attualità Le possibili basi neurobiologiche dell’apprendimento maieutico I neuroni specchio come innovativa scoperta alla base, forse, del comportamento umano Fabrizio Lertora * D a diversi anni ormai i processi di conoscenza del cervello e delle implicazioni che tali scoperte possono avere rispetto al resto del patrimonio del nostro sapere, sono sempre più alla portata di tutti e l’attenzione da parte di un pubblico di non addetti ai lavori è sempre più consistente. In tal senso, tra le diverse interessanti scoperte nell’ambito della neurologia, un posto di notevole rilievo spetta certamente a quella, ad opera di due neuroscienziati dell’Università di Parma, Giacomo Rizzolatti e Vittorio Gallese, dei cosiddetti “neuroni specchio”. Questa categoria di neuroni presenta la caratteristica di attivarsi quando si osserva un proprio simile compiere una certa azione, attivazione del tutto simile a quella che avverrebbe se fosse lo stesso soggetto osservatore a compiere quella stessa identica attività. Ad esempio, se una scimmia afferra un oggetto, nella scimmia osservatrice si attivano quelli stessi circuiti neuronali che, nella corteccia premotoria, potrebbero predisporre i neuroni della corteccia motoria a compiere effettivamente quell’azione. Dopo la scoperta, per altro casuale, di tale meccanismo nelle scimmie, si è notato che tali neuroni sono presenti e attivi anche nella nostra specie: quando infatti osserviamo un nostro simile compiere una certa azione si attivano nel nostro cervello le stesse cellule che entrano in funzione quando siamo noi stessi a compiere quel gesto. E’ interessante notare che la presenza dei “neuroni specchio” non è limitata esclusivamente all’area 25 motoria, ma sembra interessare anche altre aree, tanto da arrivare a parlare più propriamente di un “sistema di neuroni specchio”, che si presenta quindi, a livello neurologico, come struttura base ai fini dell’apprendimento attraverso l’osservazione. Questa scoperta si è rilevata, nelle parole stesse dei suoi scopritori, come una tappa fondamentale per la comprensione di come ci relazioniamo con il mondo, di come impariamo a conoscerlo e a rappresentarcelo: “questo contributo delle neuroscienze può essere importante nel suscitare nuove riflessioni in ambito etico, politico ed economico. Perché ha messo in luce come la reciprocità che ci lega all’altro sia una nostra condizione naturale, pre-verbale e prerazionale” (Vittorio Gallese). SINTONIZZAZIONE PERFETTA Di fatto, a partire dalla semplice visione di un modo di fare, il nostro cervello è come se simulasse internamente tale modalità, non in maniera astratta, per così dire immaginativa, ma producendo esattamente lo stesso tipo di attività neurale registrabile nel momento stesso in cui fosse effettivamente impegnato a svolgerla. Sotto un certo profilo non c’è differenza quindi tra il fatto che siamo noi a compiere una determinata azione o semplicemente osserviamo compierla da un nostro simile. In tal senso tale predisposizione appare quale capacità di sintonizzarsi rispetto a chi ci sta di fronte e di mutuo apprendimento cablato a livello neuronale. Da subito l’interesse dei ricercatori, sulla scia di tali osservazioni, si è mosso anche verso le componenti più emotive, per così dire, del nostro essere e del nostro essere in relazione: ci si è posti cioè la domanda se tale meccanismo di rispecchiamento valesse anche nel caso di vissuti emotivi. Gli esperimenti in proposito paiono dimostrare, in effetti, che se l’altro prova piacere o dolore nel fare una certa cosa, anche in tal caso nel nostro cervello si attivano gli stessi neuroni che si attiverebbero se anche noi stessimo provando le medesime emozioni e sentimenti. A partire da ciò e anche a causa della grande attenzione, a livello di mass media, che ormai circonda la ricerca nell’ambito delle neuroscienze, da subito questa scoperta è stata vista soprattutto come la “prova” neurofisiologica del sentimento dell’ “empatia” e in tal senso ha stimolato un vasto Neuroni specchio CONFLITTI attualità dibattito in proposito. La scoperta dei neuroni specchio pare rafforzare, infatti, l’idea di una natura umana intrinsecamente relazionale, vale a dire di una predisposizione naturale e strutturale verso la relazione, sinteticamente e significativamente racchiusa nelle parole stesse di uno degli scopritori: “non è possibile pensare un io senza un noi”. In questa frase di Giacomo Rizzolatti sembra riecheggiare e fondare a livello neurofisiologico il paradigma dialogico e relazionale di Martin Buber (1). Appare evidente come tale scoperta e la riflessione che ne è seguita abbia immediata importanza anche in una prospettiva pedagogica; la capacità di entrare in relazione, di cooperare, di utilizzare strategie di auto apprendimento e di mutuo insegnamento, non è qualcosa che deve essere imparato ma al contrario rappresenta una competenza naturalmente cablata all’interno delle strutture e dei processi che, a livello neuronale, guidano e sostengono il nostro sviluppo. In tale direzione condizioni e scelte metodologiche quali ad esempio la didattica dialogica, la maieutica socratica, il cooperative learning appaiono, alla luce di tale scoperta, elementi fondati di una ricerca verso una maggior efficacia dell’impresa dell’insegnare e dell’apprendere. Al centro della riflessione si pone il rapporto tra osservazione, immaginazione e azione e di conseguenza lo stretto intreccio tra mente e corpo nei processi di apprendimento. Proprio il corpo pare ritrovare, in tal senso, la sua funzione di strumento fondamentale per comprendere ed apprendere. La relazione corporea e la sperimentazione sensoriale appaiono modalità privilegiate, come già ebbe a dimostrare la Montessori, per imparare. Fu proprio Maria Montessori infatti a sottolineare l’importanza di un coinvolgimento “corporeo e motorio” (e non esclusivamente cognitivo) del bambino nell’ambito del proprio processo educativo. Con la sua metafora della “mente CONFLITTI assorbente”, in un certo senso, anticipava e teorizzava, a nostro parere, se pur in forma metaforica, molti tra i meccanismi che il sistema dei neuroni specchio ha neurologicamente dimostrato: l’apprendimento infatti potremmo dire che prende forma grazie ad una sorta di “immersione”, in primo luogo mediata dal nostro corpo, nella realtà e in particolare nella realtà della relazione con l’altro. MAIEUTICA E NEURONI SPECCHIO Sulla base di questa dotazione naturalmente relazionale, la capacità di entrare in relazione, di cooperare, di apprendere attraverso situazioni di reciprocità, non è qualcosa che si acquista nel tempo, ma la cifra costituente l’umano. Appare possibile ritrovare tracce neuronali alla base di fenomeni squisitamente maieutici, alla base di pratiche e di condizioni fondanti una possibile genesi maieutica dello sviluppo. Il sistema dei neuroni specchio pare quindi costituire la dotazione necessaria, anche se certamente non sufficiente, per costruire e dare significato a relazioni di vicinanza, di mutuo insegnamento, di attivazione reciproca. In altre parole il background fisiologico fondamentale per poter, se intenzionati a farlo, realizzare, per dirla con Dolci, strutture maieutiche efficaci di evoluzione(2). A tale proposito mi pare importante però, in chiusura, evidenziare il rischio che ancora una volta prevalga, sulle ali dell’entusiasmo e dell’ingenua illusione di un facile accesso ai complessi percorsi della coscienza, un approccio per così dire “riduzionista”, che intende stabilire un rapporto lineare e nesso diretto di causa-effetto tra meccanismi Neuroni specchio neuronali e comportamento umano. Tale relazione diretta è ben lungi dal poter essere affermata e provata e troppo poco ancora sappiamo, nonostante gli enormi progressi degli ultimi decenni, sul sistema più complesso dell’Universo qual è il nostro cervello. Anche il problema di come è possibile apprendere non sfugge a tale riflessione; i risultati delle neuroscienze, in particolare le scoperte relative al sistema dei neuroni specchio, si presentano come fondamentali ma il manifestarsi della nostra conoscenza, così come il realizzarsi dell’apprendimento, appaiono fenomeni la cui comprensione richiede presumibilmente ancora molto tempo e che necessita di sempre maggiori sforzi di sinergia tra le tante discipline in essa coinvolte. NOTE 1) Martin Buber, Il principio dialogico, San Paolo Edizioni, 1993 2) Danilo Dolci, La struttura maieutica e l’evolverci, La nuova Italia 1996 PER SAPERNE DI PIÙ Giacomo Rizzolatti, Corrado Sinigaglia, So quel che fai, Raffaello Cortina, 2007 Giacomo Rizzolatti, Lisa Vozza, Nella mente degli altri.Neuroni specchio e comportamento sociale, Zanichelli, 2007 Iacoboni Marco, I neuroni specchio. Come capiamo ciò che fanno gli altri, Bollati Boringhieri, 2008 * ingegnere, formatore per il CPP. E-mail: [email protected] 26