N. 1/2014 CONGRESS REPORT REPORT DEL CORSO DI AGGIORNAMENTO BARI, 20-21 marzo 2014 Direttore del corso Prof. NICOLA QUARANTA IL RUOLO DELL’AUDIOLOGIA NELLA CHIRURGIA DELL’ORECCHIO MEDIO E INTERNO REPORT DEL CORSO DI AGGIORNAMENTO CONGRES IL RUOLO DELL’AUDIOLOGIA NELLA CHIRURGIA DELL’ORECCHIO MEDIO E INTERNO BARI, 20-21 marzo 2014 NOTA DELL’EDITORE Il presente volume riprende i principali contenuti di questo evento formativo, con l’obiettivo di renderli disponibili a un pubblico più ampio e di offrire informazioni e indicazioni condivise per un miglioramento della pratica clinica. In particolare, i testi che seguono sono una rielaborazione originale, a cura della redazione di Sintesi InfoMedica, delle relazioni presentate durante l’evento da E. Cassandro, D. Petrone e M. Raguso (valutazione audiologica ed elettrofisiologica), N. Quaranta (trattamento chirurgico delle ipoacusie trasmissive), S. Berrettini e M. Barbara (protesi attive e passive), G. Paludetti e A. Martini (trattamento chirurgico dell’ipoacusia neurosensoriale), G. Mertens (ipoacusia profonda unilaterale) e della tavola rotonda conclusiva. I testi, rivisti dai rispettivi relatori, sono stati riassunti e integrati con le opinioni emerse dalle discussioni tenutesi nel corso dei lavori. INDICE Quest’opera è protetta dalla legge sul diritto d’autore. Tutti i diritti, in particolare quelli relativi alla traduzione, alla ristampa, all’utilizzo di illustrazioni e tabelle, alla registrazione su microfilm o in database, o alla riproduzione in qualsiasi altra forma (stampata o elettronica) rimangono riservati anche nel caso di utilizzo parziale. La riproduzione di quest’opera, anche se parziale, è ammessa solo ed esclusivamente nei limiti stabiliti dalla legge sul diritto d’autore ed è soggetta all’autorizzazione dell’editore. La violazione delle norme comporta le sanzioni previste dalla legge. © Sintesi InfoMedica S.r.l. Sebbene le informazioni contenute nella presente opera siano state accuratamente vagliate al momento della stampa, l’editore non può garantire l’esattezza delle indicazioni sui dosaggi e sull’impiego dei prodotti menzionati e non si assume pertanto alcuna responsabilità sui dati riportati, che dovranno essere verificati dal lettore consultando la bibliografia di pertinenza. 3 Ipoacusie trasmissive di orecchio medio e interno 3 •Valutazione audiologica ed elettrofisiologica 3 - L’air-bone gap: un esempio dell’importanza dell’audiologia per una buona pratica chirurgica 3 - Esami e strumenti per un corretto inquadramento diagnostico5 •Il trattamento chirurgico 7 •Le protesi attive e passive dell’orecchio medio 9 Ipoacusia neurosensoriale 10 •Il trattamento chirurgico - Implantologia cocleare non complicata - Casi difficili e borderline •Ipoacusia profonda unilaterale: il ruolo dell’impianto cocleare 10 10 11 13 Copyright © 2014 by Sintesi InfoMedica S.r.l. Via Ripamonti, 89 - 20141 Milano (MI) Tel. +39 02 56665.1 - Fax +39 02 97374301 Tavola rotonda: il trattamento delle sordità gravi e profonde: quando la protesi? Quando l’impianto? 16 Stampa: Arti Grafiche Turati via Lavoratori Autobianchi, 1 20033 Desio (MB) - Italia •Caso 1 •Caso 2 •Caso 3 •Caso 4 •Caso 5 •Caso 6 16 16 17 18 18 19 Stampato nel mese di Giugno 2014 Realizzato con il contributo incondizionato di 2 Presentazione del corso ESS REPORT PRESENTAZIONE DEL CORSO A cura del direttore, Nicola Quaranta U.O.C. Otorinolaringoiatria Universitaria Azienda Ospedaliera Universitaria “Policlinico di Bari” Il corso è il risultato di un intreccio di temi di biologia e chirurgia dell’orecchio medio e interno, argomenti che sia gli audiologi che i chirurghi dovrebbero conoscere in maniera approfondita per poter gestire al meglio il paziente che hanno in carico. Le scelte chirurgiche moderne e la corretta valutazione pre-operatoria non possono infatti prescindere da una profonda conoscenza dell’audiologia. Questo incontro ha avuto dunque come obiettivo la promozione dello scambio di informazioni e di cultura tra i professionisti del trattamento delle patologie auricolari e la partecipazione di figure di rilievo nazionale ha conferito particolare lustro all’evento di cui, di seguito, riportiamo una breve, ma speriamo esaustiva, sintesi. IPOACUSIE TRASMISSIVE DI ORECCHIO MEDIO E INTERNO Valutazione audiologica ed elettrofisiologica L’air-bone gap: un esempio dell’importanza dell’audiologia per una buona pratica chirurgica A cura di Ettore Cassandro Università degli Studi di Salerno, Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, U.O.C. di Otorinolaringoiatria ad indirizzo otologico, audiologico e foniatrico L’ air-bone gap è un’ipoacusia trasmissiva che, di fatto, si esplica in assenza di patologie dell’orecchio medio ed è fondamentalmente legata al concetto di terza finestra, cioè alla presenza di una comunicazione tra la cavità cranica e l’orecchio; Minor, nel 2003,1 l’ha definita come una condizione legata a una deiscenza del canale semicircolare superiore. È necessario ricordare che l’orecchio interno presenta fisiologicamente tre finestre: quella ovale, quella rotonda e quella legata all’acquedotto vestibolare, cocleare e a quei piccoli forami di vasi e nervi, vie di piccolo calibro ad alta impedenza normalmente chiuse, che non permettono la propagazione del suono e hanno scarso ruolo dal punto di vista fisiologico. Le terze finestre patologiche sono invece fondamentalmente quelle derivanti dalla deiscenza dei canali semicircolari. La conseguenza di questa con- dizione patologica è una dissipazione di energia acustica (Figura 1) nella cavità cranica che comporta un’amplificazione della stimolazione acustica per via ossea (Figura 2). Le cause di questa ipoacusia trasmissiva sono condizioni cliniche che possono interessare diversi componenti dell’orecchio interno, ma anche alcune patologie genetiche e sistemiche. La deiscenza del canale semicircolare superiore è la condizione meglio studiata in Letteratura, con più di 60 casi riportati.1,3,4 Questo air-bone gap è di solito trasmissivo e coinvolge le frequenze al di sotto dei 2.000 Hz; è interessante sottolineare che le soglie per via ossea sono spesso migliori del normale, possono arrivare anche a -20 decibel. La deiscenza del canale semicircolare posteriore è meno comune5 e di solito è legata a una comunicazione anomala tra il canale e la cavità cranica oppure tra 3 CONGRES VIA AEREA Orecchio normale •Lo stimolo acustico raggiunge il vestibolo tramite la vibrazione della staffa. •Pressione differente tra scala tympani e scala vestibuli che fa muovere la partizione cocleare. •La velocità di movimento delle due finestre è di uguale ampiezza e direzione opposta. Terza finestra •Lo stimolo acustico raggiunge il vestibolo tramite la vibrazione della staffa. •Parte dell’energia acustica viene dispersa attraverso la terza finestra. •Diminuzione della pressione sonora all’interno del vestibolo. Figura 1. Dissipazione dello stimolo acustico causato dalla presenza di una terza finestra patologica. Da 2. VIA OSSEA Orecchio normale •Differenza di impedenza tra scala vestibuli e scala tympani. •La differenza di pressione ai lati della partizione cocleare genera la vibrazione della m. basilare da stimolazione ossea con conseguente percezione acustica. Terza finestra •La terza finestra diminuisce l’impedenza della scala vestibuli permettendo una maggiore risposta della partizione cocleare allo stimolo per via ossea. Figura 2. Amplificazione della partizione cocleare allo stimolo per via ossea causato dalla presenza di terza finestra patologica. Da 2. canale e il bulbo della giugulare, mentre quella del canale semicircolare laterale può essere il risultato di patologie croniche dell’orecchio medio, come per esempio un’osteite per colesteatoma o un’otite cronica, oppure essere legata a problemi iatrogeni, come la chirurgia dell’otosclerosi.6 4 La sindrome dell’acquedotto vestibolare largo comporta invece vari sintomi audiovestibolari;7 il gap è sempre di tipo trasmissivo sulle basse frequenze, legato al meccanismo di grave malformazione che comporta una comunicazione tra vestibolo e cavità cranica. Tra le sindromi genetiche è bene ricordare la X-linked Deafness with staped gusher (DFN-3); essa causa una malformazione dell’orecchio interno legata a una dilatazione del canale uditivo che mette in comunicazione quest’ultimo con la coclea o il vestibolo.8 Riuscire a diagnosticare precocemente questa patologia potrebbe evitare una serie di problematiche chirurgiche legate alla possibilità di gusher negli interventi chirurgici della staffa. Esistono inoltre altre malformazioni, come la Mondini-like per esempio, o la sindrome di Apert, che causano una comunicazione anomala tra canale uditivo interno, che il più delle volte risulta essere dilatato, e vestibolo. Il Morbo di Paget dell’osso temporale infine è una malformazione della capsula otica che può provocare un problema di ipoacusia trasmissiva a causa della presenza di microfratture della stessa capsula otica, vie di fuga dell’energia.9 Il processo decisionale che porta a stabilire se un’ipoacusia trasmissiva è causa di una patologia dell’orecchio medio o da terza finestra non è semplice: in Figura 3 sono elencati gli esami da eseguire per una corretta valutazione; la TC o la RM rappresentano gli esami realmente dirimenti, poiché permettono di evidenziare eventuali lesioni dell’orecchio interno. È necessario ricordare però che altre cause possono determinare un’ipoacusia trasmissiva come, ad esempio, le patologie vascolari e ciò evidenzia la profonda connessione tra orecchio interno ed encefalo, forse la vera, nuova frontiera dell’esplorazione diagnostica in campo audiologico; esiste infatti una correlazione tra pressione endocranica e liquidi labirintici e la Letteratura è ricca di dati che supportano il ruolo dell’interferenza della condizione ematica a livello cerebrale sul microcircolo a livello cocleare, come nella malattia di Ménière.10,11 In conclusione, il dato clinico anomalo deve rappresentare la spia di attenzione principale: una qualsiasi ipoacusia trasmissiva in assenza di patologie dell’orecchio medio deve immediatamente essere oggetto di attenzione. L’imaging per la diagnosi differenziale è fondamentale, ma anche i dati audiologici vanno tenuti in grande considerazione: un chiaro quadro generale è essenziale per avviare le migliori scelte chirurgiche. ESS REPORT TEST ORECCHIO MEDIO TERZA FINESTRA GAP AEREO-OSSEO 0-60 dB può riguardare tutte le frequenze 0-60 dB soprattutto alle frequenze <2 kHz SOGLIA VIA OSSEA Raramente <0 dB Possibili valori negativi sulle frequenze <2 kHz (da -5 a -20 dB o anche migliore) RIFLESSI ACUSTICI Assenti Presenti VEMPs Assenti Presenti - soglia più bassa del normale OAEs Assenti Possono essere presenti VERTIGINI (da intensa stimolazione acustica e/o pressione sul trago) Assenti Possono essere presenti TC/RMN Possibile evidenza di patologia dell’OM Lesione dell’orecchio interno TIMPANOTOMIA ESPLORATIVA Fissità, discontinuità o altre lesioni della catena ossiculare Normale mobilità della catena ossiculare Figura 3. La diagnosi differenziale tra air-bone gap da patologia dell’orecchio medio e da “terza finestra”. Esami e strumenti per un corretto inquadramento diagnostico A cura di Domenico Petrone e Michele Raguso U.O.C. di Otorinolaringoiatria - A.S.L. di Bari, Ospedale “Di Venere” D i fronte a un paziente con un disturbo uditivo è importante stabilire innanzitutto l’entità dell’ipoacusia, la sede della lesione e la causa che lo determina; l’attenta anamnesi rappresenta il punto di partenza imprescindibile da cui partire, ma anche l’esame obiettivo ha un ruolo fondamentale poiché un’attenta valutazione permette già di orientarsi verso un’ipotesi diagnostica. L’approfondimento diagnostico con le metodiche descritte a seguire sono quindi essenziali per arrivare a un corretto inquadramento del paziente. Le prove con il diapason ad esempio, di semplice e veloce esecuzione, permettono di distinguere un paziente affetto da ipoacusia trasmissiva o neurosensoriale. Il vero esame fondamentale per il deficit uditivo è però rappresentato dall’audiometria soggettiva tonale (Figura 1), con cui si ricerca la soglia uditiva per via aerea e per via ossea: l’ipoacusia trasmissiva viene evidenziata da un abbassamento più o meno marcato della via aerea, mentre la via ossea risulta normale; nelle forme percettive invece le due curve decorrono sempre appaiate e risultano abbassate a seconda dell’entità del deficit uditivo; nelle forme miste, infine, il deficit è evidente sia per la via aerea sia per quella ossea, sebbene la prima risulti maggiore. L’audiometria vocale è un altro strumento diagnostico importante, dal momento che fornisce indicazioni sostanziali sulla menomazione sociale del soggetto e risulta utile anche per valutare il guadagno dei pazienti protesizzati; mentre l’impedenzometria, che valuta l’elasticità del sistema timpano-ossiculare mediante due metodiche distinte, la timpanometria e il riflesso stapediale, rappresenta un esame importante per distinguere le ipoacusie trasmissive da quelle neurosensoriali. L’elettrofisiologia in questo campo è di grande aiuto: i Potenziali Evocati Uditivi, con metodiche diverse, valutano il trasferimento dell’informazione acustica al sistema nervoso centrale, permettendo di stabilire la sede di lesione nelle ipoacusie di tipo neurosensoriale e consentendo una valutazione obiettiva della soglia uditiva nei pazienti non collaboranti, come i bambini; i Potenziali Evocati Vestibolari miogenici (VEMPs), introdotti più recentemente, misurano invece l’attività vestibolare a livello di macula dell’utricolo e del sacculo. Le vie interessate sono quelle oculari e cervicali: i cervical VEMPs valutano l’attività elettrica che si modifica a livello del muscolo sternocleidomastoideo, mentre gli ocular VEMPs valutano quella che si modifica a livello dei muscoli perio- 5 CONGRES Ricerca della soglia uditiva per via aerea e per via ossea 500 dB IPOACUSIA TRASMISSIVA 3000 500 dB 3000 0 1 20 0 40 20 2 60 40 A 80 125 60 via aerea via ossea non mascherato 80 via aerea mascherato 500 Au. Ds IPOACUSIA PERCETTIVA Au. Sn 100 500 via ossea dB 2000 Frequenza (Hz) 8000 3000 0 20 125 500 2000 8000 40 Frequenza (Hz) 60 1 B 80 via ossea 125 via aerea 2 500 500 IPOACUSIA MISTA dB 2000 Frequenza (Hz) 8000 3000 0 20 40 60 C 80 125 500 2000 Frequenza (Hz) 8000 Figura 1. Dissipazione dello stimolo acustico causato dalla presenza di una terza finestra patologica. Da 2. culari. La possibilità di sollecitare con stimolazioni acustiche queste strutture ha reso i VEMPs importanti in campo audiologico. Lo stimolo acustico che interessa maggiormente è quello che viene utilizzato per via aerea ed è fondamentale che la sollecitazione sonora sia particolarmente intensa (circa 130 decibel SPL, frequenze intorno ai 500 Hz); la stimolazione, infine, può essere monoaurale o binaurale. L’esame è estremamente semplice, dura solo pochi minuti e fornisce risultati dirimenti, soprattutto per quanto riguarda le ipoacusie trasmissive a carico dell’orecchio medio in cui un deficit uditivo, anche lieve, impedisce l’evocazione di questo riflesso. Un risultato diverso viene invece ottenuto nelle ipoacusie trasmissive dell’orecchio interno, in cui non solo questo riflesso è presente, ma risulta avere anche un’ampiezza aumentata e una soglia di attivazione piuttosto bassa. 6 TC e RMN, infine, permetteranno di definire meglio la patologia, consentendo di arrivare a una diagnosi precisa. Bibliografia essenziale 1) Minor LB et al. Otol Neurotol 2003;24:270-8. 2) Merchant SN, Rosowski JJ. Otol Neurotol 2008;29:282-9. 3) Modugno G et al. ORL J Otorhinolaryngol Relat Spec 2005;67:180-4. 4) McEvoy TP et al. Am J Otolaryngol 2013;34:345-9. 5) Russo JE et al. Otol Neurotol 2014;35:310-4. 6) Chien WW et al. Curr Opin Neurol 2011;24:25-31. 7) Gopen Q et al. Laryngoscope 2011;121:1971-8. 8) Cremers CW et al. Adv Otorhinolaryngol 2002;61:161-7. 9) Bahmad F Jr, Merchant SN. Otol Neurotol 2007;28:1157-8. 10) Cognard C et al. J Neurol Neurosurg Psychiatry 1998;65:308-16. 11) Godlowski Z. Acta Otolaryngol Suppl 1972;299:1-36. ESS REPORT Il trattamento chirurgico A cura di Nicola Quaranta U.O.C. Otorinolaringoiatria Universitaria - Azienda Ospedaliera Universitaria “Policlinico di Bari” I l paziente con ipoacusia trasmissiva a membrana timpanica integra è certamente un caso molto complesso: le condizioni cliniche di fronte alle quali un chirurgo può trovarsi sono moltissime e distinguerle è pertanto fondamentale per approcciare correttamente la terapia. Utilizzando due degli esami descritti in precedenza, l’audiometria tonale e l’impedenzometria, è possibile evidenziare una condizione di timpanogramma di tipo A, con riflessi stapediali assenti o, in alternativa, presenti. La condizione più comune è quella del timpanogramma tipo A con riflessi assenti e, in particolare, l’anchilosi stapedo-ovalare, definizione più corretta rispetto a quella di otosclerosi, in quanto non tutte le anchilosi stapedo-ovalari sono di origine otosclerotica e il fatto che il paziente presenti un timpanogramma di tipo A con riflessi assenti e staffa fissa non è necessariamente indice di otosclerosi:1 l’otosclerosi rende infatti conto solo del 60% dei casi, nel rimanente 40% possono essere presenti altre condizioni come, per esempio, la calcificazione anulare, la fibrosi o l’ossificazione del legamento anulare (Figura 1). A prescindere dall’eziologia dell’anchilosi è necessario procedere con un intervento chirurgico per ristabilire la trasmissione dell’energia sonora lungo il sistema timpano-ossiculare irrigidito dall’anchilosi. Le indicazioni sono importantissime perché solo sulla base di una valutazione audiologica completa e adeguata è possibile proporre un intervento al paziente: l’intervento per un’anchilosi stapedo-ovalare in chirurgia della staffa può essere indicato quando la via aerea supera i 40 dB e il gap via aerea/via ossea è di almeno 20 dB. Esistono diversi approcci per affrontare una stapedioplastica, ma la maggior parte dei Chirurghi esegue la platinotomia; quando la platina viene completamente rimossa si parla di platinectomia totale, mentre se è asportata Anchilosi stapedo-ovalare FUNZIONALITÀ NORMALE DELLA TUBA DI EUSTACHIO, 83-92% FUNZIONALITÀ PARZIALE DELLA TUBA DI EUSTACHIO, 8-17% Staffa fissa secondaria • Timpanosclerosi Staffa fissa non otosclerotica circa 40% (coinvolgimento capsula otica assente) • Calcificazione anulare • Fibrosi • Granulomi • Emosiderosi • Amiloidosi • Infiltrato mononucleare Patologie scheletriche sistemiche <1% (Patologie/sindromi multiorgano) • Osteogenesi imperfetta • Malattia di Paget • Osteopetrosi etc… Staffa fissa congenita <1% • Sindrome di Edwards • Sindrome di Patau • Sindrome VACTERL • Sindrome Treacher Collins, etc… Staffa fissa Otosclerosi circa 60% (coinvolgimento capsula otica) Eredità monogenica, anchilosi staffa familiare idiopatica <1% • Mutazioni gene NOG • Geni OTSC1-7 • Polimorfismi COL1A1, etc… Figura 1. Eziologia dell’anchilosi stapedo-ovalare. Da 1. 7 CONGRES solo una parte si parla di emiplatinectomia. Anche il modo in cui si agisce sulla platina può variare: alcuni utilizzano strumenti manuali, come il perforatore e microuncini, microfrese, oppure il laser. Per quanto riguarda le protesi infine, ne esistono in materiale plastico, come il teflon, o in metallo (titanio). È importante utilizzare materiali non magnetici o elettromagnetici, che quindi permettano l’esecuzione di una RM. La chiusura della finestra ovale e la prevenzione di una delle complicanze più temibili della chirurgia della staffa, la fistola perilinfatica, può essere eseguita con sangue o con materiale connettivale; è possibile anche utilizzare grasso o spugna di gelatina. L’incisione classica avviene per via transcanalare, anche se alcuni chirurghi preferiscono utilizzare un approccio endoaurale. L’approccio è importante per avere spazio per l’applicazione della protesi, che, per motivi di stabilità, deve pescare di 0,250,50 mm all’interno del vestibolo. I vantaggi della platinotomia risiedono nel maggior guadagno alle alte frequenze in termini di air-bone gap, ma in quei soggetti in cui la tacca di Carhart è particolarmente importante il guadagno della via ossea potrebbe essere maggiore rimuovendo parzialmente o totalmente la platina (Figure 2 e 3).2 Questo approccio si associa però a un rischio più elevato di incorrere in una fistola perilinfatica o in un granuloma. Il rischio di ipoacusia neurosensoriale è ridotto per entrambe le tecniche. 35 PLT: platinectomia. pPLT: emiplatinectomia. 30 10 6 20 4 15 2 0 5 0 PLT: platinectomia. pPLT: emiplatinectomia. 8 25 10 -2 Gain .5 K Gain 1 K AC PLT Gain 2 K Gain 3 K Gain 4 K Gain 8 K AC pPLT Figura 2. Guadagno post operatorio in conduzione aerea. Da 2. Bibliografia essenziale 1) Karosi T et al. Otol Neurotol 2009;30:1058-66. 2) Quaranta N et al. Otolaryngol Head Neck Surg 2005;133:116-20. 3) Cremers CW. Am J Otol. 1985;6:243-6. 4) Minor LB. American Journal of Otology 2000;21:9-19. 5) Niesten ME et al. Audiol Neurootol 2014;19(2):97-105. 6) Ward BK et al. Otol Neurotol. 2012;33:1386-91. 7) Lehmann M et al. J Med Case Rep. 2011;5:47. 8 La presenza di riflessi stapediali in una condizione di timpanogramma di tipo A potrebbe invece indicare un’ipoacusia dell’orecchio interno. In realtà ciò non sempre è vero, è possibile che sussistano condizioni di malformazioni ossiculari o di assenza della sovrastruttura stapediale che comportano una vera e propria ipoacusia trasmissiva, oppure possono verificarsi pseudoipoacusie trasmissive o ipoacusie trasmissive da alterazioni dell’orecchio interno. In alcuni casi può essere utile eseguire una timpanotomia esplorativa. Le vere ipoacusie trasmissive dell’orecchio interno, come la già citata DFN-3,3 malattia genetica legata al cromosoma X caratterizzata da un’ipoacusia trasmissiva e mista con riflessi stapediali presenti e da una dilatazione sacciforme del condotto uditivo interno, sono condizioni molto particolari e importanti da riconoscere, perché i pazienti affetti sottoposti a chirurgia della staffa possono incorrere in un gusher. Anche i soggetti con una deiscenza del canale semicircolare superiore vengono spesso sottovalutati, ritardando la diagnosi e la risoluzione dei sintomi, che talvolta possono essere profondamente invalidanti; sono disponibili in Letteratura diversi studi che permettono di approfondire l’argomento.4-7 La continua ricerca e l’aggiornamento sono cruciali per permettere a tutti gli operatori sanitari di ridurre il rischio di errore diagnostico, ottimizzando le cure. -4 Gain .5 K Gain 1 K BC PLT Gain 2 K Gain 3 Gain 4 K K BC pPLT Figura 3. Guadagno post operatorio in conduzione ossea. Da 2. ESS REPORT Le protesi attive e passive dell’orecchio medio A cura di Stefano Berrettini1 e Maurizio Barbara2 Direttore U.O. Otorinolaringoiatria Audiologia e Foniatria Universitaria, Cattedra di Otorinolaringoiatria, Università di Pisa 2 Università Sapienza, Roma - Clinica ORL Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Roma 1 L e protesi impiantabili per via ossea sono strumenti molto utilizzati nella chirurgia auricolare: sono in genere caratterizzate da 3 elementi (Figura 1) e si basano su un concetto di osteointegrazione della vite in titanio analogo a quello odontoiatrico;1 attraverso l’osso e la cute la vite viene a contatto con un pilastro di connessione al quale si attacca un processore. Abutment - Pilastro Connessione tra vite e processore Processore del suono Pelle e tessuto sottocutaneo vite in modo da poter dominare la zona con facilità. Questa strategia ha reso molto più semplice e rapido l’intervento, riducendo i tempi di guarigione e offrendo risultati estetici migliori. I processori di ultima generazione5 permettono di collegarsi wireless con moltissimi accessori (cellulare, televisione), con grande beneficio per il paziente; inoltre dispongono di un microfono direzionale e di un sistema di software del suono molto sofisticati che permettono un impiego sia nelle ipoacusie trasmissive, sia in quelle miste, con soglia uditiva fino a 40-50 dB sulle frequenze di conversazione. Esiste un’altra varietà di protesi per via ossea, costituita invece da una parte impiantabile, composta a sua volta da 2 magneti, da una parte di sostegno con 5 viti e da un processore esterno. I 2 magneti, vibrando, fanno vibrare le viti e quindi l’osso (Figura 2). Parte impiantabile (Otomag) Osso temporale Fixture - Vite Processore esterno (Alpha 2) L’impianto in titanio Figura 1. Struttura di una protesi impiantabile per via ossea. Figura 2. Struttura di un secondo tipo di protesi impiantabile per via ossea (Sophono). Il device si comporta quindi come una protesi fissa, ma per via ossea, bypassando l’orecchio esterno e medio e stimolando direttamente la coclea. Nei primi modelli l’osteointegrazione della vite in titanio richiedeva un tempo abbastanza lungo e una chirurgia in due tempi, ma recentemente sono stati sviluppati materiali che facilitano l’osteointegrazione,2-4 rendendola più rapida e permettendo di attivare i pazienti già dopo un mese. I profili sempre più ergonomici delle protesi contribuiscono inoltre a stabilizzare i tessuti cutanei e sottocutanei intorno ad esse e i rivestimenti in idrossiapatite favoriscono l’aderenza e la biocompatibilità dei tessuti, limitando il rischio di infezione della vite. La tecnica di impianto viene eseguita sempre in anestesia locale nell’adulto, mediante un’incisione retroauricolare molto posteriore, a circa 5-6 cm dal solco retroauricolare; una volta stabilita la posizione viene eseguita un’incisione direttamente sul periostio, attraverso il quale vengono fatti passare pilastro e Entrambe le tipologie di protesi sono compatibili con la RM. L’intervento chirurgico è molto semplice, viene effettuato in anestesia locale in tutti i pazienti adulti e nei bambini con età maggiore di 5 anni. La parte iniziale dell’intervento è simile a quella precedente: si arriva direttamente alla teca ossea e viene fresata per posizionare i magneti. Viene in seguito realizzato un piccolo ponte di congiunzione per facilitare il fissaggio della protesi centrale e successivamente sono inserite le viti autofilettanti, che determinano la conduzione. Tutte le forme di ipoacusia trasmissiva con un gap di almeno 30 decibel e soglia per via ossea non superiore a 45-65 decibel trovano indicazione per questo tipo di protesi. Un fatto critico è rappresentato dalla scelta del lato da impiantare: nei pazienti con ipoacusia trasmissiva o mista bilaterale è preferibile impiantare il lato con migliore via ossea e/o un gap trasmissivo maggiore. Teoricamente le protesi transcutanee dovrebbero essere meno efficaci rispetto alle percu- 9 CONGRES tanee, a causa dell’effetto dumping della cute. È assolutamente fondamentale ricordare che l’accurata selezione del paziente, uno studio audiologico scrupoloso e un adeguato counseling sono indispensabili per l’ottimale riuscita dell’intervento: la scelta dell’impianto attivo di orecchio medio avviene preferendolo a quello per via ossea soltanto quando la soglia per via ossea va al di là dei 40-45 dB. Ad oggi sono disponibili sul mercato anche impianti attivi di orecchio medio,6,7 che creano, appunto, in maniera attiva, una vibrazione a livello del sistema ossiculare (fondamentalmente l’incudine o la staffa) a catena integra o interrotta. Quasi tutti gli impianti attivi da orecchio medio funzionano con un meccanismo di tipo elettromagnetico; si genera cioè un campo magnetico che produce una vibrazione la quale, portata a contatto con il sistema vibrante (FMT), fa vibrare tutto ciò che è in contatto con l’FMT. Esiste la possibilità di accoppiare il sistema con delle protesi che possono essere totali o parziali, con delle clip appositamente create; esiste anche un accoppiatore per la membrana della finestra rotonda. L’intervento di vibroplastica sulla finestra rotonda richiede un ampliamento della nicchia della fossa rotonda che altrimenti non permetterebbe l’alloggiamento dell’FMT. Serve molta accuratezza nella preparazione della nicchia della fossa rotonda e la chirurgia per questo tipo di impianti richiede normalmente un training specifico. Tenendo presente la necessità di non creare lesioni, si fresa il labbro superiore della finestra rotonda per rendere possibile la visualizzazione della membrana. Quando possibile è consigliabile valutare il movimento della platina per verificare la presenza di trasmissione, anche se l’ideale sarebbe effettuare una valutazione elettrococleografica intraoperatoria. Bibliografia essenziale 1) Brånemark PI et al. Scand J Plast Reconstr Surg 1969;3:81-100. 2) Danti S et al. Biomed Microdevices 2009;11:783-93. 3) Berrettini S et al. Ann Otol Rhinol Laryngol 2011;120:9-16. 4) Dun CA et al. Adv Otorhinolaryngol 2011;71:22-31 5) Flynn MC et al. Cochlear Implants Int 2009;10 Suppl 1:43-7. 6) Bruschini L et al. Acta Oto-Laryngologica 2010;130:1147-53. 7) Bruschini L et al. Otology and Neurology 2009;30;950-55. IPOACUSIA NEUROSENSORIALE Il trattamento chirurgico Implantologia cocleare non complicata A cura di Gaetano Paludetti Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico “A. Gemelli”- Istituto di Clinica ORL L’ impianto cocleare è una tecnologia molto avanzata che si è sviluppata notevolmente e rapidamente negli ultimi anni. Quando né gli apparecchi acustici tradizionali, né l’implantologia dell’orecchio medio risolvono il problema, si propone un impianto cocleare: la vera difficoltà è decidere quando sia il momento adatto per abbandonare le prime soluzioni e proporre questo tipo di intervento. Come già ampiamente sottolineato, la selezione dei pazienti e l’appropriata valutazione audiologica sono fondamentali per la buona riuscita di un intervento chirurgico: tuttavia, in questo particolare caso, sorgono complicanze di carattere etico, come ad esempio i casi pediatrici, che possono comportare l’adozione, da parte del curante, di un atteggiamento tendenzialmente interventista, a parziale discapito della valutazione diagnostica, per il grandissimo beneficio che i piccoli pazienti traggono da questo tipo di chirurgia; molti medici, giustamente, non vedono ragione dunque di negare l’operazione, se non in quei casi chiaramente inappropriati. La chirurgia dell’impianto cocleare “classico”, senza complicanze, non è particolarmente complessa: naturalmente deve tenere conto di alcuni parametri fondamentali, ma poiché i 10 candidati sono pazienti completamente privi di udito non si rischiano danni seri alla funzionalità uditiva. È ovviamente un tipo di chirurgia da effettuare in anestesia generale: è necessario pertanto adottare le precauzioni del caso nei bambini, soprattutto quando si debba effettuare un impianto bilaterale, che richieda tempi prolungati. La tecnica chirurgica classica prevede una serie di passaggi che vanno dalla pre-incisione a una pre-valutazione e poi all’inizio del trattamento chirurgico vero e proprio. In genere l’abitudine è quella di disegnare sulla cute una traccia per effettuare la pre-incisione, perché questo passaggio è molto importante: per prima cosa l’incisione deve avvenire almeno a 1,5 cm dall’impianto, per evitare il rischio di estrusioni o infezioni, deve essere orientata a 45-60° rispetto alla linea temporale e soprattutto, sebbene a volte non sia possibile, è necessario lasciare spazio tra il ricevitore impiantato e la parte esterna dell’impianto, affinché non risultino troppo vicini; tra il bordo antero-inferiore del ricevitore/ stimolatore e il template del processore deve pertanto esserci almeno 1 cm. La tecnica di incisione più moderna prevede una piccola incisione retroauricolare, senza danneggiamento del muscolo sottostante, con posizionamento del ricevitore/ ESS REPORT stimolatore al di sotto del muscolo integro. Generalmente si esegue un lembo cutaneo e poi si incide il muscolo su due piani distinti, in modo da non far sovrapporre mai le varie incisioni. La mastoidectomia è di tipo classico; la fase più importante e delicata è quella in cui si assottiglia la parete posteriore del condotto fino a reperire il punto dell’apofisi breve dell’incudine, punto di repere fondamentale dell’orecchio medio. Questa fase è abbastanza delicata perché non bisogna assottigliare la parete posteriore, soprattutto non bisogna interromperla, altrimenti l’impianto, posizionato all’interno della mastoide, potrebbe perforare la cute del condotto ed essere estruso all’interno di esso. Si procede poi con una timpanotomia posteriore. Alla fine si deve arrivare a vedere lo stapedio, il capitello della staffa e la finestra rotonda e procedere con il posizionamento del ricevitore/stimolatore, una fase particolarmente critica, soprattutto nel bambino, che ha una corticale più sottile di quella dell’adulto. È importante cercare di inserire il ricevitore/stimolatore il più possibile in profondità, in modo da stabilizzarlo. Si realizza quindi il canale per far scorrere l’array elettronico e poi si passa alla cocleostomia, per inserire l’elettrodo, che deve essere posizionato in modo che necessariamente rimanga nella rampa timpanica. Oggi alcuni tendono a utilizzare un robot per inserire l’elettrodo: se da un lato questa scelta contribuisce ad aumentare la spesa, sommandosi al costo dell’impianto, dall’altro questo ausilio meccanico sembra essere più veloce e fermo della mano dell’uomo. L’ultimo passo per l’inserzione dell’impianto cocleare è quello del posizionamento dell’elettrodo di terra, se presente. Una volta che l’elettrodo è stato impiantato, prima di svegliare il paziente, è consigliabile eseguire sempre una registrazione del potenziale d’azione composito del nervo acustico con una telemetria neurale per valutare la funzionalità degli elettrodi ed eseguire un controllo radiografico per determinare come sono posizionati i due elettrodi. Esistono naturalmente anche altri metodi e al momento non ci sono evidenze di outcome migliori con un approccio piuttosto che un altro, la valutazione della strategia migliore resta al chirurgo che esegue l’intervento, che deve decidere in base al caso che gli viene sottoposto. È possibile considerare l’impiego di ausili altamente tecnologici come il navigatore, ma la conoscenza approfondita dell’anatomia è certamente il requisito fondamentale e probabilmente anche sufficiente. Casi difficili e borderline A cura di Alessandro Martini Cattedra di Otorinolaringoiatria - Direttore Dipartimento di Neuroscienze e Organi di Senso - Azienda Ospedaliera, Università di Padova N ell’attività implantologica cocleare non è raro trovarsi dinanzi a situazioni complesse che possono rendere difficoltoso il processo decisionale per la selezione del tipo di intervento da eseguire e la valutazione della fattibilità di un impianto cocleare (IC). Bambini “sordi” con disabilità associate (circa il 40% di quelli che vengono sottoposti a impianto), malformazioni cocleari, forme sindromiche che comportino anche una malformazione del condotto uditivo esterno e/o dell’orecchio medio, spesso associate a malposizionamenti del nervo faciale (per esempio nella sindrome di Charge, di Goldenhar, brachio-oto-renale), coclee piccole, common cavity (Figura 1) o casi che possono comportare gusher intraoperatorio. Un discorso a parte meritano poi la stenosi del condotto uditivo interno e il ridotto diametro del nervo cocleare. I risultati funzionali raggiungibili da questi bambini in termini di prestazioni percettive e linguistiche sono ancora scarsamente descritti e prevedibili; le casistiche sono infatti limitate e la variabilità interindividuale elevata. I candidati sono peraltro numerosi, sia perché le malformazioni dell’orecchio interno sono presenti nel 20% dei bambini con sordità profonda, sia perché nella maggior parte di queste malformazioni l’impianto cocleare trova una corretta indicazione. Anche in caso di malformazioni è infatti possibile il corretto inserimento di un numero di elettrodi generalmente sufficiente e i pattern di risposta neurale sono adeguati al raggiungimento di un riconoscimento di parole in set aperto. ANATOMIA NORMALE COMMON CAVITY IPOPLASIA COCLEARE Figura 1. Esempi di malformazioni dell’orecchio interno. 11 CONGRES L’imaging preoperatorio permette in genere di distinguere i casi di vera malformazione, che possono richiedere l’impiego di una tecnica chirurgica diversa da quella di routine, rispetto ai casi di semplice variabilità nei quali è sufficiente fresare più ampiamente la cornice della finestra rotonda per evidenziare meglio posizione e inclinazione della sua membrana, variare lievemente inclinazione e profondità della cocleostomia, eseguire una timpanotomia posteriore ampia o sollevare un lembo timpano-meatale per via transcanalare al fine di controllare perfettamente i punti di repere chirurgici. Nell’ambito di quella che possiamo definire una normale variabilità anatomica della coclea, la difficoltà di inserimento del cavetto porta-elettrodi per un ridotto diametro del giro basale è un evento eccezionale. Infatti il diametro interno del giro basale è compreso tra 1,6 e 2,6 mm e permette sempre il completo inserimento di tutti i tipi di cavetti porta-elettrodi. In questa situazione la difficoltà decisionale è quella di prevedere i risultati, dal punto di vista uditivo, dell’impianto cocleare rispetto all’apparecchio acustico.1-4 Qualche volta però il quadro è più complesso. A titolo di esempio è significativo un case report italiano5 di tre bambini, di cui due fratelli, affetti da sindrome di LAMM (Labyrin- thine Aplasia, Microtia, Microdontia), caratterizzata da un orecchio medio ed esterno perfettamente sviluppati, ma nessuno sviluppo della coclea e del nervo uditivo interno. In una situazione come questa ovviamente non è possibile l’IC. (Figure 2 e 3). Figura 3. Quadro radiologico. Figura 2. I due fratelli affetti da LAMM: nelle immagini vengono evidenziate la microtia e la microdontia. 12 Altre situazioni meritano inoltre una riflessione: i casi di asimmetria della soglia tra le due orecchie, i casi di buoni residui sulle basse frequenze o il vasto problema della bimodalità e dell’opportunità di connettere via wireless protesi e impianto cocleare, in modo che si autoregolino a seconda della localizzazione dello stimolo; anche la presenza di acufene, di sintomatologia vertiginosa grave, i soggetti anziani, con tumori dell’acustico o affetti da malattie genetiche4 rappresentano situazioni meritevoli di speciale riguardo. In genere l’acufene dopo impianto cocleare si riduce e, sebbene siano stati osservati aumenti di casi di vertigine nei pazienti impiantati, il dato resta da verificare più attentamente. La possibilità di conservare la funzionalità uditiva o almeno l’integrità anatomica del nervo cocleare (per eventuale successivo IC) negli interventi di exeresi di un neurinoma dell’acustico è un punto estremamente importante in particolare nei pazienti, spesso in età pediatrica, con NeuroFibromatosi di tipo 2 (NF2). Cambiando completamente target, passiamo dal bambino all’anziano. L’aspettativa di vita si sta allungando e le persone anziane possono presentare oltre alla presbiacusia più o meno grave, deficit cognitivi, come l’Alzheimer. Molti dati evidenziano come una corretta protesizzazione acustica possa rallentare questo processo. Se l’apparecchio acustico tradizionale può contribuire a impedire questo aumento del decadimento, anche l’impianto cocleare può rientrare in questo tipo di strategia. Uno studio molto interessante pubblicato in ESS REPORT Nuova Zelanda ha paragonato i soggetti in attesa di subire impianto cocleare con quelli già impiantati; i soggetti dei due gruppi risultavano omogenei per caratteristiche di età e genere. È stato osservato che i soggetti in attesa di impianto cocleare sperimentavano un numero maggiore di ricoveri e per periodi più lunghi, nonché episodi di depressione significativamente più frequenti rispetto a quelli già impiantati. Un lavoro italiano di Bovo e colleghi6 ha valutato 438 neonati al di sotto dei sei mesi di età afferenti al Centro di Audiologia Pediatrica dell’Università per una diagnosi iniziale di ipoacusia bi- o unilaterale. Su tutti i piccoli pazienti sono state effettuate visite audiologiche frequenti, ogni 1-2 mesi, per monitorare la situazione. I risultati ottenuti hanno evidenziato che ben 67 pazienti sono stati successivamente impiantati perché la diagnosi è risultata corretta, mentre 367, cioè l’84%, hanno ricevuto un apparecchio acustico e sono stati seguiti per un anno; di particolare rilievo è l’osservazione che 23 soggetti, la cui diagnosi iniziale era di ipoacusia, hanno evidenziato nei controlli successivi una normale soglia uditiva: non per un errore di diagnosi, bensì perché ABR e parte percettiva erano tornate normali. La valutazione continua e precoce delle disfunzioni uditive può quindi essere di aiuto, nella popolazione pediatrica, per identificare i casi di effettiva necessità di impianto. Bibliografia essenziale 1) Jackler RK et al. Laryngoscope 1987;97(3 Pt 2 Suppl 40):2-14. 2) Sennaroglu L, Saatci I. Laryngoscope 2002;112:2230-41. 3) Sennaroglu L. Cochlear Implants Int 2010;11:4-41. 4) Busi M et al. Int J Pediatr Otorhinolaryngol 2012;76:1249-54. 5) Sensi A et al. Am J Med Genet A. 2011;155:1096-101. 6) Bovo R et al. Is very early evaluation of hearing always reliable in cochlear implant selection? A case series study. Int J Ped ORL. In stampa. Ipoacusia profonda unilaterale: il ruolo dell’impianto cocleare A cura di Griet Mertens Univ. Dept. Otorhinolaryngology Head and Neck Surgery Antwerp University Hospital - Antwerp University L a ricerca sta compiendo grandi sforzi per risolvere o, almeno, ridurre il problema dell’acufene severo invalidante e per ripristinare l’udito binaurale nei pazienti con sordità unilaterale; l’impianto cocleare si è dimostrato al riguardo una strategia molto valida e risolutiva:1-5 i pazienti possono trarne grandi benefici, la condizione di sordità migliora molto e l’acufene si riduce notevolmente; l’intervento ha pertanto indicazione per questa condizione specifica. Il gruppo di ricerca dell’Università di Anversa ha condotto uno studio molto ben disegnato per approfondire l’argomento:6 sono stati selezionati allo scopo pazienti con acufene soggettivo dovuto a ipoacusia neurosensoriale profonda ipsilaterale; la percezione dell’acufene doveva risultare severa, da 6 a 10 secondo la scala VAS, e prolungata (da oltre 6 mesi); l’acufene doveva rappresentare il principale motivo di lamentela da parte del soggetto, che non doveva aver tratto alcun beneficio dai precedenti trattamenti effettuati. Il paziente doveva infine presentare aspettative realistiche, un udito normale o con moderata perdita uditiva controlaterale e una scala timpanica pervia. Sono stati esclusi i soggetti con diagnosi di depressione maggiore, acufene oggettivo e di durata superiore ai 10 anni, non disponibili a seguire il follow-up o la riabilitazione e con acufene somatico tipo colpo di frusta. Nella definizione di acufene sono stati inclusi i sintomi di dolore neuropatico centrale causati da cambiamenti funzionali sopravvenuti in aree specifiche del SNC e provocati dall’espressione della plasticità neurale; l’acufene è stato pertanto considerato un processo riorganizzativo a seguito di una deafferentazione completa o parziale. Lo scopo della ricerca è stato quello di verificare la possibilità di invertire il processo di deafferentazione per ridurre l’acufene, partendo dal presupposto che la deprivazione uditiva risulta in una sensazione fantasma percepita come acufene. I pazienti hanno quindi ricevuto un impianto cocleare (IC) e sono stati successivamente sottoposti a diversi test: valutazione dell’acufene su scala VAS, Tinnitus Loudness Match, in cui ai pazienti veniva richiesto di descrivere l’acufene paragonandolo con un suono-prova, e, infine, compilazione di un questionario dedicato. Già dopo il primo fitting, all’attivazione dell’impianto cocleare, è stato immediatamente osservato un netto miglioramento della sintomatologia rispetto alla situazione in cui l’impianto era disattivato, per tutti e tre i test (Figure 1, 2 e 3). 13 CONGRES 10 Tinnitus Loudness (VAS) 9 8,45 8 8,57 7 6,45 6 5 4 3 2,17 2 1 0 Basale 1 3 6 Controllo 12 18 24 36 Mesi dal fitting IC off 48 60 72 84 IC on Per quanto riguarda la percezione del parlato, esistono diversi modi per valutare l’udito binaurale: generalmente vengono testate diverse capacità di ascolto per determinare se è presente un vantaggio binaurale. In primo luogo l’effetto di sommazione, che prevede che sia il rumore di fondo sia il suono giungano al soggetto frontalmente, con un effetto non-spaziale e un vantaggio di 3 dB per il paziente normoudente. Viene poi analizzato l’effetto squelch binaurale: il rumore giunge dal lato, mentre il suono arriva dalla parte frontale; il paziente normoudente ha un beneficio di 2 dB e può estrarre delle informazioni importanti rispetto al rumore di fondo. Infine, l’effetto ombra della testa sommato all’effetto squelch, che prevede che il rumore sia presentato frontalmente e il parlato lateralmente (si parla di ombra acustica); in questo caso il beneficio è di 5 dB (Figura 4). Figura 1. Valutazione del miglioramento dell’acufene valutato su scala VAS. 50 45 Peggiore Tinnitus Loudness 40 35 30 25 20 15 10 5 0 IC off Figura 4. Valutazione della percezione del parlato. IC off Figura 2. Valutazione del miglioramento dell’acufene valutato con il Tinnitus Loudness Match. Questionario 90 Punteggio totale (max 84) 80 70 60 50 40 30 20 10 0 Pre 1 3 6 12 18 24 36 Mesi dal fitting 48 60 72 84 Figura 3. Valutazione del miglioramento dell’acufene valutato con il questionario dedicato. 14 Nel caso di sordità unilaterale il paziente non trae alcun beneficio dall’effetto di sommazione e dall’effetto squelch binaurale, ma soltanto dall’effetto ombra della testa. Nello studio è stata impiegata la semplice frase “il bambino gioca con la palla” per testare la percezione del parlato, riprodotta poi con rumore di fondo. Sia il parlato sia il rumore di fondo sono stati presentati allo stesso livello: il rumore fisso a 65 dB SPL, poi la frase, che la prima volta viene presentata allo stesso livello del rumore di fondo. In caso di risposta non corretta il livello in dB SPL della frase è stato aumentato fino a ottenere una prima risposta corretta, arrivando così a variare il rapporto segnale/rumore in passaggi di 2 dB per volta. La soglia di percezione del parlato è stata calcolata su una media degli ultimi 6 valori registrati. In questo modo si è ottenuto un rapporto segnale/ rumore di -0,33. Si è potuto osservare un miglioramento significativo in tutte le capacità di ascolto quando l’impianto cocleare era attivo rispetto a quando non lo era. Dallo studio della localizzazione del suono, condotto su 10 pazienti, si è potuto invece osservare che la soglia media ESS REPORT dell’orecchio normoudente era di 14 dB HL, mentre quella dell’orecchio non udente era di 41 dB HL. Il test di localizzazione ha previsto l’impiego di 9 altoparlanti disposti secondo un arco che andava da -90° a +90° rispetto al soggetto, con un intervallo di 22,5° tra un altoparlante e l’altro e disposti a 0,8 m dal paziente. Gli stimoli impiegati erano: un rumore a basso passo (per misurare le differenze di tempo interaurale), un rumore a passo alto (per testare le differenze di livello interaurale) e un rumore a banda larga. Il test ha dimostrato che nei pazienti con sordità unilaterale e impianto attivo i valori registrati si avvicinavano a quelli di un soggetto normoudente, mentre, a impianto disattivato, i risultati erano molto diversi e anomali; ciò dimostra che se l’impianto è disattivo il soggetto non localizza efficien- temente il suono, ma l’attivazione provoca un significativo miglioramento in tutte e tre le condizioni considerate (rumore a passo basso, alto e a banda larga). In conclusione, lo studio ha dimostrato che l’impianto cocleare può diminuire l’intensità dell’acufene, lo stress, e migliorare in modo significativo le capacità uditive, in particolare per quanto riguarda la percezione del parlato in presenza di rumore di fondo e la localizzazione dei suoni, confermando la correttezza dell’indicazione all’impianto cocleare nei casi di sordità unilaterale e acufene severo. Saranno necessari ulteriori studi per approfondire il rapporto rischio-beneficio dell’intervento e le ripercussioni sulla qualità di vita dei pazienti, fondamentali per stabilire se il SSN avrà modo di farsi carico della procedura. Bibliografia essenziale 1) Van de Heyning P et al. Ann Otol Rhinol Laryngol 2008;117:645-52. 2) Vermeire K, Van de Heyning P. Audiol Neurotol 2009;14:163-71. 3) 4) 5) 6) Kleine Punte A et al. Coch Impl Int 2011;Suppl 1:26-29. Kleine Punte A et al. Hear Res 2013;295:24-9. Vermeire K et al. Hear Res 2013;306:29-36. Mertens G et al. Spatial hearing improvement and long term suppressive effect on tinnitus after cochlear implantation in profoundly single-sided-deaf patients. In stampa. 15 CONGRES TAVOLA ROTONDA: IL TRATTAMENTO DELLE SORDITÀ GRAVI E PROFONDE: QU Moderatore: Nicola Quaranta Panelist: Stefano Berrettini, Gaetano Paludetti, Griet Mertens Durante questa sessione sono stati presentati e discussi sei casi clinici, selezionati per la loro particolarità e la capacità di mettere in luce aspetti controversi o trascurati della pratica clinica audiologica. Caso 1 A cura di Nicola Quaranta Presentazione Il paziente è un bambino di 4 anni, nato a termine da parto normale, terzogenito di una coppia di soggetti ipoacusici profondi segnanti (sordomuti). I due fratelli del bambino, gemelli, sono affetti da sordità profonda bilaterale e portatori di impianto cocleare, entrambi omozigoti per il gene della connessina 26. Alla nascita del terzo figlio i genitori chiedono di fare le otoemissioni, risultate refer: in un orecchio non è stata rilevata alcuna risposta, nell’altro l’analisi frequenziale ha mostrato solamente una banda di frequenze. A 7 mesi il bambino è stato sottoposto ad Auditory Brainstem Response (ABR), senza risposta, e ad AMBO test, che ha indicato qualche risposta alle stimolazioni più elevate. A 8 mesi il bambino presentava: assenza di otoemissioni, assenza di soglia ABR, risposte lievemente positive solo per stimoli oltre i 90 dB; è stata quindi data indicazione alla protesizzazione acustica bilaterale, con successivo impianto cocleare. Tuttavia i nonni, udenti, erano dubbiosi e dichiaravano che il bambino in realtà sentiva. Il medico allora ha suggerito le protesi, che il bimbo però non ha accettato. Per due anni è stato perso al follow-up. All’età di due anni e mezzo afferisce di nuovo presso la struttura di riferimento: la soglia si rivela intorno ai 50 dB, senza protesi. A 2 anni e 8 mesi viene ripetuto l’ABR e compare una soglia, intorno ai 90 dB SHL sia a destra, sia a sinistra. È apprezzabile dunque una soglia elevata, che certamente non corrisponde alla soglia in campo libero. Vengono ripetute le otoemissioni, che compaiono nell’orecchio di destra, rimanendo assenti a sinistra. L’audiometria in peep-show mostra una soglia a destra di 20 dB, con sordità profonda a sinistra, confermando i risultati delle otoemissioni. A 4 anni il linguaggio è sviluppato, nonostante il contesto familiare, e il bambino presenta una sordità unilaterale con una soglia uditiva a destra praticamente media, un Pure Tone Average (PTA) normale e sordità profonda a sinistra. Commento Questo caso deve far riflettere sulle indicazioni date ai bambini con reperti elettrofisiologici di ipoacusia profonda. È necessario sottolineare l’importanza della valutazione comportamentale e della terapia riabilitativa con logopedista di supporto, azioni non applicate a questo caso poiché non è stato possibile seguire il bambino per 2 anni. Caso 2 A cura di Gaetano Paludetti Presentazione La paziente è una bambina affetta da sindrome CHARGE (Coloboma of the eye, Heart defects, Atresia or stenosis of the nasal choanae, Retardation of growth and development and/or central nervous system anomalies, Genital hypoplasia, Ear anomalies with bilateral sensorineural severe-to-pro- 16 found hearing loss) che nasce con paralisi facciale destra. La diagnosi viene eseguita piuttosto tardivamente, a 18 mesi, e la paziente porta gli apparecchi acustici da quando ha 9 mesi, con scarso o nullo beneficio: per questo motivo viene consigliato l’impianto cocleare. Il quadro TC-RM mostra una ESS REPORT E: QUANDO LA PROTESI? QUANDO L’IMPIANTO? lieve ipoplasia cocleare bilaterale, con giri apicali rudimentali a sinistra e una grave ipoplasia del labirinto posteriore; a sinistra è identificabile solo il canale semicircolare posteriore, l’acquedotto vestibolare è piuttosto allargato a sinistra. La RM dell’encefalo mostra un’agenesia del bulbo olfattivo, una rotazione incompleta del verme cerebellare, il cui angolo basale appare ridotto. In entrambi i lati si evidenziano solo due nervi, ma è impossibile stabilire quali siano. È stato ipotizzato che la lieve paralisi facciale destra avesse indotto a una maggiore rappresentazione dell’ottavo nervo cranico nel lato destro rispetto al sinistro. È stato eseguito un impianto cocleare a destra che ha dato risultati ottimi, migliorando, nel tempo, il Neural Response Telemetry (NRT). Commento Il caso presentato mette in evidenza l’importanza di eseguire e analizzare l’imaging in maniera scrupolosa, non delegando al radiologo l’interpretazione dei risultati, ma consultandolo per trovare un accordo comune e condiviso. Caso 3 A cura di Gaetano Paludetti Presentazione Il paziente è un bambino di 11 mesi, sordo profondo. L’imaging mostra una marcata riduzione di calibro del condotto uditivo interno di sinistra, specialmente nella sua porzione più profonda e anche il calibro del meato acustico interno di destra è lievemente ridotto. Eseguendo anche la RM si apprezza assenza del nervo cocleovestibolare sinistro e ipoplasia dell’ottavo nervo cranico di destra. I tagli coronali della RM con gadolinio hanno confermato che sul lato sinistro l’ottavo nervo cranico non era riconoscibile e sul lato destro era riconoscibile solo il nervo facciale, con ipoplasia dell’ottavo nervo. I labirinti erano presenti in entrambi i lati. Il paziente presentava inoltre una moderata paralisi facciale destra, suggestiva di una maggiore rappresentazione dell’ottavo nervo cranico sul lato di destra. È stato dunque eseguito un impianto cocleare a destra, all’età di 11 mesi. La telemetria neurale intraoperatoria mostrava potenziali assenti. Al post-operatorio si registrano risposte maldefinite, alcune delle quali vengono interpretate dal software come potenziali; ABR assente. Nonostante l’impianto, dunque, non è stato registrato nessun miglioramento della soglia uditiva o beneficio soggettivo. Nessuna evidenza di sviluppo del linguaggio nei mesi successivi, nessun miglioramento delle relazioni del bambino con l’ambiente esterno, ma comparsa di tratti autistici nel comportamento. Sette mesi dopo è stato pertanto eseguito un Auditory Brainstem Implant (ABI), che purtroppo non ha dato i risultati sperati. Commento I casi di bambini che presentano assenza di nervo acustico non sono così rari: circa il 3-5% delle sordità profonde neurosensoriali rende conto di questa evenienza. In questo specifico contesto, nonostante un’accurata e corretta analisi degli esami di imaging e un valido approccio diagnostico il problema non è stato risolto. Da segnalare che l’assenza di NRT intraoperatorio non è necessariamente indice di fallimento dell’intervento: è infatti doveroso precisare che questo esame viene effettuato con uno stimolo bipolare, mentre la grande maggioranza degli impianti funziona a stimolazione monopolare, per cui il tipo di stimolazione è differente. Rimane comunque un test molto importante, anche da un punto di vista medico-legale. 17 Caso 4 CONGRES A cura di Stefano Berrettini Commento Nei pazienti che presentano questo tipo di curve non si apprezzano in genere risultati protesici rilevanti. L’handicap è davvero significativo, in un ambiente rumoroso i pazienti trovano grandi difficoltà. L’impianto cocleare ha fornito risultati molto soddisfacenti sia in termini di percezione sia sotto il profilo della qualità della vita e trova dunque, in questo caso, un’ottima indicazione. Prova tonale 0 18 0 10 10 20 20 30 30 X 50 Con PA 40 X X 60 50 60 70 70 80 80 X 90 100 90 100 X 110 125 250 500 750 1500 3000 6000 11000 1000 2000 4000 8000 110 Frequenza (Hz) Figura 1. Prova tonale della paziente in esame. Prova tonale A cura di Stefano Berrettini -10 -10 0 udito normale 0 19 y 10 10 Perdita (dB) HTL 20 27 y 30 20 30 40 40 29 y 50 36 y 60 50 60 70 70 80 80 90 90 100 100 110 125 250 500 750 1000 1500 X 2000 3000 X 4000 6000X 11000 110 8000 Frequenza (Hz) Prova tonale -10 0 -10 0 udito normale 10 x 20 Perdita (dB) HTL Commento In questo specifico caso probabilmente la rimozione dell’astrocitoma ha provocato emosiderosi cerebrale e un deposito di emosiderina nel nervo che impedisce un recupero funzionale apprezzabile. L’emosiderosi cerebrale è una condizione rara, ma comunque rilevante nella pratica clinica e rappresenta una causa importante di ipoacusia progressiva. Le cause di emosiderosi possono essere ricondotte a un trauma cranico, a un sanguinamento cerebrale di origine post-traumatica o a sanguinamenti spontanei cerebrali. udito normale 40 Caso 5 Presentazione Paziente femmina, 46 anni. A 14 anni asportato astrocitoma cistico cerebellare a sinistra. Il quadro clinico generale del soggetto in questione evidenzia un’ipoacusia a carattere progressivo che dai 19 anni della paziente è progredita fino ad avere curve in discesa (Figura 2). A 27 comparsa di ipoacusia anche a destra. A 28 anni la paziente è stata protesizzata a destra e a 35 anni è stata sottoposta a impianto cocleare a sinistra, con risultati modesti. A seguito di un ulteriore peggioramento è stata impiantata anche a destra, con leggero miglioramento; la situazione resta comunque insoddisfacente. La paziente ha oscillazioni, sia delle performance uditive sia dell’entità della stimolazione del facciale. -10 -10 Perdita (dB) HTL Presentazione La paziente è una donna con un’ipoacusia neurosensoriale insorta a 26 anni a destra e a 30 anni a sinistra, una progressione molto rapida a destra che ha portato ad anacusia. La paziente riesce a ottenere quasi il 100% del punteggio al test di riconoscimento delle parole nel silenzio, ma ha una situazione che si aggrava e peggiora lentamente nel rumore (60%, Figura 1). L’esecuzione di un impianto cocleare destro ha fornito ottimi risultati. 10 x 20 30 30 19 y 40 40 50 50 60 x 70 80 90 35 y x 100 110 36 y 120 125 X 250 60 x 27 y x 500 750 X 1000 80 x x x x X 70 x 1500 X x x X 90 100 x x X 3000 6000 11000 2000 4000 8000 Frequenza (Hz) Figura 2. Prova tonale della paziente in esame. 110 120 ESS REPORT Caso 6 A cura di Gaetano Paludetti Presentazione Signora di 76 anni si presenta allo specialista per una sordità che dura da 20 anni circa su base verosimilmente otosclerotica da un lato e per un’ipoacusia sinistra intorno ai 90-100 dB, mista, ormai quasi con scomparsa della via ossea. La paziente si presenta pantonale, sui 95-100 dB, con una via ossea molto ridotta. La protesizzazione acustica non risulta più sufficiente. Si potrebbe propendere per un impianto, ma impiantare un orecchio otosclerotico è rischioso, non è detto che l’intervento riesca e, se è necessario intervenire sull’unico orecchio quasi udente, il dubbio clinico deve essere certamente posto. La RM mostra un quadro molto particolare: la coclea si evidenzia molto bene, ma il mezzo di contrasto diffonde in modo disomogeneo a questo livello. La parte apicale è molto bene evidente, il giro basale e medio sono meno “opachi”. Quadro possibile di sclerosi del condotto. La TC mostra gli stessi risultati (Figura 3). La paziente, messa al corrente dei potenziali rischi, rifiuta l’intervento. Commento Un’approfondita analisi con l’ausilio della diagnostica per immagini consente di ottimizzare il counseling, permettendo ai pazienti di intervenire attivamente e con consapevolezza nel loro percorso terapeutico. Figura 3. RM in T2 e TC scan della paziente in esame. 19