Pittura italiana tra 1500 e 1600 I Carracci e il Caravaggio Pasquale Cati – Il Concilio di Trento Cappella Altemps – 1588-89 IL CONCILIO DI TRENTO La grave crisi religiosa iniziata a fine ‘400 a Firenze con il Savonarola culmina con la Riforma a Protestante. La dottrina Luterana avrà n forte impatto sull’arte con un distacco netto dalla tradizione classica e, sollevando un dibattito sul ruolo del’arte sacra, sancirà una feroce iconoclastia. In seguito a questo orientamento, la stessa reazione popolare sarà, nei paesi dell’Europa centro-settentrionale, accanitamente distruttiva nel confronti delle immagini, in particolare quelle ispirate all’antico dove comparivano nudi eroici e mitologici. La reazione della Chiesa cattolica sarà portata avanti nel Concilio di Trento dove l’ultima seduta, il 3 dicembre 1563, fu interamente dedicata al problema delle immagini religiose. Sia le vaghe indicazioni emerse dal Concilio, ma soprattutto la dettagliata precettistica successiva, ribadirono la necessità delle immagini nei luoghi sacri, l’importanza del loro uso per la devozione e la conversione popolare, ma con una forte attenzione al rispetto dei testi sacri, il bisogno di convenienza e decoro, il rifiuto del mondo classico, l’abolizione del nudo nonché la supervisione dei Vescovi ogni qual volta si sarebbero dovute collocare nuove opere nei luoghi pubblici. Le immagini dovevano, in modo semplice e chiaro, predisporre alla preghiera e suscitare fede e devozione. Tra gli scritti più significativi si possono ricordare i Due dialoghi … degli errori de’ pittori, circa l’historie, con molte annotazioni fatte sopra il Giudizio Universale fatto dal Buonarroti dell’ecclesiastico Giovanni Andrea Gilio da Fabriano, pubblicati nel 1564; la Lettera scritta agli Accademici del Disegni l’anno 1582, con la quale mostra quanto pericolosa sia all’animo degli artefici di pittura e scultura esercitar l’arte loro in rappresentazioni meno che oneste di Bartolomeo Ammannati; il Discorso intorno le immagini sacre e profane, diviso in cinque libri, dove si scoprono varii abusi loro e si dichiara il modo che cristianamente si dee osservare nelle chiese e né luoghi pubblici, del Cardinale Gabriele Paleotti, pubblicate nel 1582. Il Cardinale Carlo Borromeo scriverà, poi, le Instructiones, caratterizzate da un eccessivo moralismo dogmatico, già condannato all’epoca. Ma ancora va ricordato il Cardinale Federigo Borromeo che nel 1624 scrive il De Pictura Sacra, noto perché nel 1618 istituì a Milano l’Accademia di Belle Arti dove si producevano opere conformi alle norme del Concilio di Trento. Va anche detto che solo in pochi ambienti tali indicazioni furono rispettate e non impedirono l’evolversi di altre forme espressive originali e anticonformiste come quelle del Caravaggio. Inoltre lo stesso classicismo, condannato dalla Controriforma Cattolica, rimarrà per tutto il ‘600 il modello stilistico di riferimento. LA PITTURA ITALIANA Due linee stilistiche Classicismo I CARACCI Realismo CARAVAGGIO Ludovico Carracci (1555-1619) Annunciazione (1585) L’ambiente è disadorno, a sottolineare una condizione di austerità morale, ma lo spazio è chiaramente definito sia dalla parete di fondo che dalla rigida griglia prospettica del pavimento di quattrocentesca memoria. Le due figure si stagliano nettamente nello spazio interno, distanti, chiaramente definite e contrapposte l’una all’altra. La visione prospettica è dall’alto in modo da togliere ogni carattere di monumentalità alle figure stesse, rimarcandone la sottomissine al volere del Signore. Entrambe le figure svolgono il ruolo a loro assegnato da Ludovico : l’angelo inginocchiato di fronte a Maria le porge il giglio e indica con un dito il cielo. Maria, che è intenta alla preghiera, all’annuncio dell’angelo reagisce abbassando gli occhi e incrociando le mani sul seno, in gesto di umiltà e di accettazione del disegno divino prestabilito per lei. Dalla finestra sulla parete di fondo, tagliata a metà in altezza per sottolineare l’inquadratura diagonale dall’alto, una colomba bianca ad ali spiegate sta entrando nella stanza e con essa entra un fascio di luce che inonda la Vergine Maria, quale simbolo dalla presenza di Cristo, creando attorno al suo volto un alone luminoso che la identifica come il soggetto principale della tela. L. Carracci – Annunciazione - 1585 – Bologna, Pinacoteca nazionale La tela è chiusa sul lato sinistro dalle ali spiegate dell’angelo, che segnano l’arrivo in volo dello stesso. Il lato destro è concluso da un drappo nero che chiude lo spazio del dipinto senza attirare l’attenzione dell’occhio dell’osservatore. L’evento è rappresentato con chiarezza e semplicità, ogni particolare è descritto con forte realismo per rendere più concreto il fatto narrato. Non troviamo, infatti, nessun elemento soprannaturale come cori di angeli o apparizioni di figure celesti tra le nuvole, tradizionalmente presenti in dipinti di questo genere. Gli atteggiamenti dei due personaggi sono espressi con naturalezza, i gesti son contenuti e, assieme alle espressioni dei volti, manifestano i loro sentimenti interiori. I colori sono smorzati e la stanza è in penombra. Tali caratteri definiscono un ambiente semplice e modesto, creando un atmosfera raccolta e tranquilla che bene si adatta alla preghiera. Il linguaggio artistico di Ludovico si fonda, quindi, sull’osservazione e lo studio del reale, pur facendo riferimento all’esperienza pittorica rinascimentale. La classicità è espressa dal’equilibrio della scena, dalla chiarezza del disegno, dal riferimento a composizioni simili del rinascimento. Il tema dell’Annunciazione B. Angelico – metà ‘400 S. Botticelli - 1498 D. Veneziano - 1527 L. Carracci - 1585 A. Carracci – Il mangiafagioli 1584 – Roma, Galleria Colonna Annibale Carracci (1560-1609) Il mangiafagioli (1584) L’arte dei Carracci vuole allontanarsi dalle esagerazioni e dalle sofisticazioni del manierismo. Questa strada verrà percorsa attraverso il riferimento alla tradizione alto rinascimentale : Tintoretto, Veronese; ma con l’aggiunta di una particolare attenzione per lo studio della realtà nelle sue varie manifestazioni e storie. Nel Mangiafagioli il realismo è dato non solo dal soggetto, che rappresenta un popolano che consuma il suo frugale pasto contadino, ma anche dal modo con cui si svolge la scena, in quanto Annibale ci presenta l’avidità con cui l’uomo si riempie la bocca con i fagioli, tendendo stretto nella mano sinistra un tozzo di pane. Gli abiti dismessi dell’uomo, le cibarie sul tavolo con le briciole di pane, l’angolo della finestra con l’intonaco scrostato, le pareti disadorne, ambientano perfettamente la scena nella povertà quotidiana del popolano. Il Mangiafagioli è un’opera giovanile di Annibale e rappresenta una delle prime scene di genere della pittura italiana. Con il termine “scene di genere” si intendono quelle opere che attingono i soggetti dalla vita quotidiana in atteggiamenti del tutto casuali e istintivi. Tradizionalmente queste opere appartenevano ad un genere ritenuto minore rispetto a quello delle rappresentazioni sacre, storiche o mitologiche. A. Carracci – La bottega del macellaio 1585 – Oxford DESCRIZIONE Un garzone in basso sta per sgozzare un agnello; un macellaio pesa la carne, in posizione frontale e non impostata; La scena è piena di particolari che aiutano l’osservatore a capire con immediatezza il lavoro che vi si svolge; Il soldato a sinistra attende la consegna della merce; In secondo piano il macellaio dispone le bistecche sul piano e una signora sta per acquistarle; Il bue squartato alla destra è tagliato da un inserviente. COMPOSIZIONE Tutte le figure sono distribuite su due piani paralleli, frontali rispetto all’osservatore, come in un fregio classico. La distribuzione orizzontale delle figure è ritmica e consequenziale; Al centro lo sfondamento prospettico è ottenuto facendo accucciare l’inserviente in primo piano e ponendo le carcasse degli animali in leggera prospettiva; A. Carracci – La bottega del macellaio 1585 – Oxford RIFERIMENTI Le figure si rifanno alle nature morte di origine fiamminga, caratterizzate da un apparato descrittivo molto particolareggiato; Sono ripresi alcune fonti iconografiche tipiche nelle pale d’altar o nei soggetti mitologici della pittura del ‘400, come il soldato a sinistra; Annibale vuole adeguare la ricerca fatta sulla natura ai canoni della tradizione rinascimentale. Questa necessità scaturisce dall’idea che la varietà della natura non possa essere riproducibile così come si presenta ai nostri occhi, ma l’artista ha il compito di scegliere, filtrare e riordinare tale disordine. Pertanto i canoni della tradizione rinascimentale servono ad Annibale come strumenti di riordino della molteplice varietà delle forme del reale. TECNICA PITTORICA Usa una tecnica veloce nell’ esecuzione; La pennellata è larga e densa ed è stesa cnn tocchi energici; Questa pennellata modella le forme con grande forza plastica. COLORI C’è una dominante del rosso che tende a caratterizzare alcune forme. Altre figure emergono per contrasto con il rosso attraverso l’uso di colori neutri : bianco e nero. Ci sono molto precedenti di queste scene di genere, in particolare dai paesi nordici, portate dai pittori che venivano a soggiornare in Italia. Rispetto al Passarotti vengono eliminati gli aspetti caricaturali e grotteschi per una soluzione meno teatralizzata e più naturale. L’opera di van Rick, invece, si carica di valenze moralistiche di stampo religioso, dove la giovane e provocante macellaia è contraposta alla vecchia e rugosa, ad indicare la fugacità della vita. A. Carracci – La bottega del macellaio 1585 – Oxford B. Paserotti – Macelleria - 1573 – Pal. Barberini, Roma P. C. van Rick – Macellaia in cucina - 1604 – Germania P. C. van Rick – Macellaia in cucina - 1604 – Germania (particolare) Annibale Carracci (1560-1609) La Galleria Farnese (1597-1601) Trionfo di Bacco e Arianna Nel 1595, su incarico del Cardinale Odoardo Farnese, Annibale Carracci viene incaricato di affrescare dapprima il Camerino, il piccolo studiolo privato del Cardinale, e successivamente, visto l’ottimo risultato raggiunto, la Galleria del palazzo, che era destinata ad ospitare parte della famosa collezione di antichità della famiglia Farnese. La difficoltà dell’incarico stava nella forma stessa della galleria che era stretta e lunga, coperta con una volta a botte. Annibale decide così di fondere i principi della “quadratura architettonica”, tipologia molto usata nei palazzi rinascimentali, con il sistema a “quadri riportati”. Quadraturismo La quadratura è una tecnica illusionistica che tende ad ottenere una vera e propria architettura dell’inganno, attraverso una struttura dipinta che crea uno spazio immaginario. La tradizione di questa tecnica risale al Rinascimento. Nei trattati di architettura del XVI secolo è dato molto spazio allo studio della prospettiva applicata, e ispireranno il genere della quadratura. Esempi famosi dell’uso della quadratura sono la Volta della Cappella Sistina di Michelangelo, il Veronese a Villa Barbaro Maser, Giulio Romano nella Sala dei Giganti a Palazzo Tè. A. Carracci – Trionfo di Bacco e Arianna - Volta della Galleria, Palazzo Farnese - Roma Annibale Carracci (1560-1609) Il tema è un ciclo mitologico che raffigura gli amori degli dei e nelle fasce parietali le Virtù. Il riquadro centrale raffigura il Trionfo di Bacco e Arianna, mentre attorno ad esso, all’interno di scomparti minori concepiti come “quadri riportati”, sono raffigurati dei dell’Olimpo, fauni, ninfe, ciclopi. Lo studio del “naturale” che Annibale ha sperimentato durante gli anni bolognesi, continua ad essere una componente fondamentale del linguaggio pittorico dell’artista, in quanto consente di restituire verosimiglianza ai gesti ed alle pose degli dei i quali, nella apparente ed immediata spontaneità, nascondono colte citazioni e rimandano a fonti letterarie antiche. Con quest’opera Annibale cerca di ritrovare l’unità linguistica che era andata perduta nella pittura degli ultimi decenni del ‘500, ritornando ad una potente rievocazione del mito e dell’antico; ponendo, inoltre, le premesse per lo sviluppo della grande decorazione seicentesca. A. Carracci – Trionfo di Bacco e Arianna - Volta della Galleria, Palazzo Farnese - Roma Annibale Carracci (1560-1609) \ A. Carracci – Trionfo di Bacco e Arianna Volta della Galleria - , Palazzo Farnese, Roma A. Carracci – Trionfo di Bacco e Arianna - Volta della Galleria, Palazzo Farnese - Roma La concezione architettonica dello spazio realizzato da Annibale ricorda la Cappella Sistina di Michelangelo sia nella struttura generale dll’impianto, sia nelle figure stesse come quelle degli ignudi con le loro torsioni e tutta la loro virilità. Classicismo e Barocco sono presenti entrambi in quest’opera. Il primo nella esatta corrispondenza dei gruppi di figure a destra e a sinistra, nel tema mitologico, nella nudità idealizzate delle figure. Il barocco nella nelle prospettive fantastiche, nelle suggestioni ottiche dei quadri appesi e nell’illusionismo dello spazio con il soffitto aperto sul cielo. Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (1571-1610) Annibale Carracci (1560-1609) A. Carracci – Trionfo di Bacco e Arianna Volta della Galleria, Palazzo Farnese - Roma Il riposo durante la fuga in Egitto – 1594-96 Vocazione di San Matteo - 1599 Vocazione di San Matteo - 1599 La morte della Vergine - 1606 Santa Maria del Popolo Cappella Cerasi Tiberio Cerasi, tesoriere di Papa Clemente VII, incarica Caravaggio per l’esecuzione di due dipinti : la conversione di San Paolo e la Crocifissione di San Pietro, gli stessi temi trattati da Michelangelo nella Cappella Paolina in Vaticano. Il pittore sceglie per la rappresentazione l’istante in cui San Paolo, che in qualità di governatore di Damasco aveva guidato la persecuzione contro i Cristiani, cade da cavallo colpito da una potente apparizione di Cristo e diventa cieco. Caravaggio realizza la composizione in modo del tutto originale attraverso la frammentazione delle figure nello spazio ristretto della scena, unificate, però, dalla presenza della luce. La figura di San paolo, adagiata a terra sul limite della tela, in basso, è fortemente scorciata e ad essa si contrappone la massa del cavallo, che occupa quasi tutta la tela, e la figura del servitore che emerge da una profonda oscurità. La scena ha un forte contenuto realistico in quanto non traspare, di primo acchito, la presenza divina che è sostituita dalla sola presenza del fascio luminoso che scende violento sul corpo di San paolo ed assume un valore simbolico in relazione al racconto stesso. Il fascio luminoso “divino” è sottolineato, inoltre, dalle chiazze bianche del pelo e della criniera del cavallo che indirizzano lo sguardo verso la figura di San paolo. Conversione di San Palo – 1600-01 – Cappella Cerasi; Roma Santa Maria del Popolo Cappella Cerasi Conversione di San Palo – 1600-01 – Cappella Cerasi; Roma Crocifissione di San Pietro – 1600-01; Cappella Cerasi - Roma Santa Maria del Popolo Cappella Cerasi La scena ricorda il martirio di San Pietro quando nel Circo di Nerone venne crocifisso a testa in giù da tre sgherri. Caravaggio, per concentrare l’interesse sulla scena riduce la presenza degli astanti a sole quattro persone, evitando ulteriori testimoni e la dispersione dello sguardo nell’interno dello spazio circense. Mentre dei servi si intravvede il volto di uno solo di essi, San Pietro è visto frontalmente e il fatto che sia sollevato dalla croce testimonia che Caravaggio lo rappresenta come una persona lucida, che è cosciente e accetta il suo tragico destino. La drammaticità della scena è costruita attraverso le diagonali della croce con il corpo del santo, croce che è ripresa dalle quattro figure umane. La tensione drammatica scaturisce sia dall’equilibrio instabile in cui adagia la croce in diagonale, sia dallo sforzo fisico tremendo messo in atto dagli sgherri per perpetrare l’assassinio con l’infissione della croce a terra. Pittura Barocca Italiana Tronfi e illusioni Palazzo Barberini, Roma Il Trionfo della Divina Provvidenza è basato sulla glorificazione del casato dei Barberini di cui Urbano VIII, al secolo Maffeo Barberini, è il principale esponente. L’eccezionale risultato si fonda su un virtuosismo spaziale stupefacente ottenuto mediante spericolate invenzioni formali ed un vivace utilizzo del colore. Il programma iconografico dell’elaborata allegoria celebrativa prevedeva la copertura ad affresco dei 600 mq. di soffitto. L’affresco è suddiviso in cinque spazi distinti, di cui quello centrale più ampio e quattro ai lati della volta. Le raffigurazioni sono inserite all’interno di una struttura architettonica dipinta, intervallata agli angoli da medaglioni con episodi allegorici, circondati da finte statue monocrome. L’episodio centrale rappresenta l’Apoteosi dei Barberini, il cui stemma è composto dalle api, dai rami di alloro e altri elementi. Nella parte alta sono raffigurate le personificazioni di Fede, Speranza e Carità, Religione e Roma. Le ultime due alludono a pontificato di Urbano VIII in quanto portano il triregno e le chiavi pontificie. In basso la Divina Provvidenza sta seduta sulle nubi e tiene in mano lo scettro con cui dirige il tempo, rappresentato dalla figura di Saturno – Crono, ignuda e armata di falce. La Divina Provvidenza è circondata da virtù tra cui la Giustizia, la Misericordia, l’Eternità, la Verità, la Fede, la Speranza, la Carità e l’Immortalità, che reca una ghirlanda di stelle con la quale si appresta ad incoronare l’insegna di Urbano VIII. Le scene rappresentate ai lati celebrano le virtù del Papa e della sua famiglia tramite episodi mitologici. Pietro da Cortona Trionfo della Divina Provvidenza 1633-39 Palazzo Barberini, Roma Chiesa del Gesù Vignola (pianta e interni) – 1571-84 Giacomo dalla Porta (facciata) – 1571-84 Chiesa del Gesù Roma I gruppi di figure dilagano nello spazio della volta della Chiesa del Gesù, uscendo anche dalle cornici stesse del dipinto e coinvolgendo, in questa apoteosi artistica, anche gli stucchi bianchi e dorati e gli inserti scultorei. Questa schiera di figure sembra sgorgare dalla fonte di luce che emana dal monogramma del nome di Cristo. L’esplosione di forme e di figure, l’illusionismo dello spazio infinito, la dimensione spirituale della luce che domina e unifica il dipinto, il dinamismo dilagante, la fusione di pittura, scultura e architettura, sono tipici elementi della stagione barocca. Giovan Battista Gaulli Trionfo del nome di Cristo 1672-75 Chiesa del Gesù, Roma Chiesa di Sant’Ignazio Roma Andrea Pozzo, Padre gesuita, viene chiamato a Roma per decorare il soffitto dela Chiesa di Sant’Ignazio, la seconda chiesa gesuita per importanza dopo il Gesù. L’incarico prevede la realizzazione degli affreschi dell’abside e di un affresco monumentale nella volta, sopra la navata centrale, di 17 metri di larghezza per 36 di lunghezza. Il tema trattato sul soffitto è dedicato all’apoteosi di Sant’Ignazio di Loyola, fondatore dell’Ordine di Gesuiti. Il contenuto dell’affresco è l’ Allegoria dell’opera missionaria dei gesuiti. Andrea Pozzo La Gloria di Sant’Ignazio 1691-94 Chiesa di Sant’Ignazio, Roma Andrea Pozzo La Gloria di Sant’Ignazio 169194 Chiesa di Sant’Ignazio, Roma Al centro dell’immagine è sospesa la santa Trinità dalla quale proviene un raggio di luce diretto verso Sant’Ignazio, trasportato dagli angeli sulle nuvole, dove si frantuma in quattro strali che ricadono sulle quattro parti della terra allora conosciute, rappresentate dal piano attico della finta architettura. Il fuoco divino viene quindi trasmesso da Cristo a Ignazio che lo diffonde in tutte le parti della terra. Le personificazioni delle parti della terra si rivolgono raggianti al Santo, poiché solo grazie all’opera di conversione dell’Ordine dei gesuiti sono state liberate dall’eresia e dall’idolatria. Padre Pozzo è matematico, scenografo e autore di un trattato di prospettiva, ricco di soluzioni ottiche per la realizzazione di spazi fittizi. In quest’opera Pozzo prende una posizione contraria alla quadratura detta “a punto di fuga mobile” che prevedeva costruzioni prospettiche incentrate su più punti di fuga. Pozzo in fatti era convinto che tale metodo contravvenisse al presupposto che ogni esatta costruzione geometrica non possa prescindere dal considerare come unico punto di convergenza reale e simbolica l’occhio di Dio. Coerentemente nella volta di Sant’Ignazio oltre alla architettura reale si sviluppa una complessa quadratura convergente verso un unico punto centrale, che crea uno spazio ulteriore oltre a quello esistente. Questo sfondamento prospettico verso l’infinito allude, ovviamente, all’intuizione dello spazio divino, contiguo alo spazio umano, miracolosamente percepibile nell’ambito dell’esperienza terrena. Nello spazio della volta si spalanca un cielo luminosissimo, percorso da figure in volo che ascendono richiamate dalla fonte divina. L’intento dell’autore è quello di ricreare nell’osservatore, secondo i dettami del barocco, quell’estasi mistica che allude all’intuizione della presenza di Dio. Per ammirare correttamente quest’opera il Pozzo stesso ha indicato il punto di osservazione i un disco di marmo al centro della navata maggiore in cui l’osservatore deve piazzarsi per percepire la costruzione prospettica della finta architettura.