Lezione 3 Le variabili aggregate: Consumi ed investimenti

Corso di Economia Politica 2007/08
prof. G. Di Bartolomeo
Lezione 3
Le variabili aggregate:
Consumi ed investimenti
Facoltà di Scienze della Comunicazione
Università di Teramo
Perché la macroeconomia
I problemi illustrati nelle lezione precedente (disoccupazione,
inflazione, fluttuazioni del Pil) mostrano evidenti legami
(curva di Phillips, legge di Okun).
Perciò non vanno studiati isolatamente
ma tenendo conto di questi legami.
La macroeconomia fa appunto questo.
Studia il funzionamento di un sistema economico nel suo insieme, mettendo in luce i legami tra i vari fenomeni economici.
Per riuscirci riduce drasticamente il numero dei soggetti
e dei beni (perciò anche dei prezzi e dei mercati).
Lo fa considerando grandezze aggregate.
Grandezze aggregate
Invece di n beni generici (come si fa in microeconomia) in
macroeconomia si considerano solo i seguenti:
1. Il prodotto (Y ) che rappresenta tutti i beni e servizi prodotti
(corrisponde al Pil). Esso può essere consumato (C ) o usato
come mezzo di produzione (I ). I mezzi di produzione
accumulati in passato costituiscono il capitale (K ).
2. Il lavoro (N ), che è l’altro mezzo di produzione (con K ).
3. La moneta (M ), che è l’unico mezzo di pagamento.
4. Un titolo a reddito fisso (B ) acquistato da chi risparmia.
Questo se si escludono scambi con l’estero (economia “chiusa”). Per modellare le economie “aperte” vanno aggiunti almeno il prodotto estero (YF), la moneta estera, o valuta ($), e il titolo estero (BF).
Soggetti aggregati
Anche il numero dei soggetti viene drasticamente ridotto:
1. Le FAMIGLIE. Esse aggregano tutti i consumatori della
microeconomia. Sono proprietarie delle imprese (di cui
incassano i profitti) e offrono lavoro. Spendono i loro redditi
(da capitale o da lavoro) acquistando “pezzi” di Y per
consumo (C ) o titoli B per risparmio (S ).
2. Le IMPRESE. Esse producono Y , impiegando N e K , e lo
vendono alle famiglie (C ), alle stesse imprese − investimenti
(I ) − o allo Stato (G ); per finanziarsi possono emettere titoli.
3. Lo STATO. Acquista beni e servizi − spesa pubblica (G ) − ed
effettua trasferimenti alle famiglie (Tr ). Si finanzia col
prelievo fiscale (T ), oppure emettendo moneta e titoli.
Questo nei modelli più semplificati.
Vi sono altri soggetti (come le BANCHE e la BANCA CENTRALE).
Prezzi e mercati
Abbiamo quattro beni, perciò anche quattro prezzi e quattro
mercati : del prodotto, del lavoro, del titolo e della moneta.
1. Il prezzo del prodotto è il livello generale dei prezzi P.
2. Il prezzo del lavoro è il salario nominale W.
3. Il prezzo del titolo ( P b); vedremo che esso ha una relazione
inversa col tasso di interesse r : P b  br con b ′ r  0 .
4. Il prezzo della moneta è 1 (la moneta funge da numerario).
I prezzi relativi si ottengono dividendo i prezzi per P : abbiamo
perciò il salario reale W/P e il valore reale della moneta 1/P.
La distinzione tra grandezze nominali , ossia espresse in euro, e grandezze
reali , ossia espresse in unità di prodotto, è molto importante. Le grandezze
reali si ottengono dalle corrispondenti grandezze nominali dividendole per P.
Prodotto nazionale e reddito nazionale
Le IMPRESE producono i beni Q , li vendono al prezzo P e
incassano i profitti π (che distribuiscono alle FAMIGLIE)
  Rt − Ct 
 P Q − W N  r   P K  P Mp 
Il prodotto nazionale Y è il valore dei beni e servizi prodotti
al netto dei beni e servizi consumati per produrli. Ossia:
Y  PQ − Mp − K
Poniamo P = 1 (per semplicità). Segue allora: Y  WN  rK  
Ovvero, il prodotto nazionale è uguale alla somma di tutti i redditi.
Y rappresenta sia il prodotto nazionale sia il reddito nazionale.
Reddito nazionale (Y ) e reddito disponibile (Yd ) delle famiglie:
Yd = Y − SI − T + Tr (profitti non distribuiti, prelievo, trasf.)
Vincoli di bilancio
Un mondo semplificato: solo IMPRESE e FAMIGLIE (niente STATO)
Altra semplificazione: tutti i profitti sono distribuiti (SI = 0)
Perciò: Yd = Y
Bilancio delle imprese :
ENTRATE:
Q + ∆BS
Ip: P = 1, Pb = 1
USCITE: Mp + WN + rK + δK + π + I
Q + ∆BS = Mp + WN + rK + π + I + δK
∆BS = I
Bilancio delle famiglie :
ENTRATE: Yd = Y
USCITE:
Y =C+S
Y = C + ∆BD
C + S = C + ∆Bd
La “legge di Walras”
Sommiamo membro a membro i due vincoli di bilancio:
Y + ∆BS = C + ∆BD + I
Portiamo tutto al secondo membro e riordiniamo:
(C + I − Y ) + (∆BD − ∆BS ) = 0
Prima parentesi: eccesso di domanda nel mercato dei beni ;
Seconda parentesi: eccesso di domanda nel mercato dei titoli .
Legge di Walras :
• la somma (dei valori) dei due eccessi di domanda è nulla ;
• se in un mercato c’è equilibrio, c’è per forza equilibrio
anche nell’altro;
• gli eccessi di domanda hanno segno opposto.
Essa mette in luce il legame tra i due mercati.
Domanda. Come mai nella legge di Walras non compare il mercato del lavoro?
Prezzi fissi?
Nella formula della “legge di Walras” non compaiono i prezzi
(avevamo posto, per semplicità, P = 1, Pb = 1)
È giustificato trascurare i prezzi? Sì e no.
Sì, se supponiamo che P non reagisce a un eccesso di domanda
nel mercato dei beni (ipotesi di prezzi fissi ).
Secondo questa ipotesi, i prezzi variano solo nel lungo periodo.
In molti mercati dei beni questa ipotesi è giustificata.
Assumendo prezzi fissi, la “legge di Walras” ci consente di concentrarci solo sul mercato dei beni (trascurando quello dei titoli).
Anche nel mercato del lavoro questa ipotesi è giustificata.
Questo significa appunto che se c’è un eccesso di domanda negativo nel mercato del lavoro (disoccupazione) il salario non varia (ipotesi di salari rigidi).
I salari variano solo nel lungo periodo. Nel breve può non esserci equilibrio.
Spesa aggregata e domanda effettiva
Nel mercato dei beni c’è equilibrio quando la produzione è
sufficiente a soddisfare tutte le richieste (di famiglie e imprese):
Y =C+I
L’espressione al secondo membro si chiama spesa aggregata :
C+I=E
Quando non c’è equilibrio (Y ≠ E ) i prezzi non variano (per ipotesi).
Variano invece le quantità prodotte : se la produzione supera la
spesa aggregata (Y > E ), le imprese producono meno (∆Y < 0); se
il prodotto è inferiore alle richieste (Y < E ), le imprese accrescono
la produzione (∆Y > 0). La produzione si adegua alla domanda.
 βE − Y  con β > 0.
Questa equazione si chiama “principio della domanda effettiva ”.
Vale cioè l’equazione differenziale
dY
dt
Le ipotesi del modello
Ricordiamo ancora le ipotesi del modello:
1. prezzi “fissi”;
2. la produzione si adegua alla domanda.
Perché valga 2 occorre una terza ipotesi:
3. disponibilità di capacità produttiva inutilizzata.
Perciò si tratta di un modello di breve periodo.
Abbiamo una condizione di equilibrio (Y = E ) e una equazione
che descrive il comportamento di Y fuori dell’equilibrio, cioè il
principio della domanda effettiva, ossia ∆Y = β(E − Y ).
Per determinare il valore di equilibrio di Y, e per studiarne la
“convergenza” all’equilibrio, dobbiamo stabilire da che dipende
la spesa aggregata E, ossia da che dipendono le sue componenti,
il consumo C e l’investimento I.
Fatti stilizzati su C e I
Sul consumo :
1. c’è una forte correlazione, nel lungo periodo, tra consumo
(C ) e prodotto (Y ):
Consumo delle famiglie
Consumo e Pil
Italia 1960-2004
Pil
“Comovimento” di C e Y - Italia
2. C’è un chiaro “comovimento” tra fluttuazioni di C e
fluttuazioni di Y (vedi qui il comovimento in Italia);
"Comovimento" di Consumo e Pil
4
(Italia - scarti dai trend HP)
3
2
1
0
-1
-2
Pil
Consumo
-3
2000
1995
1990
1985
1980
1975
1970
1965
1960
-4
“Comovimento” di C e Y - Usa
e vedi qui il “comovimento” negli Usa:
8
Var% Pil
Var% Consumo
6
4
2
0
Comovimento di consumo e Pil
-2
(Usa - 1960-2002)
2000
1995
1990
1985
1980
1975
1970
1965
1960
-4
Consumo e reddito disponibile
Nel grafico è
rappresentata la
situazione negli
Usa:
il consumo è
praticamente
proporzionale al
reddito disponibile.
10
Consumo e reddito disponibile
(Usa − 1960-2004)
8
Consumo delle famiglie
3. il consumo varia
col reddito
disponibile:
6
C = 0.95Yd
4
2
0
0
2
4
6
Reddito disponibile delle famiglie
8
10
Fatti stilizzati sull’investimento
1. l’investimento è più volatile del consumo; le sue fluttuazioni
sono più ampie:
Fluttuazioni del Consumo e dell'Investimento
15
(Italia - Scarti dai trend HP)
10
5
0
-5
-10
Investimento
Consumo
-15
2000
1995
1990
1985
1980
1975
1970
1965
1960
-20
Investimento e Pil
2. la correlazione tra le fluttuazioni di I e quelle di Y è meno
chiara e richiede qualche spiegazione:
20
Dinamica di Investimento e Pil
15
(Italia - 1960-2004)
Var% dell'Investimento
10
5
0
-5
-10
-15
-3
0
3
Var% del Pil
6
9
Da che dipendono C e I ?
Per cercare di tener conto dei fatti stilizzati su C e I,
assumeremo, in prima approssimazione, quanto segue:
Sul consumo :
C = C(Yd )
0 < C′ < 1
Il consumo è una funzione crescente del reddito disponibile
(con derivata minore di uno).
Sull’investimento :
I  Ī
L’investimento è autonomo.
Una grandezza è detta “autonoma” quando non dipende da Y.
La funzione del consumo
Assumiamo una specificazione lineare della relazione tra
consumo e reddito disponibile :_
_
C = C + cYd
• C > 0 è il consumo autonomo .
• 0 < c < 1 è la propensione marginale al consumo .
Non c’è lo Stato, sicché si
_
ha Yd = Y . Segue allora:
C
_
C = C + cY
C = C + cY
Il grafico della funzione del
consumo è presentato nella
figura. È una retta crescente
con intercetta positiva e
inclinazione inferiore a 45°
_
C
0
c
Y