UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI CORSO DI LAUREA IN CHIMICA TESI DI LAUREA DETERMINAZIONE QUANTITATIVA DI ROTENONE IN OLIVICOLTURA BIOLOGICA MEDIANTE SPETTROMETRIA DI MASSA RELATORE Chiar. mo Prof. Giovanni Sindona CANDIDATA Maria Anna Caravita Matr. 47128 CORRELATORE Dott. Enzo Perri Anno Accademico 2003/2004 INTRODUZIONE Il Rotenone è un pesticida naturale, contemplato dall'allegato II B del Reg. CEE 2092/91 ed estratto dalle radici di alcune piante leguminose del genere Derris, Tephrosia e Longhocharpusl 1. É utilizzato come veleno per i pesci e come insetticida non selettivo su una grande varietà di piante 2. É considerato moderatamente tossico per gli uomini 3 visto che la dose letale stimata si attesta tra i 300 ed i 500 mg/Kg. Il rotenone è un inibitore del complesso I della catena respiratoria mitocondriale e, in un esperimento su cavie, ha provocato l'insorgenza di sintomi analoghi a quelli che si osservano a causa del morbo di Parkinson 4. Il rotenone è usato nella difesa dell'olivo per la produzione di oli di oliva da agricoltura biologica, anche se, in generale, si degrada più lentamente nelle olive che in altri vegetali. Il limite massimo fissato dalla legislazione italiana nelle olive è di 0.04 mg/Kg. La tecnica di spettrometria di massa Elettrospray ionization (ESI) è stata utilizzata per studiare la frammentazione del rotenone e di alcune molecole derivate e per mettere a punto un metodo di determinazione quantitativa basato sul monitoraggio di una transizione MRM. Come standard interno è stato utilizzato un cicloaddotto ottenuto mediante sintesi che presenta lo ione comune m/z 192 nello spettro MS/MS. RINGRAZIAMENTI I miei più sentiti ringraziamenti vanno al prof. Giovanni Sindona ed al dr. Enzo Perri per la disponibilità e professionalità dimostrata. Inoltre ringrazio l’Istituto Sperimentale per l’Olivicoltura, il dr. Fabio Mazzotti ed in modo particolare la dottoressa Anna Russo e il Per. Agr. Attilio Parise. Un ulteriore ringraziamento va a Domenico Fusto dell’associazione “Suolo e Salute”, organo di controllo dell’agricoltura biologica, ed all’azienda Rossello DO.RA.TO. Ringrazio, infine, la mia amica Barbara per avermi “sopportato” in questi ultimi anni di studio e per tutto il periodo di svolgimento della tesi. Capitolo 1 La spettrometria di massa 1– Introduzione La spettrometria di massa (MS) è una disciplina chimica microanalitica che richiede generalmente solo poche nanomoli di campione, per ottenere informazioni che riguardano la struttura e il peso molecolare dell’analita.Essa viene definita distruttiva dal momento che il campione analizzato viene distrutto durante l’analisi. In tutte le sue varie forme è necessario che dell’energia venga trasferita alle molecole dell’analita in modo da produrre la loro ionizzazione. In molti casi lo ione molecolare dell’analita che si forma ”esplode” in una varietà di ioni frammento, attraverso processi sia consecutivi che competitivi. Nei casi in cui lo ione molecolare o “quasi molecolari” sia stabile, la frammentazione può essere indotta per collisione; in ogni caso il risultante “pattern” di frammentazione costituisce lo spettro di massa. Una molecole generica M può essere ionizzata per rimozione o aggiunta di un elettrone, portando rispettivamente alla formazione degli ioni M corrispondenti al peso molecolare della molecola originale. .+ e M+- entrambi 2– Lo spettro di massa In linea di principio lo spettro di massa, normale o collisionale, di ciascun composto è unico e può essere utilizzato come “finger print” chimico per caratterizzare il campione o per identificarlo in miscele molto complesse, anche se presente a livello di tracce. Indipendentemente da come sono creati e separati gli ioni in uno spettrometro di massa, lo spettro di massa che si ottiene non è altro che un diagramma su cui in ascissa sono riportati i valori m/z dei picchi relativi alle specie ioniche presenti ed in ordinata l’intensità o abbondanza in unità arbitrarie. Il rapporto massa/carica (m/z) è il rapporto tra la massa m dello ione, misurata rispetto alla massa del 12 C che per convenienza è 12,000000, ed il numero z di cariche elettrostatiche (misurate rispetto a quello dell’elettrone, cui viene assegnata una carica elettrostatica negativa unitaria) presenti sullo stesso ione. Poiché la stragrande maggioranza degli ioni prodotti in uno spettrometro di massa, tranne nel caso dell’Electrospray, ha una sola unità di carica, il rapporto m/z di uno ione viene frequentemente identificato con la massa dello ione. In generale quando una molecola è ionizzata, per rimozione di un elettrone si origina un radical-catione M .+ detto ione molecolare il quale genera nello spettro di massa un picco denominato picco ionico molecolare, che compare a un valore m/z numericamente uguale al peso molecolare nominale dell’analita. Questo ione molecolare può contenere sufficiente energia interna dando delle frammentazioni successive che portano alla formazione di specie neutre, cationiche o radicaliche. M - e- M+. A+ + N. M - e- M+. A+. + N Esso è inoltre, il primo precursore di tutti gli ioni frammento nello spettro di massa. Lo spettrometro di massa sarà perciò in grado di separare tutti i frammenti carichi (A+ e A.+), questi a loro volta possono contenere energia interna sufficiente per generare successivi frammenti ionici anch’essi suscettibili all’analisi spettrometrica. N. M.+ Na A+ Nb B+ C+ etc Questo schema mostra il percorso specifico di reazioni di frammentazioni, cioè un pathway di frammentazione che la specie sotto esame può seguire. Il pathway di frammentazione può essere alquanto semplice, presentando così uno spettro altrettanto semplice, oppure può essere compresso,cioè caratterizzato dalla coesistenza di più meccanismi di frammentazione,competitivi e consecutivi, generando perciò uno spettro più complesso. Tutto ciò è determinato dall’eccesso di energia interna data allo ione molecolare (M.+), dalla struttura di questo ione e dal tempo che intercorre tra la formazione dello ione e il detector. Il picco ionico molecolare,nello spettro di massa, è assente o poco intenso quando: • Lo ione molecolare è caratterizzato da un processo di frammentazione con energia di comparsa (AP) molto prossima al potenziale di ionizzazione (IP), cioè quando tra i processi di frammentazione dello ione molecolare,uno di essi è governato da una energia di attivazione molto bassa; • L’analita subisce una decomposizione termica prima della ionizzazione. Quando non si realizzala prima condizione ed è assente la decomposizione termica è possibile aumentare l’intensità del picco ionico molecolare, nello spettro di massa, diminuendo l’energia di ionizzazione. Una molecola può anche essere ionizzata per aggiunta di una specie carica, che con la molecola originale porta alla formazione di ioni tipo [M+Hn]+ e [M-Hn]- con peso molecolare differente da quello della molecola originaria, queste specie di cariche sono chiamate molecolari e ioni molecolari protonati (o deprotonati). ioni quasi Se una molecola perde ad esempio, nel processo di ionizzazione elettronica due elettroni, si ottiene una ione molecolare doppiamente carico che produce nello spettro di massa un picco ad un valore m/z numericamente uguale alla metà del peso molecolare del composto. Analogamente se una molecola acquista nH+ durante il processo di ionizzazione electrospray si ottiene uno ione molecolare protonato che produce nello spettro di massa un picco ad un valore di m/z numericamente uguale ad ¼ del peso molecolare del composto aumentato di n unità (M+n/n). Questi sono detti ioni a carica multipla. Il picco più intenso di uno spettro di massa è il picco base e viene utilizzato come base unitaria rispetto alla quale normalizzare le abbondanze relative di tutti gli altri ioni. Per definizione, quindi, l’intensità relativa del picco base è 100% mentre le intensità degli altri picchi sono espresse in % Relative Intensity (R. I.). Un modo alternativo per misurare l’intensità relativa consiste nell’utilizzare la corrente ionica totale (TIC = Total Ion Current) come base per normalizzare lo spettro di massa, dove la TIC rappresenta la somma delle intensità di tutti i picchi presenti in un definito intervallo di massa. In questo caso le intensità di tutti i picchi sono espresse in %Σn, dove n rappresenta il valore più piccolo m/z da cui è calcolata la TIC. La capacità dello spettrometro di massa di separare due picchi adiacenti è detta risoluzione (R) ed è data dalla relazione: R = Mn / (Mn-Mm) dove Mn è il valore di massa superiore i due picchi adiacenti e Mm è il valore di massa inferiore: Oppure espressa in parti per milione (ppm): R(ppm) = 106*∆m / M In spettrometria di massa ci sono tre livelli di risoluzione: bassa risoluzione, media risoluzione ed altra risoluzione. I valori di risoluzione indicati per poter essere significativi devono essere accompagnati da una descrizione del grado di separazione dei due picchi fornendo il valore della valle, espressa in % dell’altezza dei picchi, corrispondente al grado di separazione. Le risoluzioni vengono generalmente espresse al 5% o al 10% della valle; questo grado di risoluzione viene detto “unit resolution”. Nei casi in cui la risoluzione dello spettrometro di massa è sufficientemente elevato ad ogni picco si accompagna uno o più picchi ad (m+1), (m+2), etc. Ciò è dovuto alla presenza dell’analita di isotopi stabili degli elementi che entrano nella composizione elementare dell’analita. L’intensità di questi picchi isotopici segue la distribuzione isotopica naturale degli elementi : ABBONDANZA ISOTOPICA NATURALE X Massa X+1 % Massa X+2 % Massa % H 1 99,99 2 0,01 C 12 98,9 13 1,1 N 14 99,6 15 0,4 O 16 99,76 17 0,04 18 0,20 F 19 100 Si 28 92,2 29 4,7 30 3,1 P 31 100 S 32 95,02 33 0,76 34 4,22 Cl 35 75,77 37 24,23 Br 79 50,5 81 49,5 I 127 100 Si potrebbe continuare con i picchi isotopici (m+3), (m+4), etc, il cui contributo,trascurabile per le molecole con pochi atomi di carbonio diventa significativo per molecole ad alto peso molecolare le quali presentano “cluster isotopici” complessi anche per il contributo aditivo degli isotopici degli altri elementi. 3- Lo spettrometro di massa Gli elementi essenziali di uno spettrometro di massa di qualunque tipo esso sia sono: 1)il sistema di introduzione del campione (inlet system) nello spettrometro di massa; 2)la sorgente ionica (ion source).dove avviene la ionizzazione dell’analita; 3)l’analizzatore di ioni (separation of ion oppure anlalyser): la zona dello strumento adibita alla separazione degli ioni; 4) il rilevatore ioni (detection of ion); 5)il sistema dei acquisizione ed elaborazione dati (recording of ion arrivals): la registrazione dello spettro . L’intero sistema è tenuto a pressione molto bassa (alto vuoto) rendendo così l’introduzione del campione nella sorgente uno step piuttosto complesso. 3.1 Il sistema di introduzione I modi d’introdurre il campione all’interno dello strumento sono vari, normalmente dipendono dalla volatilità e dalla natura del campione, ed anche dal metodo di ionizzazione utilizzato. L’inlet system è un dispositivo pneumatico che serve ad introdurre il campione nella sorgente ionica senza alterare le condizioni operative di pressione che è dell’ordine di 10-5-10-6 Torr. I gas ed i composti volatili a temperatura ambiente, sono introdotti nella sorgente attraverso un glass sinter e procedono fino alla sorgente in un tubo di vetro alla pressione di 10-6 Torr. Questo genere di sistema di introduzione del campione è chiamato “ cold inlets”. Funzionano allo stesso modo gli “ hot inlets”, il campione è però riscaldato alla temperatura di 300°C, permettendo così la volatilizzazione di molti composti. Tutto il sistema è un vetro, in quanto la presenza di un metallo lavorando ad alte temperature, potrebbe catalizzare reazioni di decomposizione dell’analita. Un altro metodo alternativo è quello di utilizzare un “septum inlet”, costituito da un serbatoio riscaldato in acciaio inossidabile, in cui il campione è iniettato allo stato liquido via septum. Tenuto a bassa pressione ed alta temperatura, il campione è vaporizzato e diffuso nella sorgente per mezzo di un sistema di valvole. L’inconveniente è che però non tutti i campioni possono essere vaporizzati ad alte temperature, perché sono suscettibili a degradare, vengono perciò introdotti nello strumento mediante un probe passando attraverso una zona tenuta sotto vuoto da poter originare una vaporizzazione dell’analita in maniera soft. Questo genere di immissione del campione è comunemente usato in combinazione con tecniche di ionizzazione mild come FAB(Fast Atom Bombardment) e DI ( Desorption Ionizzation). Un altro sistema è quello di introduzione diretta, identificato come DIS da “direct inlet system”. Esso è costituito da un’asta metallica detta sonda o “probe” sulla cui estremità vi è un alloggiamento per depositare il campione. Tale alloggiamento è di varie forme in funzione del tipo di ionizzazione in uso; può essere riscaldato fino a 400°C , o eventualmente raffreddato al di sotto della temperatura ambiente. Tale sistema di introduzione viene impiegato per campioni da analizzare direttamente senza alcuna preventiva separazione analitica, cioè per campione generalmente puri. Per miscele complesse si può ricorrere alla preventiva separazione mediante gascromatografia (GC) o cromatografia liquida a alte prestazioni ( HPLC o LC); in questi casi il sistema d’introduzione è una vera interfaccia tra le due strumentazioni la cui funzione è quella di rendere compatibile l’abbinamento di sistema cromatografici, che funzionano sotto pressione con lo spettrometro di massa, che funzione sotto vuoto spinto. La gascromatografia viene utilizzata per miscele gassose, mentre nel caso di soluzioni ci si avvale dell’uso di LC o HPLC. Sono tipiche interfacce per collegamento GC – MS: A) il separatore a getto (o di Rihaghe); B) l’interfaccia open-split. Ma nel GC-MS si può eliminare l’impiego dell’interfaccia quando si utilizzano colonne capillari con diametri interni di qualche decimo di millimetro. Infatti, queste colonne richiedono flussi di gas di trasporto dell’ordine di 1-2 ml/min che sono compatibili con gli attuali sistemi di pompaggio senza che il vuoto operativo nello spettrometro di massa sia compromesso. Mentre tipiche interfaccia per il collegamento HPLC-MS (oLC-MS) sono la “particle beam”, la “thermospray” e la “ electrospray”. La termospray e l’electrospray rappresentano però anche due specifici metodi di ionizzazione a pressione atmosferica (API = atmospheric pressare ionizzation). 3.2 La sorgente ionica La sorgente ionica rappresenta quella parte dell’apparecchiatura in cui molecole gassose, liquide o solide vengono trasformate in ioni desolvatati in fase gassose. Generalmente è una zona ben delimitata dove gli ioni, appena formati, risiedono brevissimamente prima di essere spinti verso l’analizzatore. Nella sorgente ionica avvengono anche quei processi di frammentazione spontanei,consecutivi o competitivi, dello ione molecolare o degli ioni frammento che portano alla formazione di un certo numero di specie ioniche, a definiti valori di m/z, che costituiscono lo spettro di massa. Gli ioni, quando si formano, vengono inviati all’analizzatore sotto forma di un fascio ionico ben focalizzato, fanno parte perciò della sorgente anche una serie di elettrodi che servono ad accelerare gli ioni ed a focalizzare il fascio risultante. Quindi la sorgente ionica è costituita da: • la camera di ionizzazione che rappresenta l’ambiente più o meno chiuso all’interno del quale avviene il processo di ionizzazione vero e proprio; • gli elettrodi che generano i campi elettrici e servono ad accelerare e dirigere gli ioni. Generalmente, prima di entrare nell’analizzatore, il fascio ionico viene in parte intercettato da un elettrodo che genera una corrente chiamata “corrente ionica totale” o TIC (total ion current). Questa corrente è proporzionale alla quantità di ioni raccolti,i quali sono a loro volta proporzionali alla quantità di sostanze che si trova in quel momento nella sorgente e soggetta al processo di ionizzazione. Nel caso di scansioni continue, la TIC può essere anche generata dal sistema di acquisizione ed elaborazione dati sommando le intensità di tutti i picchi registrati negli spettri di massa. Nel caso di analisi GC-MS ed HPLC-MS il profilo della TIC è solitamente sovrapponibile al cromatogramma ottenuto con i rilevatori cromatografici classici. Esistono diversi tipi di sorgenti ioniche, queste vengono scelte in funzione delle caratteristiche chimico-fisiche dell’analita e che perciò sfruttano principi fisici diversi per generare ioni gassose da molecole neutre. La sorgente a ionizzazione elettronica (EI), detta anche ad impatto elettronico, è il metodo più diffuso e per lo più viene usato per specie volatili o bassobollenti. Le molecole neutre vengono introdotte tramite un sistema di introduzione e devono essere già in fase gassose per avvenire la ionizzazione. La ionizzazione avviene per interazione con un fascio di elettroni ad alta energia emessi per effetti termoelettrico da un filamento ed accelerati da una trappola posta ad una differenza di potenziale di 70 eV; gli elettroni di bombardamento acquistano così un’energia di 70 eV. Questo fascio di elettroni di bombardamento si muove su un percorso a spirale per effetto del campo magnetico locale generato da due piccoli magneti,aumentando così la probabilità di interazione degli elettroni con le molecole neutre. L’elettrone in movimento può essere considerato come un pacchetto di energia presentando un movimento ondulatorio analogo a quello di un fotone; durante l’approccio elettrone/molecola il campo elettrico dell’onda e il campo magnetico della molecola si modificano mutuamente. In seguito al processo di ionizzazione si innescano una serie di processi di frammentazioni unimolecolare; questa interazione tra l’elettrone di bombardamento e le molecole gassose M dell’analita può essere illustrata come segue:M, la molecola generica, interagisce con uno elettrone, il quale contiene una energia maggiore rispetto a quella di ionizzazione della molecola stessa. L’impatto è tale da permettere all’elettrone di trasferire alla specie neutra una quantità sufficiente di energia da poter eccitare la molecola. E’ possibile che l’interazione possa portare alla formazione di una specie eccitata, in cui il trasferimento di energia comporta il passaggio di un elettrone da un orbitale interno ad uno esterno della molecola: M + eM + e- M + e- M* + eM+. + 2 e- M-. L’energia degli elettroni di bombardamento è molto più grande dell’energia di un normale legame chimico ed inoltre l’interazione elettronica genera uno ione molecolare radicalico in uno stato fortemente eccitato, per cui esso può, a volte, decomporsi prima di essere rivelato per ciò viene considerato un metodo di ionizzazione hard. La ionizzazione chimica (CI) è concettualmente simile a quella EI, ma,a differenza di quest’ultima, la pressione nella camera di ionizzazione della sorgente viene mantenuta a un valore compreso tra 0,1 Torr e 2,0 Torr per introduzione di un gas reagente5,6,7 che può essere metano, isobutano, ammoniaca oppure idrogeno che portano rispettivamente alla formazione di ioni secondari del tipo CH5+,C4H9+,NH4+ e H3+. A questa pressione la probabilità d’impatto è molto più elevata e genera nella camera di ionizzazione un plasma con una composizione ben definita. Così, prima di lasciare la camera di collisione, gli ioni hanno subito vari urti. Il gas reagente, A, viene ionizzato per mezzo di un fascio di elettroni portando alla specie A.+ (ionizzazione primaria): A + e - → (A+.)* + 2e (A+.)* + A → A+. + A* Questa specie attraverso una serie di condizioni trasferisce energia alle molecole di gas ancora neutre così che l’energia traslazionale, vibrazionale e rotazionale è equilibrata e gli ioni formatisi alla prima ionizzazione, sono considerati possedere l’equivalente energetico corrispondente all’energia dello stato fondamentale della specie alla temperatura della sorgente. Segue, poi, la formazione di ioni secondari, del tipo [A+H]+ ed [A-H]+, in queste specie il gas reagente cattura o perde un protone caricandosi in entrambi i casi positivamente: A+. + A → (A+H)+ + (A-H)+ Queste specie sono in grado di cedere un protone all’analita portando così alla formazione di specie cariche (ione molecolare protonato o deidrurato). (A+H)+ + M → (M+H)+ + A (A+H)+ + M → (M-H)+ + (A+2H) L’ipotesi che possa avvenire la ionizzazione diretta di M è del tutto improbabile in quanto il numero di molecole del campione è irrilevante rispetto alla quantità di molecole del gas reagente. Invece,gli ioni secondari sono acidi forti di Lewis inclini perciò a donare un protone al campione producendo così gli ioni quasi –molecolari, cioè ioni terziari protonati. Se, però, la molecola M è sprovvista di un sito basico, piuttosto che protonarsi questa specie tenderà a perdere un protone. Lo ione quasi-molecolare presenta una scarsa tendenza a frammentare. In quanto l’energia trasferita nel processo è pari alla differenza di affinità protonica della base coniugata ed è dell’ordine di pochi eV. La ionizzazione chimica presenta l’unico svantaggio che è quello di richiedere, come per la ionizzazione elettronica, l’iniziale vaporizzazione del campione, però questo processo non è possibile per sostanze polari o termicamente instabili oppure per molecole ad alto peso molecolare. Inoltre, se si confronta uno specchio di massa ottenuto per ionizzazione elettronica ed uno per ionizzazione chimica, quest’ultimo presenterà un minor numero di segnali. Per la ionizzazione di specie non volatili e tremolabili una delle tecniche recentemente sviluppate è il FAB8,9,10 (Fast Atom Bombardment) questa tecnica non richiede una volatilizzazione delle molecole neutre prima che avvenga la ionizzazione, infatti, il campione viene utilizzato direttamente allo stato solido, inoltre trova una vasta applicazione per molecole grandi polari, ioniche o termicamente instabili in modo particolare per biomolecole come i peptidi e gli oligonucleotidi. In una sorgente FAB il campione è aggiunto direttamente ad una matrice viscosa (glicerolo, tioglicerolo, dietanolammina, nitrobenzilalcol, etc.), un solvente altobollente e polare che favorisce la ionizzazione e la diffusione del campione11,12,13. La matrice deve fornire continuamente molecole non degradate dalla radiazione ed inoltre deve essere in grado di dissipare l’energia rilasciata nell’impatto trasferendola attraverso il target, perciò le proprietà chimico-fisico della matrice sono coinvolte nel fenomeno dell’assorbimento degli ioni. Le caratteristiche principali di una buona matrice devono essere: la capacità di sciogliere l’analita, la corretta viscosità, l’adeguata tensione di vapore e l’inerzia nei confronti dell’analita. Il campione viene prima sciolto in un solvente volatile, poi mescolato con la matrice, quindi deposto su un probe e sottoforma di film sarà bombardato da un fascio di atomi veloci. La ionizzazione del campione avviene per bombardamento con atomi veloci (atomi neutri ma dotati di una grande quantità di energia) di un gas inerte (elio,argon o xenon), o anche con gli ioni veloci di cesio. Un fascio di ioni del tipo Xe.+ può esser prodotto per ionizzazione degli atomi di Xenon, e così accelerato mediante l’utilizzo di un campo elettrico di circa 6-8 KV: Questo flusso di atomi veloci è diretto in una camera di collisione contenente Xenon neutro, in cui avviene uno scontro tra le particelle cariche e le particelle neutre del gas con conseguenze trasferimento d’energia. Si origina così un fascio di atomi veloci e neutri che manterrà la stessa direzione ed energia cinetica degli ioni originari ed andrà a colpire il (plate) su cui e stratificato il campione: Xe+. + Xe (Fast) (Thermal) Xe + Xe+. (Fast) (Thermal) Sul plate colpito è depositato il film matrice/analista. Nell’impatto tra il fascio d’atomi veloci e l’analita avviene un trasferimento di energia dagli atomi di Xenon alla miscela matrice/ analista; così una parte dell’analita subisce la ionizzazione grazie all’acquisto di un protone della matrice. Gli ioni dell’analita vengono desorbiti dalla superficie e accelerati verso l’analizzatore, per poter essere separati. In questo processo di “sputtering”, conseguente al bombardamento, si ritrovano in fase gassosa ioni positivi e negativi dell’analita e della matrice, addotti carichi dell’analita con la matrice, radicali, molecole e cluster neutri , etc. Gli ioni positivi o negativi, secondo la polarità della sorgente, possono essere accelerati e focalizzati nell’analizzatore come fascio di ioni secondari,essendo, questi ultimi, nel caso del bombardamento con ioni cesio, il fascio di ioni principali. Però, la presenza della matrice comporta un inconveniente in quanto questa ionizza con il campione perciò nel background dello spettro si avranno sicuramente dei segnali dovuti alla ionizzazione della matrice. E’, comunque, possibile ovviare a questo inconveniente in quanto l’operatore, conoscendo la matrice utilizzata nell’esperimento, è in grado di distinguere i picchi relativi alla matrice e quelli specifici del campione. Gli analiti che presentano specie cariche preformate in soluzione forniscono, generalmente,eccellenti spettri di massa FAB che, però possono essere ottenuti anche da molecole non ionizzate in soluzioni. Sia composti neutri che polielettroliti ( peptici, nucleotidi, etc) forniscono sempre per ionizzazione FAB uno spettro di massa molto semplice, molto spesso costituito dai segnali relativi soltanto al cluster dello ione molecolare protonato. La sorgente MALDI (Matrix-Assister Laser Desorppion Ionization) è una tecnica di desorbimento che utilizza i fotoni quali particelle responsabili della ionizzazione14,15,16. In questa sorgente viene utilizzata una matrice solida attiva capace di catturare l’energia dei fotoni di un raggio laser e di trasferirla all’analita presente nel deposito cristallino portando alla ionizzazione dello stesso. Generalmente la matrice è una molecole organica UV assorbente: all’acido transsinapinico (oppure l’acido 3-idrossipicolinico,o l’acido α-ciano-4-idrossicinamico) 50 nM viene aggiunto l’analita in modo da avere una concentrazione di 1 pmoli/µl ed un rapporto campione/matrice di 1/1000. Pochi microliti di questa miscela vengono depositati su un plate e lasciati ad essiccare fino ad ottenere una completa cristallizzazione e quindi poi inseriti nello spettrometro di massa. La matrice funge da solvente per le molecole di analista separando l’una dall’altra, ed inoltre riduce le forti interazione intermolecolari (matrix isolation) minimizzando la formazione di cluster. La matrice si cristallizza e crea una specie di struttura a reticolo, con un infinito numero di cavità in cui l’analita si dispone. Questa, quando viene colpita dall’irradiazione laser, assorbe quasi tutta l’energia limitando, in questo modo, l’irradiazione diretta del campione. L’energia che viene assorbita dalle molecole di matrice all’interno del cristallo, viene trasformata in eccitazione elettronica creando così una transizione di stato dal fase solida dalla fase gassosa; questo processo è noto come “stato di plume”: ( M + H )+ + A M + (A + H )+ ( M - H )- + A - Plume M + (A - H ) Insieme al desorbimento del campione avviene la volatilizzazione di piccole molecole come H2O e CO2. In genere questa tecnica MALDI viene associata a spettrometri basati sul principio del tempo di volo (Time of Flight, TOF). Il TOF invece di adoperare una deflessione magnetica, opera un’accelerazione lineare che può essere monitorata e studiata. La separazione degli ioni avviene in base al tempo necessario per compiere un determinato percorso. Con questo metodo di ionizzazione è possibile desorbire in fase gassosa molecole fino a 500 KDa (grandi molecole non volatili come peptidi, proteine, oligonucleotidi, polisaccaridi e polimeri sintetici). Le matrice utilizzate sono tutte organiche in quanto sono molecole che generano la migliore co-cristallizzazione matrice /analita.Come nel FAB si avranno ioni molecolari protonati (ioni positivi) o deprotonati ( ioni negativi) ed addotti con sali e con la matrice. La caratteristica di tale sorgente ionica è quella di funzionare in maniera discontinua secondo gli impulsi del raggio laser, ecco perché essa necessita di particolari analizzatori come quello a tempo di volo (MALDI-TOF) o di rivelatori particolari come quello a piano focale. La sorgente APCI è generalmente utilizzata per composti polari e ionici che possiedono un peso molecolare di circa 1500.I composti polari vengono comunemente ionizzati mediante scarica a corona18 o per mezzo di particelle radioattive β emesse da 63Ni19. La scarica a corona è una sorgente molto sensibile permettendo una ionizzazione quantitativa efficiente ed inoltre viene solitamente utilizzata combinata a spettrometri dotati di quadrupolo. La soluzione proveniente dalla HPLC o da una iniezione in flusso (Flow Injection Analysis, FIA) fluisce entro un capillare inserito in un nebulizzatore coassiale. Un gas ausiliario, in genere aria, viene aggiunto per ottimizzare le condizioni per la ionizzazione chimica, il gas reagente deve esser sempre in forte eccesso rispetto al campione da ionizzare, e in questo caso gli ioni primari provenienti dalla ionizzazione dell’aria vano a ionizzare il solvente per formare gli effettivi ioni reagenti. Quindi l’aria deve essere in forte eccesso rispetto al solvente affinché abbia una buona efficienza. La miscela di aria e soluzione nebulizzata attraversa così una zona riscaldata che favorisce l’evaporazione del solvente. Nonostante la temperatura relativamente alta del riscaldatore (400-500 °C) la degradazione termica è minima in quanto il calore fornito viene utilizzato per la vaporizzazione del solvente, che agisce da volano termico, e la temperatura del campione non supera in genere i 100-120 °C e comunque per un tempo molto breve. Un elettrodo ad ago tenuto a potenziale elevato (5-6 KV), posizionato fra l’uscita del nebulizzatore riscaldato e l’interfaccia con la camera dell’analizzatore,fruisce la scarica ad effetto corona, con l’interfaccia stesso che agisce da controelettrodo. La corrente di scarica viene mantenuta a 2-3 µA e richiede un controllo piuttosto accurato, in quanto correnti più elevate potrebbero generare l’innesco di un arco con una possibile esposizione visto che ci si trova in presenza di una miscela aria-solvente organico. La scarica ad effetto corona ionizza l’aria producendo gli ioni primari che sono principalmente N2+, O2+, M2O+ e NO+ ( in modalità ioni positivi) oppure O2-, O - , NO2 -, NO3-, O3- e CO3- (in modalità ioni negativi). Gli ioni primari reagiscono molto rapidamente, entro 10-6sec, trasformando la loro carica alle molecole di solvente per produrre gli ioni reagenti per la ionizzazione chimica e i quali producono infine gli ioni quasi-molecolari mediante reazioni di trasferimento di carica o scambio di protoni. Esattamente accade che gli ioni primari (N2+., O2+., H2O+., etc) collidono con le molecole di acqua vaporizzata per formare i cluster del tipo H3O+(H2O)n, chiamati ioni secondari, in grado di in interagire con campione M: M + H3O+(H2O)n → [M + H + MH2O]+ + (n-m +1)H2O Il tempo di reazione totale è intorno ai 5x10-4 sec. In generale si osserva la formazione di ioni [M+H]+ in ioni positivi e [M-H]- in ioni negativi. Inoltre la formazione di ioni addotto non è molto pronunciata in APCI. Una volta formati gli ioni dell’analita e questi vengono guidati dai campi elettrici generati tra l’ago di scarica (con potenziali di 4-5 KV), la lente di interfaccia e le rimanenti parti dello spettrometro di massa. Una coltre di gas inerte(azoto) impedisce alle sostanze neutre di entrare nell’analizzatore e, nello stesso tempo, favorisce il processo di desolvatazione che produce ioni liberi dalle loro forme solvatate. In definitiva i vantaggi della APCI possono essere riassunti come segni essa produce spettri del tipo CI con la possibilità di ottenere il peso molecolare, è adotta l’analisi di sostanze volatili e semivolatili, è relativamente semplice da utilizzare, lavora senza problemi con flussi di 1-2 ml/min per cui è possibile l’accoppiamento diretto con colonne HPLC analitiche (diametro interno 4,6 mm) ed offre una sensibilità molto elevata. Gli svantaggi sono, per contro, piuttosto liberi: la APCI non produce in genere frammentazione, e quindi nessuna informazione strutturale, mentre può produrre una certa degradazione termica; inoltre l’uso di tamponi inorganici ( non volatili) può creare problemi se con concentrazione troppo elevata ( maggiore di 5-10 mM). Il primo svantaggio può essere risolto impiantando la APCI in uno spettrometro di massa tandem come ad esempio un triplo quadruplo; in questo modo il problema della mancanza di frammentazione può essere eliminato lavorando in condizioni di MS-MS. Inoltre vi è la possibilità di impiegare il monitoraggio di frammentazione selezionate (Selected Reaction Monitoring, SRM), la quale permette di ottenere limiti di rivelabilità per le analisi quantitative molto buoni, pur mantenendo una specificità molto elevata. L’impiego della MS-MS premette quindi di incrementare ulteriormente la sensibilità con il segnale in assoluto meno intenso, questo tipo di misure possono essere eseguite in tutte le tipiche modalità operative della spettrometria di massa,tandem, cioè misure di ioni prodotto,misure di ioni precursori, perdita di frammenti neutri. La sensibilità più elevata per misure quantitative si ottiene in genere utilizzando la tecnica SRM mentre la specificità può essere aumentata ulteriormente seguendo più di una frammentazione. Inoltre L’APCI è adatta per composti molto termolabili e non eccessivamente polari, che possono essere presenti in forma ionica in soluzione, ma tipicamente non acidi o basi forti, e comunque questa tecnica il pH non ha in genere una grossa influenza. In conclusione possiamo affermare che la spettrometria di massa APCI consente l'approccio a una notevole serie di applicazioni nei campi più svariati e apre effettivamente nuove prospettive alla ionizzazione chimica, offrendo una efficienza di ionizzazione assai più elevata della ionizzazione chimica tradizionale. La APCI è adatta per composti mediamente polari, ma può fornire buoni risultati con composti molto polari, specialmente quando la fase mobile preveda l'impiego di tamponi, sia volatili che non volatili. La APCI può essere direttamente interfacciata a colonne analitiche HPLC standard con diametro interno di 4,6 mm, dato che essa è in grado di accettare flussi di 1-2 ml/min. Per contro, l'impiego di colonne più piccole, come le narrow-bore (2,1 mm) e le microbore (1 mm) non è molto consigliabile, in quanto il flusso utilizzato con queste colonne (200 µl/min e 50 µl/min rispettivamente) verrebbe ad essere troppo basso per una efficiente ionizzazione. In definitiva possiamo affermare che oggi le tecniche di ionizzazione a pressione atmosferica, in particolare la ESI e la APCI costituiscono la migliore combinazione per affrontare il problema della spettrometria di massa interfacciata con la cromatografia liquida, permettendo di risolvere in maniera spesso semplice ed efficace la maggior parte dei problemi in campo biologico, farmaceutico, ambientale e così via. Infine, l'utilizzazione di queste tecniche di ionizzazione a pressione atmosferica offre la maggiore versatilità su uno spettrometro di massa multianalizzatore, in grado di effettuare misure MS-MS per supplire alla scarsa frammentazione osservata in condizioni normali di ionizzazione. È possibile in realtà aumentare la frammentazione anche operando in massa singola su uno strumento monoanalizzatore modificando alcuni parametri. Più in particolare si può aumentare l'energia cinetica degli ioni in entrata, quando si trovano in una zona a pressione relativamente elevata. In questo modo si inducono collisioni più energetiche con il gas inerte che entra assieme agli ioni, e queste collisioni inducono una certa frammentazione. La versatilità è comunque nettamente inferiore alla vera MS-MS, in quanto si può operare solo in modalità ioni prodotto, e occorre tenere presente che in questo modo si genera la frammentazione di tutto quello che si trova in sorgente in quel momento: occorre un efficiente stadio di separazione per essere sicuri di ionizzare un componente puro. Il segnale di corrente ionica ottenuto in queste condizioni sarà più elevato, ma il rumore chimico non viene eliminato come nella MS-MS. L’elettrospray ionization, ESI, è un semplice metodo per analizzare piccole e grandi molecole ed opera a pressione atmosferica ed a temperature moderate. E’ una delle metodologie principali per ionizzare peptidi e proteine ed è perciò particolarmente adatta a molecole non volatili e termicamente poco stabili. In questo tipo di esperimento, una soluzione contenente l’analità viene fatta passar attraverso un capillare20. All’estremità opposta del capillare la soluzione iniettata viene nebulizzata per la contemporanea azione di un getto di aria compressa e dell’applicazione di un elevato voltaggio (5000/6000 V per l’analisi in positivo oppure 5000-6000 V nel caso di analisi in negativo). Se il potenziale è positivo, gli ioni positivi, in soluzioni, si accumuleranno sulla superficie delle gocce, le quali seguiranno il percorso stabilito dal “cono di Taylor” : Il diametro delle gocce, che si sono formate, dipende da vari fattori come l’intensità del potenziale applicato, la velocità con cui scorre il flusso di soluzione e la proprietà del solvente21. Quindi le gocce attraversano un gradiente di potenziale e pressione, che induce una risoluzione del diametro per desolvatazione, cioè perdita del solvente, queste poi decrescono sino al fenomeno d’esplosione di Coulomb, quando praticamente il diametro delle gocce è talmente piccolo (limite di Rayleight), che la forza repulsiva tra le cariche (vicine tra loro) supera la tensione superficiale delle gocce In questo modo il campione viene ionizzato mediante l’esplosione coulombica delle goccioline di nebulizzato e quindi posto nelle condizioni ottimali per essere analizzato. Gli ioni sono accelerati dal campo elettrico prodotto dal voltaggio di circa 5000V applicato fra la punta del capillare e una piastra sullo strumento. Questi ioni accelerati entrano nello strumento attraverso un orifizio e transitano veruna camera interfaccia nella quale fluisce N2 (gas tampone) all’altro lato di questa camera si trova il micro orifizio che da accesso alla parte dello strumento sotto vuoto spinto, tra i due orifici viene applicato un voltaggio di 40-150 mV (parametro OR regolabile dal programma di controllo ed acquisizione dati). Maggiore è il voltaggio maggiore è l’accelerazione subita dagli ioni del campione, inoltre maggiora sarà la forza cinetica delle collisioni fra questi e le molecole di gas tampone e migliore è lo stripping di contro-ioni e molecole di solvente da ioni di campioni transitanti. Se la collisione è eccessivamente energetica può causare frammentazione. Nella camera ad alto vuoto gli ioni vengono separati in base al loro rapporto massa/carica. Questo viene effettuato da parte di uno o più quadrupoli in uno strumento ESI-Q. A.voltaggi OR bassi (40-60 mV) si osservano preferenzialmente ioni ad alta carica, quindi bassi valori di massa/carica, in quanto gli ioni molto carichi risentono maggiormente della scarsa accelerazione fornita dall’OR, ma sono meno puliti perché lo stripping di solvente, sali, etc. è meno efficiente. A voltaggi più alti (maggiori di 90 mV) aumenta il segnale dovuto agli ioni con bassa carica e quindi alti valori di massa / carica,in quanto il voltaggio OR è sufficientemente alto per attrarli all’olifizio interno,il segnale risulta essere anche più pulito (stripping più efficiente) ma gli ioni più carichi potrebbero risentire di frammentazione: Gli ioni che vengono prodotti in fase gassosa possiedono diverse importanti proprietà20: lo stato di carica degli ioni in fase gassosa riflette lo stato di carica della fase condensata, anche se qualche volta può essere modificato in seguito a collisione; il trasferimento di ioni in fase gassosa non è un processo energetico,infatti gli ioni si “raffreddano” nello step di desolvatazione; coinvolge la scissione di legami non covalenti comportando la perdita delle molecole di solvatazione perciò è considerata una tecnica non spinta energeticamente e non distruttiva nei confronti del campione. Inoltre una delle principali caratteristiche della ionizzazione mediante ESI è la formazione degli ioni multicarica. 3.3 L’analizzatore di ioni L’analizzatore consente di differenziare gli ioni generati in base al loro rapporto massa/carica, poiché nella maggior parte dei casi la carica degli ioni è +1, la separazione avviene sulla base delle rispettive masse (M/1). Le prestazioni dell’intera apparecchiatura sono strettamente collegate con il tipo di analizzatore scelto, infatti da esso dipende la risoluzione, l’intervallo di massa esplorabile e la sensibilità. Gli analizzatori possono essere suddivisi in due gruppi fondamentali: 1. gli analizzatori della quantità di moto come gli analizzatori magnetici, che separano gli ioni in funzione del prodotto mv (massa per velocità); 2. gli analizzatori dinamici, come gli analizzatori a tempo di volo ( TOF) o gli analizzatori a trappola ionica (IT) oppure gli analizzatore a risonanza ionica ciclotronica (ICR o FT-MS). L’analizzatore a doppia focalizzazione (Double-focussing analyser) è dotato di due settori,uno elettrico ed uno magnetico. Il fascio di ioni prodotto nella sorgente viene accelerato attraverso un potenziale di 2000-8000 V, ed una serie di lenti metalliche (dette slits) fa convergere il fascio minimizzando la dispersione degli ioni. Il fascio di ioni attraversa una coppia di piatti metallici lisci e curvi che rappresenta il settore elettrico a potenziale costante. Questo campo elettrico accelera quindi gli ioni ad una velocità piuttosto elevata, inviandoli in un condotto ricurvo, ed il campo magnetico induce una deflessione del percorso degli ioni accelerati in base alla loro massa: Qui le traiettorie degli ioni con diverso valore di m/z divergono: gli ioni più leggeri seguono una curva più stretta, quelli più pesanti una curva più larga. All’uscita del campo magnetico i fasci ionici separati seguono traiettorie rettilinei e separati tra loro. Le leggi fisiche che stanno alla base di questo dispositivo sono abbastanza semplici e le equazioni che governano il moto degli ioni nel campo elettrostatico sono: 1 2 Energia cinetica : Ec = mυ 2 Forza centrifuga : Fc = mυ 2 r Bisogna considerare che l’energia cinetica degli ioni accelerati eguaglia l’energia fornita dal campo elettrico: 1 m υ 2 =zV 2 dove m e la massa, v la velocità, z la carica dello ione e V e la differenza di potenziale. Lo ione accelerato quindi acquista energia cinetica a spese del campo elettrico. Il settore elettrostatico si limita ad uniformare l’energie traslazionali degli ioni compensando le differenze di velocità iniziali. La vera separazione degli ioni avviene nel settore magnetico, in quanto esso obbliga gli ioni che lo attraversano a descrivere una traiettoria circolare. Gli ioni dotati di energia traslazionale appena entrano nel campo magnetico vengo sottoposti ad una forza centripeta data da: FH = Bzv Essa indica il potere di deflessione del campo magnetico (B) ed è direttamente proporzionale al campo ed alla carica. In tali condizioni affinché uno ione possa percorrere il tubo analizzatore la sua forza centrifuga dovrà eguagliare la forza centripeta, per cui : mv 2 =Bzv r Se non ci fosse questa uguaglianza lo ione colliderebbe con la parete dell’analizzatore. Combinando le due equazione di bilancio : 1 mv 2 =zV 2 mv 2 =Bzv r otteniamo l’equazione fondamentale della spettrometria di massa: m B2r 2 = z 2v dove per un dato valore di campo magnetico B, di potenziale V e ciascun valore del rapporto m/z corrisponde un raggio di curvatura r. Questa equazione descrive quella parte di ioni che raggiunge il rivelatore, la cui traiettoria corrisponde esattamente alla curvatura del tubo. Il campo elettrico e il campo magnetico non sono costanti ma variano alternativamente nel tempo in modo da raggiungere quell’equilibrio che permetterà al maggior numero possibile di ioni di passare nel rivelatore. Quindi per avere uno spettro completo bisogna cambiare il valore di B in maniera tale che sulla fenditura di uscita vengono fatti arrivare in sequenza tutti i fasci ionici separati dal campo magnetico. Per ottenere uno spettro di massa, quindi, si deve effettuare una scansione magnetica la cui velocità si misura in secondi/decade. Per misure quantitative,invece ,la corrente magnetica viene selezionata per trasmettere al rivelatore un solo ione specifico della sostanza da indagare; in questo caso si parla di scansioni di ioni selezionati (SIM, selected ion monitoring). Gli analizzatori magnetici possono essere utilizzati da soli ,in questo caso si parla di strumenti a singolo fuoco ( o a focalizzazione singola) che però hanno una bassa risoluzione dovuta alla dispersione degli ioni prodotti nella sorgente. Mentre in combinazione con un analizzatore elettrostatico (spettrometri di massa a doppio fuoco o doppia focalizzazione) aumenta la risoluzione sino a 16000 m/z. Esiste, inoltre, un’altra classe di analizzatori detti ”a geometria inversa” , dove il campo magnetico precede il campo elettrico in questo caso il maggior vantaggio è dato dalla possibilità di eseguire spettri MIKE. Il quadrupolo è un filtro di massa che funziona in maniera completamente diversa rispetto agli analizzatori magnetici ed elettrici. Questo analizzatore è schematicamente costituito da un insieme di quattro barre di acciaio, poste a distanza 2r0, di sezione iperbolica o circolare, simmetricamente, accuratamente ed opportunamente distanziate tra loro lungo l’asse z (perpendicolare al piano del foglio), con le quali si crea un campo elettrodinamico quadrupolare applicando a ciascuna coppia di barre opposte una corrente continua U ed una radiofrequenza Vcosωt in opposizione di fase. dove V è l’ampiezza massima,ω è la frequenza del voltaggio a radiofrequenze e t è il tempo. Quando gli ioni vengono espulsi dalla sorgente ionica arrivano al quadrupolo mediante un piccolo potenziale di 5 V, che permette loro di accelerare ed influenzati dai campi elettrici combinati seguono traiettorie complesse22,23. E’ così possibile ottenere due equazioni dei parametri au e qu: au = (8eU)/(mr02ω2) qu = (4eV)/(mr02ω2) Con au e qu parametri relazionati alle ampiezze dei potenziali, e dove col pedice u si indica il moto sul piano radiale xy e in direzione assiale z. I valori ottenuti da au e qu indicano se gli ioni occupano la zona di stabilità definita dall’equazione di Mathieu: (d2u/dξ2)+(au-2qucos 2ξ)u = 0 è una equazione non lineare che descrive la vibrazione nel piano xy e la traslazione lungo z, secondo la quale, fissato il valore di ω e la massa m dello ione, il moto dello ione diventa stabile solo quando i valori di U e di V si trovano nella regione di stabilità (una regione specifica). Quindi la traiettoria degli ioni è stabile e arriveranno al detector quando le oscillazioni di questi ioni nell’analizzatore quadrupolare hanno ampiezza finita. Se, invece, le oscillazioni sono instabili ed hanno ampiezza infinita, allora in questo caso gli ioni saranno soggetti ad urti e collideranno con la barre del quadrupolo. Diagrammando i valori di au e qu si ottiene un diagramma di stabilità che descrive precisamente la zona di stabilità individuata dall’equazione di Mathieu : Se si diagramma U e V al posto di au e qu , si ottiene una rappresentazione grafica della stabilità per ioni con masse differenti: La forma del grafico è uguale a quella della figura precedente, solo che in questo caso si avrà una diversa zona di stabilità per ogni diverso rapporto massa /carica. La retta che attraversa l’intero grafico è la linea di scansione, facendo una scansione di U e di V lungo questa ogni ione passa il quadrupolo (filtro di massa)24 quando U e V sono nella regione di stabilità della sua massa. Quindi questo genere di scansione permette una separazione degli ioni in base alla massa, infatti, in ogni punto della scansione, solo lo ione con massa appropriata sarà emesso dall’analizzatore per giungere al detector; mentre gli ioni che ricadono nella zona di instabilità verranno esclusi dal sistema. Lo spettro di massa viene così ottenuto variando i voltaggi e mantenendo, però, costante il rapporto tra la corrente continua e la radiofrequenza. Per questo tipo di analizzatore la scala delle masse è lineare rispetto al tempo e la risoluzione può essere relativamente aumentata operando con un rapporto 2U/V quando più è prossimo all’apice del triangolo di stabilità. Però in questo modo un piccolo numero di ioni è stabile nel campo quadrupolare, quindi la sensibilità diminuisce con l’aumentare della risoluzione. L’analizzatore quadrupolare è perciò un tipo di analizzatore in bassa risoluzione, ma la sua diffusione è dovuta al costo limitato, al facile controllo e gestione mediante data system, alle ridotte difficoltà di collegamento con sorgenti ioniche di varia natura ed alla facilità d’uso. La trappola ionica è un analizzatore simile a quello quadrupolare; tutti gli ioni generati vengono rilasciati progressivamente verso il rivelatore,facendo variare il campo elettrico25,26,27,28. Questa separazione di ioni avviene sfruttando la quarta dimensione, cioè il tempo. Due elettrodi del quadrupolo sono chiamati end e caps, mentre gli altri due sono rappresentati da un elettrodo ad anello, perciò è considerato un sistema a tre elettrodi29. Gli elettrodi end caps sono messi a terra oppure tenuti a un potenziale dc o ac, mentre all’elettrodo ad anello è applicato un potenziale sinusoidale rf. Il campo elettrico che si genera intrappola gli ioni all’interno della cavità: gli ioni che possiedono una traiettoria stabile vengono momentaneamente trattenuti nella trappola, mentre gli ioni che presentano una traiettoria instabile saranno espulsi. Anche in questo caso la stabilità dipende dai parametri: az = -2ax = -2ay = (-8eU)/(mr02ω2) qz = -2qx = -2qy = (-4eV)/(mr02ω2) Che descrivono il moto lungo le direzioni x, y e z; dove r0 è il raggio dell’elettrodo ad anello. Lo stesso vale per il diagramma di stabilità: gli ioniche cadono nella regione di stabilità hanno traiettorie stabili e rimangono intrappolati nell’analizzatore, mentre gli ioni che si trovano sul confine della regione di stabilità, nelle appropriate condizioni di potenziale, vengono emessi ed investigati dal detector. La maniera consueta di operare è: • creare un gruppo di ioni nella sorgente; • intrappolarli nell’ion trap; • variare il potenziale rf in modo da espellere sequenzialmente gli ioni in base al loro rapporto massa / carica. La trappola ionica lavora ad una pressione di circa 10-3 Torr, grazie alla presenza del “bath gas” (generalmente Elio) si migliora notevolmente la risoluzione e la sensibilità,in quanto gli ioni vengono immobilizzati dal gas a causa di collisioni ionigas, nella trappola, che riducono l’ampiezza e la velocità del moto degli ioni. Ecco perché gli ioni rimangono intrappolati nel sistema e solo quando ad un certo potenziale rf acquisteranno energia molto velocemente e si allontaneranno dalla trappola in piccoli gruppi. Un vantaggio nell’utilizzare la trappola ionica è la possibilità di effettuare esperimenti MS/MS: si può operare in modo da espellere tutti gli ioni tranne uno,dotato di un particolare rapporto m/z, ed utilizzando il bath gas si induce un’ulteriore frammentazione del singolo ione. Questa tecnica è nota come CID (Collision-Induced Dissociation), e può essere ripetuto più volte nel tempo, eseguendo così esperimenti MSn. L’ analizzatore a tempo di volo (TOF,Time of Flight) è uno strumento abbastanza semplice ed è generalmente combinato con sorgenti MALDI30. E’ costituito da un tubo di deriva collegato da una parte alla sorgente e dall’altra al rivelatore. Gli ioni prodotti nella sorgente vengono accelerati con la stessa energia potenziale (V) per cui la loro energia cinetica (1/2mv2) è la stessa. La velocità, v, di uno ione è: v= 2 zeV m la velocità dello ione dipende dalla massa, così che se un gruppo di ioni è accelerato, ed attraversa una regione dello spettrometro priva di campi, gli ioni arriveranno al detector con tempi differenziati, in dipendenza delle relative velocità. Ciò significa che ioni con massa più alta sono caratterizzati da una velocità più bassa rispetto a quelli a massa minore; cioè al rivelatore posto alla fine del tubo di volo arriveranno prima gli ioni più veloci ad m/z più bassi e poi gli ioni più lenti ad m/z più alti e, quindi, il valore viene individuato dal tempo (misurato in microsecondi) impiegato a raggiungere il rivelatore. Se la regione priva di campi (la zona di deriva, drift region) ha lunghezza D, visto che t = D/v, gli ioni arriveranno al detector con tempi di volo t che sono proporzionali alla radice quadrata della propria massa: t= mD 2 zeV Se però ioni aventi la stessa massa non arrivano in ugual tempo si perde in risoluzione. Per ovviare a ciò è stato introdotto il reflectron31 (uno specchio per ioni,ion mirror), in cui all’interno del mirror viene applicato un campo elettrico omogeneo. La presenza di questo campo ritarda e riflette gli ioni: gli ioni che possiedono la stessa massa, però dotati di un piccolo eccesso di energia cinetica, penetreranno più a fondo nel campo elettrico ritardante, rispetto agli altri ioni corrispondenti che presentano minore energia. Negli analizzatori a risonanza ionica ciclotronica (FT ICR), gli ioni generati in una sorgente vengono intrappolati in una cella cubica in cui per opera di un campo magnetico elevatissimo (criomagneti: 4-12 Tesla) unitamente ad una campo elettrico, assumono un’orbita elicoidale con frequenza dipendente dal rapporto m/z. Questo tipo di analizzatore è al momento al top della tecnologia, ad alta sensibilità, accuratezza ed a potere risolutivo elevatissimo (105-107). 3.4 Il rivelatore di ioni Senza un adatto sistema di rivelazione, l’informazione portata da sorgenti ed analizzatori non potrebbe essere registrata. La maggioranza dei rivelatori funziona ad impatto ionico o per cattura ionica, ma tutti i tipi richiedono una superficie che raccolga gli ioni e dove la carica venga neutralizzata sia per la raccolta sia per donazione di elettroni. Si realizza quindi un trasferimento di elettroni ed un flusso di corrente che può essere amplificato ed infine convertito in un segnale registrabile su carta o processabile da un computer. Gli ioni prodotti nella sorgente e separati dall’analizzatore, in funzione del rapporto m/z, raggiungono il rivelatore con correnti ioniche che vanno da 10-9 A a 10-17 A. Esistono quattro diversi modi per investigare gli ioni e generare da essi una corrente elettrica che sia proporzionale alla loro abbondanza: il moltiplicatore elettrico, il Daly detector, il Faraday-cup e i vari focal plane detector32. Il detecotor più comune è il moltiplicatore elettrico che è costituito da una serie di dinodi (elettrodi), dieci o venti, di una lega rame-berillio. Questi, se colpiti da una particella, hanno la caratteristica di emettere più di un elettrone. Così quando gli ioni, in rapido movimento, impattano sul primo dinodo di conversione si ha l’emissione di due elettroni per ione, se il fattore di conversione del dinodo è due. I due elettroni emessi, accelerati da un potenziale elettrico, impattano sul secondo dinodo producendo l’emissione di quattro elettroni, e così via. Questo effetto a cascata continua lungo l’intera serie di dinodi dando un guadagno in corrente elettrica nell’ordine di 104-108. L’ultimo dinodo è collegato con un pre-amplificatore che converte la corrente in voltaggio utile per essere amplificato e registrato con un registratore veloce o digitalizzato ed acquisito mediante un’opportuna data system. Esiste una variante di questo che è il CEM (Channel Electron Multiplier) cioè un moltiplicatore elettrico a tubo costituito da una sola bobina dove i dinodi discreti sono sostituiti da un dinodo continuo. All’interno del CEM gli elettroni collidono continuamente contro le pareti interne del moltiplicatore producendo sempre più elettroni. Il guadagno energetico che si ottiene con questa tecnica è simile a quello prodotto dal moltiplicatore elettronico tradizionale. L’altro tipo di detector è detto Daly ed è un rivelatore elettro-ottico che utilizza dei moltiplicatori di elettroni microcanalizzati con un guadagno energetico di circa 104. Questo è costituito da un plate su cui impatta un fascio di ioni, provocando,anche in questo caso,un rilascio di elettroni. Gli elettroni così prodotti impattano su di uno schermo al fosforo che emette fotoni, vengono poi trasmessi via fibre ottiche ad una schiera di fotodiodi (photodiode array) composto da 1024 sensori separati montati in un array lineare. In questo modo è possibile la registrazione simultanei degli ioni in un ampio intervallo di massa in modo da aumentare di oltre 100 volte la sensibilità; inoltre questo rivelatore è utilizzato particolarmente per l’investigazione di prodotti ionici generati da ioni metastabili. Il Faraday cup è un detector costituito da un plate di metallo, su cui impatta un fascio di ioni, connesso a terra per mezzo di un resistore. Su tale plate avviene la neutralizzazione della carica degli ioni quando questi lo colpiscono generando, così un flusso di corrente attraverso il resistore. Dalla stima della corrente è possibile risalire all’abbondanza degli ioni. Spesso il plate è sostituito da una tazza che è più efficiente in quanto cattura gli elettroni che sono emessi nell’impatto tra ioni e detector questi elettroni amplificano ulteriormente il segnale. Gli unici svantaggi che possiede il sistema è la perdita di sensibilità, rispetto ai rivelatori elettronici ed una certa lentezza nel raccoglimento dei dati. Il detector focal plane è caratterizzato da una lastra fotografica, quando gli ioni impattano sulla lastra, le bande che ne risultano sono rivelate mediante uno sviluppo fotografico. Questo metodo è abbastanza sensibile poiché tutti gli ioni sono investigati simultaneamente. L’unico inconveniente del plate fotografico è l’impossibilità di essere connesso direttamente al computer, infatti le bande su lastra fotografica devono essere convertite nei rispettivi segnali elettrici mediante l’utilizzo di microdensitometri. 4- Spettrometri ibridi Se si combina un sistema quadrupolare prima di un analizzatore TOF ortogonale si realizza uno “spettrometro ibrido”che permette di eseguire esperimenti del tipo MS/MS in modo abbastanza semplice, come nel caso del QqTOF33,34. Nel QqTOF, la lettera maiuscola, Q, indica l’analizzatore quadrupolare, mentre la lettera minuscola, q, si riferisce ad una camera di reazione. Con questo sistema ibrido nel primo settore Q si ha una prima selezione degli ioni. Gli ioni selezionati si frammentano poi nella camera di reazione mediante un gas di collisione, solitamente N2. Il QqTOF è costituito da tre quadrupoli: il primo è Q0, che è un quadrupolo a radiofrequenze e trasferisce gli ioni dalla zona di vuoto fino a Q1, il filtro di massa, questi separa gli ioni in base al loro rapporto m/z. La camera di collisione costituisce il terzo quadrupolo, Q2, in cui gli ioni si frammentano ulteriormente per collisione con un gas neutro. Infine l’analizzatore, il TOF, esamina gli ioni che presentano un certo rapporto massa/carica, trasformando queste informazioni in un segnale che il computer può tradotte in uno spettro di massa. 5- SPETTROMETRIA DI MASSA TANDEM (MS/MS) Se l’analita presenta una scarsa frammentazione o la frammentazione è completamente assente di conseguenza si ha una mancanza di informazioni strutturali,risultando alla fine uno svantaggio. Per ovviare a ciò la spettrometria di massa tandem è un utile strumento nella determinazione strutturale delle molecole. Uno spettrometro tandem è costituito da due analizzatori disposti in serie: Il primo analizzatore (MS-1) ha la funzione di selezionare (filtrare) tra i vari ioni presenti in uno spettro lo ione desiderato. Lo ione selezionato,detto “ione padre” o “ione genitore”viene successivamente fatto collidere con un opportuno gas di collisione (He o Ar) in una cella di collisione. I frammenti ,detti questi “ioni figli”, generati dalla dissociazione dello ione molecolare a causa degli urti col gas, vengono separati dal secondo analizzatore (MS-2) in base a loro rapporto m/z. La selezione di una singola specie ionica monoisotopica del precursore comporto che lo spettro di massa ottenuto è formato solo da specie monoisotopiche con una ulteriore semplificazione dello spettro nell’interpretazione. Questa risulta una tecnica molto utile,ad esempio per la caratterizzazione della struttura primaria di oligopeptidi perché consente di avere informazioni sulla composizione amminoacidica.Gli spettrometri Tandem si dicono a geometria ibrida o non ibrida, a secondo che accoppiano due analizzatori diversi o meno; gli accoppiamenti classici sono: doppio quadrupolo con quadrupolo per la collisione (Q1Qcoll-Q2), quadrupolo accoppiato con TOF (Q-TOF), magnetico/TOF e TOF/TOF. La differenza tra le varie geometrie risiede nel fatto che l’energia può essere acquisita dallo ione precursore attraverso sita collisioni multiple a bassa energia (eV), in strumenti quadrupolari o ibridi, che collisioni singole ad alta energia (KeV), in strumenti magnetici. La presenza della trappola ionica (ion trap) tra i sistemi Tandem sembrerebbe strana, essendo un unico analizzatore. In realtà si può immaginare di eseguire un esperimento spettrometrico Tandem con “progressione nello spazio o nel tempo”. Progressione nello spazio significa che la selezione dello ione, la sua dissociazione indotta e l’analisi dei frammenti generati avvengono in spazi diversi (cioè in diversi settori dello spettrometro). Progressione nel tempo invece vuol dire che queste operazioni sono fatte nello stesso spazio (l’analizzatore a trappola ionica) ma in tempi successivi. Infatti, nell’ion trap è possibile inizialmente intrappolare tutti gli ioni presenti nello spettro primario, successivamente isolare lo ione desiderato (espellendo gli altri dalla trappola), poi indurre la dissociazione dello ione isolato, e infine analizzare i rammenti generati all’interno della stessa trappola. Con un analizzatore a trappola ionica, con lo stesso schema, si può pensare di isolare uno ione figlio e dissociarlo per studiarne la frammentazione, ottenendo così ioni di seconda generazione. Il processo potrebbe essere ripetuto varie volte. Si parla in questi casi di Tandem MSn. 7- L’analisi quantitativa mediante la spettrometria di massa L’analisi quantitativa tramite la spettrometria di massa serve a stimare le concentrazioni di un analita in modo particolare quando esso è contenuto in una matrice biologica complessa, oppure quando è presente in tracce, poiché tale metodo è dotato di accuratezza e precisione elevate. La procedura di analisi prevede l’aggiunta di una quantità fissa e nota di uno standard interno al campione contente l’analita, seguita da uno step di estrazione e di separazione. Mediante la spettrometria di massa è possibile poi monitorare i segnali caratteristici di entrambi (analita e standard interno). Si determina così il rapporto tra le intensità dei picchi relativi all’analita ed allo standard interno e tale valore viene convertito in una misura quantitativa facendo riferimento ad una curva di calibrazione. La curva di calibrazione è generata da una serie di campioni (minimo sei punti) contenenti una quantità fissa di standard interno e l’analita di interesse in varie e note concentrazioni; i campioni così preparati vengono analizzati allo spettrometro di massa contemporaneamente ai campioni incogniti. 7.1 L’analita e lo standard interno In dipendenza dalle diverse proprietà e caratteristiche chimico-fisiche dell’analita, quali peso molecolare, punto di ebollizione, gruppi funzionali, stabilità e frammentazioni caratteristiche, è possibile scegliere la tecnica analitica più appropriata da utilizzare35. Nel caso di analisi di campioni volatili la migliore combinazione risulta essere GCMS, utilizzando come sorgente la EI per ioni con m/z piccoli, mentre la CI per ioni con m/z più grandi; comunque questi sono in genere composti a basso peso molecolare (meno di 500 Da). Per campioni non volatili,oppure tremolabili, a basso peso molecolare, si possono effettuare due diversi approcci: GC-MS (seguito da derivatizzazione chimica), oppure LC-MS (con APCI o ESI). Se invece i campioni sono non-volatili,tremolabili oppure ad alto peso molecolare (maggiore di 500-600 Da) allora non sono suscettibili all’introduzione GC; bisogna perciò considerare, in presenza di questi, altre tecniche analitiche. La migliore tecnica di analisi quantitativa fino ad ora sviluppata per questi è la tecnica LC-MS con APCI oppure ESI. Uno standard interno ideale è quello che possiede caratteristiche fisiche e chimiche il più simile possibile all’analita stesso. La principale incisività della rivelazione, mediante spettrometria di massa, consiste nella possibilità di impiego di isotopomeri come standard interno. 7.2 La strumentazione Per minimizzare i tempi di ritenzione dell’analita di interesse e realizzare un’adeguata risoluzione cromatografia, nella tecnica GC-MS si modulano le temperature mentre nella LC-MS si varia la polarità della fase mobile,ciò minimizza l’allargamento dei picchi e quindi consente la realizzazione del miglior rapporto segnale-rumore. Uno step determinante è l’introduzione del campione nello spettrometro di massa: nella iniezione LC i volumi sono generalmente più elevati di quelli possibili per l’iniezione GC. Ciò comporta un limite di quantificazione nell’associazione LC-MS rispetto alla GC-MS. Nel momento in cui l’analita fluisce dalla colonna allo spettrometro si possono realizzare valutazioni quantitative o mediante una ripetizione di scannino su un esteso intervallo di valori di massa o mediante un range di valori di massa ridotto oppure mediante il monitoraggio di ioni scelti (SIM, Select Ion Monitoring). CAPITOLO 2 L’olivicoltura 1- L’AGRICOLTURA BIOLOGICA L’agricoltura biologica è il risultato dello sviluppo di diversi metodi di legame produzione agricola alternativi, questi si basano sul tra agricoltura equilibri,dissociandosi, e natura quindi, da e una sul tattica rispetto che degli tendeva a massimizzare le rese attraverso molteplici interventi impiegando vari prodotti di sintesi. L’agricoltura biologica comincia a diffondersi nel corso degli anni ’80 e negli ultimi anni si sta assistendo a un rapido sviluppo di questa, a cui ha contribuito una maggiore consapevolezza dei consumatori in materia di ambiente e sicurezza alimentare36. Anche se nel 2000 rappresentava solo il 3% circa di tutta la superficie agricola utilizzata (SAU) dell’UE, tra il 1993 ed il 1998 questo settore è cresciuto di circa il 25% all’anno e dal 1998 la sua crescita è stata stimata al 30% l’anno; mentre in alcuni Stati membri sembra essere giunta oramai al massimo limite delle sue possibilità di espansione. L’agricoltura biologica va intesa come la parte integrante di un sistema di agricoltura sostenibile e come una valida alternativa ai tipi di agricoltura più tradizionale: si rispecchiano i meccanismi naturali dell’ambiente per il controllo delle malattie e degli insetti nocivi ed inoltre si evita l’impiego di fitofarmaci di sintesi ,erbicidi fertilizzanti, ormoni della crescita,antibiotici o manipolazioni genetiche. In alternativa gli agricoltori biologici ricorrono ad mantenimento una serie degli di tecniche ecosistemi e che contribuiscono riducono al l’inquinamento. Dall’entrata in vigore della normativa comunitaria sull’agricoltura biologica nel 1992, diecimila aziende si sono convertite a questo sistema, in risposta aduna maggiore consapevolezza dei consumatori per quanto riguarda i prodotti ottenuti con metodi biologici ed al conseguente aumento della domanda di questo tipo di prodotto. Un’agricoltura ed un ambiente sostenibile sono attualmente uno degli obiettivi fondamentali della politica agricola comune (la “PAC”). Lo sviluppo sostenibile deve conciliare produzione alimentare, conservazione delle risorse non rinnovabili e protezione fabbisogni delle dell’ambiente naturale in modo da soddisfare i della popolazione senza compromettere le possibilità popolazioni future di soddisfare i propri. L’agricoltura biologica comporta l’utilizzo di sementi ottenute secondo metodi biologici; qualora non siano disponibili sementi della specie che un coltivatore biologico desidera produrre o non siano disponibile varietà adeguate è possibile chiedere all’organismo di controllo una deroga per poter utilizzare sementi di tipo non biologico. Oltre a risultare benefici per l’ambiente, questi sistemi colturali possono recare sensibili vantaggi sia in termini economici sia in termini di coesione sociale delle zone rurali. La disponibilità di aiuti f i n a n z i a r i e d i a l t r i i n c e n t i v i p er g l i a g r i c o l t o r i c h e s i c o n v e r t o n o all’agricoltura biologica dovrebbero contribuire a una crescita ulteriore del settore e a sostenere le attività connesse lungo tutta la catena alimentare. Per garantire l’autenticità dei metodi di produzione biologica sono stati adottati diversi regolamenti fino a creare un quadro globale di riferimento che biologici,nonché include tutte l’etichettatura, commercializzazione di questo le colture la genere e gli allevamenti trasformazione di prodotti. I e la suddetti regolamenti disciplinano anche le importazioni di prodotti biologici nell’UE, ed inoltre escludono dai metodi di produzione biologici gli organismi geneticamente modificati (OGM) e i prodotti da esso derivati. Non meno importanti sono le procedure di controllo previste dai regolamenti, le quali garantiscono che tutti i produttori che affermano di conformarsi a metodi biologici vengano registrati presso l’organismo nazionale di controllo competente. Il controllo è esteso a tutte le fasi del processo di produzione, compresi l’immagazzinamento, la trasformazione e l’imballaggio. Nel marzo 2000 la Commissione Europea ha introdotto un logo: I d e a t o p e r e s s e r e u t i l i z z a t o s u b as e v o l o n t a r i a d a i p r o d u t t o r i i c u i metodi di produzione e i cui prodotti sono stati sottoposti a un controllo e sono risultati conformi alle norme UE. I consumatori che acquistano questi prodotti possono essere sicuri che: • Almeno il 95% degli ingredienti del prodotto sono stati ottenuti con il metodo biologico; • Il prodotto è conforme alle norme del regime ufficiale di controllo; • Il prodotto proviene direttamente dal produttore o dal preparatore in un imballaggio sigillato; • Il prodotto reca il nome del produttore,del preparatore o venditore nonché il nome o il numero di codice dell’organismo di controllo. Per comprendere in pieno il concetto di agricoltura biologica è opportuno fare riferimento alla definizione elaborata dal alimentarius” sulla base di contributi di esperti a “Codex livello mondiale36. Secondo le linee direttrici del Codex, l’agricoltura biologica deve contribuire al conseguimento dei seguenti obiettivi: • “aumentare la diversità biologica nell’insieme del sistema; • Accrescere l’attività biologica dei suoli; • Mantenere la fertilità dei suoli a lungo termine; • Riciclare i rifiuti di origine vegetale e animale, al fine di restituire gli elementi nutritivi alla terra,riducendo in tal modo il più possibile l’utilizzo di risorse non rinnovabili; • Fare affidamento sulle risorse rinnovabili nei sistemi agricoli organizzati localmente; • Promuovere la corretta utilizzazione dei suoli, delle risorse idriche e dell’atmosfera e ridurre nella misura del possibile ogni forma di inquinamento che potrebbe derivare dalle pratiche colturali e zootecniche; • Manipolare i prodotti agricoli con particolare attenzione ai metodi di trasformazione, allo scopo di mantenere l’integrità biologica e le qualità essenziali del prodotto in tutte le varie fasi; • Essere praticata da un’azienda agricola esistente, dopo un periodo di conversione la cui durata deve essere calcolata sulla base di fattori specifici del sito, quali le informazioni storiche sulla superficie e i tipi di coltura e di allevamento previsti”. 2- LA STORIA DELL’OLIO DI OLIVA In tutte le civiltà sorte nel bacino del mediterraneo, l’olivo è stato sempre ritenuto un albero sacro e l’olio estratto dai suoi frutti veniva utilizzato non solo come alimento ma anche a scopo religioso e rituale37: gli Egizi lo consideravano un dono degli dei, i Fenici lo diffusero con il loro commercio, definendolo”oro liquido”; i Greci ed i romani lo usavano per scopi medicamentosi e come combustibile nelle lampade votive; gli Ebrei lo adoperavano per ungere il loro RE; i Cristiani da sempre lo impiegano nei riti più significativi. Adamo, oramai prossimo alla morte, lo ricevette direttamente da Dio; mentre è proprio un ramoscello d’olivo portato nel becco di una colomba ad annunciare a Noè la fine del diluvio. Ma la leggenda più nota è la sfida tra Atena e Poseidone38. Per decisione di Zeus, il possesso della città di Atene e della regione dell’Attica, verrà aggiudicata al dio che fornirà il dono più utile: Poseidone fa venir fuori dalla foresta un meraviglioso cavallo; mentre Atena fa nascere dalle viscere della Terra un nuovo albero, l’olivo. Zeus giudica vincitrice la dea sua figlia sostenendo che il cavallo è per la guerra mentre l’olivo è il simbolo della pace. Ma le leggende non finiscono qui, si ricorda: Aristeo, pastore e nomade,che fu il primo ad ottenere l’olio spremendo le olive; un’altra racconta di come Latana partorì i gemelli Diana e Apollo sotto i primi rami di olivo che da allora divenne oggetto di venerazione. Impossibile, infine non menzionare i sacri olivi di Olimpia, con i cui serti (ghirlande) si incoronavano i vincitori delle Olimpiadi. Quella dell’olio d’oliva è una storia lunga 6000 anni, epoca in cui gli alberi venivano coltivati nell’area siro-palestinese dove sono state rinvenute le più antiche testimonianze di coltivazione. In epoca storica la coltura perfezionata dagli innesti passa dal Nord dell’attuale Siria all’Egitto ed alle isole greche, soprattutto Cipro, Rodi, Creta, per poi passare alla Grecia ed all’Asia Minore. Il codice babilonese regolava già il commercio dell’olio di oliva; mentre i Fenici e i Greci costruivano apposite navi per il trasporto delle grandi anfore-contenitore. E pare proprio che in Italia la cultura dell’olivo sia stata introdotta dai Greci che lo consideravano un dono della dea Atena. I Romani si specializzarono nell’immagazzinamento e distribuzione dell’olio e razionalizzarono la gestione delle grandi quantità ottenute dai popoli sottomessi. L’olivo si usava per cosmesi, medicina ed illuminazione, ma il suo posto d’onore era già la cucina, in ricette che si avvicinavano molto a quelle della nostra attuale “dieta mediterranea”. Ciò è testimoniato dai leggendari trattati di Apicus, uno dei primi gastronomi della storia, che già nel primo secolo dopo Cristo rese l’olio onnipresente nelle sue ricette per conservare,condire e cuocere. Dopo un lungo periodo di declino, dovuto alla caduta dell’impero dell’olivo, romano ed sopravvissuta alle nei invasioni monasteri, barbariche, la riacquista un coltura posto preminente dal dodicesimo secolo, quando l’olio torna protagonista dei commerci. Ai giorni nostri, sono soprattutto gli anni Cinquanta a segnare l’espansione nel resto del mondo della “cultura dell’olio”, grazie alla scoperta delle sue ineguagliabili proprietà nutritive. 3- CARATTERISTICHE DELLA PIANTA L’olivo, o ulivo, è una delle piante arboree coltivate più importanti del bacino del Mediterraneo; la principale area di diffusione si stende tra il 30° e il 45° parallelo, una fascia di clima temperato39. La pianta predilige terreni asciutti, ben soleggiati, ed al riparo dalle gelate. L’olivo coltivato (Olea europaea) appartiene alla famiglia delle Oleaceae (tribù Olineae), questa specie è suddivisa in due sottospecie40: 1. Olea europaea (oleastro) di taglia bassa e frutti piccoli; 2. Olea europaea sativa (olivo coltivato). L’olivo è una pianta molto longeva che può raggiungere nelle zone più predisposte anche un’età di centinaia di anni, ed è una pianta sempreverde; l’altezza dell’albero può variare da 3 a 20 m. Nella pianta si distinguono un tronco, nel quale sono inserite le branche che costituiscono lo scheletro principale della chioma: branche principali che si originano direttamente dal tronco, e le branche secondarie che si originano da quelle principali. Le foglie sono c o r i a c e e c o n p i c c i o l o c o r t o . L e g em m e s o n o d i t i p o a s c e l l a r e e d i l fiore è in genere di tipo ermafrodito con calice di quattro sepali41,42. I fiori dell’olivo sono raggruppati in infiorescenze a grappolo, chiamate “mignole”. Esistono numerose varietà di olivo, ciò dipende dalla conformazione del terreno che li ospita e dalle tecniche agricole conformazione a adoperate. cespuglio, Alcune altre varietà presentano di uno olivi hanno sviluppo in verticale, in alcune varietà la chioma si sviluppa orizzontalmente ed infine esistono forme di allevamento a cono. Le più importanti forme di allevamento sono: vaso, vaso cespugliato, siepone e monocono. Il frutto dell’olivo è l’oliva, anche chiamata drupa. La drupa può essere di forma ovoidale più o meno allungata o rotondeggiante. Essa è costituita da un’epidermide (buccia) o epicarpo (circa 1,3-3,5% del peso totale), dalla polpa (parte carnosa) o mesocarpo (65-83%), dal nocciolo o endocarpo (1330%) e dal seme (1,5-5%). La composizione chimica della drupa è: -acqua ~ 50% -grasso ~20-25% -proteine ~1,6% -carboidrati ~19,1% -cellulosa ~5,8% -ceneri ~1,5% L’olio è contenuto quasi totalmente nella polpa (circa il 95% della sostanza grassa) ed in minima parte nel seme (0,5-1%); il nocciolo, cioè la parte legnosa, non contiene olio. Nell’epicarpo, che assume con la maturazione un colore scuro, si osservano cellule globose distanziate tra loro e saldate dalla cutina che protegge l’interno dell’oliva. La forma di queste cellule cambia in senso centripeto: esse assumono una forma allungata e costituiscono una palizzata, mentre intorno al nocciolo riacquistano la forma tondeggiante, ma hanno dimensioni più ridotte rispetto alle cellule dell’epidermide. Al di sopra della cuticola si forma la pruina cerosa, nella quale rimane inglobata la microflora che adempie alle funzioni di limitare la traspirazione e di proteggere la drupa dalla pioggia, che altrimenti provocherebbe il marciume. All’inizio goccioline della maturazione, disperse e l’olio separate da è sottoforma un film di piccole lipoproteico; successivamente si ha l’ingrossamento di queste goccioline fino alla loro unione in una massa unica che addirittura sposta il nucleo41. L’olio intercellulare è di più facile estrazione e si distribuisce tra cellula e cellula. Le cellule sono cementate da sostanze pectiche che tendono a passare dalla forma insolubile a quella solubile; infatti, con la maturazione la drupa pone sempre minore resistenza allo schiacciamento. Il contenuto di acqua varia dal 45% al 60% in funzione dello stadio di maturazione,delle condizioni meteorologiche e delle cultivar. Nelle olive si possono distinguere tre stadi di maturazione: 1. stadio erbaceo: ingrossamento della drupa verde, all’interno della quale si ha il processo della fotosintesi clorofilliana con produzione di amido,sintesi di zuccheri e di acidi organici, come acido tartarico, acido malico, acido citrico, etc. In questa fase non si distingue bene il nocciolo. 2. invaiatura: variazione del colore della drupa da verde al giallo e, successivamente, la formazione di macchie rossovinato che iniziano dalla parte opposta al picciolo e si diffondono a tutto il frutto, fino ad arrivare a tonalità scure (nere) che molte volte sono mascherate dalla pruina grigiastra. In questo stadio si forma la pruina e si ha l’inizio del processo di inolizione (formazione dell’olio) che per ora è un liquido biancastro; questo colore è dovuto alla presenza di antociani e flavoni. 3. maturazione: definita ed la maturazione individuata biologica non perfettamente, può mentre essere quella industriale si raggiunge quando si ottiene la massima resa in olio. Solitamente a maturazione, la colorazione è nera e la superficie della drupa tende a diventare rugosa per la perdita di acqua. In generale la loro maturazione avviene, comunque, tra ottobre e dicembre. In base al peso del frutto ed alle cultivar, le drupe si possono classificare in : -drupe microcarpiche, con peso inferiore a 1,5 gr. -drupe mesocarpiche, con peso intermedio tra 1,5 gr a 4 gr. -drupe macrocarpiche, con peso superiore a 4 gr. Le drupe possono essere destinate alla produzione di olio o di olive da mensa. La resa più basse è generalmente quella delle drupe macrocarpiche che costituiscono appunto le olive da mensa; la resa più alta è data dalle olive mesocarpiche per il loro alto rapporto polpa/nocciolo. 3.1 Le cultivar L’olio di oliva come prodotto del metabolismo della pianta è fortemente influenzato dal genotipo. Il genotipo ha un ruolo molto importante sulle caratteristiche dei frutti (dimensioni, rapporto polpa-nocciolo, maturazione), sul processo di inolizione e sui componenti principali e secondari dell’olio (contenuto lipidico, rapporto oleico-linoleico, grado di maturazione, etc.) in modo più intenso che non le stesse condizioni ambientali43. Solamente nel nostro Paese si possono contare ben 500 varietà di olivo autoctone. Le principali cultivar di olivo da olio coltivate in Italia sono: Frantoio (Toscana, autofertile, l’olio che si ottiene è di qualità e la resa e del 20-24%), Leccino (presente nell’Italia centrale, autosterile, la resa in olio è circa del 20%), Ogliarola Barese (diffusa in Puglia soprattutto in provincia di bari, la resa in olio è circa del 24-26%), Coratina (diffusa in Puglia zona di Corato(BA), la resa in olio è del 24-25%con un colore molto verde), Bosana (Sarda,la resa in olio è molto elevata), Carolea (tipica della Calabria,la resa in olio è circa del 20%), Nocellara Messinese (Siciliana, la produttività è ottima ed è la pianta impollinatrice della Carolea), etc. 4- EPOCA DI RACCOLTA E QUALITA’ DELL’OLIO La raccolte delle olive da olio avviene in diversi periodi dell’anno: ciò dipende dalle condizioni climatiche delle varie regioni, può andare da ottobre-novembre a dicembre –gennaio o nel caso di climi più miti anche a fine marzo. La maturazione dell’olivo è del tipo completo e perfetto, cioè i diversi parametri si sviluppano nel tempo e raggiungono l’equilibrio contemporaneamente all’abscissione; il periodo di maturazione è molto ampio: dai 3 ai 5 mesi. Con la resistenza al distacco diminuisce la consistenza della polpa,si attenua e sparisce la clorofilla,variano i livelli degli zuccheri riduttori diminuiscono i principi amari o astringenti, appaiono nuovi pigmenti (prima nella buccia e poi nella polpa), e si dovrebbe avere la formazione di aromi. I singoli fenomeni possono svilupparsi in maniera sfasata e nelle diverse cultivar essi possono avere effetti e dinamica differenti. La formazione e l’accumulo dell’olio non sono caratteristiche strettamente legate alla maturazione, mentre,sono possibili variazioni e nella distribuzione di acidi grassi specifici come risulta dal rapporto insaturi /saturi tra olive raccolte precocemente e molto tardivamente, o dalle variazioni nel rapporto tra acido oleico ed acido palmitico. Il periodo di maturazione è diverso per ogni cultivar e dipende in parte dal carico e dalle condizioni ambientali; si possono, comunque, definire a maturazione compatta quelle cultivar che registrano una rapida variazione della resistenza al distacco, ma l’aspetto che maggiormente e per primo risalta di ogni frutto è l’ammorbidimento della polpa. Anticipando la raccolta si ottiene un olio migliore dalle olive non in fase di maturazione avanzata, in quanto queste contengono una quantità minore di acidi polinsaturi44; inoltre, gli li provenienti da queste olive, sono più ricchi di compost antiossidanti (si ossidano meno facilmente). Esistono due tipi di raccolta differente: 1. Tradizionale: brucatura (raccolta delle olive dalla pianta,con l’ausilio di scale) è un tipo di raccolta manuale, le drupe non vengono lesionate la pianta non subisce danni e il prodotto viene raccolto per intero; abbacchiatura dove le olive vengono fatte cadere su delle reti stesse sotto le piante facendo uso di pertiche, che può provocare lesioni alle drupe; con la pettinatura le olive dall’albero vengono fatte cadere mediante grossi pettini di legno su reti o teloni distesi al di sotto; mediante raccattatura le olive (stramature) cadute per effetto naturale e vengono raccolte direttamente da terra. 2. Meccanica: il distacco delle olive dalla pianta viene provocato da particolari scuotitori o da pettini vibranti. Sottoponendo il tronco e le branche all’azione di questi le olive cadono al suolo andando a finire in apposite reti o teloni, oppure in appositi ombrelli. 5- L’OLIO DI OLIVA 5.1 Composizione L’olio di oliva è un grasso vegetale ed è composto da una frazione saponificabile (trigliceridi) e da una frazione insaponificabile (componenti minori come cere, squaleme, clorofilla, caroteni, alcoli, antociani, aromi, steroli, tocoferoli e polifenoli). La frazione saponificabile comunque gli presentano una acidi certa costituisce grassi, che variabilità circa il compongono a seconda 98% i della dell’olio; trigliceridi, regione di provenienza. I limiti della composizione acidica fissati dalla Oleicolo Internazionale) sono i seguenti: Acido palmitico 7,5-20% Acido palmitoleico 0,3-3,5% COI (Consiglio Acido stearico 0,5-5,0% Acido oleico 55,0-83% Acido linoleico 3,5-21% Acido linolenico 0,1-1,5% L’acido oleico è un acido grasso monoinsaturo, poi vi sono acidi g r a s s i s a t u r i , c o m e l ’ a c i d o p a l mi t i c o e l ’ a c i d o s t e a r i c o , m e n t r e acidi grassi polinsaturi sono l’acido linoleico e l’acido linolenico.Gli acidi grassi, non potendo essere sintetizzati, debbono essere forniti con la dieta perciò l’olio di oliva costituisce una buona fonte alimentare di questi acidi grassi essenziali. Nell’olio d’ oliva i doppi legami presenti in alcuni acidi grassi conferiscono ad esso delle particolari qualità biologiche, ma attaccabile dall’ossigeno, determinando lo rendono anche il fenomeno dell’autossidazione. L’autossidazione procede con una velocità proporzionale al numero dei doppi legami esistenti ed è contrastato dalla concentrazione delle sostanze anti-ossidanti. La sua composizione acidità presenta un’insaturazione non troppo elevata ed inoltre l’olio di oliva contiene numerose sostanze anti-ossidanti che gli consentono di mantenere una particolare stabilità. Queste sostanze, insieme ad altri componenti minori,fanno parte della frazione insaponificabile dell’olio di oliva. I tocoferoli sono presenti per il 90% nella loro forma alfa, che è la più attiva biologicamente, costituiscono una elemento stabilizzante importante sui processi di autossidazione ed una preziosa fonte vitaminica alimentare45. L’alfa-tocoferolo insieme al delta- tocoferolo costituisce la vitamina E. Un’altra azione anti-ossidante importante viene svolta dai composti fenolici (fenoli, acidi fenolici e polifenoli) questi si trovano anche in quantità abbastanza rilevante nell’olio di oliva, soprattutto quello vergine. L’oleuropeina è tra i componenti della frazione insaponificabile ed è quella sostanza che conferisce il sapore amarognolo alle olive e passa nell’olio dandogli il caratteristico sapore piccante ed amaro. Essa contiene radicali aromatici e molecole di glucosio ed inoltre reagisce con sostanze alcaline trasformandosi in prodotti che perdono il sapore amaro (su questa reazione si basa la preparazione delle olive da mensa). Nell’olio di oliva sono contenuti anche altri componenti minori, alcuni dei quali dotati di interesse biologico: o Steroli: l’olio di oliva è l’unico olio che possiede una alta concentrazione di β-sitosterolo, una sostanza che si oppone all’assorbimento intestinale del colesterolo; dal punto di vista chimico essi sono degli steroidi; o Idrocarburi: possono essere saturi ed insaturi e probabilmente si formano come prodotti collaterali durante la sintesi degli acidi grassi; o Alcoli terpenici: sono presenti liberi oppure esterificati con gli acidi grassi (alcol cerilico e alcol miricilico); le cere sono esteri di un alcol alifatico monovalente con un acido grasso ad alto peso molecolare e provengono dalla pruina, durante la conservazioni degli oli queste subiscono idrolisi (si decompongono) per dare alcoli liberi; o Fosfolipidi: sono presenti in bassa quantità, come la fosfatidicolina; o Sostanze coloranti: rappresentate dai carotenoidi e soprattutto dalla clorofilla; quest’ultima ha una colorazione verde tanto più intensa quanto meno avanzata e la maturazione, durante la conservazione dell’olio, inoltre, si degrada ed il colore dell’olio vira al giallo. Questo pigmento biologicamente svolge un’azione di eccitamento del metabolismo, di stimolo sulla crescita cellulare e sulla produzione del sangue e di accelerazione di processi di cicatrizzazione i caroteni sono presenti sottoforma di β-carotene, cioè come provitamina A; o Sostanze aromatiche:influenzano positivamente la digestione. La densità dell’olio è inferiore a quella dell’acqua ed è tanto minore quanto maggiore è il numero degli atomi di carbonio degli acidi grassi;generalmente la densità dell’olio di oliva è 0,91 Kg/m3 a 15 °C. L’olio di oliva risulta essere, così, l’alimento grasso più povero di steroli, in quanto costituiscono il 20-30% delle sostanze insaponificabili, e ciò ha un grande rilievo tra i suoi pregi dietetici. Inoltre la presenza di piccole quantità di sostanze fenoliche assicura all’irrancidimento all’olio (causato vergine soprattutto una da forte muffe resistenza e batteri consiste nella formazione di composti che tonici). Quindi si può riassumere tutto mediante la seguente tabella: ACIDI GRASSI Acido miristico (C14:0) 0-0,1% Acido palmitico (C16:0) 7,0-20% Acido palmitoleico (C16:1) 0,3-3,5% Acido stearico (C18:0) 1,4-4% Acido oleico (C18:1) 56,0-84,0% Acido linoleico (C18:2) 3,0-21,0% Acido linolenico (C18:3) 0,2-1,5% Altri Acidi 2,5-3,0% e STEROLI (80-260mg/100 di olio) Sitosterolo (C29 H50 0) 65,0-88,5% Campesterolo (C28 H48 0) 2,0-4,0% Colesterolo (C27 H46 0) 0-0,3% Stigmasterolo (C29 H48 0) 0,3-2,5% Avenasterolo (C28 H48 0) 5,0-31,0% IDROCARBURI 300-600 mg/Kg CAROTENOIDI 0,5-10 mg/Kg CAROTENE E TOCOFEROLI 3-35 mg/Kg CLOROFILLA 1-10 mg/Kg FENOLI 50-500 mg/Kg FOSFOLIPIDI 45-150 mg/Kg 5.2 Classificazione Le olive,quando vengono portate al frantoio,devono essere molite nel più breve tempo possibile affinché non ne vengano alterate le qualità merceologiche e organolettiche: ne viene fatta una prima spremitura alla pressione di 10-12 Kg/cm2 che consente di ottenere l’olio più pregiato perché purissimo,ma con bassa resa quantitativa (olio di prima spremitura); seguirà poi una seconda spremitura intorno ai 60 Kg/cm2 dalla quale si ricava un olio meno puro e più abbondante. Entrambi le spremiture vengono effettuate a freddo intorno ai 37-40 °C. Una volta macinate le olive lasciano la “ sansa” che costituisce il 40% del peso originario e che nel passato veniva usata per il riscaldamento(infatti contiene frammenti di noccioli e residui polposi che sono degli ottimi combustibili); ai giorni nostri con l’aiuto di solventi chimici,da questi resti viene estratto “l’olio di sansa”, a qualità più bassa. Fino a pochi decenni fa questo tipo di olio era destinato quasi esclusivamente alla produzione di sapone e candele,ma da quando l’industria dei saponi si è trasformata in industria chimica utilizzando le sostanze sintetiche,anche questo residuo della lavorazione delle olive viene sfruttato per produrre olio che è reso commestibile mediante rettifica e opportunamente mescolato con oli vergini.La normativa europea che attualmente regola la classificazione degli oli di oliva è quella prevista dal Reg. CE 1989/2003 del 6 Novembre 2003,e dalle successive modifiche ed integrazioni. La normativa vigente prevede che l’olio vergine di oliva può essere classificato in base alla sua qualità e la stessa stabilisce, per ciascuna categoria, i valori massimi che possono assumere i parametri collegati con la qualità dell’olio: Prima spremitura, di gusto “assolutamente perfetto”, Olio con acidità inferiore all’ 0,8% (espressa in acido extravergine oleico: 0,8 sottoposto grammi a nessun per ogni processo 100 di gr.); non lavorazione è né raffinazione. Olio vergine Prima spremitura, di gusto perfetto, con acidità inferiore al 2% (compresa tra 1-1,5 gradi di acidità); l’olio non è raffinato. Il massimi grado di acidità è dell’1,5%; è composto Olio di oliva da olio di oliva raffinato al quale viene aggiunto olio di oliva vergine per migliorarne il gusto (non è previsto un minimo di oli vergini da addizionare). Ha un livello di acidità minore di 1,0%; ed è Olio di sansa costituito di oliva dell’olio extravergine d’oliva (non è previsto un dall’olio di sansa cui viene minimo di oli extravergini da addizionare). 5.3 Olio da agricoltura biologica 4 6 aggiunto L'olio extravergine per le sue caratteristiche nutritive è uno degl'alimento principe per una corretta alimentazione in grado di migliorare le condizioni di salute. Esso contiene acidi grassi simili a quelli presenti nel corpo umano e una elevata quantità di antiossidanti e di vitamine. Difende il corpo da alterazioni cutanee, da disturbi digestivi e da fenomeni di invecchiamento cellulare e aiuta a migliorare il benessere del corpo e la qualità della vita. Preservarlo dai residui di pesticidi diventa un obbligo. L'olio da agricoltura biologica risponde a questo: nessun residuo e nemmeno il sospetto che possa essere inquinato, perché segue precise regole. È biologico solo l'olio ottenuto e prodotto con olive provenienti da oliveti coltivati secondo il metodo dell’agricoltura biologica. Ma per essere venduto con l'etichettatura consentita deve risultare adatto all'alimentazione umana, cioè può essere solo extravergine (acidità inferiore al 1%) o vergine (acidità inferiore al 2%), privo di difetti e sapori anomali. Per questo vanno controllate tutte le attività dell'olio, di raccolta e conservazione conservazione e delle olive, confezionamento estrazione dell'olio. Queste operazioni devono avvenire nel rispetto della buona pratica di frantoio e in cicli di lavorazione nettamente separati da quelli delle olive non biologiche. Per potersi ottenuto fregiare da operatori del agricoltura coinvolti marchio con biologica” è (olivicoltori, l'indicazione necessario frantoiani, “Prodotto che tutti imbottigliatori gli e commercianti) siano assoggettati al regime di controllo di un organismo riconosciuto dallo Stato, mediante l'invio di un apposito modulo (detto notifica) alla regione e all'organismo prescelto. Tutte le operazioni compiute nella propria azienda e i movimenti delle merci e materie prime utilizzate devono essere riportati su appositi registri consumatore avrà verificabili chiaro da tutti chiunque. gli sforzi Infatti che si solo sono se il dovuti sopportare per ottenere quell'olio, potrà riconoscere al produttore il giusto valore del prodotto. I maggiori controlli quindi servono non solo per evitare frodi e concorrenza sleale, ma anche per stabilire un rapporto di reciproca fiducia tra il produttore ed il consumatore. Il Reg. CEE 2092/91 stabilisce un periodo di conversione per le colture arboree di tre anni dal momento della compilazione ed invio di certificatore. notifica di produzione Tecnicamente questo biologica tempo può all'organismo diminuire se l'azienda presenta dati oggettivi e documenti sull'agroecosistema e sull'etichetta deve essere riportato prodotto: “in conversione da agricoltura biologica”. Anche l'agricoltore deve aggiornarsi con corsi di formazione e così l'olivicoltura biologica culturale, è ed lui diventa che entra per in lui un momento sistema che di crescita garantisce l'informazione e il consumatore. 5.4 Le relazioni con la salute Da millenni l’olio di oliva è protagonista della alimentazione mediterranea, inoltre è, fra tutti gli oli vegetali, quello a più alta digeribilità da parte dell’organismo umano. Infatti se si considera la composizione dell’olio di oliva, questa è costituita da: 65-80% di acido oleico (grasso insaturo) 4-12% di acido linoleico (grasso insaturo) 7-15% di acido palmitico (grasso saturo) 2-6% di acido stearico (grasso saturo) E la composizione del grasso umano è invece così suddivisa: 65-87% di acido oleico 17-21% di acido palmitico 5-6,5% di acido stearico Si nota subito l’affinità composita dei due elementi e questo spiega l a f a c i l i t à c o n c u i l ’ o r g a n i s m o u ma n o a s s i m i l a q u e s t o e l e m e n t o c h e è superiore a quella di qualsiasi altro olio o grasso. L’attuale scienza medica sta così dimostrando un sempre maggiore interesse nei suoi confronti a causa del suo alto valore biologico. L’olio di oliva protegge lo stomaco e l’intestino rivestendone le pareti interne di una fine emulsione, facilita lo svuotamento dello stomaco ed il transito intestinale, inoltre previene e cura l’ulcera gastrica. Esso è di stimo della secrezione biliare ed in questo senso favorisce la digestione anche di altri grassi. Numerosi studi hanno dimostrato che l’olio di oliva riduce i fattori LDL (Low Density Lipoproteine) e VLD (Very Low Density Lipoproteine), che provocano depositi di colesterolo”cattivo” sulle pareti delle arterie47, e potenzia invece il fattore HDL (anche grazie alla presenza di acido oleico), il “colesterolo buono” che rimuove il colesterolo dalle pareti delle arterie e lo riporta al fegato dove contribuisce alla formazione della bile. Nel complesso riduce il rischio coronario e l’ictus cerebrale, inoltre facilità lo svuotamento della cistifellea48. Come sostengono i nutrizionisti l’olio extra vergine di oliva è un prodotto che,quindi,aiuta la digestione ed è ottimamente assorbito in ogni età, grazie alle sue percentuali di acidi grassi di origine vegetale; grazie alla presenza di elevate percentuali di acido oleico la struttura dell’olio di oliva resta praticamente inalterata fino a 200 °C. L’olio extravergine di oliva è così un alimento fondamentale per tutte le diete: per i bambini,per il grande apporto di acido oleico presente anche nel latte materno; per gli sportivi perché è una fonte di energia prontamente digeribile e nell’età senile in quanto limita la perdita di calcio nelle ossa. Il suo contenuto di acidi grassi e sostanze antiossidanti lo fa rientrare nella ricerca per la prevenzione e la cura dei tumori. Infine l’extravergine di oliva rientra nelle composizioni di vari prodotti cosmetici, come detergenti, emulsioni e shampoo. 5.5 Sicurezza e Qualità Uno dei grandi problemi alimentari della nostra epoca è la sofisticazione dei prodotti destinati al consumo di massa. La maggior parte dei consumatori spesso ignora ciò che c’è dietro ad un prodotto e le sue scelte di acquisto e di consumo sono spesso determinate dalla convenienza del prezzo piuttosto che dalla qualità del prodotto stesso ed è quello che accade anche per l’olio. Nella prima ipotesi il problema è determinato dal fatto che le leggi italiane garantiscono norme molte attente sulle modalità di coltivazione e di raccolta delle olive mentre non lo sono sempre le leggi di altri paesi, soprattutto quelli extracomunitari, dove, inoltre, le spese di coltivazione per i produttori sono molto meno onerose. L’olio extravergine di oliva prodotto con olive italiane è molto più extravergine degli oli provenienti dal Marocco o dalla Tunisia, paesi da cui l’Italia importa il doppio delle ulive prodotte nel nostro Paese, ci basta pensare agli inevitabili guasti che quelle olive subiscono da un paese all’altro prima di essere molite in Italia , ne deriverà un olio che presenta un’acidità più elevata che potrà cosi essere corretto artificialmente ed immesso sul mercato come extravergine di prima spremitura. Poiché l’Unione Europea, con un Regolamento Olivicolo Comunitario, permette di riconoscere come Italiano l’olio prodotto negli oleifici italiani anche se con olive extracomunitarie, diventa facile immaginare quale spietata concorrenza di prezzo si possa fare su questo prodotto a scapito della qualità. A tutela industriale del non commerciale loro del poco prodotto,insidiata tutto corretta e rispettosa dei diritti da da una una dei produzione speculazione consumatori,gli olivicoltori italiani hanno chiesto, per anni, ed ottenuto dall’UE,da pochi anni, il riconoscimento del DOP (Denominazione di Origine Protetta) e dell’IGP (Indicazione Geografica dei Prodotti agroalimentari) che dovrebbero garantire la qualità, la genuinità e l’origine del prodotto. La normativa comunitaria già nel 1991, con il regolamento CEE 2568/91, integrazioni, prevedeva e successive modificazioni ed gli oli DOP, ma l’Italia le direttive comunitarie sono state recepite con la legge 169/1992. Infatti il marchio DOP identifica la denominazione di un prodotto la cui produzione, trasformazione ed elaborazione devono avere luogo in un’area geografica ben delimitata e con una perizia riconosciuta ed approvata. Il marchio IGP identifica la provenienza di un prodotto da una ben determinata area geografica richiedendo che almeno una delle fasi della produzione, della trasformazione o dell’elaborazione abbia luogo in quel territorio. 5- SITUAZIONE DELL’OLIVICOLTURA Secondo le statistiche, si possono stimare 500 milioni di olivi nei diversi territori di coltura49: l’Europa è la più produttrice di olio di oliva con circa grande l’ 80%, di cui la Spagna il 42%, l’Italia il 24% e la Grecia il 12%; il resto lo si ritrova in Oriente, Nord –Africa, Sud-America e Sud-Ovest degli Stati Uniti. La produzione olearia Italiana, da due milioni e settecentotrentamila quintali del 1950-54 sale a 3,5 milioni di quintali nel 1960, di cui 430 mila quintali estratti dalle sanse. Attualmente l’Italia produce circa 5 milioni di quintali di olio medi annui: il 30% è olio extravergine, il 20% è olio vergine mentre il restante 50% è classificato come olio lampante. Visto che gli italiani consumano in media 12 Kg. di olio di oliva a testa per anno,siamo costretti ad importarne specialmente dai paesi del mediterraneo; tali importazioni sono certamente necessarie per coprire il fabbisogno, ma spesso scoraggiano le produzioni nazionali in quanto gli oli di importazioni vengono offerti sul m e r c a t o i t a l i a n o a p r e z z i c o n c o r r en z i a l i . S e c o n d o l e v a l u t a z i o n i effettuate dall’ ISMEA (Istituto di Studi dei Mercati Agricoli), che si è anche avvalsa della collaborazione dell’Organizzazione Interprofessionale dell’Olio di Oliva e dell’Unione Nazionale produttori, la campagna oleicola 2003 /2004 non si discosta in maniera marcata da livelli produttivi raggiunti dalle altre campagne precedenti50. La produzione stimata è pari infatti a circa 549 tonnellate di olio di oliva, con un calo del – 4,5% rispetto alla campagna precedente; infatti così si conferma per il quarto anno consecutivo un risultato produttivo medio ben lontano dal livello raggiunto nella campagna 1999/2000. 6.1 L’Olivicoltura nel mondo La coltura dell’olivo è diffusa nel mondo su una superficie di circa 10 milioni di ettari, e secondo alcune stime il numero di piante di olivo è di oltre 800 milioni in massima parte destinate alla produzione di olio. Nella produzione di olio il 98% corrisponde ai paesi mediterranei e quella comunitaria è pari all’80%. Nei paesi CEE è presente il 70% degli oliveti e il 96% dell’esportazione mondiali proviene dai paesi del mediterraneo che sono membri del Coi (Consiglio olivicoltura oleicolo vanno internazionale).Tra ricordati: Argentina, i Cile, paesi di Sud nuova Africa ed Australia. In generale le tendenze Internazionali fanno valutare una produzione mondiali in ripresa. Nella campagna oleicola 2003/2004 si stima un netto incremento del + 60% (circa un milione e trecentomila tonnellate) della produzione spagnola; a questa si affiancano i netti incrementi delle olivicolture Tunisine e Marocchine. In senso contrario, invece, si nota che la flessione della produzione greca è accompagnata dal crollo produttivo turco. La Siria, un altro importante produttore del mediterraneo, segnala un calo produttivo limitato ed inoltre sembra assicurare il raggiungimento di una produzione di circa 200 mila tonnellate. In sostanza l’andamento produttivo è globalmente positivo, con l’offerta della campagna 2003/2004 superiore alla precedente annata; anche il livello qualitativo è migliore dell’anno precedente a causa delle condizioni climatiche che hanno ridotto ed in alcuni casi annullati gli attacchi dei parassiti. Inoltre il mercato a partire dalla seconda metà di dicembre, ha trovato un equilibrio più stabile, cioè quando si sono rese disponibili sul mercato le produzioni spagnole e greche. 6.2 L’olivicoltura in Italia In Italia l’olivicoltura si estende su di una superficie di quasi due milioni di ettari in cui il patrimonio di olivi è stimato in 150 milioni di piante ed è presente in 18 regioni su 20.Questa è diffusa principalmente nelle regioni m er i d i o n a l i ed insulari dove si realizza il 90% della produzione; le regioni più interessate sono: Puglia, Calabria, Sicilia, Campania, Sardegna, Lazio, Abruzzo, Basilicata , Toscana, Liguria, Umbria, etc. Considerando la distribuzione per fasce altimetriche l’olivicoltura è presente per i 2/3 in collina e solo per il 25-30% in pianura, è, poi, estremamente varia a causa della diversità delle condizioni pedo-climatiche, delle pratiche colturali adottate e delle cultivar presente. Nella campagna oleicola 2003/2004 la produzione è stata omogenea per tutte le regioni l’olivicoltura meridionale, nel complesso, ha tendenza della olivicole in cui registrato una sostanziale tenuta rispetto ad un netto calo delle aree olivicole del Centro-Nord (-35%). In generale le attese qualitative sono state abbastanza buone per tutta l’olivicoltura nazionale, sia per quanto riguarda gli aspetti qualitativi delle produzioni, sia dal punto di vista chimico-fisico che dal punto di vista organolettico. I fenomeni che hanno determinato questo tipo di andamento sono prevalentemente attribuiti ad eventi di carattere climatico, questi hanno infatti evitato la presenza e la diffusione della temuta “mosca dell’olivo”, che ha causato tanti danni nella campagna passata a tutta la produzione mediterranea. Per quanto riguarda gli oli con certificazione DOP/IGP, le prospettive della campagna sono legate particolarmente alla difficoltà di collocare sui canali distributivi piccole quantità di prodotti con prezzi mediamente più alti. Per quel che concerne il biologico, si è trattata di una annata eccezionale proprio grazie all’assenza di gravi attacchi parassitari Comunque anche per questa categoria si presenta un’ampia disponibilità del prodotto, che però spesso viene commercializzato come convenzionale a causa di difficoltà di affermazione sul mercato: Emerge un’alta percentuale di aziende coinvolte nella produzione di oli con certificazione: per gli oli DOP/IGP si raggiunge il massimo livello tra le aziende liguri, toscane, lombardo-venete ed umbre; mentre per gli oli biologici si segnalano le aziende lucane e molisane. Circa il fabbisogno familiare circa la metà della 20% dell’olio prodotto è destinato al del produttore (soprattutto nel Lazio dove produzione non entra nei circuiti di commercializzazione, cosi come in Abruzzo e Toscana). Il 38% dell’olio nazionale è destinato alle vendite dirette ai ristoratori o ai consumatori, in particolar modo nel Centro-Nord dove riguarda in media oltre la metà dell’olio prodotto, ma anche al meridione con le aziende siciliane e le aziende lucane. La quota maggiore di olio prodotto è quindi destinato al mercato all’ingrosso o direttamente all’industria di confezionamento. L’olio, in prevalenza, viene venduto “sfuso” ciò accade in misura maggiore al sud dove riguarda oltre i 3/4 delle vendite; mentre al contrario nelle regioni centrosettentrionali prevale il confezionamento. 6.3 L’olivicoltura in Calabria La Calabria è una delle regioni olivicole più importanti ed , insieme alla Puglia condiziona la tendenza dei dati nazionali. Per la campagna oleicola 2003/2004 la Calabria ha registrato nel complesso una lieve flessione produttiva (-2,7% ) dovuta al calo di Reggio Calabria e Vibo Valentia bilanciato, però, a sua volta dalla ripresa produttiva di Cosenza., Catanzaro e Crotone: Sono molte le aziende che operano in regime di coltivazione biologica, nonostante ciò, la principale difficoltà dei produttori consiste nel molire le proprie olive in frantoi destinati alla sola produzione di olio biologico; perciò, gran parte del prodotto viene commercializzato come olio proveniente da oliveti tradizionali, a discapito del valore aggiunto che deriverebbe ai produttori dalla vendita di un prodotto biologico Capitolo 3 I fitofarmaci: il rotenone certificato. 1- Introduzione In agricoltura biologica la protezione fitosanitaria si basa principalmente sulla prevenzione, nel senso che possono essere utilizzati i prodotti presenti nell’allegato II del regolamento CEE n° 2092/91 (modificato con il regolamento CEE n° 1488/97), soltanto in caso di pericolo immediato che minacci le colture. Tutta l’agricoltura biologica è basata sull’ esclusione di fertilizzanti e fitofarmaci di sintesi, al posto di questi vengono perciò utilizzati prodotti naturali effettuando interventi agronomici per aumentare le rese e la resistenza alle fitopatie. Questa tecnica agricola, perciò,viene definita ecologica e rispettosa dell’ambiente; ed inoltre si evitano tutti quegli interventi fitoiatrici che generano preoccupazioni per i possibili effetti sull’ambiente e sulla salute umana51. Affinché i prodotti possano essere utilizzati per la lotta contro gli organismi nocivi è indispensabile che essi soddisfino l’articolo 7 (1) (a) del regolamento CEE 2092/91 e cioè che: • Siano essenziali per la lotta contro un organismo nocivo oppure contro una particolare malattia, per i quali non sono disponibili altri rimedi alternativi biologici, fisici, genetici o colturali; • Il loro uso non deve produrre effetti inaccettabili per l’ambiente e non deve contribuire a contaminarlo; • Durante l’uso si escluda qualunque tipo di contatto diretto con sementi, vegetali o prodotti vegetali. I prodotti fitosanitari devono essere immessi in commercio solo confezionati in imballaggi o involucri chiusi, in modo che non siano manomissibili; inoltre, le etichette devono essere autorizzate dal Ministero della Sanità e riportare: il nome del formulato commerciale che è indicato con ® solo se il marchio è registrato; al di sotto di questo viene mostrata l’azione primaria sul bersaglio (insetticida,fungicida, etc.), denominata secondo la classificazione ISO e poi il tipo di formulazione con cui si presenta il prodotto; bisogna che siano riportati anche la composizione e le frasi di rischio52. La nuova classificazione CE prevede due classi tossicologiche: 1. I classe: rientrano i prodotti molto tossici o tossici, il loro acquisto ed impiego è autorizzato solamente a personale qualificato e munito di patentino (di cui all’art. 23 del D.P.R. 3 agosto 1968, n° 1255); 2. II classe: rientrano i prodotti nocivi, anche per questa classe l’acquisto e l’impiego è autorizzato al personale munito di patentino. I prodotti irritanti e le altre sostanze, la cui tossicità non è rilevante, sono esenti da classificazione, ma facevano parte della ex III e IV classe così come previsto dal D.P.R. n° 1255/68. Tutte le sostanze di origine vegetale o animale, contemplati nell’allegato II B del Reg. CEE 2092/91, che possiedono proprietà insetticide, fungicide, repellenti, attrattive, etc., anche se non sono persistenti nell’ambiente come i fitofarmaci di sintesi perché sono facilmente degradabili dalla microflora del terreno e dalla luce ,non si possono comunque considerare privi di effetti tossici e nocivi per l’uomo e per l’ambiente53. La difesa fitosanitaria in agricoltura biologica54, in modo particolare negli ambienti meridionali, si pone come un reale limite alla competitività economica dell’olivicoltura, soprattutto in considerazione della lotta alla “mosca delle olive”, il più dannoso parassita dell’olivo, dalla quale non si può prescindere. 2-La mosca delle olive Le infestazioni di questo dittero sono influenzate da diversi fattori, ma particolarmente dalle condizioni climatiche e dalle dimensioni delle drupe. La Bactrocera oleae (Gmeli) (Diptera: Tephiritidae) è il peggior nemico della qualità dell’olio di oliva ed, inoltre, incide sfavorevolmente sulle rese, soprattutto nel Sud, perciò il suo controllo è di notevole importanza in quanto una percentuale di infestazione attiva del 20% pregiudica la classificazione merceologica dell’olio come classe extravergine (secondo Reg. CEE 2568/91 e successive modificazioni ed integrazioni)53. Per lo più ogni femmina depone un uovo per drupa preferendo le drupe più grosse ed esposte a Sud, ma spesso capita di trovare drupe con più larve, in questo caso solo una o al massimo due larve riescono a sopravvivere. Il ciclo biologico della Bctrocera oleae si compie in 23 giorni in condizioni ottimali di temperatura, umidità e nutrimento. E’, infatti, necessario che la drupa abbia una sufficiente dimensione per permettere il nutrimento della larva55. Queste infestazioni iniziano, generalmente, nelle zone più meridionali nel mese di luglio interessando inizialmente le olive da mensa e poi le olive da olio, ma in annate siccitose, quando cioè le olive sono piccole, le infestazioni si riscontrano non prima della metà dell’ autunno. Risulta, anche, frequente l’interruzione di tali infestazioni quando le temperature superano i valori di 3133 °C. Il controllo del fitofago risulta difficile per l’elevata longevità degli adulti, per l’alta fecondità delle femmine e per l’elevato numero di generazioni annue. Una difesa con mezzi biologici contro questo insetto è abbastanza difficile in quanto il danno è provocato principalmente dalla larva all’interno della drupa; bisogna, perciò, intervenire con mezzi in grado di abbassare il più possibile la popolazione presente all’interno dell’oliveto. Ciò può essere fatto utilizzando delle trappole per la cattura massiva degli adulti, come le trappole “cromotropiche” di colore giallo spalmate di colla ed attivate con bicarbonato di ammonio e feromone: oppure provocando la morte degli adulti attratti da esche. 2- Il rotenone Tra i fitofarmaci di origine naturale e che sono dotati di una efficace azione “biocida”56 vi è il rotenone. ROTENONE: 1,2,12,12a-tetraidro-8,9-dimetossi-2-(1-metilethenil-(1) benzopirano (2,4-b) furo (2,3-h) (1)-benzopiran-6 (6H)-one. C 23 H 22 O 6 Peso molecolare: 394,41 Carbonio 70,4 % Contenuto: Idrogeno 5,62 % Ossigeno 24,34 % Il rotenone è un isoflavonoide contenuto in alcune leguminose; le principali fonti sono le piante appartenenti al genere Derris elliptica, Lonchocarpus utilis e Tephrosia, originarie rispettivamente dell’Asia, del Sud America e dell’Africa; si estrae dalle radici di tali piante con acqua o con solventi organici oppure si polverizza parte della pianta. Queste piante ed i loro estratti sono stati utilizzati per secoli dagli indigeni del Sud-Est dell’Asia e del Sud America per narcotizzare i pesci. In particolare il primo impiego legale come pescicida risale al 1934 nel Michigan degli Stati Uniti57 ed in Canada nel 193758. Veniva utilizzata una preparazione liquida del pesticida in quanto sottoforma di emulsione si disperde nell’acqua molto più facilmente rispetto al tipo in polvere. Quando in uno stagno o in un lago si ha una popolazione di pesci indesiderata dai pescatori allora una soluzione è quella di sradicare completamente la popolazione di pesci ed introdurre nuovi pesci in una combinazione più desiderata. Esattamente gli usi del pesticida nella pesca includono: • Lo sradicamento di pesce esotico e dannoso • Per controllare le malattie • Per la quantificazione di popolazioni Questo veleno per pesci è usato con successo per eliminare la trota esotica in Australia e per riabilitare le popolazioni di “galaxiids” in via d’estinzione. Il trattamento con il rotenone solitamente uccide i pesci in 24-36 ore. Una volta avvelenati questi nuotano irregolarmente e si muovono o verso acque più profonde o verso la superficie, respirando affannosamente in mancanza d’aria; infatti il loro tasso di ventilazione ritarda ed affondano nell’acqua rimanendo fino alla morte59. Ciò accade, non perché il rotenone rimuove l’ossigeno dall’acqua, ma perché inibisce un processo presente nella respirazione cellulare, denominato “fosforilazione ossidativa”. Il luogo specifico di azione del pesticida è nel sistema di trasporto dell’elettrone nel complesso I (dell’NADH)60. Il complesso I, detto anche complesso della NADH deidrogenasi, è una flavoproteina complessata con venticinque catene polipeptidiche; tutto il sistema è immerso nella membrana mitocondriale interna.Questo complesso enzimatico prima trasferisce una coppia di equivalenti di riducenti dall’ NADH al gruppo prostatico FMN (coenzima flavinico), inoltre il complesso I contiene anche sette centri ferro-zolfo attraverso cui gli elettroni passano dal FMN all’ubichinone.Il rotenone è capace di inibire il flusso elettronico da questi centri Fe-S all’ubichinone, ciò comporta meno ossigeno disponibile per la respirazione. I pesci sono altamente sensibili a tale processo perché il rotenone può entrare in maniera efficiente e rapidamente nella circolazione sanguigna attraverso la branchie. La presenza di rotenone, nei laghi e negli stagni, causa di solito in significativo ribasso di zooplankton e può colpire la fauna di fondali, queste sono popolazioni più sensibili e recuperano in un periodo di tempo che va da uno ad otto mesi dopo il trattamento61,62. Considerando il meccanismo generico di azione tossica del rotenone si è pensato di farne uso oltre che come pesticida anche come fitofarmaco. A tale scopo viene utilizzato per controllare afidi, tripidi, pidocchi e altri insetti della frutta e dei vegetali; in particolare in olivicoltura biologica viene impiegato nella lotta contro al Bactrocera oleae. Recenti studi sono stati effettuati per testare la tossicità del rotenone su mosche sia allo stato larvale che allo stato adulto. E’ stata osservata una forte azione repellente che si riduce nel tempo, in particolare nelle olive l’azione si riduce al minimo dopo 180 ore dal trattamento mentre nell’olio dopo un mese63. Il rotenone è instabile alla luce ed all’aria decomponendosi facilmente in vari metaboliti, alcuni dei quali sembrano essere però più tossici della molecola precursore, infatti il suo impiego desta preoccupazione per la tossicità nei confronti di animali e di uomini53. Alla luce di tali risvolti è stato dimostrato come il rotenone provochi dei sintomi simili alla sindrome parkinsoniana atipica. Il morbo di Parkinson è una disfunzione neuro-degenerativa associata alla senescenza e provocata da una perdita di neuroni della dopamina nella “substantia nigra”64. La 6-idrossidopamina (6-OHDA), lo ione 1-metil-4-fenilpiridinio (MPP+) e il rotenone sono noti come neurotossine della dopamina. Ad ogni modo il loro meccanismo di azione a livello cerebrale in vivo non è ben definito. In particolare, questi ultimi due agiscono in modo differente: il rotenone provoca una inibizione ubiquitaria del complesso I ma una degenerazione selettiva a livello della “substantia nigra”, mentre l’ MPP+ sembra essere più mirato in quanto utilizza un meccanismo d’assorbimento per entrare nei terminali nervosi dopaminergici65. La somministrazione intravena sui ratti di rotenone ha indotto, con una dose di 2,5/mg/Kg al giorno, una distruzione selettiva dei neuroni dopaminergici nigrali, accompagnata dalla comparsa dei corpi di Lewy. Questa fleboipodermoclisi è stata condotta per un periodo di quattro settimane e resta un attuale imperativo esaminare gli effetti di una esposizione al rotenone a lungo termine per poi verificare la risonanza che tali studi hanno sul genere umano. In merito a ciò si ritiene interessante segnalare che la suscettibilità al morbo di Parkinson è determinata anche da fattori genetici, si ipotizza quindi che anche la suscettibilità di un individuo agli effetti del rotenone, ed ad altri pesticidi, può essere determinata geneticamente, a conferma di tali ipotesi è stato osservato che non tutti i ratti sottoposti a trattamento col rotenone sviluppano il morbo di Parkinson66. CAPITOLO 4 Parte Sperimentale 1- Introduzione Il rotenone è stato quantificato negli oli d’oliva e nelle drupe mediante APCI MS/MS in esperimenti “Multiple Reaction Monitoring” (MRM) utilizzando uno standard interno ottenuto per sintesi. La prova è stata condotta nel corso dell’annata 2003 presso l’ azienda Agricola Rossello DO.RA.TO, situata in Calabria a Palermiti (CZ, Italia), questa ha fatto in modo di far pervenire le olive, dopo il trattamento con rotenone, ad intervalli precisi. Il rotenone utilizzato in campo è un prodotto commerciale della Serbios (Rovigo,Italia) chiamato Rotena®. Il campo è stato suddiviso in due parcelle corrispondenti alla tesi trattata con rotenone (Rotena 300 g/hl, addizionata di 50 g/hl di olio bianco e 50 g/hl di bagnante) ed acqua. Le olive appartengono alla cultivar Carolea; queste piante sono da anni coltivate secondo i metodi dell’agricoltura biologica. Per irrorare le piante è stata utilizzata una pompa a volume normale e il trattamento è stato effettuato nelle prime ore del mattino al superamento della soglia di infestazione attiva del 20%, avvenuto il 27.10.2003 e non è stato ripetuto in seguito. Circa 5 kg. di queste olive sono state frantumate nel frantoio dell’Istituto Sperimentale per l’Olivicoltura (ISOL, Rende, CS, Italia). Il frantoio utilizzato è un mini frantoio a ciclo continuo a due fasi (marca Toscana Enologica Mori); ogni fase (due liquide ed una solida) viene espulsa separatamente dal decanter: una fase contiene le acque di vegetazione e le sanse, l’altra è costituita dall’olio. Dopo la frantumazione inizia la fase di gramolatura per circa 20 minuti a temperatura ambiente, in seguito l’olio viene estratto mediante una pressa idraulica. 2- Preparazione dello Standard Interno Il rotenone puro (1) è stato acquistato dalla Sigma-Aldrich: Il cicloaddotto (2) è stato preparato come segue: ad una soluzione sotto agitazione di rotenone (0,5 mM) in benzene a riflusso è stata aggiunta 1 mmole di benzonitrilossido. Dopo due ore il solvente è stato evaporato sotto vuoto ed il grezzo purificato per HPLC (HP 1090, UV detector settato a 290 nm; colonna RP 18 250x4,6 mm) utilizzando un gradiente H2O/CH3OH. 3- Estrazione di rotenone dalle olive67 Una quantità nota di olive intere (circa 25 gr.) è fatta reagire in una beuta con 10 gr. di Na2SO4 e 50 ml. di CH3CN sotto agitazione per circa 30 min. Infine vengono prelevati 3 ml. della soluzione in una provetta e portati a secco sotto un flusso d’azoto. Al residuo viene aggiunto 1 ml. di standard interno. Ai primi 28 campioni viene aggiunto 1 ml. standard interno ad una concentrazione di 0,25 ppm. Per la determinazione quantitativa è stata costruita una curva di calibrazione in un range da 0,2/0,25……..1,6/0,25 ppm.: - Punto a 0,1 ppm: in un matraccio da 10 ml contenente CH3CN si aggiungono 211,4 µl di rotenone (4,73 ppm) e 428,8 µl di standard interno (0,25 ppm), si porta a volume (10 ml.) con CH3CN - Punto a 0,2 ppm: in un matraccio da 10 ml contenente CH3CN si aggiungono 422,8 µl di rotenone (4,73 ppm) e 428,8 µl di standard interno (0,25 ppm), si porta a volume (10 ml.) con CH3CN - Punto a 0,4 ppm: in un matraccio da 10 ml contenente CH3CN si aggiungono 845,6 µl di rotenone (4,73 ppm) e 428,8 µl di standard interno (0,25 ppm), si porta a volume (10 ml.) con CH3CN - Punto a 0,8 ppm: in un matraccio da 10 ml contenente CH3CN si aggiungono 169,1 µl di rotenone (47,3 ppm) e 428,8 µl di standard interno (0,25 ppm), si porta a volume (10 ml.) con CH3CN - Punto a 1,6 ppm: in un matraccio da 10 ml contenente CH3CN si aggiungono 338,2 µl di rotenone (47,3 ppm) e 428,8 µl di standard interno (0,25 ppm), si porta a volume (10 ml.) con CH3CN Agli ultimi tre campioni è aggiunto 1 ml. di standard interno a 0,25 ppm e per effettuare la determinazione quantitativa è stata costruita una curva di calibrazione in un range da 0,05/0,25……..0,8/0,25 ppm.: - Punto a 0,05 ppm: in un matraccio da 10 ml contenente CH3CN si aggiungono 39,7 µl di rotenone (12,6 ppm) e 416,6 µl di standard interno (6 ppm), si porta a volume (10 ml.) con CH3CN - Punto a 0,1 ppm: in un matraccio da 10 ml contenente CH3CN si aggiungono 79,4 µl di rotenone (12,6 ppm) e 416,6 µl di standard interno (6 ppm), si porta a volume (10 ml.) con CH3CN - Punto a 0,2 ppm: in un matraccio da 10 ml contenente CH3CN si aggiungono 158,7 µl di rotenone (12,6 ppm) e 416,6 µl di standard interno (6 ppm), si porta a volume (10 ml.) con CH3CN - Punto a 0,4 ppm: in un matraccio da 10 ml contenente CH3CN si aggiungono 317,5 µl di rotenone (12,6 ppm) e 416,6 µl di standard interno (6 ppm), si porta a volume (10 ml.) con CH3CN - Punto a 0,8 ppm: in un matraccio da 10 ml contenente CH3CN si aggiungono 634,9 µl di rotenone (12,6 ppm) e 416,6 µl di standard interno (6 ppm), si porta a volume (10 ml.) con CH3CN 4- Estrazione di rotenone dall’olio d’oliva A 5 gr di olio d’oliva vengono aggiunti 208,3 µl di standard interno a 6 ppm. La soluzione viene così omogeneizzata. A 3 gr di questa si aggiungono 5 ml di CH3CN ed il tutto viene emulsionato agli ultrasuoni. Per l’estrazione si utilizza una cartuccia C18 (10 gr) su cui viene caricata la soluzione ed addizionati 40 ml di CH3CN. Infine l’eluato è portato a secco mediante rotavapor e poi ripreso con 1 ml di CH3CN. Il campione risulta così pronto per l’analisi ed ad essere iniettato nello spettrometro di massa. Utilizzando la procedura sperimentale appena descritta si costruisce una curva di calibrazione in matrice, utilizzando olio d’oliva privo di rotenone, questa è stata costruita per alcuni campioni in un range da 0,05/0,3……..1, 6/0,3 ppm: - Punto a 0,05 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 39,7 µl di rotenone (12,6 ppm) e 100 µl di standard interno (30 ppm) - Punto a 0,1 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 79,4 µl di rotenone (12,6 ppm) e 100 µl di standard interno (30 ppm) - Punto a 0,2 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 158,6 µl di rotenone (12,6 ppm) e 100 µl di standard interno (30 ppm) - Punto a 0,4 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 317,6 µl di rotenone (12,6 ppm) e 100 µl di standard interno (30 ppm) - Punto a 0,8 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 63,5 µl di rotenone (126 ppm) e 100 µl di standard interno (30 ppm) - Punto a 1,6 ppm: circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 127 µl di rotenone (126 ppm) e 100 µl di standard interno (30 ppm) A 5 gr degli ultimi tre campioni vengono aggiunti 62,5 µl di standard interno a 16 ppm. La curva di calibrazione per l’analisi quantitativa di questi ultimi tre campioni è stata preparata in un intervallo cha va da 0,025/0,25…….0,8/0,25 ppm: - Punto a 0,025 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 39,7 µl di rotenone (6,3 ppm) e 62,5 µl di standard interno (32 ppm) - Punto a 0,5 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 39,7 µl di rotenone (12,6 ppm) e 62,5 µl di standard interno (32 ppm) - Punto a 0,1 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 79,4 µl di rotenone (12,6 ppm) e 62,5 µl di standard interno (32 ppm) - Punto a 0,2 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 158,6 µl di rotenone (12,6 ppm) e 62,5 µl di standard interno (32 ppm) - Punto a 0,4 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 317,6 µl di rotenone (12,6 ppm) e 62,5 µl di standard interno (32 ppm) - Punto a 0,8 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 63,5 µl di rotenone (126 ppm) e 62,5 µl di standard interno (32 ppm) 5- Analisi Quantitativa Gli esperimenti di quantificazione eseguiti su un triplo quadrupolo (Applied Biosystem/MDS Sciex API 2000TM LC/MS/MS System, Toronto, Canada; Software: Analyst® version 1.2) operando in condizioni MRM. La soluzione analitica viene spinta nel nebulizzatore mediante una iniezione in flusso (FIA). La velocità di flusso è fissata a 400 µl min-1 in CH3CN/H2O (50/50). Gli esperimenti sono effettuati ad una temperatura della sorgente (TEM) di 350 °C ed alle pressioni del “curtain gas” (CUR), delle sorgenti gassose (GS1, GS2) rispettivamente di 38,50 e 70 psi; mentre la corrente del nebulizzatore (NC), il potenziale di declustering (DP), il “focusing potential” (FP) e l’ “entrance potential” sono stati rispettivamente fissati a 5,90 V, 5 V e 12 V. IL valore dell’energia di collisione (CE) è di 44 eV e la pressione del gas di collisione (CAD) è stato fissato a 3 (2,38x105 molecole cm-2); il potenziale del plate Multi-Channel è stato impostato a 2000 V. Il limite di rivelazione (LOD) ed il limite di quantificazione (LOQ) per ogni campione dell’alimento è stato calcolato seguendo le direttive IUPAC e della “American Chemical Society’ s Committe on Enviromental Analytical Chemistry” : SLOD = SRB + 3σRB SLOQ = SRB + 10σRB dove SLOD descrive il segnale al limite di rivelazione, SLOQ descrive il segnale al limite della quantificazione, SRB è il segnale del bianco di riferimento e σRB è la deviazione standard da questo.Le concentrazioni sono state calcolate dalla curva di taratura. CAPITOLO 5 Risultati e Conclusioni La chimica in fase gassosa delle specie [M+H]+, ottenute mediante ESI-MS dal rotenone e dal suo cicloaddotto col nitrilossido, è caratterizzata dalla comparsa nello spettro MS2 di uno ione a 192 m/z, analizzato ad alta risoluzione, corrispondente ad un catione radicalico di composizione elementare C11H12O3+, dove la struttura corrisponde al catione radicalico 6,7-Dimetossi-2H-benzopirano. Tale picco risulta uno dei più abbondanti dello del cicloaddotto sintetizzato. In particolare, lo ione a 192 m/z è accompagnato da un picco a 193 m/z, le cui intensità relative sono rispettivamente 100% e 43%. Questi due ioni, infatti, potrebbero derivare da una frammentazione di retro DielsAlder dell’unità A del rotenone: La formazione della specie radicalica, 192 m/z, derivante dal rotenone protonato si attribuisce ad un processo di retro Diels-Alder del cartione radicalico intermedio ottenuto per perdita di un atomo di H dal precursore. Le transizioni [M+H ]+ → m/z 192 del rotenone e del suo addotto sono altamente specifiche e possono essere utilizzate per applicazioni analitiche relative alla determinazione quantitativa del rotenone in diverse matrici organiche. Nel caso particolare la determinazione di rotenone nell’olio d’oliva è stata condotta seguendo le transizioni m/z 395 → m/z 192 per il rotenone e m/z 514 → m/z 192 per il cicloaddotto (lo Standard Interno). La curva di calibrazione (y = 10,615 x – 0,2022), costruita come descritto precedentemente nel capitolo sperimentale, presenta un buon fattore di correlazione (R2 = 0,9920). Dati analitici della curva di calibrazione ottenuta in matrice: SoluzioniStandard Rapporto Media Rapporto (ppm) Rapporto Dev. Area Area 0,271 0,014 5,03 0,571 0,058 10,10 0,791 0,075 9,44 1,630 0,171 10,48 3,743 0,196 5,24 8,500 0,180 2,12 Area RSD % Stand. (rapporto) 0,266 0,025 0,260 0,286 0,576 0,050 0,511 0,626 0,773 0,100 0,873 0,727 1,650 0,200 1,790 1,450 3,630 0,400 3,630 3,970 8,450 0,800 8,700 8,350 Ogni punto della curva di calibrazione ( y = 10,615 x -0,2022, R2 = 0,9920) è stato ottenuto da soluzioni contenenti 0,100 ppm di standard interno La procedura è stata applicata ai campioni A-E al fine di valutare la riproducibilità delle misure e mettere a punto una metodica valida. I valori relativi alla precisione (RSD%) determinati sono in tutti i casi più bassi del 9%. Inoltre l’accuratezza e la deviazione standard relativa sono state valutate per due campioni trattati con quantità differenti di rotenone: Rotenone Rotenone Campione (Data contenuto RSD contenuto RSD nell’olio % nelle drupe % di raccolta) (ppm) (ppm) A (27/10/03) 9,385 ± 0,150 1,60 2,105 ± 0,091 4,32 B (29/10/03) 0,526 ± 0,022 4,18 0,130 ± 0,006 4,61 C (05/11/03) 0,365 ± 0,020 5,48 0,091 ± 0,004 4,39 D (20/11/03) 0,178 ± 0,013 7,30 0,033 ± 0,004 12,12 E (04/12/03) 0,035 ± 0,003 8,57 -------- ------ In figura sono riportati i dati relativi dell’olio d’oliva prodotto dai campioni A-E, tali campioni sono stati raccolti nel periodo indicato. 0,7 ppm 0,6 y = 0,7041e-0,0729x R2 = 0,9503 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0 0 10 20 30 40 giorni Questi valori mostrano che, al limite della curva di calibrazione, la metodologia applicata risiede entro il limite per ogni determinazione sperimentale. Rotenone Rapporto Calcolo della RSD % Accuratezza (ppm) Area concentrazione (media) (media) (ppm) 0,070 1,000 1,01 0,068 0,98 0,066 1,01 0,067 0,98 0,066 0,99 0,067 16,50 0,919 17,20 0,957 16,10 0,897 15,90 0,886 16,90 0,941 1,14 95,40 3,23 92,01 Secondo le direttive UE, le drupe da produzione biologica dovrebbero contenere una quantità di rotenone che non superi i 40 ppb, questo limite dovrebbe essere raggiunto 10 giorni dopo il trattamento della pianta.. Sebbene l’imprevedibilità delle condizioni climatiche potrebbe influenzare in maniera random il meccanismo di eliminazione del rotenone dalle piante trattate, ad ogni modo è stata ottenuta una curva di decadimento del rotenone soddisfacente (R2 = 0,9503). E’ possibile ipotizzare che il rotenone decadi rapidamente nei primi due giorni successivi al trattamento, dal momento che i dati ottenuti per il campione A non sono in accordo con quelle degli altri. Infatti per tale campione si osserva un decadimento esponenziale. La differenza nel grado di contaminazione tra drupe ed olio, seppure appartenenti alla stessa epoca di raccolta, è dovuta: • alla migliore solubilità del rotenone nelle sostanza grasse; • alla resa stimata dell’olio dalle drupe che è del 15%. È possibile notare che in tali sperimenti il limite dei 40 ppb viene raggiunto entro i 10 giorni successivi al trattamento, fissati dall’UE, ad ogni modo tale periodo non è sufficientemente lungo da provocare una riduzione di concentrazione nell’olio d’oliva. Infine la valutazione del LOD e del LOQ del campione analizzato viene riportato in tabella.Si ottengono buoni risultati dall’analisi delle matrici contaminate nei più bassi range di ppb. Media Valori RSD LOQ LOD (ppm) % (ppm) (ppm) B 0,509 ± 0,039 7,66 0,023 0,022 C 0,370 ± 0,031 8,38 0,023 0,022 Campione Conclusioni Dai risultati ottenuti, anche se preliminari, sembra che il tempo di sicurezza del Rotenone debba essere incrementato rispetto a quanto previsto dalla legislazione. Il nuovo metodo analitico sviluppato è più sensibile dei classici metodi HPLC-UV. La risposta del metodo è inequivocabile in quanto le transizioni utilizzate sono specifiche dell'analita. Il metodo di estrazione utilizzato è piu rapido della classica estrazione liquido-liquido. Il tempo di analisi è estremamente breve se paragonato al metodo HPLC. Infine, la spemometria di massa è un valido metodo analitico per la determinazione quantitativa del rotenone nelle olive e negli oli di oliva. Infatti, esso è caratterizzato da maggiore sensibilità e sicurezza nella identificazione molecolare rispetto alle classiche metodologie analitiche riportate in letteratura che utilizzano l'HPLC. BIBLIOGRAFIA 1. Hayes W., Rotenone and related materials. In: Williams e Wilkins (ED) Pesticides Studies in Man, Baltimore, MD, 1982, pp. 81-86. 2. Crombie L., Whiting D.A., Biosynthesis in the rotenoid group natural products: Applications of isotope methodology, Phytochemistry, 1998, 49, 1479-1507. 3. 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