La Metrica di Robertson e Walker

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Capitolo
3
Il Principio Cosmologico e la Metrica di
Robertson & Walker
Le evidenza osservative viste fino ad ora, ed in particolare l’isotropia della CMB, suggeriscono che il punto di partenza naturale per la costruzione di un modello cosmologico
è assumere che, in prima approssimazione, l’universo sia omogeneo ed isotropo all’epoca
presente.
Questo era proprio il punto di partenza di Einstein nel 1917 per ottenere il primo modello completamente autoconsistente di universo (statico). I successivi modelli di Friedmann di universo in espansione erano a loro volta basati sulle equazioni di Einstein e
sull’assunzione di omogeneità e isotropia.
Uno dei problemi principali per questi “pionieri della cosmologia relativistica” era la
scelta e l’interpretazione delle coordinate spazio-temporali da usare; in pratica la scelta
del sistema di riferimento. Un esempio di questa difficoltà è il seguente: la soluzione di
de Sitter (universo vuoto) risultava stazionaria o esponenziale a seconda della scelta delle
coordinate.
Il problema fu risolto indipendentemente da Robertson e Walker che derivarono la
metrica dello spazio-tempo per tutti i possibili modelli di universi omogenei, isotropi ed
in espansione uniforme. La metrica di Robertson-Walker (RW) è indipendente dall’assunzione che la dinamica su grande scala dell’universo sia descritta dalle equazioni della
Relatività Generale di Einstein.
Un altro fondamentale passo in avanti fu fatto da Weyl nel 1923 con l’introduzione di
un postulato, noto oggi col nome di “Postulato di Weyl”:
le particelle del substrato (galassie) sono collocate su geodetiche dello spazio-tempo che
divergono a partire da un unico punto nel passato finito o infinito.
Ciò significa che tutte le traiettorie geodetiche delle galassie nello spazio tempo non
si intersecano mai eccettuato un solo punto comune a tutte nel passato finito o infinito.
Questo postulato è stato introdotto da Weyl prima della scoperta dell’espansione dell’universo da parte di Hubble. Per substrato si intendeva un mezzo immaginario (come un
fluido) che definiva e seguiva la cinematica complessiva delle galassie (le particelle del
substrato). La conseguenza diretta del postulato di Weyl è l’esistenza di una sola geodetica che passa per ogni punto dello spazio-tempo, tranne che nell’origine dove tutte le
geodetiche si intersecano.
Dopo aver adottato questo postulato è possibile assegnare un osservatore fondamentale
ad ogni traiettoria nello spazio-tempo ovvero è possibile considerare un osservatore in ogni
punto dello spazio-tempo che porta con sé un orologio che misura il tempo t a partire dal
2
Il Principio Cosmologico e la Metrica di Robertson & Walker
punto singolare in cui tutte le traiettorie si intersecano: t è detto “tempo cosmico” ed è
misurato da orologi che sono stati sincronizzati nell’origine comune a tutte le geodetiche
la cui esistenza è predetta dal postulato di Weyl.
Prima di ottenere il “framework” in cui costruire il modello standard è necessaria
un’ulteriore assunzione, il cosiddetto “Principio Cosmologico”:
non siamo osservatori collocati in una posizione particolare dell’universo
e, come corollario, possiamo quindi a↵ermare che:
siamo collocati in una posizione tipica e qualsiasi altro osservatore fondamentale collocato in qualsiasi altra parte dell’universo vedrebbe le stesse strutture su grande scala che
vediamo noi
ovvero la stessa espansione di Hubble, le stesse proprietà della CMB, la stessa struttura
delle galassie su grande scala, ecc.).
Come abbiamo già visto, la combinazione della legge di Hubble con l’isotropia dell’universo comporta che il sistema di galassie si espanda uniformemente e che ogni osservatore
in ogni galassia veda la stessa espansione allo stesso tempo cosmico. La CMB, la struttura
a grande scala delle galassie (con il clustering che va a zero su grande scala), e l’ubiquità
della struttura “a spugna” indicano proprio che il principio cosmologico è una assunzione
ragionevole.
Vedremo adesso come, combinando l’omogeneità e l’isotropia dell’universo, la legge di
Hubble e la metrica di Minkowski della Relatività Speciale, si arrivi ad ottenere la metrica
di Robertson e Walker (RW) per un qualsiasi modello cosmologico, omogeneo, isotropo
ed in espansione uniforme.
3.1
Spazi Curvi Isotropi
Gli spazi non Euclidei nascono dalla scoperta che è possibile costruire una geometria autoconsistente senza il famoso V postulato di Euclide sulle rette parallele che si incontrano
solo all’infinito. Riemann fu colui che dette una solida base teorica alle geometrie non
Euclidee mentre Einstein combinò la Relatività Speciale e la teoria della gravitazione
tramite la geometria Riemanniana e il calcolo tensoriale per ottenere la teoria della Relatività Generale. Con la Relatività Generale era finalmente possibile costruire modelli
autoconsistenti di universo.
E’ possibile giungere alla metrica di RW senza passare per le complessità della geometria Riemanniana.
Per capire quanto non Euclidea è la geometria in uno spazio bidimensionale, usiamo
il trasporto parallelo dei vettori mantenendoci nello spazio bidimensionale.
Cominciamo con il caso di geometria piana Euclidea e consideriamo il triangolo ABC
ed il versore in A perpendicolare al lato AB:
• trasportiamolo parallelamente a se stesso in B;
• ruotiamolo di un angolo
in senso antiorario rendendolo perpendicolare al lato BC;
• trasportiamolo parallelamente a se stesso in C;
• ruotiamolo di un angolo
in senso antiorario rendendolo perpendicolare al lato AC;
• trasportiamolo parallelamente a se stesso in A;
• ruotiamolo di un angolo ⇡ ` ↵ per riportarlo nella posizione iniziale in A.
3.1 Spazi Curvi Isotropi
3
$+!
A
!
B
"
"
#
C
#
Figura 3.1: Trasporto parallelo di un vettore attorno ad un triangolo in un piano.
A questo punto abbiamo e↵ettuato una rotazione totale in senso antiorario pari a 2⇡
ovvero:
rotazione totale “ 2⇡
(3.1)
e calcolando la rotazione totale come somma delle rotazioni in A, B e C otteniamo
`
` p↵ ` ⇡q “ 2⇡
(3.2)
Ovvero, per il triangolo ABC con una geometria piana (Euclidea) risulta
↵` ` ´⇡ “ 0
(somma angoli interni triangolo ABC) ´ ⇡ “ 0
(3.3)
Consideriamo adesso il caso di una geometria curva come quella sulla superficie di una
sfera (figura 3.2). Il triangolo ABC adesso è definito con il vertice A sul “polo” della sfera
ed i vertici B e C sull’ “equatore”; i “lati” AB e AC sono dei “meridiani” e l’angolo BÂC
è pari a ↵. Come prima il versore in A è perpendicolare al lato AB ed e↵ettuiamo le
seguenti operazioni:
• trasportiamolo parallelamente a se stesso in B;
• ruotiamolo di un angolo
lato BC;
“ ⇡{2 in senso antiorario rendendolo perpendicolare al
• trasportiamolo parallelamente a se stesso in C;
• ruotiamolo di un angolo
lato AC;
“ ⇡{2 in senso antiorario rendendolo perpendicolare al
4
Il Principio Cosmologico e la Metrica di Robertson & Walker
"+!
A
!
C
#
$
B
"/2
"/2
Figura 3.2: Trasporto parallelo di un vettore attorno ad un triangolo su una superficie
sferica.
• trasportiamolo parallelamente a se stesso in A;
• ruotiamolo di una angolo ⇡ ` ↵ per riportarlo nella posizione iniziale in A.
A questo punto abbiamo e↵ettuato una rotazione totale in senso antiorario pari a:
rotazione totale “
`
`↵`⇡ “
⇡ ⇡
` ` ⇡ ` ↵ “ 2⇡ ` ↵
2
2
(3.4)
come prima questa corrisponde alla somma degli angoli interni del triangolo più ⇡, ovvero
`
` p↵ ` ⇡q “ 2⇡ ` ↵
(3.5)
che può essere riscritta e interpretata come
↵` ` ´⇡ “ ↵
(somma angoli interni triangolo ABC) ´ ⇡ “ ↵
(3.6)
La superficie del settore sferico AB̂C è pari a
Sparea triangolo ABCq “ ↵Rc2
(3.7)
con Rc raggio di curvatura. Per esempio, se ↵ “ 2⇡ si ha 2⇡Rc2 (superficie della semisfera). Pertanto si può finalmente scrivere che nel caso del triangolo ABC su una superficie
sferica
↵ ` ` ´ ⇡ 9 Sparea triangolo ABCq
(somma angoli interni triangolo ABC) ´ ⇡ 9 Sparea triangolo ABCq
(3.8)
3.1 Spazi Curvi Isotropi
5
Questo di↵erisce dal caso di triangolo sul piano (geometria euclidea) per cui
↵` ` ´⇡ “ 0
(somma angoli interni triangolo ABC) ´ ⇡ “ 0
Quindi è proprio il valore della somma degli angoli interni di un triangolo, sottratta
di ⇡, che determina se la geometria è piatta o meno. La relazione 3.8 è una proprietà
generale degli spazi isotropi.
Calcoliamo adesso qual è la somma degli angoli interni in una figura chiusa in uno
spazio curvo isotropo.
Con riferimento alla figura 3.3a, consideriamo 2 geodetiche g1 e g2 che partono dall’origine “O” e che formano un angolo d✓ piccolo tra loro. Siano A e B i punti su g1 e g2
a distanza r da O e si connettano con una curva la cui distanza da O sia r in ogni suo
punto (ovvero preso un punto qualsiasi P della curva AB la distanza PO misurata lungo
la geodetica è r). La curva AB è perpendicolare in A a g1 ed in B a g2 . Si consideri anche
una curva analoga ad AB ma a distanza r ` dr da O.
Nello spazio euclideo avremmo per d✓ piccolo (figura 3.3a):
AB “ ⌘prq “ rd✓
(3.9)
questo non è più vero nello spazio non Euclideo dove scriveremo in generale
AB “ ⌘prq “ f prqd✓
(3.10)
Prendiamo adesso un vettore di lunghezza dr in A tangente alla geodetica g1 ovvero
perpendicolare a AB e trasportiamolo in B parallelamente a se stesso. Il vettore formerà
un angolo con la g2 . Nel caso di geometria piana si avrebbe ovviamente “ d✓. Per la
regola 3.10 con cui calcoliamo la lunghezza degli archi possiamo scrivere
⌘pr ` drq “ ⌘prq ` f pdrq
(3.11)
Siccome dr è piccolo, possiamo scrivere
f pdrq “ f p0q ` f 1 p0qdr
(3.12)
Questa espressione deve valere nel limite di uno spazio Euclideo in cui f prq “ r, ovvero
f pdrq “ dr. Pertanto per consistenza con lo spazio Euclideo deve risultare f p0q “ 0 e
f 1 p0q “ 1, ovvero
⌘pr ` drq ´ ⌘prq “ dr
⌘pr ` drq ´ ⌘prq
d⌘prq
df prq
“
“
“ d✓
dr
dr
dr
(3.13)
Muoviamoci adesso di una distanza x lungo le geodetiche g1 e g2 arrivando rispettivamente in C e D. Analogamente a prima
`
“
⌘pr `
x ` drq ´ ⌘pr `
dr
d
rf pr ` xqs
dr „
⇢
d
df prq
“ d✓
f prq `
x
dr
dr
“ d✓
xq
(3.14)
(3.15)
6
Il Principio Cosmologico e la Metrica di Robertson & Walker
g1
A dr
(a)
r
O
#(r+dr)
#(r)
d!
"
B dr
"/2
g1
A
(b)
"-!
g2
r
d!
S1
r
$(r)
#
B
O
"/2+#
C
A %x
r
(c)
O
g2
g1
$(r+%x)
$(r)
d!
#
S1
S2
B
D g2 #+%#
Figura 3.3: Trasporto parallelo di un vettore attorno ad un triangolo in uno spazio curvo
isotropo.
3.1 Spazi Curvi Isotropi
ovvero sostituendo a
7
il suo valore trovato precedentemente
d✓
df prq
df prq
d2 f prq
`
“ d✓
` d✓
x
dr
dr
dr2
d2 f prq
“
xd✓
dr2
(3.16)
Verifichiamo nuovamente che questa relazione abbia senso per uno spazio Euclideo: ponendo f prq “ r nell’espressione appena ottenuta (3.13) si ottiene “ d✓ che è proprio la
relazione corretta. Da d2 f {dr2 “ 0 si ottiene anche
“ 0, come deve essere poichè i
vettori trasportati in B e D sono paralleli tra loro e formano lo stesso angolo con g2 .
Adesso dobbiamo trovare un modo per valutare
. Nel trasporto parallelo sul
triangolo sferico ABC abbiamo visto che
psomma angoli interni triangolo ABC ´ ⇡q “ ↵ `
`
´ ⇡ 9 Sparea triangolo ABCq
(3.17)
che avevamo ricavato dimostrando che
protazione totale vettore ´ 2⇡q “ ↵ `
`
´ ⇡ 9 Sparea triangolo ABCq
(3.18)
Con riferimento alla figura 3.3b, consideriamo il trasporto parallelo di un vettore perpendicolare a g1 in “O” fino ad A; il vettore viene poi ruotato di un angolo ⇡{2 e trasportato
parallelamente fino in B dove, per la curvatura dello spazio formerà una angolo con la
geodetica g2 perpendicolare ad AB. Ruotiamo quindi il vettore di ⇡{2` e trasportiamolo
parallelamente in O dove lo ruoteremo nuovamente di ⇡ ´ d✓ per sovrapporlo al vettore
di partenza. La rotazione totale è ⇡{2 ` p⇡{2 ` q ` p⇡ ´ d✓q “ 2⇡ ` ´ d✓, pertanto
possiamo scrivere dalla 3.8
p2⇡ ` ´ d✓q ´ 2⇡ 9 S1
(3.19)
Sempre in riferimento alla figura 3.3c, consideriamo anche la geodetica CD perpendicolare
a g1 e g2 che dista x da AB. Ovviamente la lunghezza di CD è adesso ⌘pr` xq e l’angolo
in D tra il vettore e g2 è `
. Analogamente a prima avremo
p2⇡ `
`
´ d✓q ´ 2⇡ 9 S2
(3.20)
La costante di proporzionalità è la stessa nei due casi per l’isotropia dello spazio. Prendendo la di↵erenza membro a membro si ottiene
9 S
(3.21)
con S “ S2 ´ S1 area del “loop” ABDC. Questa espressione fornisce la variazione
dell’angolo di deviazione dalla geodetica in uno spazio isotropo. Possiamo scrivere
“ ´k S
(3.22)
Ma sappiamo anche che
ed avevamo trovato che
S “ ⌘prq x “ f prqd✓ x
“
d2 f
dr2
(3.23)
x ✓
(3.24)
d2 f prq
“ ´kf prq
dr2
(3.25)
per cui si ottiene infine l’equazione
8
Il Principio Cosmologico e la Metrica di Robertson & Walker
con k costante di proporzionalità ed il segno “-” scelto per convenienza.
l’equazione di un moto armonico con soluzione
`
˘
`
˘
f prq “ A sin k 1{2 r ` B cos k 1{2 r
Questa è
(3.26)
che, per r Ñ 0 si deve ricondurre all’espressione nel caso Euclideo ovvero f prq “ r. Questo
significa che se dr è piccolo rispetto al raggio di curvatura dello spazio non ci rendiamo
conto della curvatura stessa. Pertanto
`
˘
r Ñ 0, f prq Ñ A k 1{2 r ` B Ñ r
(3.27)
Quindi perché f prq tenda a r si deve avere B “ 0 e A “ k ´1{2 . La condizione di limite
“Euclideo” comporta la soluzione
f prq “
sinpk 1{2 rq
k 1{2
(3.28)
con k che assume il significato di curvatura dello spazio e può essere k † 0, k ° 0 e k “ 0.
Se k † 0 possiamo scrivere k “ ´k 1 con k 1 ° 0 e
f prq “
sinhpk 11{2 rq
k 11{2
(3.29)
Nel caso k “ 0 invece f prq Ñ r e la sua derivata seconda è nulla.
Questi risultati appena ottenuti includono tutti i possibili spazi isotropi:
• k ° 0 ovvero, spazio sferico
• k † 0 ovvero, spazio iperbolico
• k “ 0 ovvero, spazio piatto (Euclideo)
In termini geometrici possiamo scrivere
Rc “ k ´1{2
(3.30)
con Rc raggio di curvatura di una sezione bidimensionale dello spazio curvo isotropo, che
ha lo stesso valore per tutti i punti e le orientazioni nel “piano”. Spesso si scrive
ˆ ˙
r
f prq “ Rc sin
(3.31)
Rc
ovvero siamo riusciti a esprimere f prq tramite la curvatura dello spazio. Rc è reale per
geometrie sferiche chiuse, immaginario per quelle iperboliche aperte ed infinito nel caso
Euclideo. L’esempio più semplice di questo tipo di spazi è proprio la superficie sferica
vista all’inizio in cui Rc è proprio il raggio della sfera. Il fatto che Rc sia immaginario può
essere interpretato in termini di raggi di curvatura uguali ma con segni diversi in direzioni
diverse, come nel caso di una sella che permette di visualizzare le proprietà di uno spazio
iperbolico al pari della sfera.
Concludiamo questa parte ricordando che abbiamo ottenuto la “regola” con cui si misurano le distanze in direzione perpendicolare alla geodetica passante per l’origine ovvero
in seguito alla sola variazione dell’angolo ✓:
`
˘
ˆ ˙
sin k 1{2 r
r
f prq “
“ Rc sin
(3.32)
1{2
k
Rc
3.2 La Metrica dello Spazio-Tempo per gli Spazi Curvi Isotropi
9
Questo risultato ci permette di calcolare lo spostamento infinitesimo dl dovuto ad uno
spostamento dr lungo la geodetica “radiale” e ad uno spostamento infinitesimo ⌘prqd✓
lungo la geodetica “tangenziale” come
ˆ ˙
r
2
2
2
2
2
dl “ dr ` ⌘prqd✓ “ dr ` Rc sin
d✓
(3.33)
Rc
come vedremo, questo è proprio la metrica di uno spazio curvo isotropo bidimensionale.
3.2
La Metrica dello Spazio-Tempo per gli Spazi Curvi Isotropi
In uno spazio Euclideo l’elemento di linea, dl, ovvero la distanza tra due punti separati
da variazioni infinitesime delle coordinate dx, dy, dz, è
dl2 “ dx2 ` dy 2 ` dz 2
(3.34)
Consideriamo adesso il caso più semplice di spazio isotropo curvo bidimensionale, la superficie della sfera, e determiniamo dl per una sistema di coordinate sulla superficie stessa.
O
dɸ
"
P
!
ɸ
d!
dɸ
Figura 3.4: Coordinate sulla superficie della sfera, spazio curvo isotropo bidimensionale.
Possiamo definire un sistema di riferimento ortogonale in ogni punto della sfera utilizzando le coordinate sferiche: le coordinate ortogonali sulla superficie della sfera sono ✓,
. L’incremento della distanza sulla superficie della sfera al variare di ✓ è
dl “ Rc d✓
(3.35)
10
Il Principio Cosmologico e la Metrica di Robertson & Walker
con Rc raggio della sfera. Quello al variare di
è invece
dl “ Rc sin ✓d
(3.36)
con Rc sin ✓ raggio per movimenti lungo il parallelo identificato da ✓.
generico per variazioni di ✓ e è pertanto
dl2 “ Rc2 d✓2 ` Rc2 sin2 ✓d
2
L’incremento
(3.37)
dove i due termini rappresentano, rispettivamente, l’incremento lungo la geodetica e
perpendicolare ad essa. Rc , raggio della sfera, è il raggio di curvatura del nostro spazio.
Questa espressione è la metrica dello spazio bidimensionale e può essere scritta in
forma tensoriale come
dl2 “ gµ⌫ dxµ dx⌫
(3.38)
Un risultato fondamentale della geometria di↵erenziale è che gµ⌫ , tensore metrico, contiene
tutte le informazioni sulla geometria intrinseca dello spazio.
Il problema è che è possibile avere molti sistemi di riferimento per descrivere le coordinate di un punto su una qualsiasi superficie bidimensionale. Per esempio sul piano posso
avere coordinate cartesiane e polari
dl2 “ dx2 ` dy 2
dl2 “ dr2 ` r2 d
2
(3.39)
Come è possibile determinare la curvatura intrinseca di uno spazio a partire da gµ⌫ e
indipendentemente dal sistema di riferimento? Gauss fu il primo a trovare la soluzione
per questo problema. Per esempio, nel caso di un tensore metrico bidimensionale che si
può ridurre a forma diagonale come quelli visti fino ad ora, si ha
" 2
1
B g11 B 2 g22
k “
´
´
2g11 g22
Bx22
Bx21
«
ˆ
˙2 ff
1
Bg11 Bg22
Bg11
`
`
2g11 Bx1 Bx1
Bx2
«
ˆ
˙2 ff
1
Bg11 Bg22
Bg11
`
`
2g22 Bx2 Bx2
Bx1
(3.40)
con k che rappresenta la “Curvatura Gaussiana” della superficie.
Consideriamo
dl2 “ dr2 ` r2 d
2
“ g11 dr2 ` g12 drd ` g21 drd ` g22 d
per cui
gµ⌫ “
ˆ
1 0
0 r2
˙
2
(3.41)
(3.42)
ovvero, svolgendo i calcoli, si ottiene k “ 0. Invece con
dl2 “ Rc2 d✓2 ` Rc2 sin2 ✓d
2
(3.43)
3.2 La Metrica dello Spazio-Tempo per gli Spazi Curvi Isotropi
si ha
gµ⌫ “
ˆ
Rc2
0
2
0 Rc sin2 ✓
˙
11
(3.44)
ovvero, svolgendo i calcoli, si ottiene k “ 1{Rc2 . In generale negli spazi curvi k varia da
punto a punto ma la metrica ottenuta per la superficie sferica ha curvatura k “ Rc2 in tutti
i punti della superficie: pertanto questa metrica risulta essere la metrica di uno spazio
bidimensionale isotropo.
L’estensione della metrica bidimensionale sferica agli spazi tridimensionali isotropi è
immediata se consideriamo che ogni sezione bidimensionale di uno spazio curvo isotropo
deve essere essa stessa uno spazio bidimensionale isotropo, di cui già conosciamo il tensore
metrico.
Abbiamo appena ottenuto il sistema di riferimento naturale per uno spazio bidimensionale isotropo, ovvero un sistema polare in cui si misura la distanza ⇢ a partire dall’origine
O, e l’angolo misura la rotazione rispetto ad una direzione di riferimento. Consideriamo
il sistema di riferimento sulla superficie della sfera; avevamo trovato che
dl2 “ Rc2 d✓2 ` Rc2 sin2 ✓d
2
(3.45)
1
d⇢
Rc
(3.46)
e la distanza ⇢ da O è
⇢ “ Rc ✓
cioè d✓ “
la misura dell’arco che si ottiene variando di una quantità d può essere trovata dalla
con la 3.45 ma anche con la regola 3.32 che abbiamo appena trovato ovvero
ˆ ˙
⇢
Rc sin ✓d “ f p⇢qd “ Rc sin
d
(3.47)
Rc
si noti come questa espressione risulti anche dalla semplice sostituzione di ✓ “ ⇢{Rc in
Rc sin ✓. Pertanto l’elemento di linea è
ˆ ˙
⇢
2
2
2
2
2
2
2
dl “ d⇢ ` f p⇢q d “ d⇢ ` Rc sin
d 2
(3.48)
Rc
⇢ è la distanza minima tra O e P sulla superficie della sfera ed è pertanto la distanza
geodetica tra O e P nello spazio curvo isotropo. Le geodetiche sono l’equivalente delle
rette negli spazi piani.
Al posto di ⇢ possiamo utilizzare un’altra misura di distanza
ˆ ˙
⇢
(3.49)
x “ Rc sin
Rc
da cui
dx
2
dx2
dx2
„
˙⇢
⇢
“ 1 ´ sin
d⇢2
Rc
«
ˆ ˙2 ff
x
“ 1´
d⇢2
Rc
“
‰
“ 1 ´ kx2 d⇢2
2
ˆ
(3.50)
12
Il Principio Cosmologico e la Metrica di Robertson & Walker
con k “ 1{Rc2 . E’ quindi possibile ricavare d⇢ da dx e la metrica diventa
dl2 “
dx2
` x2 d
1 ´ kx2
2
(3.51)
Si noti l’interpretazione della distanza x fornita dalla relazione
dl “ xd
(3.52)
dove xd rappresenta la distanza propria perpendicolare alla coordinata radiale ⇢. Pertanto x è l’espressione corretta del “raggio” da utilizzare per il calcolo della lunghezza di
un “arco” che sottende un angolo d alla distanza geodetica ⇢ da O con
ˆ ˙
⇢
x “ Rc sin
(3.53)
Rc
x è nota come “distanza angolare” in cosmologia perché fornisce il valore corretto per il
calcolo della lunghezza di un segmento perpendicolare alla linea di vista da O. Si possono
usare indi↵erentemente ⇢ o x ma se usiamo x, l’incremento della distanza geodetica,
ovvero lungo una geodetica, è dato da
d⇢ “
dx
p1 ´ kx2 q1{2
(3.54)
dove k “ 1{Rc2 è la curvatura che può essere
• k ° 0 per lo spazio sferico come quello appena discusso;
• k “ 0 per uno spazio piatto, in cui Rc Ñ 8;
• k † 0 per uno spazio iperbolico.
Adesso possiamo passare a scrivere l’incremento spaziale dl in un qualsiasi spazio curvo
isotropo tridimensionale.
Il trucco è che qualsiasi sezione bidimensionale deve essere uno spazio isotropo per il
quale la metrica è
ˆ ˙
⇢
2
2
2
2
dl “ d⇢ ` Rc sin
d 2
(3.55)
Rc
oppure
dx2
dl2 “
` x2 d 2
(3.56)
1 ´ kx2
Per estrapolare dallo spazio bidimensionale allo spazio tridimensionale possiamo pensare al passaggio tra le coordinate polari nel piano r, ✓ (ovvero quelle che otteniamo per
k “ 0)
dl2 “ dx2 ` x2 d✓2
(3.57)
alle coordinate sferiche r, ✓,
sempre in uno spazio piatto
`
˘
dl2 “ dx2 ` x2 d✓2 ` sin2 ✓d 2
(3.58)
Per cui viene naturale pensare alla trasformazione da x, ✓
dl2 “
dx2
` x2 d✓2
1 ´ kx2
(3.59)
3.3 La Metrica di Robertson-Walker
13
a x, ✓,
`
˘
dx2
` x2 d✓2 ` sin2 ✓d 2
(3.60)
2
1 ´ kx
Ponendo k “ 0 si ritrovano i casi precedenti di coordinate polari e sferiche in geometria
piana. Analogamente considerando la distanza lungo la geodetica ⇢ si passa da ⇢, ✓
ˆ ˙
⇢
2
2
2
2
dl “ d⇢ ` Rc sin
d✓2
(3.61)
Rc
dl2 “
a ⇢, ✓,
2
2
dl “ d⇢ `
Rc2
sin
2
ˆ
⇢
Rc
˙
`
d✓2 ` sin2 ✓d
2
˘
(3.62)
A questo punto possiamo scrivere la metrica di Minkowski dello spazio tempo in un
qualsiasi spazio curvo tridimensionale
ds2 “ dt2 ´
1 2
dl
c2
(3.63)
Ricordiamo nuovamente di stare attenti al diverso significato che le distanze ⇢ e x hanno:
• ⇢ è la distanza misurata lungo la geodetica passante per l’origine del sistema di
riferimento;
• x è la distanza angolare ovvero la distanza misurata perpendicolarmente alla geodetica passante per l’origine
Tra le due vale la relazione
d⇢ “
3.3
dx
p1 ´ kx2 q1{2
(3.64)
La Metrica di Robertson-Walker
Per poter applicare la metrica
ds2 “ dt2 ´
dl
2
2
“ d⇢ `
1 2
dl
c2
Rc2
sin
2
ˆ
⇢
Rc
˙
`
d✓2 ` sin2 ✓d
agli spazi omogenei ed isotropi abbiamo bisogno del
2
˘
(3.65)
• principio cosmologico ovvero del fatto che non siamo in una posizione particolare
dell’universo;
• concetto di osservatore fondamentale e tempo cosmico.
Considerati dei modelli di universo omogeneo ed isotropo, definiamo un insieme di
osservatori fondamentali che si muovono in modo tale che l’universo appaia loro sempre
omogeneo ed isotropo. Ogni osservatore ha un orologio e misura un tempo proprio detto
“tempo cosmico”. Gli orologi sono sincronizzati tra loro grazie al postulato di Weyl
secondo cui le geodetiche di tutti gli osservatori nello spazio tempo si intersecano in un
14
Il Principio Cosmologico e la Metrica di Robertson & Walker
punto nel passato che è l’“origine” del riferimento; il tempo cosmico è misurato proprio
rispetto a quel punto per il quale t “ 0. La metrica può quindi essere scritta nella forma
„
ˆ ˙
⇢
˘
1
⇢ ` 2
2
2
2
2
2
2
2
ds “ dt ´ 2 d⇢ ` Rc sin
d✓ ` sin ✓d
(3.66)
c
Rc
con t tempo cosmico, Rc raggio di curvatura e d⇢ incremento di distanza propria nella
direzione radiale (ovvero lungo la geodetica passate per l’osservatore e l’origine).
C’è però un problema nell’applicare la metrica ad un universo in espansione.
t (tempo cosmico)
t0
r (distanza)
t1
galassia a t1
cono di luce passato
t=0
“world line”
Figura 3.5: Cono luce passato e world line di una galassia osservata per t “ t1 .
Dal momento che la luce viaggia con velocità finita c, osserviamo solo gli oggetti che
sono collocati sul cono di luce passato che è centrato sulla Terra all’epoca attuale t “ t0 .
Quindi, quando osserviamo un oggetto distante, lo osserviamo ad un’epoca t “ t1 † t0
quando l’universo era omogeneo ed isotropo ma le distanze tra gli osservatori erano più
piccole e la curvatura spaziale diversa.
Il problema è che noi possiamo applicare la metrica ds2 solo ad uno spazio curvo
isotropo definito ad un’unica epoca.
Per risolvere questo problema ricorriamo al seguente esperimento concettuale (thought
experiment): per misurare la distanza propria d⇢ da mettere nella metrica consideriamo
una serie di osservatori fondamentali collocati tra noi e la galassia G la cui distanza
vogliamo misurare. Quando tutti questi osservatori si ritrovano nell’origine al tempo
t “ 0, ricevono l’istruzione di misurare la distanza d⇢ dall’osservatore immediatamente
vicino al tempo t, determinato dal suo orologio. Tutte queste misure vengono poi inviate
a noi e pertanto, sommando, tutti i d⇢ ricevuti possiamo determinare ⇢ all’epoca t e
questo può essere inserito nella metrica. Si noti che questa è in realtà una distanza
“fittizia” e in pratica non si possono misurare le distanze cosı̀. Noi osserviamo le galassie
distanti in un’epoca precedente alla nostra ma non sappiamo come “proiettare” le loro
posizioni all’epoca attuale, ovvero non conosciamo la loro “world line”. Quindi la distanza
3.3 La Metrica di Robertson-Walker
15
⇢ dipende in e↵etti dalla scelta del modello cosmologico che determina le “world lines”
delle galassie, a loro volta determinate dall’espansione dell’universo.
Vediamo adesso come cambiano le coordinate ⇢ delle galassie in un universo in espansione uniforme. Le definizione di espansione uniforme che abbiamo già visto è che le
distanze tra noi e due qualsiasi osservatori i e j misurate a due qualsiasi istanti t1 e t2
cambiano mantenendo costante il loro rapporto
⇢i pt1 q
⇢i pt2 q
“
“ costante1
⇢j pt1 q
⇢j pt2 q
(3.67)
ovvero portando gli “i” a primo membro e i “j” al secondo si ottiene
⇢i pt1 q
⇢j pt1 q
“
“ costante2
⇢i pt2 q
⇢j pt2 q
(3.68)
poichè questa relazione deve essere valida per ogni coppia i, j e t1 , t2 , l’unica possibilità è
che
⇢i pt1 q
⇢j pt1 q
apt1 q
“
“ costante2 “
(3.69)
⇢i pt2 q
⇢j pt2 q
apt2 q
dove aptq, per i modelli isotropi di universo, è una funzione universale nota come “fattore
di scala” e che descrive come le distanze relative tra due qualsiasi osservatori varino nel
tempo. Poichè abbiamo la libertà di scegliere la normalizzazione di aptq poniamo
apt0 q “ 1
(3.70)
ovvero il fattore di scala è unitario all’epoca attuale. Definiamo poi la distanza r come il
valore di ⇢ misurato all’epoca attuale quindi tale che
⇢ptq “ aptq r
(3.71)
r diventa quindi un’etichetta di distanza per indicare un osservatore fondamentale mentre la variazione temporale della sua distanza propria è presa in carico da aptq. r è la
coordinata di distanza radiale comovente, o distanza comovente. Si noti come ⇢ definita
secondo l’equazione 3.71 soddisfi la condizione di espansione uniforme.
Anche le distanze proprie nella direzione perpendicolare alla linea di vista devono
cambiare di una fattore aptq tra t e t0 per l’omogeneità e isotropia dell’universo ovvero
lptq
aptq
“
“ aptq
lpt0 q
apt0 q
(3.72)
ma abbiamo
„
ˆ
˙
⇢
˘
1
⇢ptq ` 2
2
2
2
2
2
ds “ dt ´ 2 d⇢ ` Rc ptq sin
d✓ ` sin ✓d
c
Rc ptq
2
2
che più sinteticamente possiamo scrivere
„
ˆ
˙
⇢
1
⇢ptq
2
2
2
2
2
2
ds “ dt ´ 2 d⇢ ` Rc ptq sin
d!
c
Rc ptq
con
`
˘
d! 2 “ d✓2 ` sin2 ✓d 2
(3.73)
(3.74)
(3.75)
16
Il Principio Cosmologico e la Metrica di Robertson & Walker
La distanza angolare è pertanto
lptq “ Rc ptq sin
ˆ
⇢ptq
Rc ptq
˙
!
(3.76)
Si noti come si sia messa in evidenza la dipendenza temporale ⇢ptq e Rc ptq. Considerando
la 3.72 deve pertanto risultare
´
¯
Rc ptq sin R⇢ptq
c ptq
´
¯ “ aptq
(3.77)
⇢pt0 q
Rc pt0 q sin Rc pt0 q
Sfruttando il fatto che ⇢ptq “ aptqr e rielaborando si ottiene
„
⇢
„
⇢
Rc ptq
aptqr
r
sin
“ Rc pt0 q sin
aptq
Rc ptq
Rc pt0 q
(3.78)
questa uguaglianza deve essere valida per ogni t. Poichè il secondo membro non dipende
da t l’unica possibilità è che
Rc ptq “ aptqRc pt0 q
(3.79)
cioè anche il raggio di curvatura dello spazio deve essere proporzionale a aptq. Quindi,
per mantenere l’omogeneità e l’isotropia dell’universo, la curvatura deve cambiare con
l’espansione secondo
k “ Rc´2 9 aptq´2
(3.80)
k però non può cambiare segno per cui il tipo di geometria (sferica, iperbolica o piatta)
rimane sempre lo stesso.
Definiamo adesso R come il raggio di curvatura all’epoca attuale
R “ Rc pt0 q
(3.81)
pertanto il raggio di curvatura al tempo t è
Rc ptq “ aptqR
e quindi, sostituendo anche ⇢ptq “ aptqr, la metrica diventa
´ r ¯`
˘ı
1 ”
ds2 “ dt2 ´ 2 aptq2 dr2 ` aptq2 R2 sin2
d✓2 ` sin2 ✓d 2
c
R
(3.82)
(3.83)
e finalmente otteniamo
ds2 “ dt2 ´
´ r ¯`
˘ı
aptq2 ” 2
2
2
2
2
2
dr
`
R
sin
d✓
`
sin
✓d
c2
R
(3.84)
questa è la metrica di Robertson-Walker per un qualsiasi universo omogeneo ed isotropo
in espansione uniforme. E’ possibile riscrivere questa metrica in modo diverso utilizzando,
ad esempio, la distanza angolare comovente
´r¯
r↵ “ R sin
´ rR¯
2
2
dr↵ “ cos
dr2
R
„
”
´ r ¯ı
´ r ¯2 ⇢
↵
2
2
2
dr↵ “ 1 ´ sin
dr “ 1 ´
dr2
R
R
3.3 La Metrica di Robertson-Walker
ponendo k “ R´2 si ottiene
17
dr↵2
“ dr2
1 ´ kr↵2
(3.85)
„
⇢
` 2
˘
aptq2
dr↵2
2
2
2
ds “ dt ´ 2
` r↵ d✓ ` sin ✓d
c
1 ´ kr↵2
(3.86)
«
ff
2
2
`
˘
dr
R
ptq
c
ds2 “ dt2 ´ 2
` r2 d✓2 ` sin2 ✓d 2
c
1 ´ r2
(3.87)
ovvero la metrica nella forma
2
2
con il cambio di variabili r2 “ kr↵2 la metrica diviene infine
con Rc ptq “ Raptq raggio di curvatura dello spazio al tempo t che vale quindi R per t “ t0 ,
ovvero al tempo attuale.
L’importanza delle metriche viste fin qui è che permettono di definire un intervallo
invariante ds tra eventi ad una qualsiasi epoca o con una qualsiasi collocazione nello
spazio. Ricordiamo che nella metrica
´ r ¯`
˘ı
aptq2 ” 2
2
2
2
2
2
d✓ ` sin ✓d
ds “ dt ´ 2 dr ` R sin
c
R
2
2
(3.88)
• t è il tempo cosmico misurato da un osservatore fondamentale a partire dal momento
in cui tutte le geodetiche si incrociano;
• r è la distanza radiale comovente che è fissata per ogni galassia ed è indipendente
dal tempo; r rappresenta la distanza propria verso una galassia misurata al tempo
t0 ed è quindi una estrapolazione poichè la galassia viene osservata ad un tempo t1
precedente a t0 ;
• aptqdr è l’elemento di distanza propria (o geodetica) nella direzione radiale all’epoca
t;
• aptqR sinpr{Rqd✓ “ aptqr↵ d✓ è l’elemento di distanza propria perpendicolare alla
direzione radiale e sottesa dall’angolo d✓ come vista dall’origine;
• aptqR sinpr{Rq sin ✓d “ aptqr↵ sin ✓d è l’elemento di distanza propria nella direzione d .
Da notare che fino ad ora non abbiamo ancora specificato nulla relativamente alla
fisica che determina il tasso di espansione dell’universo: questa è tutta dentro la funzione
aptq. Tuttavia, qualsiasi sia la fisica che determina aptq, la metrica RW permette solo 3
tipi di geometrie e queste sono fissate ad ogni t poichè la curvatura varia come k 9 aptq´2 .
In conclusione è importante precisare quanto segue:
• la metrica di RW ovvero quella che descrive un universo omogeneo ed isotropo
in espansione uniforme [⇢ptq “ aptqr] vale solo sulle scale per cui l’assunzione di
omogeneità e isotropia è valida. Ovvero la metrica di RW vale solo sulle scale su
cui la CMB e la distribuzione delle galassie sono uniformi.
• su scale più piccole l’universo non è omogeneo ed isotropo; per esempio nei dintorni
di una stella la metrica sarà quella di Schwarzschild (ovvero la metrica attorno ad
una distribuzione sferica di massa) e pertanto nel passare dalle grandi scale alle
piccole scale (quelle di una stella) la metrica si dovrà trasformare da quella RW a
quella di Schwarzschild. Questo significa anche che, su piccole scale, la gravità è
dominata dalle stelle (o dalle galassie) e non dall’universo nel suo insieme. Pertanto
sulle piccole scale non ci sarà l’espansione cosmologica vista da Hubble. Una galassia
è tenuta insieme dalla sua gravità, pertanto non si espande. Allo stesso modo la
distanza Terra-Sole non varia, il metro campione non si espande e l’atomo non si
espande. L’espansione si ha solo su grande scala quando le forze gravitazionali (o
elettromagnetiche) che ci sono su piccola scala sono trascurabili.
Indice
3 Il Principio Cosmologico e la Metrica di Robertson & Walker
1
3.1 Spazi Curvi Isotropi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
3.2 La Metrica dello Spazio-Tempo per gli Spazi Curvi Isotropi . . . . . . . . . 9
3.3 La Metrica di Robertson-Walker . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
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