CORNELIO NEPOTE
Cornelio Nepote è un erudito originario della Gallia Cisalpina che dal 92 al 24 a.C. visse a Roma,
del tutto estraneo alle lotte civili di quel periodo torbido e convulso che portò alla nascita del
principato di Augusto, dedito soltanto agli studi e all’attività letteraria. Di famiglia aristocratica, fu
in amicizia con Cicerone, Varrone, Pomponio Attico e Catullo, che gli dedicò il lepidus libellus dei
suoi carmi.
Scrisse varie opere, quasi tutte perdute, tra cui si ricordano una storia universale intitolata Chronica,
in tre libri, giudicati da Catullo docti et laboriosi; una raccolta di aneddoti e curiosità intitolata
Exempla, in almeno cinque libri; un trattato di geografia, e carmi in linea con lo stile dei poetae novi
con cui era in relazione.
Un’altra opera che merita un cenno particolare è il De viris illustribus, una raccolta di biografie di
personaggi famosi suddivisi per categorie: re, generali, poeti, uomini politici, oratori, filosofi ecc.;
era almeno in sedici libri, raggruppati in otto sezioni, ciascuna divisa in due libri dedicati
rispettivamente agli stranieri, per lo più greci, e ai romani, così da consentire un confronto tra i due
gruppi. Questa novità del confronto era molto interessante e sarà ripresa, con ben altra passione,
nelle Vite parallele del greco Plutarco, vissuto dal 60 al 120 d.C.
Anche questa opera imponente però è andata quasi tutta perduta: avanzano soltanto il Liber de
excellentibus ducibus exterarum gentium e due biografie appartenenti al libro De Latinis historicis,
quelle di Catone e di Attico.
Nepote propriamente non è uno storico, ma un erudito, per cui non gli si deve chiedere la profondità
di pensiero e il senso critico dello storico; prevale in lui il gusto per le curiosità e per gli aneddoti, in
quanto mira a finalità moralistiche e pedagogiche offrendo, attraverso le biografie di personaggi
illustri, esempi di grande valore e di elevate virtù morali e civili. Questo fatto, unito al pregio di uno
stile semplice, chiaro e preciso, con un’abile mescolanza di elementi classici e popolari, ha
determinato il successo di questo autore a cui attinsero eruditi di spicco, come Plinio, Frontone,
Svetonio e anche un cristiano come S. Gerolamo. Oltre a ciò, proprio per i valori etici e l’humanitas
che trasmette dalle sue pagine, Nepote è stato sempre ritenuto un autore altamente educativo e per
questo lo si trova proposto, in ogni epoca, come libro di lettura nelle scuole.
Dall’opera di Cornelio Nepote presentiamo la biografia di Milziade, l’artefice della vittoria ateniese
di Maratona sui Persiani nel 490 a.C., e quella di Annibale, il fiero avversario di Roma nella
seconda guerra punica (218-202 a.C.).
La biografia di Milziade
1. Milziade guida i coloni verso il Chersoneso
Alla guida dei coloni che gli Ateniesi inviano nel Chersoneso viene designato Milziade, secondo il
responso della Pizia; passando per l’isola di Lemno Milziade chiede la sottomissione degli abitanti,
ma quelli rispondono che lo faranno quando arriverà all’isola dalla patria col favore del vento
aquilone.
Miltiades, Cimonis filius, Atheniensis, cum et antiquitate generis et gloria maiorum et sua modestia
unus omnium maxime florēret eāque esset aetate, ut non iam solum de eo bene sperare, sed etiam
confidere cives possent sui talem eum futurum1 qualem cognĭtum iudicarunt,2 accĭdit ut
Athenienses Chersonesum3 colonos vellent mittere. Cuius generis cum magnus numerus esset et
multi eius demigrationis peterent societatem, ex his delecti4 Delphos5 deliberatum missi sunt qui
consulerent Apollinem, quo potissimum duce uterentur. Namque tum Thraeces eas regiones
tenebant, cum quibus armis erat dimicandum. His consulentibus nominatim Pythia praecepit ut
Miltiadem imperatorem sibi sumerent: id si fecissent, incepta prospera futura. Hoc oraculi responso
Miltiades cum delecta manu classe Chersonesum profectus6 cum accessisset Lemnum7 et incolas
eius insulae sub potestatem redigere vellet Atheniensium, idque Lemnii sua sponte facerent
postulasset, illi irridentes responderunt tum id se facturos, cum ille domo navibus proficiscens vento
aquilone venisset Lemnum. Hic enim ventus, ab septentrionibus oriens, adversum tenet Athenis
proficiscentibus.8 Miltiades morandi tempus non habens cursum direxit quo tendebat, pervenitque
Chersonesum.
Cornelio Nepote, Miltiades, 1
1
futurum: sott. esse; nel brano trovi altre frasi ellittiche del verbo sum. 2 cognĭtum iudicarunt: «giudicarono dopo
averlo provato»; iudicarunt è una forma sincopata per iudicaverunt; analogamente, più avanti, postulasset =
postulavisset. 3 Chersonesum: il Chersoneso di Tracia, l’attuale penisola di Gallipoli; osserva il complemento di moto a
luogo senza preposizione. 4 delecti: «uomini scelti», cioè «una commissione» di cittadini (in tal caso, i verbi al
singolare). 5 Delphos: città della Focide, famosa per il santuario di Apollo che dava oracoli per mezzo di una
sacerdotessa detta Pizia (vedi poco dopo). 6 profectus = cum profectus esset. 7 Lemnum: isola dell’Egeo, oggi
Stalimene. 8 adversum tenet… proficiscentibus: «soffia in direzione contraria per coloro che…»; proficiscentibus è
dativo di relazione.
2. Milziade occupa le Cicladi
Milziade colonizza il Chersoneso e vi si stabilisce, ottenendo per merito delle sue doti un potere
continuativo, simile a quello regale; tornato a Lemno chiede nuovamente la sottomissione, e gli
abitanti emigrano altrove senza opporre resistenza; con pari fortuna occupa anche le altre Cicladi.
Ibi1 brevi tempore barbarorum copiis disiectis, tota regione, quam petiĕrat, potitus, loca castellis
idonea communiit, multitudinem quam secum duxĕrat in agris collocavit, crebrisque excursionibus
locupletavit. Neque minus in ea re prudentia quam felicitate adiutus est. Nam cum virtute militum
devicisset hostium exercitus, summa aequitate res constituit atque ipse ibīdem manere decrevit. Erat
enim inter eos dignitate regia, quamvis carebat nomine, neque id magis imperio quam iustitia
consecutus.2 Neque eo setius Atheniensibus, a quibus erat profectus, officia praestabat. Quibus
rebus fiebat ut non minus eorum voluntate perpetuo imperium obtinēret qui misĕrant, quam illorum
cum quibus erat profectus. Chersoneso tali modo constituta, Lemnum revertĭtur et ex pacto3 postulat
ut sibi urbem tradant. Illi enim dixĕrant, cum vento borĕa domo profectus eo pervenisset, sese
dedituros:4 se autem domum Chersonesi5 habere. Cares,6 qui tum Lemnum incolebant, etsi praeter
opinionem res cecidĕrat, tamen non dicto, sed secunda fortuna adversariorum capti, resistere ausi
non sunt atque ex insula demigrarunt.7 Pari felicitate ceteras insulas, quae Cyclădes8 nominantur,
sub Atheniensium redegit potestatem.
Cornelio Nepote, Miltiades, 2
1
Ibi: nel Chersoneso. 2 consecutus: sott. erat. 3 ex pacto: la promessa degli abitanti, come detto nel capitolo precedente
(e ricordato nella frase che segue), che si sarebbero arresi quando Milziade fosse giunto dalla patria navigando col vento
aquilone; ora Milziade veniva dalla nuova patria, appunto dal nord. 4 dedituros: sott. esse. 5 Chersonesi: stato in luogo,
in genitivo come con i nomi propri di città, villaggio e piccola isola della prima e seconda declinazione singolare. 6
Cares: «Carii», così chiamati perché originari della Caria, una provincia dell’Asia Minore; sono i Lemnii del cap.
precedente. 7 demigrarunt: forma sincopata per demigraverunt. 8 Cyclădes: «Cicladi», un arcipelago di 220 isole così
chiamate perché disposte in serie concentriche (dal greco kyklos, «cerchio») attorno alla maggiore isola di Delo; altre
isole importanti sono Andro, Tino, Nasso, Amorgo, Paro. Un altro arcipelago dell’Egeo è quello delle isole Sporadi,
poste tra le Cicladi e Creta, così dette perché disposte invece in forma sparsa (dal greco sporàden, «sparsamente»).
3. Milziade propone di liberare la Grecia
Quando il re Dario fa costruire un ponte sul Danubio per compiere una spedizione contro gli Sciti,
Milziade propone di distruggere il ponte, impedendogli così il ritorno e liberando con ciò le città
greche della Ionia dall’oppressione dei Persiani; poiché la proposta non viene accolta dagli altri
custodi del ponte, in particolare per l’opposizione di Istieo, tiranno di Mileto, è costretto a lasciare
il Chersoneso e a tornare ad Atene.
La prima parte di questo capitolo si trova nel secondo eserciziario, p. 148, versione n. 56;
presentiamo una ripresa del brano e la conclusione del capitolo, in cui si elogia Milziade per aver
anteposto la libertà dei cittadini al potere personale.
Si cum iis copiis quas secum transportarat1 interisset Darīus,2 non solum Europam fore tutam, sed
etiam eos qui Asiam3 incolĕrent, Graeci genere, liberos a Persarum futuros4 dominatione et
periculo: id facile effĭci posse.5 Ponte enim rescisso, regem vel hostium ferro vel inopia paucis
diebus interiturum. Ad hoc consilium cum plerīque accederent, Histiaeus Milesius6 ne res
conficeretur obstĭtit, dicens non idem ipsis, qui summas imperii tenerent, expedire et multitudini,
quod Darīi regno ipsorum niteretur dominatio: quo exstincto, ipsos potestate expulsos civibus suis
poenas daturos. Ităque adeo se7 abhorrere a ceterorum consilio, ut nihil putet ipsis utilius quam
confirmari regnum Persarum. Huius cum sententiam plurimi essent secuti, Miltiades, non dubitans
tam multis consciis ad regis aures consilia sua perventura, Chersonesum reliquit ac rursus Athenas
demigravit. Cuius ratio etsi non valuit, tamen magnopere est laudanda, cum amicior omnium
libertati quam suae fuĕrit dominationi.
Cornelio Nepote, Miltiades, 3
1
transportarat: forma sincopata per transportavĕrat. 2 Darīus: si tratta di Dario I, figlio di Istaspe, successore di
Cambise; vissuto dal 550 al 485 a.C., estese e organizzò il vasto impero persiano, che divise in venti satrapie, o
governatorati. 3 Asiam: si intende l’Asia Minore. Gli Sciti, contro i quali Dario faceva la spedizione, erano popolazioni
nomadi, alquanto selvagge, che abitavano a nord del mar Nero e del Caspio; le città greche della Ionia invece erano
colonie greche dell’Asia Minore, che avevano dovuto sottostare alla dominazione persiana. 4 futuros: sott. esse, come
forme analoghe che seguono. 5 effĭci posse: «si poteva fare»; è una forma di discorso indiretto, come nelle frasi che
seguono. 6 Histiaeus Milesius: «Istieo di Mileto»; era un avventuriero greco creato tiranno della città da Dario verso il
519 a.C., per cui si spiega la sua difesa del ponte sul Danubio nella campagna contro gli Sciti. Dal 510 a.C. fu anche
intimo consigliere di Dario a Susa, ma in seguito lo tradì guidando la ribellione degli Ioni contro il dominio persiano,
preparata da suo genero Aristagora. Costretto a fuggire, fu catturato e condannato a morte da Artaferne, fratello di Dario
e governatore di Sardi, nel 494 a.C. 7 se: «egli», discorso indiretto.
V. anche le letture:
Motivi del conflitto tra Greci e Persiani.
Le prime imprese di Milziade.
4. I Persiani sbarcano a Maratona
Dario si propone di sottomettere la Grecia, col pretesto di punire Atene ed Eretria che avevano
inviato venticinque navi ad appoggiare l’insurrezione della Ionia, repressa in sette anni di lotta
(499-493). Perciò fa allestire una spedizione, guidata da Dati e Artaferne, costituita da una flotta
di cinquecento navi, 200.000 fanti e 10.000 cavalieri (cifre chiaramente ingrandite per esaltare
maggiormente l’impresa degli Ateniesi). L’armata persiana dapprima sbarca nell’Eubea e
conquista Eretria, poi si accosta all’Attica e sbarca a Maratona. Gli Ateniesi chiedono aiuti agli
Spartani e creano dieci strateghi, tra i quali Milziade. Alcuni degli strateghi propongono di
disporsi a sostenere l’assedio e resistere dentro la città, Milziade invece propone di condurre
l’esercito fuori dalla città e affrontare i Persiani in battaglia campale, infondendo così coraggio
nei cittadini e disorientando gli avversari.
Questo brano si trova già nei materiali aggiuntivi online relativi al secondo eserciziario, nel
percorso 9, n. 25.
5. La vittoria di Maratona
Con gli aiuti inviati da Platea si forma un esercito di 10.000 soldati che Milziade, riuscito a far
approvare la sua proposta, conduce fuori dalla città e schiera nella pianura di Maratona. Il
comandante dei Persiani si trova in una posizione sfavorevole, ma accetta la battaglia confidando
nella superiorità del numero e per evitare che nel frattempo arrivino i rinforzi degli Spartani. Gli
Ateniesi attaccano con tale determinazione che volgono in fuga i Persiani, obbligandoli a cercare
riparo sulle navi.
Hoc in tempore nulla civitas Atheniensibus auxilio fuit praeter Plataeenses. Ea1 mille misit militum.
Ităque horum adventu decem milia armatorum completa sunt, quae manus mirabili flagrabat
pugnandi cupiditate. Quo factum est ut plus quam collegae Miltiades valeret. Eius ergo auctoritate
impulsi, Athenienses copias ex urbe eduxerunt locoque idoneo castra fecerunt. Deinde postero die
sub montis radicibus acie regione instructa non apertissuma2 proelium commiserunt (namque
arbores multis locis erant rarae) hoc consilio, ut et montium altitudine tegerentur et arborum tractu
equitatus hostium impediretur ne multitudine clauderentur. Datis etsi non aequum locum videbat
suis, tamen fretus numero copiarum suarum confligere cupiebat, eoque magis, quod, priusquam
Lacedaemonii subsidio venirent,3 dimicare utile arbitrabatur. Ităque in aciem peditum centum,4
equitum decem milia produxit proeliumque commisit. In quo tanto plus virtute valuerunt
Athenienses, ut decemplĭcem numerum hostium profligarint5 adeoque perterruĕrint, ut Persae non
castra, sed naves petiĕrint. Qua pugna nihil adhuc exstĭtit nobilius: nulla enim umquam tam exigua
manus tantas opes prostravit.
Cornelio Nepote, Miltiades, 5
1
Ea: osserva la concordanza a senso con Plataeenses, «gli abitanti di Platea». Platea è una città della Beozia che per
questo aiuto dato ad Atene verrà rasa al suolo da Serse nel 480 a.C., ma l’anno successivo sarà teatro di una strepitosa
vittoria dei Greci sui Persiani. 2 apertissuma: forma arcaica per apertissima. 3 priusquam Lacedaemonii subsidio
venirent: gli Spartani avevano promesso che avrebbero inviato aiuti alla fine delle feste Carnee (che terminavano al
plenilunio), durante le quali erano vietate operazioni militari. 4 peditum centum: osserva che nel capitolo precedente i
fanti erano 200.000; anche la cifra di 100.000 comunque non è attendibile, in realtà i Persiani dovevano essere non più
di 40.000. 5 profligarint: forma sincopata per profligavĕrint. La battaglia di Maratona ebbe luogo il 12 settembre del 490
a.C.; lo storico Erodoto riporta anche il numero dei caduti: 4600 Persiani, degli Ateniesi invece soltanto 192. Il monte
che domina la pianura è il Pentelico.
V. anche le letture:
La battaglia di Maratona.
La corsa della maratona.
6. Gli onori attribuiti a Milziade
A Milziade, che con la vittoria di Maratona ha liberato la Grecia dal pericolo della dominazione
persiana, viene conferito l’onore di essere raffigurato in una pittura che rappresenta la battaglia
come il primo dei dieci strateghi, nell’atto di incitare i soldati e di dare il segnale dell’attacco: un
onore elevato per quell’epoca, ben inferiore a quelli conferiti in epoca seguente, guastata dalle
elargizioni.
Cuius victoriae non alienum videtur quale praemium Miltiadi sit tributum docēre, quo1 facilius
intellĕgi possit eandem omnium civitatum esse naturam. Ut enim populi Romani honores quondam
fuerunt rari et tenues ob eamque causam gloriosi, nunc autem effusi atque obsoleti, sic olim apud
Athenienses fuisse reperīmus. Namque huic Miltiadi, qui Athenas totamque Graeciam liberarat,2
talis honos tributus est, in porticu, quae Poecĭle3 vocatur, cum pugna depingeretur Marathonia, ut in
decem praetorum numero prima eius imago poneretur isque hortaretur milites proeliumque
committeret. Idem ille populus, posteāquam maius imperium est nactus et largitione magistratuum
corruptus est, trecentas statuas Demetrio Phalerĕo4 decrevit.
Cornelio Nepote, Miltiades, 6
1
quo: usato al posto di ut, nelle finali con un comparativo di maggioranza. 2 liberarat: forma sincopata per liberavĕrat. 3
Poecĭle: «Pecile», un grande portico con pitture nel mercato di Atene; fu decorato da Polignoto, che operò a Platea,
Atene e Delfi tra il 475 e il 445 a.C.; fra le pitture del Pecile attribuite a lui si ricorda anche la presa di Troia; la pittura
della battaglia di Maratona sarebbe stata eseguita su incarico di Cimone, figlio di Milziade. 4 Demetrio Phalerĕo:
«Demetrio Falereo», così chiamato perché nato a Falero, un demo dell’Attica, intorno al 350 a.C.; fu al governo di
Atene dal 317 a.C.; dopo dieci anni di grandi benemerenze, conquistata la città da Demetrio Poliorcete, si rifugiò ad
Alessandria presso Tolomeo Lagide, di cui fu saggio consigliere; in seguito, bandito da Tolomeo Filadelfo, morì nel
283 a.C. nell’alto Egitto. Ricorda che Falero è anche il nome di un porto di Atene, prima del Pireo.
7. La condanna di Milziade
Dopo la vittoria di Maratona Milziade viene posto al comando di una flotta col compito di punire le
isole che avevano parteggiato per i Persiani. Cinta d’assedio Paro, un’isola delle Cicladi famosa
per i suoi marmi, è costretto dalla vista di un incendio notturno sulla terraferma, che fa pensare
all’arrivo di truppe nemiche, a togliere il blocco e a tornare ad Atene. Perciò viene accusato di
tradimento e condannato a una multa di cinquanta talenti; non potendo pagare una somma così
enorme, viene gettato in carcere, dove muore in seguito alle ferite riportate nell’assedio di Paro.
Secondo altre fonti, sarebbe stato scarcerato poco prima della morte.
Il testo di questo brano si trova nel secondo eserciziario, p. 269, n. 109.
V. anche la lettura: La fine di Milziade.
8. Il vero motivo della condanna di Milziade
La condanna di Milziade era stata motivata dall’accusa di tradimento in seguito all’insuccesso
nella spedizione contro l’isola di Paro; in realtà, si era trattato soltanto di un pretesto: il vero
motivo era il timore che Milziade, sfruttando il grande prestigio di cui godeva per la vittoria di
Maratona, instaurasse la tirannide ad Atene, come già Pisistrato: infatti anche nel Chersoneso
aveva esercitato un potere regale ed era stato chiamato tiranno. Così il popolo preferiva che fosse
condannato un innocente, piuttosto che arrischiare la perdita della libertà.
Hic etsi crimine Pario1 est accusatus, tamen alia causa fuit damnationis. Namque Athenienses
propter Pisistrati tyrannidem,2 quae paucis annis ante fuĕrat, omnium civium suorum potentiam
extimescebant. Miltiades, multum in imperiis magistratibusque versatus, non videbatur posse esse
privatus, praesertim cum consuetudine ad imperii cupiditatem trahi videretur. Nam Chersonesi
omnes illos quos habitarat3 annos perpetuam obtinuĕrat dominationem tyrannusque fuĕrat
appellatus,4 sed iustus. Non erat enim vi consecutus, sed suorum voluntate, eamque potestatem
bonitate retinebat. Omnes autem et dicuntur et habentur tyranni, qui potestate sunt perpetua in ea
civitate, quae libertate usa est. Sed in Miltiade erat cum summa humanitas tum mira communitas, 5
ut nemo tam humilis esset, cui non ad eum aditus patēret; magna auctoritas6 apud omnes civitates,
nobile nomen, laus rei militaris maxima. Haec populus respiciens, maluit illum innoxium plecti
quam se diutius esse in timore.
Cornelio Nepote, Miltiades, 8
1
crimine Pario: «per l’insuccesso di Paro», cioè per aver rinunciato all’assedio dell’isola, con la conseguente accusa di
tradimento, cioè di essere stato corrotto dal re dei Persiani. 2 Pisistrati tyrannidem: Pisistrato aveva instaurato la
tirannide ad Atene la prima volta nel 560 a.C., e in modo definitivo nel 539. Gli Ateniesi però detestavano soprattutto la
tirannide dei suoi figli, che gli succedettero nel 527, e che durò con Ippia fino al 510 a.C. 3 habitarat = habitavĕrat. 4
fuĕrat appellatus = appellatus erat. 5 communitas: «affabilità», «cortesia». 6 magna auctoritas: completa: magna erat
eius auctoritas. Il comportamento degli Ateniesi non deve sorprendere, in quanto molti dei più illustri e benemeriti
cittadini ebbero un trattamento simile: lo stesso Aristide, chiamato «il Giusto» per la sua rettitudine, fu ostracizzato nel
482 a.C. e sorte analoga toccò nel 472 a.C. a Temistocle, fautore della vittoria di Salamina nella spedizione di Serse del
480 a.C.
V. anche la lettura: La fine di Milziade.
La biografia di Annibale
1. Le grandi doti di Annibale e suo odio verso i Romani
Annibale fu un condottiero di somma abilità e dalle grandi doti militari; animato da un odio
implacabile contro i Romani, sembra che avrebbe potuto superarli, se non fosse stato indebolito in
patria dall’invidia dei suoi concittadini.
Hannĭbal, Hamilcaris filius, Karthaginiensis.1 Si verum est, quod2 nemo dubitat, ut populus
Romanus omnes gentes virtute superarit,3 non est infitiandum Hannibalem tanto praestitisse ceteros
imperatores prudentiā, quanto populus Romanus antecedat fortitudine cunctas nationes. Nam
quotienscumque cum eo congressus est in Italia, semper discessit superior.4 Quod nisi5 domi6
civium suorum invidiā debilitatus esset, Romanos videtur superare potuisse. Sed multorum
obtrectatio devicit unīus virtutem. Hic autem velut hereditate relictum odium paternum erga
Romanos sic conservavit, ut prius animam7 quam id deposuĕrit; qui quidem, cum patriā pulsus esset
et alienarum opum8 indigēret, numquam destitĕrit animo bellare cum Romanis.
Cornelio Nepote, Hannĭbal, 1
1
Karthaginiensis: sott. fuit, «era». 2 quod: «cosa di cui». 3 superarit: forma sincopata per superavĕrit. 4 semper discessit
superior: in realtà, Annibale in Italia subì anche delle sconfitte. 5 Quod nisi…: era opinione diffusa che a sconfiggere
Annibale non fosse stata tanto la potenza romana, quanto l’ostilità del senato cartaginese, che temeva la sua grande
personalità come un pericolo per il predominio dell’aristocrazia; un altro motivo di opposizione era il fatto che la
belligeranza del partito dei Barca causava gravi danni ai traffici mercantili. 6 domi: stato in luogo, espresso con una
forma dell’antico caso locativo. 7 animam: «la vita». 8 alienarum opum: «delle risorse altrui», «dell’aiuto altrui»; è
palese, nello storico romano, un senso di ammirazione per la tenacia e la coerenza di Annibale: quando non poté più
combattere i Romani con le armi, non cessò di combatterli almeno nel suo animo.
2. Il giuramento di Annibale
Vedendo che il re Antioco di Siria sembra in dubbio sui suoi sentimenti, Annibale gli racconta
l’episodio del giuramento, prestato da bambino al padre, di nutrire odio eterno verso i Romani: un
giuramento su cui ha regolato tutta la sua vita.
Nam ut omittam Philippum,1 quem absens2 hostem reddĭdit Romanis, omnium iis temporibus
potentissimus rex Antiŏchus3 fuit. Hunc tanta cupiditate incendit bellandi, ut usque a rubro mari4
arma conatus sit inferre Italiae. Ad quem cum legati venissent Romani, qui de eius voluntate
explorarent darentque operam consiliis clandestinis ut Hannibalem in suspicionem regi adducerent,
tamquam ab ipsis corruptum alia atque antea sentire,5 neque id frustra fecissent idque Hannĭbal
comperisset seque ab interioribus consiliis segregari vidisset, tempore dato6 adiit ad regem, eique
cum multa de fide sua et odio in Romanos commemorasset,7 hoc adiunxit: «Pater meus», inquit,
«Hamilcar puerŭlo me,8 utpŏte non amplius novem annos nato,9 in Hispaniam imperator
proficiscens Karthagine Iovi optimo maximo hostias immolavit. Quae divina res dum conficiebatur,
quaesivit a me vellemne10 secum in castra proficisci. Id cum libenter accepissem atque ab eo petere
coepissem ne dubitaret11 ducere, tum ille: “Faciam”, inquit, “si mihi fidem12 quam postulo dedĕris”.
Simul me ad aram adduxit, apud quam sacrificare instituĕrat, eamque ceteris remotis tenentem13
iurare iussit numquam me in amicitia cum Romanis fore.14 Id ego iusiurandum patri datum usque ad
hanc aetatem ita conservavi, ut nemini dubium esse debeat, quin reliquo tempore eādem mente15
sim futurus. Quare si quid amice de Romanis cogitabis,16 non imprudenter fecĕris, si me celāris;17
cum quidem bellum parabis, te ipsum frustrabĕris, si non me in eo18 principem posuĕris».
Cornelio Nepote, Hannĭbal, 2
1
ut omittam Philippum: formula di preterizione: «per non parlare di…» (e intanto se ne parla); è Filippo V, re di
Macedonia dal 220 al 179 a.C. Nel 215, durante la seconda guerra punica, si alleò con Annibale e promise di inviargli
aiuti, ma la cosa non ebbe seguito perché i Romani lo anticiparono muovendo guerra alla Macedonia. 2 absens: con
valore concessivo: «benché assente»; riferito al soggetto sottinteso Annibale (assente perché era in Italia), non a Filippo
(in questo caso ci sarebbe absentem). 3 Antiŏchus: Antioco III il Grande, re di Siria e di varie altre regioni dell’Asia
Minore dal 223 al 187 a.C.; entrò in guerra con i Romani, che si concluse con la sua sconfitta alle Termopili nel 191 e a
Magnesia nel 190 a.C. per opera di Lucio Cornelio Scipione. Anche questo aveva dato ospitalità ad Annibale. 4 rubro
mari: più probabilmente non il Mar Rosso, ma il Golfo Persico e il tratto più vicino dell’Oceano Indiano come estremo
limite orientale del regno di Antioco; la grande distanza mette in risalto la grandiosità del progetto. 5 tamquam ab ipsis
corruptum alia atque antea sentire: «in quanto, corrotto da loro (cioè dagli ambasciatori), avesse (verso di lui)
sentimenti diversi da prima»; corruptum… sentire è accusativo con l’infinito che indica il contenuto del sospetto. 6
tempore dato: «presentatasi l’occasione», ablativo assoluto. 7 commemorasset: forma sincopata per commemoravisset. 8
puerŭlo me: «quando ero bambino», ablativo assoluto. 9 utpŏte non amplius novem annos nato: spiega puerŭlo:
«giacché non avevo più di nove anni»; osserva l’omissione di quam, dopo amplius nel secondo termine costituito da un
numerale. 10 vellemne: interrogativa indiretta introdotta dalla particella enclitica ne: «se volessi». 11 ne dubitaret: le
espressioni dubito, non dubito + infinito significano «esitare», «non esitare» a fare qualcosa. 12 fidem: «impegno»,
«promessa». 13 tenentem: riferito a me. 14 fore: infinito futuro, corrisponde a futurum esse. 15 eādem mente: «dei
medesimi sentimenti», ablativo di qualità; l’espressione si può rendere anche col verbo avere e il complemento oggetto
(corrisponde, cioè, a una forma alternativa del dativo di possesso). 16 si quid amice de Romanis cogitabis: «se avrai
qualche proposito amichevole nei confronti dei Romani». 17 celāris = celavĕris. 18 in eo: riferito a bellum.
V. anche la lettura: La vita di Annibale.
3. Annibale arriva in Italia
Annibale si reca col padre in Spagna in tenera età; ottenuto ancora giovane il comando supremo
delle truppe, in breve tempo conquista la Spagna; poi allestisce tre grossi eserciti, con uno dei
quali si avvia alla volta dell’Italia valicando i Pirenei e aprendo una via sulle Alpi.
Hac ergo qua dixĭmus aetate1 cum patre in Hispaniam profectus est, cuius post obitum,2 Hasdrubale
imperatore suffecto,3 equitatui omni praefuit. Hoc quoque interfecto,4 exercitus summam imperii ad
eum detŭlit. Id Karthaginem delatum publice comprobatum est.5 Sic Hannĭbal minor quinque et
viginti annis natus6 imperator factus proximo triennio omnes gentes Hispaniae bello subegit,
Saguntum, foederatam civitatem, vi expugnavit,7 tres exercitus maximos comparavit. Ex his unum
in Africam misit, altĕrum cum Hasdrubale fratre in Hispania reliquit, tertium in Italiam secum
duxit. Saltum Pyrenaeum transiit. Quacumque iter fecit, cum omnibus incolis conflixit: neminem
nisi victum dimisit.8 Ad Alpes posteāquam venit, quae Italiam ab Gallia seiungunt, quas nemo
umquam cum exercitu ante eum praeter Herculem Graium9 transiĕrat (quo facto10 is hodie saltus
Graius appellatur11), Alpicos conantes prohibēre transitu concīdit, loca patefecit, itinera muniit,
effecit ut ea elephantus ornatus12 ire posset, qua antea unus homo inermis vix potĕrat repĕre.13 Hac
copias traduxit in Italiamque pervenit.
Cornelio Nepote, Hannĭbal, 3
1
Hac ergo qua dixĭmus aetate: a nove anni, come detto nel capitolo precedente, quindi nel 238 a.C.; osserva la forma
dixĭmus, da rendere «ho detto»: è un pluralis modestiae, che lo scrittore usa quando idealmente intende associare a sé in
ciò che scrive anche i lettori. 2 cuius post obitum: Amilcare morì annegando mentre attraversava un fiume nella ritirata
dopo una battaglia sfortunata, nel 228 a.C. 3 Hasdrubale imperatore suffecto: ablativo assoluto: «essendo stato
sostituito (ad Amilcare) come generale Asdrubale». 4 Hoc quoque interfecto: Asdrubale fu ucciso da uno spagnolo nel
221 a.C. 5 Id Karthaginem delatum publice comprobatum est: «Questa nomina, (una volta) annunciata a Cartagine, fu
approvata ufficialmente»; lett.: «Ciò, annunciato… fu approvato…». 6 minor quinque et viginti annis natus: in realtà
Annibale nel 221, quando assunse il comando supremo in Spagna, aveva 26 anni. 7 Saguntum… expugnavit: nel 219
a.C., dopo un assedio di otto mesi. 8 neminem nisi victum dimisit: «non lasciò nessuno (nessun abitante, nessun popolo)
senza averlo vinto», «…se non dopo averlo vinto»; significa, cioè che Annibale vinceva sempre, per dovunque
passasse. 9 praeter Herculem Graium: secondo il mito, Ercole passò dalla Spagna in Italia dopo aver domato il mostro
Gerione. 10 quo facto: «per la quale impresa». 11 Graius appellatur: l’origine del nome delle Alpi Graie è ignota, forse
deriva da una popolazione scomparsa; la spiegazione di Cornelio Nepote, quindi, non ha valore scientifico. 12 ornatus:
«equipaggiato». 13 qua antea unus homo inermis vix potĕrat repĕre: «dove prima riusciva a mala pena ad arrampicarsi
un uomo da solo senza il peso delle armi». Il viaggio di Annibale dalla Spagna all’Italia durò sei mesi, e costò gravi
perdite: secondo alcune fonti, partito con 90.000 fanti e 12.000 cavalieri, giunse in Italia con 38.000 fanti e 8000
cavalieri. La traversata delle Alpi avvenne verso la fine di settembre del 218 a.C., ma non è provato per quale passo sia
stata fatta: probabilmente per la valle dell’Isère e il Piccolo San Bernardo, oppure per il Monginevro o il Moncenisio.
4. La marcia vittoriosa di Annibale (I)
Annibale sbaraglia tutti gli eserciti che trova sul suo percorso. Aveva già vinto il console Scipione
presso il Rodano; lo sconfigge nuovamente a Casteggio, sul Ticino, poi presso la Trebbia; vince
quindi il console Flaminio presso il lago Trasimeno, e il pretore Centenio che tenta di sbarrargli il
cammino; giunto in Puglia, annienta in un solo scontro gli eserciti dei due consoli, Gaio Terenzio
Varrone e Lucio Emilio Paolo.
Il testo di questo brano si trova nel primo eserciziario, p. 359, n. 200.
5. La marcia vittoriosa di Annibale (II)
Dopo la battaglia di Canne Annibale punta su Roma senza incontrare resistenza, e si accampa per
alcuni giorni sui monti intorno alla città. Poi si dirige verso Capua, sbaragliando tutti gli eserciti
che incontra sul suo cammino. Si libera brillantemente, usando uno stratagemma,
dall’accerchiamento del dittatore Fabio Massimo; attira in battaglia con l’inganno e mette in fuga
il comandante della cavalleria Minucio Rufo, toglie di mezzo Sempronio Gracco, console per la
seconda volta e Claudio Marcello, console per la quinta volta. Sarebbe troppo lungo enumerare
tutte le battaglie di Annibale: basti dire che in tutti gli scontri sostenuti in Italia risultò sempre
vincitore.
Hac pugna pugnata,1 Romam profectus est nullo resistente. In propinquis urbi montibus moratus
est. Cum aliquot ibi dies castra habuisset et Capuam reverteretur,2 Q. Fabius Maximus,3 dictator
Romanus, in agro Falerno ei se obiecit. Hic4 clausus locorum angustiis noctu sine ullo detrimento
exercitus se expedivit Fabioque, callidissimo imperatori, dedit verba. Namque obducta nocte5
sarmenta in cornibus iuvencorum deligata incendit6 eiusque generis multitudinem magnam
dispalatam7 immisit. Quo repentino obiecto visu tantum terrorem iniecit exercitui Romanorum, ut
egrĕdi extra vallum nemo sit ausus. Hanc post rem gestam non ita multis diebus M. Minucium
Rufum, magistrum equitum pari ac dictatorem imperio,8 dolo productum in proelium fugavit.9
Tiberium Sempronium Gracchum, itĕrum consulem, in Lucanis absens10 in insidias inductum
sustulit.11 M. Claudium Marcellum,12 quinquies13 consulem, apud Venusiam pari modo interfecit.
Longum est14 omnia enumerare proelia. Quare unum hoc satis erit dictum,15 ex quo intellĕgi possit
quantus ille fuĕrit: quamdiu in Italia fuit, nemo ei in acie restĭtit, nemo adversus eum post
Cannensem pugnam in campo castra posuit.16
Cornelio Nepote, Hannĭbal, 5
1
Hac pugna pugnata: la battaglia di Canne, nel 216 a.C. 2 reverteretur: traduci col significato di «dirigersi»;
propriamente, «tornando indietro» da Roma per dirigersi; Annibale però non si diresse subito a Roma dopo la battaglia
di Canne, ma soltanto nel 211, dopo aver assoggettato Capua e gran parte dell’Italia meridionale. 3 Q. Fabius
Maximus…: in verità, Fabio Massimo fu nominato dittatore dopo la battaglia del Trasimeno, prima della battaglia di
Canne; a Nepote, però, interessa più l’aneddoto che l’esattezza cronologica. 4 Hic: prova a rendere sia come pronome,
sia come avverbio. 5 obducta nocte: «a notte fonda». 6 deligata incendit: rendi: cum deligavisset incendit, oppure con
due coordinate: deligavit et incendit. 7 dispalatam: «sparpagliata qua e là». 8 magistrum equitum pari ac dictatorem
imperio: Minucio Rufo, comandante della cavalleria, aveva disobbedito al dittatore Fabio Massimo attaccando un
reparto di Annibale con successo; perciò i Romani, stanchi della tattica temporeggiatrice di Fabio, giacché non potevano
esautorare il dittatore, avevano nominato Minucio “collega con autorità pari a quella del dittatore” (osserva la stranezza,
dal punto di vista istituzionale). In realtà, la vittoria era stata una mossa di Annibale per stuzzicare la presunzione di
Minucio e attirarlo in uno scontro decisivo, in cui fu poi salvato dal tempestivo sopraggiungere di Fabio. 9 productum...
fugavit: rendi: cum produxisset fugavit, o con due coordinate (produxit... et fugavit). 10 absens: «benché assente»,
riferito ad Annibale. 11 in insidias inductum sustulit: anche qui: cum induxisset sustulit, o con due coordinate. 12 M.
Claudium Marcellum: il conquistatore di Siracusa nel 212 a.C., ucciso in un’imboscata tesagli da Annibale presso
Venosa, nel 208 a.C. 13 quinquies: «per la quinta volta». 14 Longum est: «Sarebbe troppo lungo»; è una delle
espressioni rese in italiano col condizionale, che in questo caso viene detto “falso condizionale”. 15 unum hoc satis erit
dictum: «sarà sufficiente dire questo solo». 16 adversus eum... in campo castra posuit: «schierò l’esercito in battaglia
campale contro di lui»; l’elogio di Nepote risulta esagerato, in quanto Annibale in Italia conobbe anche degli insuccessi,
sebbene parziali; è un’esagerazione, tuttavia, abbastanza comune nelle biografie.
V. anche le letture:
La vita di Annibale.
Annibale nella presentazione di Cornelio Nepote.
6. Annibale, richiamato in Africa, è sconfitto da Scipione
Publio Scipione, figlio del console che Annibale aveva sconfitto ripetutamente in Spagna e in Italia,
sbarca in Africa con un grosso esercito e minaccia la stessa Cartagine; perciò Annibale, benché
invitto, è costretto a lasciare l’Italia e tornare a difendere la patria. Dopo un vano tentativo di
trovare un accordo, si scontra con Scipione nei pressi di Zama, nel 202 a.C.; sconfitto, fugge e in
due giorni arriva ad Adrumeto, che dista trecento miglia, cioè circa 450 km., e in pochi giorni
riesce a organizzare un nuovo esercito.
Il testo di questo brano si trova nel primo eserciziario, p. 360, n. 201.
In aggiunta al commento del testo, ricordiamo che Cornelio Nepote tace degli avvenimenti tra il
216 e il 205, caratterizzati da guerriglia con varia sorte; tace anche della battaglia del Metauro,
nel 207 a.C., dove fu sconfitto e ucciso Asdrubale, il fratello accorso in suo aiuto dalla Spagna.
Per quanto riguarda Scipione, ricordiamo che visse dal 235 al 183 a.C.; distintosi fin
dall’adolescenza per le straordinarie doti militari, a ventiquattro anni fu mandato come
comandante dell’esercito in Spagna (una carica che di norma spettava ai consoli). In seguito alla
vittoria su Annibale, gli fu dato il soprannome di Africano.
V. anche la lettura: I motivi dell’insuccesso di Annibale.
7. Non c’è pace per Annibale!
Stipulata la pace, i Cartaginesi su richiesta dei Romani destituiscono Annibale dall’incarico
militare; creato in seguito suffeta, Annibale risolleva le condizioni economiche di Cartagine;
quando poi capisce che i Romani vengono a chiedere la sua consegna, si imbarca e si reca in Siria
presso il re Antioco; i Cartaginesi confiscano i suoi beni, incendiano la sua casa e decretano per
lui l’esilio.
Cum in apparando1 acerrime esset occupatus, Karthaginienses bellum cum Romanis composuerunt.
Ille nihilo setius exercitui postea praefuit resque in Africa gessit usque ad P. Sulpicium C. Aurelium
consules.2 His enim magistratibus3 legati Karthaginienses Romam venerunt, qui senatui populoque
Romano gratias agerent, quod cum iis pacem fecissent,4 ob eamque rem coronā aureā eos donarent5
simulque peterent ut obsides eorum Fregellis6 essent captivique redderentur. His ex senatus
consulto responsum est: munus eorum gratum acceptumque7 esse; obsides, quo loco rogarent,
futuros;8 captivos non remissuros, quod Hannibalem, cuius opera susceptum bellum foret,9
inimicissimum nomini Romano, etiamnunc cum imperio apud exercitum haberent10 itemque fratrem
eius Magōnem. Hoc responso Karthaginienses cognito, Hannibalem domum et Magōnem
revocarunt.11 Huc ut rediit rex12 factus est, postquam praetor13 fuĕrat, anno secundo et vicesimo: ut
enim Romae consules, sic Karthagine quotannis annui bini reges creabantur. In eo magistratu pari
diligentia se Hannĭbal praebuit, ac fuĕrat in bello. Namque effecit ex novis vectigalibus non solum
ut esset pecunia quae Romanis ex foedere penderetur, sed etiam superesset, quae in aerario
reponeretur. Deinde anno post, M. Claudio L. Furio consulibus,14 Roma legati Karthaginem
venerunt. Hos Hannĭbal ratus sui exposcendi gratia missos, priusquam iis senatus daretur, navem
ascendit clam atque in Syriam ad Antiŏchum profūgit. Hac re palam facta, Poeni naves duas, quae
eum comprehendĕrent, si possent consĕqui, miserunt, bona eius publicarunt, domum a fundamentis
disiecerunt, ipsum exulem iudicarunt.
Cornelio Nepote, Hannĭbal, 7
1
in apparando: «nei preparativi», si intende di un nuovo esercito. 2 usque ad P. Sulpicium C. Aurelium consules: sono
i consoli dell’anno 200 a.C.; osserva i nomi dei consoli enunciati senza la congiunzione, di norma quando sono
accompagnati dal prenome. 3 His… magistratibus: «Sotto la loro magistratura», ablativo assoluto. 4 quod cum iis
pacem fecissent: proposizione causale, al congiuntivo perché riporta il pensiero dei Cartaginesi. 5 coronā aureā eos
donarent: ricorda le due costruzioni del verbo dono: donare aliquid alicui, e donare aliquem aliqua re; qui è usata la
seconda forma. 6 Fregellis: «a Fregelle», una città del Lazio; si trova nel territorio dei Volsci, sul fiume Liri, dove era
stanziata una colonia romana fin dal 328 a.C.; corrisponde all’odierna Ceprano. 7 acceptumque: in questo caso,
acceptum è aggettivo. 8 futuros: sott. esse; analogamente, più avanti, per le forme remissuros e missos. 9 foret = esset. 10
quod Hannibalem… etiamnunc cum imperio… haberent: proposizione causale, anche questa al congiuntivo perché
riporta il pensiero del senato romano. 11 revocarunt: forma sincopata per revocaverunt; analogamente, più avanti,
publicarunt = publicaverunt e iudicarunt = iudicaverunt. 12 rex: riferito alle magistrature cartaginesi significa «suffeta»;
è una carica con funzioni soltanto civili e giudiziarie, corrispondente all’incirca a quella dei consoli a Roma (che però
guidavano anche l’esercito). 13 praetor: altro termine latino che rende in modo approssimativo un termine cartaginese;
qui rendi: «comandante dell’esercito». 14 M. Claudio L. Furio consulibus: ablativo assoluto con i nomi dei consoli,
enunciati senza la congiunzione; sono i consoli dell’anno 196 a.C.
8. Annibale combatte al fianco di Antioco
Annibale si avvicina a Cartagine, nel tentativo di indurre i Cartaginesi a stringere un’alleanza con
Antioco di Siria contro i Romani; chiama a sé anche il fratello Magone, che però viene condannato
alla sua stessa pena; Annibale si rifugia presso Antioco, Magone invece muore, ma non è chiaro se
per naufragio o ucciso dagli schiavi. Antioco, preparando la guerra, non dimostra grandi attitudini
militari; tuttavia Annibale collabora con lui e combatte a Magnesia dove, pur nella sconfitta, il suo
reparto risulta vincitore.
At Hannĭbal anno tertio postquam domo profugĕrat, L. Cornelio Q. Minucio consulibus, 1 cum
quinque navibus Africam accessit in finibus Cyrenaeorum, si forte Karthaginienses ad bellum
Antiŏchi spe fiduciaque2 inducere posset, cui iam persuasĕrat ut cum exercitibus in Italiam
proficisceretur. Huc Magōnem fratrem excivit. Id ubi Poeni resciverunt, Magōnem eādem, quā
fratrem, absentem adfecerunt poenā.3 Illi desperatis rebus cum solvissent naves ac vela ventis
dedissent, Hannĭbal ad Antiŏchum pervēnit.4 De Magōnis interitu duplex memoria prodĭta est:
namque alii naufragio, alii a servulis ipsīus interfectum5 eum scriptum reliquerunt. Antiŏchus autem
si tam in agendo bello consiliis eius parere voluisset, quam in suscipiendo instituĕrat, propius Tibĕri
quam Thermopylis de summa imperii dimicasset.6 Quem etsi multa stulte conari videbat, tamen
nulla deseruit in re. Praefuit paucis navibus, quas ex Syria iussus erat 7 in Asiam8 ducere, iisque
adversus Rhodiorum classem in Pamphylio mari9 conflixit. Quo10 cum multitudine adversariorum
sui11 superarentur, ipse quo cornu rem gessit12 fuit superior.
Cornelio Nepote, Hannĭbal, 8
1
L. Cornelio Q. Minucio consulibus: ablativo assoluto con i nomi dei consoli, enunciati senza la congiunzione, come
di norma quando sono accompagnati dal prenome; l’anno è il 193 a.C. 2 Antiŏchi spe fiduciaque: «con la speranza e la
fiducia (riposta) in Antioco»; Antiŏchi è genitivo oggettivo. 3 eādem, quā fratrem… poenā: l’esilio. 4 Illi… cum
solvissent naves… Hannĭbal ad Antiŏchum pervēnit: osserva come il soggetto illi della reggente e della sua coordinata
rimane sospeso, cioè senza verbo, e la frase subisce un cambio repentino con un nuovo soggetto e il suo predicato:
Hannĭbal… pervēnit; questo modo di periodare, che non mantiene la congruenza dei nessi sintattici, si dice anacoluto
(dal greco anakòluthos, «non conseguente»); desperatis rebus è un ablativo assoluto: «essendo la situazione disperata»,
«perduta ogni speranza nella situazione». 5 interfectum: sott. esse. 6 propius Tibĕri… dimicasset: cioè avrebbe portato
la guerra in Italia; dimicasset sta per dimicavisset. Annibale voleva indurre Antioco a portare la guerra in Italia, Antioco
invece preferiva il settore greco; fu battuto alle Termopili nel 191 a.C., e di nuovo l’anno seguente a Magnesia (v. le
note al cap. 2). 7 iussus erat: «gli era stato comandato»; il verbo iubeo all’attivo regge l’accusativo con l’infinito, al
passivo si costruisce in forma personale, cioè diventa soggetto la persona a cui si comanda. 8 in Asiam: qui si intende
l’Asia Minore. 9 in Pamphylio mari: il mare davanti alla Panfilia, una regione meridionale dell’Asia Minore. 10 Quo:
sott. proelio, opp. concursu. 11 sui: «i suoi soldati»; si usa sempre suus quando significa «i suoi parenti, concittadini,
soldati, fautori» ecc. 12 quo cornu rem gessit: «nell’ala in cui condusse le operazioni».
9. Annibale ingannna i Cretesi
Dopo la sconfitta di Antioco Annibale, temendo di essere consegnato ai Romani, si rifugia a
Gortina, nell’isola di Creta; poiché conosce l’avidità dei Cretesi, ricorre a un inganno per
salvaguardare le sue ricchezze: depone nel tempio di Diana molte anfore piene di piombo, con uno
strato d’oro sull’imboccatura, fingendo di affidare tutte le sue fortune alla protezione della dea;
getta poi nel cortile della casa delle statue di bronzo, ripiene di tutte le sue ricchezze. Gli abitanti
fanno la guardia al tempio con diligenza, perché Annibale non vada a riprendersi le anfore.
Il testo di questo brano si trova nel secondo eserciziario, p. 315, n. 157.
10. Annibale prepara uno stratagemma per vincere Eumene
Ingannati i Cretesi, Annibale si reca in Bitinia dal re Prusia che è in procinto di scontrarsi in
battaglia navale con Eumene, re di Pergamo; poiché questi è in condizioni di superiorità a causa
dell’alleanza con i Romani, Annibale ricorre a uno stratagemma: fa riempire dei vasi di terracotta
con serpenti velenosi; poi, il giorno della battaglia, ordina ai marinai di assalire tutti la nave di
Eumene, e dalle altre limitarsi soltanto a difendersi.
Sic conservatis suis rebus Poenus, illusis Cretensibus omnibus, ad Prusiam1 in Pontum pervēnit.
Apud quem eodem animo fuit erga Italiam neque aliud quicquam egit quam regem armavit 2 et
exercuit adversus Romanos. Quem cum videret domesticis opibus minus esse robustum, conciliabat
ceteros reges, adiungebat bellicosas nationes. Dissidebat ab eo Pergamenus3 rex Eumĕnes, Romanis
amicissimus, bellumque inter eos gerebatur et mari et terra. Sed utrobīque Eumĕnes plus valebat
propter Romanorum societatem; quo4 magis cupiebat eum Hannĭbal opprĭmi. Quem si removisset,
faciliora sibi cetera fore5 arbitrabatur. Ad hunc6 interficiendum talem iniit rationem.7 Classe paucis
diebus8 erant decreturi. Superabatur navium multitudine: dolo erat pugnandum, cum par non esset
armis. Imperavit quam plurimas9 venenatas serpentes vivas collĭgi easque in vasa fictilia conĭci.
Harum cum effecisset magnam multitudinem, die ipso, quo facturus erat navale proelium,
classiarios convŏcat iisque praecĭpit omnes ut in unam Eumĕnis regis concurrant navem, a ceteris
tantum satis habeant se defendere. Id illos facile serpentium multitudine consecuturos.10 Rex autem
in qua nave veheretur, ut scirent, se facturum:11 quem12 si aut cepissent aut interfecissent, magno iis
pollicetur praemio fore.13
Cornelio Nepote, Hannĭbal, 10
1
ad Prusiam: Prusia è re di Bitinia, regione sulla riva meridionale del Ponto Eusino (Mar nero); era amico dei Romani,
tuttavia accolse e protesse Annibale; alla fine però consentì agli ambasciatori romani di farlo braccare, costringendolo a
prendere il veleno per non cadere nelle loro mani (v. cap. 12). 2 neque aliud quicquam egit quam regem armavit: «e
non fece altro che armare…». 3 Pergamenus: «di Pergamo»; una fiorente città, capitale della Misia, in Asia Minore;
osserva che Pergamo è anche il nome della rocca di Ilio (Troia). 4 quo = qua re. 5 fore = futura esse. 6 hunc: Eumene. 7
talem iniit rationem: «intraprese questo piano». 8 paucis diebus: «entro pochi giorni». 9 quam plurimas: «quanto più
numerosi possibile»; osserva qui impĕro seguito dall’infinitiva, mentre di norma si costruisce con ut e il congiuntivo. 10
consecuturos: sott. esse. 11 Rex autem… facturum: ordina: In qua nave autem veheretur rex, se facturum (sott. esse)
(«avrebbe procurato», «avrebbe fatto in modo») ut scirent. 12 quem: riferito a rex. 13 magno iis pollicetur praemio fore:
«promette che (ciò) sarà per loro di gran premio», «frutterà loro un grosso premio»; osserva la costruzione col doppio
dativo, di interesse (iis) e di effetto (magno praemio).
11. Annibale vince Eumene
Prima che abbia inizio lo scontro, per indicare ai suoi la nave di Eumene, Annibale manda una
scialuppa con un messaggio per il re; il messaggero viene condotto alla nave di Eumene, che nella
lettera trova soltanto parole di scherno, ma intanto la sua nave è stata indicata. Al segnale
dell’attacco, tutti i Bitini assaltano la nave di Eumene, costringendolo a cercare riparo tra i suoi
presìdi sul lido, mentre si difendono dalle altre navi gettando su di esse i vasi pieni di serpenti: il
che dapprima suscita il riso, poi costringe gli avversari alla fuga.
Tali cohortatione militum1 facta, classis ab utrisque in proelium deducitur. Quarum acie constituta,2
priusquam signum pugnae daretur, Hannĭbal, ut palam faceret suis quo loco Eumĕnes esset,
tabellarium in scapha cum caducĕo3 mittit. Qui ubi ad naves adversariorum pervenit epistulamque
ostendens se regem professus est quaerere, statim ad Eumĕnem deductus est, quod nemo dubitabat
quin aliquid de pace esset scriptum.4 Tabellarius, ducis5 nave declarata suis, eodem unde erat
egressus se recepit. At Eumĕnes, soluta epistula,6 nihil in ea reppĕrit nisi quae ad irridendum eum
pertinērent. Cuius7 etsi causam mirabatur neque reperiebat, tamen proelium statim committere non
dubitavit.8 Horum in concursu Bithynii, Hannibalis praecepto, universi navem Eumĕnis adoriuntur.
Quorum vim rex cum sustinere non posset, fuga salutem petit, quam consecutus non esset, nisi intra
sua praesidia9 se recepisset, quae in proximo litore erant collocata. Reliquae Pergamenae naves cum
adversarios premerent acrius,10 repente in eas vasa fictilia, de quibus supra mentionem fecimus,
conĭci coepta sunt.11 Quae iacta12 initio risum pugnantibus concitarunt,13 neque quare id fieret
potĕrat intellĕgi. Postquam autem naves suas oppletas conspexerunt serpentibus, nova re perterriti,
cum quid potissimum vitarent14 non viderent, puppes averterunt seque ad sua castra nautica
rettulerunt. Sic Hannĭbal consilio15 arma Pergamenorum superavit, neque tum solum, sed saepe
alias16 pedestribus copiis pari prudentia pepulit adversarios.
Cornelio Nepote, Hannĭbal, 11
1
militum: genitivo oggettivo. 2 Quarum acie constituta: «Quando le flotte furono schierate»; quarum ha sott. classium.
caducĕo: propriamente il bastone di Mercurio, messaggero degli dèi, con due serpenti attorcigliati, poi l’insegna degli
ambasciatori in genere. 4 quin aliquid de pace esset scriptum: «che ci fosse scritto qualche cosa sulla pace», «che vi
fosse qualche proposta di pace». 5 ducis: Eumene. 6 soluta epistula: ablativo assoluto, anche se nella reggente vi è un
pronome di richiamo (in ea), qui giustificato da motivi di chiarezza. 7 Cuius = cuius rei. 8 non dubitavit: dubito, non
dubito + infinito significano «esitare», «non esitare» a fare qualcosa. 9 intra sua praesidia: sono le truppe lasciate dentro
il campo trincerato presso la costa (castra nautica), in cui venivano poste al riparo le navi quando erano tirate in secco.
10
acrius: comparativo assoluto («alquanto…»). 11 conĭci coepta sunt: «si cominciò (si cominciarono) a gettare…»;
osserva il passivo anche del verbo servile, che si ha nelle frasi con coepi e desii seguite da un infinito passivo di forma e
significato. 12 Quae iacta: «Il lancio di questi vasi», lett. «i quali (vasi) lanciati». 13 concitarunt = concitaverunt. 14 quid
potissimum vitarent: «quale pericolo dovessero più di tutti evitare»; è una proposizione interrogativa indiretta. 15
consilio: «con la sua accortezza»; Nepote dimostra apprezzamento per il comportamento di Annibale, che invece presso
i Romani generalmente era giudicato sleale e doloso. 16 alias: avverbio: «in altre occasioni».
3
12. Annibale prende il veleno
I Romani intrigano con Prusia per farsi consegnare Annibale; il re dapprima tenta di opporsi alla
loro richiesta, per non tradire il vincolo di ospitalità, poi consente di individuare il luogo in cui
vive l’ospite; Annibale, accortosi che la casa è circondata da armati, per non cadere vivo nelle
mani dei nemici, prende il veleno che porta da sempre con sé.
Quae dum in Asia geruntur, accĭdit casu ut legati Prusiae1 Romae apud T. Quintium Flamininum2
consularem cenarent, atque ibi de Hannibale mentione facta ex iis unus diceret eum in Prusiae regno
esse. Id postero die Flamininus senatui detŭlit. Patres conscripti, qui Hannibale vivo 3 numquam se
sine insidiis futuros4 existimarent,5 legatos in Bithyniam miserunt, in his Flamininum, qui ab rege
peterent ne6 inimicissimum suum secum haberet sibique dedĕret. His Prusia negare ausus non est;
illud recusavit, ne id a se fieri postularent, quod adversus ius hospitii7 esset:8 ipsi, si possent,
comprehenderent: locum, ubi esset, facile inventuros. Hannĭbal enim uno loco se tenebat, in castello
quod ei a rege datum erat munĕri,9 idque sic aedificarat,10 ut in omnibus partibus aedificii exitus
haberet, scilicet verens ne usu veniret quod accĭdit. Huc cum legati Romanorum venissent ac
multitudine domum eius circumdedissent, puer11 ab ianua prospiciens Hannibali dixit plures praeter
consuetudinem armatos apparēre. Qui imperavit ei ut omnes fores aedificii circumiret, ac propĕre
sibi nuntiaret num eodem modo undĭque obsideretur. Puer cum celeriter quid esset12 renuntiasset
omnisque13 exitus occupatos ostendisset, sensit id non fortuīto factum, sed se peti14 neque sibi
diutius vitam esse retinendam. Quam ne alieno arbitrio dimitteret, memor pristinarum virtutum
venenum, quod semper secum habere consuērat, sumpsit.15
Cornelio Nepote, Hannĭbal, 12
1
legati Prusiae: questa ambasceria di Prusia non sembra vera; ci sarebbe stata invece un’ambasceria di Eumene, allo
scopo di protestare per l’ospitalità data da Prusia ad Annibale. 2 T. Quintium Flamininum: Flaminino era forse l’uomo
politico più influente in Roma: console nel 198 a.C., nel 197 aveva vinto Filippo V nella guerra macedonica. 3
Hannibale vivo: ablativo assoluto: «finché Annibale fosse in vita», «finché Annibale era vivo». 4 futuros: sott. esse;
anche più avanti, altre forme ellittiche del verbo sum. 5 qui… existimarent: proposizione relativa con valore causale, al
congiuntivo perché riporta il pensiero dei senatori; in italiano rendi con l’indicativo: «giacché ritenevano». 6 ne: regge
soltanto haberet e non dedĕret; perciò sibique dedĕret = et ut sibi dedĕret. 7 ius hospitii: il diritto di ospitalità era sacro
presso i Greci, e tutelato dallo stesso Giove; Prusia non viola direttamente questo vincolo con la consegna di Annibale,
tuttavia consente ai messaggeri Romani di individuare il luogo dove l’ospite si trova alloggiato. 8 quod… esset: osserva
il congiuntivo, che riporta il pensiero di Prusia; ciò significa che Nepote non condivide il suo operato, e che quindi
secondo lui Prusia vìola il diritto di ospitalità. 9 ei a rege datum erat munĕri: costruzione del doppio dativo, di interesse
(ei) e di effetto (munĕri). 10 aedificarat = aedificavĕrat; analogamente, più avanti, renuntiasset = renuntiavisset e alla
fine del brano consuērat = consuevĕrat. 11 puer: qui significa «servo». 12 quid esset: «qual era la situazione». 13
omnisque = omnesque. 14 peti: ricorda i significati di petere: «chiedere», «dirigersi», «assalire», «aspirare (a una
carica)»; in questo caso, chiaramente, un senso ostile. 15 memor pristinarum virtutum venenum… sumpsit: «memore
dell’antico valore…»; dal racconto traspare un senso di ammirazione dell’autore per questo personaggio, che ha
dimostrato grande coerenza per tutta la vita, fino alla scelta estrema. La fine di Annibale può essere accostata a quella di
altri Grandi della storia greca e romana, che non vollero sopravvivere alla perdita della libertà; ricordiamo in particolare
Catone Uticense, posto poi da Dante a guardia del Purgatorio.
13. Datazione della morte e cultura di Annibale
Annibale finisce tragicamente, dopo tante vicissitudini, tuttavia non vi è accordo sulla data della
morte di un personaggio di tale importanza; va aggiunto che quest’uomo, impegnato in così grandi
guerre, dedicò del tempo anche alla letteratura, e che scrisse vari libri in lingua greca.
Con la biografia di Annibale Cornelio Nepote conclude il libro sui grandi condottieri stranieri, e si
propone di passare alla presentazione dei comandanti romani.
Sic1 vir fortissimus, multis variisque perfunctus laboribus,2 anno acquievit septuagesimo.3 Quibus
consulibus interiĕrit, non convĕnit.4 Namque Atticus M. Claudio Marcello Q. Fabio Labeone
consulibus5 mortuum6 in annali suo7 scriptum reliquit, at Polybius8 L. Aemilio Paulo Cn. Baebio
Tamphĭlo,9 Sulpicius autem Blitho10 P. Cornelio Cethēgo M. Baebio Tamphĭlo.11 Atque hic tantus
vir tantisque bellis districtus nonnĭhil temporis tribuit litteris. Namque aliquot eius libri sunt, Graeco
sermone confecti, in eis ad Rhodios de Cn. Manlii Volsonis in Asia rebus gestis.12 Huius belli gesta
multi memoriae prodiderunt,13 sed ex his duo, qui cum eo in castris fuerunt simulque vixerunt,
quamdiu fortuna passa est, Silenus et Sosylus Lacedaemonius. Atque hoc Sosylo Hannĭbal
litterarum Graecarum usus est doctore. Sed nos tempus est huius libri facere finem et Romanorum
explicare imperatores14 quo15 facilius, collatis utrorumque factis, qui viri praeferendi sint possit
iudicari.
Cornelio Nepote, Hannĭbal, 13
1
Sic: prendendo il veleno. 2 multis variisque perfunctus laboribus: «dopo aver affrontato tante e tanto varie
vicissitudini». 3 anno acquievit septuagesimo: in realtà Annibale, nato nel 247 a.C., morì a sessantacinque anni. 4
Quibus consulibus interiĕrit, non convĕnit: «Non c’è accordo (fra gli storici) sotto quali consoli sia morto»
(interrogativa indiretta); presso i Romani la datazione, come si vede qui di seguito, veniva fatta con l’indicazione dei
nomi dei consoli. 5 M. Claudio Marcello Q. Fabio Labeone consulibus: «sotto il consolato di…», il 183 a.C.; osserva
l’ablativo assoluto, come al solito con i nomi dei consoli enunciati senza la congiunzione; analogamente, nelle
indicazioni che seguono. 6 mortuum: sott. eum… esse. 7 in annali suo: il Liber annalis di Tito Pomponio Attico, una
storia di Roma anno per anno fino al 49 a.C.; era dedicata a Cicerone, che ne trasse lo spunto per il suo Brutus. 8
Polybius: Polibio è uno dei principali storici greci, vissuto dal 206 al 124 a.C.; condotto a Roma come ostaggio a
quarant’anni, vi rimase grazie alle relazioni amichevoli con i maggiori personaggi politici del tempo, in particolare
Scipione Emiliano; scrisse una poderosa opera sulla storia di Roma dalla prima guerra punica a pochi anni dopo la
terza. 9 L. Aemilio Paulo Cn. Baebio Tamphĭlo: sott. consulibus, il 182 a.C. 10 Sulpicius… Blitho: «Sulpicio Blitone»,
uno storico o erudito romano non altrimenti noto. 11 P. Cornelio Cethēgo M. Baebio Tamphĭlo: sott. consulibus, il 181
a.C. 12 in eis ad Rhodios de Cn. Manlii Volsonis in Asia rebus gestis: «tra essi (un libro indirizzato) ai Rodii sulle
imprese di Gneo Manlio Vulsone in Asia». Manlio Vulsone diresse le ultime operazioni in Asia Minore dopo la
sconfitta di Antioco e concluse con lui la pace. Probabilmente l’opera di Annibale era un atto di accusa contro i
Romani. 13 Huius belli gesta multi memoriae prodiderunt: ordina: Multi prodiderunt memoriae gesta belli («le imprese
guerresche») huius. 14 Romanorum explicare imperatores: «trattare le imprese dei…»; Cornelio Nepote esprime
l’intenzione di scrivere un libro sui grandi condottieri romani da accostare a quelli greci e stranieri, probabilmente allo
scopo di dimostare la superiorità dei Romani sui Greci; anche questo libro però, come la maggior parte della sua
produzione, non ci è giunto. 15 quo: congiunzione finale, usata di norma in luogo di ut quando nella frase c’è un
comparativo.
V. anche la lettura: Annibale nella presentazione di Cornelio Nepote.