Rinite allergica
La rinite allergica è una malattia sintomatica indotta dalla infiammazione IgE-mediata della mucosa
nasale in seguito ad esposizione ad allergeni.
Le riniti si classificano in: - allergica
- infettiva, se causate da infezioni virali o batteriche
- occupazionali, se gli allergeni sono presenti nel luogo di lavoro (p.es. acaro della farina per
un fornaio, …)
- da farmaci, il più classico è l’acido acetilsalicilico
- ormonali
- idiopatica
La diagnosi differenziale va posta con tutte quelle patologie che alterano la morfologia dell’epitelio
nasale (come una poliposi nasale o la granulomatosi di Wegener) o la normale struttura anatomica
delle fosse nasali (deviazioni del setto, ipertrofia dei turbinati o presenza di corpi estranei) o
entrambe (presenza di tumori nasali).
Le sostanze che scatenano le reazioni IgE-mediate vengono dette allergeni e si distinguono in:
- allergeni esterni o outdoor, che possono essere principalmente pollini e muffe
- allergeni domestici o indoor, che comprendono acari (Dermatophagoides pteronyssinus,
l’allergene aereo più frequente, e il Dermatophagoides farina), pelo e forfora degli animali
e allergeni provenienti da altri insetti
- farmaci, soprattutto l’acido acetilsalicilico che causa la sindrome ASA
- alimenti
Le riniti allergiche possono essere classificate in base alla durata in:
- intermittenti: se i sintomi compaiono per meno di 4 giorni a settimana e per meno di 4
settimane all’anno;
- persistenti: se i sintomi compaiono per più di 4 settimane all’anno e per più di 4 giorni a
settimana
In base alla gravità, a loro volta, possono essere:
- lievi, se non compromettono la qualità della vita, del lavoro e del sonno;
- moderata/grave, se vi sono limitazioni nell’attività lavorativa, scolastica e quotidiana e se vi
sono alterazioni del sonno
La vecchia classificazione che voleva distinte le riniti in stagionali e perenni, ormai è in disuso
perché si è visto che alcune riniti stagionali sono persistenti perché il periodo di impollinazione
copre un periodo maggiore di 4 mesi all’anno (come p.es. la parietaria).
Questa prima distinzione, ci può già indirizzare verso un allergene probabile visto che una rinite
persistente può essere scatenata solo da uno stimolo continuo (come può essere quello all’acaro
della polvere) o una rinite allergica professionale si manifesterà soltanto nei giorni lavorativi e il
paziente ci riferirà un miglioramento nel fine settimana, cioè quando non lavora.
I sintomi tipici della rinite allergica sono:
- rinorrea acquosa
- starnuti a salve
- ostruzione nasale che, soprattutto di notte, provoca una respirazione a bocca aperta che
causa, a sua volta, una infiammazione del faringe. A lungo andare, questa situazione cronica
può determinare una modificazione strutturale del massiccio facciale, caratterizzata da
ogivalizzazione del palato, mal occlusione dentale e slargamento dei seni paranasali
- prurito nasale
- congiuntivite bilaterale con prurito, lacrimazione e iperemia
- tosse, soprattutto a letto, per lo scolo retro nasale
Le prime indagini da eseguire sono:
- il primo approccio è anamnestico: chiedere sui sintomi, sullo stile di vita, sull’attività
lavorativa, sull’ambiente di lavoro e domestico per l’identificazione dell’allergene;
-
rinoscopia anteriore: la mucosa può apparire infiammata e edematosa con ipertrofia dei
turbinati SENZA secrezione muco purulenta
- skin prick test
Indagini aggiuntive possono essere:
- citologia nasale
- endoscopia nasale
- test di provocazione, si fa inalare l’allergene sospetto
- spirometria, se si sospetta anche un asma allergico
- flusso nasale
- esami microbiologici
Patologie che si possono associare alla rinite sono:
- asma bronchiale (vedi oltre)
- faringite
- dermatite atopica, che può essere la manifestazione dermatologica delle reazioni IgEmediate
- congiuntivite
- allergie alimentari
- alterazioni del sonno
- compromissione della qualità di vita
Inoltre, l’ipertrofia della mucosa può causare l’occlusione degli osti; in caso di occlusione dell’ostio
faringeo della tuba di Eustachio, l’orecchio medio non sarà più drenato e ciò può portare ad una
otite media; nel caso in cui si ha occlusione di uno qualsiasi degli osti nasali dei seni, la rinite è
accompagnata da una sinusite.
E molto spesso le due patologie si presentano insieme all’osservazione, tanto da parlare di
rinosinusite. Questa è cronica se persiste per più di 12 settimane ed alla base può nascondere una
poliposi nasale (i sintomi che ci possono indirizzare verso questa diagnosi sono l’ostruzione nasale
che è FISSA e l’anosmia).
Il trattamento: il primo step dovrebbe essere quello di allontanare, quando possibile l’allergene ed
educare il paziente a non entrare in contatto con esso o almeno a ridurre l’esposizione. Se ciò non è
possibile, si ricorre alla farmacoterapia che è sintomatica e prevede l’utilizzo di antistaminici
antagonisti dei recettori H1 con o meno associato uno steroide.
In particolare, il solo antistaminico dovrebbe essere usato per il trattamento delle riniti intermittenti
lievi; mentre le intermittenti gravi e le persistenti dovrebbero essere trattate con l’antistaminico e lo
steroide orale o inalatorio. Nel caso in cui si associ anche un asma allergico, a questi farmaci
bisogna aggiungere anche un inibitore dei leucotrieni, il montelukast.
È preferibile, quando possibile e indicato, optare per la terapia desensibilizzante o immunoterapia
specifica (ITS) che prevede la somministrazione in dosi crescenti dell’allergene in modo da
scatenare non risposte TH2 ma TH1 che inducono tolleranza e sopprimono future risposte TH2
dopo una nuova riesposizione.
L’uso dei decongestionanti dovrebbe essere evitato e soprattutto non devono essere utilizzati per più
di 10 giorni. Questo perché il decongestionante causa, sì, una riduzione dell’edema e quindi un
sollievo immediato, ma la vasocostrizione persiste e a lungo andare ciò causa alterazioni nella
mucosa nasale che la rendono ancora più suscettibile all’esposizione all’allergene. Inoltre, il
decongestionante non elimina l’infiammazione, toglie il sintomo ma non la causa.
Asma bronchiale
Angioedema
Entità cliniche che si manifestano con edema del derma superficiale (orticaria) o del derma
profondo e del tessuto sottocutaneo (angioedema) a carattere transitorio e ricorrente. Molto spesso
le due patologie si presentano insieme all’osservazione; in questo caso si parla di sindrome
orticaria-angioedema (SOA).
La patogenesi è legata alla liberazione di molecole vasoattive (vasodilatazione e
vasopermeabilizzazione) quali l’istamina, i cisteinil-leucotrieni, (LTC4, LTD4, LTE4) ed il PlateletActivating Factor (PAF) dai mastociti cutanei od all’accumulo di bradichinina e fattori del
complemento.
L’angioedema può essere classificato in:
- allergico
- da cause fisiche
- da malattie autoimmuni
- complemento – mediato o bradichinino – mediato, che a sua volta può essere causato da
farmaci o da deficit di C1INH
- idiopatico
L’angioedema allergico che, nel suo insieme, rappresenta circa il 92% di tutti i casi, è legato a
reazioni IgE – mediate scatenate da farmaci, alimenti, punture di insetti (per lo più imenotteri),
polveri e pollini. Quindi, vista la patogenesi di questa manifestazione clinica, un soggetto che arriva
alla nostra osservazione con angioedema ha in atto una reazione anafilattica che può sfociare in uno
shock anafilattico. Il paziente va, infatti, tenuto in osservazione perché all’angioedema e
all’orticaria (stadio 1 di anafilassi) possono essere segni e sintomi cardio-respiratori tipici dello
shock anafilattico.
L’angioedema da cause fisiche, che rappresenta circa il 4% di tutti i casi, può essere scatenato dal
freddo, dal caldo eccessivo, dalle radiazioni solari o dalle vibrazioni.
L’angioedema complemento – mediato rappresenta il restante 4% di tutti i casi. Di questi:
- l’80% è ereditario da deficit del C1INH
- acquisito, da iperconsumo o per la presenza di Ab anti C1INH
- estrogeno – dipendente
- da farmaci
L’angioedema ereditario si trasmette con modalità autosomica dominante e si manifesta nell’80%
dei casi prima dei 20 anni di età. È caratterizzato da attacchi ricorrenti di edema non pruriginoso,
non infiammatorio, innescati anche da lievi microtraumi (caratteristica è la mano dello scrittore) o
da tutte quelle manovre che vanno ad incidere sulla cute. Si sviluppa entro le 24 ore dal trauma e
dura 5 giorni o più.
Il gene del C1INH è mappato sul cromosoma 11q12. La proteina codifica appartiene alla famiglia
degli inibitori delle serin proteasi. Le mutazioni possono essere missenso (non c’è la proteina)
oppure possono alterare il sito catalitico riducendo l’attività della proteina (basta che l’attività
scenda al di sotto del 50% perché si manifesti la patologia).
Il C1INH interviene sia sulla cascata di attivazione del complemento, ma anche su quella
coagulativa, fibrinolitica e delle chinine.
In particolare, sappiamo che il FXIIa va ad attivare la precallicreina in callicreina; questa a sua volta
taglia i chininogeni ad alto peso molecolare, HMWK, in peptidi più piccoli, la bradichinina. Questa
molecola lega i recettori B2 sulle cellule endoteliali e induce vasodilatazione. I freni di questo
meccanismo sono dati proprio dal C1INH che blocca sia l’attivazione della precallicreina sia il
taglio dei HMWK da parte della callicreina. Quindi, in assenza o in carenza del C1INH, questi freni
vengono a mancare e si ha vasodilatazione ed edema anche quando non si dovrebbe avere.
Il recettore B2 è costitutivo, mentre il B1 è indotto dall’infiammazione e forse media il dolore
cronico. Ad oggi esiste un antagonista recettoriale anti B2, ovvero l’ICATIBANT.
Un attacco di angioedema è caratterizzato da:
- una fase prodromica con parestesie ed eritema
-
una fase conclamata, con interessamento cutaneo (sono interessati soprattutto i solchi,
quindi volto, arti e addome) e/o mucosale (faringo-laringeo, intestinale con coliche e diarrea,
o urinario). Non c’è MAI edema polmonare perché nel parenchima polmonare è presente
l’enzima ACE che elimina la bradichinina.
L’ostruzione laringea da angioedema può entrare in diagnosi differenziale con un attacco asmatico,
ma in quest’ultimo:
- la fase inspiratoria non è compromessa in quanto l’aria entra negli alveoli ma resta
intrappolata per lo spasmo muscolare durante la fase espiratoria;
- all’auscultazione sono presenti sibili o fischi, mentre nell’ostruzione laringea il MV è
diffusamente ridotto o può esserci addirittura silenzio respiratorio.
L’angioedema acquisito nelle malattie autoimmuni può essere un sintomo precoce ed è causato
dalla produzione di autoAb anti C1INH che ne favoriscono la degradazione. Nelle malattie
linfoproliferative è secondario all’iperconsumo, visto che le cellule dei linfomi e dei mielomi
tendono ad aumentarne la degradazione.
La terapia con ACE-inibitori è responsabile di casi di angioedema da ospedalizzare che si osserva
in 2-10 pazienti su 10.000. L’angioedema può associarsi a tosse stizzosa e in genere si verifica
durante le prime 3 settimane di terapia con ACE inibitori.
Il meccanismo è mediato dalla inibizione enzimatica del catabolismo della bradichinina.
Diagnosi differenziale
Allergico
Complemento – Mediato
(es. Anafilassi)
(es. Ereditario)
Orticaria
+
-
Insorgenza
Rapida (min)
Lenta (ore)
Durata
12 - 24 h
48 - 72 h
Edema Laringeo
+/-
+
Broncospasmo
Frequente
Assente
Dolore Addominale Raro
Frequente
Ipotensione
-
+
Adrenalina
C1 inibitore
Antistaminici
Icatibant
Steroidi
L’ecallantide è un inibitore della callicreina.
L’Icatibant è l’unico presidio per i pazienti in cura con ACE-inibitori.
La profilassi a lungo termine prevede l’utilizzo di danazolo e anti-fibrinolitici quali l’acido
tranexamico o l’acido e-aminocapronico.
Terapia
Orticaria
Manifestazione clinica caratterizzata da vasodilatazione ed edema del derma superficiale,
intensamente pruriginosa, a carattere transitorio e ricorrente con lesione caratteristica costituita dal
pomfo, non infiltrata, solida, con periferia eritematosa e regione centrale biancastra. È fugace, infatti
scompare rapidamente. Per evidenziare questa caratteristica, si possono disegnare i bordi del pomfo.
La patogenesi è legata alla liberazione di molecole vasoattive di derivazione cellulare (istamina,
leucotrieni, prostaglandine, PAF) o generate nel siero/plasma (bradichinina, fattori del
complemento).
Si distingue in:
- acuta, con frequenza del 10-20% soprattutto negli atopici; i sintomi durano in media meno
di 6 settimane e la patologia è di solito ad eziologia nota;
- cronica, con frequenza dello 0,1-3% e non aumenta nell’atopia; l’eziologia è varia o non
nota, può essere continua o ricorrente, ma i sintomi devono presentarsi per oltre 6 settimane
L’orticaria scatenata da reazioni IgE – mediate si distingue in:
• da alimenti, si distingue in: - acuta, ad insorgenza rapida dopo ingestione occasionale di un
cibo allergizzante;
- cronica, per l’ingestione frequente dell’alimento
- da contatto, si sviluppa con angioedema della mucosa orale o labiale in quei soggetti
particolarmente sensibili dove anche il semplice contatto scatena la reazione allergica
- da sforzo post-prandiale, che si manifesta se entro 4 ore dall’ingestione di quell’alimento si
compie attività fisica. La patogenesi è forse legata alla rapidità di passaggio transmucosale
dell’allergene quando il letto vascolare intestinale è dilatato.
Gli alimenti più frequenti sono latte e uova (soprattutto nei bambini), frutta, legumi,
crostacei e pesci; ma anche additivi alimentari come il salicilato di Na
• da farmaci, hanno decorso acuto e le manifestazioni sono proporzionali all’uso del farmaco.
I meccanismi patogenetici coinvolti sono: IgE-mediati, azione istamino-liberatrice diretta,
sbilanciamento del sistema ciclossigenasi/lipossigenasi, attivazione della cascata del
complemento. I farmaci più coinvolti sono: Acido acetilsalicilico e FANS, Antibiotici e
chemioterapici, Mezzi di contrasto iodati, Emoderivati e sostituti del plasma, Anestetici,
Contraccettivi orali, Polipeptidi (ACTH, insulina, etc.)
• da parassiti (ascaridiasi, teniasi, giardiasi ed anchilostomiasi)
• da veleno di imenotteri (ape, vespa e calabrone)
• da inalanti (acari della polvere, pollini, muffe, pelo e forfora di animali)
• da lattice, viene estratto dalla pianta tropicale hevea brasilensis e viene utilizzato nella
preparazione della gomma naturale. Si ritrova nei succhiotti e nei giocattoli dei bambini,
cateteri e tubi endotracheali, guanti, profilattici e dispositivi intrauterini, nastri gommativi,
adesivi e pneumatici. L’incidenza negli ultimi 20 anni è aumentata soprattutto nelle
categorie a rischio che sono: gli addetti nell’industria della gomma; gli operatori sanitari, i
soggetti sottoposti a molte manovre invasive; atopici; donne; asmatici; pazienti con eczema
alle mani. Inoltre, il lattice dà cross-reattività con alcuni alimenti (quali melone, pesca,
pomodoro e spinaci), pollini (graminacee) e piante (stella di Natale e il Ficus).
Oritcaria da Immunoreazioni di tipo II (anticorpo-mediate):
•
Reazioni trasfusionali (incompatibilità di gruppo ed immunoglobuline)
Orticaria da Immunoreazioni di tipo III (da immunocomplessi):
•
Orticaria vasculite, può essere causata dall’assunzione di farmaci quali gli
ACEinib, le penicilline o vari altri antibiotici, dalla presenza di tumori solidi o ematologici o
malattie autoimmuni o virali causate da HBV, HCV, EBV ed HIV.
Le lesioni sono dure, sollevate; i pomfi se premuti scompaiono (mentre nella porpora no),
sono infiltrati e durano più di 24 ore; più che pruriginosi sono dolenti e regrediscono con
formazioni ecchimotiche con esiti pigmentari. Dati di laboratorio: aumento della VES,
ipocomplementemia (C3 e C4), presenza di ICC, talvolta di ANA, di crioglobuline sieriche e
positività del Fattore Reumatoide. Reperto bioptico: vaso distrutto da infiltrato neutrofilo
con leucociti frammentati (leucocitoclastica). Si accompagnano spesso ad artralgie, mialgie,
malessere generale e più raramente febbre.
•
Orticaria in malattia da siero
•
Orticaria in malattie autoimmuni (Connettivite, Crioglobulinemia, Tiroidite di
Hashimoto,Gastrite cronica atrofica, Celiachia, Diabete di tipo I, Colite ulcerosa)
•
Orticaria da infusioni di siero, di immunoglobuline e farmaci
Orticaria da Immunoreazioni di tipo IV (da ipersensibilità ritardata):
- Orticaria da contatto, è caratterizzata da un’eruzione cutanea con chiazze eritematose,
vescicolari, eczematose, a limiti sfumati, tendenti a confluire accompagnate a prurito. Può
localizzarsi alle dita, dorso delle mani ed avambracci meno il volto (generalmente da
cosmetici). Può interessare anche le mucose. Fattori predisponenti sono: cute sottile,
traumatismi locali, eczema, trattamenti con sostanze irritanti.
Gli apteni più coinvolti sono i metalli pesanti, in particolare il Nichel.
Nei casi localizzati si ha soltanto una dermatite nella regione di contatto della cute con
l’oggetto contenente l’aptene. Quando la dermatite da contatto si associa a disturbi sistemici
si parla di allergia sistemica al nichel solfato e la sintomatologia è caratterizzata da: orticaria
generalizzata, eczema diffuso, angioedema, prurito diffuso, eritema diffuso, asma e disturbi
digestivi. Esistono anche alimenti contenenti nichel quali albicocche, cavoli, spinaci,
arachidi, carote, pomodori, fichi, asparagi, fagioli, cacao, etc…
Orticaria da Infezioni:
•
Infezioni batteriche (Streptococchi, Stafilococchi, Helicobacter Pylori)
•
Infezioni virali (Epatiti ABC, HIV, EBV, HSV, CMV, Coxsackie)
•
Infezioni parassitarie (giardia lamblia, entamoeba, trichinella)
Orticaria associata a neoplasie: Linfomi, Leucemie, Ca tiroideo, pancreatico e gastrointestinale
Orticaria a patogenesi extra-immunologica sono:
- Orticaria fisica, in genere non c’è atopia dimostrabile, le manifestazioni compaiono dopo
uno stimolo rilevante e vengono riprodotte regolarmente da esso. Si differenziano in:
- da stimolazione meccanica: - Dermografismo, è il più frequente (circa il 9% di tutti i casi). Le
lesioni eritemato-pomfoidi lineari che compaiono in seguito a grattamento o in sede di frizione con
abiti, etc. entro 120 secondi e scompaiono in meno di un’ora. Viene messo in evidenza con una
penna dermografica che, premuta sulla cute, scatena la reazione.
Orticaria-angioedema da pressione, insorge dopo 4-6 ore da uno stimolo intenso e persiste anche
per più di un giorno. Si può manifestare in zone soggette a frizione con indumenti (bretelle e
cinture) o a microtraumi (mani, piedi, glutei,…)
Angioedema vibratorio
Orticaria da decompressione
- da freddo: forma familiare, forma rara
forma acquisita, si può manifestare anche con angioedema; insorge da mezz’ora a 4
ore dopo esposizione allo stimolo termico: riduzione della temperatura, acqua o aria fredda,
alimenti o bevande freddi, etc. Viene evidenziata con la prova del cubetto, ovvero si poggia
sulla cute un cubetto di ghiaccio per circa 5 minuti.
- da caldo: localizzata
colinergica (generalizzata), rappresenta il 5-7% di tutti i casi; è caratterizzata da pomfi
piccoli e diffusi soprattutto alla parte superiore del tronco e alla radice degli arti. Si
manifesta in occasione di un aumento della temperatura corporea (esercizio fisico, bagno
caldo, febbre, stress emotivo improvviso, cibi piccanti, spezie, alcool). Viene evidenziata
con un test da sforzo fisico.
Anafilassi indotta da sforzo fisico
- da contatto: acqua genica, contatto con acqua a 36° C per 30 - 40 minuti
- da radiazioni : solare o radiazioni elettromagnetiche
Infine si ricordano: orticaria da sostanze istamino-liberatrici dirette quali alimenti e/o addittivi e/o
farmaci; orticaria psicogena; Orticaria Pigmentosa (Mastocitosi); Orticaria idiopatica.
L’iter diagnostico segue i punti:
- anamnesi
- ricerca dei fattori scatenanti
- esecuzione del test più appropriato
- se necessario, effettuare uno skin test con siero/plasma autologo da supportare con un test in
vitro di degranulazione dei basofili
La terapia dovrebbe essere per lo più NON farmacologica, ovvero dovrebbe prevedere
l’allontanamento del fattore scatenante e la riduzione dei fattori aggravanti (stress, riscaldamento
eccessivo dell’ambiente, alcol, dieta,…). Nel caso in cui sia richiesto un supporto farmacologico, la
terapia prevede l’utilizzo degli antistaminici anti H1 di prima e seconda generazione.
Anafilassi
L’Anafilassi è una reazione sistemica acuta determinata dalla secrezione massiva di mediatori da
mastociti e basofili. Si presenta con manifestazioni cliniche diverse. Tra queste la compromissione
respiratoria e cardiovascolare sono frequentemente fatali.
La Reazione anafilattoide si presenta con quadri clinici indistinguibili da quelli dell’anafilassi, ma
avviene con meccanismi non IgE-mediati, spesso con formazione dei complessi Ag – IgG – FcγRII.
O anche con attivazione diretta dei mastociti (forse per alterazione osmotica di membrana) o con
attivazione dei recettori C5aR e C3aR. I mezzi di contrasto e gli anestetici possono agire sul
mastocita per l’attivazione diretta. Gli Ab monoclonali possono formare immunocomplessi con le
IgG e dare reazione anafilattoide.
Nella reazione anafilattica il legame con Ag – IgE – FcεRI sui mastociti scatena il rilascio
dell’istamina; mentre nella reazione anafilattoide, l’attivazione del FcγRII su basofili e l’ FcγRIII
sui macrofagi induce il rilascio del PAF.
Il tempo di insorgenza di queste reazioni è di solito “immediato” (minuti  2 ore), ma può essere
ritardato fino ad alcune ore.
Nell’uomo non c’è correlazione tra quantità di IgE specifiche e gravità della reazione.
Gli agenti che causano più frequentemente anafilassi sono: le punture di imenotteri, le arachidi, e in
aumento gli antibiotici, gli anestetici e i mezzi di contrasto.
L’effetto dell’istamina e del PAF è la vasodilatazione.
Gli eventi che si susseguono in una reazione anafilattica sono:
- aumenta la frequenza respiratoria (FR) e quella
cardiaca (FC), ovvero c’è tachipnea e tachicardia,
mentre diminuisce la pressione arteriosa;
- vi è una caduta rapida della FR e della FC, mentre la
PA continua a scendere: il soggetto va, cioè, in
bradicardia e bradipnea;
- se non vengono attuati presidi, il paziente va in
arresto cardio-respiratorio per shock che, in questo
caso è uno shock distributivo perché c’è uno
squilibrio tra la quantità di sangue in circolo e quella
nelle regioni periferiche, vaso dilatate.
Si può, così, distinguere in stadi la reazione anafilattica:
- stadio 1: orticaria e/o angioedema
- stadio 2: dispnea, sintomi gastrointestinali
- stadio 3: tachicardia, ipotensione, shock
- stadio 4: arresto cardio-circolatorio
Ad un soggetto che viene alla nostra osservazione vanno rilevati: lo stato di coscienza, la FC e la
PA, la FR e la saturazione di ossigeno, la temperatura e la diuresi.
Possono essere presenti: orticaria, angioedema, cute fredda e umida, sudorazione fredda, pallore e
riempimento capillare ritardato; sintomi gastrici, raucedine, starnuti, stridore laringeo e voce
bitonale per edema laringeo, disfagia.
In anestesia generale, gli unici parametri che possono essere monitorati sono la PA e la saO2:
bruschi cali improvvisi della PA o della saO2 o la comparsa di aritmie, possono essere suggestivi di
reazione anafilattica da anestetico.
La terapia d’urgenza consiste:
- assicurare la pervietà delle vie aeree, se necessario intubare
- definire lo stato di coscienza e i parametri vitali
- se necessario somministrare adrenalina i.m. o s.c. in dose 0,3-0,5 ml di soluzione 1:1000
ripetibile dopo 10 min; può essere somministrata e.v. diluita 1:10.000 o 1:100.000 solo con
monitoraggio ECG. La tachicardia non costituisce MAI controindicazione alla
somministrazione di adrenalina nello shock anafilattico. È il farmaco di prima scelta e
blocca prima di tutto il broncospasmo e l’ipotensione; successivamente anche i mediatori
molecolari.
- il trattamento successivo prevede l’utilizzo di antistaminici anti H2, beta2agonisti e
corticosteroidi, nel caso antiaritmici o agenti inotropi
L’anafilassi bifasica è una reazione caratterizzata dal ripetersi dell’episodio acuto (ipotensione,
tachicardia, broncospasmo, sintomi cutanei e gastrointestinali) a distanza di 2-8 ore dal primo
episodio ed indipendentemente dal trattamento. Può verificarsi nel 20% dei casi di anafilassi
sistemica severa pertanto non è possibile prevedere quali pazienti con anafilassi sistemica
manifesteranno una anafilassi bifasica. Di conseguenza, tutti i pazienti che hanno presentato un
episodio di anafilassi sistemica devono essere ospedalizzati e monitorati per 24 ore.
L’anafilassi protratta è quella condizione caratterizzata dalla persistenza dei sintomi respiratori e
cardiovascolari dopo un episodio acuto per più di un ora e fino ad un giorno nonostante un adeguato
regime terapeutico. Si verifica soprattutto nell’anafilassi da alimenti perché l’assorbimento continua
anche dopo l’evento acuto.
Fattori di rischio per l’anafilassi severa sono: l’asma bronchiale; l’assunzione di beta-bloccanti o di
ACEinib. In particolare nei pazienti in trattamento con -bloccanti: l’anafilassi ha un decorso più
severo (marcata ipotensione e broncospasmo) spesso protratto o recidivante ed è più resistente alla
terapia. Alcuni sintomi iniziali (tachicardia) possono essere assenti perché mascherati dall’effetto
del farmaco: ciò causa un ritardo nell’inizio del trattamento.
Test per il monitoraggio allergologico sono:
- l’istamina e suoi metaboliti, ma si ritrovano nel siero solo nelle prime 2 ore dall’evento e
nelle urine solo per 24 ore;
- la triptasi sierica rimane dosabile per 12-24 ore ma è una dimostrazione certa di anafilassi;
- ProstaGlandinaD2 e metaboliti, solo nelle urine;
- cysLT
Criteri Diagnostici dell’Anafilassi
1. Insorgenza acuta (da pochi minuti fino ad alcune ore) di manifestazioni cutanee e/o
mucosali (orticaria generalizzata, angioedema, prurito o flushing) ed almeno uno dei
seguenti, oppure
2. Due o più dei seguenti sintomi che insorgono rapidamente (da pochi minuti fino ad alcune
ore) dopo l’esposizione ad allergeni probabili per quel paziente, oppure
3. Riduzione della pressione arteriosa dopo esposizione ad allergeni noti per quel paziente (da
pochi minuti fino ad alcune ore).
Mastocitosi
Sono un gruppo eterogeneo di patologie accomunate da un netto aumento dei mastociti, abbondanti
nelle zone di frontiera (cute, polmone, fegato, apparato gastrointestinale, cuore, milza, linfonodi).
Alla base vi è una mutazione somatica nei mastociti di c-Kit (mutazioni gain of function).
Il recettore c-Kit lega il fattore di crescita SCF (Stem Cell Factor), un dimero, che provoca la
dimerizzazione e la autocatalisi dei siti tirosin-kinasici. L’attivazione dei recettori attiva almeno tre
pathway: via PI3k-Akt per l’inibizione dell’apoptosi; via JaK-STAT nella regolazione della
proliferazione; via RAS nella regolazione dello stato di attivazione del mastocita.
Nelle mastocitosi, la mutazione più frequente è la D816V che probabilmente favorisce il pathway di
proliferazione; mentre nella MAS (Mastcell Activation Syndrome) e nella MMAS (Monoclonal
Mastcell Activation Syndrome) la mutazione è in sito diverso che probabilmente favorisce il
pathway di attivazione mastocitaria. Di conseguenza i sintomi dipendono o dall’iperattivazione e
quindi dall’eccesso di mediatori in circolo, o dall’iperproliferazione e quindi da infiltrazione
d’organo. L’iperplasia mastocitaria, dal momento che la proliferazione non è conseguenza di una
mutazione nel recettore, è una condizione reversibile.
La mastocitosi è una malattia quasi esclusivamente cutanea e pediatrica (85% dei casi); il rimanente
15% comprende le mastocitosi sistemiche di cui il 10% è rappresentato dalle mastocitosi sistemiche
indolenti a prognosi benigna, e il 5% da mastocitosi sistemiche aggressive metastatizzanti.
Delle cutanee, la forma più frequente è l’orticaria pigmentosa, caratterizzata da lesioni cutanee
stabili, pigmentate dal rosso al marroncino (per l’iperproduzione di melanina sotto lo stimolo
dell’MSH. Il flushing (simile ad una vampata di calore diffusa a tutto il corpo) si manifesta
soprattutto dopo ingestione di alimenti. Tra i sintomi neurologici abbiamo cefalea e depressione, per
il rilascio di serotonina. Tra i sintomi gastrointestinali diarrea e gastrite/ulcera. Altri sintomi sono:
dolori osteo-articolari, osteoporosi/osteosclerosi; bronco costrizione, ipotensione, alterazione della
coagulazione (per rilascio di eparina), cachessia (da rilascio di IL-6 e TNFα). Molto spesso c’è
ipereosinofilia per rilascio di GM-CSF e IL-5.
Frequentemente le anafilassi ricorrenti idiopatiche nascondono una mastocitosi sistemica.
All’esame obiettivo si può evocare il SEGNO DI DARIER, ovvero si gratta la lesione, senza
provocare escoriazione; la stimolazione meccanica causa la degranulazione dei mastociti e come
conseguenza si può osservare la formazione del pomfo. Questo segno è patognomonico di
mastocitosi cutanea.
Nel 95% dei casi in età pediatrica, la patologia si risolve spontaneamente entro i 18-20 anni di età
senza esiti. Nell’adulto, invece, la condizione si mantiene e persistono gli esiti pigmentari cutanei.
Una variante diffusa nei bambini è la forma bolloso, dove al posto delle lesioni purpuriche si
possono osservare vescico-bolle sierose. In questo caso è importante evitare la rottura delle bolle in
modo che non si abbiano sovrainfezioni delle lesioni (impetiginizzazione).
Altre forme di mastocitosi cutanea sono la forma esfoliativa o la mastocitosi solitaria o mastocitoma
dove si può rilevare un’unica lesione, infiltrata e rilevata.
Nell’adulto la mastocitosi è quasi sempre sistemica, quindi un soggetto con età >18 anni con segni
clinici di mastocitosi cutanea deve affrontare sempre un ulteriore percorso diagnostico per escludere
o confermare una m. sistemica.
L’esame di primo livello è il dosaggio della TRIPTASI sierica.
È una serina proteasi accumulata nei granuli dei mastociti (in piccole quantità nelle cellule staminali
e nei basofili) di p.m. 134 kDa e presente in due isoforme:
- α triptasi, che viene secreta continuamente dal mastocita ed è espressione di crescita
- β triptasi, contenuta nei granuli e rilasciato solo in seguito alla degranulazione, è quindi
espressione di attivazione mastocitaria.
Nella m. sistemica i livelli di triptasi sono, infatti, elevati raggiungendo anche i 600 μg/L.
Ma bastano livelli superiori ai 20 ng/mL per porre il sospetto diagnostico di m. sistemica.
Livelli al di sopra dei 100 ng/mL possono indirizzare già verso una m. sistemica anche in soggetti
con meno di 18 anni di età.
Una diagnosi definitiva di m. sistemica deve soddisfare dei criteri diagnostici, ovvero:
 1° criterio maggiore: sono rilevabili infiltrati compatti e multifocali di mastociti (triptasi
positivi) nel midollo osseo o in altri organi extracutanei con più di 15 mastociti per
aggregato.
 1° criterio minore: presenza di mastociti anomali nel midollo
 2° criterio minore: dimostrazione di mutazioni in c-Kit
 3° criterio minore: presenza dei marcatori di clonalità CD2/CD25
 4° criterio minore: triptasi sierica > 20 ng/mL
Basta che sia soddisfatto il criterio maggiore ed uno minore, oppure 3 minori per fare diagnosi certa
di mastocitosi sistemica.
La ricerca delle mutazioni di c-Kit e dei marcatori di clonalità va eseguita su biopsia midollare o
tessutale con immunoistochimica.
La mastocitosi sistemica può essere infine stadiata in:
 Reperti B = indicano una mastocitosi indolente: il midollo ha un grado di infiltrazione
maggiore del 30% ma non si evidenziano segni di dismielopoiesi; la triptasi è maggiore di
200 ng/mL; i tessuti sono infiltrati ma conservano la loro citoarchitettonica e le funzioni non
sono intaccate.
 Reperti C = si ritrovano nelle mastocitosi aggressive: il midollo ha un alto grado di
infiltrazione con compromissione della mielopoiesi, infatti sono presenti piastrinopenia,
leucopenia e anemia; l’infiltrazione d’organo è marcata e causa alterazioni funzionali: p.es.
alterazioni epatiche causano deficit della coagulazione per ridotta produzione di fattori,
ipoalbuminemia, ascite, test di funzionalità epatica alterati, …
Si osserva ipersplenismo che accentua la citopenia e a livello del tratto gastrointestinale si
possono osservare sindromi da malassorbimento. A carico dell’apparato scheletro si
osservano lesioni osteolitiche, da distinguere da quelle osteoporotiche in quanto
quest’ultime derivano da un alterato equilibrio tra assorbimento e deposito di matrice ossea
causato dall’alterato signalling citochinico, mentre le lesioni osteolitiche sono prodotte
dall’infiltrazione dei mastociti nel tessuto scheletrico a cui si sostituiscono.
 Reperti C progressivi = sono rilevabili nelle mastocitosi più aggressive: si osserva pan
citopenia marcata e perdita totale delle funzioni dei tessuti colpiti.
N.B.: nelle m. sistemiche le IgE totali sono INDOSABILI perché vengono catturate dai mastociti.
I sintomi iniziali più frequenti di m. sistemica sono: flushing (80%), orticaria (70%), anafilassi e
ipotensione (40%), cefalea (30%), vomito e diarrea (35%).
Flow chart diagnostica
Flushing , Orticaria, Cefalea, Diarrea, Reazione avversa ad Imenotteri
Anamnesi
Esame Obiettivo
Orticaria (Segno di Darier), Epato-Splenomegalia, Linfoadenomegalia
Biopsia
cutanea
Mastocitosi cutanea
Mastocitosi Sistemica
Scintigrafia ossea (ipercaptazione diffusa)
MOC
EGDS/Colonscopia
TC Total Body
Indagini ematochimiche
Dosaggio della triptasi
Ecografia addome
Rx Scheletro
Biopsia osteomidollare
Biopsia gastrica o del colon
Le cause più frequenti di anafilassi nella mastocitosi sono le punture di imenotteri e l’assunzione di
acido acetilsalicilico e FANS che bloccano la sintesi di PGE2, un freno per i mastociti.
Non è necessaria terapia nella mastocitosi cutanea pediatrica o nell’adulto e nella mastocitosi
sistemica indolente; in questi casi si attua il wait and watch.
Nei casi di mastocitosi sistemica grave la terapia prevede antistaminici anti H1 o anti H2, anti
cysLT4, corticosteroidi, adrenalina per gli shock anafilattici, …
Nei casi di mastocitosi sistemica aggressiva si deve ricorrere alla chemioterapia citotossica.
Risposta avversa a farmaci
È una risposta nociva e indesiderata ad una molecola farmacologica che si verifica alle dosi
generalmente utilizzate nell’uomo per la profilassi, la diagnosi o la terapia di una malattia, o per
modificare una funzione fisiologica.
Si distinguono in:
- reazioni di tipo A (Augmented), legate all’attività della molecola che risulta aumentata, per
questo motivo queste reazioni sono dose-dipendente e sono legate al meccanismo d’azione
della molecola e quindi sono facilmente prevedibili gli effetti indesiderati e per questo la
mortalità è bassa.
- Reazioni di tipo B (Bizzarre), sono dose-indipendente e non legate al meccanismo d’azione
della molecola, per questo sono imprevedibili ed hanno un’alta mortalità.
Le reazioni di tipo B si differenziano a loro volta in:
- Reazioni da intolleranza = sono legate ad una situazione momentanea del paziente; p.es. un
paziente affetto da EBV può presentare sintomi che possono essere scambiati per una
faringite e gli viene somministrata una penicillina: il paziente sviluppa un esantema.
- Reazioni da idiosincrasia = sono legate ad un alterato metabolismo del farmaco per carenza
congenita di un enzima di quel pathway metabolico.
- Reazioni immunologiche = sono statisticamente le meno frequenti ma hanno la maggiore
prevalenza (0,8-1,4%), possono essere sia IgE-mediate sia non-IgE-mediate.
I farmaci possono comportarsi anche come allergeni completi legando direttamente gli anticorpi
oppure reagire come apteni legandosi a proteine plasmatiche o cellulari come avviene per i FANS,
gli anticoagulanti, i chemioterapici (soprattutto i platani e i taxani) e alcuni antibiotici.
Risalire dalla sola anamnesi a una reazione avversa a farmaco manifesta o pregressa, è molto
difficile visto che lo stesso principio attivo viene commercializzato sotto vari nomi.
Le reazioni immunologiche IgE-mediate immediate comprendono soprattutto l’orticaria,
l’angioedema e l’anafilassi. Fattori di rischio sono:
- l’atopia: il paziente è rinitico? È asmatico?
- Familiarietà per le reazioni a farmaco
- Precedenti reazioni alla stessa categoria di farmaco
- Se il paziente assume altri farmaci: p.es. il CYP450 metabolizza sia gli antistaminici anti H1
sia i macrolidi, quindi può capitare che un soggetto allergico debba assumere anche un
antibiotico per una faringite. Ciò causa un sovraccarico di lavoro per il CYP450 che non
riesce a smaltire entrambi i farmaci. L’accumulo del macrolide può dare reazione avversa.
- Caratteristiche intrinseche del farmaco
Le reazioni immunologiche di tipo II anticorpo-mediate causano soprattutto anemie emolitiche,
piastrinopenia, leucopenie, glomerulo nefriti o necrosi tubulare.
Queste manifestazioni sono legate alla formazione di Ab – farmaco-dipendenti; in particolare:
- nel tipo I = il farmaco funziona da aptene e lega proteine di membrana; il complesso apteneproteina stimola il legame con Ab specifici che causano la lisi cellulare; sono interessati
soprattutto la penicillina e i suoi derivati;
- nel tipo II = il farmaco induce la formazione di autoAb contro le proteine di membrana; è
tipico degli antipertensivi, gli antiaritmici, la metildopa e la procainamide;
-
nel tipo III = il farmaco deve essere prima metabolizzato per poter legare le proteine di
membrana e quindi indurre la formazione di anticorpi; è tipico dei FANS e delle chinine.
Nelle reazioni di tipo III da immunocomplessi, il farmaco legato agli anticorpi attiva i mastociti e le
cellule infiammatorie che rilasciano fattori che provocano la vasodilatazione dell’endotelio dei vasi
(istamina e PAF). In questo modo si espone la membrana basale agli immunocomplessi che qui si
vanno a fissare scatenando l’attivazione del complemento. Le anafilotossine (C3a e C5a) che si
formano richiamano le cellule infiammatorie e la reazione che ne consegue causa prima distruzione
dell’endotelio e quindi rigenerazione in senso fibrotico. Finale: il vaso diventa stenotico per fibrosi.
Queste reazioni si verificano molto spesso nelle regioni più declivi perché qui la pressione è più alta
e la forza idrostatica permette un più facile stravaso degli immunocomplessi. Queste zone sono
caratterizzate da aree di necrosi cutanee ulcerate.
Nelle reazioni di tipo IV si hanno manifestazioni simil-LES (tipico degli antiepilettici). Gli
antineoplastici possono dare una dermatite desquamata e infiltrata da linfociti.
Le reazioni di tipo IV sono le più gravi perché sono difficili da gestire. Tra queste ricordiamo:
- sindrome di Steven-Johnson = compare entro 7 -15 giorni dall’inizio della terapia, è
caratterizzata da una eruzione bollosa con componente emorragica perché la lesione procede
sia verso la superficie della cute sia in profondità nel derma, per questo il contenuto delle
bolle è siero-ematico; sono presenti febbre, mialgie, artralgie, eritema diffuso sulla cute e
sulle mucose.
- Esantema bolloso = compare entro i 3-10 giorni dall’inizio della terapia; l’esantema è
caratterizzato da un eritema che può evolvere in vescico-pustole o vescico-bolle a contenuto
sieroso con diametro maggiore di 0,5 cm; l’esfoliazione è minima; possono essere presenti
sintomi sistemici (febbre, mialgie, ecc…).
- Necrolisi Epidermica Tossica (TEN) = compare entro i 7-21 giorni dall’inizio della terapia;
l’eruzione bollosa è diffusa e tende alla confluenza con marcata esfoliazione; è presente
febbre, insufficienza renale e pan citopenia. La mortalità supera il 50%.
- Reazione con eosinofilia e sintomi sistemici (DRESS) = comprare entro i 14-28 giorni
dall’inizio della terapia; si ha soprattutto con l’utilizzo di antinfiammatori e antiaritmici;
sono presenti sintomi sistemici, può essere presente un rush cutaneo ortica riode molto
sbiadito e di breve durata; può esserci insufficienza epatica e una franca artralgia.
- Esantema Pustoloso Acuto Generalizzato (AGEP) = compare entro i 7-28 giorni dall’inizio
della terapia soprattutto antibiotica; è caratterizzata da una eruzione papulo-nodulare,
sollevata ed infiltrata, pruriginosa e urente, a contenuto muco-purulento.
Varianti delle reazioni immunologiche di tipo IV sono le reazioni granulomatose. Tra i farmaci che
possono dare queste reazioni vi è soprattutto il metotrexano (immunosoppressore) e i granulomi si
registrano in particolare nel tessuto polmonare e in quello epatico.
Lo scopo della diagnosi è quello di individuare il farmaco che ha scatenato la reazione (se c’è stata
davvero) e individuare, quindi, un farmaco alternativo.
Se i sintomi sono in atto, sospendere l’assunzione e attenderne la risoluzione. Di poi, si possono
eseguire:
- Test in vitro: hanno un’alta specificità (90%) ma una bassa sensibilità (30-50%);
comprendono la ricerca delle IgE specifiche e il test di attivazione dei basofili (BAT).
Il BAT consiste nel mescolare in provetta i basofili del paziente con il farmaco sospetto e
mettere in evidenza la degranulazione con la ricerca dei marcatori CD63 e CD203.
CD63 è presente nel granulo, quindi non si trova in provetta se il basofilo non ha de
granulato; CD203 viene upregolato nella degranulazione ma viene comunque espresso a
basse concentrazioni in membrane, quindi non è un marcatore specifico di attivazione.
- Test in vivo: prick test per le ipersensibilità di tipo I
patch test per le ipersensibilità di tipo II
Test di scatenamento, si effettua SOLO quando la reazione è stata lievemoderata e di ipersensibilità di tipo I (cioè il paziente riferisce solo orticaria, flushing
e prurito) e va eseguito SOLO quando il farmaco è insostituibile (è il caso degli
antineoplastici e degli antiaggreganti). Si effettua per somministrazione per os
partendo da 1/1000 di dose, proseguendo con 1/100 e quindi 1/10 e così via, fino a
quando non evidenzia la dose che dà reazione.
Test di tolleranza a farmaco alternativo: si effettua quando il paziente ha avuto
reazioni di ipersensibilità di tipo II o addirittura anafilassi, e quando il farmaco può
essere sostituito con altre molecole (è il caso degli antibiotici). Il paziente va
monitorato e tenuto in accesso venoso.
Allergie alimentari
Ipereosinofilie
La concentrazione di eosinofili nel sangue normalmente è inferiore alle 500 unità/mm3 ; con
concentrazioni comprese tra 500-1000 unità/mm3 si parla di HES lieve; tra 1000-1500 unità/mm3 di
HES moderata e oltre le 1500 unità/mm3 di HES severa. Da ricordare che per ogni eosinofilo nel
sangue, ce ne sono almeno 20 nei tessuti di frontiera dove arrivano dopo 24 ore e permangono per
circa 5-8 giorni.
L’HES è una condizione che si associa a molte patologie e quindi, in prima istanza, il sospetto
diagnostico deve essere volto a ricercare una patologia di base che provoca l’aumento degli
eosinofili in circolo. La diagnosi di HES primitiva è una diagnosi per esclusione.
Vanno escluse:
- M. infettive in particolare quelle che provocano risposte TH2, ovvero la scabbia, le infezioni
micotiche o da parassiti;
- M. allergiche
- M. da ipersensibilità a farmaci;
- M. ematologiche, quali leucemie e linfomi in quanto l’errore genetico se colpisce un
progenitore comune, l’errore si propaga a tutte le linee cellulari; inoltre nei linfomi può
esserci un eccesso di IL-5 secreto dalle cellule neoplastiche che non è altro che un fattore di
crescita per gli eosinofili;
- Adenomi del tratto gastrointestinale, del polmone o della vescica;
- M. immunologiche, quali la sindrome da Iper IgE o la Graft-versus-Host disease
- M. endocrinologiche, quali l’insufficienza corticosurrenalica in quanto viene a mancare il
cortisolo che normalmente inibisce l’IL-5 e ha un’azione pro-apoptotica per gli eosinofili.
- M. tromboemboliche;
- M. infettive croniche dell’intestino quali la retto colite ulcerosa e la m. di Crohn;
- Sarcoidosi
- Quasi tutti i farmaci possono dare ipereosinofilia; sospendere un farmaco è un’operazione
molto difficile soprattutto se la molecola è insostituibile e anche perché non si avrà mai la
certezza, visto che i sintomi tendono a scomparire anche dopo diversi mesi. Anche in questo
caso la linea di approccio è il wait and watch.
La cellula responsabile di queste sindromi è l’eosinofilo. Quest’ultimo può modificare la sua
morfologia in base allo stato di attivazione: attivato diventa ipodenso, ovvero più grande, si svuota
di molti dei suoi granuli e si arricchisce di RER e i prodotti di secrezione sono per lo più citochine
pro infiammatorie quali TNFα, IL6, IL16, IL4 che indirizzano verso una risposta TH2; IL5 e GMCSF che a feedback positivo mantengono e inducono la sopravvivenza dell’eosinofilo in loco;
RANTES e IL8 per il reclutamento delle cellule infiammatorie.
L’eosinofilo normodenso si è visto, invece, che tende a secernere per lo più citochine che spengono
la risposta infiammatoria quali il TGF-β e IL12; l’INF-γ e IL12 che indirizzano verso una risposta
di tipo TH1.
Nelle HES si osservano, per lo più, eosinofili ipodensi.
Le manifestazioni che si possono osservare sono: la DRESS (vedi reazione avversa a farmaco); una
nefrite interstiziale con HE da reazione a farmaco, soprattutto FANS e antibiotici; la mastocitosi
sistemica; la sindrome Iper IgE legata a mutazioni di STAT5 che causa infezioni recidivanti
eczematose che possono impetiginizzarsi (sovrainfettarsi).
Si parla di HES quando, una volta escluse altre patologie di base, la condizione di ipereosinofilia si
mantiene per più di 6 mesi, in quanto alcune condizioni temporanee possono lasciare come coda un
aumento della concentrazione degli eosinofili anche per alcuni mesi.
Le HES si dividono in sistemiche e d’organo.
Le sistemiche comprendono:
- FIP1L1-PDGFRα = è causata da una traslocazione 1q44  4q12 che genera un oncogene di
fusione che induce proliferazione esclusivamente negli eosinofili. Ad oggi è disponibile un
antagonista recettoriale, l’IMATINIB, ma alla sospensione della terapia i sintomi,
logicamente, ricompaiono.
- Leucemia Eosinofila
- HES Linfocitaria
- HES Mieloproliferativa
- HES idiopatica
Le manifestazioni sono legate sia all’infiltrazione d’organo sia al rilascio di mediatori. Si possono
osservare a livello di:
- Occhio = colpite soprattutto retina e corioide con alterazione del visus;
- SNC = l’infiltrazione causa sintomi FOCALI
- SNP = la neuropatia può essere sensitiva, motoria o mista a seconda del nervo colpito. Se il
nervo è motore, l’irritazione causa una prima iperattivazione di risposta e si osservano
spasticità e crampi; a lungo andare questo stato provoca la degenerazione del nervo e quindi
subentra l’acinesia. Nel caso di nervi sensitivi si ha invece prima parestesia e poi anestesia.
- Cuore = l’infiltrazione provoca alterazioni nella citoarchitettonica e quindi alterazioni della
cinetica prima e del ritmo poi;
- Reni = nei casi gravi con insufficienza renale;
- Fegato = solo se l’infiltrazione è marcata e si registra come ostruzione della vena epatica o
con un’epatite cronica;
- Tratto G.I. = diarrea, vomito, …
- Vasi = microemorragie (o splinter) puntiformi sulla cute o subungheali; oppure possono
registrarsi fenomeni tromboembolici;
- Polmone = tosse secca, iperreattività bronchiale, infiltrati aspecifici, fibrosi;
- Costituzionali = stanchezza, sudorazione profusa notturna, febbricola
La polmonite eosinofila, in particolare, è caratterizzata da tosse secca, dispnea, febbre, dolore
toracico, aumento di VES e PCR, può mancare l’ipereosinofilia periferica. Risultano overespressi le
molecole di adesione ICAM1 e VCAM1 sulle cellule endoteliali.
I fenomeni tromboembolici sono scatenati, invece, dal rilascio da parte dell’eosinofilo dell’ECP che
lega l’eparina inattivandola e della MBF che lega la trombomodulina. In più la perossidasi
eosinofila genera un prodotto di ossidazione che induce il tissue factor.
Flow chart diagnostica
Eosinofilia  se asintomatico o se i sintomi sono lievi-moderati applicare il wait and watch e far
ripetere le indagini dopo 2-3 settimane  se confermata procedere ad escludere patologie associate,
quindi effettuare:
- Ricerca di autoAb per escludere m. immunologiche;
- Esami parassitologici e sierologici per escludere m. infettive;
- Ricerca dei markers, esecuzione PET e TC per escludere tumori solidi o ematologici;
- Esecuzione prick, RAST e test allergologici per escludere m. allergiche;
se vengono escluse tutte queste cause, allora si fa diagnosi di HES che va trattata solo i sintomi
sono gravi, ricorrenti e/o invalidanti. Nella FIP1L1 si ricorre all’imatinib e bisogna monitorare la
cardiotossicità.
Nelle altre HES si ricorre ai corticosteroidi. La strategia terapeutica prevede un primo periodo di
attacco con alte dosi di farmaco, quindi una riduzione graduale fino a trovare una dose ideale che
non permette la ricomparsa della malattia ma che al di sotto della quale si può rimanifestare, ovvero
si deve indurre una remissione della malattia e se, necessario, continuare con dosi di mantenimento
o se il paziente risponde alla terapia, sospendere del tutto il farmaco.
Se nonostante la dose di mantenimento, il paziente tende ad avere ricadute, allora al corticosteroide
si aggiunge anche un immunosoppressore quale la ciclosporina o l’azatioprina.
Farmaci di seconda linea sono gli anticorpi monoclonali anti-IL5 o anti-CD52.
Vasculiti
Le vasculiti costituiscono un gruppo di condizioni morbose, eterogenee dal punto di vista clinico e
patogenetico, caratterizzate da infiammazione e necrosi a tutto spessore delle pareti vasali. Ne
conseguono riduzione fino all’occlusione del lume vasale ed ischemia dei tessuti irrorati dai vasi
coinvolti nel processo vasculitico. Sono malattie da immunocomplessi. Gli effetti vanno
dall’infiammazione; alla necrosi fibrinoide così chiamata perché assume l’affinità tintoriale per la
fibrina ma il materiale contiene anche molti elementi del sistema immunitario come Ig e
complemento; alla generazione di cicatrici o alla formazione di trombi o ancora all’indebolimento
della parete con formazione di aneurismi.
Il trombo può formarsi anche come risposta all’infiammazione, ma non è mai un evento primario.
In più, visto che i processi sono lenti, tendono a formarsi circuiti anastomotici che riducono la
sintomatologia circolatoria.
Le vasculiti vengono divise in:
- V. Necrotizzanti Sistemiche che comprendono:
1. Poliarterite Nodosa (PAN) = si può osservare: astenia e dimagrimento; livedo
reticularis; nell’uomo è coinvolto il testicolo con gonfiore e tensione; polineuropatie;
mialgie e debolezza muscolare; ipertensione arteriosa per interessamento delle
arterie arciformi renali; insufficienza renale; aumentata suscettibilità alle infezioni da
HBV. La diagnosi di certezza si ha con l’arteriografia dove si evidenziano numerosi
microaneurismi, e con la biopsia cutanea o testicolare muscolo-cutanea perché
bisogna osservare più vasi.
2. Sindrome di Churg-Strauss o Angioite Granulomatosa Allergica = il soggetto in
questione per anni soffre di asma bronchiale con ipereosinofilia lieve-moderata. I
sintomi che indirizzano a questa sindrome comprendono aree di opacità con infiltrati
polmonari TRANSITORI ad una RX del torace; polineuropatie e sinusite. Possono
comparire manifestazioni cutanee e l’ipereosinofilia si mantiene. Se la
sintomatologia è accompagnata da una linfadenopatia toracica si parla di sindrome di
Loffler. Viene colpito, inoltre, il pericardio (con versamento) per la produzione di un
eccesso di endotelina.
3. Poliangioite Microscopica (PAM) = è la variante microscopica della PAN e interessa
i capillari e le venule post-capillari, provocando lesioni sovrapponibili sul piano
istopatologico a quello della PAN. È più frequente nel sesso maschile.
Contrariamente a quanto avviene nella PAN, è frequente l’interessamento polmonare
(25-55% dei casi) con emottisi e i pazienti sono HbsAg negativi. Nel 60% dei
pazienti sono presenti anticorpi p-ANCA e nel 15% c-ANCA.
- Granulomatosi di Wegener = è quasi esclusivamente una patologia con interessamento
polmo-renale con sinusite, otite media, ulcere nasali, ulcere orali, deformità a sella del naso,
tosse, dispnea, emottisi, infiltrati polmonari, versamento pleurico, lesioni endobronchiali,
pneumopatia interstiziale, presenza di caverne vuote nel parenchima polmonare, ematuria
-
-
-
e/o cilindruria con o senza insufficienza renale, sindrome nefrosica, ipertensione. L’occhio
può essere interessato con una episclerite.
È il prototipo delle vasculiti ANCA positive.
Gli ANCA o Anti-Neutrophil Cytoplasmic Antibodies sono anticorpi diretti:
c-ANCA o citoplasmatici verso la proteinasi 3
p-ANCA o perinucleari verso la MPO, l’elastasi e la lattoferrina
x-ANCA sono gli atipici
La differenza tra p- e c-ANCA è data dal fatto che le varie proteine quando vengono fissate
con etanolo, precipitano in maniera diversa: quelle che non precipitano permangono nel
citoplasma (c-ANCA) e all’immunofluorescenza danno un contorno definito della cellula;
mentre altre precipitano intorno al nucleo (p-ANCA) e all’immunofluorescenza danno
contorni esterni sfumati della cellula ma evidenziano invece un netto contorno della
membrana nucleare.
Nella granulomatosi di Wegener, nel 60% dei casi, si ritrovano gli c-ANCA; mentre nella
PAM i p-ANCA.
Arteriti Giganto-Cellulari che comprendono:
1. Arterite di Takayasu = è una vasculite che colpisce i grandi vasi con lesioni
STENOSANTI e di conseguenza i polsi sono o poco o per nulla rilevabili.
Il tipo I è caratterizzato da interessamento dell’arco aortico e dei suoi rami (possono
verificarsi anche sincopi da furto della succlavia).
Nel tipo II c’è interessamento dell’aorta addominale, soprattutto le arciformi renali e
quindi con ipertensione secondaria.
Il tipo III unisce il tipo I e il tipo II.
Nel tipo IV c’è interessamento delle arterie polmonari.
La patologia è più frequente nelle donne e si accompagna ad iperreattività alla
tubercolina.
2. Arterite temporale di Horton = è evidente un percorso tortuoso nella regione temporale
delle arterie.
Vasculiti da ipersensibilità che racchiudono:
1. Vasculiti da siero o da farmaci
2. Porpora di Schönlein –Henoch = è una manifestazione secondaria ad infezione da
streptococco β-emolitico. Il periodo di latenza può essere anche di alcune settimane
dall’infezione primaria che può manifestarsi come una faringite. La sintomatologia
comprende una porpora palpabile soprattutto nelle zone di stasi, artralgie, artriti franche
asimmetriche, dolori addominali, febbre, ematuria e proteinuria. Nella maggior parte dei
casi si risolve spontaneamente entro 10-15 giorni.
3. Vasculite leucocitoclastica = nell’infiltrato infiammatorio si evidenziano numerosi
elementi necrotici con distruzione della parete vasale, per lo più venosa. Ne è un
esempio l’orticaria vasculite.
4. Vasculite da m. infettive = in soggetti affetti da AIDS, possono comparire lesioni
papulari che hanno una parziale risoluzione centrale (eritema marginato) con
linfadenopatia superficiale in molte stazioni.
5. Crioglobulinemia = sono vasculiti da ipersensibilità di tipo III; si distingue la tipo I da
malattie linfo- o mieloproliferative; la tipo II mista con componente IgMκ e IgGκ o λ
dovuta a malattie virali (HCV), batteriche, autoimmuni o linfoproliferative; il tipo III è a
componente policlonale. In particolare il tipo II, che rappresenta il 90% di tutti i casi, si
associa spesso ad infezioni da HCV e si manifesta con porpora palpabile (10-15% dei
casi), Raynaud e sintomi di sofferenza epatica da epatite.
Eritema Nodoso
Malattia di Bechet
Tromboangioite obliterante (Malattia di Bürger)
La cute è l’organo più interessato, con lesioni tipiche:
 Fenomeno di Raynaud = consiste in una prima fase di vasocostrizione arteriolare periferica
alle mani che non si spinge mai oltre il polso; una seconda fase di acrocianosi per
vasocostrizione venulare e infine la fase di risoluzione. Per Raynaud violenti e ricorrenti, si
possono avere anche lesioni ragadiformi periungheali.
 Livedo reticularis = consiste nella formazione di un reticolato rosso alternato a zone chiare.
È causato da una vasodilatazione diffusa. Se schiacciato, scompare.
 Lupus pernio o gelone.
Le strategie terapeutiche prevedono l’utilizzo di corticosteroidi in associazione a
immunosoppressori quali la ciclofosfamide per indurre la remissione della malattia che va
mantenuta con dosi di sostegno per almeno 2-3 anni.
Malattia Reumatica
La Malattia Reumatica o Reumatismo Articolare Acuto è una malattia autoimmune il cui agente
etiologico è la Streptococco -emolitico di gruppo A e la cui patogenesi è in gran parte sconosciuta.
L’incidenza si è costantemente ridotta negli ultimi decenni nei paesi industrializzati mentre
rappresenta un serio problema nei paesi del terzo mondo dove si ha una prevalenza di 2,2 casi/1000
adolescenti in quanto si trascura la profilassi antibiotica nella faringite streptococcica.
La storia naturale della malattia prevede 4 fasi:
1. comprende due tempi: il primo momento dell’infezione e il momento successivo di latenza
post-primaria che va dalle 2 alle 3 settimane; la maggior parte dei soggetti si ferma a questo
stadio;
2. lo 0,5-1% dei soggetti entra in periodo di latenza dove si sviluppano gli anticorpi che
scatenano la malattia. In questa fase il soggetto può essere curato e la patologia può essere
superata;
3. lo 0,1-0,2% dei soggetti in fase 2 sviluppa una patologia cronica, ovvero il paziente è
esposto alle recidive delle infezioni ricorrenti dello streptococco;
4. si ha il prosieguo dei danni sistemici, soprattutto valvolari.
5. La faringite streptococcica rappresenta il 25-30% di tutti i casi di faringite; non ha caratteri
distintivi in quanto può manifestarsi in una forma eritematosa, essudativa o purulenta; può
essere presente mal di gola, disfagia, 24-48 ore di febbre e linfadenopatia. La faringite
streptococcica è la sola faringite batterica che può simulare una faringite virale non
essudativa.
Alcuni ceppi di streptococchi possono dare la scarlattina e l’erisipela (m. infiammatoria cutanea)
che non lasciano mai lo strascico della m. reumatica. Altri ceppi possono dare glomerulo nefrite
post-streptococcica, eritema nodoso e porpora di Schonlein-Henoch.
In casi sospetti, si dovrebbe eseguire il tampone orofaringeo prima dell’inizio della
somministrazione antibiotica. Il tampone può essere messo in coltura su piastre di agar sangue, ma
il tempo di risposta è di circa 2 giorni; oppure si può ricorrere al test rapido immunoenzimatico che
dà una risposta in circa 2 ore. È possibile la presenza di streptococchi -emolitici allo stato
saprofitico nel cavo orofaringeo (carrier); queste persone diventano fonti di infezione per i soggetti
con malattia reumatica.
Lo streptococco presenta antigeni extracellulari tipici, quali:
 Streptolisina O che viene rivelata con il test immunologico TAS
 Streptochinasi
 Ialuronidasi
 DNAsi B e NAD, tutti e 5 gli antigeni vengono rilevati dallo STREPTOZYME test.
Gli antigeni cellulari dosati sono la proteina M tramite lo STREPTO-M test e il polisaccaride A.
Il TAS, però, non è specifico di infezione e non è predittivo di malattia reumatica. Il titolo può,
inoltre, restare elevato anche per molti mesi dopo l’evento primario. Elevati livelli di TAS sono
rilevabili nel 25-30% dei bambini in età scolare in assenza di patologia streptococcica in atto e
rappresentano esclusivamente un meccanismo di difesa. Maggiormente predittivi sono lo
Streptozyme e lo Strepto-M test perché i loro livelli si alzano dopo 4-6 settimane dall’infezione
acuta, raggiungono l’acme in 2-3 mesi e ritornano normali entro 5-6 mesi. Quindi è possibile
seguire l’andamento della malattia.
I criteri diagnostici si dividono in maggiori e minori. I criteri maggiori sono:
1. Artrite = è la più frequente; si dice che la malattia reumatica morde il cuore e lambisce le
articolazioni, l’artrite reumatoide morde le articolazioni e lambisce il cuore. Infatti l’artrite
reumatica non è mai deostruente, non dà mai deformità o anchilosi, al contrario dell’artrite
reumatoide. È monolaterale e interessa soprattutto le grandi articolazioni (ginocchia, cingolo
pelvico e scapolare, gomito). Risponde rapidamente ai FANS anche dopo una singola
somministrazione.
2. Cardite = si manifesta con insufficienza mitralica. La valvola si infiamma, diventa
edematosa e si ha rigurgito. È apprezzabile all’auscultazione un soffio sistolico irradiato alla
base del cavo ascellare che non scompare con i blocchi respiratori, né in posizione supina,
né dopo esecuzione della manovra di Valsalva. A lungo andare, se si mantiene la
condizione, la valvola può diventare stenotica.
Molto più rara è la miocardite che si registra solo in infezioni massive e con insufficienza
cardiaca (tachicardia, dispnea ed edemi declivi).
La pericardite è rarissima.
3. Corea di Sydenham o Corea minor = è una manifestazione neurologica autolimitante
caratterizzata da movimenti involontari, debolezza muscolare (segno della “mungitura”) e
labilità emozionale. I movimenti scompaiono durante il sonno e si accentuano con l’attività
volontaria. Il segno della mungitura consiste nell’evocare il riflesso di prensione che si
mantiene anche dopo che lo stimolo è stato allontanato.
4. Noduli sottocutanei = sono lesioni cutanee violacee non dolenti e mobili localizzate
prevalentemente in corrispondenza delle superfici ossee. Si manifestano esclusivamente nei
pazienti con cardite.
5. Eritema marginato = consiste in un rush eritematoso evanescente non pruriginoso con
risoluzione centrale localizzato generalmente al tronco ed agli arti. Si manifesta
esclusivamente nei pazienti con cardite.
Tra i criteri minori ricordiamo:
 Rilievi Clinici:
1. Artralgia
2. Febbre
 Rilievi di laboratorio:
3. Innalzamento degli indici della fase acuta: VES, PCR
4. Allungamento dell’intervallo P-R all’ECG
 Evidenze di una pregressa infezione di Streptococco di gruppo A:
5. Positività del tampone faringeo
6. Positività del test antigenico rapido per lo streptococco
7. Titoli anticorpali anti-streptococcico elevato o in aumento (TAS, anti DNasi B, etc.)
Per porre diagnosi di m. reumatica sono necessari 2 criteri maggiori oppure 1 criterio maggiore più
alcuni minori.
Il primo obiettivo è la prevenzione primaria, quindi in teoria tutti i pazienti con faringite dovrebbero
eseguire il test per la ricerca dello streptococco β-emolitico. Nel caso di positività al test, il batterio
va eradicato completamente con terapia antibiotica; dopo 10 giorni dal termine della terapia si
rieffettua il tampone. Si può dire che la malattia è stata superata solo se il tampone è negativo.
Dovrebbero essere testati anche i familiari già alla prima infezione, ma anche nelle recidive per
escludere lo stato di carrier.
La terapia si basa sull’utilizzo della penicillina in dose unica i.m. oppure si somministra ampicillina
o amoxicillina per os per 6 giorni. I macrolidi dovrebbero essere riservati ai soggetti allergici alle
penicilline.
La prevenzione secondaria è riservata ai soggetti che hanno superato la malattia acuta e devono
evitare le recidive. In questi casi va eseguita una profilassi continua con amoxicillina continua
oppure con penicillina i.m. ogni 3 settimane. Questo ciclo di terapia va continuato fino al 21° anno
di età oppure fino al 5° anno dall’ultimo episodio.
Tutti i pazienti che hanno avuto una cardite reumatica o che hanno vizi valvolari congeniti, devono
eseguire una profilassi antibiotica prima di qualsiasi intervento anche odontoiatrico.
Lupus Eritematoso Sistemico
Il Lupus Eritematoso Sistemico (LES) è una malattia ad etiologia sconosciuta caratterizzata da una
grave compromissione del sistema immunitario con sviluppo di cloni autoreattivi ed un
interessamento diffuso del connettivo. Nel LES possono osservarsi lesioni a carico di tutti gli organi
ed apparati, da sole od in associazione, con andamento caratterizzato da remissioni e
riacutizzazioni, spesso ad esito infausto. Il Lupus Eritematoso Discoide (LED) è una patologia
cutanea caratterizzata prevalentemente da lesioni eritematose, vescisolari o nodulari con esiti
cicatriziali atrofici o rilevati.
L’esordio della malattia si ha soprattutto nella seconda decade di vita ed è più frequente nel sesso
femminile dopo la pubertà.
Fattori predisponenti sono:
 Fattori genetici = p.es. si è visto che il topo NZB sviluppa spontaneamente un simil-LES; si
registra una familiarietà al LES o ad altre malattie autoimmuni o a malattie da deficit del
complemento.
 Fotosensibilità = accentua le lesioni
 Infezioni virali o da altri agenti
 Utilizzo di alcuni farmaci
 Fattori immunologici = ridotta attività dei Treg che provoca un aumento dei linfociti B
anche dei cloni autoreattivi con produzione di autoAb
La manifestazione classica è il rush a farfalla, così detto perché interessa le zone malari e il dorso
del naso, ma qualsiasi altra sede cutanea fotoesposta può presentare un rush eritematoso
evanescente. Può essere presente vasculite cutanea con atrofia delle cicatrici o evoluzione delle
lesioni in ulcere. È presente Raynaud con possibile necrosi periungueale. La manifestazione più
grave è la nefrite lupica.
Alcuni farmaci possono scatenare una sindrome simil-LES; quelli accertati sono la procainamide e
la idralazina, mentre per la metildopa e alcuni anticonvulsivanti il rapporto non è ancora così ben
definito.
Per porre diagnosi di LES devono essere presenti ALMENO 4 dei seguenti criteri:
 Rush cutanei al volto
 Lupus discoide
 Fotosensibilità (360 – 400 nm) anche indotta con test a luce UV
 Ulcere orali o nasofaringee per la presenza di vasculiti
 Artrite
 Sierosite (Pleurite o Pericardite, più raramente peritonite)
 Danno renale (Proteinuria > 0,5 g/die protratta)
 Manifestazioni del SNC (Convulsioni o Psicosi, quasi mai sintomi focali perché è
interessato da vasculite tutto l’albero circolatorio)
 Manifestazioni ematologiche (Anemia, Leucopenia, Linfopenia o Piastrinopenia)
 Reperti immunologici (Fenomeno LE, Anticorpi anti-DNA, Anticorpi anti-Sm, V.D.R.L.
falsamente positivo)
 Anticorpi anti-nucleo (ANA)
Il fenomeno LE è stato il primo test per il LES. In questo test soluzioni di globuli rossi del paziente
affetto più leucociti causavano la fagocitosi dei globuli rossi per la presenza di autoAb sulla loro
membrana.
Gli ANA sono una grande famiglia di anticorpi e la dicitura ANA+ non è predittiva di alcuna
patologia. È necessario, infatti, ricercare le sottoclassi. Tra queste abbiamo gli Ab anti-DNAnativo,
gli Ab anti-DNAdenaturato, gli Ab anti-istoni, e anche Ab anti-cellule ematiche che causano
citotossicità anticorpo-mediata con conseguente anemia emolitica o piastrinopenia o leucopenia a
seconda delle cellule interessate.
Gli Ab anti-DNAnativo sono utili per il follow-up, mentre gli Ab anti-Sm (una riboproteina
contenuta nello spliceosoma) sono specifici per il LES.
Il Reuma-Test è frequentemente positivo.
Gli Ab anti-N-metil-aspartato sono presenti soprattutto nei soggetti con coinvolgimento del SNC.
Altre manifestazioni che si possono osservare in corso di LES sono:
 Artralgie anche ab inizio
 Mialgie e debolezza muscolare
 Artrite deostruente
 Miosite
 Noduli sottocutanei in corrispondenza delle articolazioni
 Necrosi asettica ossea soprattutto alla testa del femore
 Tra le lesioni cutanee anche alopecia, angioedema da consumo, splinter sulle unghie
 Linfadenopatia nelle stazioni superficiali per attivazione delle cellule B, questo segno
necessita di diagnosi differenziale con i linfomi
 Il polmone è interessato con pleurite e versamento pleurico
 Alcuni pazienti sviluppano un’endocardite verrucosa di Libman-Sacks soprattutto sulla
mitralica dove si possono osservare vegetazioni che spesso vengono confuse con colonie
batteriche, ma le emocolture sono tutte negative
In base ai sintomi il LES può essere:
 Lieve = artrite + segni cutanei
 Moderata = artrite + segni cutanei + sierositi
 Severo = artrite + segni cutanei + sierositi + interessamento di un altro organo
Nei casi di LES lieve si consiglia di evitare l’esposizione alla luce solare anche con l’utilizzo di
creme protettive contenenti acido paraminobenzoico (PABA). Per rimettere i sintomi si può
utilizzare l’idrossiclorochina supportata da prednisone.
Nei casi di LES moderato/severo la terapia va eseguita con cortisonici e ciclofosfamide fino alla
remissione che va mantenuta a basse dosi.
Sindrome da Ab anti-fosfolipi (APS)
La APS è una entità clinica eterogenea caratterizzata dallo sviluppo di trombosi arteriose e/o
venose, da aborti ricorrenti, piastrinopenia e dalla presenza di una famiglia di autoanticorpi che
riconoscono diverse proteine interagenti con i fosfolipidi. Sono Ab anti-cardiolipina, antifosfatidilcolina, anti-fosfatidilserina,… ma in realtà sono Ab che riconoscono le proteine che legano
i fosfolipidi come la β2-glicoproteina I e l’anti-protrombina. Altre proteine coinvolte sono proteina
C, proteina S, annessina V, chininogeno, LDL ossidate, attivatore del plasminogeno tissutale,
fattore XII, C4, fattore VII.
L’APS può anche essere secondaria a LES o altre malattie autoimmuni, a malattie infettive come la
sifilide e la TBC, tumori, farmaci o emodialisi.
Un test per la ricerca degli anticorpi è il Lupus Anticoagulante o LAC.
Questo test utilizza Ab che reagiscono con la β2-glicoproteina I e in più si verifica il siero del
paziente per i tempi di coagulazione.
In particolare: in vivo gli Ab anti- β2-glicoproteina I aumentano il rischio di trombosi, mentre in
vitro allungano il PT e l’aPTT. Questi dati vanno confermati da altri test sulla coagulazione quali il
diluited prothrombin time, il kaolin clotting time, il diluited russell’s viper time, ecc…
Nei soggetti sani è possibile rilevare bassi livelli di Ab anti-fosfolipidi che possono aumentare
fisiologicamente durante le normali risposte immunitarie. Quindi la presenza di valori border-line di
anticorpi non hanno alcun significato diagnostico, anche perché si possono rilevare anche in
pazienti trombotici non APS.
Nelle biopsie cutanee LES-associate si evidenzia una vasculite leucocitoclastica, mentre nelle APS
non c’è quasi mai infiammazione ma si evidenziano coaguli e micro coaguli.
Nell’APS non c’è MAI innalzamento di VES, PCR e fibrinogeno.
L’APS catastrofica è una rara e grave patologia perché ha un decorso di poche settimane con
interessamento renale, polmonare, neurologico e cardiaco con trombosi massive e ripetute a stretto
legame con le microangiopatie (sono patologie con alterazioni delle cellule endoteliali soprattutto
nel microcircolo). Le forme più gravi evolvono in CID.
I criteri diagnostici di Sapporo comprendono:
 Criteri Clinici
Trombosi: arteriosa, e/o venosa, e/o dei piccoli vasi
 Complicanze in Gravidanza
Una o più morti fetali dopo la decima settimana di gestazione oppure tre o più aborti inspiegati
consecutivi prima della decima settimana di gestazione oppure una o più nascite premature di
bambino sano prima della 34 settimana di gestazione a causa di preeclampsia severa, o eclampsia, o
insufficienza placentale severa
 Criteri Biologici
Anticorpi Anticardiolipina (IgG o IgM), titolo moderato-alto, in due determinazioni a distanza di 6
settimane oppure positività dell’anticoagulante lupico in due determinazioni a distanza di 6
settimane
Tra i sintomi più frequenti abbiamo:
 Trombosi arteriose/Ischemia miocardica
 Trombosi venose
 Artralgia, Artrite
• Aborti spontanei (< 10 settimane)
• Piastrinopenia
• Livedo reticularis (cute marmorata)
• Cefalea
• Ischemia cerebrale, TIA
• Embolie polmonari
• Valvulopatie cardiache
• Anemia emolitica
• Manifestazioni ostetriche : trombosi del tessuto placentare, inibizione della differenziazione
del sincizio trofoblasto, induzione del fenotipo infiammatorio nelle cellule deciduali,
apoptosi dell’embrione e/o placentare
La prevenzione si effettua: valutando gli altri fattori di rischio trombofilico quali:
l’omocisteinemia, l’ipertensione arteriosa, il fumo, il diabete e l’ipercolesterolemia.
Il trattamento è identico a quello di pazienti senza APL con Eparina non frazionata o a basso p.m. e
anticoagulanti orali in modo da mantenere un INR target > 3.
Il trattamento deve essere continuato per tutta la vita anche se gli APL non sono più rilevabili.
Sarcoidosi
È una malattia granulomatosa ad eziologia non nota e patogenesi immunologica. Può avere decorso
acuto, subacuto (i sintomi variano d’intensità ma non si risolvono) o cronico.
La storia naturale per stadi istologici prevede:
1. alveolite linfomonocitaria, dove si evidenzia uno spiccato
infiltrato infiammatorio nei tratti terminali
2. granuloma non caseoso, le cellule alveolari vanno ad
organizzare dei granulomi in risposta all’infiammazione cronica
3. fibrosi interstiziale, i granulomi possono risolversi e andare in contro a
fibrosi
Il test di Kvaim per la sarcoidosi è ormai inutilizzato perchè si effettuava una
intradermoreazione con un estratto filtrato di granuloma di un paziente con accertata sarcoidosi.
L’antigene che scatena la reazione granulomatosa è forse di origine batterica e forse hanno un
qualche ruolo o il micobatterio della tubercolosi o il Propionibacterium acnes. In più si sviluppa una
risposta TH1 con comparsa delle cellule effettrici.
La diagnosi differenziale va posta con le malattie infettive polmonari, le granulomatosi da miceti o
quelle professionali, le polmoniti da ipersensibilità di tipo IV come la polmonite degli uccelli o
degli acari dei silos, granulomi di tipo neoplastico come può essere un linfoma a localizzazione
polmonare, cirrosi biliare polmonare e altre malattie di tipo immunologico.
Nella sarcoidosi i sintomi sistemici sono molto marcati : c’è astenia, facile stancabilità, anoressia,
calo ponderale, febbre e debolezza ingravescente.
I sintomi più frequenti sono legati a :
• apparato respiratorio = nel 90% dei casi l’interessamento polmonare può non essere
eclatante e decorrere in maniera subclinica. Si presentano : tosse secca persistente per lo più
notturna, dolore toracico a crisi prevalentemente inspiratorio, dispnea inizialmente da
sforzo, rara l’emottisi al contrario della granulomatosi di Wegener,
insufficienza respiratoria. La patologia polmonare può essere
stadiata in fasi radiologiche :
1° stadio = linfadenopatia ilare bilaterale con linfonodi calcifici, può
apparire rinforzo della trama bronchiale
3° stadio = coalescenza dei granulomi mai cavitati con infiltrati polmonari
4° stadio = scomparsa della linfadenopatia, ma si può evidenziare una diffusa
fibrosi interstiziale
Nel lavaggio broncoalveolare (BAL) si effettua la conta numerica delle cellule e si
procede alla tipizzazione. In caso di sarcoidosi le cellule infiammatorie superano il milione/mL
con un aumento della percentuale dei linfociti T CD4+ e con rapporto CD4/CD8 a favore dei
linfociti T CD4+.
Inoltre, non solo i linfonodi ilari, ma qualsiasi stazione linfonodale può essere colpita. I
linfonodi appaiono ingranditi, mobili sui piani sottostanti, non confluenti e non dolenti.
La sindrome di Lofgren è la massima espressione di sarcoidosi acuta caratterizzata da
linfadenopatia, eritema nodoso e artralgia.
- apparato cardiovascolare = i granulomi hanno un particolare tropismo per il tessuto cardiaco
e di conduzione ; la presenza di queste formazioni altera la normale citoarchitettonica con
conseguenti alterazioni del ritmo. Può esserci una disfunzione dei muscoli papillari che può
indirizzare ad un infarto ; cardiomiopatia restrittiva con scompenso cardiaco congestizio ;
pericardite.
- Cute = si osservano : eritema nodoso sulla superficie estensoria delle gambe ; tumefazioni
dolenti calde traslucide non specifiche della sarcoidosi ma indicano solo una disregolazione
del sistema immunitario ; lupus pernio poco tendente all’ulcerazione e localizzato per lo più
al volto e alle mani.
-
Occhio = presenza di uveite anteriore con congestione vasale pericorneale e presenza di
inclusi nella camera vitreale ; può esserci ipopion (versamento).
- Sistema Nervoso = paralisi del VII nervo cranico (paralisi di Bell) perchè molto spesso nella
sarcoidosi sono interessate anche le ghiandole salivari perchè sede del MALT ; tra queste
rientra anche la parotide che, attraverso il suo parenchima, dà passaggio al nervo faciale.
Eventuali patologie destruenti il tessuto ghiandolare possono portare alla degenerazione
della branca nervosa e conseguente paralisi.
Ancora possono essere presenti neuropatie periferiche, lesioni cerebrali occupanti spazio
(quindi i sintomi sono focali), ipopituitarismo, diabete insipido se è interessata la
neuroipofisi con alterato rilascio di ADH e vasopressina.
- Rene = interessato con nefrite interstiziale, calcolosi da ipercalciuria perchè i linfociti
attivati secernono elevate quantità di vitamina D che, una volta attivata, favorisce il
riassorbimento di calcio a livello renale, l'assorbimento intestinale di fosforo e calcio ed i
processi di mineralizzazione dell’osso, aumentando in questo modo il carico di calcio a
livello renale.
Iter diagnostico prevede: anamnesi e l’esame obiettivo; biopsia; RX torace; test di funzionalità
respiratoria; ECG e un esame oftalmologico.
Per decidere se eseguire o meno la terapia è necessario capire se la malattia è in una fase attiva e se
sì, stadiarla, in quanto la somministrazione di glucocorticoidi può aggravare una patologia renale o
cardiaca in associazione.
Per questo motivo si ricorre alla scintigrafia con Gallio 67. Nello stadio attivo le sedi del MALT
sono ipercaptanti e a livello della testa si può evidenziare il cosiddetto “segno del panda”.
Ovvero le ghiandole lacrimali, le parotidi, le sottomandibolari e l’anello
orofaringeo del Waldayer disegnano questo quadro caratteristico che ricorda
la faccia di un panda.
Inoltre, VES e PCR sono aumentate; c’è ipogammaglobulinemia policlonale;
anemia, leucopenia, piastrinopenia forse per splenomegalia; aumento dei
livelli di ACE, sIL-2R, neopterina e lisozima; ipercalcemia e/o ipercalciuria.
La terapia consiste essenzialmente nel wait and watch.
Nei casi gravi e ingravescenti si utilizzano i corticosteroidi ad alti dosaggi: infatti fino a 0,5 mg/Kg
di peso corporeo i corticosteroidi hanno effetto antinfiammatorio; mentre tra 0,5-1 mg/Kg di peso
corporeo gli effetti sono immunosoppressivi. Gli effetti collaterali sono evidenti anche a dosaggi
bassi e dipendono dalla durata del trattamento.
Nella fase di mantenimento si possono associare immunosoppressori quali la ciclosporina, il
metotrexano e l’azatioprina.