Dov’è la casa del mio amico?
Abbas Kiarostami
L’Iran
Storia dell’Iran
Si può far iniziare la storia dell'Iran dal 1925, quando un semplice ufficiale,
Reza Khan, a capo della cosiddetta Brigata Cosacca inizialmente istruita da
elementi sovietici, prende il potere e detronizza l'ultimo sovrano Qajar,
istituendo una nuova dinastia imperiale che egli chiamerà "pahlavide". Il nuovo
Scià accelera il processo di occidentalizzazione del paese, con grande
disappunto dei religiosi, e rinomina ufficialmente il Paese "Iran",
un'espressione antica, ostentatamente pre-islamica, che ha un'accezione molto
più ampia della classica denominazione Persia (arabo Fārs).
Durante la Seconda Guerra Mondiale il nord del Paese subisce l'occupazione dei
Sovietici,
mentre
al
sud
si
stabiliscono i Britannici e gli
Statunitensi, che obbligano l'Iran a
dichiarare guerra alla Germania.
Scontenti della scarsa propensione
dello Scià verso le loro politiche,
Statunitensi
e
Britannici
lo
costringono ad abdicare in favore
del figlio Mohammad Reza Pahlavi.
Da quel momento il Paese entra nel
novero degli Stati filo-occidentali e
si afferma, anche grazie all'efficiente
organizzazione militare, come la
principale potenza del Golfo Persico.
Nel 1951 la CIA organizza un primo
colpo di Stato contro il Primo
Ministro
Mohammad
Mossadeq
(Musaddiq)
che
aveva Le popolazioni dell’Iran
nazionalizzato
la
compagnia
petrolifera
Anglo-Iranian
Oil
Company: i Britannici impongono un embargo al Paese, impedendo
l'esportazione del petrolio, mentre nel 1953 Mossadeq viene rovesciato e
Mohamed Reza, fuggito dal Paese verso l'Italia, sale nuovamente al trono dove
resterà fino al 1979, data in cui sceglierà la via dell'esilio in seguito al successo
della cosiddetta Rivoluzione islamica.
Alla guida dell'Iran sale al potere con la Rivoluzione islamica l'ayatollah
Ruhollāh Mosavi Khomeini, massimo esponente religioso della comunità sciita il
quale, rotti i rapporti con gli USA, dichiara l'Iran Repubblica Islamica. Uno
dei primi provvedimenti che il nuovo governo islamico prende è quello di
chiudere le Università, per evitare che i giovani Iraniani si allontanino dal vero
cammino dell'Islam. Il provvedimento resterà in vigore per 2 anni.
Questa improvvisa svolta in senso religioso di un paese che fino ad allora,
nonostante la mancanza di libertà civili, sembrava comunque avviato sulla
strada della modernità si deve al fatto che, fin dagli
inizi, il dissenso contro lo Scià assunse la forma di una
rivendicazione di libertà, soprattutto religiose, con
accuse al regime pahlavi di dimenticare la sua matrice
islamica e di reprimere, in nome teorico della
modernità, la libera espressione della religiosità. I
mullah protessero e diedero ampio spazio a questi
dissidenti, che a loro volta videro in essi la naturale
guida della protesta.
Dopo la presa del potere di Khomeini le cose
cambiano di molto rispetto al regime dello Scià: la
scarsa libertà esistente nel periodo imperiale si
Mohammad Reza Shah Pahlavi
trasforma in un regime in cui le libertà personali sono
asservite al ferreo controllo imposto dai mullah: i
prigionieri politici esistenti, dopo pochi mesi, diventano nemici anche del nuovo
governo, che dal 1980 al 1988, è costretto a fronteggiare l'attacco dell'Iraq:
Saddam Hussein, approfittando della sensibile ostilità occidentale verso il
regime khomeinista e della debolezza del nuovo regime, cerca di sostituire a
proprio esclusivo vantaggio l'Iran nel suo ruolo di "guardiano del Golfo
Persico". L'Iran khomeinista resiste all'urto, sia pure pagando un prezzo
altissimo in termini di vite umane, e tiene testa a Saddam per otto anni,
uscendo alla fine vincitore. L'attacco di Saddam, che prese a pretesto alcune
dispute territoriali mai risolte sullo Shatt-el-Arab, invece di mettere in crisi il
regime di Khomeini lo legittimò agli occhi degli iraniani e ne radicò il consenso,
già alto.
La rivoluzione iraniana
Le cause
Il regime repressivo dello scià Reza Pahlavi conobbe negli anni 1970 un
ulteriore inasprimento. Nel tentativo di fare dell'Iran la potenza principale della
regione medio-orientale, lo scià accentuò il carattere nazionalista e autocratico
del suo regno, impegnando la maggior parte delle risorse economiche del
Paese nella costruzione di un potente e modernissimo esercito e
nell'autocelebrazione della monarchia.L'Iran aveva infatti ottenuto dagli Stati
Uniti l'assenso per l'acquisto di ogni tipologia di armamento, ad eccezione di
quelli atomici, e i sontuosi festeggiamenti per i 2500 anni della monarchia
persiana nel 1971 costarono alle casse dello Stato 250 milioni di dollari. Al
crescente malcontento della popolazione, le cui condizioni di povertà si erano
aggravate negli ultimi anni, il sovrano decise di rispondere con la forza. Negli
anni 1970 la polizia segreta (SAVAK) compì arresti in massa, migliaia di
cittadini vennero torturati e molti (si stima circa 7.000) vennero uccisi. Nel
1975 lo scià dichiarò illegali tutti i partiti politici, dissolvendo di fatto ogni
forma di opposizione legale e favorendo la nascita di movimenti clandestini di
resistenza.
La rivoluzione
A guidare la guerriglia furono all'inizio i fedayyin-e khald (volontari del popolo)
d'ispirazione marxista, che presto decisero di unirsi ai mujaheddin islamici per
coinvolgere nella lotta sempre più ampi strati della popolazione ed allargare
così le basi della protesta. Le forze di sinistra ritennero erroneamente di poter
gestire e limitare il potere del clero in un paese ormai laico e moderno, dove
l'applicazione della sharia sembrava un'ipotesi lontana dal potersi
effettivamente realizzare, ma il clero sciita divenne in breve tempo l'unico
riferimento della rivolta esautorando i gruppi di ispirazione politica.
Nel 1978 molte persone persero la vita in un cinema di Abadan a causa di un
incendio di origine dolosa. La strage venne attribuita alla SAVAK e in tutto
l'Iran scoppiarono sommosse e manifestazioni represse duramente dalla
polizia, finché l'8 settembre in Piazza Jaleh a Tehran intervenne l'esercito che
aprì il fuoco sulla folla di manifestanti compiendo un orrendo massacro. La
rivolta divenne allora inarrestabile.
Khomeini dal suo esilio parigino incitava alla rivoluzione, attraverso messaggi
registrati su audiocassette che venivano diffuse in tutto il Paese, mentre lo scià
compiva l'ultimo disperato tentativo di salvare il suo trono mediante la nomina
del democratico Shapur Bakhtiar a primo ministro, il quale accettò a condizione
che il sovrano lasciasse temporaneamente il Paese. Reza Pahlavi partì quindi
per l'Egitto il 16 gennaio 1979, ma la popolazione, seppure entusiasta per
l'avvenimento, non cessò la lotta, considerando la partenza dello scià
un'ulteriore prova della debolezza e dell'imminente crollo della monarchia.
Bakhtiar concesse la libertà di stampa, indisse libere elezioni e bloccò la
fornitura di petrolio a Israele e Sudafrica, ma Khomeini non riconobbe il suo
governo e annunciò il prossimo ritorno in patria, che avvenne il 31 gennaio
1979. Le manifestazioni a favore dell'ayatollah si moltiplicavano mentre
sempre più numerose erano le diserzioni nell'esercito, che il 12 febbraio
annunciò il proprio disimpegno dalla lotta. A Bakhtiar non restò che darsi alla
fuga.
La repubblica islamica
Khomeini, capo del consiglio rivoluzionario, assunse di fatto il potere, sebbene
Mehdi Bazargan assumesse la carica di primo ministro provvisorio. Mentre gli
uomini del vecchio regime venivano sommariamente processati e giustiziati a
centinaia, il 30 marzo un referendum controllato sancì la nascita della
Repubblica Islamica dell'Iran con il 98% dei voti; vennero banditi bevande
alcoliche, gioco d'azzardo e prostituzione, iniziarono le persecuzioni contro gli
omosessuali e chiunque assumesse comportamenti non conformi alla sharia.
La nuova costituzione prevedeva l'esistenza parallela di due ordini di poteri:
quello politico tradizionale rappresentato dal Presidente della Repubblica e dal
Parlamento, a cui furono riservati compiti puramente gestionali, e quello di
ispirazione religiosa affidato a una Guida Suprema (faqih) coadiuvata da un
Consiglio dei Saggi (velayat-e faqih), a cui fu demandato l'effettivo esercizio
del potere e che riconosceva nell'Islam e non nelle istituzioni il vertice dello
Stato. Venne istituito anche un corpo di guardiani della rivoluzione (pasdaran).
Tra le prime decisioni del Consiglio ci fu l'avvio di
massicce espropriazioni e nazionalizzazioni che
cambiarono radicalmente la struttura economicoproduttiva dell'Iran.
Intanto lo scià, che da tempo era malato di
cancro, fu accolto negli USA per curarsi, ma il
nuovo potere iraniano, temendo che ciò potesse
preludere a un accordo per un intervento
americano allo scopo di rimettere sul trono Reza
Pahlavi, chiese l'estradizione del vecchio sovrano.
Gli USA ovviamente rifiutarono, e ciò innescò
manifestazioni di protesta antiamericane da parte
degli "studenti islamici". Quattro di essi,
ignorando
le
prerogative
diplomatiche,
penetrarono nell'ambasciata americana a Tehran
L'ayatollah Ruhollāh Mosavi
e presero in ostaggio circa 50 diplomatici e Khomeini
funzionari. Il 25 aprile 1980 il presidente
americano Carter ordinò un'azzardata operazione di salvataggio, che però si
concluse disastrosamente con la morte di otto militari statunitensi. La vicenda
si concluse nel gennaio 1981 con la liberazione degli ostaggi in cambio di 10
miliardi di dollari e della fornitura di armi da parte della nuova amministrazione
Reagan al regime iraniano impegnato nella guerra contro l'Iraq, anch'esso
finanziato e armato dagli USA.
Ruhollah Khomeini
Sciiti e Sunniti
Oggi gli sciiti rappresentano circa il 10–15% della popolazione musulmana e
costituiscono una maggioranza religiosa in Iran, Iraq, Libano, Azerbaigian e
Bahrein mentre sono un’importante minoranza in Afghanistan, Pakistan, Siria,
Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti. Di fatto, ben lontano dall’essere unitario, il
mondo musulmano è attraversato da divisioni e separazioni, la più evidente
delle quali è quella tra Sunniti e Sciiti e risale addirittura alla morte di
Maometto. Ma cos’è che rende Sunniti e Sciiti diversi seppure facce della
stessa
luna?
La
risposta
è
nella
storia
islamica.
Poiché l’Islam non aveva un’organizzazione centralizzata, dopo la morte di
Maometto si verificarono spesso guerre di successione che divisero la umma.
Abu Bakr, il primo dei “califfi ben guidati” - che erano stati tutti vicini a
Maometto nel corso della sua vita - venne scelto come erede del profeta. Ma se
Abu Bakr morì di morte naturale, i successivi tre califfi vennero assassinati:
Uma ibn al-Khattab nel 644, Uthman ibn Affan nel 656, e Ali ibn Abi Talib nel
661. Fu dopo l’uccisione di Ali che la sua fazione diede vita alla confessione
sciita e la frattura si fece più profonda quando anche i figli di Ali, Hasan e
Husayn, morirono entrambi nella battaglia di Kerbala.
Come ricorda Vartan Gregorian nel suo libro Islam. Un Mosaico, Khalid Durán
nota che: «Il conflitto tra sunniti e sciiti somiglia a quello tra ebrei e cristiani.
Proprio come i cristiani hanno ritenuto gli ebrei responsabili dell’uccisione di
Cristo, gli sciiti considerano i sunniti responsabili dell’assassinio di Ali e dei suoi
figli, Hasan e Husayn». Nondimeno, le ragioni iniziali della rottura furono nel
sistema adottato per la successione di Maometto. Gli sciiti sostenevano che
solo coloro che avevano legami di sangue con il Profeta potessero succedergli,
mentre i sunniti preferivano un sistema elettivo. In sostanza, gli sciiti
ritenevano che Ali – non Abu Bakr, né gli altri due califfi ben guidati – dovesse
succedere al Profeta e che Maometto avesse preso questa decisione negli
ultimi giorni della sua vita.
La principale confessione sciita è quella dei duodecimani, diffusa nell’Iraq
meridionale, in Iran e in India. Essa considera fondamentale l’imamato, la linea
diretta di successione dalla famiglia di Maometto formata da una catena di
dodici imam, a partire da Ali e i suoi figli. Il dodicesimo e ultimo imam sarebbe
ancora vivo e dovrebbe riapparire un giorno in qualità di messia per mettere
fine al potere dei tiranni e far trionfare la giustizia. I duodecimani ritengono gli
imam infallibili e senza peccato mentre secondo i sunniti un imam è
semplicemente una guida nella preghiera. Un altro punto controverso divide i
sunniti dagli sciiti. Per i primi il Corano è stato creato mentre per i secondi è
sempre
esistito.
La giustizia sciita si basa sul Corano, sulla tradizione riguardante il profeta e gli
imam, come sul consenso tra gli studiosi. È convinzione sciita che finché il
dodicesimo imam non riapparirà la sua volontà sarà rappresentata dai giuristi,
perché solo questi studiosi sono in grado di interpretare il Corano e altre fonti
della legge islamica. È per questa ragione che ai principali giuristi sciiti viene
attribuito il titolo di ayatollah che significa “segno di Dio”. D’altro canto, invece,
i sunniti seguono le quattro scuole giuridiche islamiche (hanafita, malikita,
shafita e hanbalita) che sorsero nel IX secolo come espressione della sunna
(costume, tradizione) nel tentativo di formalizzare la dottrina islamica.
Il termine sunna denota la tradizione del profeta: le sue azioni, i suoi detti
come anche quelli dei suoi compagni che i sunniti considerano rappresentanti e
garanti della tradizione. Contrariamente agli sciiti, i sunniti ritengono che la
sunna e il riconoscimento dell’autorità dei califfi ben guidati siano la regola
generale per la pratica politica, religiosa e giuridica. Oggi, tuttavia, nell’Islam
sunnita, il riconoscimento delle quattro scuole giuridiche come garanti della
tradizione del Profeta non è più indiscussa.
Ayatollah
Ayatollah (arabo: ‫ ;ﻩللا ةيﺁ‬persiano: ‫ )ﻩللاتيﺁ‬è un titolo di grado elevato che
viene concesso agli esponenti più importanti del clero sciita. Il termine significa
segno di Dio e coloro che hanno questo titolo sono esperti in studi islamici
come la giurisprudenza, l'etica, la filosofia ed il misticismo. Solitamente essi
insegnano in scuole islamiche (hawza). Al di sotto del grado di ayatollah vi è il
grado di Hojjatoleslam (Prova o Autorità dell'Islam).
Non vi è un modo gerarchicamente preciso con cui si possa raggiungere il titolo
di Ayatollah: solitamente esso viene concesso ad uno esperto di studi religiosi
che abbia ottenuto la stima, il rispetto e l'ammirazione dei suoi superiori e dei
suoi pari grazie alla propria conoscenza del canone islamico ed alla sua
condotta, dopo il completamento dei suoi studi nella Hawza. Il più delle volte
ciò viene attestato da una sorta di diploma rilasciato dai suoi insegnanti. Una
volta ottenuto il titolo, un Ayatollah può render pubbliche le proprie
interpretazioni autentiche delle leggi religiose (Corano, Sunna, Ijma' e 'Aql),
insegnando in una Hawza secondo le proprie competenze e fungendo da punto
di riferimento e giudice in materia religiosa.
Grandi Ayatollah
Solo pochi dei più importanti Ayatollah vengono riconosciuti come Grandi
Ayatollah (Ayatollah al-`uzma, "grande segno di Dio"), o Marja al-taqlid ("fonte
di emulazione"). Solitamente ciò avviene quando i seguaci di un Ayatollah
fanno riferimento a lui in moltissimi casi e quindi gli chiedono di pubblicare un
testo giuridico-religioso che possa fungere da codice di comportamento per i
casi
più
comuni
della
vita
di
un
musulmano.
Questo testo è detto Risala 'Ilmiyya e solitamente è una riscrittura della alUrwa al-Wuthqa in cui l'ayatollah fornisce la propria interpretazione delle più
autentiche fonti religiose islamiche alla luce delle condizioni presenti.
In Iraq c'è solitamente un Grande Ayatollah che è a capo delle Hawza di Najaf
(attualmente - febbraio 2006 - il Grande Ayatollah è Ali al-Sistani) e pochi altri
che collaborano con lui (in questo momento Mohammad Sa'id al-Hakim,
Mohammad Ishaq al-Fayyad e Mohammad Taqi al-Modarresi).
Più numerosi sono i Grandi Ayatollah che vivono in Iran (specie nella città
santa di Qom) e nel resto del mondo sciita, tanto che in totale vi sono più di 20
Grandi Ayatollah. Fra i più noti vi sono Ali Khamenei (che in Iran riveste il
potente ruolo di Guida Suprema della Rivoluzione Islamica), Ali Montazeri,
Jawad Tabrizi, Kazem al-Ha'eri, Muhammad Fazel Lankarani, Mohammad
Hoseyn Fadlullah e Sadiq Hoseyni Shirazi.
Tuttavia, l'Ayatollah più noto in Occidente è sicuramente Ruhollah Khomeini,
che fu il principale leader della Rivoluzione Iraniana del 1979 e che ispirò la
Repubblica Islamica che ne uscì, diventandone la Guida Suprema fino alla sua
morte (1989).
La biografia di Khomeini
(Qom 1900 - Teheran 1989). Teologo e politico iraniano. Figlio di un religioso
ucciso durante la rivoluzione del 1905-1907, compì studi teologici a Qom fino a
divenire ayâtollâh. Avversario della monarchia (e del nazionalismo laico) fin dal
1943, venne arrestato nel 1962 e nel 1963 per la sua propaganda contro
l'emancipazione della donna, la riforma agraria e la nuova legge sulle elezioni
amministrative (in cui non era più obbligatorio che i candidati fossero
musulmani): le manifestazioni svoltesi a Teheran, Mashhad, Qom, Isfahan e
Shiraz per ottenere la sua liberazione (5 giugno 1963) vennero represse nel
sangue. Esiliato prima in Turchia (1964), poi in Iraq, divenne la guida del
movimento di opposizione religiosa allo scià, che si distanziò progressivamente
dalle formazioni laiche di ispirazione liberaldemocratica, nazionalista e di
sinistra, ma anche dalle correnti del modernismo islamico. Alla fine del 1978,
espulso dall'Iraq su richiesta del governo di Teheran, si trasferì in Francia, al
centro dell'attenzione della stampa mondiale, che diede ampia diffusione ai
suoi appelli contro il regime monarchico e per la costruzione di uno stato
islamico totalmente svincolato dagli Usa (ma non per questo favorevole
all'Urss). Questi appelli avviarono la rivoluzione islamica in Iran, di cui fu il
capo indiscusso. Costituito un Consiglio rivoluzionario islamico, tornò in Iran il
1° febbraio 1979. Intanto i suoi seguaci organizzavano il Partito della
repubblica islamica che, insieme con i pasdarân (guardie della rivoluzione), era
destinato a inquadrare politicamente le masse. Khomeinî, dopo aver favorito
prima l'elezione di Bani Sadr alla presidenza della repubblica e poi la sua
destituzione, mantenne fino alla morte la funzione di suprema guida politicoreligiosa del paese, designando come successore l'ayâtollâh Montazerî.