto diversi,
ha avuto un suo peso: passare
da un teatro all’altro, da una
lingua all’altra, da una pratica
scenica all’altra ha condotto a
una diversificazione, a un ampliamento della loro interpretazione, che è sfuggita così definitivamente alla tentazione
dello stile». [Bernard Dort]
s e n z a
s c e n a
Rappresentato la prima volta il 5 gennaio 1953 al Théâtre de Babylone di
Parigi, En attendant Godot ha ottenuto quasi subito un enorme successo
di pubblico e di critica. Messo in scena da Roger Blin, con Pierre Latour
(Estragone), Lucien Raimbourg (Vladimiro), Roger Blin (Pozzo), Jean Martin (Lucky), Serge Lecointe (il ragazzo), lo spettacolo fu così recensito:
«Sentiremo parlare a lungo del primo
testo teatrale di Beckett» (Sylvain
Zegel, “Libération”); «Lo straordinario
successo di Samuel Beckett è dovuto
innanzitutto all’arte con cui dà vita e
presenza all’attesa. (...) Godot è anche
un’opera divertente, molto divertente» (Jacques Lemarchand, “Figaro Littéraire”); «Godot è un’opera stupefacente (...). Se avete, insieme al dono
dell’attenzione, il gusto dell’insolito,
andate a vederlo» (J.-B. Jeener, “Figaro”); «Un numero di varietà tratto da i
Pensieri di Pascal recitato dai clowns
Fratellini» (Jean Anouilh, “Arts-Spectacles”). Un anno e mezzo dopo, nell’agosto 1955, Waiting for Godot faceva il suo esordio sul palcoscenico londinese del Arts Theatre Club, con la
regia di Peter Hall e l’interpretazione
di Peter Woodthorpe (Estragone),
Paul Dabeman (Vladimiro), Peter Bull
(Pozzo), Timothy Bateson (Lucky), Michael Walker (il ragazzo). «Andate a
vedere Godot: nel peggiore dei casi
scoprirete una curiosità, un quadrifoglio, un tulipano nero; nel migliore
dei casi qualcosa che vi rimarrà saldamente in un angolo della mente
per tutta la vita» scrisse Harold Hobson sul “Sunday Times”; e Kenneth Tynan dell’“Observer” aggiunse: «È un
testo davvero nuovo: da questo momento mi dichiaro un “godotista”».
Nel gennaio 1955, intanto Aspettando Godot aveva esordito anche in
Italia (Teatro di via Vittoria a Roma) per
la messa in scena di Luciano Mandolfo, interpreti Marcello Moretti (Estragone), Claudio Ermelli (Vladimiro), Vittorio Caprioli (Pozzo), Antonio Pierfederici (Lucky); mentre negli Stati
Uniti - John Golden Theatre - arriverà
solo il 15 maggio 1956: regia di Herbert Berghof, con Bert Lahr (Estragone), Everett Gunnar Marshall (Vladimiro), Kurt Kasznar (Pozzo), Alvin
Epstein (Lucky), Luchino Solito de Solis (il ragazzo). Ovunque, il successo
fu pieno e resistente attraverso le tante edizioni sceniche che andarono subito a moltiplicarsi in tutto il mondo.
n e l
e r o i
m o n d o
Parigi Gennaio 1953
Roma Gennaio 1955
Londra Agosto 1955
N e w Yo r k M a g g i o 1 9 5 6
Berlino Marzo 1975
parti da vicino per andare lontano
ottobre 2009 | gennaio 2010
Aspettando Godot l 3
C o nve r s a z i o n e c o n M a r c o S c i a c c a l u g a , r e g i s t a d e l l o s p e t t a c o l o c h e i n a u g u r a l a s t a g i o n e a l Te at r o d e l l a C o r t e
Tra comicità e angoscia
tutta la vita è nell’attesa
Mettere in scena Aspettando
Godot richiede un gesto che
sia insieme di grande coraggio e di grande umiltà. Il co raggio di confrontarsi con un
testo che, dopo lo “scandaloso” debutto parigino del
1953, ha avuto il destino di
entrare nel repertorio dei
grandi come dei piccoli teatri, di vederne firmata la
regia da grandi artisti d’avanguardia come di tradizione,
di essere interpretato da star
come da giovani attori sconosciuti. Ma anche l’umiltà di
riconoscere la propria appassionata devozione per una
commedia che è capace di far
pensare e di emozionare gli
spettatori di tutto il mondo;
l’umiltà di lasciarla parlare
senza cedere alla tentazione
di imprigionarla in un unico
canone interpretativo.
Genesi dello spettacolo
Erano anni che Carlo Repetti
mi proponeva questo testo, da
lui sempre amato; ma io resistevo alla tentazione. Mi faceva
paura, pur avendolo a lungo
studiato sin dai tempi dalla mia
adolescenza teatrale alla Scuola di Recitazione dello Stabile.
Poi, qualcosa si è sbloccato, sia
per l’occasione di mettere insieme Ugo Pagliai ed Eros Pagni, attori con i quali ho avuto
anche recentemente più volte
la fortuna di lavorare, sia per
qualcosa che è accaduto in me
durante le prove di Re Lear,
quando lavorando sulla grande
scena tra il pazzo Lear e il
cieco Gloucester, non solo ho
constatato con Jan Kott quanto
di Beckett ci fosse in Shakespeare, ma mi è cresciuta progressivamente la curiosità e la
voglia di vedere anche quanto
Shakespeare ci fosse in Beckett,
se lo si affronta senza pregiudizi: come si fa con un classico.
Lo spazio scenico
La prima cosa che con lo scenografo Stehlé abbiamo conve-
accade mentre si aspetta il suo
arrivo. E, nell’attesa, succedono moltissime cose: sempre
molto concrete. Estragone e
Vladimiro sono due personaggi
opposti e complementari.
Hanno bisogni diversi e sperano sempre di trovare nell’altro
un interlocutore credibile. Si
amano, ma non si sopportano:
il primo è un personaggio terrestre, che ha bisogno di essere
coccolato, di dormire, di stare
zitto accanto all’amico nella
nebbia di una senescenza progressiva; mentre il secondo ha
qualcosa di aereo e d’inquieto:
continuamente s’interroga e
vuole sapere. Solo ogni tanto le
loro attese coincidono; altrimenti è un continuo tradimento, un continuo farsi dispetti.
Pozzo e Lucky
Gianluca Gobbi, Eros Pagni, Ugo Pagliai, Rober to Serpi
luna di Caspar D. Friedrich,
Beckett aveva avuta l’idea di
Aspettando Godot – inserendo
poi il tutto in una sorta di diorama che evoca una campana
di vetro con insetti in un Museo di storia naturale.
nuto è stata che l’albero dovesse avere una consistenza tale
da rendere verosimile la battuta di Estragone: «E se ci impiccassimo?». Non ci si impicca a
uno stuzzicadenti e neppure a
un albero di Magritte o di De
Chirico. Il suicidio è una possibilità concreta per questi personaggi. Se, come diceva già
Calderón de la Barca, «il peccato dell’uomo è l’essere nato»,
la vita è qualcosa che può essere accettata o non accettata. Si
tratta solo di decidere se ha un
senso; magari per concludere,
come fa lo stesso Beckett nel
finale di L’innominabile: «Non
so, non lo saprò mai, nel silenzio non si sa, bisogna continuare, e io continuo». La nostra
scelta è stata pertanto di dare
concretezza fisica alla “strada
di campagna, con albero” della
prima didascalia del testo.
Stehlé si è così ispirato dapprima alla pittura di Brueghel pur senza aver ancora letto che
proprio guardando L’albero
della cuccagna di Brueghel il
Vecchio, oltre che i due quadri
con la coppia che guarda la
Estragone e Vladimiro
Per due atti, Estragone e
Vladimiro aspettano invano
Godot, ma la grandezza della
commedia non sta certo nel
fatto che Godot non arriva mai,
quanto piuttosto in ciò che
Teatro e Storia
Alice Arcuri
Lo Stabile in tournée
Il Teatro Stabile di Genova sarà in tournée
nel 2009/2010 con due spettacoli (Re Lear
e L’anima buona del Sezuan) prodotti
nella scorsa stagione, nel corso della quale
si erano già affacciati ad alcuni palcoscenici nazionali, e con altri due del suo nuovo
cartellone: La bottega del caffè e Il dolore. Le tournées sono l’occasione per far conoscere a un pubblico sempre più vasto l’alto livello qualitativo e culturale dello Stabile
di Genova: un centro di produzione riconosciuto tra i migliori della scena europea.
I primi spettacoli a partire in tournée sono:
1) La bottega del caffè
Lo spettacolo coprodotto con la Compagnia
Gank inizierà subito dopo le repliche genovesi un lungo giro per l’Italia settentrionale,
toccando numerosi comuni secondo un
percorso ancora in parte da definire, ma del
quale sono già certe queste tappe: Bassa-
no del Grappa (VI) 24 e 25 novembre; Tesero (TN) 26 novembre; Ala (TN) 27 novembre; Feltre (BL) 28 novembre; Grigno
(TN) 29 novembre; Camponogara (VE) 2
dicembre; Castelfranco Veneto (TV) 3
dicembre; Piove di Sacco (PD) 4 dicembre;
Tione (TN) 5 dicembre; San Lorenzo in
Campo (PU) 10 dicembre; Novafeltria (PU)
11 dicembre; Montemarciano (AN) 12 dicembre; Nocera Umbra (PG) 14 dicembre;
Bovisio Masciago (MI) 17 dicembre.
2) L’anima buona del Sezuan
Nel gennaio 2010 inizierà il suo viaggio in
Italia anche L’anima buona del Sezuan,
spettacolo messo in scena da Ferdinando
Bruni ed Elio De Capitani, con Mariangela
Melato protagonista e con quindici altri
attori formatisi quasi tutti allo Stabile
genovese. L’anima buona del Sezuan,
che nella scorsa stagione è stato già visto
Se Estragone e Vladimiro
appartengono a un mondo tipicamente beckettiano (i vagabondi dei suoi romanzi, le
amate comiche cinematografiche, anche l’esperienza personale di essere accoltellato
senza motivo da un barbone in
una notte parigina), Pozzo e
Lucky compongono una coppia assolutamente originale e
sorprendente. Con loro irrompe sulla scena il mondo con
tutta la sua violenza e insensatezza, ma anche con quanto di
onirico esso possiede. Ed il
loro rapporto con Estragone e
Vladimiro diventa insieme di
terrore e di confidenza, di
vigliaccheria e di complicità.
a Roma e a Napoli, sarà a Cremona (Teatro Ponchielli) il 7 e 8 gennaio; Imola
(Teatro Comunale) dall’11 al 17 gennaio;
Bologna (Arena del Sole) dal 19 al 24
gennaio; Padova (Teatro Verdi) dal 26 al
31 gennaio; Milano (Teatro Strehler) dal
2 al 21 febbraio; Bergamo (Teatro Donizetti) dal 23 al 28 febbraio; Palermo (Teatro Biondo) dal 3 al 14 marzo; Catania
(Teatro Ambasciatori) dal 16 al 28 marzo.
La prima stesura in francese di
Aspettando Godot ha già in sé il
segno dell’armonia e della
compiutezza, ma è interessante notare che, traducendo il
testo in inglese e poi seguendone come supervisore o come
regista molte rappresentazioni,
Beckett non abbia mai smesso
di modificare, correggere e
perfezionare la sua partitura
drammaturgica, sulla quale
continua a lavorare almeno
sino all’edizione da lui diretta
negli anni Settanta allo Schiller
Theater di Berlino (il nostro
Godot fa riferimento soprattutto a quest’ultima edizione).
Come ben testimoniano le
minuziose note di regia dello
stesso Beckett all’edizione
berlinese, però, non c’è mai
nulla di astratto nel suo continuo lavorare sulla forma. Il
teatro di Beckett parla sempre di cose molto concrete e,
a questo proposito, mi sembra
magnifica la risposta che egli
diede a Strehler, il quale, malignamente sollecitato da Brecht, gli chiese un giorno che
cosa facessero Estragone e
Vladimiro durante la seconda
guerra mondiale: «Una delle
poche cose di cui sono sicuro
è che facevano la Resistenza»,
rispose Beckett.
a cura di Aldo Viganò
INTORNO A SAMUEL BECKET T
In occasione della messa in scena di Aspettando Godot, il Teatro Stabile di Genova ha
organizzato una serie di incontri finalizzati ad approfondire la conoscenza del testo e
del suo autore, nonché a incontrare i protagonisti dello spettacolo. Le conferenze
“Intorno a Beckett” si svolgono nel foyer del Teatro della Corte, mentre l’incontro con
Ugo Pagliai, Eros Pagni e Marco Sciaccaluga ha luogo a Palazzo Ducale, nella sede
della Società di Letture e Conversazioni Scientifiche che, insieme all’Associazione per
il Teatro Stabile di Genova, ha collaborato alla sua organizzazione.
Mercoledì 21 ottobre
Venerdì 23 ottobre
Foyer della Corte, ore 17.30
Foyer della Corte, ore 17.30
Beckett e il cinema
Beckett e il linguaggio
conferenza con proiezioni
conferenza
di Marco Salotti
di Carla Locatelli
Università di Genova
Università di Trento
Giovedì 22 ottobre
Palazzo Ducale, ore 17.45
Conversazione con i protagonisti
incontro con Ugo Pagliai, Eros Pagni
Marco Sciaccaluga
a cura di Umberto Basevi
in collaborazione con la Società di Letture
e Conversazioni Scientifiche e con
l’Associazione per il Teatro Stabile di Genova
Giovedì 29 ottobre
Foyer della Corte, ore 17.30
Beckett e le arti figurative
conferenza con proiezioni
di Alessandra Gagliano Candela
Accademia Ligustica di Belle Arti
T U T T I G L I A P P U N TAM E N T I S O N O A I N G R E S S O L I B E R O
ottobre 2009 | gennaio 2010
4 l La bottega del caffè
RIDOLFO Tutti cercan di fare
VITTORIA E sempre ha da far questa vita? Un uomo
LEANDRO Ho un sonno che non ci vedo.
EUGENIO Maledetta fortuna! Li ho persi tutti.
quello che fanno gli altri.
di quella sorta, di spirito, di talento, ha da perdere
Son sicuro di non poter tenere le carte in mano;
Per una cioccolata ho perso dieci zecchini.
Una volta correva l’acquavite,
così miseramente il suo tempo, sacrificare le sue
eppure per questo maledetto vizio
Ma l’azione che mi ha fatto mi dispiace più della
adesso è in voga il caffè.
sostanze, rovinar la sua casa?
non m’importa di perdere, purché giuochi.
perdita. Non volermi credere sulla parola?
Bische, azzardo, maldicenza e bisticci coniugali in un classico messo in
Gioco e passione nella “b
La scommessa poteva apparire
azzardata: rappresentare una
commedia di Goldoni senza
andare alla ricerca del “grande
attore”. Ed è con questa scommessa che hanno scelto di fare
i conti la Compagnia Gank e il
Teatro Stabile di Genova che,
dopo il debutto al Festival di
Borgio Verezzi l’estate scorsa,
a novembre apriranno la stagione in abbonamento al Teatro Duse con La bottega del
caffè di Carlo Goldoni.
In scena con Goldoni
«Quando si parla di Goldoni si
pensa, inevitabilmente, a qualcosa di già visto, ma proprio
questo è uno degli elementi che
ci hanno attirato quando abbiamo deciso di rappresentare
questa commedia» spiega Antonio Zavatteri, regista dello
spettacolo ed ex allievo della
Scuola di Recitazione dello Stabile, come tutti gli altri membri della Gank. «Quando noi
scegliamo un testo – aggiunge
– dobbiamo conciliare una serie di esigenze, legate alle caratteristiche della nostra compagnia e al pubblico del nostro
circuito che privilegia grandi
autori e grandi temi. E poi, ovviamente, ci sono esigenze di
tipo economico che non possiamo ignorare. È la prima volta che affrontiamo Goldoni e
nella scelta di questa commedia in particolare un po’ ha influito anche il fatto che La bottega del caffè è il primo spettacolo teatrale che io ho visto,
al Carcano di Milano con Giulio Bosetti. Ma, soprattutto questo è un testo molto adatto alla
nostra compagnia, e per noi
questo aspetto è importantissimo. Io credo molto di più in
una compagnia affiatata e in
una produzione nella quale
cerco di utilizzare al meglio le
persone, piuttosto che nella
ricerca del “grande attore”
(dove si trova?) per fargli interpre tare, ad esempio, il
ruolo di don Marzio».
Ossessione per il gioco
Lisa Galantini e Aldo Ottobrino
ottobre 2009 | gennaio 2010
Ma La bottega del caffè s’inserisce anche in un filone tema-
U n a s ce n a d ’i n s i e m e d e l l o s p e t t a co l o ( f o to d i Pat r i z i a L a n n a )
tico già “inaugurato” dalla Compagnia Gank con La scelta del
mazziere: quello dell’ossessione per il gioco. «In Goldoni
l’accento è più spostato sulla
passione per il denaro che per
il gioco in sé» spiega Zavatteri.
«Nello spettacolo noi abbiamo
cercato di raccontare una tendenza umana, una compulsione, che è di tutti i tempi e che,
come tale, esiste anche oggi.
Non abbiamo fatto, però, un’operazione di attualizzazione
del testo: abbiamo collocato la
commedia in un non luogo e in
un non tempo, senza interessarci di Venezia (che in questo
caso non è particolarmente
importante neppure per Goldoni) e giocando a unire elementi diversi. Nei costumi ci
sono, per esempio, elementi
settecenteschi, ottocenteschi
e anche moderni. E poi, soprattutto con la scenografia,
abbiamo cercato di raccontare
lo squallore e il degrado del
mondo a cui appartengono i
personaggi, cercando di non
dimenticarci mai che è una
commedia, perché se il pubblico non ride, vuol dire che non
funziona. La bottega del caffè
è stata sempre snobbata dalla
critica ma ha avuto un grande
successo di pubblico». E, secondo Zavatteri «si tratta di
un testo molto potente dal
punto di vista espressivo. È
una commedia amara, perché
ognuno bada ai fatti suoi e
perché, nonostante le apparenze, non c’è un lieto fine. La
ricomposizione delle coppie,
infatti, Leandro e Placida, Eugenio e Vittoria, non avviene
per amore e poi – osserva – io
trovo amarissimo il farsi gregge degli altri personaggi che,
alla fine, si scagliano contro
don Marzio, anche perché
sono d’accordo con la tesi di
Roberto Alonge il quale, in un
saggio, sostiene che il vero
maldicente, in realtà, è Ridolfo. Nell’atteggiamento della
“massa” contro don Marzio
viene fuori, però, l’ inevitabile
miseria umana». Zavatteri osserva che «di solito le messe in
scena della Bottega del caffè
si sono concentrate sul personaggio di don Marzio ma, in
realtà, questa è una commedia
di caratteri con almeno cinque
o sei personaggi giganti».
Elemento determinante, questo, per decidere di proporla
agli attori della compagnia che
Zavatteri, Alberto Giusta e
Paolo Zanchin hanno costituito sette anni fa, dopo l’esperienza del Progetto U.R.T.
condivisa con Jurij Ferrini e
durata alcuni anni.
Dalla Scuola alla Scena
«Quando uno esce dalla Scuola di Recitazione di solito ha
due possibilità per lavorare –
spiega Zavatteri – aspetta che
qualcuno lo chiami, oppure va
a Roma per cercare contatti.
Quando siamo usciti noi dalla
scuola, fra il ‘94 e il ‘95, non
c’era, però, l’idea di andare a
Roma per lavorare nella televisione che, invece, adesso at-
trae molto. Si andava per provare a lavorare in teatro o nel
cinema. Noi, invece, abbiamo
scelto una terza via: subito
dopo aver finito la scuola abbiamo cercato di crearci da
soli un lavoro, prima con il
Progetto U.R.T., nel ‘96-’97,
che fu la prima nuova compagnia nata a Genova dopo quella dell’Archivolto, e poi, dal
2002, con la Compagnia Gank.
E, nonostante le difficoltà, è
una scelta di cui non mi sono
mai pentito». Una scelta che
porta con sé un paradosso: «Di
noi si continua a parlare come
dei giovani usciti dalla Scuola
di Recitazione dello Stabile
anche se l’età degli attori della
nostra compagnia è compresa
fra i 35 e i 40 anni e qualcuno
di noi ha anche più di 40 anni.
Questo è un po’ strano, anche
perché in altri Paesi non è
così. Spero che fra qualche
anno non si finisca a parlare di
noi come di vecchi attori,
senza che ci sia mai stato riconosciuto un periodo di maturità artistica e professionale».
Intanto, mentre questa “strana” giovinezza continua, Zavatteri, Giusta e Zanchin, pur
essendosi divisi i compiti, si
sono abituati a occuparsi di
tutto, quando è necessario:
allestimenti degli spettacoli,
presentazione delle domande
per avere i finanziamenti ministeriali, contatti con i teatri in
giro per l’Italia per portare in
tournée gli spettacoli che produce la Compagnia Gank, che
ha la sua sede a Genova. «Far
l 5
PLACIDA Son venuta in traccia di mio marito.
DON MARZIO Ah sì, hanno ragione, la mia lingua, o
LISAURA Sì, e l’anno passato in traccia di chi eravate?
presto o tardi, mi doveva condurre a qualche gran
PLACIDA Io a Venezia non ci sono più stata.
precipizio. Qui non serve il giustificarmi.
LISAURA Siete una bugiarda.
Ho perduto il credito e non lo riacquisto mai più.
scena da una Compagnia di “giovani”
ottega” di Goldoni
parte di una compagnia così ti
dà l’opportunità, e nello stesso
tempo ti costringe, a fare esperienze diverse molto più velocemente» racconta Zavatteri.
La Compagnia Gank
«Né io, né Alberto, per esempio, avevamo mai fatto i registi
ma, per necessità, abbiamo
iniziato a farlo e questa è la
mia terza regia. Lavorare in
una compagnia come la nostra
vuol dire anche fare sacrifici
ma significa che ci si sente
tutti responsabili e, non essendoci “Il Regista”, ognuno ritiene lo spettacolo il “suo” spettacolo. Questo crea un grande
affiatamento e una grande
intesa, che si sentono anche in
scena e che vengono trasmessi al pubblico. Ricordo ancora
la gioia che ho provato la
prima volta nel sentire che
uno spettacolo funzionava: l’emozione per il risultato collettivo è talmente forte da mettere in secondo piano la soddisfazione e il successo personali. Proprio per questo cerchia-
mo di dare continuità al gruppo. Noi, per esempio, non facciamo mai provini per assegnare i ruoli: una volta scelto
un testo che si adatti alla compagnia, di solito l’abbinamento
fra personaggi e interpreti è
chiaro. E – aggiunge – non ci
appartiene neppure una certa
idea di teatro di regia, molto
diffusa in Italia, secondo la
quale uno spettacolo deve
avere necessariamente qualcosa di “nuovo”. Non è che noi
rifuggiamo le idee, ma non
abbiamo l’ossessione di trovare l’idea geniale o la novità a
tutti i costi. Se ci sono bene,
ma quello di cui ci preoccupiamo è di affrontare il testo
senza preconcetti e di dar vita
a una storia cercando di capirne il senso». Quello che
manca, però, o che può mancare, in una compagnia “giovane”, è la figura del maestro da
cui imparare: «I maestri sono
fondamentali, non c’è dubbio
ma – afferma Zavatteri –
penso che la crescita di un
attore coincida con il momento in cui riesce a liberarsi
Filippo Dini e Alber to Giusta
dall’”adorazione” per il maestro, che non significa affatto
smettere di ammirare e di stimare qualcuno. Significa farlo,
però, dopo aver scoperto le
proprie potenzialità, il proprio
modo di essere attore o regista. Spesso, invece, si perde
tempo a confrontarsi con questo o quel modello e il rischio è
che questo atteggiamento
diventi così radicato da impedire che ciascuno possa far
emergere la propria originalità, e credo che questo sia
negativo». E se il vantaggio di
una compagnia che si “autogestisce” è quello di una certa
libertà nella scelta del repertorio – se pure da conciliare con
esigenze di bilancio e di “mercato” - le difficoltà sono, ad
esempio, quelle di riuscire a
portare in tournée testi contemporanei e ad ampliare il
circuito dei teatri in cui rappresentare i propri spettacoli.
Classici e contemporanei
«Noi cerchiamo di mescolare
repertorio classico e contemporaneo ma trovare teatri
disposti a rischiare, ospitando
spettacoli di drammaturgia
contemporanea, è molto più
difficile. Comunque noi siamo
contentissimi del nostro percorso e vorremmo sempre di
più. Quello che ci manca,
però, è la possibilità di accedere ai teatri stabili. A parte lo
Stabile di Genova, che ha
addirittura co-prodotto con
noi questo spettacolo, e qualche caso particolare, è di fatto
impossibile per compagnie
come la nostra essere ospitati
dai teatri stabili. A noi piace
tantissimo andare in tournée
in provincia, ci piace il pubblico della provincia, ci piacerebbe però andare anche in città,
per ampliare il nostro circuito
e per farci conoscere. Ma è
una difficoltà che, per ora, non
siamo riusciti a superare».
Annamaria Coluccia
Esercitazione su Cechov
Nate nel 1999 come lavoro “aperto al pubblico” della Scuola di Recitazione, le “esercitazioni” hanno progressivamente assunto un’esplicita valenza laboratoriale, sino a
diventare una componente significativa del lavoro produttivo del Teatro Stabile di
Genova. Quest’anno, l’esercitazione è dedicata a Cechov, con la messa in scena dal
12 al 17 gennaio al Duse di Le tre sorelle “in prova” con la regia di Massimo Mesciulam
e l’interpretazione degli allievi del II anno del Corso di Qualificazione. I NGRESSO LIBERO
Per la storia del teatro, il secolo
XX si è aperto con Anton Cechov,
il grande drammaturgo russo che
proprio nel 1901 consegnò alla
messa in scena di Konstantin
Sergeevicˇ Stanislavskij Le tre sorelle: uno dei capolavori del teatro moderno. È la vita di Ol’ga,
ˇ e Irina. Tre sorelle alle
Masa
prese con un presente carico di
frustrazioni. Tre donne in attesa
di un futuro eccitante. Intorno a
loro tanti altri personaggi. Proprio come accade nella vita. «La
decisione di cimentarsi con una
commedia di Cechov nasce dalla
curiosità nei confronti di una
drammaturgia sempre molto stimolante sotto il profilo del lavoro
sull’attore» dice il regista Massimo Mesciulam. «Mentre in Shakespeare o in Sofocle i personaggi sono individuati dal linguaggio
– come se le metafore e le forme
retoriche fossero la procedura
con cui un’anima può pensare,
capire se stessa e farsi capire –
nel mondo di Cechov accade che
le forme del linguaggio non siano
più in grado di dare consistenza
alla comunicazione tra gli esseri
umani, risultando fallimentari sia
per sé, sia per gli altri. Nasce così
un teatro profondamente diverso, che pone nuovi e stimolanti
problemi anche agli attori che
sono invitati a interpretarlo». Un
teatro, quello di Cechov, capace
di raccontare la vita nel suo svolgersi quotidiano. Un teatro sempre affascinante per il lavoro dell’attore, ma anche per lo spettatore, invitato ad assaporare tutta
la vitale contemporaneità di una
drammaturgia interamente costruita intorno al concetto di
verità. Iniziate in forma antologica nel nome di Shakespeare, per proseguire con Molière e
proporre nel 2001 un collage di
testi sulla presenza del Diavolo
nella storia del teatro, le “esercitazioni” si sono strutturate dal
2002 in forma di veri e propri
spettacoli, affiancando sovente
agli allievi sul palcoscenico
anche attori professionisti scelti
tra quelli che allo Stabile si sono
formati.
Seduti: Barbara Alesse (Ol’ga), Irene Villa (Irina), Antonietta Bello (Maša), Melania Genna (Natal’ja Ivanovna),
Maximilian Dirr (Cebutykin). In piedi: Dario Aita (Tuzenbach), Manuel Zicarelli (Solionyi), Gian Maria Martini
(Andrèj Prozorov), Filippo Berti (Kulygin), Davide Pedrini (Versinin), Fabrizio Maiocco (Ferapònt/Narratore).
2002
2005
2002
2006
2003
2007
2003
2008
2004
2009
2004
2002 La morte di Danton e L’anima buona del
Sezuan; 2003 Edipo Re e Sogno di una notte di
mezza estate; 2004 Vita di Galileo e Aiace;
2005 Enrico V; 2006 Mercator; 2007 L’attore
romano; 2008 Il castello; 2009 Il settimo sigillo.
Goldoni parla della sua commedia
Il luogo della scena di La bottega del caffè, che è fisso,
merita qualche attenzione. Esso consiste in un quadrivio della città di Venezia. Vi sono di faccia tre botteghe.
Quella di mezzo è un caffè, l’altra a destra è allogata a
un parrucchiere, e l’ultima sinistra a un uomo che tien
gioco. Vi è poi da una parte una casetta che rimane fra
due strade, abitata da una ballerina, e dall’altra una
locanda. Ecco un’unità di luogo esattissima; questa
volta i rigoristi saranno contenti di me, ma saranno poi
contenti dell’unità d’azione? Non troveranno forse che
il soggetto di una tale commedia è complicato, divisa
l’attenzione? Alle persone che terranno simili discorsi
ho l’onore di rispondere, che nel titolo di questa commedia non presento una storia, una passione, un carattere; ma una bottega di caffè, ove seguono in una volta
varie azioni e dove concorrono parecchi per diversi
interessi; onde se ho avuto la fortuna di stabilire una
connessione essenziale tra questi oggetti differenti,
rendendo gli uni agli altri necessari, credo certamente
di avere appieno adempiuto al mio dovere, superando
appunto per tal ragione maggiori difficoltà. Per ben
giudicarne, bisognerebbe dare un’intera lettura alla
commedia, poiché vi sono in essa tanti caratteri quanti personaggi. Quelli che figurano di più sono due
coniugati; il marito è sregolato, e la moglie sofferente e
virtuosa. Il padrone della bottega del caffè, uomo di
garbo, servizievole e officioso, si prende a cuore questo
sfortunato matrimonio, e arriva a corregger l’uno rendendo l’altra felice e contenta. Vi è poi un maldicente
ciarlone, soggetto veramente comico e originale: uno
di quei flagelli dell’umanità, che inquieta tutti, reca
noia alle conversazioni del caffè, e molesta più d’ogni
altro i due amici del caffettiere. Ecco come il malvagio
è punito; egli scopre per buffoneria i raggiri di un
biscazziere birbante addetto al caffè, onde costui è
subito arrestato, e il ciarlone vilipeso è messo fuori
come delatore. Questa commedia ebbe un successo
fortunatissimo; infatti l’insieme e il contrasto dei
caratteri non potevano fare che non incontrasse; quello del maldicente poi era inoltre affibbiato a parecchie
persone già cognite. Una di queste se la prese meco
orribilmente, e mi minacciò. Si discorreva di spade, di
coltelli, di pistole; ma ansiosi forse di veder sedici commedie nuove in un anno, mi dettero tempo d’ultimarle.
«Didattica e dialogo con il pubblico»
L’esperienza della Scuola di Recitazione del Teatro Stabile
Anna Laura Messeri, direttrice della Scuola
Una scuola di teatro con un piano didattico
progressivamente articolato, non può prescindere dall’offrire ai suoi allievi l’esperienza
dell’incontro col naturale destinatario di
tanto studio: il pubblico. Dopo un lungo e
intenso periodo preparatorio finalizzato alla
conoscenza delle basi, l’impegno di una
pubblica esibizione costituisce un momento
estremamente stimolante e non solo per gli
allievi ma anche - fatto di non poco conto per lo stesso insegnante il quale, investito
della responsabilità di una regia, può riceverne una nuova spinta creativa. Fin dagl’inizi
della sua storia la nostra Scuola di Recitazione ha presentato al pubblico, a fine
corso e per più repliche, il così detto “Saggio”,
prima esperienza professionale a tutto
tondo, in effetti un vero e proprio spettacolo
(testo integrale, scene, costumi, musica, ecc.).
Allestimenti di brevi pièces si sono succeduti
occasionalmente durante varie stagioni teatrali, spesso a complemento degli spettacoli
in cartellone. Parallelamente sono comincia-
te per poi moltiplicarsi, richieste di interventi teatrali, pubbliche letture, ecc. da parte di
associazioni, istituti, enti culturali. La fitta
attività che ne è conseguita, svolta quasi
sempre in sedi decentrate, è venuta ad inserirsi naturalmente entro la linea didattica perseguita. Sempre nell’ottica di una fruttuosa
osmosi fra pratica didattica e resa scenica, si
è poi stabilizzato da vari anni, nei mesi invernali, un secondo appuntamento fisso oltre al
tradizionale saggio di giugno, e cioè la così
detta “Esercitazione”, momento di studio su
testi classici che con le sue repliche rivolte
principalmente agli studenti della scuola
conferma il vivace contributo che la nostra
Scuola può dare alla formazione culturale dei
giovani e al futuro del teatro.
ANNA LAURA MESSERI
ottobre 2009 | gennaio 2010
6l
Lo Stabile e il mondo della scuola
SEMINARI
E I N C O N T R I P E R L A F O R M A Z I O N E D E I G I O VA N I S P E T TAT O R I
Gli
studenti delle scuole
medie superiori e inferiori
che nel corso della stagione
2008/2009 hanno assistito
con gruppi organizzati dalla
loro scuola almeno a uno degli spettacoli proposti in cartellone dallo Stabile sono stati 15.466, con una media di oltre 50 studenti a spettacolo.
Gli abbonamenti giovani venduti (5 spettacoli a 40 euro
l’uno) sono stati complessivamente 1.503, dei quali 451
sottoscritti direttamente dalle scuole. Alle presenze studentesche vanno aggiunte
quelle serali (cinque repliche)
e mattutine (tre repliche) della esercitazione dedicata a Il
settimo sigillo di Ingmar
Bergman e quelle dei cinque
spettacoli della Rassegna di
Drammaturgia Contemporanea (cinque repliche ciascuno) che – proposte ad ingresso libero – hanno fatto registrare una forte partecipazione giovanile. Grande, inoltre, è stata la presenza dei
giovani e degli studenti sia al
saggio finale (regia di Anna
Laura Messeri) della Scuola
di Recitazione (per la prima
volta in Italia è stato rappresentato Fortuna e sfortuna
del nome di Pedro Calderón
de la Barca), sia al ciclo delle
“Grandi Parole” con cinque
incontri dedicati al tema Fare
gli italiani.
tica ed emotiva, si è affiancato dalla scorsa stagione – per
iniziativa di un gruppo d’insegnanti coordinato da Carla
Olivari e con l’appoggio della
Provincia di Genova, del Teatro Stabile e del Museo-Biblioteca dell’Attore – il progetto Intorno al testo e oltre
che ha proposto alle scuole
l’approfondimento didattico
intorno a percorsi culturali
suggeriti dagli spettacoli in
cartellone. Nella Stagione
2008/2009, questo progetto
ha portato alla realizzazione
Pubblico giovanile
Questi numeri, sicuramente
migliorabili nel tempo, sono il
risultato del grande interesse
che il Teatro Stabile di Genova riserva da sempre al
pubblico giovanile, in cui
vede il proprio futuro, e rappresentano lo sbocco finale
non solo della scelta di fondo
di contenere al massimo il
costo dei biglietti, ma anche
quello dell’intenso lavoro che
quotidianamente viene svolto
dallo Stabile nelle scuole
della Regione: sia attraverso
una capillare rete di collaborazione e di dialogo con i presidi e gli insegnanti (concretizzatisi anche in incontri con
gli studenti per la presentazione del cartellone e in alcu-
ni casi con la presenza nelle
scuole di esperti, registi e attori per parlare dei singoli
spettacoli proposti), sia tramite i seminari finalizzati alla
conoscenza della macchina
teatrale condotti da registiattori di lunga esperienza
quali Sandro Baldacci (in
quattro scuole per un totale
di 100 ore di lezione, distribuite in 50 incontri) e Mauro
Pirovano (in tre scuole per 80
ore di lezione e 40 incontri).
Seminari e progetti
A questa intensa attività,
finalizzata soprattutto ad
offrire agli studenti gli strumenti culturali idonei a saper
fruire dell’esperienza teatrale
con piena consapevolezza cri-
di lavori multimediali in cinque scuole della Liguria, concludendosi con la loro presentazione pubblica nel corso
di una cerimonia. Durante la
quale sono stati distribuiti a
tutti i partecipanti libri offerti dalla Provincia e dallo Stabile di Genova (vedi box).
Presidi, docenti, studenti
Nell’augurare un buon lavoro
a tutte le scuole della regione, il Teatro Stabile di Genova ribadisce anche in questa stagione il suo convinto
proposito di proseguire e rafforzare la collaborazione con
presidi, insegnanti e studenti, offrendo loro occasioni di
incontro con gli artisti e tutto
il supporto didattico di cui
avranno bisogno per approfondire la comprensione dei
testi e degli spettacoli in cartellone, nella consapevolezza
che il futuro del teatro passa
anche, e forse soprattutto,
attraverso il rafforzamento
delle conoscenze e l’affinamento delle capacità critiche
dei suoi giovani spettatori.
Promosso da un gruppo di insegnanti coordinato dalla professoressa Carla
Olivari, il progetto Intorno al testo e oltre si è concluso nel maggio 2009 con la
premiazione nel foyer del Teatro della Corte dei cinque lavori presentati.
Le classi III C, IV B, V C del Liceo Scientifico Nicoloso da Recco hanno lavorato – con i professori Alba Chicco, Antonia Gozzi e Sergio Antola – soprattutto su due spettacoli Il misantropo di Molière e Gomorra di Roberto Saviano.
Gli studenti della I B del Liceo Scientifico Martin Luther King, guidati dalla
professoressa Enrica Fenzi, si sono soffermati su Passaggio in India e l’omonimo
romanzo di E. M. Forster dal quale è stato tratto.
La classe IV D del liceo socio-psico-pedagogico Sandro Pertini, nella quale
insegnano le professoresse Gigliola Badano e Mariella Mori, ha scelto di riflettere su Vita di Galileo di Bertolt Brecht.
La III marittimo della Associazione Formazione Ravasco (AS.FO.R.), referente la professoressa Gabriella Bertolotti, si è concentrata su Gomorra di
Roberto Saviano.
Con l’aiuto del professore Marco Martin, infine, la classe V del Liceo classico
Andrea D’Oria ha dedicato la propria attenzione soprattutto a Il settimo sigillo,
evidenziandone le componenti interdisciplinari “tra cinema e arte”.
Organizzato con l’appoggio della Provincia, dello Stabile e del Museo Biblioteca
dell’Attore, il progetto Intorno al testo e oltre viene proposto anche questa stagione alle scuole, con le medesime modalità di svolgimento.
Datasiel al servizio del
Sistema Liguria
Soluzioni informatiche
innovative per il cittadino.
collegati al territorio
[Datasiel e Regione Liguria]
collegati al futuro
www.datasiel.net
ottobre 2009 | gennaio 2010
l 7
spettacoli ospiti
Cuba o muerte!
fuori abbonamento
di Nicola Pannelli
da Il vecchio e il mare di Hemingway
Duse, 21 e 22 ottobre
regia di Nicola Pannelli
21 ottobre 2009 >31 gennaio 2010
Cyrano
de Bergerac
giovane reduce dalla guerra nell’Irlanda del
Nord, che a causa di una ferita d’arma da
fuoco ha perso la propria virilità. Per un pubblico disposto a veder rappresentate sul palcoscenico situazioni dai toni forti. Prodotto,
diretto e interpretato da giovani formatisi
allo Stabile di Genova.
di Edmond Rostand
Corte, 17 – 22 novembre
regia di Daniele Abbado
L’impresario
delle Smirne
di uno spirito cristiano che ha deciso di camminare sempre a fianco degli ultimi. Con Don
Gallo e i giovani della Comunità di San
Benedetto di Genova.
di Carlo Goldoni
Corte, 24 – 29 novembre
regia di Luca De Fusco
La lotta del vecchio pescatore con il pescespada come metafora della storia recente di
Cuba. Lo spettacolo mescola la vicenda narrata da Hemingway con la cronaca storicopolitica, intervallando il flusso del racconto
con alcuni video che parlano dei cinque
agenti cubani dell’antiterrorismo che dieci anni fa furono arrestati a Miami e, condannati,
sono ancora oggi detenuti nelle carceri Usa.
Angelicamente
anarchico
fuori abbonamento
di Don Andrea Gallo
Corte, 10 e 11 novembre
regia di Cinzia Monteverdi
Torna il moschettiere dal lungo naso e dall’estro poetico che per amore della cugina Roxanne aiuta un giovane suo subordinato a
corteggiarla. Duelli, appassionati versi in endecasillabi, il teatro francese del Seicento e
l’assedio di Arras. Romantica sintesi di vita e
di morte, lungo il filo di una storia d’amore
tenuta segreta per tutta la vita. Con Massimo
Popolizio.
Bollocks!
di Lee Hall
Duse, 23 – 29 novembre
regia di Pier Luigi Pasino e Vito Saccinto
Un’allegra, ma non superficiale, satira dell’ambiente del teatro lirico. Giunto a Venezia,
un ricco mercante di Smirne, Alì, desidera
trasformarsi in impresario teatrale, ma nella
compagnia che riesce a mettere insieme tutti
sono distratti dalle loro piccole beghe e rivalità. Colpo di scena finale. Carlo Goldoni rivisitato sul filo delle musiche di Nino Rota e
del ricordo di Fellini.
Gli anni zero
fuori abbonamento
ro del teatro moderno, ambientato in una
casa di campagna e con personaggi sempre
di grande attualità. Con Eugenio Allegri e
Laura Curino.
di Andrea Camilleri
Corte, 15 – 20 dicembre
regia di Giuseppe Dipasquale
Molto rumore
per nulla
di William Shakespeare
Corte, 19 – 24 gennaio
regia di Gabriele Lavia
Festa di famiglia
di Mitipretese e Andrea Camilleri
da Luigi Pirandello
Duse, 2 – 6 dicembre
regia di Manuela Mandracchia, Alvia Reale,
Sandra Toffolatti, Mariangeles Torres
Quattro attrici (Roma ore 11) e il loro insegnante all’Accademia (Andrea Camilleri) raccontano la famiglia borghese con le parole
tratte da un pugno di opere di Luigi
Pirandello. Storia di una convivenza fatta di
recriminazioni, violenze mai riconosciute,
odio, dolori profondi e non comunicabili; ma,
infine, la maschera prende ancora una volta
il sopravvento.
Romolo il grande
di Friedrich Dürrenmatt
Corte, 9 – 13 dicembre
regia di Roberto Guicciardini
di Ottavia Fusco
Duse, 30 novembre
regia di Pasquale Squitieri
Dal romanzo omonimo di Camilleri, una storia ambientata nella seconda metà
dell’Ottocento nell’immaginaria Vigàta. Per
inaugurare il Teatro Civico, il prefetto ha scelto un’opera che agli abitanti della cittadina
non piace. Ne nasce una guerra civile che
chiama in causa il Risorgimento, i briganti e
la stessa unità d’Italia.
Nato dal laboratorio teatrale tenuto da
Gabriele Lavia con una ventina di giovani
attori, lo spettacolo recupera il tono gioioso
ed energico della commedia scespirana in un
colorato allestimento, che traduce l’intrecciarsi dei complotti amorosi nel trionfo di
una vitalità sopraeccitata e di un gioco teatrale sospeso tra virtuosismo atletico e commedia dell’arte.
L’attore
di Mario Soldati
Duse, 16 – 20 dicembre
regia di Giulio Bosetti
Dall’omonimo romanzo di Mario Soldati,
adattato da Tullio Kezich e Alessandra
Levantesi: un regista racconta le sue disavventure con un attore da lui diretto a Cinecittà. Tra autobiografia e finzione tinta di
giallo, una storia di ricatti, ambientata in
Liguria e la Costa Azzurra, tra tavoli da gioco
e senili passioni amorose. Con Virginio Gazzolo, Marina Bonfigli e Antonio Salines.
La tempesta
di William Shakespeare
Corte, 26 – 31 gennaio
regia di Andrea De Rosa
Umberto Orsini nel ruolo del mago Prospero,
ultimo grande personaggio della drammaturgia di Shakespeare. La vendetta e il perdono, la morte e la rinascita, le colpe dei padri
espiate dai figli, la schiavitù e la ricerca della
libertà: temi realistici e importanti, affrontati
alla teatralissima luce dell’illusione e del
sogno, nella quale l’uomo è condannato a
vivere e ad agire.
Pipino il breve
di Tony Cucchiara
Corte, 26 – 31 dicembre
regia di Giuseppe Di Martino
e Giuseppe Dipasquale
Dall’autore di Billy Elliot, il difficile reinserimento nella vita famigliare e sociale di un
Hellzapoppin nel foyer della Corte
novembre 2009 – gennaio 2010 – Ingresso libero
Oltre agli incontri Intorno a Godot (vedi pag. 3) e alla Mostra dedicata a Gian Franco
Padovani (vedi pag. 8), nel foyer del Teatro della Corte il programma prevede:
Giovedì 12 novembre, ore 17
Dal Teatro al Cinema
conversazione con Giuliano Montaldo a cura di Umberto Basevi
in collaborazione con l’Associazione per il Teatro Stabile di Genova
Venerdì 13 novembre, ore 17
Donne, fiori, giardini e paraventi
letture da Il libro del guanciale e da I racconti di Ise
in collaborazione con l’Associazione “L’incantevole aprile”
Venerdì 8 gennaio, ore 17.30
Ricordo di Ceccardo Roccatagliata Ceccardi
intervengono Francesco De Nicola, Francesco Ristori, Alberto M. Roccatagliata
in collaborazione con l’Associazione Culturale “Conoscere Genova”
Venerdì 22 gennaio, ore 17.30
I poeti del mercato “Quando la cultura incontra la pubblicità”
Fra “La Riviera Ligure” e la Belle Epoque (1985-1920) a cura di Maria Novaro
in collaborazione con la Fondazione Mario Novaro
Venerdì 29 gennaio, ore 17.30
I poeti del mercato “Quando la cultura incontra la pubblicità”
La rivoluzione della “reklame” (1920- 1945) a cura di Claudio Bertieri
in collaborazione con la Fondazione Mario Novaro
Stufo dei vecchi sistemi?
Sulle orme di Juliette Greco, la cantante e
attrice Ottavia Fusco ha convinto alcuni intellettuali e artisti a scrivere per lei una canzone. Nasce così Gli anni zero: un cd, e ora
anche un recital, cui hanno offerto il loro
contributo originale tanti personaggi di
punta della cultura, da Umberto Eco a
Vittorio Sgarbi. Uno spettacolo “dal vivo”,
commentato dalle immagini realizzate dallo
stesso regista Pasquale Squitieri.
La caduta dell’Impero Romano d’Occidente
raccontata con toni tragicomici da un grande
drammaturgo svizzero. Mentre Odoacre
avanza nel nord d’Italia, a Ravenna Romolo
Augustolo si interessa solo all’allevamento
dei polli, perché non crede più agli ideali di
una civiltà in declino. Con Mariano Rigillo,
Anna Teresa Rossini e Virgilio Zernitz.
Prenditi cura di me
di Giampiero Rappa
Duse, 9 – 13 dicembre
regia di Giampero Rappa
Zio Vanja
di Anton Cechov
Corte, 1 – 6 dicembre
regia di Gabriele Vacis
Sullo sfondo della vita quotidiana nella
Russia di fine Ottocento, Cechov racconta le
passioni umane e la tragedia o, se si preferisce, la commedia dell’esistere. Un capolavo-
Un cardiochirurgo diventa Assessore alla
Salute con il dichiarato intento di ripulire il
sistema sanitario sempre più corrotto dalle
interferenze politiche. Nasce così una sfida
che mette a dura prova la sua stabilità emotiva e lo costringe a progettare una nuova
vita. Diretta dall’autore, una commedia
amara con giovani attori molti dei quali formatisi allo Stabile di Genova.
palcoscenico
e foyer
Ministero Beni e Attività Culturali
soci fondatori
Un grande musical per raccontare il matrimonio tra Pipino il Breve e Berta la Piedona,
da cui nacque Carlo Magno. Riedizione di un
classico, insieme retrò e moderno, che incanta e diverte. Lo spettacolo ideale per trascorrere una serata durante le feste natalizie. Un
evento corale che mescola la commedia
musicale hollywoodiana con la tradizione
dei pupi siciliani.
COMUNE DI GENOVA
Il piacere dell’onestà
numero 28 • ottobre 2009 | gennaio 2010
Edizioni Teatro Stabile di Genova
piazza Borgo Pila, 42 | 16129 Genova
www. teatrostabilegenova.it
Presidente Prof. Eugenio Pallestrini
Direzione Carlo Repetti e Marco Sciaccaluga
di Luigi Pirandello
Corte, 12 – 17 gennaio
regia di Fabio Grossi
Leo Gullotta torna all’amato Pirandello per
raccontare la storia di un uomo dalla dubbia
moralità, che accetta di sposare “per il puro
piacere dell’onestà” una ragazza di buona
famiglia che aspetta un bambino da un
uomo maritato e socialmente rispettabile.
Una tragicommedia che ancora una volta
dimostra la convenzionalità della distinzione
sociale tra essere e apparire.
...e allora cambia!
PROVINCIA DI GENOVA
REGIONE LIGURIA
sostenitore
sostenitore
sostenitore della stagione
Direttore responsabile Aldo Viganò
Collaborazione Annamaria Coluccia
Segretaria di redazione Monica Speziotto
Autorizzazione del Tribunale di Genova
n° 34 del 17/11/2000
Progetto grafico:
art: Bruna Arena, Genova (17709)
Stampa: Tipolitografia Essegraph s.r.l., Genova
www.amorchio.it
Ispirato all’omonima autobiografia di Don
Andrea Gallo. Un viaggio attraverso i ricordi,
le persone, la storia sociale, politica e religiosa del nostro paese, vista attraverso gli occhi
Il birraio di Preston
Il nuovo modo
di fare informazione
Quotidiano
ON-LINE
di cultura
e tempo libero
in Liguria
ottobre 2009 | gennaio 2010
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G I A N F R A N CO P A D O VA N I nel Foyer della Corte dal 17 novembre al 20 dicembre, una mostra di bozzetti e modellini scenografici voluta dal Comune di Cortona
Artista e tecnico della scena
Tra il 1963 (I due gemelli veneziani) e il 1985 (Retrò), Gian Franco Padovani ha
firmato le scene (e sovente anche i costumi) di quarantacinque spettacoli prodotti
dal Teatro Stabile di Genova. Per oltre un decennio, Padovani è stato lo scenografo di riferimento degli allestimenti realizzati dalla direzione Chiesa-Squarzina,
contrassegnando con la sua creatività visiva gli spettacoli del “teatro documento”
(Il processo di Savona, Cinque giorni al porto, 8 settembre, Rosa Luxemburg) e quelli tratti da opere letterarie (La coscienza di Zeno, Il fu Mattia Pascal), ma anche la
stagione brechtiana (Madre Courage e i suoi figli, Il cerchio di gesso del Caucaso)
Una lunga carriera, quella di
Gian Franco Padovani, che si
dipana fin dai primi anni
Cinquanta del secolo scorso e
che lo ha visto protagonista
nei maggiori e più prestigiosi
teatri italiani così come in
importanti produzioni televisive. Uomo schivo, abituato a
stare dietro le quinte piuttosto che alle luci della ribalta,
Gian Franco confessa di aver
intrapreso il mestiere - più
che la carriera - di scenografo
quasi per caso, partendo con
una grande passione per il
disegno in anni - quelli dell’immediato dopoguerra - in
cui si ricominciava a vivere in
libertà, molti teatri riprendevano attività interrotte da
tempo e si riaprivano le frontiere alla cultura europea e
d’oltre oceano.
In questo clima di fervente e
vivace attività anche teatrale,
quindi, Padovani è studente
all’Accademia di Belle Arti di
in discesa e mi sono divertito
tantissimo... quasi quasi l’avrei fatto anche gratis!».
Ancora studente, comincia a
lavorare con il regista Fantasio Piccoli e il suo “Carrozzone”, un’esperienza straordinaria per un giovane che
si affacciava sul mondo del
teatro, l’occasione di fare
grandi ed importanti produzioni con attori destinati agli
allori. Poi, dopo le significative collaborazioni con i Teatri
Stabili di Bolzano e Trieste,
nel 1962 arriva l’incontro
determinante con Luigi
Squarzina, regista mentore
ed amico (con cui, dice Padovani, «abbiamo da subito e
sempre condiviso uno stesso
linguaggio»), e per suo tramite l’approdo allo Stabile di
Genova che si concreterà in
un lungo sodalizio artistico
durato circa vent’anni.
La mostra voluta dal comune
di Cortona, e ora riproposta
nel foyer del Teatro della
Corte, non intende essere
una mostra antologica sull’opera omnia di Gian Franco
Padovani; si propone piuttosto di offrire un percorso,
un’idea della sua poetica e
della sua tecnica attraverso
bozzetti, figurini, costumi
relativi ad alcuni allestimenti
particolarmente significativi,
sia dal punto di vista della
messa in scena che della
costruzione scenografica.
Vengono presentati quindi
alcuni allestimenti scenografici realizzati con e per il
Manifesto per lo spettacolo (1971)
«Questa mostra mi ha dato
l’occasione di rivedere quello
che ho fatto e, riguardando
i miei disegni oggi - se non
fossi io -, direi che è il lavoro
di un buono scenografo
o comunque di uno che ha
una linea ben precisa e che
non la tradisce mai».
G.F.P.
I d u e g e m e l l i v e n e z i a n i ( 1 9 6 3 ) b oz ze t to p e r u n a s ce n a
Sotto: la piattaforma girevole di Madre Courage (1969)
Brera dove la passione per il
disegno viene educata e
destinata alla scenotecnica e
alla scenografia. «Eravamo in
sette allora a Brera (adesso
credo siano circa 400!), lì ho
incontrato maestri decisivi
per me e ho potuto imparare
ad amare il teatro anche nei
suoi aspetti tecnici. L’anno
del diploma sono uscito solo
io; perciò, essendo un momento in cui c’era tantissimo
lavoro perché tutti i teatri
ricominciavano a produrre a
pieno ritmo, ho lavorato da
subito e con i più grandi, ho
avuto una strada veramente
e quella goldoniana (oltre I due gemelli, anche Una delle ultime sere di Carnovale,
I rusteghi, La casa nova); proseguendo poi più sporadicamente negli anni
seguenti, nel corso dei quali ha comunque realizzato altri spettacoli significativi,
quali Al pappagallo verde e La contessina Mizzi per la regia di Luca Ronconi.
B ozzetto per la scena e per due costumi dei Rusteghi (1969). Sotto: La coscienza di Zeno (1964) bozzetto per una scena
«Il costume teatrale
è appunto un costume,
non è un vestito;
è fatto apposta
per quell’occasione,
è dipinto apposta,
è tagliato per aiutare
sia l’attore che il pubblico.
Deve essere tutto studiato,
niente lasciato al caso:
i colori, la sagoma,
la ricchezza.
Va interpretato
a seconda delle epoche,
del periodo, dell’ambiente.
Può essere pensato
addirittura per contrasto;
ad esempio
in un ambiente tristissimo
fai un costume
chiassosissimo
che può essere
di grande contrasto e
portare allo sbalordimento,
ma è sempre
una provocazione
funzionale ad una migliore
comprensione
da parte del pubblico».
G.F.P.
(continua da pag.1)
Teatro Stabile di Genova nel
periodo 1963 - 1987, alcune soluzioni scenografiche
per l’opera lirica del Teatro
Carlo Felice di Genova tra il
1975 e il 2007 e interessanti
foto di scena e bozzetti di
sceneggiati per la televisione.
Estratti dal Catalogo della Mostra
Gian Franco Padovani
scenografo e costumista
S c h i z z i p e r a l c u n i co s t u m i d i
I l f u M a t t i a Pa s c a l ( 1 9 7 4 )
A seguire poi molti ospiti e testi intriganti, che vedranno ad
esempio a fianco di Don Gallo
che racconta la sua avventura
di prete e di uomo, proporsi
Massimo Popolizio interprete
delle parole di un “diverso” eccellente quale Cyrano de Bergerac, o al Birraio di Preston creato dalla prolifica penna di Andrea Camilleri seguire il testo
di un suo famoso conterraneo,
Luigi Pirandello, interpretato
da uno degli attori più interessanti del teatro italiano, Leo
Gullotta. E così, mentre intorno a noi il mondo continua a
girare su orbite sempre più
difficili da interpretare, noi
cerchiamo, in quest’isola che è
il teatro, di proporvi serate con
le quali stimolare la mente e
scaldare il cuore. “D’altra parte”, come dice Vladimiro a Estragone «a che serve scoraggiarsi
adesso. Bisognava pensarci secoli fa, verso il millenovecento».
Carlo Repetti
La fotografia a Genova
Otto Hofmann. La poetica del Bauhaus
16 ottobre – 14 febbraio 2010
Nell’ambito della mostra una sezione fotografica
con 50 fotografie originali di artisti della scuola del Bauhaus
(Moholy-Nagy, Lucia Moholy, Florance Henri,
Walter Peterhans, Lux Feininger, Piet Zwart,
Franz Roh, Greta Stern e Otto Hofmann).
ottobre 2009 | gennaio 2010
Est/Ovest Berlino,
novembre 1989
Mario Dondero
9 novembre – 7 gennaio 2010
Miracolo Mediterraneo, la città sorta dalla sabbia
Avram Soskind e Ziv Koren
23 ottobre – 22 novembre
Che ci faccio io qui?
Bruce Chatwin
11 – 22 novembre 2009
Russia
Henri Cartier-Bresson
4 dicembre – 14 febbraio 2010
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