STEFANO ZAMAGNI, Presidente agenzie per le

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LE GIORNATE DI BERTINORO - VERSO L’ECONOMIA DEL BEN-ESSERE
INTERVISTA AL PROF. STEFANO ZAMAGNI
PRESIDENTE AGENZIA PER LE ONLUS
Prof. Zamagni può spiegare meglio cosa intende quando parla di “beni relazionali”?
S’intende un bene la cui utilità, che fornisce a chi lo consuma, dipende dalla trama di relazioni che
s’instaurano tra i produttori e i consumatori. Ecco perché si chiama bene relazionale: sono
ammalato e vado all’ospedale; dall’altra parte trovo un medico il quale mi può trattar in due modi
diversi: farmi una diagnosi corretta e prescrivermi una terapia efficace; oppure fare la stessa cosa
ma in più stabilire con me un rapporto per cui mi spiega la mia situazione, mi descrive, mostrando
nei miei confronti un’attenzione personale, quale sarà il decorso. In quale dei due casi traggo
maggiore beneficio dal servizio? Ovviamente dal secondo. La stessa cosa sui luoghi di lavoro:
posso relazionarmi con i dipendenti secondo le regole del diritto e dei contratti collettivi oppure
posso trattarli come persone umane portatrici di una dignità; in questo secondo caso ho realizzato
una relazione interpersonale che produce beneficio.
Oggi sappiamo che la felicità delle persone, intesa come fioritura umana, dipende sempre di più dai
beni relazionali e sempre meno dai beni materiali. In passato, quando la gente moriva di fame, la
componente materiale, ovviamente, faceva agio sulla componente espressiva. Oggi nei nostri
sistemi avanzati non è più così. Il problema dei beni relazionali trova l’attenzione di tutti perché ci
si rende conto che la condizione di vita delle persone dipenderà sempre di più dalla relazionalità e
sempre di meno dalla materialità.
Perché per misurare la qualità c’è bisogno di una metrica diversa?
Perché non posso misurare la qualità usando la stessa metrica con cui si misura la quantità che è
basata sul metro, sul grammo, sul litro e per quanto riguarda la sfera economica sull’euro cioè sul
valore monetario che viene attribuito ad un bene. Io non posso misurare la qualità usando i
chilogrammi, né posso usare l’euro perché non c’è un mercato dei beni relazionali in cui una
domanda e un’offerta s’incrociano determinando il prezzo di equilibrio. Concludere, però, che la
qualità non è misurabile è un errore tragico perchè anche la qualità, con una metrica diversa, è
misurabile. Il punto è che questa metrica non è stata elaborata. Su questo fronte c’è un ritardo del
Non Profit che non ha dedicato sufficienti studi ed attenzioni. Il punto è che ciò che si misura
determina ciò che si fa e se il Terzo Settore non contribuisce a trovare la metrica il suo agire sarà
imposto dagli altri.
Nella suo intervento sottolineava come l’economia civile precede l’economia politica. Questo che
conseguenze porta per esempio nella definizione di Terzo Settore?
Il paradigma dell’economia civile nasce alcuni secoli prima del paradigma dell’economia politica.
Ora la differenza tra i due paradigmi è che l’economia civile include l’economia politica ma non è
vero il contrario. L’economia politica nasce in seguito ad un’operazione di riduzionismo, è stato
cacciato via dal discorso economico il principio di reciprocità a favore di quello dello scambio e di
redistribuzione. Se io leggo la realtà di questi soggetti della società civile con gli occhiali
dell’economia politica è evidente che io li debba chiamare Terzo Settore perché i primi due sono lo
stato e il mercato. Ma se io leggo questa stessa realtà con l’occhiale (occhiale vuol dire teoria)
dell’economia civile allora questi soggetti non sono più “terzo” ma sono soggetti che stanno alla
pari con gli altri due. Il concetto di Terzo Settore è sbagliato perché relega in un “cantoncino” questi
soggetti a cui attribuisce l’etichetta di Terzo Settore o di Non Profit.
La concezione che io ho di questi soggetti è che deve essere come lievito che lievitando contamina
gli altri mondi.
A cura di Davide Minelli
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