impianto ionico

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Davide A. S. Sanalitro
IMPIANTO IONICO
E’ la tecnica utilizzata per il drogaggio di semiconduttori:
Nel processo di diffusione non si riesce controllare in maniera accurata la concentrazione e lo
sbordamento di drogante. Allora introduco la specie in maniera più violenta, come un fascio di ioni
che penetra nel silicio.
L’impiantazione consente di introdurre impurezze dentro il semiconduttore mediante il
bombardamento a temperatura ordinaria di ioni droganti. Gli ioni, di boro per il drogaggio di tipo p,
di fosforo per il drogaggio di tipo n, vengono prodotti in camera di ionizzazione partendo da vapori
delle sostanze droganti.
Successivamente gli ioni, accelerati e focalizzati in un fascio sottile, vengono fatti incidere contro la
superficie del semiconduttore, nel quale penetrano per una certa profondità. La profondità di
penetrazione dipende dall’energia di attivazione e dalla concentrazione degli ioni; in ogni caso non
supera la decina di μm, sicchè questa tecnica è adatta allorché sono richieste zone ristrette e sottili,
come la regionedi emettitore di un BJT oppure il canale di un MOS o ancora il gate di un JFET.
Dopo l’impiantazione il reticolo cristallino risulta danneggiato; è necessario allora sottoporlo a
ricottura, che può avvenire in concomitanza di un qualsiasi successivo processo termico, quale una
ossidazione o una diffusione.
La tecnica dell’impiantazione offre alcuni notevoli vantaggi:
La bassa temperatura di processo;
La possibilità di controllare con precisione i profili di concentrazione, e quindi la profondità
della giunzione, variando opportunamente l’intensità del fascio;
La possibilità di ottenere particolari strutture geometriche non realizzabili on altre tecniche.
Importante è il ruolo dell’ossido di silicio in un processo di impiantazione ionica: esso fa da
schermo e il suo spessore deve essere tale da far si che gli ioni si fermino prima di arrivare al
substrato. Lo spessore dell’ossido è dunque correlato all’energia.
Ora, se da una parte con questa tecnica riusciamo a controllare la concentrazione di drogante,
dall’altra abbiamo il problema che tale processo è di non equilibrio perché è violento, perché faccio
incidere ioni che hanno energie dell’ordine di 10÷100KeV → gli ioni urtano gli atomi e creano dei
danni nel reticolo..quindi prima di poterlo utilizzare devo eliminare il danno cioè devo ricostituire il
cristallo con dei processi termici in modo che gli atomi occupino posizioni costituzionali.
1
In genere il processo dell’impiantazione ionica casuale perché alcuni ioni sbattono subito subito
con il reticolo, altri dopo, quindi non penetrano tutti alla stessa distanza..con la stessa profondità.
Quindi si ha una certa distribuzione. La concentrazione dei portatori di carica è legata alla
concentrazione di drogante:
A parità di drogaggio la resistività è minore per i materiali di tipo n rispetto a quelli di tipo p.
Supponiamo di considerare uno strato di spessore di circa 1μm. In questo caso la concentrazione
delle impurezze è tra 1014 e 1020 cm-3. Supponendo di averli tuta alla superficie passo da una densità
di volume a una superficiale:
1014 cm-3 → 1010 cm-2
1020 cm-3→ 1016 cm-2
Se prendo un monostrato di silicio abbiamo 1015 cm-2 . La quantità di impurezze che introduca è
dunque dell’ordine del mostrato o inferiore. Quindi devo controllare che il numero di impurezze che
introduco sia limitato.
Per misurare la concentrazione faccio una misura di corrente, che è molto accurata.
L’uso dell’impianto ionico è venuto fuori per il controllo della tensione di soglia VT perché essa
dipende dall’eventuale presenza di cariche nell’ossido.
2
Apparato di impiantazione ionica
In un sistema di impiantazione ionica ho un sistema di gas, creo un plasma che contiene la specie
che voglio introdurre. Si ha un magnete analizzatore perché in presenza di un campo magnetico si
ha una traiettoria circolare:
Questa traiettoria dipende dalla massa e dalla velocità dello ione. In funzione del campo magnetico
escono solo ioni che hanno una certa massa e una certa velocità, gli altri ioni sbattono sulle pareti
→ si ottiene un fascio pulito isotopicamente
Per effettuare gli impianti si usa un’apparecchiatura del tipo fig 8.4. Essa è costituita da una
sorgente all’interno del quale ionizziamo la specie che vogliamo impiantare. La ionizzazione viene
fatta utilizzando degli elettroni che vengono accelerati e quindi urtano con gli atomi del sistema
rompendo i legami e quindi ionizzano la specie ionica che in genere è sotto forma di carica positiva.
Quindi la sorgente contiene degli atomi droganti ionizzati. Applicando una certa d.d.p. gli elettroni
attraversano uno spettrometro di massa (o magnete analizzatore) che elimina specie ioniche
indesiderate. Quindi gli ioni selezionati entrano nel tubo e sono accelerati fino ad alta energia da un
campo elettrico. Il fascio di ioni ad alta energia attraversa due deflettori verticali e orizzontali ed è
impiantato nel substrato semiconduttore. Il fascio ionico si muove nel vuoto (10-6 torr) per evitare
che ci siano urti con atomi che costituiscono il gas residuo.
Il magnete analizzatore ha un particolare raggio, cioè gli ioni che entrano devono percorrere una
circonferenza con un certo raggio r. Questo raggio r è collegato alla legge di Lorentz e alla forza
centrifuga che gli elettroni subiscono:
mv 2
qvB =
r
Ora, v ce lo ricaviamo dal principio di conservazione dell’energia (energia cinetica = energia
potenziale):
1 2
mv = qV ⇒ v =
2
2qV
m
3
Pertanto, si può scrivere la seguente:
mv
=
qB =
r
1
2
1
2
1
2
⎛m⎞
2qV m
1
Br
m r 2B2
⇒ q B = m (2V ) ⇒ ⎜⎜ ⎟⎟ =
⇒ =
1
m r2
r
⎝q⎠
(2V ) 2 q 2V
2
1
2
v è una costante. Fisso r e faccio variare il campo magnetico B, e al variare di B ho solo dei
particolari valori del rapporto (m/q).. in questo modo selezioniamo particelle che abbiano un
rapporto (m/q) fissato.
La sorgente è molto complicata, ci sono degli isolanti, ci sono termocoppie per misurare la
temperatura:
Si fa riscaldare un filamento per effetto Joule, in questo modo si ha emissione di elettroni →
elettroni che urtano le molecole che sono dentro il sistema. Poi si deve applicare una d.d.p. negativa
per estrarre gli ioni. Il fascio attraversa il magnete e avviene la separazione in massa.
4
Se misuro la corrente in uscita dal magnete:
La radice quadrata di (m/q) è
proporzionale
al
campom
magnetico B (linea retta). In
funzione della corrente degli ioni
abbiamo un picco per determinati
valori del campo B.. questi picchi
corrispondono a certi valori di
massa su carica
Fascio ionico:
noi vogliamo avere una resa elevata quindi ci vuole una corrente intensa. Inizialmente si operava
con correnti dell’ordine di μA, oggi sono richiesti mA. → siccome devo distribuire il fascio sulla
fetta, lo posso fare con delle placchette di deflessione.. però siccome la corrente è elevata (mA) si
preferisce tenere fisso il fascio e muovere la fetta. Nel disco vengono messe delle fette di silicio un
po’ inclinate che vengono spinte verso la parete per forza centrifuga. Il disco mentre ruota viene
traslato (vedi figura pag. successiva):
5
ION IMPLANTATION DOSE
Consideriamo la quantità di carica che abbiamo introdotto nella fetta: q = I ⋅ t . Se divido questa
carica per la carica di un singolo ione q ho il numero di ioni; se poi divido per l’area A ho la dose:
I ⋅t
φ=
,
q⋅ A
la dose si misura in ioni/cm2.
Gli ioni si distribuiscono nel seguente modo:
La profondità a cui arrivano gli ioni
dipende dall’energia del proiettile e dal
tipo di bersaglio. La dose è dall’area :
x0
φ = ∫ C ( x )dx
0
6
Quando consideriamo un fascio di ioni, se la struttura è disordinata, i proiettili che entrano nel
materiale subiranno una serie di urti di interazione:
•
•
Interazione con gli elettroni → interazione anelastica;
Interazione con il nucleo degli atomi → interazione elastica, cioè l’energia cinetica prima e
dopo l’urto si conserva.
Quindi questi ioni accelerati perdono la loro energia attraverso collisioni con gli elettroni e i nuclei
del substrato. Definita con Ri la distanza totale che uno ione i percorre prima di arrestarsi, la
proiezione della traiettoria dello ione lungo l’asse di incidenza viene indicata con Rpi:
Poiché il numero di collisioni per unità di profondità e
l’energia persa in ogni collisione sono variabili casuali,
un insieme di ioni aventi la stessa massa e la stessa
energia iniziale mostreranno alla fine una certa
distribuzione spaziale. Tale distribuzione sarà
caratterizzata da una profondità media indicata con Rp
(projected range). Le fluttuazioni statistiche di Rpi lungo
l’asse di incidenza sono caratterizzate in termini della
varianza ΔRp (projected straggle). Ci sono fluttuazioni
statistiche anche lungo un asse perpendicolare all’asse
di incidenza, caratterizzate in termini di varianza laterale
ΔR‫( ׀‬lateral straggle).
Possiamo anche vedere come questi ioni si distribuiscono:
Perciò mentre nella diffusione la
concentrazione massima si ha per x =0, per
la impiantazione ionica la concentrazione
massima si ha alla profondità media Rp.
Lungo un asse perpendicolare all’asse di incidenza, la distribuzione è di nuovo una funzione
gaussiana. A causa di questa distribuzione, ha luogo (in una certa misura) un’impiantazione laterale.
Tuttavia, la penetrazione laterale dal bordo della maschera (dell’ordine di ΔR‫ )׀‬è molto minore di
quella che deriva dal processo di diffusione termica.
Vediamo di capire un attimo meglio questo aspetto dello sbordamento laterale. Supponiamo di
avere la seguente maschera:
7
Consideriamo un fascio normale alla superficie..
vicino ai bordi della maschera ho una diminuzione
della concentrazione di ioni. Nella seconda figura
(quella più in basso) sono riportate le linee di equiconcentrazione degli ioni impiantati.
Una cosa molto importante da dire è l’aspetto della compatibilità di un processo nuovo, nel nostro
caso dell’impiantazione ionica, con la tecnologia pre-esistente quale quella per la diffusione, infatti
utilizzando la stessa maschera di SiO2 utilizzata precedentemente di spessore sufficiente, gli ioni
che arriveranno dappertutto si fermeranno all’interno dello strato di SiO2 e non penetreranno nel
silicio sottostante, in questo modo no bisogna rivoluzionare tutta la tecnologia esistente il che si
traduce nel risparmio di ingenti somme di denaro.
In base all’energia che uno ione del fascio possiede avremo diverse profondità di penetrazione sul
silicio. In generale, come si può vedere dalla seguente figura, maggiore è l’energia posseduta
maggiore sarà la profondità di penetrazione:
Nel caso in cui le energie in gioco sono di una decina di eV, deposito sulla superficie di Si gli ioni,
perché per spostare un atomo di Si l’energia necessaria è dell’ordine di 20eV circa.
Nel caso in cui l’energia è di 1KeV circa, gli ioni interagiranno con i primi strati. Usando l’Argon
con queste energie accade che vengono messi in moto altri atomi ed alcuni di questi fuoriescono e si
ha il fenomeno dello sputtering (erosione del materiale), cioè abbiamo ancora a che fare con
interazioni superficiali, ma le energie sono tali da poter permettere la rimozione di atomi tramite urti
all’interno grazie ai quali si ha la fuoriuscita di atomi.
Nel terzo caso in cui si utlizza il fosforo e le energie in gioco sono dell’ordine del centinaio dei KeV
succede che gli ioni penetrano, si fermano ad una certa distanza dalla superficie e questa è la
situazione tipica per l’impiantazione ionica.
8
Aumentando ancora l’energia (MeV) avremo dei fasci che vengono utilizzati per tecniche di analisi.
Oggi però adoperate energie dell’ordine di MeV per realizzare impianatzione ionica in modo da
introdurre delle impurezze a distanza notevole.
Meccanismo di arresto degli ioni
Vi sono due meccanismi attraverso i quali gli ioni ad alta energia che penetrano in un substrato
semiconduttore (chiamato anche bersaglio), possono essere arrestati. Il primo meccanismo consiste
nel trasferimento di energia ai nuclei del bersaglio. Questo fenomeno produce una deflessione degli
ioni incidenti e anche la dislocazione di molti nuclei del bersaglio dai loro siti cristallini originali.
Se E è l’energia dello ione in ogni punto x lungo la sua traiettoria, si può caratterizzare il processo
mediante un potere di arresto nucleare:
S n (E ) = (dE / dx )n
Il secondo meccanismo di arresto consiste nell’interazione degli ioni incidenti con la nuvola di
elettroni che circonda gli atomi del bersaglio. Gli ioni perdono energia collidendo con gli elettroni
attraverso un meccanismo di interazione colombiana. A loro volta gli elettroni possono essere
portati a livelli più alti di energia (eccitazione), o possono essere estratti dagli atomi (ionizzazione).
Per caratterizzare questo processo si può definire un potere di arresto elettronico:
S e (E ) = (dE / dx )e
La perdita media di energia con la distanza è data dalla sovrapposizione dei due meccanismi di
arresto precedentemente descritti:
dE
= S n (E ) + S e (E )
dx
Se si definisce con R la distanza totale che lo ione prima di fermarsi, allora:
R
E0
0
0
R = ∫ dx =
dE
∫ S (E ) + S (E )
n
e
dove E0 è l’energia iniziale dello ione.
Si può visualizzare il processo di arresto nucleare considerando le collisioni elastiche tra una sfera
rigida incidente (energia E0 e massa M1) e un bersaglio costituito da una sfera rigida (energia
iniziale zero e massa M2), come è illustrato nella seguente figura:
9
Quando le due sfere collidono, la quantità di moto si trasferisce lungo i centri delle sfere. L’angolo
di deflessione θ e le velocità v1 e v2 possono essere determinate utilizzando i principi della
conservazione dell’energia e della conservazione della quantità di moto. La massima perdita di
energia si ha nella collisione frontale.
Poiché M2 è di solito dello stesso ordine di M1, attraverso il processo di arresto nucleare può essere
trasferita una grande quantità di energie.
Valori calcolati di Sn(E) per l’arsenico, per il fosforo e per il boro nel silicio a varie energie sono
mostrati nella seguente figura (linee dove l’apice indica il peso atomico):
Si noti che atomi più pesanti (come l’arsenico)
hanno un maggiore potere di arresto nucleare, ossia
producono una maggiore perdita di energia per unità
di lunghezza.
Si può dimostrare che il potere di arresto elettronico è proporzionale alla velocità dello ione
incidente, ossia:
S e (E ) = k e E
dove il coefficiente ke è una funzione relativamente debole della massa atomica e del numero
atomico. Il potere di arresto elettronico del silicio è rappresentato nella figura soprastante (linea
tratteggiata). Sono anche indicate nella figura le energie di incrocio, alle quali Se(E) è uguale a
Sn(E). Per il boro, che ha una massa ionica relativamente bassa rispetto all’atomo bersaglio di
silicio, l’energia di incrocio è solamente 10keV.
Ciò significa che su tutti gli intervalli di energia in cui praticamente avviene l’impiantazione ionica
( da 30keV a 300keV), il meccanismo di arresto dominante l’arresto elettronico. D’altro canto, per
l’arsenico, avente massa ionica relativamente elevata, l’energia di incrocio è 700keV.
10
Pertanto l’arresto nucleare domina nell’intervallo di energia d a30keV a 300keV. Per il fosforo,
l’energia di incrocio è 130keV. Per un E0 minore di 130keV, l’arresto nucleare sarà dominante,
mentre per energie più alte, prevarrà l’arresto elettronico:
Models
Ci sono diversi modelli per considerare il calcolo della perdita di energia, si va da modelli continui
a modelli Montecarlo in cui si considera il singolo urto dello ione con i vari atomi. Cioè seguiamo
la storia di uno ione andando a vedere tutte le collisioni.
Higher moment distribution
Al variare dell’energia posso localizzare a diverse profondità la distribuzione. Quindi c’è un
parametro in più rispetto alla normale diffusione, cioè l’energia → riesco quindi a modificare il
profilo:
11
In realtà la distribuzione non è proprio gaussiana, ma è asimmetrica. E’ asimmetrica perché se
considero il boro, esso ha una massa inferiore rispetto a quella del silicio, allora facilmente la
particella di boro può tornare indietro. Se invece del boro uso l’arsenico, siccome esso è più pesante
del Si allora la distribuzione diventa al contrario:
Aumentando l’energia diminuisce il massimo di concentrazione perché ho un maggiore numero di
urti e quindi la distribuzione si allarga:
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ION CHANNELING: incanalamento degli ioni
Quando ho un cristallo, vedo che ci sono delle pile di atomi lungo certe direzioni, quindi è come se
il cristallo avesse zone vuote. Considerando due righe atomiche:
queste due righe delimitano un canale.
Quando uno ione interagisce con il cristallo, esso viene guidato da queste linee. La <110> è più
aperta della <100> che a sua volta è più aperta della <111>:
Se lo ione si avvicina a una delle due righe subisce una repulsione, quindi ha un moto guida. Però
dipende dall’inclinazione del fascio perché se è troppo alto allora lo ione potrebbe non più essere
guidato → Questo è il fenomeno dell’incanalamento: gli ioni vengono impiantati lungo una
direzione e seguono prevalentemente traiettorie che li mantengono distanti dagli atomi di bersaglio.
In questo modo non vengono perdute per collisione nucleare quantità significative di energia.
Pertanto, per ioni incanalati, il solo meccanismo di perdita di energia è l’arresto elettronico, e la
distanza percorsa da ioni incanalati può essere significativamente maggiore che in un bersaglio
amorfo.
L’estensione della regione di incanalamento è una funzione assai sensibile della dose e conduce a
una profondità di penetrazione che è più grande all’incirca di un fattore 10 di quella che si sarebbe
ottenuta in assenza di incanalamento. Per dosi più alte, il disordine cristallino aumenta (già
discusso) e il semiconduttore diventa amorfo. Di conseguenza l’effetto di incanalamento si riduce.
La sensibilità del processo di incanalamento alla orientazione del cristallo lo rende fenomeno
indesiderabile nella maggior parte delle applicazioni pratiche. Per evitare l’incanalamento, il
substrato viene di solito disallineato di un angolo che va da 7° a 10°, in modo tale da far incidere sul
cristallo il fascio ionico lungo una direzione casuale. Un altro modo di evitare l’incanalamento è
quello di creare uno strato superficiale amorfo usando un bombardamento con ioni (ad esempio ioni
di argo) prima dell’impiantazione di drogante.
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A conclusione di questo discorso diciamo che il problema essenziale è che devo eliminare il
danno che creo tramite l’impianto ionico perché tale processo è un processo violento.
DAMAGE: Danno
Quando uno ione urta il reticolo, sposta l’atomo dalla sua posizione, se l’energia è sufficiente
questo atomo spostato può a sua volta produrre una cascata di atomi spostati.
1) ΔEn < Edi : Se l’energia che cedo (quando lo ione urta il reticolo) è minore dell’energia di
spostamento, non sposto l’atomo e questa energia viene dissipata sotto forma di vibrazione e calore.
2) Edi ≤ ΔEn ≤ 2Edi : sposto l’atomo che poi però si ferma, quindi creo dei difetti puntiformi cioè
l’atomo di silicio può andare in posizione interstiziale e quindi si crea una vacanza.
3) ΔEn ≥ 2Edi : l’atomo spostato può muoversi e questo movimento si chiama rinculo. Questo
rinculo può causare degli urti secondari e terziari.
Ora, l’albero di disordine per atomi leggeri (dosi leggere) è alquanto differente da quello che si ha
per atomi pesanti (dosi pesanti).
La maggior parte della perdita di energia per ioni leggeri è dovuta a collisioni elettroniche (cascata
di collisioni) che non causano danneggiamento reticolare:
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Tuttavia, l’energia degli ioni si riduce man mano che questi penetrano sempre più a fondo nel
substrato. Alla fine l’energia dello ione scende sotto l’energia di incrocio (circa 10keV per il boro) ,
e l’arresto nucleare diventa dominante. Pertanto, la maggior parte del disordine reticolare ha luogo
in corrispondenza della parte finale dello ione. Sono necessarie dosi molto elevate di atomi leggeri
per creare uno strato di amorfo.
Per ioni pesanti (esempio arsenico), la perdita di energia è dovuta innanzitutto a collisioni nucleari,
è prevedibile perciò che il danneggiamento cristallino sia notevole. A seguito dell’impiantazione di
ioni pesanti, il materiale diviene praticamente amorfo. Nella seguente figura si illustra la situazione
che si verifica quando il danneggiamento è distribuito lungo l’intero percorso dello ione:
Ora, se la dose di impianto è bassa ho delle collisioni individuali, se invece la dose è elevata formo
uno strato continuo di amorfo:
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Difetti puntiformi
Se ci sono difetti puntiformi (impurezze, ect..), questi si aggregano dando luogo a dei difetti estesi
cioè dislocazioni:
Supponiamo ora di avere creato uno strato di amorfo mediante un impianto:
∟→ Si ha un’interfaccia piuttosto netta tra la zona amorfa e la zona cristallina. Siccome voglio
ripristinare l’ordine nello strato amorfo, vado a temperature superiori a 600°C e vado a vedere come
varia lo spessore ricresciuto (o come diminuisce lo spessore dell’amorfo). Vedo che si ha un
andamento lineare con il tempo (a temperatura costante).. quindi la velocità è costante.
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Allora posso caratterizzare questo processo andando a vedere come varia la velocità in funzione
della temperatura:
∟→ Si vede che si ha una retta in questa scala semilogaritmica. Questo significa che il processo
elementare è lo stesso al variare della temperatura, cioè è regolato dalla stessa energia di attivazione
EO.. varia solamente il tasso.
La ricrescita dello stato cristallino è planare:
andando da sinistra a destra l’amorfo si riduce. Però rimangono dei difetti all’interfaccia perché la
transizione non è netta. Questi difetti si chiamano difetti di fine range.
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Il processo dipende anche dall’orientazione cristallografica:
posso tagliare il cristallo in diverse orientazioni, poi faccio l’impianto e misuro la velocità di
crescita. Si vede che questa velocità di crescita è massima per la 100 e raggiunge il minimo per la
111.
Se la superficie è piana non ci può essere crescita, quindi essa deve essere fatta a scalini:
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Ricottura (annealing)
Il grafico seguente da un’idea dei problemi connessi ala danno che si crea a seguito
dell’impiantazione:
A seguito dell’impiantazione, si formano nel semiconduttore regioni danneggiate e amorfe, nelle
quali i parametri elettrici del materiale ( quali la mobilità e la vita media dei portatori) subiscono un
serio peggioramento. Inoltre, la maggior parte degli ioni impiantati non si trova in siti costituzionali.
Per attivare gli ioni impiantati e per ripristinare la mobilità e gli altri parametri ai loro valori
originali, si deve sottoporre il semiconduttore a ricottura per un tempo e a una temperatura
appropriati.
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La seguente figura mostra il comportamento in ricottura di impiantazioni del boro e del fosforo in
un substrato di silicio:
Il substrato è mantenuto a temperatura ambiente durante l’impiantazione. Per una certa dose di ioni,
la temperatura di ricottura corrisponde a una temperatura tale che, dopo una ricottura di 30 minuti, il
90% degli ioni impiantati sono attivati. Per impianti di boro, la temperatura di ricottura è tanto più
alta quanto più alta è la dose. Si noti che persino alla dose di 2 ⋅ 1015 ioni di boro/cm2, il substrato di
silicio rimane cristallino. Per il fosforo, a basse dosi il comportamento durante la ricottura è simile a
quello del boro. Tuttavia quando la dose è maggiore di 1015 cm-2, la temperatura di ricottura scende
a circa 600°C. Questo fenomeno è collegato al processo di epitassia da fase solida. Per dosi di
fosforo maggiori di 1015 cm-2, la superficie del silicio diventa amorfa. Il semiconduttore
monocristallino che giace sotto lo strato amorfo agisce come seme cristallino per la
ricristallizzazione dello strato amorfo. Uno strato di amorfo compreso tra 1000Å e 5000Å può
essere ricristallizzato in pochi minuti. Durante il processo di epitassia da fase solida, gli atomi delle
impurità droganti sono incorporati nei siti cristallini insieme agli atomi ospiti, si può ottenere perciò
una piena attivazione a temperature relativamente basse.
Durante la ricottura, i profili di drogaggio impiantati possono allargarsi a causa della diffusione. Se
la ricottura condotta in un forno convenzionale, si verifica un notevole allargamento del profilo di
drogaggio, dovuto principalmente ai tempi di ricottura lunghi (solitamente più di 30 minuti).
Quando si riducono le dimensioni dei dispositivi, si richiede una ricottura a bassa temperatura e di
breve durata allo scopo di rendere minima la diffusione degli atomi delle impurità. Per ottenere una
ricottura a bassa temperatura, si possono impiantare nel silicio ioni neutri in modo tale da formare
uno strato amorfo. Il silicio può allora essere ricotto a bassa temperatura (circa 600°C) attraverso il
processo di epitassia a fase solida, in modo tale da rimuovere il danno derivante dagli ioni droganti.
Recentemente si sono studiati processi di ricottura di breve durata (rapid thermal process) che
utilizzano svariate sorgenti di energia con un ampio intervallo di tempi, che vanno da 10-9 a 102
secondi: intervalli di tempi che possono ritenersi tutti brevi nei confronti dei tempi di ricottura tipici
del processo di annealing in forno.
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La seguente figura mostra i profili ottenuti da un’impiantazione di boro (1015 cm-2, 40keV)
sottoposta a una ricottura da fascio di elettroni e a una ricottura in forno a 950°C per 30minuti. Il
risultato mostra che la ricottura da fascio di elettroni può attivare completamente il drogante con
una limitata ridistribuzione, mentre la ricottura in forno allarga in modo notevole il profilo.
• TRANSIENT ENHANCED DIFFUSION (TED)
Supponiamo di impiantare ad una certa profondità del boro :
quando riscaldiamo a 810°C per 15 minuti il profilo cambia drasticamente. A causa del TED il
profilo si allarga di molto e la concentrazione è più bassa, questo è dovuto ai difetti introdotti
durante l’impianto. Questi difetti consistono in del silicio interstiziale, e allargano il profilo del boro
→ TED : diffusione non voluta dovuta alla presenza di cluster che deforma il profilo e impedisce
l’attivazione del boro.
• Rapid Thermal Processes (RTP)
Si utilizzano dei processi termici rapidi, cioè riscaldo in tempi molto brevi il campione:
Su questo grafico abbiamo riportato due curve:
Quella riguardante la diffusione che è data dal logaritmo naturale dello spessore in funzione
di 1/T. Quindi l’andamento è esponenziale, ma nel grafico sembra lineare perché la scala è
logaritmica;
21
Quella riguardante l’inverso del tempo necessario a rimuovere i difetti nel materiale..
maggiore è la temperatura, minore sarà il tempo.
La rimozione dei difetti richiede una energia di attivazione maggiore rispetto alla diffusione. Allora
per temperature al di sotto di un certo valore (parte destra del grafico) avviene con maggiore
profondità la diffusione. Viceversa a temperature maggiori (parte sinistra) il processo che avviene
con maggiore facilità è quello della rimozione del danno.
Quindi conviene andare a temperature elevate per tempi brevi, cioè fare si che la rimozione superi
la diffusione.
Normalmente si parte da 700°C, e con una velocità di 10°C al minuto si arriva a 1050°C dopo 35
minuti:
Fase
di
accensione
Fase di
spegnimento
→ con forno veloce
→ con forno convenzionale
In questo processo la fetta di silicio viene messa su un supporto di quarzo e, tramite delle lampade
al tungsteno si applicano potenze da 10 a 30kW.
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Questa energia luminosa viene assorbita dal silicio e siccome la potenza è notevole, l’assorbimento
è istantaneo. Successivamente spengo il dispositivo e ho il normale raffreddamento che può essere
per irraggiamento, ma se si aggiunge del gas si facilita il raffreddamento:
Una parte della luce incidente sul wafer viene riflessa, quindi la parte che viene assorbita è 1-R. In
funzione della lunghezza d’onda, la lampada al tungsteno ha il seguente spettro:
Il coefficiente di assorbimento del silicio è rappresentato dalla linea tratteggiata. Riscaldando si
creano delle coppie elettrone-lacuna. L’intensità è λI → di questa intensità incidente, una parte
viene riflessa e una parte viene assorbita ( 1 − e −αλd ).
23
Questo perché l’intensità trasmessa è:
Iλ (x ) = Iλ (0)e −αλd
Quindi la variazione di temperatura nel tempo è :
λ
dT 1 − R
=
dλ ⋅ Iλ 1 − e −αλd
dt
C v d ∫0
(
)
, Cv: calore specifico.
Riassumendo, in questi processi termici rapidi:
Si riduce la diffusione del drogante;
Si riducono gli effetti della contaminazione perché si riscalda solo la fetta;
Si può andare a temperature più elevate moltiplicando l’attivazione del drogante e la
mobilità dei portatori perché si elimina una parte del danno;
Si può avere concentrazione elevata della specie drogante;
Ci possono essere problemi di disuniformità di temperatura tra una zona e l’altra;
Alcune zone hanno una certa esposizione termica, altre un’esposizione termica diversa, e
queste differenze termiche danno luogo alla formazione di difetti.
Per l’attivazione della specie impiantata ci sono delle alternative:
•
•
•
Spike
Impulso
Laser (sono molto veloci).
Tecniche di caratterizzazione
Ci sono diverse tecniche:
1) misurare la resistività dello strato con il metodo delle 4 punte;
2) nei semiconduttori la resistività dipende dal drogaggio e dalla mobilità → se misuro la
mobilità in prossimità del canale, siccome siamo vicino alla superficie la mobilità peggiora
rispetto alla mobilità che si ha all’interno → si usa l’effetto Hall;
3) un’altra misura è quella della capacità-tensione;
4) un’ltra misura è quella della Resistenza Di Allargamento (spreading).
Queste quattro tipo di misure sono elettriche, cioè rispondono i portatori di carica.
Ci sono altre due tecniche che danno il profilo della concentrazione chimica del drogante:
1)SIMS;
2)RBS.
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Iniziamo → Supponiamo di avere un substrato di tipo N su cui realizziamo una zone di tipo P. Si
creano due zone fortemente drogate di tipo P+ .. otteniamo un resistore:
Andando a creare i contatti posso misurare la conducibilità dello strato P. Nella zona N c’è la
regione svuotata e quindi è separata elettricamente. La conducibilità dello strato dx è:
dG ( x ) = q ⋅ μ P ⋅ p( x ) ⋅
W
dx ,
L
p(x): concentrazione alla posizione x,
Wdx = area.
Anche la mobilità dipende dal drogaggio, si può prendere un valore medio di μP, cioè si considera
costante:
t
W
G = ∫ q ⋅ μ P ⋅ p ( x )dx ,
L 0
p(x) = NA (x) è la concentrazione di accettori.
Se W = L si ottiene la conducibilità per quadro:
L
W
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Per misurare la resistività si usa il metodo delle quattro punte. Si forza una corrente e si va a
valutare la caduta di tensione:
Si suppone che lo spessore dello strato sia piccolo rispetto alla lunghezza LP (distanza tra le punte).
La corrente si distribuisce lungo le superfici laterali di un cilindro. Allora la densità di corrente è
proporzionale alla conducibilità e al campo elettrico ε :
J = σ ⋅ε
inoltre la densità di corrente sarà:
J=
I
2πrt
, A = t ⋅W ,
dove 2πrt è la superficie laterale del cilindro.
La caduta di tensione tra 1 e 2 è:
2
ΔV1 = ∫
1
J
σ
dr =
2 LP
∫
LP
I
2πσrt
dr =
I
2πσt
ln
2 LP
I
=
ln 2
2πσt
LP
Ora:
ΔVTOT = 2ΔV1 =
I
πσt
ln 2 =
I
π
ln 2 ⋅
ρ
t
Sapendo che:
R=
ρ L
t W
⇒R=
π ⋅ ΔVTOT L
I ⋅ ln 2 W
⇒ R/ Ο =
πΔVTOT
R
=
W /L
I ⋅ ln 2
la resistenza di strato deve essere inversamente proporzionale alla dose.
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• SMIS:
Supponiamo di avere un cristallo in cui si sono introdotti degli atomi con un impianto.. si bombarda
il reticolo con ioni argon, e il materiale viene quindi eroso. Il materiale eroso viene raccolto da un
magnete e questo mi permette di misurare la concentrazione chimica andando a valutare il numero
di ioni che hanno eroso:
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