Determinazione quantitativa di rotenone in olivicoltura

UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA
FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
CORSO DI LAUREA IN CHIMICA
TESI DI LAUREA
DETERMINAZIONE QUANTITATIVA DI ROTENONE
IN OLIVICOLTURA BIOLOGICA MEDIANTE
SPETTROMETRIA DI MASSA
RELATORE
Chiar. mo Prof. Giovanni Sindona
CANDIDATA
Maria Anna Caravita
Matr. 47128
CORRELATORE
Dott. Enzo Perri
Anno Accademico
2003/2004
INTRODUZIONE
Il Rotenone è un pesticida naturale, contemplato dall'allegato II B del Reg. CEE
2092/91 ed estratto dalle radici di alcune piante leguminose del genere Derris,
Tephrosia e Longhocharpusl 1. É utilizzato come veleno per i pesci e come insetticida
non selettivo su una grande varietà di piante 2. É considerato moderatamente tossico
per gli uomini 3 visto che la dose letale stimata si attesta tra i 300 ed i 500 mg/Kg. Il
rotenone è un inibitore del complesso I della catena respiratoria mitocondriale e, in
un esperimento su cavie, ha provocato l'insorgenza di sintomi analoghi a quelli che si
osservano a causa del morbo di Parkinson 4. Il rotenone è usato nella difesa dell'olivo
per la produzione di oli di oliva da agricoltura biologica, anche se, in generale, si
degrada più lentamente nelle olive che in altri vegetali. Il limite massimo fissato dalla
legislazione italiana nelle olive è di 0.04 mg/Kg. La tecnica di spettrometria di massa
Elettrospray ionization (ESI) è stata utilizzata per studiare la frammentazione del
rotenone e di alcune molecole derivate e per mettere a punto un metodo di
determinazione quantitativa basato sul monitoraggio di una transizione MRM. Come
standard interno è stato utilizzato un cicloaddotto ottenuto mediante sintesi che
presenta lo ione comune m/z 192 nello spettro MS/MS.
RINGRAZIAMENTI
I miei più sentiti ringraziamenti vanno al
prof. Giovanni Sindona ed al dr. Enzo Perri
per la disponibilità e professionalità dimostrata. Inoltre ringrazio l’Istituto
Sperimentale per l’Olivicoltura, il dr. Fabio Mazzotti ed in modo particolare
la dottoressa Anna Russo e
il Per. Agr. Attilio Parise.
Un ulteriore ringraziamento va a Domenico Fusto dell’associazione “Suolo
e Salute”, organo di controllo dell’agricoltura biologica,
ed all’azienda Rossello DO.RA.TO.
Ringrazio, infine, la mia amica Barbara per avermi “sopportato” in questi
ultimi anni di studio e per tutto il periodo di svolgimento della tesi.
Capitolo 1
La spettrometria di massa
1– Introduzione
La spettrometria di massa (MS) è una disciplina chimica microanalitica che richiede
generalmente solo poche nanomoli di campione, per ottenere informazioni che
riguardano la struttura e il peso molecolare dell’analita.Essa viene definita distruttiva
dal momento che il campione analizzato viene distrutto durante l’analisi. In tutte le
sue varie forme è necessario che dell’energia venga trasferita alle molecole
dell’analita in modo da produrre la loro ionizzazione. In molti casi lo ione molecolare
dell’analita che si forma ”esplode” in una varietà di ioni frammento, attraverso
processi sia consecutivi che competitivi. Nei casi in cui lo ione molecolare o “quasi
molecolari” sia stabile, la frammentazione può essere indotta per collisione; in ogni
caso il risultante “pattern” di frammentazione costituisce lo spettro di massa. Una
molecole generica M può essere ionizzata per rimozione o aggiunta di un elettrone,
portando rispettivamente alla formazione degli ioni M
corrispondenti al peso molecolare della molecola originale.
.+
e M+- entrambi
2– Lo spettro di massa
In linea di principio lo spettro di massa, normale o collisionale, di ciascun composto
è unico e può essere utilizzato come “finger print” chimico per caratterizzare il
campione o per identificarlo in miscele molto complesse, anche se presente a livello
di tracce. Indipendentemente da come sono creati e separati gli ioni in uno
spettrometro di massa, lo spettro di massa che si ottiene non è altro che un
diagramma su cui in ascissa sono riportati i valori m/z dei picchi relativi alle specie
ioniche presenti ed in ordinata l’intensità o abbondanza in unità arbitrarie. Il rapporto
massa/carica (m/z) è il rapporto tra la massa m dello ione, misurata rispetto alla
massa del
12
C che per convenienza è 12,000000, ed il numero z di cariche
elettrostatiche (misurate rispetto a quello dell’elettrone, cui viene assegnata una
carica elettrostatica negativa unitaria) presenti sullo stesso ione. Poiché la stragrande
maggioranza degli ioni prodotti in uno spettrometro di massa, tranne nel caso
dell’Electrospray, ha una sola unità di carica, il rapporto m/z di uno ione viene
frequentemente identificato con la massa dello ione. In generale quando una molecola
è ionizzata, per rimozione di un elettrone si origina un radical-catione M .+ detto ione
molecolare il quale genera nello spettro di massa un picco denominato picco ionico
molecolare, che compare a un valore m/z numericamente uguale al peso molecolare
nominale dell’analita. Questo ione molecolare può contenere sufficiente energia
interna dando delle frammentazioni successive che portano alla formazione di specie
neutre, cationiche o radicaliche.
M - e-
M+.
A+ + N.
M - e-
M+.
A+. + N
Esso è inoltre, il primo precursore di tutti gli ioni frammento nello spettro di massa.
Lo spettrometro di massa sarà perciò in grado di separare tutti i frammenti carichi
(A+ e A.+), questi a loro volta possono contenere energia interna sufficiente per
generare successivi frammenti ionici anch’essi suscettibili all’analisi spettrometrica.
N.
M.+
Na
A+
Nb
B+
C+
etc
Questo schema mostra il percorso specifico di reazioni di frammentazioni, cioè un
pathway di frammentazione che la specie sotto esame può seguire. Il pathway di
frammentazione può essere alquanto semplice, presentando
così uno spettro
altrettanto semplice, oppure può essere compresso,cioè caratterizzato dalla
coesistenza di più meccanismi di frammentazione,competitivi e consecutivi,
generando perciò uno spettro più complesso. Tutto ciò è determinato dall’eccesso di
energia interna data allo ione molecolare (M.+), dalla struttura di questo ione e dal
tempo che intercorre tra la formazione dello ione e il detector.
Il picco ionico molecolare,nello spettro di massa, è assente o poco intenso quando:
• Lo ione molecolare è caratterizzato da un processo di frammentazione con
energia di comparsa (AP) molto prossima al potenziale di ionizzazione (IP),
cioè quando tra i processi di frammentazione dello ione molecolare,uno di essi
è governato da una energia di attivazione molto bassa;
• L’analita subisce una decomposizione termica prima della ionizzazione.
Quando non si realizzala prima condizione ed è assente la decomposizione
termica è possibile aumentare l’intensità del picco ionico molecolare, nello spettro di
massa, diminuendo l’energia di ionizzazione. Una molecola può anche essere
ionizzata per aggiunta di una specie carica, che con la molecola originale porta alla
formazione di ioni tipo [M+Hn]+ e [M-Hn]- con peso molecolare differente da quello
della molecola originaria, queste specie di cariche sono chiamate
molecolari e ioni molecolari protonati (o deprotonati).
ioni quasi
Se una molecola perde ad esempio, nel processo di ionizzazione elettronica due
elettroni, si ottiene una ione molecolare doppiamente carico che produce nello
spettro di massa un picco ad un valore m/z numericamente uguale alla metà del peso
molecolare del composto. Analogamente se una molecola acquista nH+ durante il
processo di ionizzazione electrospray si ottiene uno ione molecolare protonato che
produce nello spettro di massa un picco ad un valore di m/z numericamente uguale
ad ¼ del peso molecolare del composto aumentato di n unità (M+n/n). Questi sono
detti ioni a carica multipla.
Il picco più intenso di uno spettro di massa è il picco base e viene utilizzato
come base unitaria rispetto alla quale normalizzare le abbondanze relative di tutti gli
altri ioni. Per definizione, quindi, l’intensità relativa del picco base è 100% mentre le
intensità degli altri picchi sono espresse in % Relative Intensity (R. I.). Un modo
alternativo per misurare l’intensità relativa consiste nell’utilizzare la corrente ionica
totale (TIC = Total Ion Current) come base per normalizzare lo spettro di massa,
dove la TIC rappresenta la somma delle intensità di tutti i picchi presenti in un
definito intervallo di massa. In questo caso le intensità di tutti i picchi sono espresse
in %Σn, dove n rappresenta il valore più piccolo m/z da cui è calcolata la TIC.
La capacità dello spettrometro di massa di separare due picchi adiacenti è detta
risoluzione (R) ed è data dalla relazione:
R = Mn / (Mn-Mm)
dove Mn è il valore di massa superiore i due picchi adiacenti e Mm è il valore di
massa inferiore:
Oppure espressa in parti per milione (ppm):
R(ppm) = 106*∆m / M
In spettrometria di massa ci sono tre livelli di risoluzione: bassa risoluzione, media
risoluzione ed altra risoluzione.
I valori di risoluzione indicati per poter essere significativi devono essere
accompagnati da una descrizione del grado di separazione dei due picchi fornendo il
valore della valle, espressa in % dell’altezza dei picchi, corrispondente al grado di
separazione. Le risoluzioni vengono generalmente espresse al 5% o al 10% della
valle; questo grado di risoluzione viene detto “unit resolution”.
Nei casi in cui la risoluzione dello spettrometro di massa è sufficientemente
elevato ad ogni picco si accompagna uno o più picchi ad (m+1), (m+2), etc.
Ciò è dovuto alla presenza dell’analita di isotopi stabili degli elementi che entrano
nella composizione elementare dell’analita. L’intensità di questi picchi isotopici
segue la distribuzione isotopica naturale degli elementi :
ABBONDANZA ISOTOPICA NATURALE
X
Massa
X+1
%
Massa
X+2
%
Massa
%
H
1
99,99
2
0,01
C
12
98,9
13
1,1
N
14
99,6
15
0,4
O
16
99,76
17
0,04
18
0,20
F
19
100
Si
28
92,2
29
4,7
30
3,1
P
31
100
S
32
95,02
33
0,76
34
4,22
Cl
35
75,77
37
24,23
Br
79
50,5
81
49,5
I
127
100
Si potrebbe continuare con i picchi isotopici (m+3), (m+4), etc, il cui
contributo,trascurabile per le molecole con pochi atomi di carbonio diventa
significativo per molecole ad alto peso molecolare le quali presentano “cluster
isotopici” complessi anche per il contributo aditivo degli isotopici degli altri
elementi.
3- Lo spettrometro di massa
Gli elementi essenziali di uno spettrometro di massa di qualunque tipo esso sia
sono:
1)il sistema di introduzione del campione (inlet system) nello spettrometro di
massa;
2)la sorgente ionica (ion source).dove avviene la ionizzazione dell’analita;
3)l’analizzatore di ioni (separation of ion oppure anlalyser): la zona dello
strumento adibita alla separazione degli ioni;
4) il rilevatore ioni (detection of ion);
5)il sistema dei acquisizione ed elaborazione dati (recording of ion arrivals): la
registrazione dello spettro
.
L’intero sistema è tenuto a pressione molto bassa (alto vuoto) rendendo così
l’introduzione del campione nella sorgente uno step piuttosto complesso.
3.1 Il sistema di introduzione
I modi d’introdurre il campione all’interno dello strumento sono vari, normalmente
dipendono dalla volatilità e dalla natura del campione, ed anche dal metodo di
ionizzazione utilizzato.
L’inlet system è un dispositivo pneumatico che serve ad introdurre il campione nella
sorgente ionica senza alterare le condizioni operative di pressione che è dell’ordine di
10-5-10-6 Torr.
I gas ed i composti volatili a temperatura ambiente, sono introdotti nella sorgente
attraverso un glass sinter e procedono fino alla sorgente in un tubo di vetro alla
pressione di 10-6 Torr. Questo genere di sistema di introduzione del campione è
chiamato “ cold inlets”.
Funzionano allo stesso modo gli “ hot inlets”, il campione è però riscaldato alla
temperatura di 300°C, permettendo così la volatilizzazione di molti composti. Tutto il
sistema è un vetro, in quanto la presenza di un metallo lavorando ad alte temperature,
potrebbe catalizzare reazioni di decomposizione dell’analita.
Un altro metodo alternativo è quello di utilizzare un “septum inlet”, costituito da
un serbatoio riscaldato in acciaio inossidabile, in cui il campione è iniettato allo stato
liquido via septum. Tenuto a bassa pressione ed alta temperatura, il campione è
vaporizzato e diffuso nella sorgente per mezzo di un sistema di valvole.
L’inconveniente è che però non tutti i campioni possono essere vaporizzati ad alte
temperature, perché sono suscettibili a degradare, vengono perciò introdotti nello
strumento mediante un probe passando attraverso una zona tenuta sotto vuoto da
poter originare una vaporizzazione dell’analita in maniera soft. Questo genere di
immissione del campione è comunemente usato in combinazione con tecniche di
ionizzazione mild come FAB(Fast Atom Bombardment) e DI ( Desorption
Ionizzation).
Un altro sistema è quello di introduzione diretta, identificato come DIS da “direct
inlet system”.
Esso è costituito da un’asta metallica detta sonda o “probe” sulla cui estremità vi
è un alloggiamento per depositare il campione. Tale alloggiamento è di varie forme in
funzione del tipo di ionizzazione in uso; può essere riscaldato fino a 400°C , o
eventualmente raffreddato al di sotto della temperatura ambiente. Tale sistema di
introduzione viene impiegato per campioni da analizzare direttamente senza alcuna
preventiva separazione analitica, cioè per campione generalmente puri.
Per miscele complesse si può ricorrere alla preventiva separazione mediante
gascromatografia (GC) o cromatografia liquida a alte prestazioni ( HPLC o LC); in
questi casi il sistema d’introduzione è una vera interfaccia tra le due strumentazioni la
cui funzione è quella di rendere compatibile l’abbinamento di sistema cromatografici,
che funzionano sotto pressione con lo spettrometro di massa, che funzione sotto
vuoto spinto. La gascromatografia viene utilizzata per miscele gassose, mentre nel
caso di soluzioni ci si avvale dell’uso di LC o HPLC.
Sono tipiche interfacce per collegamento GC – MS:
A) il separatore a getto (o di Rihaghe);
B) l’interfaccia open-split.
Ma nel GC-MS si può eliminare l’impiego dell’interfaccia quando si utilizzano
colonne capillari con diametri interni di qualche decimo di millimetro. Infatti, queste
colonne richiedono flussi di gas di trasporto dell’ordine di 1-2 ml/min che sono
compatibili con gli attuali sistemi di pompaggio senza che il vuoto operativo nello
spettrometro di massa sia compromesso.
Mentre tipiche interfaccia per il collegamento HPLC-MS (oLC-MS) sono la “particle
beam”, la “thermospray” e la “ electrospray”. La termospray e l’electrospray
rappresentano però anche due specifici metodi di ionizzazione a pressione
atmosferica (API = atmospheric pressare ionizzation).
3.2 La sorgente ionica
La sorgente ionica rappresenta quella parte dell’apparecchiatura in cui molecole
gassose, liquide o solide vengono trasformate in ioni desolvatati in fase gassose.
Generalmente è una zona ben delimitata dove gli ioni, appena formati, risiedono
brevissimamente prima di essere spinti verso l’analizzatore. Nella sorgente ionica
avvengono anche quei processi di frammentazione spontanei,consecutivi o
competitivi, dello ione molecolare o degli ioni frammento che portano alla
formazione di un certo numero di specie ioniche, a definiti valori di m/z, che
costituiscono lo spettro di massa. Gli ioni, quando si formano, vengono inviati
all’analizzatore sotto forma di un fascio ionico ben focalizzato, fanno parte perciò
della sorgente anche una serie di elettrodi che servono ad accelerare gli ioni ed a
focalizzare il fascio risultante. Quindi la sorgente ionica è costituita da:
• la camera di ionizzazione che rappresenta l’ambiente più o meno chiuso
all’interno del quale avviene il processo di ionizzazione vero e proprio;
• gli elettrodi che generano i campi elettrici e servono ad accelerare e dirigere gli
ioni.
Generalmente, prima di entrare nell’analizzatore, il fascio ionico viene in parte
intercettato da un elettrodo che genera una corrente chiamata “corrente ionica totale”
o TIC (total ion current). Questa corrente è proporzionale alla quantità di ioni
raccolti,i quali sono a loro volta proporzionali alla quantità di sostanze che si trova in
quel momento nella sorgente e soggetta al processo di ionizzazione. Nel caso di
scansioni continue, la TIC può essere anche generata dal sistema di acquisizione ed
elaborazione dati sommando le intensità di tutti i picchi registrati negli spettri di
massa. Nel caso di analisi GC-MS ed HPLC-MS il profilo della TIC è solitamente
sovrapponibile al cromatogramma ottenuto con i rilevatori cromatografici classici.
Esistono diversi tipi di sorgenti ioniche, queste vengono scelte in funzione delle
caratteristiche chimico-fisiche dell’analita e che perciò sfruttano principi fisici diversi
per generare ioni gassose da molecole neutre.
La sorgente a ionizzazione elettronica (EI), detta anche ad impatto elettronico, è il
metodo più diffuso e per lo più viene usato per specie volatili o bassobollenti.
Le molecole neutre vengono introdotte tramite un sistema di introduzione e devono
essere già in fase gassose per avvenire la ionizzazione. La ionizzazione avviene per
interazione con un fascio di elettroni ad alta energia emessi per effetti termoelettrico
da un filamento ed accelerati da una trappola posta ad una differenza di potenziale di
70 eV; gli elettroni di bombardamento acquistano così un’energia di 70 eV. Questo
fascio di elettroni di bombardamento si muove su un percorso a spirale per effetto del
campo magnetico locale generato da due piccoli magneti,aumentando così la
probabilità di interazione degli elettroni con le molecole neutre. L’elettrone in
movimento può essere considerato come un pacchetto di energia presentando un
movimento ondulatorio analogo a quello di un fotone; durante l’approccio
elettrone/molecola il campo elettrico dell’onda e il campo magnetico della molecola
si modificano mutuamente. In seguito al processo di ionizzazione si innescano una
serie di processi di frammentazioni unimolecolare; questa interazione tra l’elettrone
di bombardamento e le molecole gassose M dell’analita può essere illustrata come
segue:M, la molecola generica, interagisce con uno elettrone, il quale contiene una
energia maggiore rispetto a quella di ionizzazione della molecola stessa. L’impatto è
tale da permettere all’elettrone di trasferire alla specie neutra una quantità sufficiente
di energia da poter eccitare la molecola. E’ possibile che l’interazione possa portare
alla formazione di una specie eccitata, in cui il trasferimento di energia comporta il
passaggio di un elettrone da un orbitale interno ad uno esterno della molecola:
M + eM + e-
M + e-
M* + eM+. + 2 e-
M-.
L’energia degli elettroni di bombardamento è molto più grande dell’energia di un
normale legame chimico ed inoltre l’interazione elettronica genera uno ione
molecolare radicalico in uno stato fortemente eccitato, per cui esso può, a volte,
decomporsi prima di essere rivelato per ciò viene considerato un metodo di
ionizzazione hard.
La ionizzazione chimica (CI) è concettualmente simile a quella EI, ma,a
differenza di quest’ultima, la pressione nella camera di ionizzazione della sorgente
viene mantenuta a un valore compreso tra 0,1 Torr e 2,0 Torr per introduzione di un
gas reagente5,6,7 che può essere metano, isobutano, ammoniaca oppure idrogeno che
portano rispettivamente alla formazione di ioni secondari del tipo CH5+,C4H9+,NH4+ e
H3+.
A questa pressione la probabilità d’impatto è molto più elevata e genera nella camera
di ionizzazione un plasma con una composizione ben definita.
Così, prima di lasciare la camera di collisione, gli ioni hanno subito vari urti. Il gas
reagente, A, viene ionizzato per mezzo di un fascio di elettroni portando alla specie
A.+ (ionizzazione primaria):
A + e - → (A+.)* + 2e
(A+.)* + A → A+. + A*
Questa specie attraverso una serie di condizioni trasferisce energia alle molecole di
gas ancora neutre così che l’energia traslazionale, vibrazionale e rotazionale è
equilibrata e gli ioni formatisi alla prima ionizzazione, sono considerati possedere
l’equivalente energetico corrispondente all’energia dello stato fondamentale della
specie alla temperatura della sorgente.
Segue, poi, la formazione di ioni secondari, del tipo [A+H]+ ed [A-H]+, in queste
specie il gas reagente cattura o perde un protone
caricandosi in entrambi i casi positivamente:
A+. + A → (A+H)+ + (A-H)+
Queste specie sono in grado di cedere un protone all’analita portando così alla
formazione di specie cariche (ione molecolare protonato o deidrurato).
(A+H)+ + M → (M+H)+ + A
(A+H)+ + M → (M-H)+ + (A+2H)
L’ipotesi che possa avvenire la ionizzazione diretta di M è del tutto improbabile in
quanto il numero di molecole del campione è irrilevante rispetto alla quantità di
molecole del gas reagente. Invece,gli ioni secondari sono acidi forti di Lewis inclini
perciò a donare un protone al campione producendo così gli ioni quasi –molecolari,
cioè ioni terziari protonati.
Se, però, la molecola M è sprovvista di un sito basico, piuttosto che protonarsi questa
specie tenderà a perdere un protone. Lo ione quasi-molecolare presenta una scarsa
tendenza a frammentare.
In quanto l’energia trasferita nel processo è pari alla differenza di affinità protonica
della base coniugata ed è dell’ordine di pochi eV. La ionizzazione chimica presenta
l’unico svantaggio che è quello di richiedere, come per la ionizzazione elettronica,
l’iniziale vaporizzazione del campione, però questo processo non è possibile per
sostanze polari o termicamente instabili oppure per molecole ad alto peso molecolare.
Inoltre, se si confronta uno specchio di massa ottenuto per ionizzazione elettronica ed
uno per ionizzazione chimica, quest’ultimo presenterà un minor numero di segnali.
Per la ionizzazione di specie non volatili e tremolabili una delle tecniche
recentemente sviluppate è il FAB8,9,10 (Fast Atom Bombardment) questa tecnica non
richiede una volatilizzazione delle molecole neutre prima che avvenga la
ionizzazione, infatti, il campione viene utilizzato direttamente allo stato solido,
inoltre trova una vasta applicazione per molecole grandi polari, ioniche o
termicamente instabili in modo particolare per biomolecole come i peptidi e gli
oligonucleotidi. In una sorgente FAB il campione è aggiunto direttamente ad una
matrice viscosa (glicerolo, tioglicerolo, dietanolammina, nitrobenzilalcol, etc.), un
solvente altobollente e polare che favorisce la ionizzazione e la diffusione del
campione11,12,13. La matrice deve fornire continuamente molecole non degradate dalla
radiazione ed inoltre deve essere in grado di dissipare l’energia rilasciata nell’impatto
trasferendola attraverso il target, perciò le proprietà chimico-fisico della matrice sono
coinvolte nel fenomeno dell’assorbimento degli ioni. Le caratteristiche principali di
una buona matrice devono essere: la capacità di sciogliere l’analita, la corretta
viscosità, l’adeguata tensione di vapore e l’inerzia nei confronti dell’analita.
Il campione viene prima sciolto in un solvente volatile, poi mescolato con la
matrice, quindi deposto su un probe e sottoforma di film sarà bombardato da un
fascio di atomi veloci. La ionizzazione del campione avviene per bombardamento
con atomi veloci (atomi neutri ma dotati di una grande quantità di energia) di un gas
inerte (elio,argon o xenon), o anche con gli ioni veloci di cesio.
Un fascio di ioni del tipo Xe.+ può esser prodotto per ionizzazione degli atomi di
Xenon, e così accelerato mediante l’utilizzo di un campo elettrico di circa 6-8 KV:
Questo flusso di atomi veloci è diretto in una camera di collisione contenente Xenon
neutro, in cui avviene uno scontro tra le particelle cariche e le particelle neutre del
gas con conseguenze trasferimento d’energia. Si origina così un fascio di atomi veloci
e neutri che manterrà la stessa direzione ed energia cinetica degli ioni originari ed
andrà a colpire il (plate) su cui e stratificato il campione:
Xe+. + Xe
(Fast)
(Thermal)
Xe + Xe+.
(Fast)
(Thermal)
Sul plate colpito è depositato il film matrice/analista. Nell’impatto tra il fascio
d’atomi veloci e l’analita avviene un trasferimento di energia dagli atomi di Xenon
alla miscela matrice/ analista; così una parte dell’analita subisce la ionizzazione
grazie all’acquisto di un protone della matrice. Gli ioni dell’analita vengono desorbiti
dalla superficie e accelerati verso l’analizzatore, per poter essere separati. In questo
processo di “sputtering”, conseguente al bombardamento, si ritrovano in fase gassosa
ioni positivi e negativi dell’analita e della matrice, addotti carichi dell’analita con la
matrice, radicali, molecole e cluster neutri , etc.
Gli ioni positivi o negativi, secondo la polarità della sorgente, possono essere
accelerati e focalizzati nell’analizzatore come fascio di ioni secondari,essendo, questi
ultimi, nel caso del bombardamento con ioni cesio, il fascio di ioni principali. Però,
la presenza della matrice comporta un inconveniente in quanto questa ionizza con il
campione perciò nel background dello spettro si avranno sicuramente dei segnali
dovuti alla ionizzazione della matrice. E’, comunque, possibile ovviare a questo
inconveniente
in
quanto
l’operatore,
conoscendo
la
matrice
utilizzata
nell’esperimento, è in grado di distinguere i picchi relativi alla matrice e quelli
specifici del campione. Gli analiti che presentano specie cariche preformate in
soluzione forniscono, generalmente,eccellenti spettri di massa FAB che, però
possono essere ottenuti anche da molecole non ionizzate in soluzioni. Sia composti
neutri che polielettroliti ( peptici, nucleotidi, etc) forniscono sempre per ionizzazione
FAB uno spettro di massa molto semplice, molto spesso costituito dai segnali relativi
soltanto al cluster dello ione molecolare protonato.
La sorgente MALDI (Matrix-Assister Laser Desorppion Ionization) è una tecnica di
desorbimento
che
utilizza
i
fotoni
quali
particelle
responsabili
della
ionizzazione14,15,16. In questa sorgente viene utilizzata una matrice solida attiva
capace di catturare l’energia dei fotoni di un raggio laser e di trasferirla all’analita
presente nel deposito cristallino portando alla ionizzazione dello stesso.
Generalmente la matrice è una molecole organica UV assorbente: all’acido transsinapinico (oppure l’acido 3-idrossipicolinico,o l’acido α-ciano-4-idrossicinamico) 50
nM viene aggiunto l’analita in modo da avere una concentrazione di 1 pmoli/µl ed un
rapporto campione/matrice di 1/1000.
Pochi microliti di questa miscela vengono depositati su un plate e lasciati ad
essiccare fino ad ottenere una completa cristallizzazione e quindi poi inseriti nello
spettrometro di massa. La matrice funge da solvente per le molecole di analista
separando l’una dall’altra, ed inoltre riduce le forti interazione intermolecolari
(matrix isolation) minimizzando la formazione di cluster. La matrice si cristallizza e
crea una specie di struttura a reticolo, con un infinito numero di cavità in cui
l’analita si dispone. Questa, quando viene colpita dall’irradiazione laser, assorbe
quasi tutta l’energia limitando, in questo modo, l’irradiazione diretta del campione.
L’energia che viene assorbita dalle molecole di matrice all’interno del cristallo,
viene trasformata in eccitazione elettronica creando così una transizione di stato dal
fase solida dalla fase gassosa; questo processo è noto come “stato di plume”:
( M + H )+ + A
M + (A + H )+
( M - H )- + A
-
Plume
M + (A - H )
Insieme al desorbimento del campione avviene la volatilizzazione di piccole
molecole come H2O e CO2. In genere questa tecnica MALDI viene associata a
spettrometri basati sul principio del tempo di volo (Time of Flight, TOF). Il TOF
invece di adoperare una deflessione magnetica, opera un’accelerazione lineare che
può essere monitorata e studiata.
La separazione degli ioni avviene in base al tempo necessario per compiere un
determinato percorso.
Con questo metodo di ionizzazione è possibile desorbire in fase gassosa molecole
fino a 500 KDa (grandi molecole non volatili come peptidi, proteine, oligonucleotidi,
polisaccaridi e polimeri sintetici).
Le matrice utilizzate sono tutte organiche in quanto sono molecole che generano
la migliore co-cristallizzazione matrice /analita.Come nel FAB si avranno ioni
molecolari protonati (ioni positivi) o deprotonati ( ioni negativi) ed addotti con sali e
con la matrice. La caratteristica di tale sorgente ionica è quella di funzionare in
maniera discontinua secondo gli impulsi del raggio laser, ecco perché essa necessita
di particolari analizzatori come quello a tempo di volo (MALDI-TOF) o di rivelatori
particolari come quello a piano focale.
La sorgente APCI è generalmente utilizzata per composti polari e ionici che
possiedono un peso molecolare di circa 1500.I composti polari vengono
comunemente ionizzati mediante scarica a corona18 o per mezzo di particelle
radioattive β emesse da 63Ni19.
La scarica a corona è una sorgente molto sensibile permettendo una ionizzazione
quantitativa efficiente ed inoltre viene solitamente utilizzata combinata a spettrometri
dotati di quadrupolo.
La soluzione proveniente dalla HPLC o da una iniezione in flusso (Flow Injection
Analysis, FIA) fluisce entro un capillare inserito in un nebulizzatore coassiale. Un
gas ausiliario, in genere aria, viene aggiunto per ottimizzare le condizioni per la
ionizzazione chimica, il gas reagente deve esser sempre in forte eccesso rispetto al
campione da ionizzare, e in questo caso gli ioni primari provenienti dalla
ionizzazione dell’aria vano a ionizzare il solvente per formare gli effettivi ioni
reagenti. Quindi l’aria deve essere in forte eccesso rispetto al solvente affinché abbia
una buona efficienza. La miscela di aria e soluzione nebulizzata attraversa così una
zona riscaldata che favorisce l’evaporazione del solvente. Nonostante la temperatura
relativamente alta del riscaldatore (400-500 °C) la degradazione termica è minima in
quanto il calore fornito viene utilizzato per la vaporizzazione del solvente, che agisce
da volano termico, e la temperatura del campione non supera in genere i 100-120 °C
e comunque per un tempo molto breve. Un elettrodo ad ago tenuto a potenziale
elevato (5-6 KV), posizionato fra l’uscita del nebulizzatore riscaldato e l’interfaccia
con la camera dell’analizzatore,fruisce la scarica ad effetto corona, con l’interfaccia
stesso che agisce da controelettrodo.
La corrente di scarica viene mantenuta a 2-3 µA e richiede un controllo piuttosto
accurato, in quanto correnti più elevate potrebbero generare l’innesco di un arco con
una possibile esposizione visto che ci si trova in presenza di una miscela aria-solvente
organico.
La scarica ad effetto corona ionizza l’aria producendo gli ioni primari che sono
principalmente N2+, O2+, M2O+ e NO+ ( in modalità ioni positivi) oppure O2-, O - ,
NO2 -, NO3-, O3- e CO3- (in modalità ioni negativi). Gli ioni primari reagiscono molto
rapidamente, entro 10-6sec, trasformando la loro carica alle molecole di solvente per
produrre gli ioni reagenti per la ionizzazione chimica e i quali producono infine gli
ioni quasi-molecolari mediante reazioni di trasferimento di carica o scambio di
protoni.
Esattamente accade che gli ioni primari (N2+., O2+., H2O+., etc) collidono con le
molecole di acqua vaporizzata per formare i cluster del tipo H3O+(H2O)n, chiamati
ioni secondari, in grado di in interagire con campione M:
M + H3O+(H2O)n → [M + H + MH2O]+ + (n-m +1)H2O
Il tempo di reazione totale è intorno ai 5x10-4 sec.
In generale si osserva la formazione di ioni [M+H]+ in ioni positivi e [M-H]- in
ioni negativi. Inoltre la formazione di ioni addotto non è molto pronunciata in APCI.
Una volta formati gli ioni dell’analita e questi vengono guidati dai campi elettrici
generati tra l’ago di scarica (con potenziali di 4-5 KV), la lente di interfaccia e le
rimanenti parti dello spettrometro di massa. Una coltre di gas inerte(azoto) impedisce
alle sostanze neutre di entrare nell’analizzatore e, nello stesso tempo, favorisce il
processo di desolvatazione che produce ioni liberi dalle loro forme solvatate.
In definitiva i vantaggi della APCI possono essere riassunti come segni essa produce
spettri del tipo CI con la possibilità di ottenere il peso molecolare, è adotta l’analisi di
sostanze volatili e semivolatili, è relativamente semplice da utilizzare, lavora senza
problemi con flussi di 1-2 ml/min per cui è possibile l’accoppiamento diretto con
colonne HPLC analitiche (diametro interno 4,6 mm) ed offre una sensibilità molto
elevata.
Gli svantaggi sono, per contro, piuttosto liberi: la APCI non produce in genere
frammentazione, e quindi nessuna informazione strutturale, mentre può produrre una
certa degradazione termica; inoltre l’uso di tamponi inorganici ( non volatili) può
creare problemi se con concentrazione troppo elevata ( maggiore di 5-10 mM). Il
primo svantaggio può essere risolto impiantando la APCI in uno spettrometro di
massa tandem come ad esempio un triplo quadruplo; in questo modo il problema
della mancanza di frammentazione può essere eliminato lavorando in condizioni di
MS-MS. Inoltre vi è la possibilità di impiegare il monitoraggio di frammentazione
selezionate (Selected Reaction Monitoring, SRM), la quale permette di ottenere
limiti di rivelabilità per le analisi quantitative molto buoni, pur mantenendo una
specificità molto elevata. L’impiego della MS-MS premette quindi di incrementare
ulteriormente la sensibilità con il segnale in assoluto meno intenso, questo tipo di
misure possono essere eseguite in tutte le tipiche modalità operative della
spettrometria di massa,tandem, cioè misure di ioni prodotto,misure di ioni precursori,
perdita di frammenti neutri.
La sensibilità più elevata per misure quantitative si ottiene in genere utilizzando la
tecnica SRM mentre la specificità può essere aumentata ulteriormente seguendo più
di una frammentazione.
Inoltre L’APCI è adatta per composti molto termolabili e non eccessivamente
polari, che possono essere presenti in forma ionica in soluzione, ma tipicamente non
acidi o basi forti, e comunque questa tecnica il pH non ha in genere una grossa
influenza.
In conclusione possiamo affermare che la spettrometria di massa APCI consente
l'approccio a una notevole serie di applicazioni nei campi più svariati e apre
effettivamente nuove prospettive alla ionizzazione chimica, offrendo una efficienza
di ionizzazione assai più elevata della ionizzazione chimica tradizionale. La APCI è
adatta per composti mediamente polari, ma può fornire buoni risultati con composti
molto polari, specialmente quando la fase mobile preveda l'impiego di tamponi, sia
volatili che non volatili. La APCI può essere direttamente interfacciata a colonne
analitiche HPLC standard con diametro interno di 4,6 mm, dato che essa è in grado di
accettare flussi di 1-2 ml/min. Per contro, l'impiego di colonne più piccole, come le
narrow-bore (2,1 mm) e le microbore (1 mm) non è molto consigliabile, in quanto il
flusso utilizzato con queste colonne (200 µl/min e 50 µl/min rispettivamente)
verrebbe ad essere troppo basso per una efficiente ionizzazione. In definitiva
possiamo affermare che oggi le tecniche di ionizzazione a pressione atmosferica, in
particolare la ESI e la APCI costituiscono la migliore combinazione per affrontare il
problema della spettrometria di massa interfacciata con la cromatografia liquida,
permettendo di risolvere in maniera spesso semplice ed efficace la maggior parte dei
problemi in campo biologico, farmaceutico, ambientale e così via. Infine,
l'utilizzazione di queste tecniche di ionizzazione a pressione atmosferica offre la
maggiore versatilità su uno spettrometro di massa multianalizzatore, in grado di
effettuare misure MS-MS per supplire alla scarsa frammentazione osservata in
condizioni
normali
di
ionizzazione.
È
possibile in realtà aumentare la
frammentazione anche operando in massa singola su uno strumento monoanalizzatore
modificando alcuni parametri. Più in particolare si può aumentare l'energia cinetica
degli ioni in entrata, quando si trovano in una zona a pressione relativamente elevata.
In questo modo si inducono collisioni più energetiche con il gas inerte che entra
assieme agli ioni, e queste collisioni inducono una certa frammentazione. La
versatilità è comunque nettamente inferiore alla vera MS-MS, in quanto si può
operare solo in modalità ioni prodotto, e occorre tenere presente che in questo modo
si genera la frammentazione di tutto quello che si trova in sorgente in quel momento:
occorre un efficiente stadio di separazione per essere sicuri di ionizzare un
componente puro. Il segnale di corrente ionica ottenuto in queste condizioni sarà più
elevato, ma il rumore chimico non viene eliminato come nella MS-MS.
L’elettrospray ionization, ESI, è un semplice metodo per analizzare piccole e grandi
molecole ed opera a pressione atmosferica ed a temperature moderate. E’ una delle
metodologie principali per ionizzare peptidi e proteine ed è perciò particolarmente
adatta a molecole non volatili e termicamente poco stabili. In questo tipo di
esperimento, una soluzione contenente l’analità viene fatta passar attraverso un
capillare20. All’estremità opposta del capillare la soluzione iniettata viene nebulizzata
per la contemporanea azione di un getto di aria compressa e dell’applicazione di un
elevato voltaggio (5000/6000 V per l’analisi in positivo oppure 5000-6000 V nel caso
di analisi in negativo).
Se il potenziale è positivo, gli ioni positivi, in soluzioni, si accumuleranno sulla
superficie delle gocce, le quali seguiranno il percorso stabilito dal “cono di Taylor” :
Il diametro delle gocce, che si sono formate, dipende da vari fattori come l’intensità
del potenziale applicato, la velocità con cui scorre il flusso di soluzione e la proprietà
del solvente21. Quindi le gocce attraversano un gradiente di potenziale e pressione,
che induce una risoluzione del diametro per desolvatazione, cioè perdita del solvente,
queste poi decrescono sino al fenomeno d’esplosione di Coulomb, quando
praticamente il diametro delle gocce è talmente piccolo (limite di Rayleight), che la
forza repulsiva tra le cariche (vicine tra loro) supera la tensione superficiale delle
gocce
In questo modo il campione viene ionizzato mediante l’esplosione coulombica delle
goccioline di nebulizzato e quindi posto nelle condizioni ottimali per essere
analizzato. Gli ioni sono accelerati dal campo elettrico prodotto dal voltaggio di circa
5000V applicato fra la punta del capillare e una piastra sullo strumento. Questi ioni
accelerati entrano nello strumento attraverso un orifizio e transitano veruna camera
interfaccia nella quale fluisce N2 (gas tampone) all’altro lato di questa camera si trova
il micro orifizio che da accesso alla parte dello strumento sotto vuoto spinto, tra i due
orifici viene applicato un voltaggio di 40-150 mV (parametro OR regolabile dal
programma di controllo ed acquisizione dati). Maggiore è il voltaggio maggiore è
l’accelerazione subita dagli ioni del campione, inoltre maggiora sarà la forza cinetica
delle collisioni fra questi e le molecole di gas tampone e migliore è lo stripping di
contro-ioni e molecole di solvente da ioni di campioni transitanti. Se la collisione è
eccessivamente energetica può causare frammentazione. Nella camera ad alto vuoto
gli ioni vengono separati in base al loro rapporto massa/carica. Questo viene
effettuato da parte di uno o più quadrupoli in uno strumento ESI-Q. A.voltaggi OR
bassi (40-60 mV) si osservano preferenzialmente ioni ad alta carica, quindi bassi
valori di massa/carica, in quanto gli ioni molto carichi risentono maggiormente della
scarsa accelerazione fornita dall’OR, ma sono meno puliti perché lo stripping di
solvente, sali, etc. è meno efficiente. A voltaggi più alti (maggiori di 90 mV) aumenta
il segnale dovuto agli ioni con bassa carica e quindi alti valori di massa / carica,in
quanto il voltaggio OR è sufficientemente alto per attrarli all’olifizio interno,il
segnale risulta essere anche più pulito (stripping più efficiente) ma gli ioni più carichi
potrebbero risentire di frammentazione:
Gli ioni che vengono prodotti in fase gassosa possiedono diverse importanti
proprietà20: lo stato di carica degli ioni in fase gassosa riflette lo stato di carica della
fase condensata, anche se qualche volta può essere modificato in seguito a collisione;
il trasferimento di ioni in fase gassosa non è un processo energetico,infatti gli ioni si
“raffreddano” nello step di desolvatazione; coinvolge la scissione di legami non
covalenti comportando la perdita delle molecole di solvatazione perciò è considerata
una tecnica non spinta energeticamente e non distruttiva nei confronti del campione.
Inoltre una delle principali caratteristiche della ionizzazione mediante ESI è la
formazione degli ioni multicarica.
3.3 L’analizzatore di ioni
L’analizzatore consente di differenziare gli ioni generati in base al loro rapporto
massa/carica, poiché nella maggior parte dei casi la carica degli ioni è +1, la
separazione avviene sulla base delle rispettive masse (M/1). Le prestazioni dell’intera
apparecchiatura sono strettamente collegate con il tipo di analizzatore scelto, infatti
da esso dipende la risoluzione, l’intervallo di massa esplorabile e la sensibilità. Gli
analizzatori possono essere suddivisi in due gruppi fondamentali:
1. gli analizzatori della quantità di moto come gli analizzatori magnetici, che
separano gli ioni in funzione del prodotto mv (massa per velocità);
2. gli analizzatori dinamici, come gli analizzatori a tempo di volo ( TOF) o gli
analizzatori a trappola ionica (IT) oppure gli analizzatore a risonanza ionica
ciclotronica (ICR o FT-MS).
L’analizzatore a doppia focalizzazione (Double-focussing analyser) è dotato di
due settori,uno elettrico ed uno magnetico. Il fascio di ioni prodotto nella sorgente
viene accelerato attraverso un potenziale di 2000-8000 V, ed una serie di lenti
metalliche (dette slits) fa convergere il fascio minimizzando la dispersione degli ioni.
Il fascio di ioni attraversa una coppia di piatti metallici lisci e curvi che rappresenta il
settore elettrico a potenziale costante.
Questo campo elettrico accelera quindi gli ioni ad una velocità piuttosto elevata,
inviandoli in un condotto ricurvo, ed il campo magnetico induce una deflessione del
percorso degli ioni accelerati in base alla loro massa:
Qui le traiettorie degli ioni con diverso valore di m/z divergono: gli ioni più
leggeri seguono una curva più stretta, quelli più pesanti una curva più larga.
All’uscita del campo magnetico i fasci ionici separati seguono traiettorie rettilinei e
separati tra loro. Le leggi fisiche che stanno alla base di questo dispositivo sono
abbastanza semplici e le equazioni che governano il moto degli ioni nel campo
elettrostatico sono:
1
2
Energia cinetica : Ec = mυ 2
Forza centrifuga : Fc =
mυ 2
r
Bisogna considerare che l’energia cinetica degli ioni accelerati eguaglia l’energia
fornita dal campo elettrico:
1
m υ 2 =zV
2
dove m e la massa, v la velocità, z la carica dello ione e V e la differenza di
potenziale. Lo ione accelerato quindi acquista energia cinetica a spese del campo
elettrico. Il settore elettrostatico si limita ad uniformare l’energie traslazionali degli
ioni compensando le differenze di velocità iniziali.
La vera separazione degli ioni avviene nel settore magnetico, in quanto esso
obbliga gli ioni che lo attraversano a descrivere una traiettoria circolare. Gli ioni
dotati di energia traslazionale appena entrano nel campo magnetico vengo sottoposti
ad una forza centripeta data da:
FH = Bzv
Essa indica il potere di deflessione del campo magnetico (B) ed è direttamente
proporzionale al campo ed alla carica.
In tali condizioni affinché uno ione possa percorrere il tubo analizzatore la sua forza
centrifuga dovrà eguagliare la forza centripeta, per cui :
mv 2
=Bzv
r
Se non ci fosse questa uguaglianza lo ione colliderebbe con la parete
dell’analizzatore. Combinando le due equazione di bilancio :
1
mv 2 =zV
2
mv 2
=Bzv
r
otteniamo l’equazione fondamentale della spettrometria di massa:
m B2r 2
=
z
2v
dove per un dato valore di campo magnetico B, di potenziale V e ciascun valore del
rapporto m/z corrisponde un raggio di curvatura r. Questa equazione descrive quella
parte di ioni che raggiunge il rivelatore, la cui traiettoria corrisponde esattamente alla
curvatura del tubo. Il campo elettrico e il campo magnetico non sono costanti ma
variano alternativamente nel tempo in modo da raggiungere quell’equilibrio che
permetterà al maggior numero possibile di ioni di passare nel rivelatore. Quindi per
avere uno spettro completo bisogna cambiare il valore di B in maniera tale che sulla
fenditura di uscita vengono fatti arrivare in sequenza tutti i fasci ionici separati dal
campo magnetico. Per ottenere uno spettro di massa, quindi, si deve effettuare una
scansione magnetica la cui velocità si misura in secondi/decade. Per misure
quantitative,invece ,la corrente magnetica viene selezionata per trasmettere al
rivelatore un solo ione specifico della sostanza da indagare; in questo caso si parla di
scansioni di ioni selezionati (SIM, selected ion monitoring). Gli analizzatori
magnetici possono essere utilizzati da soli ,in questo caso si parla di strumenti a
singolo fuoco ( o a focalizzazione singola) che però hanno una bassa risoluzione
dovuta alla dispersione degli ioni prodotti nella sorgente. Mentre in combinazione
con un analizzatore elettrostatico (spettrometri di massa a doppio fuoco o doppia
focalizzazione) aumenta la risoluzione sino a 16000 m/z. Esiste, inoltre, un’altra
classe di analizzatori detti ”a geometria inversa” , dove il campo magnetico precede il
campo elettrico in questo caso il maggior vantaggio è dato dalla possibilità di
eseguire spettri MIKE.
Il quadrupolo è un filtro di massa che funziona in maniera completamente diversa
rispetto agli analizzatori magnetici ed elettrici.
Questo analizzatore è schematicamente costituito da un insieme di quattro barre
di acciaio, poste a distanza 2r0, di sezione iperbolica o circolare, simmetricamente,
accuratamente ed opportunamente distanziate tra loro lungo l’asse z (perpendicolare
al piano del foglio), con le quali si crea un campo elettrodinamico quadrupolare
applicando a ciascuna coppia di barre opposte una corrente continua U ed una
radiofrequenza Vcosωt in opposizione di fase.
dove V è l’ampiezza massima,ω è la frequenza del voltaggio a radiofrequenze e t è il
tempo. Quando gli ioni vengono espulsi dalla sorgente ionica arrivano al quadrupolo
mediante un piccolo potenziale di 5 V, che permette loro di accelerare ed influenzati
dai campi elettrici combinati seguono traiettorie complesse22,23. E’ così possibile
ottenere due equazioni dei parametri au e qu:
au = (8eU)/(mr02ω2)
qu = (4eV)/(mr02ω2)
Con au e qu parametri relazionati alle ampiezze dei potenziali, e dove col pedice u si
indica il moto sul piano radiale xy e in direzione assiale z. I valori ottenuti da au e qu
indicano se gli ioni occupano la zona di stabilità definita dall’equazione di Mathieu:
(d2u/dξ2)+(au-2qucos 2ξ)u = 0
è una equazione non lineare che descrive la vibrazione nel piano xy e la traslazione
lungo z, secondo la quale, fissato il valore di ω e la massa m dello ione, il moto dello
ione diventa stabile solo quando i valori di U e di V si trovano nella regione di
stabilità (una regione specifica). Quindi la traiettoria degli ioni è stabile e arriveranno
al detector quando le oscillazioni
di questi ioni
nell’analizzatore quadrupolare
hanno ampiezza finita. Se, invece, le oscillazioni sono instabili ed hanno ampiezza
infinita, allora in questo caso gli ioni saranno soggetti ad urti e collideranno con la
barre del quadrupolo.
Diagrammando i valori di au e qu si ottiene un diagramma di stabilità che descrive
precisamente la zona di stabilità individuata dall’equazione di Mathieu :
Se si diagramma U e V al posto di au e qu , si ottiene una
rappresentazione grafica della stabilità per ioni con masse differenti:
La forma del grafico è uguale a quella della figura precedente, solo che in questo
caso si avrà una diversa zona di stabilità per ogni diverso rapporto massa /carica. La
retta che attraversa l’intero grafico è la linea di scansione, facendo una scansione di U
e di V lungo questa ogni ione passa il quadrupolo (filtro di massa)24 quando U e V
sono nella regione di stabilità della sua massa. Quindi questo genere di scansione
permette una separazione degli ioni in base alla massa, infatti, in ogni punto della
scansione, solo lo ione con massa appropriata sarà emesso dall’analizzatore per
giungere al detector; mentre gli ioni che ricadono nella zona di instabilità verranno
esclusi dal sistema. Lo spettro di massa viene così ottenuto variando i voltaggi e
mantenendo, però, costante il rapporto tra la corrente continua e la radiofrequenza.
Per questo tipo di analizzatore la scala delle masse è lineare rispetto al tempo e la
risoluzione può essere relativamente aumentata operando con un rapporto 2U/V
quando più è prossimo all’apice del triangolo di stabilità. Però in questo modo un
piccolo numero di ioni è stabile nel campo quadrupolare, quindi la sensibilità
diminuisce con l’aumentare della risoluzione. L’analizzatore quadrupolare è perciò
un tipo di analizzatore in bassa risoluzione, ma la sua diffusione è dovuta al costo
limitato, al facile controllo e gestione mediante data system, alle ridotte difficoltà di
collegamento con sorgenti ioniche di varia natura ed alla facilità d’uso.
La trappola ionica è un analizzatore simile a quello quadrupolare; tutti gli ioni
generati vengono rilasciati progressivamente verso il rivelatore,facendo variare il
campo elettrico25,26,27,28. Questa separazione di ioni avviene sfruttando la quarta
dimensione, cioè il tempo.
Due elettrodi del quadrupolo sono chiamati end e caps, mentre gli altri due sono
rappresentati da un elettrodo ad anello, perciò è considerato un sistema a tre
elettrodi29. Gli elettrodi end caps sono messi a terra oppure tenuti a un potenziale dc o
ac, mentre all’elettrodo ad anello è applicato un potenziale sinusoidale rf. Il campo
elettrico che si genera intrappola gli ioni all’interno della cavità: gli ioni che
possiedono una traiettoria stabile vengono momentaneamente trattenuti nella
trappola, mentre gli ioni che presentano una traiettoria instabile saranno espulsi.
Anche in questo caso la stabilità dipende dai parametri:
az = -2ax = -2ay = (-8eU)/(mr02ω2)
qz = -2qx = -2qy = (-4eV)/(mr02ω2)
Che descrivono il moto lungo le direzioni x, y e z; dove r0 è il raggio dell’elettrodo ad
anello. Lo stesso vale per il diagramma di stabilità: gli ioniche cadono nella regione
di stabilità hanno traiettorie stabili e rimangono intrappolati nell’analizzatore, mentre
gli ioni che si trovano sul confine della regione di stabilità, nelle
appropriate
condizioni di potenziale, vengono emessi ed investigati dal detector.
La maniera consueta di operare è:
• creare un gruppo di ioni nella sorgente;
• intrappolarli nell’ion trap;
• variare il potenziale rf in modo da espellere sequenzialmente gli ioni in base al
loro rapporto massa / carica.
La trappola ionica lavora ad una pressione di circa 10-3 Torr, grazie alla presenza
del “bath gas” (generalmente Elio) si migliora notevolmente la risoluzione e la
sensibilità,in quanto gli ioni vengono immobilizzati dal gas a causa di collisioni ionigas, nella trappola, che riducono l’ampiezza e la velocità del moto degli ioni. Ecco
perché gli ioni rimangono intrappolati nel sistema e solo quando ad un certo
potenziale rf acquisteranno energia molto velocemente e si allontaneranno dalla
trappola in piccoli gruppi. Un vantaggio nell’utilizzare la trappola ionica è la
possibilità di effettuare esperimenti MS/MS: si può operare in modo da espellere tutti
gli ioni tranne uno,dotato di un particolare rapporto m/z, ed utilizzando il bath gas si
induce un’ulteriore frammentazione del singolo ione. Questa tecnica è nota come
CID (Collision-Induced Dissociation), e può essere ripetuto più volte nel tempo,
eseguendo così esperimenti MSn.
L’ analizzatore a tempo di volo (TOF,Time of Flight) è uno strumento abbastanza
semplice ed è generalmente combinato con sorgenti MALDI30. E’ costituito da un
tubo di deriva collegato da una parte alla sorgente e dall’altra al rivelatore. Gli ioni
prodotti nella sorgente vengono accelerati con la stessa energia potenziale (V) per cui
la loro energia cinetica (1/2mv2) è la stessa.
La velocità, v, di uno ione è:
v=
2 zeV
m
la velocità dello ione dipende dalla massa, così che se un gruppo di ioni è accelerato,
ed attraversa una regione dello spettrometro priva di campi, gli ioni arriveranno al
detector con tempi differenziati, in dipendenza delle relative velocità.
Ciò significa che ioni con massa più alta sono caratterizzati da una velocità più bassa
rispetto a quelli a massa minore; cioè al rivelatore posto alla fine del tubo di volo
arriveranno prima gli ioni più veloci ad m/z più bassi e poi gli ioni più lenti ad m/z
più alti e, quindi, il valore viene individuato dal tempo (misurato in microsecondi)
impiegato a raggiungere il rivelatore.
Se la regione priva di campi (la zona di deriva, drift region) ha lunghezza D, visto che
t = D/v, gli ioni arriveranno al detector con tempi di volo t che sono proporzionali
alla radice quadrata della propria massa:
t=
mD
2 zeV
Se però ioni aventi la stessa massa non arrivano in ugual tempo si perde in
risoluzione. Per ovviare a ciò è stato introdotto il reflectron31 (uno specchio per
ioni,ion mirror), in cui all’interno del mirror viene applicato un campo elettrico
omogeneo. La presenza di questo campo ritarda e riflette gli ioni: gli ioni che
possiedono la stessa massa, però dotati di un piccolo eccesso di energia cinetica,
penetreranno più a fondo nel campo elettrico ritardante, rispetto agli altri ioni
corrispondenti che presentano minore energia.
Negli analizzatori a risonanza ionica ciclotronica (FT ICR), gli ioni generati in una
sorgente vengono intrappolati in una cella cubica in cui per opera di un campo
magnetico elevatissimo (criomagneti: 4-12 Tesla) unitamente ad una campo elettrico,
assumono un’orbita elicoidale con frequenza dipendente dal rapporto m/z. Questo
tipo di analizzatore è al momento al top della tecnologia, ad alta sensibilità,
accuratezza ed a potere risolutivo elevatissimo (105-107).
3.4 Il rivelatore di ioni
Senza un adatto sistema di rivelazione, l’informazione portata da sorgenti ed
analizzatori non potrebbe essere registrata. La maggioranza dei rivelatori funziona ad
impatto ionico o per cattura ionica, ma tutti i tipi richiedono una superficie che
raccolga gli ioni e dove la carica venga neutralizzata sia per la raccolta sia per
donazione di elettroni. Si realizza quindi un trasferimento di elettroni ed un flusso di
corrente che può essere amplificato ed infine convertito in un segnale registrabile su
carta o processabile da un computer. Gli ioni prodotti nella sorgente e separati
dall’analizzatore, in funzione del rapporto m/z, raggiungono il rivelatore con correnti
ioniche che vanno da 10-9 A a 10-17 A. Esistono quattro diversi modi per investigare
gli ioni e generare da essi una corrente elettrica che sia proporzionale alla loro
abbondanza: il moltiplicatore elettrico, il Daly detector, il Faraday-cup e i vari focal
plane detector32.
Il detecotor più comune è il moltiplicatore elettrico che è costituito da una serie di
dinodi (elettrodi), dieci o venti, di una lega rame-berillio. Questi, se colpiti da una
particella, hanno la caratteristica di emettere più di un elettrone. Così quando gli ioni,
in rapido movimento, impattano sul primo dinodo di conversione si ha l’emissione di
due elettroni per ione, se il fattore di conversione del dinodo è due. I due elettroni
emessi, accelerati da un potenziale elettrico, impattano sul secondo dinodo
producendo l’emissione di quattro elettroni, e così via. Questo effetto a cascata
continua lungo l’intera serie di dinodi dando un guadagno in corrente elettrica
nell’ordine di 104-108. L’ultimo dinodo è collegato con un pre-amplificatore che
converte la corrente in voltaggio utile per essere amplificato e registrato con un
registratore veloce o digitalizzato ed acquisito mediante un’opportuna data system.
Esiste una variante di questo che è il CEM (Channel Electron Multiplier) cioè un
moltiplicatore elettrico a tubo costituito da una sola bobina dove i dinodi discreti
sono sostituiti da un dinodo continuo. All’interno del CEM gli elettroni collidono
continuamente contro le pareti interne del moltiplicatore producendo sempre più
elettroni. Il guadagno energetico che si ottiene con questa tecnica è simile a quello
prodotto dal moltiplicatore elettronico tradizionale.
L’altro tipo di detector è detto Daly ed è un rivelatore elettro-ottico che utilizza dei
moltiplicatori di elettroni microcanalizzati con un guadagno energetico di circa 104.
Questo è costituito da un plate su cui impatta un fascio di ioni, provocando,anche in
questo caso,un rilascio di elettroni. Gli elettroni così prodotti impattano su di uno
schermo al fosforo che emette fotoni, vengono poi trasmessi via fibre ottiche ad una
schiera di fotodiodi (photodiode array) composto da 1024 sensori separati montati in
un array lineare. In questo modo è possibile la registrazione simultanei degli ioni in
un ampio intervallo di massa in modo da aumentare di oltre 100 volte la sensibilità;
inoltre questo rivelatore è utilizzato particolarmente per l’investigazione di prodotti
ionici generati da ioni metastabili.
Il Faraday cup è un detector costituito da un plate di metallo, su cui impatta un
fascio di ioni, connesso a terra per mezzo di un resistore. Su tale plate avviene la
neutralizzazione della carica
degli ioni quando questi lo colpiscono generando, così un flusso di corrente attraverso
il resistore. Dalla stima della corrente è possibile risalire all’abbondanza degli ioni.
Spesso il plate è sostituito da una tazza che è più efficiente in quanto cattura gli
elettroni che sono emessi nell’impatto tra ioni e detector questi elettroni amplificano
ulteriormente il segnale. Gli unici svantaggi che possiede il sistema è la perdita di
sensibilità, rispetto ai rivelatori elettronici ed una certa lentezza nel raccoglimento
dei dati.
Il detector focal plane è caratterizzato da una lastra fotografica, quando gli ioni
impattano sulla lastra, le bande che ne risultano sono rivelate mediante uno sviluppo
fotografico. Questo metodo è abbastanza sensibile poiché tutti gli ioni sono
investigati simultaneamente. L’unico inconveniente del plate fotografico è
l’impossibilità di essere connesso direttamente al computer, infatti le bande su lastra
fotografica devono essere convertite nei rispettivi segnali elettrici mediante l’utilizzo
di microdensitometri.
4- Spettrometri ibridi
Se si combina un sistema quadrupolare prima di un analizzatore TOF ortogonale si
realizza uno “spettrometro ibrido”che permette di eseguire esperimenti del tipo
MS/MS in modo abbastanza semplice, come nel caso del QqTOF33,34. Nel QqTOF, la
lettera maiuscola, Q, indica l’analizzatore quadrupolare, mentre la lettera minuscola,
q, si riferisce ad una camera di reazione. Con questo sistema ibrido nel primo settore
Q si ha una prima selezione degli ioni. Gli ioni selezionati si frammentano poi nella
camera di reazione mediante un gas di collisione, solitamente N2. Il QqTOF è
costituito da tre quadrupoli: il primo è Q0, che è un quadrupolo a radiofrequenze e
trasferisce gli ioni dalla zona di vuoto fino a Q1, il filtro di massa, questi separa gli
ioni in base al loro rapporto m/z. La camera di collisione costituisce il terzo
quadrupolo, Q2, in cui gli ioni si frammentano ulteriormente per collisione con un gas
neutro. Infine l’analizzatore, il TOF, esamina gli ioni che presentano un certo
rapporto massa/carica, trasformando queste informazioni in un segnale che il
computer può tradotte in uno spettro di massa.
5-
SPETTROMETRIA
DI
MASSA
TANDEM
(MS/MS)
Se l’analita presenta una scarsa frammentazione o la frammentazione è
completamente assente di conseguenza si ha una mancanza di informazioni
strutturali,risultando alla fine uno svantaggio. Per ovviare a ciò la spettrometria di
massa tandem è un utile strumento nella determinazione strutturale delle molecole.
Uno spettrometro tandem è costituito da due analizzatori disposti in serie:
Il primo analizzatore (MS-1) ha la funzione di selezionare (filtrare) tra i vari ioni
presenti in uno spettro lo ione desiderato. Lo ione selezionato,detto “ione padre” o
“ione genitore”viene successivamente fatto collidere con un opportuno gas di
collisione (He o Ar) in una cella di collisione. I frammenti ,detti questi “ioni figli”,
generati dalla dissociazione dello ione molecolare a causa degli urti col gas, vengono
separati dal secondo analizzatore (MS-2) in base a loro rapporto m/z. La selezione di
una singola specie ionica monoisotopica del precursore comporto che lo spettro di
massa ottenuto è formato solo da specie
monoisotopiche con una ulteriore
semplificazione dello spettro nell’interpretazione.
Questa risulta una tecnica molto utile,ad esempio per la caratterizzazione della
struttura primaria di oligopeptidi perché consente di avere informazioni sulla
composizione amminoacidica.Gli spettrometri Tandem si dicono a geometria ibrida o
non ibrida, a secondo che accoppiano due analizzatori diversi o meno; gli
accoppiamenti classici sono: doppio quadrupolo con quadrupolo per la collisione (Q1Qcoll-Q2), quadrupolo accoppiato con TOF (Q-TOF), magnetico/TOF e TOF/TOF.
La differenza tra le varie geometrie risiede nel fatto che l’energia può essere
acquisita dallo ione precursore attraverso sita collisioni multiple a bassa energia (eV),
in strumenti quadrupolari o ibridi, che collisioni singole ad alta energia (KeV), in
strumenti magnetici.
La presenza della trappola ionica (ion trap) tra i sistemi Tandem sembrerebbe strana,
essendo un unico analizzatore. In realtà si può immaginare di eseguire un
esperimento spettrometrico Tandem con “progressione nello spazio o nel tempo”.
Progressione nello spazio significa che la selezione dello ione, la sua dissociazione
indotta e l’analisi dei frammenti generati avvengono in spazi diversi (cioè in diversi
settori dello spettrometro). Progressione nel tempo invece vuol dire che queste
operazioni sono fatte nello stesso spazio (l’analizzatore a trappola ionica) ma in tempi
successivi. Infatti, nell’ion trap è possibile inizialmente intrappolare tutti gli ioni
presenti nello spettro primario, successivamente isolare lo ione desiderato (espellendo
gli altri dalla trappola), poi indurre la dissociazione dello ione isolato, e infine
analizzare i rammenti generati all’interno della stessa trappola. Con un analizzatore a
trappola ionica, con lo stesso schema, si può pensare di isolare uno ione figlio e
dissociarlo per studiarne la frammentazione, ottenendo così ioni di seconda
generazione. Il processo potrebbe essere ripetuto varie volte. Si parla in questi casi di
Tandem MSn.
7- L’analisi quantitativa mediante la spettrometria di
massa
L’analisi quantitativa tramite la spettrometria di massa serve a stimare le
concentrazioni di un analita in modo particolare quando esso è contenuto in una
matrice biologica complessa, oppure quando è presente in tracce, poiché tale metodo
è dotato di accuratezza e precisione elevate.
La procedura di analisi prevede l’aggiunta di una quantità fissa e nota di uno standard
interno al campione contente l’analita, seguita da uno step di estrazione e di
separazione.
Mediante la spettrometria di massa è possibile poi monitorare i segnali caratteristici
di entrambi (analita e standard interno). Si determina così il rapporto tra le intensità
dei picchi relativi all’analita ed allo standard interno e tale valore viene convertito in
una misura quantitativa facendo riferimento ad una curva di calibrazione.
La curva di calibrazione è generata da una serie di campioni (minimo sei punti)
contenenti una quantità fissa di standard interno e l’analita di interesse in varie e note
concentrazioni; i campioni così preparati vengono analizzati allo spettrometro di
massa contemporaneamente ai campioni incogniti.
7.1 L’analita e lo standard interno
In dipendenza dalle diverse proprietà e caratteristiche chimico-fisiche dell’analita,
quali peso molecolare, punto di ebollizione, gruppi funzionali, stabilità e
frammentazioni caratteristiche, è possibile scegliere la tecnica analitica più
appropriata da utilizzare35.
Nel caso di analisi di campioni volatili la migliore combinazione risulta essere GCMS, utilizzando come sorgente la EI per ioni con m/z piccoli, mentre la CI per ioni
con m/z più grandi; comunque questi sono in genere composti a basso peso
molecolare (meno di 500 Da).
Per campioni non volatili,oppure tremolabili, a basso peso molecolare, si possono
effettuare due diversi approcci: GC-MS (seguito da derivatizzazione chimica), oppure
LC-MS (con APCI o ESI).
Se invece i campioni sono non-volatili,tremolabili oppure ad alto peso molecolare
(maggiore di 500-600 Da) allora non sono suscettibili all’introduzione GC; bisogna
perciò considerare, in presenza di questi, altre tecniche analitiche. La migliore tecnica
di analisi quantitativa fino ad ora sviluppata per questi è la tecnica LC-MS con APCI
oppure ESI.
Uno standard interno ideale è quello che possiede caratteristiche fisiche e chimiche il
più simile possibile all’analita stesso. La principale incisività della rivelazione,
mediante spettrometria di massa, consiste nella possibilità di impiego di isotopomeri
come standard interno.
7.2 La strumentazione
Per minimizzare i tempi di ritenzione dell’analita di interesse e realizzare un’adeguata
risoluzione cromatografia, nella tecnica GC-MS si modulano le temperature mentre
nella LC-MS si varia la polarità della fase mobile,ciò minimizza l’allargamento dei
picchi e quindi consente la realizzazione del miglior rapporto segnale-rumore.
Uno step determinante è l’introduzione del campione nello spettrometro di massa:
nella iniezione LC i volumi sono generalmente più elevati di quelli possibili per
l’iniezione GC. Ciò comporta un limite di quantificazione nell’associazione LC-MS
rispetto alla GC-MS.
Nel momento in cui l’analita fluisce dalla colonna allo spettrometro si possono
realizzare valutazioni quantitative o mediante una ripetizione di scannino su un esteso
intervallo di valori di massa o mediante un range di valori di massa ridotto oppure
mediante il monitoraggio di ioni scelti (SIM, Select Ion Monitoring).
CAPITOLO 2
L’olivicoltura
1- L’AGRICOLTURA BIOLOGICA
L’agricoltura biologica è il risultato dello sviluppo di diversi
metodi di
legame
produzione agricola alternativi, questi si basano sul
tra
agricoltura
equilibri,dissociandosi,
e
natura
quindi,
da
e
una
sul
tattica
rispetto
che
degli
tendeva
a
massimizzare le rese attraverso molteplici interventi impiegando
vari
prodotti
di
sintesi.
L’agricoltura
biologica
comincia
a
diffondersi nel corso degli anni ’80 e negli ultimi anni si sta
assistendo a un rapido sviluppo di questa, a cui ha contribuito una
maggiore consapevolezza dei consumatori in materia di ambiente e
sicurezza alimentare36. Anche se nel 2000 rappresentava solo il 3%
circa di tutta la superficie agricola utilizzata (SAU) dell’UE, tra il
1993 ed il 1998 questo settore è cresciuto di circa il 25% all’anno e
dal 1998 la sua crescita è stata stimata al 30% l’anno; mentre
in
alcuni Stati membri sembra essere giunta oramai al massimo limite
delle sue possibilità di espansione.
L’agricoltura biologica va intesa come la parte integrante di un
sistema di agricoltura sostenibile e come una valida alternativa ai
tipi di agricoltura più tradizionale: si rispecchiano i meccanismi
naturali dell’ambiente per il controllo delle malattie e degli insetti
nocivi ed inoltre si evita l’impiego di fitofarmaci di sintesi
,erbicidi
fertilizzanti,
ormoni
della
crescita,antibiotici
o
manipolazioni genetiche. In alternativa gli agricoltori biologici
ricorrono
ad
mantenimento
una
serie
degli
di
tecniche
ecosistemi
e
che
contribuiscono
riducono
al
l’inquinamento.
Dall’entrata in vigore della normativa comunitaria sull’agricoltura
biologica nel 1992, diecimila aziende si sono convertite a questo
sistema,
in
risposta
aduna
maggiore
consapevolezza
dei
consumatori per quanto riguarda i prodotti ottenuti con metodi
biologici ed al conseguente aumento della domanda di questo tipo
di
prodotto.
Un’agricoltura
ed
un
ambiente
sostenibile
sono
attualmente uno degli obiettivi fondamentali della politica agricola
comune
(la
“PAC”).
Lo
sviluppo
sostenibile
deve
conciliare
produzione alimentare, conservazione delle risorse non rinnovabili
e
protezione
fabbisogni
delle
dell’ambiente
naturale
in
modo
da
soddisfare
i
della popolazione senza compromettere le possibilità
popolazioni
future
di
soddisfare
i
propri.
L’agricoltura
biologica comporta l’utilizzo di sementi ottenute secondo metodi
biologici; qualora non siano disponibili sementi della specie che un
coltivatore biologico desidera produrre o non siano disponibile
varietà adeguate è possibile chiedere all’organismo di controllo una
deroga per poter utilizzare sementi di tipo non biologico. Oltre a
risultare benefici per l’ambiente, questi sistemi colturali possono
recare sensibili vantaggi sia in termini economici sia in termini di
coesione sociale delle zone
rurali. La disponibilità di aiuti
f i n a n z i a r i e d i a l t r i i n c e n t i v i p er g l i a g r i c o l t o r i c h e s i c o n v e r t o n o
all’agricoltura biologica dovrebbero contribuire a una crescita
ulteriore del settore e a
sostenere le attività connesse lungo tutta
la catena alimentare.
Per garantire l’autenticità dei metodi di produzione biologica sono
stati adottati diversi regolamenti fino a creare un quadro globale di
riferimento
che
biologici,nonché
include
tutte
l’etichettatura,
commercializzazione
di
questo
le
colture
la
genere
e
gli
allevamenti
trasformazione
di
prodotti.
I
e
la
suddetti
regolamenti disciplinano anche le importazioni di prodotti biologici
nell’UE, ed inoltre escludono dai metodi di produzione biologici
gli organismi geneticamente modificati (OGM) e i prodotti da esso
derivati. Non meno importanti sono le procedure di controllo
previste dai regolamenti, le quali garantiscono che tutti i produttori
che affermano di conformarsi a metodi biologici vengano registrati
presso l’organismo nazionale di controllo competente.
Il controllo è esteso a tutte le fasi del processo di produzione,
compresi l’immagazzinamento, la trasformazione e l’imballaggio.
Nel marzo 2000 la Commissione Europea ha introdotto un logo:
I d e a t o p e r e s s e r e u t i l i z z a t o s u b as e v o l o n t a r i a d a i p r o d u t t o r i i c u i
metodi
di produzione e i cui prodotti sono stati sottoposti a un
controllo e sono risultati conformi alle norme UE. I consumatori
che acquistano questi prodotti possono essere sicuri che:
• Almeno il 95% degli ingredienti del prodotto sono stati
ottenuti con il metodo biologico;
• Il prodotto è conforme alle norme del regime ufficiale di
controllo;
• Il
prodotto
proviene
direttamente
dal
produttore
o
dal
preparatore in un imballaggio sigillato;
• Il prodotto reca il nome del produttore,del preparatore o
venditore nonché il nome o il numero di codice dell’organismo
di controllo.
Per comprendere in pieno il concetto di agricoltura biologica è
opportuno fare riferimento alla definizione elaborata dal
alimentarius”
sulla
base
di
contributi
di
esperti
a
“Codex
livello
mondiale36. Secondo le linee direttrici del Codex, l’agricoltura
biologica deve contribuire al conseguimento dei seguenti obiettivi:
• “aumentare la diversità biologica nell’insieme del sistema;
• Accrescere l’attività biologica dei suoli;
• Mantenere la fertilità dei suoli a lungo termine;
• Riciclare i rifiuti di origine vegetale e animale, al fine di
restituire gli elementi nutritivi alla terra,riducendo in tal
modo il più possibile l’utilizzo di risorse non rinnovabili;
• Fare affidamento sulle risorse rinnovabili nei sistemi agricoli
organizzati localmente;
• Promuovere la corretta utilizzazione dei suoli, delle risorse
idriche e dell’atmosfera e ridurre nella misura del possibile
ogni forma di inquinamento che potrebbe derivare dalle
pratiche colturali e zootecniche;
• Manipolare i prodotti agricoli con particolare attenzione ai
metodi di trasformazione, allo scopo di mantenere l’integrità
biologica e le qualità essenziali del prodotto in tutte le varie
fasi;
• Essere praticata da un’azienda agricola esistente, dopo un
periodo di conversione la cui durata deve essere calcolata
sulla base di fattori specifici del sito, quali le informazioni
storiche sulla superficie e i tipi di coltura e di allevamento
previsti”.
2- LA STORIA DELL’OLIO DI OLIVA
In tutte le civiltà sorte nel bacino del mediterraneo, l’olivo è
stato sempre ritenuto un albero sacro e l’olio estratto dai suoi
frutti veniva utilizzato non solo come alimento ma anche a scopo
religioso e rituale37: gli Egizi lo consideravano un dono degli dei, i
Fenici
lo
diffusero
con
il
loro
commercio,
definendolo”oro
liquido”; i Greci ed i romani lo usavano per scopi medicamentosi e
come combustibile nelle lampade votive; gli Ebrei lo adoperavano
per ungere il loro RE; i Cristiani da sempre lo impiegano nei riti
più significativi.
Adamo, oramai prossimo alla morte, lo ricevette direttamente
da Dio; mentre è proprio un ramoscello d’olivo portato nel becco
di una colomba ad annunciare a Noè la fine del diluvio. Ma la
leggenda più nota è la sfida tra Atena e Poseidone38. Per decisione
di Zeus, il possesso della città di Atene e della regione dell’Attica,
verrà aggiudicata al dio che fornirà il dono più utile: Poseidone fa
venir fuori dalla foresta un meraviglioso cavallo; mentre Atena fa
nascere dalle viscere della
Terra un nuovo albero, l’olivo. Zeus
giudica vincitrice la dea sua figlia sostenendo che il cavallo è per
la guerra mentre l’olivo è il simbolo della pace. Ma le leggende
non finiscono qui, si ricorda: Aristeo, pastore e nomade,che fu il
primo ad ottenere l’olio spremendo le olive; un’altra racconta di
come Latana partorì i gemelli Diana e Apollo sotto i primi rami di
olivo che da allora divenne oggetto di venerazione. Impossibile,
infine non menzionare i sacri olivi di Olimpia, con
i cui serti
(ghirlande) si incoronavano i vincitori delle
Olimpiadi.
Quella dell’olio d’oliva è una storia lunga
6000 anni, epoca in cui gli alberi venivano
coltivati nell’area
siro-palestinese dove sono
state rinvenute le più antiche testimonianze di coltivazione. In
epoca storica la coltura perfezionata dagli innesti passa dal
Nord
dell’attuale Siria all’Egitto ed alle isole greche, soprattutto Cipro,
Rodi, Creta, per poi passare alla Grecia ed all’Asia Minore. Il
codice babilonese regolava già il commercio dell’olio di oliva;
mentre i Fenici e i Greci costruivano apposite navi per il trasporto
delle grandi anfore-contenitore. E pare proprio che in Italia la
cultura
dell’olivo
sia
stata
introdotta
dai
Greci
che
lo
consideravano
un
dono
della
dea
Atena.
I
Romani
si
specializzarono nell’immagazzinamento e distribuzione dell’olio e
razionalizzarono la gestione delle grandi quantità ottenute dai
popoli sottomessi.
L’olivo si usava per cosmesi, medicina ed illuminazione, ma il
suo posto d’onore era già la cucina, in ricette che si avvicinavano
molto a quelle della nostra attuale “dieta mediterranea”. Ciò è
testimoniato dai leggendari trattati di Apicus, uno dei primi
gastronomi della storia, che già nel primo secolo dopo Cristo rese
l’olio onnipresente nelle sue ricette per conservare,condire e
cuocere. Dopo un lungo periodo di declino, dovuto alla caduta
dell’impero
dell’olivo,
romano
ed
sopravvissuta
alle
nei
invasioni
monasteri,
barbariche,
la
riacquista
un
coltura
posto
preminente dal dodicesimo secolo, quando l’olio torna protagonista
dei commerci.
Ai giorni nostri, sono soprattutto gli anni Cinquanta a segnare
l’espansione nel resto del mondo della “cultura dell’olio”, grazie
alla scoperta delle sue ineguagliabili proprietà nutritive.
3- CARATTERISTICHE DELLA PIANTA
L’olivo, o ulivo, è una delle piante arboree coltivate più
importanti del bacino del Mediterraneo; la principale area di
diffusione si stende tra il 30° e il 45° parallelo, una fascia di clima
temperato39. La pianta predilige terreni asciutti, ben soleggiati, ed
al riparo dalle gelate. L’olivo coltivato (Olea europaea) appartiene
alla famiglia delle Oleaceae (tribù Olineae), questa specie è
suddivisa in due sottospecie40:
1. Olea europaea (oleastro) di taglia bassa e frutti piccoli;
2. Olea europaea sativa (olivo coltivato).
L’olivo è una pianta molto longeva che può raggiungere nelle zone
più predisposte anche un’età di centinaia di anni, ed è una pianta
sempreverde; l’altezza dell’albero può variare da 3 a 20 m. Nella
pianta si distinguono un tronco, nel quale sono inserite le branche
che costituiscono lo scheletro principale della chioma: branche
principali che si originano direttamente dal tronco, e le branche
secondarie che si originano da quelle principali. Le foglie sono
c o r i a c e e c o n p i c c i o l o c o r t o . L e g em m e s o n o d i t i p o a s c e l l a r e e d i l
fiore è in genere di tipo ermafrodito con calice di quattro
sepali41,42. I fiori dell’olivo sono raggruppati in infiorescenze a
grappolo, chiamate “mignole”. Esistono numerose varietà di olivo,
ciò dipende dalla conformazione del terreno che li ospita e dalle
tecniche
agricole
conformazione
a
adoperate.
cespuglio,
Alcune
altre
varietà
presentano
di
uno
olivi
hanno
sviluppo
in
verticale, in alcune varietà la chioma si sviluppa orizzontalmente
ed infine esistono forme di allevamento a cono. Le più importanti
forme di allevamento sono: vaso, vaso cespugliato, siepone e
monocono.
Il frutto dell’olivo è l’oliva, anche chiamata drupa.
La drupa può essere di forma ovoidale più o meno allungata o
rotondeggiante. Essa è costituita da un’epidermide (buccia) o
epicarpo (circa 1,3-3,5% del peso totale), dalla polpa (parte
carnosa) o mesocarpo (65-83%), dal nocciolo o endocarpo (1330%) e dal seme (1,5-5%).
La composizione chimica della drupa è:
-acqua
~ 50%
-grasso
~20-25%
-proteine
~1,6%
-carboidrati
~19,1%
-cellulosa
~5,8%
-ceneri
~1,5%
L’olio è contenuto quasi totalmente nella polpa (circa il 95%
della sostanza grassa) ed in minima parte nel seme (0,5-1%); il
nocciolo, cioè la parte legnosa, non contiene olio.
Nell’epicarpo, che assume con la maturazione un colore scuro, si
osservano cellule globose distanziate tra loro e saldate dalla cutina
che protegge l’interno dell’oliva. La forma di queste cellule
cambia in senso centripeto: esse assumono una forma allungata e
costituiscono
una
palizzata,
mentre
intorno
al
nocciolo
riacquistano la forma tondeggiante, ma hanno dimensioni più
ridotte rispetto alle cellule dell’epidermide. Al di sopra della
cuticola si forma la pruina cerosa, nella quale rimane inglobata la
microflora che adempie alle funzioni di limitare la traspirazione e
di proteggere la drupa dalla pioggia, che altrimenti provocherebbe
il marciume.
All’inizio
goccioline
della
maturazione,
disperse
e
l’olio
separate
da
è
sottoforma
un
film
di
piccole
lipoproteico;
successivamente si ha l’ingrossamento di queste goccioline fino
alla loro unione in una massa unica che addirittura sposta il
nucleo41. L’olio intercellulare è di più facile estrazione e si
distribuisce tra cellula e cellula. Le cellule sono cementate da
sostanze pectiche che tendono a passare dalla forma insolubile a
quella solubile; infatti, con la maturazione la drupa pone sempre
minore resistenza allo schiacciamento. Il contenuto di acqua varia
dal 45% al 60% in funzione dello stadio di maturazione,delle
condizioni meteorologiche e delle cultivar.
Nelle olive si possono distinguere tre stadi di maturazione:
1. stadio erbaceo: ingrossamento della drupa verde, all’interno
della quale si ha il processo della fotosintesi clorofilliana
con produzione di amido,sintesi di zuccheri e di acidi
organici, come acido tartarico, acido malico, acido citrico,
etc. In questa fase non si distingue bene il nocciolo.
2. invaiatura: variazione del colore della drupa da verde al
giallo e, successivamente, la formazione di macchie rossovinato che iniziano dalla parte opposta al picciolo e si
diffondono a tutto il frutto, fino ad arrivare a tonalità scure
(nere)
che
molte
volte
sono
mascherate
dalla
pruina
grigiastra. In questo stadio si forma la pruina e si ha l’inizio
del processo di inolizione (formazione dell’olio) che per ora
è un liquido biancastro; questo colore è dovuto alla presenza
di antociani e flavoni.
3. maturazione:
definita
ed
la
maturazione
individuata
biologica
non
perfettamente,
può
mentre
essere
quella
industriale si raggiunge quando si ottiene la massima resa in
olio. Solitamente a maturazione, la colorazione è nera e la
superficie della drupa tende a diventare rugosa per la perdita
di acqua. In generale la loro maturazione avviene, comunque,
tra ottobre e dicembre.
In base al peso del frutto ed alle cultivar, le drupe si possono
classificare in :
-drupe microcarpiche, con peso inferiore a 1,5 gr.
-drupe mesocarpiche, con peso intermedio tra 1,5 gr a 4 gr.
-drupe macrocarpiche, con peso superiore a 4 gr.
Le drupe possono essere destinate alla produzione di olio o di
olive da mensa.
La resa più basse
è generalmente
quella delle drupe
macrocarpiche che costituiscono appunto le olive da mensa; la
resa più alta è data dalle olive mesocarpiche per il loro alto
rapporto polpa/nocciolo.
3.1 Le cultivar
L’olio di oliva come prodotto del metabolismo della pianta è
fortemente influenzato dal genotipo. Il genotipo ha un ruolo molto
importante sulle caratteristiche dei frutti (dimensioni, rapporto
polpa-nocciolo, maturazione), sul processo di inolizione e sui
componenti principali e secondari dell’olio (contenuto lipidico,
rapporto oleico-linoleico, grado di maturazione, etc.) in modo più
intenso che non le stesse condizioni ambientali43. Solamente nel
nostro Paese si possono contare ben 500 varietà di olivo autoctone.
Le principali cultivar di olivo da olio coltivate in Italia sono:
Frantoio (Toscana, autofertile, l’olio che si ottiene è di qualità e la
resa
e
del
20-24%),
Leccino
(presente
nell’Italia
centrale,
autosterile, la resa in olio è circa del 20%), Ogliarola Barese
(diffusa in Puglia soprattutto in provincia di bari, la resa in olio è
circa del 24-26%), Coratina (diffusa in Puglia zona di Corato(BA),
la resa in olio è del 24-25%con un colore molto verde), Bosana
(Sarda,la resa in olio è molto elevata), Carolea (tipica della
Calabria,la resa in olio è circa del 20%), Nocellara Messinese
(Siciliana, la produttività è ottima ed è la pianta impollinatrice
della Carolea), etc.
4- EPOCA DI RACCOLTA E QUALITA’
DELL’OLIO
La raccolte delle olive da olio avviene in diversi periodi dell’anno:
ciò dipende dalle
condizioni climatiche delle varie regioni, può
andare da ottobre-novembre a dicembre –gennaio o nel caso di
climi più miti anche a fine marzo. La maturazione dell’olivo è del
tipo completo e perfetto, cioè i diversi parametri si sviluppano nel
tempo
e
raggiungono
l’equilibrio
contemporaneamente
all’abscissione; il periodo di maturazione è molto ampio: dai 3 ai 5
mesi. Con la resistenza al distacco diminuisce la consistenza della
polpa,si attenua e sparisce la clorofilla,variano i livelli degli
zuccheri riduttori diminuiscono i principi amari o astringenti,
appaiono nuovi pigmenti (prima nella buccia e poi nella polpa), e si
dovrebbe avere la formazione di aromi. I singoli fenomeni possono
svilupparsi in maniera sfasata e nelle diverse cultivar essi possono
avere effetti e dinamica differenti. La formazione e l’accumulo
dell’olio
non
sono
caratteristiche
strettamente
legate
alla
maturazione, mentre,sono possibili variazioni e nella distribuzione
di acidi grassi specifici come risulta dal rapporto insaturi /saturi
tra olive raccolte precocemente e molto tardivamente, o dalle
variazioni nel rapporto tra acido oleico ed acido palmitico. Il
periodo di maturazione è diverso per ogni cultivar e dipende in
parte
dal
carico
e
dalle
condizioni
ambientali;
si
possono,
comunque, definire a maturazione compatta quelle cultivar che
registrano una rapida variazione della resistenza al distacco, ma
l’aspetto che maggiormente
e per primo risalta di ogni frutto è
l’ammorbidimento della polpa. Anticipando la raccolta si ottiene un
olio migliore dalle olive non in fase di maturazione avanzata, in
quanto
queste
contengono
una
quantità
minore
di
acidi
polinsaturi44; inoltre, gli li provenienti da queste olive, sono più
ricchi di compost antiossidanti (si ossidano meno facilmente).
Esistono due tipi di raccolta differente:
1. Tradizionale: brucatura (raccolta delle olive dalla pianta,con
l’ausilio di scale) è un tipo di raccolta manuale, le drupe non
vengono lesionate la pianta non subisce danni e il prodotto
viene raccolto per intero; abbacchiatura dove le olive vengono
fatte cadere su delle reti stesse sotto le piante facendo uso di
pertiche,
che
può
provocare
lesioni
alle
drupe;
con
la
pettinatura le olive dall’albero vengono fatte cadere mediante
grossi pettini di legno su reti o teloni distesi al di sotto;
mediante raccattatura le olive (stramature) cadute per effetto
naturale e vengono raccolte direttamente da terra.
2. Meccanica: il distacco delle olive dalla pianta viene provocato
da particolari scuotitori o da pettini vibranti. Sottoponendo il
tronco e le branche all’azione di questi le olive cadono al
suolo andando a finire in apposite reti o teloni, oppure in
appositi ombrelli.
5- L’OLIO DI OLIVA
5.1 Composizione
L’olio di oliva è un grasso vegetale ed è composto da una frazione
saponificabile (trigliceridi) e da una frazione insaponificabile
(componenti
minori
come cere,
squaleme,
clorofilla,
caroteni,
alcoli, antociani, aromi, steroli, tocoferoli e polifenoli).
La
frazione
saponificabile
comunque
gli
presentano
una
acidi
certa
costituisce
grassi,
che
variabilità
circa
il
compongono
a
seconda
98%
i
della
dell’olio;
trigliceridi,
regione
di
provenienza.
I limiti della composizione acidica fissati dalla
Oleicolo Internazionale) sono i seguenti:
Acido palmitico
7,5-20%
Acido palmitoleico
0,3-3,5%
COI (Consiglio
Acido stearico
0,5-5,0%
Acido oleico
55,0-83%
Acido linoleico
3,5-21%
Acido linolenico
0,1-1,5%
L’acido oleico è un acido grasso monoinsaturo, poi vi sono acidi
g r a s s i s a t u r i , c o m e l ’ a c i d o p a l mi t i c o e l ’ a c i d o s t e a r i c o , m e n t r e
acidi
grassi
polinsaturi
sono
l’acido
linoleico
e
l’acido
linolenico.Gli acidi grassi, non potendo essere sintetizzati, debbono
essere forniti con la dieta perciò l’olio di oliva costituisce una
buona fonte alimentare di questi acidi grassi essenziali. Nell’olio
d’ oliva i doppi legami presenti in alcuni acidi grassi conferiscono
ad esso delle particolari qualità biologiche, ma
attaccabile
dall’ossigeno,
determinando
lo rendono anche
il
fenomeno
dell’autossidazione. L’autossidazione procede con una velocità
proporzionale al numero dei doppi legami esistenti ed è contrastato
dalla
concentrazione
delle
sostanze
anti-ossidanti.
La
sua
composizione acidità presenta un’insaturazione non troppo elevata
ed inoltre l’olio di oliva contiene numerose sostanze anti-ossidanti
che gli consentono di mantenere una particolare stabilità. Queste
sostanze, insieme ad altri componenti minori,fanno parte della
frazione insaponificabile dell’olio di oliva. I tocoferoli sono
presenti per il 90% nella loro forma alfa, che è la più attiva
biologicamente,
costituiscono
una
elemento
stabilizzante
importante sui processi di autossidazione ed una preziosa fonte
vitaminica
alimentare45.
L’alfa-tocoferolo
insieme
al
delta-
tocoferolo costituisce la vitamina E. Un’altra azione anti-ossidante
importante viene svolta dai composti fenolici (fenoli, acidi fenolici
e
polifenoli)
questi
si
trovano
anche
in
quantità
abbastanza
rilevante nell’olio di oliva, soprattutto quello vergine.
L’oleuropeina è tra i componenti della frazione insaponificabile
ed è quella sostanza che conferisce il sapore amarognolo alle olive
e passa nell’olio dandogli il caratteristico sapore piccante ed
amaro. Essa contiene radicali aromatici e molecole di glucosio ed
inoltre reagisce con sostanze alcaline trasformandosi in prodotti
che perdono il sapore
amaro (su questa reazione si basa la
preparazione delle olive da mensa).
Nell’olio di oliva sono contenuti anche altri componenti minori,
alcuni dei quali dotati di interesse biologico:
o Steroli: l’olio di oliva è l’unico olio che possiede una alta
concentrazione di β-sitosterolo, una sostanza che si oppone
all’assorbimento intestinale del colesterolo; dal punto di vista
chimico essi sono degli steroidi;
o Idrocarburi: possono essere saturi ed insaturi e probabilmente
si formano come prodotti collaterali durante la sintesi degli
acidi grassi;
o Alcoli terpenici: sono presenti liberi oppure esterificati
con
gli acidi grassi (alcol cerilico e alcol miricilico); le cere sono
esteri di un alcol alifatico monovalente con un acido grasso
ad alto peso molecolare e provengono dalla pruina, durante la
conservazioni
degli
oli
queste
subiscono
idrolisi
(si
decompongono) per dare alcoli liberi;
o Fosfolipidi:
sono
presenti
in
bassa
quantità,
come
la
fosfatidicolina;
o Sostanze coloranti: rappresentate dai carotenoidi e soprattutto
dalla clorofilla; quest’ultima ha una colorazione verde tanto
più intensa quanto meno avanzata e la maturazione, durante la
conservazione
dell’olio,
inoltre, si degrada ed il colore
dell’olio vira al giallo. Questo pigmento biologicamente
svolge un’azione di eccitamento del metabolismo, di stimolo
sulla crescita cellulare e sulla produzione del sangue e di
accelerazione di processi di cicatrizzazione i caroteni sono
presenti sottoforma di β-carotene, cioè come provitamina A;
o Sostanze aromatiche:influenzano positivamente la digestione.
La densità dell’olio è inferiore a quella dell’acqua ed è tanto
minore quanto maggiore
è il
numero degli atomi di carbonio
degli acidi grassi;generalmente la densità dell’olio di oliva è 0,91
Kg/m3 a 15 °C.
L’olio di oliva risulta
essere, così, l’alimento grasso più
povero di steroli, in quanto costituiscono il 20-30% delle sostanze
insaponificabili, e ciò ha un grande rilievo tra i suoi pregi
dietetici. Inoltre la presenza di piccole quantità di sostanze
fenoliche
assicura
all’irrancidimento
all’olio
(causato
vergine
soprattutto
una
da
forte
muffe
resistenza
e
batteri
consiste nella formazione di composti che tonici).
Quindi si può riassumere tutto mediante la seguente tabella:
ACIDI GRASSI
Acido miristico
(C14:0)
0-0,1%
Acido palmitico
(C16:0)
7,0-20%
Acido palmitoleico
(C16:1)
0,3-3,5%
Acido stearico
(C18:0)
1,4-4%
Acido oleico
(C18:1)
56,0-84,0%
Acido linoleico
(C18:2)
3,0-21,0%
Acido linolenico
(C18:3)
0,2-1,5%
Altri Acidi
2,5-3,0%
e
STEROLI (80-260mg/100 di olio)
Sitosterolo
(C29 H50 0)
65,0-88,5%
Campesterolo
(C28 H48 0)
2,0-4,0%
Colesterolo
(C27 H46 0)
0-0,3%
Stigmasterolo
(C29 H48 0)
0,3-2,5%
Avenasterolo
(C28 H48 0)
5,0-31,0%
IDROCARBURI
300-600 mg/Kg
CAROTENOIDI
0,5-10 mg/Kg
CAROTENE E TOCOFEROLI
3-35 mg/Kg
CLOROFILLA
1-10 mg/Kg
FENOLI
50-500 mg/Kg
FOSFOLIPIDI
45-150 mg/Kg
5.2 Classificazione
Le
olive,quando
vengono
portate
al
frantoio,devono
essere
molite nel più breve tempo possibile affinché non ne vengano
alterate le qualità merceologiche e organolettiche: ne viene fatta
una prima spremitura alla pressione di 10-12 Kg/cm2 che consente
di ottenere l’olio più pregiato perché purissimo,ma con bassa resa
quantitativa (olio di prima spremitura); seguirà poi una seconda
spremitura intorno ai 60 Kg/cm2 dalla quale si ricava un olio meno
puro e più abbondante. Entrambi le spremiture vengono effettuate a
freddo intorno ai 37-40 °C.
Una volta macinate le olive lasciano la “ sansa” che costituisce il
40% del peso originario e che nel passato veniva usata per il
riscaldamento(infatti
contiene
frammenti
di
noccioli
e
residui
polposi che sono degli ottimi combustibili); ai giorni nostri con
l’aiuto di solventi chimici,da questi resti viene estratto “l’olio di
sansa”, a qualità più bassa. Fino a pochi decenni fa questo tipo di
olio era destinato quasi esclusivamente alla produzione di sapone e
candele,ma da quando l’industria dei saponi si è trasformata in
industria chimica utilizzando le sostanze sintetiche,anche questo
residuo della lavorazione delle olive viene sfruttato per produrre
olio che è reso commestibile mediante rettifica e opportunamente
mescolato con oli vergini.La normativa europea che attualmente
regola la classificazione degli oli di oliva è quella prevista dal
Reg. CE 1989/2003 del 6 Novembre 2003,e dalle successive
modifiche ed integrazioni. La normativa vigente prevede che l’olio
vergine di oliva può essere classificato in base alla sua qualità e la
stessa stabilisce, per ciascuna categoria, i valori massimi che
possono assumere i parametri collegati con la qualità dell’olio:
Prima spremitura, di gusto “assolutamente perfetto”,
Olio
con acidità inferiore all’ 0,8% (espressa in acido
extravergine
oleico:
0,8
sottoposto
grammi
a
nessun
per
ogni
processo
100
di
gr.);
non
lavorazione
è
né
raffinazione.
Olio vergine
Prima spremitura, di gusto perfetto, con acidità
inferiore al 2% (compresa tra 1-1,5 gradi di acidità);
l’olio non è raffinato.
Il massimi grado di acidità è dell’1,5%; è composto
Olio di oliva
da olio di oliva raffinato al quale viene aggiunto
olio di oliva vergine per migliorarne il gusto (non è
previsto un minimo di oli vergini da addizionare).
Ha un livello di acidità minore di 1,0%; ed è
Olio di sansa
costituito
di oliva
dell’olio extravergine d’oliva (non è previsto un
dall’olio
di
sansa
cui
viene
minimo di oli extravergini da addizionare).
5.3 Olio da agricoltura biologica 4 6
aggiunto
L'olio extravergine per le sue caratteristiche nutritive è uno
degl'alimento principe per una corretta alimentazione in grado di
migliorare le condizioni di salute. Esso contiene acidi grassi simili
a quelli presenti nel corpo umano e una elevata quantità di
antiossidanti e di vitamine. Difende il corpo da alterazioni cutanee,
da disturbi digestivi e da fenomeni di invecchiamento cellulare e
aiuta a migliorare il benessere del corpo e la qualità della vita.
Preservarlo dai residui di pesticidi diventa un obbligo. L'olio da
agricoltura biologica risponde a questo: nessun residuo e nemmeno
il sospetto che possa essere inquinato, perché segue precise regole.
È biologico solo l'olio ottenuto e prodotto con olive provenienti da
oliveti coltivati secondo il metodo dell’agricoltura biologica. Ma
per essere venduto con l'etichettatura consentita deve risultare
adatto all'alimentazione umana, cioè può essere solo extravergine
(acidità inferiore al 1%) o vergine (acidità inferiore al 2%), privo
di difetti e sapori anomali. Per questo vanno controllate tutte le
attività
dell'olio,
di
raccolta
e
conservazione
conservazione
e
delle
olive,
confezionamento
estrazione
dell'olio.
Queste operazioni devono avvenire nel rispetto della buona pratica
di frantoio e in cicli di lavorazione nettamente separati da quelli
delle olive non biologiche.
Per
potersi
ottenuto
fregiare
da
operatori
del
agricoltura
coinvolti
marchio
con
biologica”
è
(olivicoltori,
l'indicazione
necessario
frantoiani,
“Prodotto
che
tutti
imbottigliatori
gli
e
commercianti) siano assoggettati al regime di controllo di un
organismo riconosciuto dallo Stato, mediante l'invio di un apposito
modulo (detto notifica) alla regione e all'organismo prescelto.
Tutte le operazioni compiute nella propria azienda e i movimenti
delle merci e materie prime utilizzate devono essere riportati su
appositi
registri
consumatore
avrà
verificabili
chiaro
da
tutti
chiunque.
gli
sforzi
Infatti
che
si
solo
sono
se
il
dovuti
sopportare per ottenere quell'olio, potrà riconoscere al produttore
il
giusto
valore
del
prodotto.
I maggiori controlli quindi servono non solo per evitare frodi e
concorrenza sleale, ma anche per stabilire un rapporto di reciproca
fiducia tra il produttore ed il consumatore.
Il Reg. CEE 2092/91 stabilisce un periodo di conversione per le
colture arboree di tre anni dal momento della compilazione ed
invio
di
certificatore.
notifica
di
produzione
Tecnicamente
questo
biologica
tempo
può
all'organismo
diminuire
se
l'azienda presenta dati oggettivi e documenti sull'agroecosistema e
sull'etichetta deve essere riportato prodotto: “in conversione da
agricoltura
biologica”.
Anche l'agricoltore deve aggiornarsi con corsi di formazione e così
l'olivicoltura
biologica
culturale,
è
ed
lui
diventa
che
entra
per
in
lui
un
momento
sistema
che
di
crescita
garantisce
l'informazione e il consumatore.
5.4 Le relazioni con la salute
Da millenni l’olio di oliva è protagonista della alimentazione
mediterranea, inoltre è, fra tutti gli oli vegetali, quello a più alta
digeribilità da parte dell’organismo umano.
Infatti se si considera la composizione dell’olio di oliva, questa è
costituita da:
65-80% di acido oleico (grasso insaturo)
4-12% di acido linoleico (grasso insaturo)
7-15% di acido palmitico (grasso saturo)
2-6% di acido stearico (grasso saturo)
E la composizione del grasso umano è invece così suddivisa:
65-87% di acido oleico
17-21% di acido palmitico
5-6,5% di acido stearico
Si nota subito l’affinità composita dei due elementi e questo spiega
l a f a c i l i t à c o n c u i l ’ o r g a n i s m o u ma n o a s s i m i l a q u e s t o e l e m e n t o c h e
è superiore a quella di qualsiasi altro olio o grasso.
L’attuale
scienza
medica
sta
così
dimostrando
un
sempre
maggiore interesse nei suoi confronti a causa del suo alto valore
biologico.
L’olio
di
oliva
protegge
lo
stomaco
e
l’intestino
rivestendone le pareti interne di una fine emulsione, facilita lo
svuotamento
dello
stomaco
ed
il
transito
intestinale,
inoltre
previene e cura l’ulcera gastrica. Esso è di stimo della secrezione
biliare ed in questo senso favorisce la digestione anche di altri
grassi.
Numerosi studi hanno dimostrato che l’olio di oliva riduce i
fattori LDL (Low Density Lipoproteine) e VLD (Very Low Density
Lipoproteine), che provocano depositi di colesterolo”cattivo” sulle
pareti delle arterie47, e potenzia invece il fattore HDL (anche
grazie alla presenza di acido oleico), il “colesterolo buono” che
rimuove il colesterolo dalle pareti delle arterie e lo riporta al
fegato dove contribuisce alla formazione della bile.
Nel complesso riduce il rischio coronario e l’ictus cerebrale,
inoltre facilità lo svuotamento della cistifellea48. Come sostengono
i
nutrizionisti
l’olio
extra
vergine
di
oliva
è
un
prodotto
che,quindi,aiuta la digestione ed è ottimamente assorbito in ogni
età, grazie alle sue percentuali di acidi grassi di origine vegetale;
grazie alla presenza di elevate percentuali di acido oleico la
struttura dell’olio di oliva resta praticamente inalterata fino a 200
°C.
L’olio extravergine di oliva
è così un alimento fondamentale
per tutte le diete: per i bambini,per il grande apporto di acido
oleico presente anche nel latte materno; per gli sportivi perché è
una fonte di energia prontamente digeribile e nell’età senile in
quanto limita la perdita di calcio nelle ossa. Il suo contenuto di
acidi grassi e sostanze antiossidanti lo fa rientrare nella ricerca
per la prevenzione e la cura dei tumori.
Infine l’extravergine di oliva rientra nelle composizioni di vari
prodotti cosmetici, come detergenti, emulsioni e shampoo.
5.5 Sicurezza e Qualità
Uno dei grandi problemi alimentari della nostra epoca è la
sofisticazione dei prodotti destinati al consumo di massa. La
maggior parte dei consumatori spesso ignora ciò che c’è dietro ad
un prodotto e le sue scelte di acquisto e di consumo sono spesso
determinate dalla convenienza del prezzo piuttosto che dalla
qualità del prodotto stesso ed è quello che accade anche per l’olio.
Nella prima ipotesi il problema è determinato dal fatto che le
leggi italiane garantiscono norme molte attente sulle modalità di
coltivazione e di raccolta delle olive mentre non lo sono sempre le
leggi di altri paesi, soprattutto quelli extracomunitari, dove,
inoltre, le spese di coltivazione per i produttori sono molto meno
onerose. L’olio extravergine di oliva prodotto con olive italiane è
molto più
extravergine degli oli provenienti dal Marocco o dalla
Tunisia, paesi da cui l’Italia importa il doppio delle ulive prodotte
nel nostro Paese, ci basta pensare agli inevitabili guasti che quelle
olive subiscono da un paese all’altro prima di essere molite in
Italia , ne deriverà un olio che presenta un’acidità più elevata che
potrà cosi essere corretto artificialmente ed
immesso sul mercato
come extravergine di prima spremitura. Poiché l’Unione Europea,
con
un
Regolamento
Olivicolo
Comunitario,
permette
di
riconoscere come Italiano l’olio prodotto negli oleifici italiani
anche se con olive extracomunitarie, diventa facile immaginare
quale spietata concorrenza di prezzo si possa fare su questo
prodotto a scapito della qualità.
A
tutela
industriale
del
non
commerciale
loro
del
poco
prodotto,insidiata
tutto
corretta
e
rispettosa
dei
diritti
da
da
una
una
dei
produzione
speculazione
consumatori,gli
olivicoltori italiani hanno chiesto, per anni, ed ottenuto dall’UE,da
pochi anni, il riconoscimento del DOP (Denominazione di Origine
Protetta)
e
dell’IGP
(Indicazione
Geografica
dei
Prodotti
agroalimentari) che dovrebbero garantire la qualità, la genuinità e
l’origine del prodotto. La normativa comunitaria già nel 1991, con
il
regolamento
CEE
2568/91,
integrazioni, prevedeva
e
successive
modificazioni
ed
gli oli DOP, ma l’Italia le direttive
comunitarie sono state recepite con la legge 169/1992.
Infatti il marchio DOP identifica la denominazione di un prodotto
la cui produzione, trasformazione ed elaborazione devono avere
luogo in un’area geografica ben delimitata e
con una perizia
riconosciuta ed approvata.
Il marchio IGP identifica la provenienza di un prodotto da una
ben determinata area geografica richiedendo che almeno una delle
fasi della produzione, della trasformazione o dell’elaborazione
abbia luogo in quel territorio.
5- SITUAZIONE DELL’OLIVICOLTURA
Secondo le statistiche, si possono stimare 500 milioni di olivi
nei diversi territori di coltura49: l’Europa è la più
produttrice di olio di oliva con circa
grande
l’ 80%, di cui la Spagna il
42%, l’Italia il 24% e la Grecia il 12%; il resto lo si ritrova in
Oriente, Nord –Africa, Sud-America e Sud-Ovest degli Stati Uniti.
La
produzione
olearia
Italiana,
da
due
milioni
e
settecentotrentamila quintali del 1950-54 sale a 3,5 milioni di
quintali nel 1960, di cui 430 mila quintali estratti dalle sanse.
Attualmente l’Italia
produce circa 5 milioni di quintali di olio
medi annui: il 30% è olio extravergine, il 20% è olio vergine
mentre il restante 50% è classificato come olio lampante. Visto che
gli italiani consumano in media 12 Kg. di olio di oliva a testa per
anno,siamo costretti ad importarne specialmente dai paesi del
mediterraneo; tali importazioni sono certamente necessarie per
coprire
il
fabbisogno,
ma
spesso
scoraggiano
le
produzioni
nazionali in quanto gli oli di importazioni vengono offerti sul
m e r c a t o i t a l i a n o a p r e z z i c o n c o r r en z i a l i . S e c o n d o l e v a l u t a z i o n i
effettuate
dall’ ISMEA (Istituto di Studi dei Mercati Agricoli),
che si è anche avvalsa della
collaborazione dell’Organizzazione
Interprofessionale dell’Olio di Oliva e dell’Unione Nazionale
produttori, la campagna oleicola 2003 /2004 non si discosta in
maniera
marcata
da
livelli
produttivi
raggiunti
dalle
altre
campagne precedenti50. La produzione stimata è pari infatti a circa
549 tonnellate di olio di oliva, con un calo del – 4,5% rispetto alla
campagna precedente; infatti così si conferma per il quarto anno
consecutivo un risultato produttivo medio ben lontano dal livello
raggiunto nella campagna 1999/2000.
6.1 L’Olivicoltura nel mondo
La coltura dell’olivo è diffusa nel mondo su una superficie di circa
10 milioni di ettari, e secondo alcune stime il numero di piante di
olivo è di oltre 800 milioni in massima parte destinate alla
produzione di olio. Nella produzione di olio il 98% corrisponde ai
paesi mediterranei e quella comunitaria è pari all’80%. Nei paesi
CEE è presente il 70% degli oliveti e il 96% dell’esportazione
mondiali proviene dai paesi del mediterraneo che sono membri del
Coi
(Consiglio
olivicoltura
oleicolo
vanno
internazionale).Tra
ricordati:
Argentina,
i
Cile,
paesi
di
Sud
nuova
Africa
ed
Australia.
In generale le tendenze Internazionali fanno valutare una
produzione mondiali in ripresa.
Nella campagna oleicola 2003/2004 si stima un netto incremento
del
+ 60% (circa
un milione e trecentomila tonnellate) della
produzione spagnola; a questa si affiancano i netti incrementi
delle olivicolture Tunisine e Marocchine. In senso contrario,
invece,
si
nota
che
la
flessione
della
produzione
greca
è
accompagnata dal crollo produttivo turco. La Siria, un altro
importante produttore del mediterraneo, segnala un calo produttivo
limitato ed inoltre sembra assicurare il raggiungimento di una
produzione di circa 200 mila tonnellate.
In sostanza l’andamento produttivo è globalmente positivo, con
l’offerta
della
campagna
2003/2004
superiore
alla
precedente
annata; anche il livello qualitativo è migliore dell’anno precedente
a causa delle condizioni climatiche che hanno ridotto ed in alcuni
casi annullati gli attacchi dei parassiti. Inoltre il mercato a partire
dalla seconda metà di dicembre, ha trovato un equilibrio più
stabile, cioè quando si sono rese disponibili sul mercato le
produzioni spagnole e greche.
6.2 L’olivicoltura in Italia
In Italia l’olivicoltura si estende su di una superficie di quasi due
milioni di ettari in cui il patrimonio di olivi è stimato in 150
milioni di piante ed è presente in 18 regioni su 20.Questa è diffusa
principalmente
nelle
regioni
m er i d i o n a l i
ed
insulari
dove
si
realizza il 90% della produzione; le regioni più interessate sono:
Puglia, Calabria, Sicilia, Campania, Sardegna, Lazio, Abruzzo,
Basilicata , Toscana, Liguria, Umbria, etc.
Considerando
la
distribuzione
per
fasce
altimetriche
l’olivicoltura è presente per i 2/3 in collina e solo per il 25-30% in
pianura, è, poi, estremamente varia a causa della diversità delle
condizioni pedo-climatiche, delle pratiche colturali adottate e delle
cultivar presente.
Nella
campagna
oleicola
2003/2004
la
produzione è stata omogenea per tutte le regioni
l’olivicoltura
meridionale,
nel
complesso,
ha
tendenza
della
olivicole in cui
registrato
una
sostanziale tenuta rispetto ad un netto calo delle aree olivicole del
Centro-Nord (-35%). In generale le attese qualitative sono state
abbastanza buone per tutta l’olivicoltura nazionale, sia per quanto
riguarda gli aspetti qualitativi delle produzioni, sia dal punto di
vista
chimico-fisico
che
dal
punto
di
vista
organolettico.
I
fenomeni che hanno determinato questo tipo di andamento sono
prevalentemente attribuiti ad eventi di carattere climatico, questi
hanno infatti evitato la presenza
e la diffusione della temuta
“mosca dell’olivo”, che ha causato tanti danni nella campagna
passata a tutta la produzione mediterranea.
Per quanto riguarda gli oli con certificazione DOP/IGP, le
prospettive
della
campagna
sono
legate
particolarmente
alla
difficoltà di collocare sui canali distributivi piccole quantità di
prodotti con prezzi mediamente più alti.
Per quel che concerne il biologico, si è trattata di una annata
eccezionale proprio grazie all’assenza di gravi attacchi parassitari
Comunque anche per questa categoria
si presenta un’ampia disponibilità del
prodotto,
che
però
spesso
viene
commercializzato come convenzionale
a causa di difficoltà di affermazione
sul mercato:
Emerge un’alta percentuale di aziende coinvolte nella produzione
di oli con certificazione: per gli oli DOP/IGP si raggiunge il
massimo livello tra le aziende liguri, toscane, lombardo-venete ed
umbre; mentre per gli oli biologici si segnalano le aziende lucane
e
molisane.
Circa
il
fabbisogno familiare
circa
la
metà
della
20%
dell’olio
prodotto
è
destinato
al
del produttore (soprattutto nel Lazio dove
produzione
non
entra
nei
circuiti
di
commercializzazione, cosi come in Abruzzo e Toscana). Il 38%
dell’olio nazionale è destinato alle vendite dirette ai ristoratori o ai
consumatori, in particolar modo nel Centro-Nord dove riguarda in
media oltre la metà dell’olio prodotto, ma anche al meridione con
le aziende siciliane e le aziende lucane. La quota maggiore di olio
prodotto è quindi destinato al mercato all’ingrosso o direttamente
all’industria
di
confezionamento.
L’olio,
in
prevalenza,
viene
venduto “sfuso” ciò accade in misura maggiore al sud dove riguarda
oltre i 3/4 delle vendite; mentre al contrario nelle regioni centrosettentrionali prevale il confezionamento.
6.3 L’olivicoltura in Calabria
La Calabria è una delle regioni olivicole più importanti ed ,
insieme alla Puglia condiziona la tendenza dei dati nazionali. Per la
campagna
oleicola
2003/2004
la
Calabria
ha
registrato
nel
complesso una lieve flessione produttiva (-2,7% ) dovuta al calo di
Reggio Calabria e Vibo Valentia bilanciato, però, a sua volta dalla
ripresa produttiva di Cosenza., Catanzaro e Crotone:
Sono molte le aziende che operano in regime di coltivazione
biologica, nonostante ciò, la principale difficoltà dei produttori
consiste nel molire le proprie olive in frantoi destinati alla sola
produzione di olio biologico; perciò, gran parte del prodotto viene
commercializzato come olio proveniente da oliveti tradizionali, a
discapito del valore aggiunto che deriverebbe ai produttori dalla
vendita
di
un
prodotto
biologico
Capitolo 3
I fitofarmaci: il rotenone
certificato.
1- Introduzione
In agricoltura biologica la protezione fitosanitaria si basa principalmente
sulla
prevenzione, nel senso che possono essere utilizzati i prodotti presenti nell’allegato II
del regolamento CEE n° 2092/91 (modificato con il regolamento CEE n° 1488/97),
soltanto in caso di pericolo immediato che minacci le colture. Tutta l’agricoltura
biologica è basata sull’ esclusione di fertilizzanti e fitofarmaci di sintesi, al posto di
questi vengono perciò utilizzati prodotti naturali effettuando interventi agronomici
per aumentare le rese e la resistenza alle fitopatie. Questa tecnica agricola,
perciò,viene definita ecologica e rispettosa dell’ambiente; ed inoltre si evitano tutti
quegli interventi fitoiatrici che generano preoccupazioni per i possibili effetti
sull’ambiente e sulla salute umana51. Affinché i prodotti possano essere utilizzati per
la lotta contro gli organismi nocivi è indispensabile che essi soddisfino l’articolo 7 (1)
(a) del regolamento CEE 2092/91 e cioè che:
• Siano essenziali per la lotta contro un organismo nocivo oppure contro una
particolare malattia, per i quali non sono disponibili altri rimedi alternativi
biologici, fisici, genetici o colturali;
• Il loro uso non deve produrre effetti inaccettabili per l’ambiente e non deve
contribuire a contaminarlo;
• Durante l’uso si escluda qualunque tipo di contatto diretto con sementi,
vegetali o prodotti vegetali.
I prodotti fitosanitari devono essere immessi in commercio solo confezionati in
imballaggi o involucri chiusi, in modo che non siano manomissibili; inoltre, le
etichette devono essere autorizzate dal Ministero della Sanità e riportare: il nome del
formulato commerciale che è indicato con ® solo se il marchio è registrato; al di sotto
di questo viene mostrata l’azione primaria sul bersaglio (insetticida,fungicida, etc.),
denominata secondo la classificazione ISO e poi il tipo di formulazione con cui si
presenta il prodotto; bisogna che siano riportati anche la composizione e le frasi di
rischio52. La nuova classificazione CE prevede due classi tossicologiche:
1. I classe: rientrano i prodotti molto tossici o tossici, il loro acquisto ed
impiego è autorizzato solamente a personale qualificato e munito di
patentino (di cui all’art. 23 del D.P.R. 3 agosto 1968, n° 1255);
2. II classe: rientrano i prodotti nocivi, anche per questa classe l’acquisto e
l’impiego è autorizzato al personale munito di patentino.
I prodotti irritanti e le altre sostanze, la cui tossicità non è rilevante, sono esenti
da classificazione, ma facevano parte della ex III e IV classe così come
previsto dal D.P.R. n° 1255/68.
Tutte le sostanze di origine vegetale o animale, contemplati nell’allegato II B
del Reg. CEE 2092/91, che possiedono proprietà insetticide, fungicide,
repellenti, attrattive, etc., anche se non sono persistenti nell’ambiente come i
fitofarmaci di sintesi perché sono facilmente degradabili dalla microflora del
terreno e dalla luce ,non si possono comunque considerare privi di effetti
tossici e nocivi per l’uomo e per l’ambiente53.
La difesa fitosanitaria in agricoltura biologica54, in modo particolare negli
ambienti meridionali, si pone come un reale limite alla competitività
economica dell’olivicoltura, soprattutto in considerazione della lotta alla
“mosca delle olive”, il più dannoso parassita dell’olivo, dalla quale non si può
prescindere.
2-La mosca delle olive
Le infestazioni di questo dittero sono influenzate da diversi fattori, ma
particolarmente dalle condizioni climatiche e dalle dimensioni delle drupe. La
Bactrocera oleae (Gmeli) (Diptera: Tephiritidae) è il peggior nemico della
qualità dell’olio di oliva ed, inoltre, incide sfavorevolmente sulle rese,
soprattutto nel Sud, perciò il suo controllo è di notevole importanza in quanto
una percentuale di infestazione attiva del 20% pregiudica la classificazione
merceologica dell’olio come classe extravergine (secondo Reg. CEE 2568/91 e
successive modificazioni ed integrazioni)53.
Per lo più ogni femmina depone un uovo per drupa preferendo le drupe più
grosse ed esposte a Sud, ma spesso capita di trovare drupe con più larve, in
questo caso solo una o al massimo due larve riescono a sopravvivere.
Il ciclo biologico della Bctrocera oleae si compie in 23 giorni in condizioni
ottimali di temperatura, umidità e nutrimento. E’, infatti, necessario che la
drupa abbia una sufficiente dimensione per permettere il nutrimento della
larva55.
Queste infestazioni iniziano, generalmente, nelle zone più meridionali nel mese
di luglio interessando inizialmente le olive da mensa e poi le olive da olio, ma
in annate siccitose, quando cioè le olive sono piccole, le infestazioni si
riscontrano non prima della metà dell’ autunno. Risulta, anche, frequente
l’interruzione di tali infestazioni quando le temperature superano i valori di 3133 °C.
Il controllo del fitofago risulta difficile per l’elevata longevità degli adulti, per
l’alta fecondità delle femmine e per l’elevato numero di generazioni annue.
Una difesa con mezzi biologici contro questo insetto è abbastanza difficile in
quanto il danno è provocato principalmente dalla larva all’interno della drupa;
bisogna, perciò, intervenire con mezzi in grado di abbassare il più possibile la
popolazione presente all’interno dell’oliveto.
Ciò può essere fatto utilizzando delle trappole per la cattura massiva degli
adulti, come le trappole “cromotropiche” di colore giallo spalmate di colla ed
attivate con bicarbonato di ammonio e feromone:
oppure provocando la morte degli adulti attratti da esche.
2- Il rotenone
Tra i fitofarmaci di origine naturale e che sono dotati di una efficace
azione “biocida”56 vi è il rotenone.
ROTENONE: 1,2,12,12a-tetraidro-8,9-dimetossi-2-(1-metilethenil-(1) benzopirano
(2,4-b) furo (2,3-h) (1)-benzopiran-6 (6H)-one.
C 23 H 22 O 6 Peso molecolare: 394,41
Carbonio 70,4 %
Contenuto:
Idrogeno 5,62 %
Ossigeno 24,34 %
Il rotenone è un isoflavonoide contenuto in alcune leguminose; le principali
fonti sono le piante appartenenti al genere Derris elliptica, Lonchocarpus utilis
e Tephrosia, originarie rispettivamente
dell’Asia, del Sud America e
dell’Africa; si estrae dalle radici di tali piante con acqua o con solventi organici
oppure si polverizza parte della pianta.
Queste piante ed i loro estratti sono stati utilizzati per secoli dagli indigeni del
Sud-Est dell’Asia e del Sud America per narcotizzare i pesci. In particolare il
primo impiego legale come pescicida risale al 1934 nel Michigan degli Stati
Uniti57 ed in Canada nel 193758. Veniva utilizzata una preparazione liquida del
pesticida in quanto sottoforma di emulsione si disperde nell’acqua molto più
facilmente rispetto al tipo in polvere. Quando in uno stagno o in un lago si ha
una popolazione di pesci indesiderata dai pescatori allora una soluzione è
quella di sradicare completamente la popolazione di pesci ed introdurre nuovi
pesci in una combinazione più desiderata. Esattamente gli usi del pesticida
nella pesca includono:
• Lo sradicamento di pesce esotico e dannoso
• Per controllare le malattie
• Per la quantificazione di popolazioni
Questo veleno per pesci è usato con successo per eliminare la trota esotica in
Australia e per riabilitare le popolazioni di “galaxiids” in via d’estinzione. Il
trattamento con il rotenone solitamente uccide i pesci in 24-36 ore. Una volta
avvelenati questi nuotano irregolarmente e si muovono o verso acque più
profonde o verso la superficie, respirando affannosamente in mancanza d’aria;
infatti il loro tasso di ventilazione ritarda ed affondano nell’acqua rimanendo
fino alla morte59. Ciò accade, non perché il rotenone rimuove l’ossigeno
dall’acqua, ma perché inibisce un processo presente nella respirazione
cellulare, denominato “fosforilazione ossidativa”. Il luogo specifico di azione
del pesticida è nel sistema di trasporto dell’elettrone nel complesso I
(dell’NADH)60.
Il complesso I, detto anche complesso della NADH deidrogenasi, è una
flavoproteina complessata con venticinque catene polipeptidiche; tutto il
sistema è immerso nella membrana mitocondriale interna.Questo complesso
enzimatico prima trasferisce una coppia di equivalenti di riducenti dall’
NADH al gruppo prostatico FMN (coenzima flavinico), inoltre il complesso I
contiene anche sette centri ferro-zolfo attraverso cui gli elettroni passano dal
FMN all’ubichinone.Il rotenone è capace di inibire il flusso elettronico da
questi centri Fe-S all’ubichinone, ciò comporta meno ossigeno disponibile per
la respirazione.
I pesci sono altamente sensibili a tale processo perché il rotenone può entrare
in maniera efficiente e rapidamente nella circolazione sanguigna attraverso la
branchie. La presenza di rotenone, nei laghi e negli stagni, causa di solito in
significativo ribasso di zooplankton e può colpire la fauna di fondali, queste
sono popolazioni più sensibili e recuperano in un periodo di tempo che va da
uno ad otto mesi dopo il trattamento61,62.
Considerando il meccanismo generico di azione tossica del rotenone si è
pensato di farne uso oltre che come pesticida anche come fitofarmaco. A tale
scopo viene utilizzato per controllare afidi, tripidi, pidocchi e altri insetti della
frutta e dei vegetali; in particolare in olivicoltura biologica viene impiegato
nella lotta contro al Bactrocera oleae. Recenti studi sono stati effettuati per
testare la tossicità del rotenone su mosche sia allo stato larvale che allo stato
adulto. E’ stata osservata una forte azione repellente che si riduce nel tempo,
in particolare nelle olive l’azione si riduce al minimo dopo 180 ore dal
trattamento mentre nell’olio dopo un mese63.
Il rotenone è instabile alla luce ed all’aria decomponendosi facilmente in vari
metaboliti, alcuni dei quali sembrano essere però più tossici della molecola
precursore, infatti il suo impiego desta preoccupazione per la tossicità nei
confronti di animali e di uomini53. Alla luce di tali risvolti è stato dimostrato
come il rotenone provochi dei sintomi simili alla sindrome parkinsoniana
atipica. Il morbo di Parkinson è una disfunzione neuro-degenerativa associata
alla senescenza e provocata da una perdita di neuroni della dopamina nella
“substantia nigra”64. La 6-idrossidopamina (6-OHDA), lo ione 1-metil-4-fenilpiridinio (MPP+) e il rotenone sono noti come neurotossine della dopamina.
Ad ogni modo il loro meccanismo di azione a livello cerebrale in vivo non è
ben definito. In particolare, questi ultimi due agiscono in modo differente: il
rotenone provoca una inibizione ubiquitaria del complesso I ma una
degenerazione selettiva a livello della “substantia nigra”, mentre l’ MPP+
sembra essere più mirato in quanto utilizza un meccanismo d’assorbimento per
entrare nei terminali nervosi dopaminergici65.
La somministrazione intravena sui ratti di rotenone ha indotto, con una dose di
2,5/mg/Kg al giorno, una distruzione selettiva dei neuroni dopaminergici
nigrali, accompagnata dalla comparsa dei corpi di Lewy. Questa
fleboipodermoclisi è stata condotta per un periodo di quattro settimane e resta
un attuale imperativo esaminare gli effetti di una esposizione al rotenone a
lungo termine per poi verificare la risonanza che tali studi hanno sul genere
umano. In merito a ciò si ritiene interessante segnalare che la suscettibilità al
morbo di Parkinson è determinata anche da fattori genetici, si ipotizza quindi
che anche la suscettibilità di un individuo agli effetti del rotenone, ed ad altri
pesticidi, può essere determinata geneticamente, a conferma di tali ipotesi è
stato osservato che non tutti i ratti sottoposti a trattamento col rotenone
sviluppano il morbo di Parkinson66.
CAPITOLO 4
Parte Sperimentale
1- Introduzione
Il rotenone è stato quantificato negli oli d’oliva e nelle drupe mediante APCI MS/MS
in esperimenti “Multiple Reaction Monitoring” (MRM) utilizzando uno standard
interno ottenuto per sintesi. La prova è stata condotta nel corso dell’annata 2003
presso l’ azienda Agricola Rossello DO.RA.TO, situata in Calabria a Palermiti (CZ,
Italia), questa ha fatto in modo di far pervenire le olive, dopo il trattamento con
rotenone, ad intervalli precisi. Il rotenone utilizzato in campo è un prodotto
commerciale della Serbios (Rovigo,Italia) chiamato Rotena®. Il campo è stato
suddiviso in due parcelle corrispondenti alla tesi trattata con rotenone (Rotena 300
g/hl, addizionata di 50 g/hl di olio bianco e 50 g/hl di bagnante) ed acqua. Le olive
appartengono alla cultivar Carolea; queste piante sono da anni coltivate secondo i
metodi dell’agricoltura biologica. Per irrorare le piante è stata utilizzata una pompa a
volume normale e il trattamento è stato effettuato nelle prime ore del mattino al
superamento della soglia di infestazione attiva del 20%, avvenuto il 27.10.2003 e non
è stato ripetuto in seguito. Circa 5 kg. di queste olive sono state frantumate nel
frantoio dell’Istituto Sperimentale per l’Olivicoltura (ISOL, Rende, CS, Italia). Il
frantoio utilizzato è un mini frantoio a ciclo continuo a due fasi (marca Toscana
Enologica Mori); ogni fase (due liquide ed una solida) viene espulsa separatamente
dal decanter: una fase contiene le acque di vegetazione e le sanse, l’altra è costituita
dall’olio. Dopo la frantumazione inizia la fase di gramolatura per circa 20 minuti a
temperatura ambiente, in seguito l’olio viene estratto mediante una pressa idraulica.
2- Preparazione dello Standard Interno
Il rotenone puro (1) è stato acquistato dalla Sigma-Aldrich:
Il cicloaddotto (2) è stato preparato come segue: ad una soluzione sotto agitazione di
rotenone (0,5 mM) in benzene a riflusso è stata aggiunta 1 mmole di
benzonitrilossido. Dopo due ore il solvente è stato evaporato sotto vuoto ed il grezzo
purificato per HPLC (HP 1090, UV detector settato a 290 nm; colonna RP 18
250x4,6 mm) utilizzando un gradiente H2O/CH3OH.
3- Estrazione di rotenone dalle olive67
Una quantità nota di olive intere (circa 25 gr.) è fatta reagire in una beuta con 10 gr.
di Na2SO4 e 50 ml. di CH3CN sotto agitazione per circa 30 min. Infine vengono
prelevati 3 ml. della soluzione in una provetta e portati a secco sotto un flusso
d’azoto. Al residuo viene aggiunto 1 ml. di standard interno.
Ai primi 28 campioni viene aggiunto 1 ml. standard interno ad una concentrazione di
0,25 ppm.
Per la determinazione quantitativa è stata costruita una curva di calibrazione in un
range da 0,2/0,25……..1,6/0,25 ppm.:
- Punto a 0,1 ppm: in un matraccio da 10 ml contenente CH3CN si aggiungono
211,4 µl di rotenone (4,73 ppm) e 428,8 µl di standard interno (0,25 ppm), si
porta a volume (10 ml.) con CH3CN
- Punto a 0,2 ppm: in un matraccio da 10 ml contenente CH3CN si aggiungono
422,8 µl di rotenone (4,73 ppm) e 428,8 µl di standard interno (0,25 ppm), si
porta a volume (10 ml.) con CH3CN
- Punto a 0,4 ppm: in un matraccio da 10 ml contenente CH3CN si aggiungono
845,6 µl di rotenone (4,73 ppm) e 428,8 µl di standard interno (0,25 ppm), si
porta a volume (10 ml.) con CH3CN
- Punto a 0,8 ppm: in un matraccio da 10 ml contenente CH3CN si aggiungono
169,1 µl di rotenone (47,3 ppm) e 428,8 µl di standard interno (0,25 ppm), si
porta a volume (10 ml.) con CH3CN
- Punto a 1,6 ppm: in un matraccio da 10 ml contenente CH3CN si aggiungono
338,2 µl di rotenone (47,3 ppm) e 428,8 µl di standard interno (0,25 ppm), si
porta a volume (10 ml.) con CH3CN
Agli ultimi tre campioni è aggiunto 1 ml. di standard interno a 0,25 ppm e per
effettuare la determinazione quantitativa è stata costruita una curva di calibrazione in
un range da 0,05/0,25……..0,8/0,25 ppm.:
- Punto a 0,05 ppm: in un matraccio da 10 ml contenente CH3CN si aggiungono
39,7 µl di rotenone (12,6 ppm) e 416,6 µl di standard interno (6 ppm), si porta
a volume (10 ml.) con CH3CN
- Punto a 0,1 ppm: in un matraccio da 10 ml contenente CH3CN si aggiungono
79,4 µl di rotenone (12,6 ppm) e 416,6 µl di standard interno (6 ppm), si porta
a volume (10 ml.) con CH3CN
- Punto a 0,2 ppm: in un matraccio da 10 ml contenente CH3CN si aggiungono
158,7 µl di rotenone (12,6 ppm) e 416,6 µl di standard interno (6 ppm), si porta
a volume (10 ml.) con CH3CN
- Punto a 0,4 ppm: in un matraccio da 10 ml contenente CH3CN si aggiungono
317,5 µl di rotenone (12,6 ppm) e 416,6 µl di standard interno (6 ppm), si porta
a volume (10 ml.) con CH3CN
- Punto a 0,8 ppm: in un matraccio da 10 ml contenente CH3CN si aggiungono
634,9 µl di rotenone (12,6 ppm) e 416,6 µl di standard interno (6 ppm), si porta
a volume (10 ml.) con CH3CN
4- Estrazione di rotenone dall’olio d’oliva
A 5 gr di olio d’oliva vengono aggiunti 208,3 µl di standard interno a 6 ppm. La
soluzione viene così omogeneizzata. A 3 gr di questa si aggiungono 5 ml di CH3CN
ed il tutto viene emulsionato agli ultrasuoni. Per l’estrazione si utilizza una cartuccia
C18 (10 gr) su cui viene caricata la soluzione ed addizionati 40 ml di CH3CN. Infine
l’eluato è portato a secco mediante rotavapor e poi ripreso con 1 ml di CH3CN. Il
campione risulta così pronto per l’analisi ed ad essere iniettato nello spettrometro di
massa.
Utilizzando la procedura sperimentale appena descritta si costruisce una curva di
calibrazione in matrice, utilizzando olio d’oliva privo di rotenone, questa è stata
costruita per alcuni campioni in un range da 0,05/0,3……..1, 6/0,3 ppm:
- Punto a 0,05 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 39,7 µl di
rotenone (12,6 ppm) e 100 µl di standard interno (30 ppm)
- Punto a 0,1 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 79,4 µl di rotenone
(12,6 ppm) e 100 µl di standard interno (30 ppm)
- Punto a 0,2 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 158,6 µl di
rotenone (12,6 ppm) e 100 µl di standard interno (30 ppm)
- Punto a 0,4 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 317,6 µl di
rotenone (12,6 ppm) e 100 µl di standard interno (30 ppm)
- Punto a 0,8 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 63,5 µl di rotenone
(126 ppm) e 100 µl di standard interno (30 ppm)
- Punto a 1,6 ppm: circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 127 µl di rotenone
(126 ppm) e 100 µl di standard interno (30 ppm)
A 5 gr degli ultimi tre campioni vengono aggiunti 62,5 µl di standard interno a 16
ppm.
La curva di calibrazione per l’analisi quantitativa di questi ultimi tre campioni è stata
preparata in un intervallo cha va da 0,025/0,25…….0,8/0,25 ppm:
- Punto a 0,025 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 39,7 µl di
rotenone (6,3 ppm) e 62,5 µl di standard interno (32 ppm)
- Punto a 0,5 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 39,7 µl di rotenone
(12,6 ppm) e 62,5 µl di standard interno (32 ppm)
- Punto a 0,1 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 79,4 µl di rotenone
(12,6 ppm) e 62,5 µl di standard interno (32 ppm)
- Punto a 0,2 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 158,6 µl di
rotenone (12,6 ppm) e 62,5 µl di standard interno (32 ppm)
- Punto a 0,4 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 317,6 µl di
rotenone (12,6 ppm) e 62,5 µl di standard interno (32 ppm)
- Punto a 0,8 ppm: a circa 10 gr di olio d’oliva si aggiungono 63,5 µl di rotenone
(126 ppm) e 62,5 µl di standard interno (32 ppm)
5- Analisi Quantitativa
Gli esperimenti di quantificazione eseguiti su un triplo quadrupolo (Applied
Biosystem/MDS Sciex API 2000TM LC/MS/MS System, Toronto, Canada; Software:
Analyst® version 1.2) operando in condizioni MRM. La soluzione analitica viene
spinta nel nebulizzatore mediante una iniezione in flusso (FIA). La velocità di flusso
è fissata a 400 µl min-1 in CH3CN/H2O (50/50).
Gli esperimenti sono effettuati ad una temperatura della sorgente (TEM) di 350 °C ed
alle pressioni del “curtain gas” (CUR), delle sorgenti gassose (GS1, GS2)
rispettivamente di 38,50 e 70 psi; mentre la corrente del nebulizzatore (NC), il
potenziale di declustering (DP), il “focusing potential” (FP) e l’ “entrance potential”
sono stati rispettivamente fissati a 5,90 V, 5 V e 12 V. IL valore dell’energia di
collisione (CE) è di 44 eV e la pressione del gas di collisione (CAD) è stato fissato a
3 (2,38x105 molecole cm-2); il potenziale del plate Multi-Channel è stato impostato a
2000 V.
Il limite di rivelazione (LOD) ed il limite di quantificazione (LOQ) per ogni
campione dell’alimento è stato calcolato seguendo le direttive IUPAC e della
“American Chemical Society’ s Committe on Enviromental Analytical Chemistry” :
SLOD = SRB + 3σRB
SLOQ = SRB + 10σRB
dove SLOD descrive il segnale al limite di rivelazione, SLOQ descrive il segnale al
limite della quantificazione, SRB è il segnale del bianco di riferimento e σRB è la
deviazione standard da questo.Le concentrazioni sono state calcolate dalla curva di
taratura.
CAPITOLO 5
Risultati e Conclusioni
La chimica in fase gassosa delle specie [M+H]+, ottenute mediante ESI-MS dal
rotenone e dal suo cicloaddotto col nitrilossido, è caratterizzata dalla comparsa nello
spettro MS2 di uno ione a 192 m/z, analizzato ad alta risoluzione, corrispondente ad
un catione radicalico di composizione elementare C11H12O3+, dove la struttura
corrisponde al catione radicalico 6,7-Dimetossi-2H-benzopirano.
Tale picco risulta uno dei più abbondanti dello del cicloaddotto sintetizzato.
In particolare, lo ione a 192 m/z è accompagnato da un picco a 193 m/z, le cui
intensità relative sono rispettivamente 100% e 43%.
Questi due ioni, infatti, potrebbero derivare da una frammentazione di retro DielsAlder dell’unità A del rotenone:
La formazione della specie radicalica, 192 m/z, derivante dal rotenone protonato si
attribuisce ad un processo di retro Diels-Alder del cartione radicalico intermedio
ottenuto per perdita di un atomo di H dal precursore.
Le transizioni [M+H ]+ → m/z 192 del rotenone e del suo addotto sono altamente
specifiche e possono essere utilizzate per applicazioni analitiche relative alla
determinazione quantitativa del rotenone in diverse matrici organiche.
Nel caso particolare la determinazione di rotenone nell’olio d’oliva è stata condotta
seguendo le transizioni m/z 395 → m/z 192 per il rotenone e m/z 514 → m/z 192 per
il cicloaddotto (lo Standard Interno).
La curva di calibrazione (y = 10,615 x – 0,2022), costruita come descritto
precedentemente nel capitolo sperimentale, presenta un buon fattore di correlazione
(R2 = 0,9920).
Dati analitici della curva di calibrazione ottenuta in matrice:
SoluzioniStandard Rapporto
Media
Rapporto
(ppm)
Rapporto
Dev.
Area
Area
0,271
0,014
5,03
0,571
0,058
10,10
0,791
0,075
9,44
1,630
0,171
10,48
3,743
0,196
5,24
8,500
0,180
2,12
Area
RSD %
Stand. (rapporto)
0,266
0,025
0,260
0,286
0,576
0,050
0,511
0,626
0,773
0,100
0,873
0,727
1,650
0,200
1,790
1,450
3,630
0,400
3,630
3,970
8,450
0,800
8,700
8,350
Ogni punto della curva di calibrazione ( y = 10,615 x -0,2022, R2 = 0,9920) è stato ottenuto da
soluzioni contenenti 0,100 ppm di standard interno
La procedura è stata applicata ai campioni A-E al fine di valutare la riproducibilità
delle misure e mettere a punto una metodica valida.
I valori relativi alla precisione (RSD%) determinati sono in tutti i casi più bassi del
9%.
Inoltre l’accuratezza e la deviazione standard relativa sono state valutate per due
campioni trattati con quantità differenti di rotenone:
Rotenone
Rotenone
Campione
(Data
contenuto
RSD
contenuto
RSD
nell’olio
%
nelle drupe
%
di
raccolta)
(ppm)
(ppm)
A (27/10/03)
9,385 ± 0,150
1,60
2,105 ± 0,091
4,32
B (29/10/03)
0,526 ± 0,022
4,18
0,130 ± 0,006
4,61
C (05/11/03)
0,365 ± 0,020
5,48
0,091 ± 0,004
4,39
D (20/11/03)
0,178 ± 0,013
7,30
0,033 ± 0,004
12,12
E (04/12/03)
0,035 ± 0,003
8,57
--------
------
In figura sono riportati i dati relativi dell’olio d’oliva prodotto dai campioni A-E, tali
campioni sono stati raccolti nel periodo indicato.
0,7
ppm
0,6
y = 0,7041e-0,0729x
R2 = 0,9503
0,5
0,4
0,3
0,2
0,1
0
0
10
20
30
40
giorni
Questi valori mostrano che, al limite della curva di calibrazione, la metodologia
applicata risiede entro il limite per ogni determinazione sperimentale.
Rotenone
Rapporto
Calcolo
della RSD %
Accuratezza
(ppm)
Area
concentrazione (media)
(media)
(ppm)
0,070
1,000
1,01
0,068
0,98
0,066
1,01
0,067
0,98
0,066
0,99
0,067
16,50
0,919
17,20
0,957
16,10
0,897
15,90
0,886
16,90
0,941
1,14
95,40
3,23
92,01
Secondo le direttive UE, le drupe da produzione biologica dovrebbero contenere una
quantità di rotenone che non superi i 40 ppb, questo limite dovrebbe essere raggiunto
10 giorni dopo il trattamento della pianta..
Sebbene l’imprevedibilità delle condizioni climatiche potrebbe influenzare in
maniera random il meccanismo di eliminazione del rotenone dalle piante trattate, ad
ogni modo è stata ottenuta una curva di decadimento del rotenone soddisfacente (R2 =
0,9503). E’ possibile ipotizzare che il rotenone decadi rapidamente nei primi due
giorni successivi al trattamento, dal momento che i dati ottenuti per il campione A
non sono in accordo con quelle degli altri. Infatti per tale campione si osserva un
decadimento esponenziale.
La differenza nel grado di contaminazione tra drupe ed olio, seppure appartenenti alla
stessa epoca di raccolta, è dovuta:
• alla migliore solubilità del rotenone nelle sostanza grasse;
• alla resa stimata dell’olio dalle drupe che è del 15%.
È possibile notare che in tali sperimenti il limite dei 40 ppb viene raggiunto entro i
10 giorni successivi al trattamento, fissati dall’UE, ad ogni modo tale periodo non
è sufficientemente lungo da provocare una riduzione di concentrazione nell’olio
d’oliva.
Infine la valutazione del LOD e del LOQ del campione analizzato viene riportato
in tabella.Si ottengono buoni risultati dall’analisi delle matrici contaminate nei più
bassi range di ppb.
Media Valori
RSD
LOQ
LOD
(ppm)
%
(ppm)
(ppm)
B
0,509 ± 0,039
7,66
0,023
0,022
C
0,370 ± 0,031
8,38
0,023
0,022
Campione
Conclusioni
Dai risultati ottenuti, anche se preliminari, sembra che il tempo di sicurezza del
Rotenone debba essere incrementato rispetto a quanto previsto dalla legislazione. Il
nuovo metodo analitico sviluppato è più sensibile dei classici metodi HPLC-UV. La
risposta del metodo è inequivocabile in quanto le transizioni utilizzate sono
specifiche dell'analita. Il metodo di estrazione utilizzato è piu rapido della classica
estrazione liquido-liquido. Il tempo di analisi è estremamente breve se paragonato al
metodo HPLC. Infine, la spemometria di massa è un valido metodo analitico per la
determinazione quantitativa del rotenone nelle olive e negli oli di oliva. Infatti, esso è
caratterizzato da maggiore sensibilità e sicurezza nella identificazione molecolare
rispetto alle classiche metodologie analitiche riportate in letteratura che utilizzano
l'HPLC.
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