ANNO VIII | NUMERO 28 | OTTOBRE 2009 | GENNAIO 2010 2 3 Aspettando Godot Schneider, Esslin, Iser, Dort In scena nel mondo La bottega del caffè Aspettando Godot Conversazione con Sciaccaluga Conversazione con Zavatteri La Compagnia Gank Lo Stabile in tournée 4 5 6 7 8 Esercitazione su Cechov Storia delle esercitazioni Anna Laura Messeri Teatro e Scuola Attività dello Stabile Intorno al testo e oltre Compagnie ospiti In arrivo 15 spettacoli Hellzapoppin Foyer della Corte Mostra di bozzetti e modellini Omaggio a Padovani La stagione 2009-2010 si apre alla Corte il 20 ottobre con il capolavoro di Samuel Beckett INIZIA IL VIAGGIO NEL NOVECENTO Una stagione che inizia al Teatro della Corte con un testo contemporaneo divenuto in poco più di cinquant’anni un classico, Aspettando Godot di Beckett prodotto dal nostro Stabile, e prosegue al Duse con un testo classico davvero molto contemporaneo quale La bottega del caffè di Goldoni prodotto sempre da noi e dalla Compagnia Gank. Una stagione composta da 42 spettacoli, di cui 12 grandi classici, 23 testi contemporanei e 7 occasioni speciali. Una stagione infine che tiene ancora bloccati i prezzi degli abbonamenti e dei biglietti, fermi a quelli che erano dieci anni fa. Ecco perché diciamo al nostro pubblico: “Una stagione così non l’avete mai vista”. Iniziamo dunque il 20 ottobre alla Corte con l’incontro, sotto un albero in una landa desolata del nostro tempo, di due personaggi ormai mitici della storia del teatro, Vladimiro ed Estragone, che al tempo stesso è anche incontro, per la prima volta sulla scena, di due protagonisti del teatro italiano, Ugo Pagliai e Eros Pagni, accompagnati da tre fra i migliori “esiti” del nostro lavoro di formazione di nuovi attori: Gianluca Gobbi, Roberto Serpi e Alice Arcuri. Sotto la guida di Marco Sciaccaluga, nello spazio disegnato da Jean-Marc Stehlé e Catherine Rankl, Aspettando Godot ci racconterà di un’attesa, un’attesa sospesa fra ironia e tragedia, tra disperazione e speranza. Uno dei testi più importanti della drammaturgia del Novecento, uno spettacolo che un tempo la critica definiva “da non perdere”. Nell’altro nostro Teatro, il Duse, dopo lo spazio che ogni anno volentieri mettiamo a disposizione del Festival della Scienza, la stagione inizia con un lavoro che vede in scena la Compagnia Gank, nove interpreti, anch’essi tutti figli del nostro lavoro di formazione di nuovi talenti, che daranno vita ne La bottega del caffè a una piazzetta del ‘700 dove si raccontano storie e caratteri di una stupefacente attualità, disegnati da un grande “pittore” della società quale fu Carlo Goldoni. Carlo Repetti (continua a pag.8) ALLA CORTE, UGO PAGLIAI ED EROS PAGNI IN «ASPETTANDO GODOT» La Stagione di produzione dello Stabile si apre il 20 ottobre (ore 20.30, repliche sino all’8 novembre) alla Corte con la messa in scena di un’opera fondamentale del teatro del Novecento, secolo alle cui feconde suggestioni culturali lo Stabile ha scelto quest’anno di riservare un ruolo centrale, proponendo un percorso che, dopo Aspettando Godot di Samuel Beckett, porterà nei prossimi mesi sui suoi palcoscenici anche testi di James Joyce (Esuli) e di Marguerite Duras (Il dolore). Diretto da Marco Sciaccaluga, con Ugo Pagliai e Eros Pagni nei ruoli principali, Aspettando Godot è interpretato anche da Gianluca Gobbi, Roberto Serpi, Alice Arcuri. La scena è firmata da Jean-Marc Stehlé e Catherine Rankl (anche costumi); musiche di Andrea Nicolini e luci di Sandro Sussi. Rappresentato per la prima volta a Parigi nel 1953, Aspettando Godot è diventato ormai un classico del teatro di tutti i tempi. Attraverso le parole e i gesti di due vagabondi, Estragone e Vladimiro, che hanno appuntamento sotto un albero, in un luogo de- solato, con un certo Godot da cui aspettano aiuto e ospitalità, Beckett lascia emergere con grande forza teatrale l’immagine della vita stessa, dove il tragico e il comico continuamente s’intersecano. «Non c’è nulla di più comico della tragedia» ha scritto Beckett, al quale nel 1969 è stato assegnato il Nobel per la letteratura. E Aspettando Godot è una tragicommedia costruita intorno al senso della vita e alla condizione dell’attesa, di cui sono protagonisti quei due strani “border-line”, che sembrano usciti da un film dei grandi comici della prima metà del Novecento, gettati ai margini di una società che non conoscono, in uno spazio insieme astratto e concreto, nel quale irrompe a un certo momento anche un’altra strana coppia: quella formata da Pozzo e Lucky. Nasce così un testo – e quindi, nella prospettiva fatta propria dalla regia, anche uno spettacolo – esilarante come una comica del cinema muto, ma nello stesso tempo capace di offrire una sintetica rappresentazione dell’esistenza umana nel mondo contemporaneo. U g o Pa g l i a i ( E s t r a g o n e ) e E r o s Pa g n i ( V l a d i m i ro ) . Fo t o d i M a rc e l l o N o r b e r t h «LA BOTTEGA DEL CAFFÈ» IN SCENA AL DUSE G l i i n t e r p re t i d e l l o s p e t t a c o l o ( f o t o d i Pa t r i z i a L a n n a ) La stagione in abbonamento s’inaugura al Duse giovedì 5 novembre (ore 20.30) con una commedia di Carlo Goldoni, messa in scena della Compagnia Gank, con la quale lo Stabile prosegue la politica di “affiancamento” alle compagnie autonome di attori che alla sua Scuola si sono formati. Scritta in italiano nel 1750, La bottega del caffè racconta “in diretta” la vita di molti personag- gi, le cui esistenze s’intrecciano all’interno di una piazza di Venezia su cui s’affacciano tre botteghe «quella di mezzo ad uso di caffè; quella alla diritta, di parrucchiere e barbiere; quella alla sinistra ad uso di giuoco, o sia di biscazza». Ed è, appunto, in questo spazio sospeso tra la realtà e le convenzioni del teatro classico, che la commedia disegna vari e meravigliosi personaggi: avvento- ri e gestori delle botteghe, giocatori e pellegrine, mogli innamorate e uomini travolti dalla intemperanza o dalla maldicenza. Caratteri universali sempre ricchi di verosimiglianza, attraverso i quali Goldoni trova modo ancora una volta di accompagnare gli spettatori lungo il complesso e contraddittorio sentiero dei sentimenti e delle passioni umane, facendo in modo che questo percorso acquisti inedita e imprevista vitalità nel disegno delle contraddizioni di una società in fermento. Diretto da Antonio Zavatteri, lo spettacolo giunge a Genova dopo l’ottima accoglienza ottenuta al Festival estivo di Borgio Verezzi e si avvale dell’interpretazione di una affiatata compagnia di giovani attori che hanno tutti fatto i primi passi allo Stabile genovese: Massimo Brizi, Filippo Dini, Lisa Galantini, Alessia Giuliani, Alberto Giusta, Maurizio Lastrico, Aldo Ottobrino, Alex Sassatelli, Mariella Speranza. Scene e costumi di Laura Benzi, luci di Sandro Sussi. TRE SORELLE “IN PROVA” Berti, Maximilian Dirr, Fabrizio Maiocco, Gian Maria Martini, Davide Pedrini, Irene Villa, Manuel Zicarelli), con la partecipazione di Melania Genna del primo anno del Corso di Qualificazione. Per tutte le rappresentazioni l’ingresso è libero sino ad esaurimento dei posti a sedere. Da martedì 12, ore 20.30, a domenica 17 gennaio, ore 16 (con repliche di mattina, ore 11, per le Scuole) va in scena al Duse l’esercitazione su Le tre sorelle di Anton Cechov, prodotta dallo Stabile genovese anche con la finalità didattica di offrire ai giovani un’ipotesi di messa in scena e di proporre loro una riflessione sui problemi connessi con il passaggio dalla comprensione del testo alla sua vita autonoma sul palcoscenico. Diretta da Massimo Mesciulam, l’esercitazione Le tre sorelle “in prova” è interpretata dagli allievi dell’ultimo anno della Scuola di Recitazione dello Stabile (Dario Aita, Barbara Alesse, Antonietta Bello, Filippo da 10 aninnviariati prezzi Con l’abbonamento si risparmia fino al 60% sul prezzo del biglietto singolo e non si fanno file al botteghino Basta una telefonata al numero 010 5342400 Indicando il codice dell’abbonamento, l’Abbonato può fissare il proprio posto (fino a 24 ore prima della rappresentazione scelta) e poi ritirare il suo biglietto la sera stessa dello spettacolo (dalle 19.30 alle 20.10 o per le pomeridiane dalle 15 alle 15.40) presentando l’abbonamento alla cassa del Teatro. 2 l Aspettando Godot VLADIMIRO Due ladroni, crocefissi insieme POZZO Non appena qualcuno si mette a piangere, ESTRAGONE Andiamo via. VLADIMIRO C’impiccheremo domani. al Salvatore. Uno... ESTRAGONE Il cosa? un altro, da qualche altra parte, smette. E così per VLADIMIRO Non si può. A meno che Godot non venga. VLADIMIRO Il Salvatore. Due ladroni. il riso. Non parliamo troppo male, perciò, della ESTRAGONE Perché? ESTRAGONE E se viene? Uno fu salvato e l’altro... dannato. nostra epoca; non è più infelice delle precedenti. VLADIMIRO Aspettiamo Godot. VLADIMIRO Saremo salvati. Il domani si chiama Godot E s t r a g o n e Aspettando Godot fu scritto assai rapidamente: la prima pagina del manoscritto francese porta la data del 9 ottobre 1948 e l’ultima quella del 29 gennaio 1949. Le correzioni e i ripensamenti sono di modesta entità, a conferma della fluidità e della felicità inventiva con cui l’idea di Godot si tradusse nel testo teatrale. Molta parte della critica ha spesso insistito sul fatto che Godot sarebbe Dio, che in inglese si dice «God». Beckett, da parte sua, ha sempre rifiutato con decisione una simile interpretazione: «Se Godot fosse Dio l’avrei chiamato così». Nel manoscritto francese, comunque, il signor Godot è una persona che esiste davvero e che manda una lettera a Vladimiro ed Estragone; e c’è inoltre un appunto in cui Beckett si propone di suggerire che Pozzo, dopo tutto, forse è Godot, ed è venuto all’appuntamento, senza sapere che Vladimiro ed Estragone sono Vladimiro ed Estragone. Nella versione finale del testo, e ancor più nella sua traduzione inglese curata dallo stesso Beckett, però, viene eliminato ogni possibile riferimento all’identità di Godot, con la conseguente concentrazione del senso della pièce sull’atto dell’attesa. Il testo di Godot subì diversi cambiamenti già nel corso delle prove per la prima messinscena diretta da Roger Blin: infatti, Beckett accolse molto favorevolmente alcune modifiche suggerite dal regista e le fece proprie nella traduzione inglese. Altri cambiamenti furono apportati in occasione della messinscena al Royal Court Theatre di Londra nel 1964. E altri ancora per il Godot allo Schiller Theater, a Berlino nel 1975, diretto dallo stesso Beckett, il quale era particolarmente affezionato alle rappresentazioni che di Aspettando Godot fecero nel corso degli anni i detenuti di numerose prigioni: da quella avvenuta il 29 novembre 1953 in Germania nel carcere di Lüttringhausen, vicino a Wuppertal (nella traduzione di Ludwig Manker: Manwartet auf Godot) a quella al- e V l a d i m i r o p r o t a g o n i s t i d i u n t e m p o I n Rober to Serpi, Ugo Pagliai, Eros Pagni, Gianluca Gobbi lestita nel penitenziario di San Quintino il 17 novembre 1957. Samuel Beckett «Nel corso dei tre anni in cui ho approfondito la conoscenza di Samuel Beckett sotto il profilo umano, la sua personalità ha acquistato per me un’importanza pari, e forse persino superiore, a quella delle sue opere. Beckett infatti non accetta compromessi, scrive e vive come sente di dover fare, non come il mondo, e il mondo della critica, vorrebbe. Un artista che crea senza temere il “fallimento” – concetto peraltro cardine della sua poetica – e senza rincorrere il successo. La testa di un professore di fisica o matematica su un corpo da podista; l’unione paradossale tra il profondo senso dell’“impegno” nei confronti dell’esistenza dei francesi, e l’indole genuina e cordiale degli irlandesi. Ecco il ritratto di un uomo che ha scritto alcune delle pagine più belle e terribili della letteratura del Novecento». [Alan Schneider] Ironia «La tragedia aristotelica descriveva un mondo di dèi ed eroi a cui gli spettatori potevano ancora guardare con timore, figure esemplari che per le loro sventure e sofferenze ispira- vano una commozione profonda. Quello di Beckett è invece un mondo fatto di ironia, abitato da personaggi ritratti in situazioni estreme, di scarna essenzialità. Certo noi possiamo ridere di questi personaggi, ma non sarà un riso di scherno; con Beckett si ride dell’infelicità umana e della più crudele delle beffe: che l’esistenza umana è priva di uno scopo riconoscibile. I personaggi di Beckett non sono più eroi classici, e rimangono per lo più inconsapevoli della dimensione tragica del loro destino». [Martin Esslin] Linguaggio «Talvolta i personaggi di Beckett sembrano quasi dominati dal linguaggio, che diviene la causa immediata del loro comportamento. Dal momento che sono totalmente privi di qualsiasi finalità, è il linguaggio a stabilire, di volta in volta, che cosa è reale. Il linguaggio propone realtà che mutano a una velocità spaventosa, perché nessuna circostanza è in grado di turbare l’indifferenza del personaggio che sta parlando. Linguaggio e realtà vengono a coincidere, ma al tempo stesso, e paradossalmente, la loro unione appare irreale, poiché la sequenza degli eventi è del tutto indipendente dagli effettivi pensieri dei personaggi». [Wolfgang Iser] Recitazione «Il teatro di Beckett richiede un particolare stile di recitazione? Credo, e spero, di no. Con Beckett è accaduto che le sue pièces, inizialmente interpretate all’insegna di un’economia (nella duplice accezione del termine) che induceva a riconoscere l’impronta di un presupposto di partenza, la tendenza a uno stile, in seguito sono state riprese diversamente. Subentrando alla scuola avanguardistica degli anni Cinquanta, una nuova generazione di attori, di volta in volta più tradizionalisti o più audaci, ha variato questi testi, li ha ampliati, e in qualche modo li ha irrigati. Senza dubbio, la duplice appartenenza di queste opere al teatro francese e a quello anglosassone, tra loro molto diversi, ha avuto un suo peso: passare da un teatro all’altro, da una lingua all’altra, da una pratica scenica all’altra ha condotto a una diversificazione, a un ampliamento della loro interpretazione, che è sfuggita così definitivamente alla tentazione dello stile». [Bernard Dort] s e n z a s c e n a Rappresentato la prima volta il 5 gennaio 1953 al Théâtre de Babylone di Parigi, En attendant Godot ha ottenuto quasi subito un enorme successo di pubblico e di critica. Messo in scena da Roger Blin, con Pierre Latour (Estragone), Lucien Raimbourg (Vladimiro), Roger Blin (Pozzo), Jean Martin (Lucky), Serge Lecointe (il ragazzo), lo spettacolo fu così recensito: «Sentiremo parlare a lungo del primo testo teatrale di Beckett» (Sylvain Zegel, “Libération”); «Lo straordinario successo di Samuel Beckett è dovuto innanzitutto all’arte con cui dà vita e presenza all’attesa. (...) Godot è anche un’opera divertente, molto divertente» (Jacques Lemarchand, “Figaro Littéraire”); «Godot è un’opera stupefacente (...). Se avete, insieme al dono dell’attenzione, il gusto dell’insolito, andate a vederlo» (J.-B. Jeener, “Figaro”); «Un numero di varietà tratto da i Pensieri di Pascal recitato dai clowns Fratellini» (Jean Anouilh, “Arts-Spectacles”). Un anno e mezzo dopo, nell’agosto 1955, Waiting for Godot faceva il suo esordio sul palcoscenico londinese del Arts Theatre Club, con la regia di Peter Hall e l’interpretazione di Peter Woodthorpe (Estragone), Paul Dabeman (Vladimiro), Peter Bull (Pozzo), Timothy Bateson (Lucky), Michael Walker (il ragazzo). «Andate a vedere Godot: nel peggiore dei casi scoprirete una curiosità, un quadrifoglio, un tulipano nero; nel migliore dei casi qualcosa che vi rimarrà saldamente in un angolo della mente per tutta la vita» scrisse Harold Hobson sul “Sunday Times”; e Kenneth Tynan dell’“Observer” aggiunse: «È un testo davvero nuovo: da questo momento mi dichiaro un “godotista”». Nel gennaio 1955, intanto Aspettando Godot aveva esordito anche in Italia (Teatro di via Vittoria a Roma) per la messa in scena di Luciano Mandolfo, interpreti Marcello Moretti (Estragone), Claudio Ermelli (Vladimiro), Vittorio Caprioli (Pozzo), Antonio Pierfederici (Lucky); mentre negli Stati Uniti - John Golden Theatre - arriverà solo il 15 maggio 1956: regia di Herbert Berghof, con Bert Lahr (Estragone), Everett Gunnar Marshall (Vladimiro), Kurt Kasznar (Pozzo), Alvin Epstein (Lucky), Luchino Solito de Solis (il ragazzo). Ovunque, il successo fu pieno e resistente attraverso le tante edizioni sceniche che andarono subito a moltiplicarsi in tutto il mondo. n e l e r o i m o n d o Parigi Gennaio 1953 Roma Gennaio 1955 Londra Agosto 1955 N e w Yo r k M a g g i o 1 9 5 6 Berlino Marzo 1975 parti da vicino per andare lontano ottobre 2009 | gennaio 2010 Aspettando Godot l 3 C o nve r s a z i o n e c o n M a r c o S c i a c c a l u g a , r e g i s t a d e l l o s p e t t a c o l o c h e i n a u g u r a l a s t a g i o n e a l Te at r o d e l l a C o r t e Tra comicità e angoscia tutta la vita è nell’attesa Mettere in scena Aspettando Godot richiede un gesto che sia insieme di grande coraggio e di grande umiltà. Il co raggio di confrontarsi con un testo che, dopo lo “scandaloso” debutto parigino del 1953, ha avuto il destino di entrare nel repertorio dei grandi come dei piccoli teatri, di vederne firmata la regia da grandi artisti d’avanguardia come di tradizione, di essere interpretato da star come da giovani attori sconosciuti. Ma anche l’umiltà di riconoscere la propria appassionata devozione per una commedia che è capace di far pensare e di emozionare gli spettatori di tutto il mondo; l’umiltà di lasciarla parlare senza cedere alla tentazione di imprigionarla in un unico canone interpretativo. Genesi dello spettacolo Erano anni che Carlo Repetti mi proponeva questo testo, da lui sempre amato; ma io resistevo alla tentazione. Mi faceva paura, pur avendolo a lungo studiato sin dai tempi dalla mia adolescenza teatrale alla Scuola di Recitazione dello Stabile. Poi, qualcosa si è sbloccato, sia per l’occasione di mettere insieme Ugo Pagliai ed Eros Pagni, attori con i quali ho avuto anche recentemente più volte la fortuna di lavorare, sia per qualcosa che è accaduto in me durante le prove di Re Lear, quando lavorando sulla grande scena tra il pazzo Lear e il cieco Gloucester, non solo ho constatato con Jan Kott quanto di Beckett ci fosse in Shakespeare, ma mi è cresciuta progressivamente la curiosità e la voglia di vedere anche quanto Shakespeare ci fosse in Beckett, se lo si affronta senza pregiudizi: come si fa con un classico. Lo spazio scenico La prima cosa che con lo scenografo Stehlé abbiamo conve- accade mentre si aspetta il suo arrivo. E, nell’attesa, succedono moltissime cose: sempre molto concrete. Estragone e Vladimiro sono due personaggi opposti e complementari. Hanno bisogni diversi e sperano sempre di trovare nell’altro un interlocutore credibile. Si amano, ma non si sopportano: il primo è un personaggio terrestre, che ha bisogno di essere coccolato, di dormire, di stare zitto accanto all’amico nella nebbia di una senescenza progressiva; mentre il secondo ha qualcosa di aereo e d’inquieto: continuamente s’interroga e vuole sapere. Solo ogni tanto le loro attese coincidono; altrimenti è un continuo tradimento, un continuo farsi dispetti. Pozzo e Lucky Gianluca Gobbi, Eros Pagni, Ugo Pagliai, Rober to Serpi luna di Caspar D. Friedrich, Beckett aveva avuta l’idea di Aspettando Godot – inserendo poi il tutto in una sorta di diorama che evoca una campana di vetro con insetti in un Museo di storia naturale. nuto è stata che l’albero dovesse avere una consistenza tale da rendere verosimile la battuta di Estragone: «E se ci impiccassimo?». Non ci si impicca a uno stuzzicadenti e neppure a un albero di Magritte o di De Chirico. Il suicidio è una possibilità concreta per questi personaggi. Se, come diceva già Calderón de la Barca, «il peccato dell’uomo è l’essere nato», la vita è qualcosa che può essere accettata o non accettata. Si tratta solo di decidere se ha un senso; magari per concludere, come fa lo stesso Beckett nel finale di L’innominabile: «Non so, non lo saprò mai, nel silenzio non si sa, bisogna continuare, e io continuo». La nostra scelta è stata pertanto di dare concretezza fisica alla “strada di campagna, con albero” della prima didascalia del testo. Stehlé si è così ispirato dapprima alla pittura di Brueghel pur senza aver ancora letto che proprio guardando L’albero della cuccagna di Brueghel il Vecchio, oltre che i due quadri con la coppia che guarda la Estragone e Vladimiro Per due atti, Estragone e Vladimiro aspettano invano Godot, ma la grandezza della commedia non sta certo nel fatto che Godot non arriva mai, quanto piuttosto in ciò che Teatro e Storia Alice Arcuri Lo Stabile in tournée Il Teatro Stabile di Genova sarà in tournée nel 2009/2010 con due spettacoli (Re Lear e L’anima buona del Sezuan) prodotti nella scorsa stagione, nel corso della quale si erano già affacciati ad alcuni palcoscenici nazionali, e con altri due del suo nuovo cartellone: La bottega del caffè e Il dolore. Le tournées sono l’occasione per far conoscere a un pubblico sempre più vasto l’alto livello qualitativo e culturale dello Stabile di Genova: un centro di produzione riconosciuto tra i migliori della scena europea. I primi spettacoli a partire in tournée sono: 1) La bottega del caffè Lo spettacolo coprodotto con la Compagnia Gank inizierà subito dopo le repliche genovesi un lungo giro per l’Italia settentrionale, toccando numerosi comuni secondo un percorso ancora in parte da definire, ma del quale sono già certe queste tappe: Bassa- no del Grappa (VI) 24 e 25 novembre; Tesero (TN) 26 novembre; Ala (TN) 27 novembre; Feltre (BL) 28 novembre; Grigno (TN) 29 novembre; Camponogara (VE) 2 dicembre; Castelfranco Veneto (TV) 3 dicembre; Piove di Sacco (PD) 4 dicembre; Tione (TN) 5 dicembre; San Lorenzo in Campo (PU) 10 dicembre; Novafeltria (PU) 11 dicembre; Montemarciano (AN) 12 dicembre; Nocera Umbra (PG) 14 dicembre; Bovisio Masciago (MI) 17 dicembre. 2) L’anima buona del Sezuan Nel gennaio 2010 inizierà il suo viaggio in Italia anche L’anima buona del Sezuan, spettacolo messo in scena da Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani, con Mariangela Melato protagonista e con quindici altri attori formatisi quasi tutti allo Stabile genovese. L’anima buona del Sezuan, che nella scorsa stagione è stato già visto Se Estragone e Vladimiro appartengono a un mondo tipicamente beckettiano (i vagabondi dei suoi romanzi, le amate comiche cinematografiche, anche l’esperienza personale di essere accoltellato senza motivo da un barbone in una notte parigina), Pozzo e Lucky compongono una coppia assolutamente originale e sorprendente. Con loro irrompe sulla scena il mondo con tutta la sua violenza e insensatezza, ma anche con quanto di onirico esso possiede. Ed il loro rapporto con Estragone e Vladimiro diventa insieme di terrore e di confidenza, di vigliaccheria e di complicità. a Roma e a Napoli, sarà a Cremona (Teatro Ponchielli) il 7 e 8 gennaio; Imola (Teatro Comunale) dall’11 al 17 gennaio; Bologna (Arena del Sole) dal 19 al 24 gennaio; Padova (Teatro Verdi) dal 26 al 31 gennaio; Milano (Teatro Strehler) dal 2 al 21 febbraio; Bergamo (Teatro Donizetti) dal 23 al 28 febbraio; Palermo (Teatro Biondo) dal 3 al 14 marzo; Catania (Teatro Ambasciatori) dal 16 al 28 marzo. La prima stesura in francese di Aspettando Godot ha già in sé il segno dell’armonia e della compiutezza, ma è interessante notare che, traducendo il testo in inglese e poi seguendone come supervisore o come regista molte rappresentazioni, Beckett non abbia mai smesso di modificare, correggere e perfezionare la sua partitura drammaturgica, sulla quale continua a lavorare almeno sino all’edizione da lui diretta negli anni Settanta allo Schiller Theater di Berlino (il nostro Godot fa riferimento soprattutto a quest’ultima edizione). Come ben testimoniano le minuziose note di regia dello stesso Beckett all’edizione berlinese, però, non c’è mai nulla di astratto nel suo continuo lavorare sulla forma. Il teatro di Beckett parla sempre di cose molto concrete e, a questo proposito, mi sembra magnifica la risposta che egli diede a Strehler, il quale, malignamente sollecitato da Brecht, gli chiese un giorno che cosa facessero Estragone e Vladimiro durante la seconda guerra mondiale: «Una delle poche cose di cui sono sicuro è che facevano la Resistenza», rispose Beckett. a cura di Aldo Viganò INTORNO A SAMUEL BECKET T In occasione della messa in scena di Aspettando Godot, il Teatro Stabile di Genova ha organizzato una serie di incontri finalizzati ad approfondire la conoscenza del testo e del suo autore, nonché a incontrare i protagonisti dello spettacolo. Le conferenze “Intorno a Beckett” si svolgono nel foyer del Teatro della Corte, mentre l’incontro con Ugo Pagliai, Eros Pagni e Marco Sciaccaluga ha luogo a Palazzo Ducale, nella sede della Società di Letture e Conversazioni Scientifiche che, insieme all’Associazione per il Teatro Stabile di Genova, ha collaborato alla sua organizzazione. Mercoledì 21 ottobre Venerdì 23 ottobre Foyer della Corte, ore 17.30 Foyer della Corte, ore 17.30 Beckett e il cinema Beckett e il linguaggio conferenza con proiezioni conferenza di Marco Salotti di Carla Locatelli Università di Genova Università di Trento Giovedì 22 ottobre Palazzo Ducale, ore 17.45 Conversazione con i protagonisti incontro con Ugo Pagliai, Eros Pagni Marco Sciaccaluga a cura di Umberto Basevi in collaborazione con la Società di Letture e Conversazioni Scientifiche e con l’Associazione per il Teatro Stabile di Genova Giovedì 29 ottobre Foyer della Corte, ore 17.30 Beckett e le arti figurative conferenza con proiezioni di Alessandra Gagliano Candela Accademia Ligustica di Belle Arti T U T T I G L I A P P U N TAM E N T I S O N O A I N G R E S S O L I B E R O ottobre 2009 | gennaio 2010 4 l La bottega del caffè RIDOLFO Tutti cercan di fare VITTORIA E sempre ha da far questa vita? Un uomo LEANDRO Ho un sonno che non ci vedo. EUGENIO Maledetta fortuna! Li ho persi tutti. quello che fanno gli altri. di quella sorta, di spirito, di talento, ha da perdere Son sicuro di non poter tenere le carte in mano; Per una cioccolata ho perso dieci zecchini. Una volta correva l’acquavite, così miseramente il suo tempo, sacrificare le sue eppure per questo maledetto vizio Ma l’azione che mi ha fatto mi dispiace più della adesso è in voga il caffè. sostanze, rovinar la sua casa? non m’importa di perdere, purché giuochi. perdita. Non volermi credere sulla parola? Bische, azzardo, maldicenza e bisticci coniugali in un classico messo in Gioco e passione nella “b La scommessa poteva apparire azzardata: rappresentare una commedia di Goldoni senza andare alla ricerca del “grande attore”. Ed è con questa scommessa che hanno scelto di fare i conti la Compagnia Gank e il Teatro Stabile di Genova che, dopo il debutto al Festival di Borgio Verezzi l’estate scorsa, a novembre apriranno la stagione in abbonamento al Teatro Duse con La bottega del caffè di Carlo Goldoni. In scena con Goldoni «Quando si parla di Goldoni si pensa, inevitabilmente, a qualcosa di già visto, ma proprio questo è uno degli elementi che ci hanno attirato quando abbiamo deciso di rappresentare questa commedia» spiega Antonio Zavatteri, regista dello spettacolo ed ex allievo della Scuola di Recitazione dello Stabile, come tutti gli altri membri della Gank. «Quando noi scegliamo un testo – aggiunge – dobbiamo conciliare una serie di esigenze, legate alle caratteristiche della nostra compagnia e al pubblico del nostro circuito che privilegia grandi autori e grandi temi. E poi, ovviamente, ci sono esigenze di tipo economico che non possiamo ignorare. È la prima volta che affrontiamo Goldoni e nella scelta di questa commedia in particolare un po’ ha influito anche il fatto che La bottega del caffè è il primo spettacolo teatrale che io ho visto, al Carcano di Milano con Giulio Bosetti. Ma, soprattutto questo è un testo molto adatto alla nostra compagnia, e per noi questo aspetto è importantissimo. Io credo molto di più in una compagnia affiatata e in una produzione nella quale cerco di utilizzare al meglio le persone, piuttosto che nella ricerca del “grande attore” (dove si trova?) per fargli interpre tare, ad esempio, il ruolo di don Marzio». Ossessione per il gioco Lisa Galantini e Aldo Ottobrino ottobre 2009 | gennaio 2010 Ma La bottega del caffè s’inserisce anche in un filone tema- U n a s ce n a d ’i n s i e m e d e l l o s p e t t a co l o ( f o to d i Pat r i z i a L a n n a ) tico già “inaugurato” dalla Compagnia Gank con La scelta del mazziere: quello dell’ossessione per il gioco. «In Goldoni l’accento è più spostato sulla passione per il denaro che per il gioco in sé» spiega Zavatteri. «Nello spettacolo noi abbiamo cercato di raccontare una tendenza umana, una compulsione, che è di tutti i tempi e che, come tale, esiste anche oggi. Non abbiamo fatto, però, un’operazione di attualizzazione del testo: abbiamo collocato la commedia in un non luogo e in un non tempo, senza interessarci di Venezia (che in questo caso non è particolarmente importante neppure per Goldoni) e giocando a unire elementi diversi. Nei costumi ci sono, per esempio, elementi settecenteschi, ottocenteschi e anche moderni. E poi, soprattutto con la scenografia, abbiamo cercato di raccontare lo squallore e il degrado del mondo a cui appartengono i personaggi, cercando di non dimenticarci mai che è una commedia, perché se il pubblico non ride, vuol dire che non funziona. La bottega del caffè è stata sempre snobbata dalla critica ma ha avuto un grande successo di pubblico». E, secondo Zavatteri «si tratta di un testo molto potente dal punto di vista espressivo. È una commedia amara, perché ognuno bada ai fatti suoi e perché, nonostante le apparenze, non c’è un lieto fine. La ricomposizione delle coppie, infatti, Leandro e Placida, Eugenio e Vittoria, non avviene per amore e poi – osserva – io trovo amarissimo il farsi gregge degli altri personaggi che, alla fine, si scagliano contro don Marzio, anche perché sono d’accordo con la tesi di Roberto Alonge il quale, in un saggio, sostiene che il vero maldicente, in realtà, è Ridolfo. Nell’atteggiamento della “massa” contro don Marzio viene fuori, però, l’ inevitabile miseria umana». Zavatteri osserva che «di solito le messe in scena della Bottega del caffè si sono concentrate sul personaggio di don Marzio ma, in realtà, questa è una commedia di caratteri con almeno cinque o sei personaggi giganti». Elemento determinante, questo, per decidere di proporla agli attori della compagnia che Zavatteri, Alberto Giusta e Paolo Zanchin hanno costituito sette anni fa, dopo l’esperienza del Progetto U.R.T. condivisa con Jurij Ferrini e durata alcuni anni. Dalla Scuola alla Scena «Quando uno esce dalla Scuola di Recitazione di solito ha due possibilità per lavorare – spiega Zavatteri – aspetta che qualcuno lo chiami, oppure va a Roma per cercare contatti. Quando siamo usciti noi dalla scuola, fra il ‘94 e il ‘95, non c’era, però, l’idea di andare a Roma per lavorare nella televisione che, invece, adesso at- trae molto. Si andava per provare a lavorare in teatro o nel cinema. Noi, invece, abbiamo scelto una terza via: subito dopo aver finito la scuola abbiamo cercato di crearci da soli un lavoro, prima con il Progetto U.R.T., nel ‘96-’97, che fu la prima nuova compagnia nata a Genova dopo quella dell’Archivolto, e poi, dal 2002, con la Compagnia Gank. E, nonostante le difficoltà, è una scelta di cui non mi sono mai pentito». Una scelta che porta con sé un paradosso: «Di noi si continua a parlare come dei giovani usciti dalla Scuola di Recitazione dello Stabile anche se l’età degli attori della nostra compagnia è compresa fra i 35 e i 40 anni e qualcuno di noi ha anche più di 40 anni. Questo è un po’ strano, anche perché in altri Paesi non è così. Spero che fra qualche anno non si finisca a parlare di noi come di vecchi attori, senza che ci sia mai stato riconosciuto un periodo di maturità artistica e professionale». Intanto, mentre questa “strana” giovinezza continua, Zavatteri, Giusta e Zanchin, pur essendosi divisi i compiti, si sono abituati a occuparsi di tutto, quando è necessario: allestimenti degli spettacoli, presentazione delle domande per avere i finanziamenti ministeriali, contatti con i teatri in giro per l’Italia per portare in tournée gli spettacoli che produce la Compagnia Gank, che ha la sua sede a Genova. «Far l 5 PLACIDA Son venuta in traccia di mio marito. DON MARZIO Ah sì, hanno ragione, la mia lingua, o LISAURA Sì, e l’anno passato in traccia di chi eravate? presto o tardi, mi doveva condurre a qualche gran PLACIDA Io a Venezia non ci sono più stata. precipizio. Qui non serve il giustificarmi. LISAURA Siete una bugiarda. Ho perduto il credito e non lo riacquisto mai più. scena da una Compagnia di “giovani” ottega” di Goldoni parte di una compagnia così ti dà l’opportunità, e nello stesso tempo ti costringe, a fare esperienze diverse molto più velocemente» racconta Zavatteri. La Compagnia Gank «Né io, né Alberto, per esempio, avevamo mai fatto i registi ma, per necessità, abbiamo iniziato a farlo e questa è la mia terza regia. Lavorare in una compagnia come la nostra vuol dire anche fare sacrifici ma significa che ci si sente tutti responsabili e, non essendoci “Il Regista”, ognuno ritiene lo spettacolo il “suo” spettacolo. Questo crea un grande affiatamento e una grande intesa, che si sentono anche in scena e che vengono trasmessi al pubblico. Ricordo ancora la gioia che ho provato la prima volta nel sentire che uno spettacolo funzionava: l’emozione per il risultato collettivo è talmente forte da mettere in secondo piano la soddisfazione e il successo personali. Proprio per questo cerchia- mo di dare continuità al gruppo. Noi, per esempio, non facciamo mai provini per assegnare i ruoli: una volta scelto un testo che si adatti alla compagnia, di solito l’abbinamento fra personaggi e interpreti è chiaro. E – aggiunge – non ci appartiene neppure una certa idea di teatro di regia, molto diffusa in Italia, secondo la quale uno spettacolo deve avere necessariamente qualcosa di “nuovo”. Non è che noi rifuggiamo le idee, ma non abbiamo l’ossessione di trovare l’idea geniale o la novità a tutti i costi. Se ci sono bene, ma quello di cui ci preoccupiamo è di affrontare il testo senza preconcetti e di dar vita a una storia cercando di capirne il senso». Quello che manca, però, o che può mancare, in una compagnia “giovane”, è la figura del maestro da cui imparare: «I maestri sono fondamentali, non c’è dubbio ma – afferma Zavatteri – penso che la crescita di un attore coincida con il momento in cui riesce a liberarsi Filippo Dini e Alber to Giusta dall’”adorazione” per il maestro, che non significa affatto smettere di ammirare e di stimare qualcuno. Significa farlo, però, dopo aver scoperto le proprie potenzialità, il proprio modo di essere attore o regista. Spesso, invece, si perde tempo a confrontarsi con questo o quel modello e il rischio è che questo atteggiamento diventi così radicato da impedire che ciascuno possa far emergere la propria originalità, e credo che questo sia negativo». E se il vantaggio di una compagnia che si “autogestisce” è quello di una certa libertà nella scelta del repertorio – se pure da conciliare con esigenze di bilancio e di “mercato” - le difficoltà sono, ad esempio, quelle di riuscire a portare in tournée testi contemporanei e ad ampliare il circuito dei teatri in cui rappresentare i propri spettacoli. Classici e contemporanei «Noi cerchiamo di mescolare repertorio classico e contemporaneo ma trovare teatri disposti a rischiare, ospitando spettacoli di drammaturgia contemporanea, è molto più difficile. Comunque noi siamo contentissimi del nostro percorso e vorremmo sempre di più. Quello che ci manca, però, è la possibilità di accedere ai teatri stabili. A parte lo Stabile di Genova, che ha addirittura co-prodotto con noi questo spettacolo, e qualche caso particolare, è di fatto impossibile per compagnie come la nostra essere ospitati dai teatri stabili. A noi piace tantissimo andare in tournée in provincia, ci piace il pubblico della provincia, ci piacerebbe però andare anche in città, per ampliare il nostro circuito e per farci conoscere. Ma è una difficoltà che, per ora, non siamo riusciti a superare». Annamaria Coluccia Esercitazione su Cechov Nate nel 1999 come lavoro “aperto al pubblico” della Scuola di Recitazione, le “esercitazioni” hanno progressivamente assunto un’esplicita valenza laboratoriale, sino a diventare una componente significativa del lavoro produttivo del Teatro Stabile di Genova. Quest’anno, l’esercitazione è dedicata a Cechov, con la messa in scena dal 12 al 17 gennaio al Duse di Le tre sorelle “in prova” con la regia di Massimo Mesciulam e l’interpretazione degli allievi del II anno del Corso di Qualificazione. I NGRESSO LIBERO Per la storia del teatro, il secolo XX si è aperto con Anton Cechov, il grande drammaturgo russo che proprio nel 1901 consegnò alla messa in scena di Konstantin Sergeevicˇ Stanislavskij Le tre sorelle: uno dei capolavori del teatro moderno. È la vita di Ol’ga, ˇ e Irina. Tre sorelle alle Masa prese con un presente carico di frustrazioni. Tre donne in attesa di un futuro eccitante. Intorno a loro tanti altri personaggi. Proprio come accade nella vita. «La decisione di cimentarsi con una commedia di Cechov nasce dalla curiosità nei confronti di una drammaturgia sempre molto stimolante sotto il profilo del lavoro sull’attore» dice il regista Massimo Mesciulam. «Mentre in Shakespeare o in Sofocle i personaggi sono individuati dal linguaggio – come se le metafore e le forme retoriche fossero la procedura con cui un’anima può pensare, capire se stessa e farsi capire – nel mondo di Cechov accade che le forme del linguaggio non siano più in grado di dare consistenza alla comunicazione tra gli esseri umani, risultando fallimentari sia per sé, sia per gli altri. Nasce così un teatro profondamente diverso, che pone nuovi e stimolanti problemi anche agli attori che sono invitati a interpretarlo». Un teatro, quello di Cechov, capace di raccontare la vita nel suo svolgersi quotidiano. Un teatro sempre affascinante per il lavoro dell’attore, ma anche per lo spettatore, invitato ad assaporare tutta la vitale contemporaneità di una drammaturgia interamente costruita intorno al concetto di verità. Iniziate in forma antologica nel nome di Shakespeare, per proseguire con Molière e proporre nel 2001 un collage di testi sulla presenza del Diavolo nella storia del teatro, le “esercitazioni” si sono strutturate dal 2002 in forma di veri e propri spettacoli, affiancando sovente agli allievi sul palcoscenico anche attori professionisti scelti tra quelli che allo Stabile si sono formati. Seduti: Barbara Alesse (Ol’ga), Irene Villa (Irina), Antonietta Bello (Maša), Melania Genna (Natal’ja Ivanovna), Maximilian Dirr (Cebutykin). In piedi: Dario Aita (Tuzenbach), Manuel Zicarelli (Solionyi), Gian Maria Martini (Andrèj Prozorov), Filippo Berti (Kulygin), Davide Pedrini (Versinin), Fabrizio Maiocco (Ferapònt/Narratore). 2002 2005 2002 2006 2003 2007 2003 2008 2004 2009 2004 2002 La morte di Danton e L’anima buona del Sezuan; 2003 Edipo Re e Sogno di una notte di mezza estate; 2004 Vita di Galileo e Aiace; 2005 Enrico V; 2006 Mercator; 2007 L’attore romano; 2008 Il castello; 2009 Il settimo sigillo. Goldoni parla della sua commedia Il luogo della scena di La bottega del caffè, che è fisso, merita qualche attenzione. Esso consiste in un quadrivio della città di Venezia. Vi sono di faccia tre botteghe. Quella di mezzo è un caffè, l’altra a destra è allogata a un parrucchiere, e l’ultima sinistra a un uomo che tien gioco. Vi è poi da una parte una casetta che rimane fra due strade, abitata da una ballerina, e dall’altra una locanda. Ecco un’unità di luogo esattissima; questa volta i rigoristi saranno contenti di me, ma saranno poi contenti dell’unità d’azione? Non troveranno forse che il soggetto di una tale commedia è complicato, divisa l’attenzione? Alle persone che terranno simili discorsi ho l’onore di rispondere, che nel titolo di questa commedia non presento una storia, una passione, un carattere; ma una bottega di caffè, ove seguono in una volta varie azioni e dove concorrono parecchi per diversi interessi; onde se ho avuto la fortuna di stabilire una connessione essenziale tra questi oggetti differenti, rendendo gli uni agli altri necessari, credo certamente di avere appieno adempiuto al mio dovere, superando appunto per tal ragione maggiori difficoltà. Per ben giudicarne, bisognerebbe dare un’intera lettura alla commedia, poiché vi sono in essa tanti caratteri quanti personaggi. Quelli che figurano di più sono due coniugati; il marito è sregolato, e la moglie sofferente e virtuosa. Il padrone della bottega del caffè, uomo di garbo, servizievole e officioso, si prende a cuore questo sfortunato matrimonio, e arriva a corregger l’uno rendendo l’altra felice e contenta. Vi è poi un maldicente ciarlone, soggetto veramente comico e originale: uno di quei flagelli dell’umanità, che inquieta tutti, reca noia alle conversazioni del caffè, e molesta più d’ogni altro i due amici del caffettiere. Ecco come il malvagio è punito; egli scopre per buffoneria i raggiri di un biscazziere birbante addetto al caffè, onde costui è subito arrestato, e il ciarlone vilipeso è messo fuori come delatore. Questa commedia ebbe un successo fortunatissimo; infatti l’insieme e il contrasto dei caratteri non potevano fare che non incontrasse; quello del maldicente poi era inoltre affibbiato a parecchie persone già cognite. Una di queste se la prese meco orribilmente, e mi minacciò. Si discorreva di spade, di coltelli, di pistole; ma ansiosi forse di veder sedici commedie nuove in un anno, mi dettero tempo d’ultimarle. «Didattica e dialogo con il pubblico» L’esperienza della Scuola di Recitazione del Teatro Stabile Anna Laura Messeri, direttrice della Scuola Una scuola di teatro con un piano didattico progressivamente articolato, non può prescindere dall’offrire ai suoi allievi l’esperienza dell’incontro col naturale destinatario di tanto studio: il pubblico. Dopo un lungo e intenso periodo preparatorio finalizzato alla conoscenza delle basi, l’impegno di una pubblica esibizione costituisce un momento estremamente stimolante e non solo per gli allievi ma anche - fatto di non poco conto per lo stesso insegnante il quale, investito della responsabilità di una regia, può riceverne una nuova spinta creativa. Fin dagl’inizi della sua storia la nostra Scuola di Recitazione ha presentato al pubblico, a fine corso e per più repliche, il così detto “Saggio”, prima esperienza professionale a tutto tondo, in effetti un vero e proprio spettacolo (testo integrale, scene, costumi, musica, ecc.). Allestimenti di brevi pièces si sono succeduti occasionalmente durante varie stagioni teatrali, spesso a complemento degli spettacoli in cartellone. Parallelamente sono comincia- te per poi moltiplicarsi, richieste di interventi teatrali, pubbliche letture, ecc. da parte di associazioni, istituti, enti culturali. La fitta attività che ne è conseguita, svolta quasi sempre in sedi decentrate, è venuta ad inserirsi naturalmente entro la linea didattica perseguita. Sempre nell’ottica di una fruttuosa osmosi fra pratica didattica e resa scenica, si è poi stabilizzato da vari anni, nei mesi invernali, un secondo appuntamento fisso oltre al tradizionale saggio di giugno, e cioè la così detta “Esercitazione”, momento di studio su testi classici che con le sue repliche rivolte principalmente agli studenti della scuola conferma il vivace contributo che la nostra Scuola può dare alla formazione culturale dei giovani e al futuro del teatro. ANNA LAURA MESSERI ottobre 2009 | gennaio 2010 6l Lo Stabile e il mondo della scuola SEMINARI E I N C O N T R I P E R L A F O R M A Z I O N E D E I G I O VA N I S P E T TAT O R I Gli studenti delle scuole medie superiori e inferiori che nel corso della stagione 2008/2009 hanno assistito con gruppi organizzati dalla loro scuola almeno a uno degli spettacoli proposti in cartellone dallo Stabile sono stati 15.466, con una media di oltre 50 studenti a spettacolo. Gli abbonamenti giovani venduti (5 spettacoli a 40 euro l’uno) sono stati complessivamente 1.503, dei quali 451 sottoscritti direttamente dalle scuole. Alle presenze studentesche vanno aggiunte quelle serali (cinque repliche) e mattutine (tre repliche) della esercitazione dedicata a Il settimo sigillo di Ingmar Bergman e quelle dei cinque spettacoli della Rassegna di Drammaturgia Contemporanea (cinque repliche ciascuno) che – proposte ad ingresso libero – hanno fatto registrare una forte partecipazione giovanile. Grande, inoltre, è stata la presenza dei giovani e degli studenti sia al saggio finale (regia di Anna Laura Messeri) della Scuola di Recitazione (per la prima volta in Italia è stato rappresentato Fortuna e sfortuna del nome di Pedro Calderón de la Barca), sia al ciclo delle “Grandi Parole” con cinque incontri dedicati al tema Fare gli italiani. tica ed emotiva, si è affiancato dalla scorsa stagione – per iniziativa di un gruppo d’insegnanti coordinato da Carla Olivari e con l’appoggio della Provincia di Genova, del Teatro Stabile e del Museo-Biblioteca dell’Attore – il progetto Intorno al testo e oltre che ha proposto alle scuole l’approfondimento didattico intorno a percorsi culturali suggeriti dagli spettacoli in cartellone. Nella Stagione 2008/2009, questo progetto ha portato alla realizzazione Pubblico giovanile Questi numeri, sicuramente migliorabili nel tempo, sono il risultato del grande interesse che il Teatro Stabile di Genova riserva da sempre al pubblico giovanile, in cui vede il proprio futuro, e rappresentano lo sbocco finale non solo della scelta di fondo di contenere al massimo il costo dei biglietti, ma anche quello dell’intenso lavoro che quotidianamente viene svolto dallo Stabile nelle scuole della Regione: sia attraverso una capillare rete di collaborazione e di dialogo con i presidi e gli insegnanti (concretizzatisi anche in incontri con gli studenti per la presentazione del cartellone e in alcu- ni casi con la presenza nelle scuole di esperti, registi e attori per parlare dei singoli spettacoli proposti), sia tramite i seminari finalizzati alla conoscenza della macchina teatrale condotti da registiattori di lunga esperienza quali Sandro Baldacci (in quattro scuole per un totale di 100 ore di lezione, distribuite in 50 incontri) e Mauro Pirovano (in tre scuole per 80 ore di lezione e 40 incontri). Seminari e progetti A questa intensa attività, finalizzata soprattutto ad offrire agli studenti gli strumenti culturali idonei a saper fruire dell’esperienza teatrale con piena consapevolezza cri- di lavori multimediali in cinque scuole della Liguria, concludendosi con la loro presentazione pubblica nel corso di una cerimonia. Durante la quale sono stati distribuiti a tutti i partecipanti libri offerti dalla Provincia e dallo Stabile di Genova (vedi box). Presidi, docenti, studenti Nell’augurare un buon lavoro a tutte le scuole della regione, il Teatro Stabile di Genova ribadisce anche in questa stagione il suo convinto proposito di proseguire e rafforzare la collaborazione con presidi, insegnanti e studenti, offrendo loro occasioni di incontro con gli artisti e tutto il supporto didattico di cui avranno bisogno per approfondire la comprensione dei testi e degli spettacoli in cartellone, nella consapevolezza che il futuro del teatro passa anche, e forse soprattutto, attraverso il rafforzamento delle conoscenze e l’affinamento delle capacità critiche dei suoi giovani spettatori. Promosso da un gruppo di insegnanti coordinato dalla professoressa Carla Olivari, il progetto Intorno al testo e oltre si è concluso nel maggio 2009 con la premiazione nel foyer del Teatro della Corte dei cinque lavori presentati. Le classi III C, IV B, V C del Liceo Scientifico Nicoloso da Recco hanno lavorato – con i professori Alba Chicco, Antonia Gozzi e Sergio Antola – soprattutto su due spettacoli Il misantropo di Molière e Gomorra di Roberto Saviano. Gli studenti della I B del Liceo Scientifico Martin Luther King, guidati dalla professoressa Enrica Fenzi, si sono soffermati su Passaggio in India e l’omonimo romanzo di E. M. Forster dal quale è stato tratto. La classe IV D del liceo socio-psico-pedagogico Sandro Pertini, nella quale insegnano le professoresse Gigliola Badano e Mariella Mori, ha scelto di riflettere su Vita di Galileo di Bertolt Brecht. La III marittimo della Associazione Formazione Ravasco (AS.FO.R.), referente la professoressa Gabriella Bertolotti, si è concentrata su Gomorra di Roberto Saviano. Con l’aiuto del professore Marco Martin, infine, la classe V del Liceo classico Andrea D’Oria ha dedicato la propria attenzione soprattutto a Il settimo sigillo, evidenziandone le componenti interdisciplinari “tra cinema e arte”. Organizzato con l’appoggio della Provincia, dello Stabile e del Museo Biblioteca dell’Attore, il progetto Intorno al testo e oltre viene proposto anche questa stagione alle scuole, con le medesime modalità di svolgimento. Datasiel al servizio del Sistema Liguria Soluzioni informatiche innovative per il cittadino. collegati al territorio [Datasiel e Regione Liguria] collegati al futuro www.datasiel.net ottobre 2009 | gennaio 2010 l 7 spettacoli ospiti Cuba o muerte! fuori abbonamento di Nicola Pannelli da Il vecchio e il mare di Hemingway Duse, 21 e 22 ottobre regia di Nicola Pannelli 21 ottobre 2009 >31 gennaio 2010 Cyrano de Bergerac giovane reduce dalla guerra nell’Irlanda del Nord, che a causa di una ferita d’arma da fuoco ha perso la propria virilità. Per un pubblico disposto a veder rappresentate sul palcoscenico situazioni dai toni forti. Prodotto, diretto e interpretato da giovani formatisi allo Stabile di Genova. di Edmond Rostand Corte, 17 – 22 novembre regia di Daniele Abbado L’impresario delle Smirne di uno spirito cristiano che ha deciso di camminare sempre a fianco degli ultimi. Con Don Gallo e i giovani della Comunità di San Benedetto di Genova. di Carlo Goldoni Corte, 24 – 29 novembre regia di Luca De Fusco La lotta del vecchio pescatore con il pescespada come metafora della storia recente di Cuba. Lo spettacolo mescola la vicenda narrata da Hemingway con la cronaca storicopolitica, intervallando il flusso del racconto con alcuni video che parlano dei cinque agenti cubani dell’antiterrorismo che dieci anni fa furono arrestati a Miami e, condannati, sono ancora oggi detenuti nelle carceri Usa. Angelicamente anarchico fuori abbonamento di Don Andrea Gallo Corte, 10 e 11 novembre regia di Cinzia Monteverdi Torna il moschettiere dal lungo naso e dall’estro poetico che per amore della cugina Roxanne aiuta un giovane suo subordinato a corteggiarla. Duelli, appassionati versi in endecasillabi, il teatro francese del Seicento e l’assedio di Arras. Romantica sintesi di vita e di morte, lungo il filo di una storia d’amore tenuta segreta per tutta la vita. Con Massimo Popolizio. Bollocks! di Lee Hall Duse, 23 – 29 novembre regia di Pier Luigi Pasino e Vito Saccinto Un’allegra, ma non superficiale, satira dell’ambiente del teatro lirico. Giunto a Venezia, un ricco mercante di Smirne, Alì, desidera trasformarsi in impresario teatrale, ma nella compagnia che riesce a mettere insieme tutti sono distratti dalle loro piccole beghe e rivalità. Colpo di scena finale. Carlo Goldoni rivisitato sul filo delle musiche di Nino Rota e del ricordo di Fellini. Gli anni zero fuori abbonamento ro del teatro moderno, ambientato in una casa di campagna e con personaggi sempre di grande attualità. Con Eugenio Allegri e Laura Curino. di Andrea Camilleri Corte, 15 – 20 dicembre regia di Giuseppe Dipasquale Molto rumore per nulla di William Shakespeare Corte, 19 – 24 gennaio regia di Gabriele Lavia Festa di famiglia di Mitipretese e Andrea Camilleri da Luigi Pirandello Duse, 2 – 6 dicembre regia di Manuela Mandracchia, Alvia Reale, Sandra Toffolatti, Mariangeles Torres Quattro attrici (Roma ore 11) e il loro insegnante all’Accademia (Andrea Camilleri) raccontano la famiglia borghese con le parole tratte da un pugno di opere di Luigi Pirandello. Storia di una convivenza fatta di recriminazioni, violenze mai riconosciute, odio, dolori profondi e non comunicabili; ma, infine, la maschera prende ancora una volta il sopravvento. Romolo il grande di Friedrich Dürrenmatt Corte, 9 – 13 dicembre regia di Roberto Guicciardini di Ottavia Fusco Duse, 30 novembre regia di Pasquale Squitieri Dal romanzo omonimo di Camilleri, una storia ambientata nella seconda metà dell’Ottocento nell’immaginaria Vigàta. Per inaugurare il Teatro Civico, il prefetto ha scelto un’opera che agli abitanti della cittadina non piace. Ne nasce una guerra civile che chiama in causa il Risorgimento, i briganti e la stessa unità d’Italia. Nato dal laboratorio teatrale tenuto da Gabriele Lavia con una ventina di giovani attori, lo spettacolo recupera il tono gioioso ed energico della commedia scespirana in un colorato allestimento, che traduce l’intrecciarsi dei complotti amorosi nel trionfo di una vitalità sopraeccitata e di un gioco teatrale sospeso tra virtuosismo atletico e commedia dell’arte. L’attore di Mario Soldati Duse, 16 – 20 dicembre regia di Giulio Bosetti Dall’omonimo romanzo di Mario Soldati, adattato da Tullio Kezich e Alessandra Levantesi: un regista racconta le sue disavventure con un attore da lui diretto a Cinecittà. Tra autobiografia e finzione tinta di giallo, una storia di ricatti, ambientata in Liguria e la Costa Azzurra, tra tavoli da gioco e senili passioni amorose. Con Virginio Gazzolo, Marina Bonfigli e Antonio Salines. La tempesta di William Shakespeare Corte, 26 – 31 gennaio regia di Andrea De Rosa Umberto Orsini nel ruolo del mago Prospero, ultimo grande personaggio della drammaturgia di Shakespeare. La vendetta e il perdono, la morte e la rinascita, le colpe dei padri espiate dai figli, la schiavitù e la ricerca della libertà: temi realistici e importanti, affrontati alla teatralissima luce dell’illusione e del sogno, nella quale l’uomo è condannato a vivere e ad agire. Pipino il breve di Tony Cucchiara Corte, 26 – 31 dicembre regia di Giuseppe Di Martino e Giuseppe Dipasquale Dall’autore di Billy Elliot, il difficile reinserimento nella vita famigliare e sociale di un Hellzapoppin nel foyer della Corte novembre 2009 – gennaio 2010 – Ingresso libero Oltre agli incontri Intorno a Godot (vedi pag. 3) e alla Mostra dedicata a Gian Franco Padovani (vedi pag. 8), nel foyer del Teatro della Corte il programma prevede: Giovedì 12 novembre, ore 17 Dal Teatro al Cinema conversazione con Giuliano Montaldo a cura di Umberto Basevi in collaborazione con l’Associazione per il Teatro Stabile di Genova Venerdì 13 novembre, ore 17 Donne, fiori, giardini e paraventi letture da Il libro del guanciale e da I racconti di Ise in collaborazione con l’Associazione “L’incantevole aprile” Venerdì 8 gennaio, ore 17.30 Ricordo di Ceccardo Roccatagliata Ceccardi intervengono Francesco De Nicola, Francesco Ristori, Alberto M. Roccatagliata in collaborazione con l’Associazione Culturale “Conoscere Genova” Venerdì 22 gennaio, ore 17.30 I poeti del mercato “Quando la cultura incontra la pubblicità” Fra “La Riviera Ligure” e la Belle Epoque (1985-1920) a cura di Maria Novaro in collaborazione con la Fondazione Mario Novaro Venerdì 29 gennaio, ore 17.30 I poeti del mercato “Quando la cultura incontra la pubblicità” La rivoluzione della “reklame” (1920- 1945) a cura di Claudio Bertieri in collaborazione con la Fondazione Mario Novaro Stufo dei vecchi sistemi? Sulle orme di Juliette Greco, la cantante e attrice Ottavia Fusco ha convinto alcuni intellettuali e artisti a scrivere per lei una canzone. Nasce così Gli anni zero: un cd, e ora anche un recital, cui hanno offerto il loro contributo originale tanti personaggi di punta della cultura, da Umberto Eco a Vittorio Sgarbi. Uno spettacolo “dal vivo”, commentato dalle immagini realizzate dallo stesso regista Pasquale Squitieri. La caduta dell’Impero Romano d’Occidente raccontata con toni tragicomici da un grande drammaturgo svizzero. Mentre Odoacre avanza nel nord d’Italia, a Ravenna Romolo Augustolo si interessa solo all’allevamento dei polli, perché non crede più agli ideali di una civiltà in declino. Con Mariano Rigillo, Anna Teresa Rossini e Virgilio Zernitz. Prenditi cura di me di Giampiero Rappa Duse, 9 – 13 dicembre regia di Giampero Rappa Zio Vanja di Anton Cechov Corte, 1 – 6 dicembre regia di Gabriele Vacis Sullo sfondo della vita quotidiana nella Russia di fine Ottocento, Cechov racconta le passioni umane e la tragedia o, se si preferisce, la commedia dell’esistere. Un capolavo- Un cardiochirurgo diventa Assessore alla Salute con il dichiarato intento di ripulire il sistema sanitario sempre più corrotto dalle interferenze politiche. Nasce così una sfida che mette a dura prova la sua stabilità emotiva e lo costringe a progettare una nuova vita. Diretta dall’autore, una commedia amara con giovani attori molti dei quali formatisi allo Stabile di Genova. palcoscenico e foyer Ministero Beni e Attività Culturali soci fondatori Un grande musical per raccontare il matrimonio tra Pipino il Breve e Berta la Piedona, da cui nacque Carlo Magno. Riedizione di un classico, insieme retrò e moderno, che incanta e diverte. Lo spettacolo ideale per trascorrere una serata durante le feste natalizie. Un evento corale che mescola la commedia musicale hollywoodiana con la tradizione dei pupi siciliani. COMUNE DI GENOVA Il piacere dell’onestà numero 28 • ottobre 2009 | gennaio 2010 Edizioni Teatro Stabile di Genova piazza Borgo Pila, 42 | 16129 Genova www. teatrostabilegenova.it Presidente Prof. Eugenio Pallestrini Direzione Carlo Repetti e Marco Sciaccaluga di Luigi Pirandello Corte, 12 – 17 gennaio regia di Fabio Grossi Leo Gullotta torna all’amato Pirandello per raccontare la storia di un uomo dalla dubbia moralità, che accetta di sposare “per il puro piacere dell’onestà” una ragazza di buona famiglia che aspetta un bambino da un uomo maritato e socialmente rispettabile. Una tragicommedia che ancora una volta dimostra la convenzionalità della distinzione sociale tra essere e apparire. ...e allora cambia! PROVINCIA DI GENOVA REGIONE LIGURIA sostenitore sostenitore sostenitore della stagione Direttore responsabile Aldo Viganò Collaborazione Annamaria Coluccia Segretaria di redazione Monica Speziotto Autorizzazione del Tribunale di Genova n° 34 del 17/11/2000 Progetto grafico: art: Bruna Arena, Genova (17709) Stampa: Tipolitografia Essegraph s.r.l., Genova www.amorchio.it Ispirato all’omonima autobiografia di Don Andrea Gallo. Un viaggio attraverso i ricordi, le persone, la storia sociale, politica e religiosa del nostro paese, vista attraverso gli occhi Il birraio di Preston Il nuovo modo di fare informazione Quotidiano ON-LINE di cultura e tempo libero in Liguria ottobre 2009 | gennaio 2010 8l G I A N F R A N CO P A D O VA N I nel Foyer della Corte dal 17 novembre al 20 dicembre, una mostra di bozzetti e modellini scenografici voluta dal Comune di Cortona Artista e tecnico della scena Tra il 1963 (I due gemelli veneziani) e il 1985 (Retrò), Gian Franco Padovani ha firmato le scene (e sovente anche i costumi) di quarantacinque spettacoli prodotti dal Teatro Stabile di Genova. Per oltre un decennio, Padovani è stato lo scenografo di riferimento degli allestimenti realizzati dalla direzione Chiesa-Squarzina, contrassegnando con la sua creatività visiva gli spettacoli del “teatro documento” (Il processo di Savona, Cinque giorni al porto, 8 settembre, Rosa Luxemburg) e quelli tratti da opere letterarie (La coscienza di Zeno, Il fu Mattia Pascal), ma anche la stagione brechtiana (Madre Courage e i suoi figli, Il cerchio di gesso del Caucaso) Una lunga carriera, quella di Gian Franco Padovani, che si dipana fin dai primi anni Cinquanta del secolo scorso e che lo ha visto protagonista nei maggiori e più prestigiosi teatri italiani così come in importanti produzioni televisive. Uomo schivo, abituato a stare dietro le quinte piuttosto che alle luci della ribalta, Gian Franco confessa di aver intrapreso il mestiere - più che la carriera - di scenografo quasi per caso, partendo con una grande passione per il disegno in anni - quelli dell’immediato dopoguerra - in cui si ricominciava a vivere in libertà, molti teatri riprendevano attività interrotte da tempo e si riaprivano le frontiere alla cultura europea e d’oltre oceano. In questo clima di fervente e vivace attività anche teatrale, quindi, Padovani è studente all’Accademia di Belle Arti di in discesa e mi sono divertito tantissimo... quasi quasi l’avrei fatto anche gratis!». Ancora studente, comincia a lavorare con il regista Fantasio Piccoli e il suo “Carrozzone”, un’esperienza straordinaria per un giovane che si affacciava sul mondo del teatro, l’occasione di fare grandi ed importanti produzioni con attori destinati agli allori. Poi, dopo le significative collaborazioni con i Teatri Stabili di Bolzano e Trieste, nel 1962 arriva l’incontro determinante con Luigi Squarzina, regista mentore ed amico (con cui, dice Padovani, «abbiamo da subito e sempre condiviso uno stesso linguaggio»), e per suo tramite l’approdo allo Stabile di Genova che si concreterà in un lungo sodalizio artistico durato circa vent’anni. La mostra voluta dal comune di Cortona, e ora riproposta nel foyer del Teatro della Corte, non intende essere una mostra antologica sull’opera omnia di Gian Franco Padovani; si propone piuttosto di offrire un percorso, un’idea della sua poetica e della sua tecnica attraverso bozzetti, figurini, costumi relativi ad alcuni allestimenti particolarmente significativi, sia dal punto di vista della messa in scena che della costruzione scenografica. Vengono presentati quindi alcuni allestimenti scenografici realizzati con e per il Manifesto per lo spettacolo (1971) «Questa mostra mi ha dato l’occasione di rivedere quello che ho fatto e, riguardando i miei disegni oggi - se non fossi io -, direi che è il lavoro di un buono scenografo o comunque di uno che ha una linea ben precisa e che non la tradisce mai». G.F.P. I d u e g e m e l l i v e n e z i a n i ( 1 9 6 3 ) b oz ze t to p e r u n a s ce n a Sotto: la piattaforma girevole di Madre Courage (1969) Brera dove la passione per il disegno viene educata e destinata alla scenotecnica e alla scenografia. «Eravamo in sette allora a Brera (adesso credo siano circa 400!), lì ho incontrato maestri decisivi per me e ho potuto imparare ad amare il teatro anche nei suoi aspetti tecnici. L’anno del diploma sono uscito solo io; perciò, essendo un momento in cui c’era tantissimo lavoro perché tutti i teatri ricominciavano a produrre a pieno ritmo, ho lavorato da subito e con i più grandi, ho avuto una strada veramente e quella goldoniana (oltre I due gemelli, anche Una delle ultime sere di Carnovale, I rusteghi, La casa nova); proseguendo poi più sporadicamente negli anni seguenti, nel corso dei quali ha comunque realizzato altri spettacoli significativi, quali Al pappagallo verde e La contessina Mizzi per la regia di Luca Ronconi. B ozzetto per la scena e per due costumi dei Rusteghi (1969). Sotto: La coscienza di Zeno (1964) bozzetto per una scena «Il costume teatrale è appunto un costume, non è un vestito; è fatto apposta per quell’occasione, è dipinto apposta, è tagliato per aiutare sia l’attore che il pubblico. Deve essere tutto studiato, niente lasciato al caso: i colori, la sagoma, la ricchezza. Va interpretato a seconda delle epoche, del periodo, dell’ambiente. Può essere pensato addirittura per contrasto; ad esempio in un ambiente tristissimo fai un costume chiassosissimo che può essere di grande contrasto e portare allo sbalordimento, ma è sempre una provocazione funzionale ad una migliore comprensione da parte del pubblico». G.F.P. (continua da pag.1) Teatro Stabile di Genova nel periodo 1963 - 1987, alcune soluzioni scenografiche per l’opera lirica del Teatro Carlo Felice di Genova tra il 1975 e il 2007 e interessanti foto di scena e bozzetti di sceneggiati per la televisione. Estratti dal Catalogo della Mostra Gian Franco Padovani scenografo e costumista S c h i z z i p e r a l c u n i co s t u m i d i I l f u M a t t i a Pa s c a l ( 1 9 7 4 ) A seguire poi molti ospiti e testi intriganti, che vedranno ad esempio a fianco di Don Gallo che racconta la sua avventura di prete e di uomo, proporsi Massimo Popolizio interprete delle parole di un “diverso” eccellente quale Cyrano de Bergerac, o al Birraio di Preston creato dalla prolifica penna di Andrea Camilleri seguire il testo di un suo famoso conterraneo, Luigi Pirandello, interpretato da uno degli attori più interessanti del teatro italiano, Leo Gullotta. E così, mentre intorno a noi il mondo continua a girare su orbite sempre più difficili da interpretare, noi cerchiamo, in quest’isola che è il teatro, di proporvi serate con le quali stimolare la mente e scaldare il cuore. “D’altra parte”, come dice Vladimiro a Estragone «a che serve scoraggiarsi adesso. Bisognava pensarci secoli fa, verso il millenovecento». Carlo Repetti La fotografia a Genova Otto Hofmann. La poetica del Bauhaus 16 ottobre – 14 febbraio 2010 Nell’ambito della mostra una sezione fotografica con 50 fotografie originali di artisti della scuola del Bauhaus (Moholy-Nagy, Lucia Moholy, Florance Henri, Walter Peterhans, Lux Feininger, Piet Zwart, Franz Roh, Greta Stern e Otto Hofmann). ottobre 2009 | gennaio 2010 Est/Ovest Berlino, novembre 1989 Mario Dondero 9 novembre – 7 gennaio 2010 Miracolo Mediterraneo, la città sorta dalla sabbia Avram Soskind e Ziv Koren 23 ottobre – 22 novembre Che ci faccio io qui? Bruce Chatwin 11 – 22 novembre 2009 Russia Henri Cartier-Bresson 4 dicembre – 14 febbraio 2010