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Digital Marketing Communication
Margherita Corniani∗
1. Comunicazione aziendale esterna e mercati globali
La comunicazione aziendale individua un processo intenzionale e finalizzato
volto al trasferimento di messaggi a contenuto informativo e/o simbolico
indirizzati ad una pluralità di pubblici (interni, esterni, co-maker 1 ), per il
perseguimento di obiettivi che possono essere commerciali, organizzativi o
istituzionali ed è attivabile con l’ausilio di strumenti personali, non personali, o
personalizzati di massa (comunicazione integrata)2.
La comunicazione aziendale rivolta a pubblici esterni può quindi perseguire
finalità di ordine commerciale, istituzionale o organizzativo, singolarmente o
congiuntamente, a seconda degli specifici destinatari cui si rivolge e della
contingente esigenza per cui è attivata. In tal senso, la pubblicità che comunica le
giornate di apertura dei punti vendita di una catena di supermercati nei giorni di
festa risponde sia ad obiettivi organizzativi, sia di ordine commerciale. Nello
stesso modo, iniziative di pubbliche relazioni che mirano alla promozione di una
impresa presso definiti pubblici non possono essere semplicisticamente
catalogate rispetto al perseguimento di finalità istituzionali, senza riconoscerne
gli indubbi obiettivi anche di ordine commerciale.
Tuttavia, una parte consistente della comunicazione aziendale esterna è attivata
con finalità commerciali o prevalentemente commerciali ed, in questo caso, si
identifica con la cosiddetta marketing communication. Tale comunicazione si
caratterizza perciò per veicolare a definiti pubblici obiettivo messaggi finalizzati
ad agevolare i processi di marketing e, per questo motivo, si indirizza tipicamente
alla domanda intermedia e/o a quella finale.
La domanda finale individua l’ultimo acquirente del bene che, sovente,
coincide anche con il suo consumatore; la domanda intermedia, invece, è
costituita dal cliente o dai clienti che si collocano, appunto, in una posizione
intermedia lungo la supply chain e che acquistano un prodotto per riutilizzarlo
nella propria attività, sia essa di trasformazione produttiva o commerciale.
La distinzione tra i destinatari della marketing communication rappresenta un
elemento esplicativo delle diverse articolazioni di questa comunicazione nei
∗
Professore Associato di Economia e Gestione delle Imprese, Università degli Studi di MilanoBicocca
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mercati globali ed origina all’interno dell’impresa, in ragione delle differenti
finalità commerciali e, quindi, di comunicazione, che caratterizzano le relazioni
con la domanda intermedia e quelle attivate con la domanda finale. Tuttavia, una
più completa comprensione delle motivazioni che inducono le imprese allo
sviluppo di diverse tipologie di marketing communication (in relazione agli
strumenti attivati, agli oggetti della comunicazione ed ai modi ed ai tempi che la
caratterizzano) induce a considerare anche elementi esplicativi esogeni alla
gestione d’impresa ed, in tal senso, una utile chiave interpretativa può essere
offerta dalle dinamiche competitive che caratterizzano il contesto di mercato in
cui opera ogni impresa: mercati in scarsità di offerta, mercati in concorrenza
controllata e mercati in eccesso di offerta3.
1.1. Comunicazione di prodotto e mercati in scarsità di offerta
Nei mercati globali in condizioni di scarsità di offerta in cui cioè la domanda
globale eccede l’offerta per quantità dei beni disponibili, la comunicazione di
marketing tende a concentrarsi sul prodotto o, più in generale, sull’offerta
aziendale, caratterizzandosi nei riguardi della domanda finale per la prevalenza di
finalità informative.
□ Le campagne di advertising dei produttori di benzine per autotrazione
informano dell’esistenza di un nuovo prodotto con performance particolari (ad
esempio, in Italia, il diesel VPower di Q8).
La condizione di mercato in scarsità di offerta (cioè la posizione di controllo
delle quantità offerte e del loro prezzo da parte delle imprese offerenti) spinge la
domanda a ricercare il prodotto comunque, e la comunicazione commerciale,
tipicamente realizzata mediante la pubblicità, ha lo scopo di informare la
domanda finale della presenza di iniziative nuove, eventualmente anche per
agevolare lo sviluppo di relazioni di “fedeltà” alla marca o all’insegna. In effetti,
la clientela, di fronte ad offerte quantitativamente scarse, tende ad essere motivata
da logiche di prossimità, per cui ripete gli acquisti dove può farlo, in relazione
alle proprie esigenze ed abitudini di consumo. In tale contesto, quindi, non si può
propriamente attribuire il connotato della fedeltà agli acquisiti effettuati, quanto
quello della ripetitività, sovente motivata dalla assenza di valide alternative4.
In effetti, una delle principali caratteristiche dei mercati in scarsità di offerta è
determinata dalla presenza di strutture distributive che hanno un ruolo passivo
nella negoziazione con i produttori dai quali dipendono o per diretto legame
proprietario o per accordi contrattuali (ad esempio franchising, forme di esclusiva,
ecc.), subendo la determinazione delle quantità da vendere e l’imposizione del
prezzo da applicare al cliente finale.
La particolare relazione che si instaura tra produttore e distributore spiega le
motivazioni per cui la comunicazione che il produttore indirizza al suo
intermediario commerciale è normalmente scarna, essenziale e direttiva. Il
distributore, a sua volta, realizza (in base a precisi accordi e su esplicita
autorizzazione del produttore) una propria attività di comunicazione di marketing
verso la clientela, normalmente avvalendosi degli spazi offerti dal punto vendita,
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sfruttando le occasioni di contatto diretto, offerte dalla prossimità. I contenuti di
queste comunicazioni sono normalmente limitati ad offerte promozionali che
mirano ad attrarre i consumatori verso uno specifico punto vendita ed una
particolare modalità di acquisto, in un contesto competitivo complessivamente
caratterizzato da price competition.
1.2. Comunicazione di marketing e mercati in concorrenza controllata
Nei mercati globali in condizioni di concorrenza controllata, nei quali l’insieme
delle imprese offerenti si spartisce – controllandolo – un mercato saturo ma con
domanda aziendale parzialmente espandibile, la comunicazione di marketing
trova ampie possibilità di applicazione e tende anzi a configurare lo strumentochiave per l’espansione della domanda aziendale. In effetti, in questi mercati la
scelta alternativa tra offerte concorrenti non si svolge tanto in base a variabili
immediatamente confrontabili come il prezzo, quanto in relazione a variabili
“soft” e, soprattutto, in grado di stemperare l’asprezza del confronto diretto, come
l’immagine, la qualità percepita, il design, ecc. (non price competition)5.
□ I grandi produttori mondiali di birra industriale, in effetti, sono anche forti
investitori in comunicazione aziendale esterna, non solo pubblicitaria, con lo
scopo di promuovere notorietà ed immagine delle proprie offerte aziendali.
Anzi, l’investimento pubblicitario del settore deve essere considerato quale uno
degli elementi mediante i quali i grandi produttori mantengono la posizione
competitiva di dominio del mercato. In Italia, ad esempio, i principali
produttori di birra che investono in comunicazione pubblicitaria (Heineken
Italia, Birra Peroni Ind., InBev Italia, Carlsberg Italia e Ceres) investono quote
costanti tra il 4 ed 5 per cento6 del proprio fatturato per sostenere l’espansione
della domanda globale e per consolidare quella di marca. La pubblicità di
marca mira a diffondere associazioni positive nel pubblico, valorizzando
attributi di gioventù, moda e dinamismo, al di là del contenuto alcolico del
prodotto. Anzi, proprio l’esigenza di promuovere le marche “liberandole”
dalle connotazioni negative legate all’alcol, ha portato alcuni produttori ad
innovare, introducendo le birre analcoliche, spesso contrassegnandole con la
medesima marca del prodotto alcolico (ad esempio Beck’s), così da traslare le
connotazioni positive ottenibili da adeguate comunicazioni aziendali esterne.
La comunicazione di marketing rivolta alla domanda finale si sviluppa con
modalità indirette, cioè mediante strumenti di comunicazione che, come la
pubblicità, necessitano del supporto di soggetti terzi (i mezzi di comunicazione)
oppure secondo modalità dirette, variamente articolate in relazione alle specificità
di settore.
□ Nel caso delle birre industriali, ad esempio, una delle modalità dirette di
sviluppo della comunicazione esterna è rappresentata dai pub monomarca che
consentono la veicolazione in loco delle comunicazioni aziendali ad una
clientela che manifesta interesse attivo per la comunicazione e, soprattutto, è in
grado di rispondere immediatamente alla comunicazione ricevuta.
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La marketing communication in queste condizioni competitive costituisce
quindi il principale veicolo verso la domanda finale dell’identità di marca che
contribuisce a differenziare le offerte aziendali e a garantire l’adesione di
specifiche fasce di pubblico che rispondono con comportamenti di acquisto
ripetuto, motivato dall’apprezzamento di un definito sistema di attributi e valori
promossi dalla comunicazione aziendale di marca. La fedeltà di acquisto, quindi,
è prima di tutto spinta da dimensioni emotive di coinvolgimento e condivisione,
quindi da una adesione cognitiva che tende a far considerare la marca ed il
prodotto che essa rappresenta come il migliore, perché percepito di qualità
superiore alle offerte concorrenti. Tale valutazione, tuttavia, è del tutto soggettiva
ed è il frutto del complesso sistema di offerta e di comunicazioni attivato nel
tempo dalle imprese del settore.
In questo caso si afferma la pull policy che “prevede che siano i consumatori
finali, sulla base di proprie motivazioni, a scegliere direttamente il prodotto in
punti di vendita a self service, ovvero a richiedere espressamente il prodotto ai
dettaglianti nei negozi tradizionali. Tale politica presuppone che i produttori
impieghino ingenti risorse in strumenti di comunicazione persuasiva
(primariamente la pubblicità) per raggiungere un’elevata notorietà di marca ed
un’immagine molto caratterizzata. Il prodotto è così richiesto (“tirato”) dal
consumatore finale e i dettaglianti devono renderlo disponibile alla clientela e
soprattutto mantenerlo in assortimento”7.
Nel processo di scelta del consumatore, il prezzo pur essendo rilevante, diventa
una variabile secondaria, anche perché il sistema competitivo di produttori e
distributori tende a proporre prezzi complessivamente allineati ad un medesimo
livello.
□ I fumatori di sigarette difficilmente sono disposti a cambiare marca e spesso
ritengono che la propria scelta di consumo sia il frutto di un’analisi comparata
di diverse alternative, rispetto alle quali la marca individuata si è rivelata
essere di gusto più gradevole. Qualsiasi test cieco di prodotto consente tuttavia
di verificare come sia pressoché impossibile distinguere tra loro sigarette
“simili”. Ne consegue che a spingere verso il consumo di una definita marca di
sigarette non sia tanto il prezzo, mediamente allineato tra offerte concorrenti,
quanto il sistema di attributi che ogni marca promuove presso il pubblico,
mediante l’utilizzo della marketing communication.
In questi contesti competitivi, dunque, la comunicazione di marketing rivolta
alla domanda finale si concentra sullo sviluppo delle connotazioni quantitative
(notorietà) e qualitative (immagine) della marca, che individua quindi la specifica
relazione tra un’offerta aziendale e la domanda e tende ad attivare un sistema di
responsabilità che l’impresa si assume rispetto al mercato8. La marca si associa a
definiti prodotti, ma acquisisce una propria identità da essi distinta, tanto da
consentire alle imprese di adottare politiche di brand extension e, in generale, di
varia articolazione di uso della stessa (ad esempio, licensing 9 e product
placement10) e del portafoglio delle marche detenute11.
Nei mercati in scarsità di offerta la comunicazione di marketing è quindi
quantitativamente contenuta e si concentra sulla veicolazione di informazioni
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relative al prodotto, mentre nelle economie in concorrenza controllata le risorse
economiche destinate alla comunicazione aziendale esterna sono consistenti e
promuovono l’offerta tramite la marca che la contraddistingue.
Con particolare riguardo alla comunicazione pubblicitaria (uno degli strumenti
più utilizzati nella comunicazione indirizzata alla domanda finale), il sistema
degli investimenti effettuati nei mercati globali in concorrenza controllata diviene
un significativo elemento in grado di influenzare le performance aziendali: da una
parte, la comunicazione pubblicitaria mira a sostenere la notorietà e a qualificare
l’immagine della marca (effetto comunicazione) per mantenere o acquisire share
of mind nella domanda così da stimolare il processo di acquisto nel tempo (effetto
vendita); dall’altra parte, gli investimenti in pubblicità costituiscono anche un
preciso sistema di governo dei rapporti competitivi nel settore, e sono
rappresentativi della posizione concorrenziale che ogni impresa intende occupare.
Gli effetti complessivi della marketing communication sulla marca, infatti,
derivano dalla continua attività di pressione perpetuata dalle imprese, cioè dalla
cumulata delle risorse dedicate ad un pubblico target per un determinato periodo
di tempo e costringono le imprese a vincolarsi ad un percorso di pianificazione
degli investimenti. Per non vanificare gli investimenti sulla marca effettuati nel
tempo, infatti, le imprese debbono continuare a spendere per mantenere le
posizioni di notorietà acquisite, nonché confermare le connotazioni di immagine
affermate presso il pubblico, destinando con continuità quote rilevanti del proprio
fatturato alla comunicazione aziendale esterna. Tale indirizzo delle risorse
economie, in effetti, è cogente in un contesto competitivo con domanda satura nel
quale, di fatto, la crescita della quota di mercato di un’impresa si correla
all’andamento decrescente delle market share delle altre imprese. Gli
investimenti in pubblicità, così, tendono a costituire l’indicatore prospettico
dell’andamento delle quote di mercato delle imprese. Una politica di
investimento aggressiva, o di mantenimento o di abbandono di un mercato si
traduce nel tempo in un corrispondente incremento, mantenimento o in una
riduzione della quota di mercato12.
In tal modo, dunque, le imprese leader di un settore possono utilizzare gli
investimenti in comunicazione pubblicitaria per mantenere lo status quo
competitivo, stabilendo un livello di spesa comune, indirizzato a sostenere il
ruolo delle marche nei riguardi della domanda finale e di quella intermedia e
governando la stabilità delle quote di mercato.
La marketing communication, tuttavia, è utilizzata non solo nel supporto della
relazione imprese di produzione – domanda finale, ma anche delle relazioni tra
imprese di produzione e domanda intermedia e tra domanda intermedia e
domanda finale. In effetti, nei mercati in concorrenza controllata la domanda
intermedia commerciale assume un ruolo attivo nel processo negoziale con il
sistema della produzione. Ne consegue che la produzione non è in grado di
imporre le proprie condizioni al sistema distributivo, ma deve attivarsi, anche nei
riguardi della propria clientela intermedia, con lo sviluppo di adeguati strumenti
di marketing (trade marketing), compresa la marketing communication. È quanto
accade nella cosiddetta push policy che “prevede che siano gli intermediari di
vendita, e tipicamente i dettaglianti, a “spingere” il prodotto al consumatore
finale, sia con una favorevole esposizione sugli scaffali del punto di vendita, sia
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consigliando l’acquisto di definiti prodotti e marche. Tale politica presuppone che
i produttori esercitino un’attenta e continua incentivazione dei dettaglianti (di
norma con vantaggi elementari, quali la concessione di margini di vendita
superiori a quelli praticati dai concorrenti, la definizione di zone esclusive di
vendita, ecc.) e svolgano un’attività continuativa di contatto e di relazione tramite
la forza di vendita”13.
Naturalmente, la marketing communication indirizzata dalle imprese di
produzione al trade si avvale di strumenti differenti rispetto a quelli utilizzati nei
riguardi della domanda finale anche perché le finalità della comunicazione, pur
essendo in definitiva sempre di ordine commerciale, sono orientate allo sviluppo
di relazioni negoziali, rispetto alle quali gli elementi “soft” sono aggiuntivi e non
fondamentali. Queste relazioni si caratterizzano infatti per l’attenzione al prezzo e
per il ruolo negoziale che gli acquirenti assumono riguardo a questa variabile. Il
prezzo individua il costo complessivo della fornitura che comprende sia il costo
di acquisto dei prodotti, sia i costi legati alle condizioni della fornitura (modalità
di pagamento, modalità di consegna, tempi di consegna, ecc.).
La comunicazione di marketing tra produttori ed intermediari commerciali si
avvale quindi prevalentemente di rapporti personali e diretti tra venditori e
acquirenti (buyer) che professionalmente svolgono l’attività di vendita o acquisto
e sono specializzati nelle relazioni negoziali. Oggetto della negoziazione, oltre
alle condizioni che influenzano il costo di acquisto ed i potenziali margini
realizzabili dal distributore, sono anche le comunicazioni attivate dal produttore
alla domanda finale, in via autonoma (pubblicità, promozioni di prezzo,
sponsorizzazioni, ecc.) o nel punto vendita con la collaborazione del trade,
nonché le eventuali attività di comunicazione congiunta che possono essere
realizzate in partnership tra distribuzione e trade. In effetti, la spartizione della
rendita di canale costituisce il fulcro della negoziazione tra industria e
distribuzione. In tal senso, si configurano posizioni negoziali differenti a seconda
che la relazione sia realizzata con imprese di produzione leader (cioè
normalmente di grandi dimensioni, con forti capacità negoziali perché sostenute
dalla potenzialità di accesso a consistenti risorse finanziarie e con marche note ed
affermate nei singoli mercati) o con imprese di produzione di minori dimensioni
e di minore capacità negoziale. Nel primo caso, le imprese di produzione
riescono a mantenere posizioni di leadership e ad imporre alcune condizioni al
sistema distributivo, utilizzando l’unicità della propria posizione competitiva di
marca nella relazione con la domanda finale e sfruttando la concorrenza tra
insegne della distribuzione a proprio favore mentre, nel secondo caso, le imprese
di minori dimensioni debbono piegarsi al ruolo che viene loro lasciato libero
dalla relazione tra grandi produttori e trade.
La comunicazione di marketing tra produttori e distributori, quindi, si incentra
sul prezzo e sulle variabili ad esso più direttamente correlate (margini realizzabili,
rotazione dei prodotti, notorietà ed immagine della marca sul mercato, ecc.) e si
realizza mediante strumenti di comunicazione personale tra gruppi di
professionisti, con l’ausilio delle più svariate forme di promozione delle vendite
per il supporto alla negoziazione14.
Infine, la marketing communication riguarda anche i flussi di comunicazione
commerciale attivati dal trade verso la domanda finale (flussi di comunicazione a
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supporto del marketing del distributore) che si sommano alla comunicazione
effettuata dalle marche della produzione. In particolare, si tratta di comunicazioni
che si sviluppano, nella gran parte dei casi15, grazie alla possibilità di contatto
diretto con la clientela sul punto vendita ed hanno a prevalente oggetto le
promozioni delle vendite per creare continue occasioni di shop expedition e, nel
lungo termine, favorire legami di fedeltà nella clientela di prossimità.
1.3. Comunicazione aziendale e mercati in eccesso di offerta
Nei mercati globali ed in eccesso di offerta, la marketing communication si
inserisce in un complesso sistema di relazioni con il mercato, in cui il
raggiungimento delle finalità commerciali presuppone un orientamento
competitivo al mercato (Market-Driven Management). In effetti, la condizione di
eccesso di offerta è realizzata da imprese offerenti che, nel complesso,
propongono al mercato prodotti che per varietà e quantità eccedono la capacità di
assorbimento della domanda. La domanda globale, quindi, è satura e quella
aziendale non presenta spazi di crescita, se non con azioni competitive molto
aggressive, volte all’esclusione dal mercato di alcuni concorrenti, ovvero alla loro
incorporazione mediante processi di acquisizione o fusione. L’intensità
competitiva che si sviluppa nei mercati in eccesso di offerta impone alle imprese
di acquisire la capacità di realizzare offerte che sul fronte della varietà e della
efficienza consentano loro di arrivare “prima e meglio dei concorrenti” nella
relazione con la domanda intermedia e finale.
□ Il sistema globale di produzione e vendita delle automobili costituisce un
esempio di mercato in eccesso di offerta, nel quale pochi grandi produttori
stanno progressivamente concentrandosi, acquisendo imprese di dimensioni
minori per incrementare le quote di mercato aziendali ed aumentare la propria
massa critica sui mercati globali (ad esempio, Ford e General Motors che
hanno acquisito marche europee di rinomata fama ma incapaci di fare fronte
alla concorrenza globale come Volvo, Saab, ecc.). Tuttavia, il sistema
competitivo globale tende a valorizzare gli offerenti che riescono effettivamente
ad agire prima e meglio dei concorrenti, come Toyota che ha saputo superare
il primato di Ford e General Motors proponendosi al mercato anche con
innovazioni continue nei propri prodotti (ad esempio il motore ibrido benzinaelettricità montato sulla Prius e sulla linea Lexus Hybrid Drive della omonima
marca di proprietà di Toyota Motor Co.).
La marketing communication, quindi, si integra con le altre forme di
comunicazione aziendale esterna per gestire la relazione a due vie con il mercato.
Perciò, oggetto della comunicazione non è solo il prodotto, o l’offerta aziendale
contraddistinta da una marca, ma l’azienda in quanto soggetto della relazione con
il mercato, capace di garantire la controparte rispetto al mantenimento di un
definito e sottoscritto sistema di responsabilità16.
La centralità della relazione con il mercato attribuisce alla comunicazione
aziendale un ruolo-chiave nel processo competitivo di gestione d’impresa. La
comunicazione è infatti lo strumento per lo sviluppo di tale relazione nella
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direzione dall’impresa al mercato (comunicazione aziendale esterna ed ai comakers) ed in quella opposta, dal mercato all’impresa (sistema informativo
aziendale), ma anche nella distribuzione e condivisione delle comunicazioni e
delle informazioni all’interno dell’impresa (comunicazione aziendale interna).
In effetti, nei mercati globali, in risposta alle esigenze di governo della
relazione competitiva, si sviluppano organizzazioni complesse, strutturate
secondo modelli reticolari dinamicamente articolati nello spazio e nei rapporti di
concorrenza (networks), per le quali la comunicazione interna e tra nodi diversi
della rete è un fattore fondamentale delle relazioni costitutive.
In questi mercati, in particolare, i confini tra pubblici, strumenti e forme della
comunicazione aziendale tendono a sovrapporsi, fino a ridurre la propria
rilevanza. I pubblici destinatari della comunicazione aziendale, infatti, sono
sempre più interconnessi tra loro e l’importanza della relazione che si sviluppa tra
l’impresa ed i suoi pubblici fa sì che non sia possibile codificare e distinguere
comunicazioni strettamente indirizzate a pubblici esterni, o a pubblici interni o a
co-makers. Comunicazioni tradizionalmente indirizzate a pubblici interni
diventano importanti anche per i pubblici esterni.
□ L’interesse globale per la Corporate Social Responsibility degli ultimi anni e
le risposte della domanda e dei mercati finanziari di fronte ad alcune crisi
aziendali globali hanno messo in luce l’importanza di comportamenti
trasparenti circa l’utilizzo di manodopera minore, di tutela dei lavoratori, ecc.
Tali provvedimenti, principalmente volti alla tutela dei dipendenti e della
società, sono diventanti estremamente importanti anche per gli altri pubblici
esterni che, spontaneamente, o mediante l’ausilio di opportune iniziative di
competitor, si sentono sempre più vicini e coinvolti nelle proprie scelte di
consumo dal comportamento delle imprese.
Oppure, comunicazioni nate per soddisfare esigenze specifiche di alcuni comakers possono diventare significative anche per i pubblici interni o per definite
porzioni di pubblici esterni.
□ I siti internet di numerose imprese globali (ad esempio, CNH, Unilever,
Monsanto, ecc.) ospitano una sezione molto articolata ed aggiornata, destinata
ad accogliere le informazioni per le investor relations. Tale sezione di
informazioni concentra i dati di bilancio e le principali metriche finanziarie
destinate a tutti coloro che possano detenere un interesse per l’aspetto
economico-finanziario della gestione aziendale. Tra questi pubblici sono
compresi gli investitori istituzionali cui evidentemente sono indirizzate anche
altre comunicazioni specifiche, ma anche pubblici interni ed esterni, non
necessariamente coinvolti nella partecipazione al capitale di rischio
dell’impresa stessa.
Anche gli strumenti della marketing communication tendono a convergere
verso utilizzi combinati e congiunti di strumenti tradizionalmente pianificati ed
applicati in modo indipendente e non solo per finalità di marketing. Così il direct
marketing si combina con eventi dedicati e con campagne pubblicitarie, o la
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sponsorizzazione che si associa con il licensing, o la promozione delle vendite
che si attiva in relazione ad iniziative di product placement, ecc.
Rispetto alle forme, la comunicazione aziendale, grazie all’applicazione delle
tecnologie digitali, può combinare caratteristiche degli strumenti personali con
elementi distintivi di quelli non personali, potenziando i flussi ed i canali di
comunicazione ed informazione diretti al mercato e provenienti dal mercato
all’azienda.
Anche in questo contesto competitivo, la comunicazione di marketing mantiene
l’obiettivo di indirizzo delle relazioni di marketing con il mercato e si concretizza
nei flussi di comunicazione attivati dall’impresa alla domanda intermedia ed alla
domanda finale e dalla domanda intermedia alla domanda finale. Anzi, la
peculiarità dei mercati in eccesso di offerta può essere individuata nella
significatività assunta dai flussi di marketing communication che si sviluppano
tra imprese di produzione ed imprese commerciali e tra imprese commerciali e
domanda finale, cioè per l’importanza assunta dalla marketing communication
nell’ambito del trade marketing e del marketing del distributore.
In effetti, nei mercati in eccesso di offerta è la domanda globale ad essere
insufficiente rispetto al potenziale di offerta. Ne consegue che il sistema delle
imprese offerenti, di produzione e di distribuzione, si trova a sperimentare
condizioni di elevata intensità competitiva. In particolare, le imprese di
distribuzione, sempre meno difese dalla prossimità alla domanda per il
moltiplicarsi di concorrenti e alternative di acquisto, devono sviluppare azioni
competitive sia nei riguardi dei propri concorrenti diretti, sia in relazione alle
imprese di produzione con le quali, comunque, devono spartire una rendita di
canale che al crescere dell’intensità competitiva del mercato tende ad
assottigliarsi. Ne consegue che l’aspetto critico delle relazioni di marketing si
sposta dalla relazione impresa di produzione-cliente finale, alle relazioni che si
sviluppano con l’intermediazione del trade.
Le imprese di produzione sviluppano quindi la trade marketing communication
che serve a supportare il processo negoziale con la distribuzione. L’acuirsi delle
difficoltà nella spartizione della rendita di canale, richiede alle imprese la
capacità di rispondere al trade su più fronti: i prezzi di vendita, le soluzioni
logistiche, la rotazione dei prodotti e la partecipazione alle iniziative di
comunicazione promosse dal trade.
□ Nel 2004 Wal-Mart informò i propri principali fornitori che entro la fine del
2006 avrebbero dovuto essere operativi nell’applicazione delle tecnologie
RFID (Radio Frequency Identification, tecnologia che usa le onde in
radiofrequenza per trasferire i dati tra una antenna e un oggetto in movimento
per identificare, tracciare e localizzare l’oggetto stesso) per la gestione dei
materiali. Tale impegnativa imposizione nei riguardi dei propri fornitori era
motivata dalla convinzione che il ruolo di pioniere nell’applicazione della
tecnologia potesse sostenere un significativo vantaggio competitivo. Del resto,
da studi effettuati sull’impatto delle applicazioni RFID, sembra che l’utilizzo di
queste tecnologie nei punti vendita possa consentire una riduzione del 16% dei
prodotti fuori scorta, il che ha potenzialmente un valore immenso, se si
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considera che per Wal-Mart le mancate vendite per rottura di stock a livello di
punto vendita sono stimate valere 1 Miliardo di Dollari17.
In effetti, la distribuzione, grazie alla prossimità alla domanda finale e alla
disponibilità di informazioni dirette sul consumo, si trova in una indubbia
posizione di vantaggio negoziale che le permette di sviluppare proprie iniziative
di marketing communication nei confronti della clientela effettiva e potenziale e
di coinvolgere in queste iniziative anche le imprese di produzione, secondo un
approccio di governo delle referenze e delle forniture teso alla massimizzazione
del risultato complessivo di insegna. Le imprese di produzione si fanno così
promotrici di azioni di comunicazione mediante strumenti classici come
l’advertising, spesso scegliendo iniziative congiunte in modo da coinvolgere
utilmente le imprese di produzione, oppure attivando strumenti “nuovi” come i
customer magazines, cioè riviste di proprietà della distribuzione, caratterizzate da
una definita periodicità, da ampia diffusione e da contenuti scelti e gestiti dal
trade in relazione alle esigenze di marketing communication. In tal senso, le
imprese di distribuzione agiscono come mezzi di comunicazione e possono
scegliere come e quando proporre i propri spazi di comunicazione con il
consumatore finale alle imprese fornitrici (media trade)18.
□ Fra le testate più note della Grande Distribuzione in Italia vi sono il mensile
“Consumatori” (nato nel 1983) di Ipercoop, la rivista “Bene Insieme” dei
supermercati Conad e Margherita, “Despar Express” del consorzio Despar,
“Scegliamo Insieme” di GSCarrefour, “Primizie” e “Viviclub” di Selex,
“Gente Crai” di Crai, “News” di Esselunga e “Delizie” del gruppo Interdis.
I Customer Magazines della distribuzione in Italia sono tutti diffusi
gratuitamente, mentre all’estero non è sempre così. In Inghilterra, ad esempio
due noti retailers vendono i propri Customer Magazines: “Sainsbury’s
Magazine” venduto al prezzo di 1,20 Sterline e “Waitrose Food Illustrated” al
prezzo di 2,20 Sterline, mentre gli altri li rendono disponibili gratuitamente. È
da evidenziare che i magazines indicati sono noti per l’elevata qualità dei
servizi e dei contenuti che diffondono oltre che per la tiratura e la diffusione
assai capillari nel paese. (cfr. siti internet delle insegne indicate).
2. Flussi e canali di comunicazione digitale
Ai fini della comunicazione aziendale, è utile distinguere tra canali e flussi di
comunicazione. I primi individuano mezzi impiegati per trasmettere il segnale dal
trasmettitore al ricevitore 19 , e costituiscono quindi strutture appositamente
costruite per il transito di comunicazioni e possono comporsi di elementi di
natura diversa, ad esempio strutture fisiche e ruoli organizzati per favorire il
passaggio delle comunicazioni dall’emittente al ricevente.
Il flusso di comunicazioni può essere invece individuato come un sistema
organizzato di comunicazioni che transita da un’emittente ad un ricevente,
normalmente percorrendo un canale. Il canale di comunicazione, infatti, ha lo
scopo di convogliare il flusso di comunicazioni. Il flusso di comunicazioni può
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tuttavia fluire anche fuori dal canale, trovare un percorso diverso da quello
precostituito, eventualmente creando un nuovo canale destinato ad ospitare
ulteriori flussi.
Canale e flusso possono essere distinti in quanto il primo costituisce un’entità
sostanzialmente statica (ossia con poca variabilità nel tempo) mentre il flusso è di
per se stesso dinamico. Il flusso si associa ad un’azione: è necessario che in un
determinato momento un’emittente attivi il flusso che potrà o meno transitare per
un canale. Il canale, invece, esiste indipendentemente dal fatto che vi siano flussi
che vi transitano.
Questa distinzione tra canali e flussi è assai importante ai fini della gestione di
informazione e comunicazione aziendali. In effetti, per trasmettere flussi di
informazioni e di comunicazioni, le imprese debbono investire nella costituzione
(o nella individuazione) e nel mantenimento dei canali più adeguati.
L’immobilizzo di risorse nella creazione di un canale, così come nella
manutenzione che ne consegue naturalmente, trova quindi un riscontro positivo
se si correla all’abbattimento dei costi associati all’invio dei flussi di
informazione e comunicazione. Quanto più un canale è dedicato, tanto più sarà
costoso approntarlo e gestirlo, ma tanto minori saranno i costi associati al transito
dei flussi. In pratica, i flussi potranno transitare secondo le esigenze del
proprietario del canale con pochi rischi di intromissione di agenti esterni, ossia
con pochi costi di protezione dei flussi stessi.
I canali da cui transitano i flussi non sono necessariamente costruiti allo scopo
specifico da qualcuno ma possono anche essere “scoperti”: chi gestisce i flussi di
informazione e comunicazione deve quindi individuare ed avvalersi anche dei
canali non esplicitamente costruiti allo scopo, seppure efficaci nel trasmettere i
flussi. È il caso, ad esempio, delle comunità virtuali, molte delle quali sono
costituite da soggetti uniti da un comune interesse, senza un intervento a priori di
una impresa o di una specifica associazione. Le imprese possono prendere in
considerazione queste comunità quali canali per la veicolazione dei propri flussi
di informazione e comunicazione20.
Nei mercati globali odierni, dove ormai le tecnologie della Information
Communication Technology (ICT) sono molto diffuse, con canali di informazione
e comunicazione ci si riferisce prevalentemente ai canali di tipo digitale (secondo
tecnologie specifiche che continuano ad evolvere nel tempo, dal doppino
telefonico, alla fibra ottica, alla connessione wireless, ecc.), mentre i flussi di
comunicazione sono pacchetti digitali che possono contenere indifferentemente
dati, suoni, immagini, filmati, o varie combinazioni degli stessi21.
La digitalizzazione ha consentito lo sviluppo di numerosi canali (prima
analogici e poi digitali) riservati e pubblici con evidente facilitazione della
circuitazione delle informazioni. I primi comportano elevati costi di sviluppo e
manutenzione, ma offrono maggiori garanzie circa la sicurezza del trasferimento
dei flussi; i secondi tendono invece ad essere associati a costi quasi nulli rispetto
all’utilizzo del canale, mentre impongono elevati investimenti per la protezione
dei flussi trasmessi e ricevuti22.
L’attivazione di flussi di comunicazione ed informazione e l’utilizzo di canali
adeguati dipendono anche dai costi e dai vantaggi ottenibili. In tal senso, le
tecnologie della ICT basate sulla digitalizzazione si caratterizzano per costi fissi
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di acquisizione e costi variabili di invio e gestione dei flussi progressivamente
decrescenti. In particolare, il costo più elevato può essere associato allo sviluppo
di un canale privato, con conseguenti economie nel transito dei flussi che non
necessitano di investimenti dedicati alla loro protezione; l’utilizzo di canali
pubblici, per contro, abbatte i costi di sviluppo dei canali, imponendo però il
sostenimento di elevati costi variabili di governo dei flussi inviati.
Ai fini della comunicazione aziendale, uno degli aspetti più rilevanti delle
tecnologie digitali è costituito dalla possibilità di controllo in esecuzione (feedforward) e dal flusso di ritorno (feed-back) che si associano all’invio di ogni
flusso di comunicazione. Ne consegue che una corretta programmazione del
flusso in andata consente un adeguato flusso di ritorno, a costi nulli o, comunque,
molto modesti23.
Infine, l’alternativa di utilizzo di canali privati o pubblici si collega alla
individuazione di adeguati supporti di sicurezza per i flussi inviati e ricevuti
tramite ogni tipo di canale. In effetti, per i flussi di comunicazione digitale, così
come per quelli analogici, non esiste la garanzia di una perfetta protezione, in
quanto lo sviluppo a costi decrescenti di soluzioni di protezione si associa anche
all’evoluzione delle capacità di “disturbo” che impongono una incessante ricerca
di nuove forme di tutela dei flussi e dei canali di comunicazione ed informazione
utilizzati dalle imprese.
3. Comunicazione e informazione digitale di marketing nei mercati globali
La digitalizzazione di flussi e canali ha impatto su tutte le attività di marketing,
dall’area dell’analisi a quella della operatività, dalla definizione del prodotto più
adeguato al mercato, alla sua distribuzione, alla determinazione del prezzo ed,
ovviamente, alla comunicazione.
Un importante effetto della digitalizzazione sulle attività di marketing può
essere osservato in particolare nella caduta dei confini tra alcune attività come
avviene, ad esempio, per comunicazione ed informazione: la comunicazione
aziendale, infatti, viene attivata non solo per trasmettere un messaggio al mercato
ma è utilizzata soprattutto per i flussi informativi di ritorno che può generare.
In effetti, in un contesto di diffusione delle tecnologie digitali, ogni
comunicazione è anche un “lancio” da parte dell’emittente per acquisire una
risposta dal ricevente. Tuttavia, tale risposta, seppure connaturata nel flusso
digitale stesso, non costituisce di per sé una reazione “automatica”. Bisogna che
vi sia un elemento di stimolo per cui il ricevente sia interessato a rispondere alla
comunicazione ricevuta. Ciò avviene grazie all’interesse attivo (cioè in base
all’attenzione che volontariamente l’ascoltatore dedica alla comunicazione) che
la comunicazione digitale consente di sviluppare nei destinatari della
comunicazione, o meglio, grazie al fatto che le tecnologie digitali permettono di
mirare tanto precisamente i flussi di comunicazione, di determinarne in modo
così dettagliato il momento di lancio e ricezione e di intervenire in modo talmente
personalizzato sui contenuti, da garantire che la comunicazione promossa
divenga, di fatto, una comunicazione che agisce sull’interesse attivo
dell’audience. In pratica, grazie alle tecnologie digitali, flussi informativi che in
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un modalità analogica interrompono la fruizione di un mezzo da parte
dell’audience divengono oggetto di interesse in quanto tali e sono ricercati ed
acquisiti dal pubblico stesso.
□ CdNow, noto sito internet per la vendita di CD musicali (www.cdnow.com)
richiede ai propri naviganti acquirenti di registrarsi. Acquisiti alcuni dati
essenziali su ciascun utente, progressivamente aggiornati in seguito ad ogni
visita mediante il riconoscimento dell’IP di connessione ed all’utilizzo di
strumenti come i cookies, CdNow è in grado di proporre offerte personalizzate
veicolate direttamente all’apertura del sito o anche tramite e-mail.
La personalizzazione delle offerte e la raffinazione dei criteri di scelta e di
promozione sono garantiti dal contatto che si instaura con ogni cliente al quale
sono richieste rapide risposte di valutazione di proposte (caratterizzate da
profili di offerta specificamente composti da una combinazione di prodotti,
prezzo promozionale, ecc.) così da perfezionare l’analisi del sistema di utilità
di ciascun utente ed essere in grado di proporre soluzioni di acquisto ogni volta
più adeguate ai desideri del potenziale acquirente.
Si tratta del passaggio dalla push communication alla pull communication24:
nella push communication l’impresa promuove un messaggio e lo comunica
spingendolo in un canale ad un’audience generalmente non direttamente
interessata allo stesso (interesse passivo), mentre nel caso della pull
communication, il flusso di comunicazione viene addirittura richiesto dal mercato.
È cioè il mercato che si fa parte attiva per l’acquisizione del flusso informativo
(la comunicazione dell’impresa) e per questo vi ripone un preciso interesse
(interesse attivo).
In effetti, la trasformazione dell’interesse passivo di molti flussi di
comunicazione in interesse attivo costituisce una delle più importanti innovazioni
introdotte dalle tecnologie digitali nella marketing communication e risponde ad
un preciso obiettivo di comunicazione delle imprese globali, per la
massimizzazione della efficacia delle spese effettuate.
□ I banner, i buttons, ecc. che si aprono nella connessione internet a numerosi
siti, costituiscono forme di pubblicità on line ed hanno lo scopo di stimolare il
navigatore a “cliccare” per acquisire informazioni su di un prodotto, una
marca o una offerta aziendale. Richiedono quindi la partecipazione dell’utente
che si attiva alla ricerca di maggiori informazioni, consentendo cioè la
veicolazione della comunicazione aziendale in forma personalizzata nei tempi e
nei contenuti che sviluppano interesse attivo nell’utente stesso.
Le reazioni di risposta alla comunicazione digitale di marketing hanno un
duplice significato per l’impresa che le promuove: da una parte fungono da
misura dell’efficacia della comunicazione attivata, dall’altra parte consentono di
acquisire informazioni su specifici soggetti destinatari della comunicazione,
approfondendone il profilo di conoscenza ed offrendo all’impresa elementi
determinanti per tutto il processo di marketing.
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Le tecnologie digitali, in effetti, permettono all’impresa di gestire
opportunamente enormi quantità di risposte ottenute dai diversi interlocutori così
da svilupparne la conoscenza nel tempo (profilazione) e da poter investire sulla
relazione instaurata. In effetti, la profilazione costituisce una delle attività
fondamentali della digital marketing communication. Essa consiste in un
processo che si attiva con la creazione di un contatto con il cliente potenziale e/o
effettivo, e l’associazione di un “riferimento” elettronico (IP, e-mail, cookie, ecc.)
ad un soggetto che, di norma, viene descritto e catalogato mediante
l’individuazione di una prima serie di connotazioni socio-demografiche essenziali
(ad esempio, età, sesso, livello culturale, area di residenza). In seguito, in
occasione di nuovi contatti elettronici, la profilazione di ciascun soggetto si
raffina, seguendo il percorso del singolo, accumulando informazioni sui suoi
comportamenti di navigazione e catalogando le sue risposte a stimoli precisi e
pianificati, come la proposta di un acquisto in promozione.
Il profilo così ottenuto costituisce un’importante innovazione nello sviluppo dei
processi di marketing e di comunicazione in particolare. In effetti, in un contesto
di contatti di tipo analogico, la conoscenza dei singoli individui che compongono
la domanda finale è del tutto irrealizzabile. Per questo, le imprese individuano la
domanda globale per i propri prodotti, la analizzano e la suddividono in segmenti
che descrivono in base a criteri coerenti con la propria capacità di affermare e
comunicare le offerte al mercato (segmentazione). In seguito, selezionano il
segmento o i segmenti obiettivo (target) che reputano più interessanti, rispetto ai
quali concentrare gli sforzi di marketing, ivi compresa la marketing
communication.
Il target costituisce così un gruppo teorico di soggetti individuati mediante un
processo deduttivo che origina da informazioni sulla domanda ed, in nessun
modo, può condurre alla precisa individuazione dei soggetti che lo compongono,
che configurano insiemi indistinti, descrivibili in termini generali e che, come tali,
possono essere raggiunti unicamente da comunicazioni di massa. Il profilo,
invece, è ottenuto da un processo induttivo, mediante il contatto e la conoscenza
di ciascun soggetto, tanto che consente lo sviluppo di comunicazioni personali e
personalizzate di massa.
La comunicazione digitale, inoltre, si caratterizza per la possibilità di misurare i
risultati in relazione ad una pluralità di elementi: numerosità dei soggetti
raggiunti (certa e non semplicemente stimata come avviene per la comunicazione
analogica), soggettività e caratteristiche specifiche dei destinatari contattati,
tempi e modi della risposta ottenuta (di ordine cognitivo, come la richiesta di
ulteriori informazioni e il reclamo; o di ordine comportamentale come l’acquisto).
Tale tipo di misurazione, evidentemente, differisce da canale a canale e per ogni
specifica tipologia di strumento di comunicazione attivato.
□ I siti internet, ad esempio, consentono di misurare numerosi aspetti legati
alle azioni dei naviganti. Si misura la numerosità di click per ogni pagina, il
tempo di permanenza sulla pagina; tramite l’IP (Internet Protocol, o codice
identificativo di ogni macchina in rete) si può conoscere la provenienza
geografica del navigante, e tramite i cookies è possibile seguire un navigante
nei suoi spostamenti. Per la commercializzazione degli spazi pubblicitari,
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tuttavia, è critico disporre di strumenti di misurazione che seguano uno
standard comune, così si sono sviluppate proposte quali gli Adserver, Audiweb
e Audinet. Gli Adserver sono software nati in America per il conteggio dei
click-through, cioè destinati a misurare la percentuale di banner cliccati in
rapporto al numero di banner visualizzati dagli utenti. Le forme più evolute di
Adserver consentono anche la gestione dei banner in rapporto alle intenzioni
degli investitori pubblicitari, legate alla numerosità o al target dei soggetti da
raggiungere (ad esempio paese di provenienza, sistema operativo, parola
inserita nel motore di ricerca per l’accesso alla pagina, ecc.).
La digitalizzazione è una condizione-chiave dello sviluppo dei mercati globali.
In effetti, la riduzione di importanza dei confini (fisici, amministrativi, linguistici,
valutari, ecc.) è resa possibile dalla presenza di tecnologie, canali e flussi digitali,
per cui l’informazione e la comunicazione possono fluire con estrema rapidità,
senza barriere alla diffusione. Per questo, nei mercati globali lo spazio non è solo
fisico, ma si qualifica anche come virtuale. Esiste cioè uno spazio che va oltre
quello fisico e che è luogo di sviluppo di relazioni, comunicazioni, informazioni,
transazioni, ecc. Lo spazio virtuale consente infatti alle persone (anche più di una
nello stesso momento) di entrare in contatto tra loro e svolgere tutte quelle attività
che non impongono la contemporanea presenza fisica in un luogo; anzi, lo spazio
virtuale permette la relazione ed il contatto anche tra soggetti che nello spazio
fisico non avrebbero alcuna possibilità di avvicinarsi. Nello spazio virtuale
crollano barriere linguistiche, sociali, economiche, temporali e fisiche ed i
contatti si fondano sulla condivisione di interessi tra i soggetti, eventualmente
anche temporanei.
La comunicazione di marketing assume quindi nello spazio virtuale un ruolo
centrale rispetto alle altre leve del marketing e con esse si combina per dare vita
ad un sistema di offerta con un prezzo e modalità distributive che consentono di
aggregare domanda (bolle di domanda), fondandosi, tra le altre informazioni,
anche su quelle che ritornano dal “lancio” della comunicazione digitale.
Lo spazio virtuale e quello fisico nei mercati globali sono quindi una
opportunità per l’azienda che può scegliere come utilizzarli, ottimizzandone i
vantaggi e minimizzandone i limiti. Ecco che le strutture aziendali più efficaci sui
mercati globali, i network, fanno proprio questo: si distribuiscono nello spazio
fisico perché possono sfruttare i vantaggi dello spazio virtuale e, con flessibilità
di localizzazione, possono monitorare spazio fisico e virtuale nel confronto
competitivo con il mercato (market-driven management).
Questa progressiva e parziale dematerializzazione dello spazio –per cui vi sono
scambi informativi e transazioni che ormai non si svolgono più nello spazio fisico
ma solo in quello virtuale25– si coniuga anche con la accelerazione dei tempi di
scambio delle comunicazioni e delle informazioni che determina due importanti
conseguenze sul processo di diffusione delle comunicazioni e di acquisizione
delle informazioni da parte delle imprese.
Con riguardo alla acquisizione delle informazioni, infatti, si facilitano gli
accessi: internet, ad esempio, è una fonte potenzialmente inesauribile di
informazioni pubbliche, rispetto alla quale l’aspetto problematico sta nella
capacità di individuare e valutare in modo critico l’attendibilità delle
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informazioni ottenute, in relazione alla credibilità della fonte, al grado di
aggiornamento delle informazioni, ecc.
Rispetto alla diffusione delle comunicazioni, la virtualizzazione dello spazio
consente il loro rapido ed economico fluire, con la possibilità di indirizzarle in
modo personalizzato a soggetti specifici e selezionati, però moltiplica anche i
canali attraverso cui i flussi di comunicazione possono transitare, complicandone
quindi le condizioni di controllo. In pratica, in un contesto in cui la relazione con
il mercato (concorrenti e domanda) è considerata chiave per la gestione di
impresa, le tecnologie digitali facilitano l’intrattenimento della relazione (nei
modi e nei costi) ma non sono sempre in grado di proteggerla. Significa cioè che
chiunque, in qualunque modo ed a qualunque titolo, volontariamente o meno, può
intervenire ed influenzare tale relazione, spesso senza che vi sia modo di
governare tali interventi.
Non vi sono più dominii chiusi rispetto ai quali le imprese attivano e
controllano la comunicazione in un territorio fisico stabilito e chiuso, bensì la
comunicazione fluisce in primo luogo, tramite i canali specificamente destinati,
poi si sviluppa e si diffonde secondo logiche di tipo virale (viral communication)
che sono solo parzialmente prevedibili.
In questo contesto assumono un ruolo significativo i cosiddetti sensori o
catalizzatori della comunicazione e la capacità di individuarli e sfruttarli al
meglio consente all’impresa di mantenersi al passo nel proprio orientamento
competitivo al mercato. Si tratta cioè di individuare soggetti, luoghi fisici e
virtuali, eventi, momenti, ecc. che costituiscono un nodo cruciale della rete di
informazioni e comunicazioni che si diffondono, così da utilizzare tali nodi quali
catalizzatori delle informazioni (input) e delle comunicazioni aziendali (output).
Rispetto alla raccolta delle informazioni, tali sensori sono utilizzati per
individuare i segnali di fenomeni e tendenze significativi per l’impresa che li
raccoglie e sono una delle fonti informative cui si riferisce il sistema informativo
di marketing e, più in generale, quello aziendale26.
Con riguardo, invece, alla diffusione delle informazioni, i sensori -o meglio
diffusori- servono a distribuire le informazioni nei modi e nei tempi giudicati
rilevanti dalle imprese, appunto in mercati globali e digitalizzati nei quali non è
possibile confinare i flussi di comunicazione in spazi predefiniti e rispetto a
pubblici individuati in anticipo. Tali diffusori aumentano la probabilità che i
flussi di comunicazione veicolati raggiungano i pubblici obiettivo. Il ruolo di
diffusore può essere assunto da persone, luoghi fisici o virtuali, mezzi di
comunicazione, ecc. che in un determinato momento e per un definito tipo di
pubblico sono in una posizione-chiave nella distribuzione delle informazioni.
□ Youtube (www.youtube.com), il sito globale di condivisione di filmati, è
sempre più utilizzato per la diffusione di filmati, allo scopo di rendere noto al
pubblico un fatto, un’idea mediante un sistema di comunicazione che si
propaga secondo una logica di tipo virale, fondata cioè sul contatto tra soggetti
riceventi e potenzialmente destinatari della comunicazione. Tale
comunicazione si realizza in tempi estremamente rapidi, a costi molto contenuti,
secondo un approccio di pull communication in cui la diffusione virale
dell’informazione sulla presenza di un filmato stimola il contatto al sito da
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parte degli utenti, auto selezionati in base all’interesse per il messaggio, alla
capacità di raggiungerlo (disponibilità di connessione, alfabetizzazione
informatica, ecc.) e che manifestano un interesse di tipo attivo per la
comunicazione diffusa.
Youtube, in questo caso, costituisce un diffusore della comunicazione,
rivelandosi particolarmente adeguato per alcune tipologie di pubblico. Altri
diffusori possono essere costituiti da opinion leaders, oppure da comunità
virtuali 27 –nelle quali le persone si incontrano in uno spazio virtuale per
affrontare temi di comune interesse–, oppure eventi reali o virtuali, o ancora,
prodotti come giochi elettronici, film, ecc. che, grazie al product placement,
possono veicolare la comunicazione aziendale in modo mirato, agendo
sull’interesse attivo di definite audiences.
□ Il caso dei giochi elettronici è particolarmente evidente per il pubblico dei
giovani tra i 13 ed i 30 anni. In essi, alcune imprese advertisers possono
collocare la propria marca o propri prodotti mediante contratti di product
placement, contribuendo a dare veridicità al contesto in cui si svolge il gioco.
Ad esempio nei giochi di tennis, di Formula 1 e di calcio, sono previsti sponsor
a bordo pista, sponsor tecnici per le auto, le attrezzature, l’abbigliamento, ecc.
I giocatori possono essere parte attiva nella scelta dello sponsor del proprio
giocatore (comunque nell’ambito di un insieme di alternative fra sponsor
previsti nel gioco) mentre gli avversari o il bordo campo e bordo pista sono
definiti dal software, ovvero dai contratti di product placement che hanno
contribuito al finanziamento della produzione. Si veda, ad esempio,
www.ubisoft.com.
La facilità ed imprevedibilità di disseminazione delle comunicazioni aziendali
ha conseguenze positive ma anche negative per la gestione d’impresa. Sul fronte
delle opportunità, il passaparola, la rete, i diffusori della comunicazione, se
correttamente utilizzati con idonee competenze professionali28, consentono una
rapida ed economica distribuzione della comunicazione aziendale; d’altra parte
però la disseminazione “virale” delle comunicazioni in un contesto globale e
digitale, si caratterizza anche per l’impossibilità di governare i flussi di
comunicazione emessi. Una volta che la comunicazione è stata trasmessa, molto
del percorso che seguirà è del tutto sconosciuto ed imprevedibile. Anzi, un
problema rilevante per le imprese è trovare la via più economica e più efficace
per fare in modo che i flussi di comunicazione emessi non si fermino, ma
raggiungano il massimo numero possibile di soggetti in target.
Tuttavia esiste anche un aspetto negativo del rapido ed economico fluire della
comunicazione nei mercati globali ed è quanto si può osservare nei casi di crisi.
Vi sono infatti situazioni critiche che, per colpa o dolo dell’azienda, la pongono
in una posizione di difficoltà nei riguardi del pubblico. La comunicazione che ne
deriva (normalmente attivata da qualcuno che in buona o cattiva fede porta un
preciso interesse nel discredito di una determinata organizzazione) si diffonde in
modo capillare, sempre attraverso i catalizzatori indicati, grazie all’azione
facilitatrice della digitalizzazione globale. Questa tipologia di flussi di
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comunicazione indesiderati dall’azienda diviene particolarmente critica nei
mercati globali, proprio per la fluidità con cui si diffonde e per la difficoltà di
impedirne la disseminazione e con la stessa capillarità mettere adeguatamente in
moto le azioni e le comunicazioni correttive. In tal senso, assumono rilevanza
fondamentale i diffusori della comunicazione di cui si è detto, opportunamente
attivati ed utilizzati.
Lo spazio virtuale, quindi, oltre a costituire una eccezionale dilatazione dello
spazio fisico che si trova ad essere amplificato, reso flessibile e soprattutto, ad
essere conformato a seconda delle esigenze degli utenti, modifica il concetto
stesso di tempo. Nello spazio virtuale, cioè in un contesto digitalizzato, il tempo
subisce due importanti evoluzioni: da una parte si riduce drasticamente, mentre
dall’altra parte si dilata. La riduzione del tempo concerne la possibilità offerta
dalle tecnologie digitali di minimizzare i tempi di contatto tra i soggetti: le
comunicazioni e le informazioni fluiscono con grande rapidità da una parte
all’altra del mondo ed il tempo necessario non è dipendente dalla distanza fisica
tra i soggetti collegati, ma dalla loro distanza tecnologica, cioè dal diverso grado
di evoluzione delle tecnologie utilizzate per lo scambio di informazioni 29 .
L’estensione del tempo riguarda il fatto che molte tecnologie di comunicazione
digitali non impongono la contemporanea presenza dei soggetti nel medesimo
spazio virtuale perché una relazione abbia luogo30, bensì consentono a ciascuno
di utilizzare il tempo secondo la propria utilità. Nello spazio virtuale, quindi, non
esiste un momento di inizio ed uno di fine del processo, bensì un tempo continuo
per lo sviluppo delle relazioni.
La flessibilizzazione di uso del tempo consentita dalle tecnologie digitali ben si
coniuga con un contesto di time-based competition, caratteristico dei mercati
globali, in particolare per quelli in eccesso di offerta, nei quali la promozione di
bolle di domanda unifica gli sforzi del marketing, in un processo di
comunicazione-informazione, appunto continuo nel tempo.
In effetti, la creazione e lo sviluppo di bolle di domanda poggia proprio sulla
capacità delle imprese di acquisire nel continuo informazioni dal mercato e
rispondere nel momento adeguato con profili di offerta capaci di aggregare
acquirenti: è necessario quindi attivare comunicazioni di marketing che
permettano il ritorno di informazioni nel continuo (feed-back) ma che, al tempo
stesso, consentano di monitorare l’azione in atto e, se necessario, intervenire
correggendola in coerenza con le finalità attese (feed-forward).
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2
Cfr. S.M. Brondoni, La comunicazione integrata d'impresa nelle politiche di gruppo, in AA. VV.,
Scritti in onore di Luigi Guatri, Ed. Bocconi Comunicazione, Milano, 1988. La definizione di
comunicazione integrata proposta dall’Autore presenta la comunicazione telematica quale forma
alternativa alla personale ed alla non personale. In effetti, la comunicazione telematica (riferita alla
possibilità di dialogo tra due macchine, ossia due terminali telematici) si afferma in un contesto
tecnologico che è caratterizzato dalle prime affermazioni della digitalizzazione dei segnali e dei flussi
di comunicazione ed è ancora lontano dalla convergenza e dalla diffusione capillare delle tecnologie
digitali cui noi oggi stiamo cominciando ad abituarci. Con comunicazione personalizzata di massa si
intende quindi il complesso delle comunicazioni che si avvalgono delle tecnologie e dei terminali
digitali e che consentono, appunto, di ottenere vantaggi tipici della comunicazione personale (ad
esempio feed-back immediato, feed-forward, interattività, personalizzabilità della comunicazione, ecc.)
e della comunicazione non personale (numerosità elevata di soggetti raggiungibili, costo contatto
contenuto, standardizzabilità e controllabilità del messaggio, ecc.). Cfr. anche A. Reitano, Telematica
concorrenza e comunicazione integrata d’impresa, Giappichelli, Torino, 2002.
3
Cfr. S.M. Brondoni, Comunicazione, risorse invisibili e strategia competitiva d’impresa, in
Sinergie, n. 43-44, 1997, pp. 3-35.
4
Per una definizione dei concetti di ripetizione degli acquisti e fedeltà della domanda, cfr. M.
Corniani, Segmentazione e aggregazione della domanda aziendale, Giappichelli, Torino, 2004.
5
Cfr. S.M. Brondoni, Ouverture de “Ricerche di Marketing e Mercati Globali”, in Symphonya.
Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 2, 2003, pp. 7-21.
6
Elaborazioni proprie su dati AdEx, Nielsen Media Research, anni 1995, 2000, 2005 e 2006.
7
v. S.M. Brondoni, Ouverture de ‘Ricerche di Marketing e mercati globali’, in Symphonya.
Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 2, 2003, pp. 7-21, p. 13 e 14.
8
Cfr. S.M. Brondoni, Patrimonio di marca e politica di comunicazione, Giappichelli, Torino, 2002.
9
Cfr. F. Albanese, Merchandising e Licensing per lo sviluppo della Brand Equity. Il caso CocaCola, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2000-2001, pp.
73-89.
10
Cfr. M. Corniani, Product Placement e gestione del patrimonio di marca, in Symphonya.
Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2000-2001, pp. 91-109.
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11
Cfr. F. Gnecchi, P. Ricotti, La reingegnerizzazione del portafoglio di marca. Il caso Gruppo Coin,
in Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2000-2001, pp. 6171.
12
Con riferimento esclusivo alla pubblicità per la quale è possibile monitorare con sufficiente
completezza ed omogeneità i dati di investimento per ogni settore, si utilizza il rapporto fra Share of
Voice e Share of Market per individuare l’intenzione competitiva di ogni impresa. A fronte di un
rapporto > 1, si configura da parte dell’impresa investitrice una scelta di aggredire il mercato, mentre
per livelli vicini ad 1 del rapporto si tratta di mantenere le posizioni acquisite, e per livelli < 1 si
evidenzia una scelta di abbandono.
13
v. S.M. Brondoni, Ouverture de ‘Ricerche di Marketing e mercati globali’, in Symphonya.
Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 2, 2003, pp. 7-21, p. 13.
14
Nei mercati in concorrenza controllata, le imprese di produzione, in ordine al raggiungimento dei
livelli di fatturato pianificati con ciascun intermediario commerciale, sviluppano pratiche negoziali che
si appoggiano anche su promozioni delle vendite indirizzate al trade e fondate normalmente
sull’accesso a sconti significativi in relazione ai volumi o alle condizioni di acquisto, ovvero alla
possibilità di ottenere premi a fronte del raggiungimento di definiti risultati. Cfr. S.M. Brondoni (ed.),
La promozione delle vendite nella politica di comunicazione aziendale, Rapporto Riservato, Progetto
Comunicazione Aziendale, CREA-Centro di Ricerche Economico-Aziendali, Università Commerciale
Luigi Bocconi, Milano, gennaio 1987.
15
Anche la marketing communication del distributore si avvale della comunicazione pubblicitaria
ma, nel complesso, tende a privilegiare i flussi di comunicazione localizzati sul punto vendita
(affissioni, promozioni delle vendite, private label, ecc.). Cfr. S.M. Brondoni, M. Corniani, Marketing
Communication and Media Trade, Progetto Comunicazione Aziendale, Rapporto Riservato n. 2-2005,
gennaio 2006, ISTEI – Istituto di Economia d’Impresa, Università degli Studi di Milano-Bicocca.
16
Cfr. E. Arrigo, Responsabilità aziendale e ipercompetizione. Il caso Ikea, in Symphonya.
Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 2, 2005; D.M. Salvioni, L. Bosetti,
Relazione di Governance e Stakeholder View, in Symphonya. Emerging Issues in Management
(www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2006.
17
Cfr. R.E. Speckman, P.J. Sweeney II, RFID: from concept to implementation, in International
Journal of Physical Distribution and Logistics Management, vol. 36, n. 10, 2006, pp. 736-754; G.
Fascina, L’RFID rivoluziona la Supply Chain, in GEA (ed.), Il Supply Chain Management dalla teoria
alla pratica, Isedi, Torino, 2005, pp. 79-94.
18
Cfr. S.M. Brondoni, M. Corniani, Marketing Communication and Media Trade, cit.
19
Cfr. C.E. Shannon, W. Weaver, Teoria Matematica della comunicazione, Etas Kompass, Milano,
1971.
20
Cfr. F. Gnecchi, M. Corniani, Bolle di domanda, comunità virtuali e potenziale di domanda, in
Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), Issue 2, 2003; T. HennigThurau, “Word-of-Mouse”: Why Consumers Listen to Each Other in the Internet, in Yearbook of
Marketing and Consumer Research, Vol. 3, 2005, pp. 37-58.
21
Il processo di digitalizzazione delle informazioni/comunicazioni consiste nella trasformazione in
bit (binary digital) cioè in un numero binario che diviene la misura necessaria per definire ogni
singolo messaggio all’interno delle possibili alternative. Questo consente il trasferimento di un segnale
assai semplificato, binario appunto, eppure in grado di essere molto complesso nel contenuto e
soprattutto eterogeneo.
22
La grande diffusione di canali cosiddetti pubblici, per i quali cioè l’accesso è possibile a costi
assai contenuti a chiunque (come il World Wide Web), permette lo sviluppo di ulteriori canali
“autonomi”, ossia fa sì che sia il fluire dei flussi stessi a determinare le vie (i canali) migliori per il
loro trasferimento.
23
Per i concetti di feed-back e feed-forward, cfr. tra gli altri, S.M. Brondoni, La comunicazione
integrata d'impresa nelle politiche di gruppo, in AA. VV., Scritti in onore di Luigi Guatri, Ed.
Bocconi Comunicazione, Milano, 1988.
24
Cfr. S.M. Brondoni, F. Gnecchi, La comunicazione di Corporate Governance, Relazione
presentata al 18° Convegno Annuale di Sinergie, “L’evoluzione del capitalismo tra teoria e prassi:
proprietà, governance e valore”, Capua, 26-27 ottobre 2006.
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25
Ad esempio l’internet banking, o la progressiva sostituzione delle lettere con le e-mail.
26
Cfr. M. Corniani, Competitive intelligence e organizzazioni Market-Driven, in S.M. Brondoni
(ed.), Il sistema delle risorse immateriali d’impresa: cultura d’impresa, sistema informativo e
patrimonio di marca, Giappichelli, Torino, 2004, pp. 177-194.
27
Cfr. F. Gnecchi, M. Corniani, Le comunità virtuali nella misura del potenziale della bolla di
domanda, in S.M. Brondoni (ed.), Il sistema delle risorse immateriali d’impresa: cultura d’impresa,
sistema informativo e patrimonio di marca, Giappichelli, Torino, 2004, pp. 217-243.
28
Cfr. S.M. Brondoni, M. Corniani, Ricerca ISTEI – ASSOREL: Relazioni Pubbliche e Cultura
della Rete, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 29 maggio 2001, www.unimib.it/istei.
29
Il doppino di rame è certamente un supporto più lento delle reti in fibra ottica, processori più
moderni consentono di elaborare nello stesso tempo maggiori quantità di informazioni ad un pc,
permettendo di velocizzare i contatti digitali tra macchine, ecc.
30
Si pensi al caso dei software di gestione della posta elettronica, ai blog, ecc.
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