Cenni storici sulla teoria della deriva dei continenti Quando si sono formati i continenti? Esistono da sempre? Nei miliardi di anni della storia della terra hanno subito modificazioni o si sono conservati sempre simili a quelli originari? L’ipotesi della deriva dei continenti viene giustamente attribuita ad Alfred Wegener ma egli non fu il primo ad ipotizzare che il mondo non è sempre stato così come lo si vede. I grandi viaggi di esplorazione del XVI secolo avevano consentito il disegno delle prime rudimentali carte geografiche dl mondo su cui saltò all’occhio la strana concordanza del profilo costiero dell’Africa e del Sud America che si affacciano sull’Atlantico. Già nel 1620 il filosofo inglese Francesco Bacone nel suo trattato Novum Organum, in riferimento a questa osservazione, ammetteva che la circostanza non poteva essere un fatto del tutto casuale ma non faceva cenno ad una eventuale separazione tra Africa e America meridionale. La prima chiara indicazione dello smembramento e della deriva dei continenti venne da un certo Antonio Snider-Pellegrini, un italo-americano che viveva a Parigi. Il quale pubblicò nel 1858 un libro in cui, accettando l’ipotesi che anticamente il nostro pianeta fosse allo stato fuso, sosteneva che con il raffreddamento i continenti si erano addensati tutti da una parte e che il Diluvio Universale smembrò questo unico blocco di terra determinando lo spostamento successivo dei suoi frammenti. La sua intuizione, corretta, non venne però pressa in considerazione dalla comunità scientifica anche perché proprio in quegli anni si andavano affermando le teorie evoluzionistiche di Hutton e Lyell e nessuno era più disposto ad accettare l’antica idea dei catastrofismi di origine biblica. Secondo James Hutton, medico e naturalista scozzese della prima metà dell’800, fondatore della Geologia moderna, sosteneva che l’evoluzione della Terra doveva essere spiegata con l’analisi dei processi naturali come quello dei ruscelli che dilavano le colline e trasportano il materiale eroso nei laghi e nei mari dove i detriti si accumulano. Le idde di una sostanziale uniformità nella matura non trovarono immediata accoglienza in seno alla comunità scientifica ma vennero riprese da un giovane avvocato inglese, Charles Lyell, che dimostrò più interesse per la geologia che per i testi giuridici. Come Hutton egli pensava che ogni configurazione morfologica della Terra fosse il risultato di processi naturali del passato ancora attivi. La teoria dell’uniformismo di Hutton divenne così la teoria dell’attualismo di Lyell che può essere sintetizzata nel modo seguente: “I fenomeni del passato si possono spiegare osservando quelli del presente”. Nonostante che queste nuove idee si stessero affermando, l’ipotesi di uno spostamento di masse continentali associata a fenomeni catastrofici persisteva. Nel 1879 George Darwin, figlio di Charles scopritore della teoria evoluzionistica, ipotizzò che la Luna si sarebbe staccata dalla Terra in uno stato primordiale lasciando un’enorme cicatrice rappresentata dall’Oceano Pacifico; una probabile conseguenza di questo evento catastrofico avrebbe prodotto il frammentarsi della crosta dei continenti. Insieme a queste nuove teorie si andava affermando l’idea che sotto la crosta solida vi fosse del materiale fluido su cui galleggiavano i continenti. Alferd Lothar Wegener nacque a Berlino il 1° Novembre del 1880, da adolescente manifestava grande interesse per le scienze della Terra e desiderava visitare la Groenlandia, per questo si sottoponeva a esercizi fisici molto intensi specie nella stagione invernale per adattare il suo fisico ai rigori di quella terra. Si laureò nel 1904 in astronomia e meteorologia presso l’università di Berlino e dopo la laurea si dedicò allo studio della meteorologia e divenne un pioniere dell’uso dei palloni-sonda. Accettò di partecipare ad una spedizione danese come meteorologo ufficiale in Groenlandia e rimase per due anni in quella terra. Tornato in Germania nel 1908 ebbe l’incarico di libero docente di astronomia e meteorologia presso l’università di Marburgo dove si segnalò per la sincerità intellettuale e le larghe vedute unite ad una chiarezza espositiva notevole. La sua forte personalità e la semplicità nei rapporti con i giovani gli valse a conquistare la simpatia e la fiducia dei suoi studenti. Nel 1912 intraprese una seconda spedizione in Groenlandia durante la quale rimase isolato per un anno. Di ritorno da quella esperienza negativa sposò la figlia del professor Koppen, il “grande vecchio della meteorologia” che si rivelerà il più convinto sostenitore delle teorie del genero. Venne spedito al fronte durante la prima guerra mondiale ma alcune ferite ricevute in battaglia gli consentirono il ritorno a casa e ai suoi interessi scientifici. Nel 1924 accettò una cattedra di meteorologia e geofisica a Graz, in Austria. Nel 1930 partecipò ad una terza spedizione in Groenlandia che ebbe esito drammatico e si concluse con la sua scomparsa fra i ghiacci e la conseguente morte, probabilmente a causa di un infarto. Wegener nel 1915 pubblica La formazione degli oceani e dei continenti in cui sostiene che circa 200 milioni di anni fa esistesse un supercontinente che egli chiamò Pangea circondato da un unico grande oceano chiamato Panthalassa. Per effetto di forze dovute alla rotazione terrestre il supercontinente in seguito si sarebbe frantumato e i frammenti si sarebbero allontanati gli uni dagli altri. Le prove che egli porta a sostegno della sua teoria, oltre al profilo dei continenti che si affacciano sull’Atlantico, sono di tipo: paleontologico: i continenti meridionali hanno in comune molti fossili di animali e piante che da vivi non avrebbero potuto attraversare il tratto di mare che ora li separa; morfologico e geologico: è evidente la somiglianza delle rocce sui due lati dell’Atlantico; paleoclimatiche: esiste una tipica distribuzione di rocce e fossili che non si potrebbe giustificare se i continenti avessero mantenuta invariata la loro posizione nel tempo. Punto debole della sua teoria sono le forze motrici: Wegener ne era consapevole ma nonostante questo azzardava alcune supposizioni parlando di fuga dai poli per spiegare il movimento dei continenti verso l’equatore e di una forza di marea per giustificare la deriva verso ovest dei continenti americani. La forza centrifuga conseguente alla rotazione terrestre avrebbe dovuto far allontanare i continenti dal centro di rotazione cioè dai poli e l’attrazione gravitazionale esercitata da Sole e Luna avrebbe dovuto spingere i continenti dalla parte opposta al senso di rotazione. Il fronte di un continente in movimento prima o poi avrebbe incontrato la resistenza del fondo oceanico subendo una compressione e un ripiegamento fino a formare catene montuose. La sua teoria sarà universalmente accettata solo negli anni Settanta quando la teoria della Tettonica della Placche proverà in modo inequivocabile che i continenti si sono spostati effettivamente.