Rinite allergica La rinite allergica è una malattia sintomatica indotta dalla infiammazione IgE-mediata della mucosa nasale in seguito ad esposizione ad allergeni. Le riniti si classificano in: - allergica - infettiva, se causate da infezioni virali o batteriche - occupazionali, se gli allergeni sono presenti nel luogo di lavoro (p.es. acaro della farina per un fornaio, …) - da farmaci, il più classico è l’acido acetilsalicilico - ormonali - idiopatica La diagnosi differenziale va posta con tutte quelle patologie che alterano la morfologia dell’epitelio nasale (come una poliposi nasale o la granulomatosi di Wegener) o la normale struttura anatomica delle fosse nasali (deviazioni del setto, ipertrofia dei turbinati o presenza di corpi estranei) o entrambe (presenza di tumori nasali). Le sostanze che scatenano le reazioni IgE-mediate vengono dette allergeni e si distinguono in: - allergeni esterni o outdoor, che possono essere principalmente pollini e muffe - allergeni domestici o indoor, che comprendono acari (Dermatophagoides pteronyssinus, l’allergene aereo più frequente, e il Dermatophagoides farina), pelo e forfora degli animali e allergeni provenienti da altri insetti - farmaci, soprattutto l’acido acetilsalicilico che causa la sindrome ASA - alimenti Le riniti allergiche possono essere classificate in base alla durata in: - intermittenti: se i sintomi compaiono per meno di 4 giorni a settimana e per meno di 4 settimane all’anno; - persistenti: se i sintomi compaiono per più di 4 settimane all’anno e per più di 4 giorni a settimana In base alla gravità, a loro volta, possono essere: - lievi, se non compromettono la qualità della vita, del lavoro e del sonno; - moderata/grave, se vi sono limitazioni nell’attività lavorativa, scolastica e quotidiana e se vi sono alterazioni del sonno La vecchia classificazione che voleva distinte le riniti in stagionali e perenni, ormai è in disuso perché si è visto che alcune riniti stagionali sono persistenti perché il periodo di impollinazione copre un periodo maggiore di 4 mesi all’anno (come p.es. la parietaria). Questa prima distinzione, ci può già indirizzare verso un allergene probabile visto che una rinite persistente può essere scatenata solo da uno stimolo continuo (come può essere quello all’acaro della polvere) o una rinite allergica professionale si manifesterà soltanto nei giorni lavorativi e il paziente ci riferirà un miglioramento nel fine settimana, cioè quando non lavora. I sintomi tipici della rinite allergica sono: - rinorrea acquosa - starnuti a salve - ostruzione nasale che, soprattutto di notte, provoca una respirazione a bocca aperta che causa, a sua volta, una infiammazione del faringe. A lungo andare, questa situazione cronica può determinare una modificazione strutturale del massiccio facciale, caratterizzata da ogivalizzazione del palato, mal occlusione dentale e slargamento dei seni paranasali - prurito nasale - congiuntivite bilaterale con prurito, lacrimazione e iperemia - tosse, soprattutto a letto, per lo scolo retro nasale Le prime indagini da eseguire sono: - il primo approccio è anamnestico: chiedere sui sintomi, sullo stile di vita, sull’attività lavorativa, sull’ambiente di lavoro e domestico per l’identificazione dell’allergene; - rinoscopia anteriore: la mucosa può apparire infiammata e edematosa con ipertrofia dei turbinati SENZA secrezione muco purulenta - skin prick test Indagini aggiuntive possono essere: - citologia nasale - endoscopia nasale - test di provocazione, si fa inalare l’allergene sospetto - spirometria, se si sospetta anche un asma allergico - flusso nasale - esami microbiologici Patologie che si possono associare alla rinite sono: - asma bronchiale (vedi oltre) - faringite - dermatite atopica, che può essere la manifestazione dermatologica delle reazioni IgEmediate - congiuntivite - allergie alimentari - alterazioni del sonno - compromissione della qualità di vita Inoltre, l’ipertrofia della mucosa può causare l’occlusione degli osti; in caso di occlusione dell’ostio faringeo della tuba di Eustachio, l’orecchio medio non sarà più drenato e ciò può portare ad una otite media; nel caso in cui si ha occlusione di uno qualsiasi degli osti nasali dei seni, la rinite è accompagnata da una sinusite. E molto spesso le due patologie si presentano insieme all’osservazione, tanto da parlare di rinosinusite. Questa è cronica se persiste per più di 12 settimane ed alla base può nascondere una poliposi nasale (i sintomi che ci possono indirizzare verso questa diagnosi sono l’ostruzione nasale che è FISSA e l’anosmia). Il trattamento: il primo step dovrebbe essere quello di allontanare, quando possibile l’allergene ed educare il paziente a non entrare in contatto con esso o almeno a ridurre l’esposizione. Se ciò non è possibile, si ricorre alla farmacoterapia che è sintomatica e prevede l’utilizzo di antistaminici antagonisti dei recettori H1 con o meno associato uno steroide. In particolare, il solo antistaminico dovrebbe essere usato per il trattamento delle riniti intermittenti lievi; mentre le intermittenti gravi e le persistenti dovrebbero essere trattate con l’antistaminico e lo steroide orale o inalatorio. Nel caso in cui si associ anche un asma allergico, a questi farmaci bisogna aggiungere anche un inibitore dei leucotrieni, il montelukast. È preferibile, quando possibile e indicato, optare per la terapia desensibilizzante o immunoterapia specifica (ITS) che prevede la somministrazione in dosi crescenti dell’allergene in modo da scatenare non risposte TH2 ma TH1 che inducono tolleranza e sopprimono future risposte TH2 dopo una nuova riesposizione. L’uso dei decongestionanti dovrebbe essere evitato e soprattutto non devono essere utilizzati per più di 10 giorni. Questo perché il decongestionante causa, sì, una riduzione dell’edema e quindi un sollievo immediato, ma la vasocostrizione persiste e a lungo andare ciò causa alterazioni nella mucosa nasale che la rendono ancora più suscettibile all’esposizione all’allergene. Inoltre, il decongestionante non elimina l’infiammazione, toglie il sintomo ma non la causa. Asma bronchiale Angioedema Entità cliniche che si manifestano con edema del derma superficiale (orticaria) o del derma profondo e del tessuto sottocutaneo (angioedema) a carattere transitorio e ricorrente. Molto spesso le due patologie si presentano insieme all’osservazione; in questo caso si parla di sindrome orticaria-angioedema (SOA). La patogenesi è legata alla liberazione di molecole vasoattive (vasodilatazione e vasopermeabilizzazione) quali l’istamina, i cisteinil-leucotrieni, (LTC4, LTD4, LTE4) ed il PlateletActivating Factor (PAF) dai mastociti cutanei od all’accumulo di bradichinina e fattori del complemento. L’angioedema può essere classificato in: - allergico - da cause fisiche - da malattie autoimmuni - complemento – mediato o bradichinino – mediato, che a sua volta può essere causato da farmaci o da deficit di C1INH - idiopatico L’angioedema allergico che, nel suo insieme, rappresenta circa il 92% di tutti i casi, è legato a reazioni IgE – mediate scatenate da farmaci, alimenti, punture di insetti (per lo più imenotteri), polveri e pollini. Quindi, vista la patogenesi di questa manifestazione clinica, un soggetto che arriva alla nostra osservazione con angioedema ha in atto una reazione anafilattica che può sfociare in uno shock anafilattico. Il paziente va, infatti, tenuto in osservazione perché all’angioedema e all’orticaria (stadio 1 di anafilassi) possono essere segni e sintomi cardio-respiratori tipici dello shock anafilattico. L’angioedema da cause fisiche, che rappresenta circa il 4% di tutti i casi, può essere scatenato dal freddo, dal caldo eccessivo, dalle radiazioni solari o dalle vibrazioni. L’angioedema complemento – mediato rappresenta il restante 4% di tutti i casi. Di questi: - l’80% è ereditario da deficit del C1INH - acquisito, da iperconsumo o per la presenza di Ab anti C1INH - estrogeno – dipendente - da farmaci L’angioedema ereditario si trasmette con modalità autosomica dominante e si manifesta nell’80% dei casi prima dei 20 anni di età. È caratterizzato da attacchi ricorrenti di edema non pruriginoso, non infiammatorio, innescati anche da lievi microtraumi (caratteristica è la mano dello scrittore) o da tutte quelle manovre che vanno ad incidere sulla cute. Si sviluppa entro le 24 ore dal trauma e dura 5 giorni o più. Il gene del C1INH è mappato sul cromosoma 11q12. La proteina codifica appartiene alla famiglia degli inibitori delle serin proteasi. Le mutazioni possono essere missenso (non c’è la proteina) oppure possono alterare il sito catalitico riducendo l’attività della proteina (basta che l’attività scenda al di sotto del 50% perché si manifesti la patologia). Il C1INH interviene sia sulla cascata di attivazione del complemento, ma anche su quella coagulativa, fibrinolitica e delle chinine. In particolare, sappiamo che il FXIIa va ad attivare la precallicreina in callicreina; questa a sua volta taglia i chininogeni ad alto peso molecolare, HMWK, in peptidi più piccoli, la bradichinina. Questa molecola lega i recettori B2 sulle cellule endoteliali e induce vasodilatazione. I freni di questo meccanismo sono dati proprio dal C1INH che blocca sia l’attivazione della precallicreina sia il taglio dei HMWK da parte della callicreina. Quindi, in assenza o in carenza del C1INH, questi freni vengono a mancare e si ha vasodilatazione ed edema anche quando non si dovrebbe avere. Il recettore B2 è costitutivo, mentre il B1 è indotto dall’infiammazione e forse media il dolore cronico. Ad oggi esiste un antagonista recettoriale anti B2, ovvero l’ICATIBANT. Un attacco di angioedema è caratterizzato da: - una fase prodromica con parestesie ed eritema - una fase conclamata, con interessamento cutaneo (sono interessati soprattutto i solchi, quindi volto, arti e addome) e/o mucosale (faringo-laringeo, intestinale con coliche e diarrea, o urinario). Non c’è MAI edema polmonare perché nel parenchima polmonare è presente l’enzima ACE che elimina la bradichinina. L’ostruzione laringea da angioedema può entrare in diagnosi differenziale con un attacco asmatico, ma in quest’ultimo: - la fase inspiratoria non è compromessa in quanto l’aria entra negli alveoli ma resta intrappolata per lo spasmo muscolare durante la fase espiratoria; - all’auscultazione sono presenti sibili o fischi, mentre nell’ostruzione laringea il MV è diffusamente ridotto o può esserci addirittura silenzio respiratorio. L’angioedema acquisito nelle malattie autoimmuni può essere un sintomo precoce ed è causato dalla produzione di autoAb anti C1INH che ne favoriscono la degradazione. Nelle malattie linfoproliferative è secondario all’iperconsumo, visto che le cellule dei linfomi e dei mielomi tendono ad aumentarne la degradazione. La terapia con ACE-inibitori è responsabile di casi di angioedema da ospedalizzare che si osserva in 2-10 pazienti su 10.000. L’angioedema può associarsi a tosse stizzosa e in genere si verifica durante le prime 3 settimane di terapia con ACE inibitori. Il meccanismo è mediato dalla inibizione enzimatica del catabolismo della bradichinina. Diagnosi differenziale Allergico Complemento – Mediato (es. Anafilassi) (es. Ereditario) Orticaria + - Insorgenza Rapida (min) Lenta (ore) Durata 12 - 24 h 48 - 72 h Edema Laringeo +/- + Broncospasmo Frequente Assente Dolore Addominale Raro Frequente Ipotensione - + Adrenalina C1 inibitore Antistaminici Icatibant Steroidi L’ecallantide è un inibitore della callicreina. L’Icatibant è l’unico presidio per i pazienti in cura con ACE-inibitori. La profilassi a lungo termine prevede l’utilizzo di danazolo e anti-fibrinolitici quali l’acido tranexamico o l’acido e-aminocapronico. Terapia Orticaria Manifestazione clinica caratterizzata da vasodilatazione ed edema del derma superficiale, intensamente pruriginosa, a carattere transitorio e ricorrente con lesione caratteristica costituita dal pomfo, non infiltrata, solida, con periferia eritematosa e regione centrale biancastra. È fugace, infatti scompare rapidamente. Per evidenziare questa caratteristica, si possono disegnare i bordi del pomfo. La patogenesi è legata alla liberazione di molecole vasoattive di derivazione cellulare (istamina, leucotrieni, prostaglandine, PAF) o generate nel siero/plasma (bradichinina, fattori del complemento). Si distingue in: - acuta, con frequenza del 10-20% soprattutto negli atopici; i sintomi durano in media meno di 6 settimane e la patologia è di solito ad eziologia nota; - cronica, con frequenza dello 0,1-3% e non aumenta nell’atopia; l’eziologia è varia o non nota, può essere continua o ricorrente, ma i sintomi devono presentarsi per oltre 6 settimane L’orticaria scatenata da reazioni IgE – mediate si distingue in: • da alimenti, si distingue in: - acuta, ad insorgenza rapida dopo ingestione occasionale di un cibo allergizzante; - cronica, per l’ingestione frequente dell’alimento - da contatto, si sviluppa con angioedema della mucosa orale o labiale in quei soggetti particolarmente sensibili dove anche il semplice contatto scatena la reazione allergica - da sforzo post-prandiale, che si manifesta se entro 4 ore dall’ingestione di quell’alimento si compie attività fisica. La patogenesi è forse legata alla rapidità di passaggio transmucosale dell’allergene quando il letto vascolare intestinale è dilatato. Gli alimenti più frequenti sono latte e uova (soprattutto nei bambini), frutta, legumi, crostacei e pesci; ma anche additivi alimentari come il salicilato di Na • da farmaci, hanno decorso acuto e le manifestazioni sono proporzionali all’uso del farmaco. I meccanismi patogenetici coinvolti sono: IgE-mediati, azione istamino-liberatrice diretta, sbilanciamento del sistema ciclossigenasi/lipossigenasi, attivazione della cascata del complemento. I farmaci più coinvolti sono: Acido acetilsalicilico e FANS, Antibiotici e chemioterapici, Mezzi di contrasto iodati, Emoderivati e sostituti del plasma, Anestetici, Contraccettivi orali, Polipeptidi (ACTH, insulina, etc.) • da parassiti (ascaridiasi, teniasi, giardiasi ed anchilostomiasi) • da veleno di imenotteri (ape, vespa e calabrone) • da inalanti (acari della polvere, pollini, muffe, pelo e forfora di animali) • da lattice, viene estratto dalla pianta tropicale hevea brasilensis e viene utilizzato nella preparazione della gomma naturale. Si ritrova nei succhiotti e nei giocattoli dei bambini, cateteri e tubi endotracheali, guanti, profilattici e dispositivi intrauterini, nastri gommativi, adesivi e pneumatici. L’incidenza negli ultimi 20 anni è aumentata soprattutto nelle categorie a rischio che sono: gli addetti nell’industria della gomma; gli operatori sanitari, i soggetti sottoposti a molte manovre invasive; atopici; donne; asmatici; pazienti con eczema alle mani. Inoltre, il lattice dà cross-reattività con alcuni alimenti (quali melone, pesca, pomodoro e spinaci), pollini (graminacee) e piante (stella di Natale e il Ficus). Oritcaria da Immunoreazioni di tipo II (anticorpo-mediate): • Reazioni trasfusionali (incompatibilità di gruppo ed immunoglobuline) Orticaria da Immunoreazioni di tipo III (da immunocomplessi): • Orticaria vasculite, può essere causata dall’assunzione di farmaci quali gli ACEinib, le penicilline o vari altri antibiotici, dalla presenza di tumori solidi o ematologici o malattie autoimmuni o virali causate da HBV, HCV, EBV ed HIV. Le lesioni sono dure, sollevate; i pomfi se premuti scompaiono (mentre nella porpora no), sono infiltrati e durano più di 24 ore; più che pruriginosi sono dolenti e regrediscono con formazioni ecchimotiche con esiti pigmentari. Dati di laboratorio: aumento della VES, ipocomplementemia (C3 e C4), presenza di ICC, talvolta di ANA, di crioglobuline sieriche e positività del Fattore Reumatoide. Reperto bioptico: vaso distrutto da infiltrato neutrofilo con leucociti frammentati (leucocitoclastica). Si accompagnano spesso ad artralgie, mialgie, malessere generale e più raramente febbre. • Orticaria in malattia da siero • Orticaria in malattie autoimmuni (Connettivite, Crioglobulinemia, Tiroidite di Hashimoto,Gastrite cronica atrofica, Celiachia, Diabete di tipo I, Colite ulcerosa) • Orticaria da infusioni di siero, di immunoglobuline e farmaci Orticaria da Immunoreazioni di tipo IV (da ipersensibilità ritardata): - Orticaria da contatto, è caratterizzata da un’eruzione cutanea con chiazze eritematose, vescicolari, eczematose, a limiti sfumati, tendenti a confluire accompagnate a prurito. Può localizzarsi alle dita, dorso delle mani ed avambracci meno il volto (generalmente da cosmetici). Può interessare anche le mucose. Fattori predisponenti sono: cute sottile, traumatismi locali, eczema, trattamenti con sostanze irritanti. Gli apteni più coinvolti sono i metalli pesanti, in particolare il Nichel. Nei casi localizzati si ha soltanto una dermatite nella regione di contatto della cute con l’oggetto contenente l’aptene. Quando la dermatite da contatto si associa a disturbi sistemici si parla di allergia sistemica al nichel solfato e la sintomatologia è caratterizzata da: orticaria generalizzata, eczema diffuso, angioedema, prurito diffuso, eritema diffuso, asma e disturbi digestivi. Esistono anche alimenti contenenti nichel quali albicocche, cavoli, spinaci, arachidi, carote, pomodori, fichi, asparagi, fagioli, cacao, etc… Orticaria da Infezioni: • Infezioni batteriche (Streptococchi, Stafilococchi, Helicobacter Pylori) • Infezioni virali (Epatiti ABC, HIV, EBV, HSV, CMV, Coxsackie) • Infezioni parassitarie (giardia lamblia, entamoeba, trichinella) Orticaria associata a neoplasie: Linfomi, Leucemie, Ca tiroideo, pancreatico e gastrointestinale Orticaria a patogenesi extra-immunologica sono: - Orticaria fisica, in genere non c’è atopia dimostrabile, le manifestazioni compaiono dopo uno stimolo rilevante e vengono riprodotte regolarmente da esso. Si differenziano in: - da stimolazione meccanica: - Dermografismo, è il più frequente (circa il 9% di tutti i casi). Le lesioni eritemato-pomfoidi lineari che compaiono in seguito a grattamento o in sede di frizione con abiti, etc. entro 120 secondi e scompaiono in meno di un’ora. Viene messo in evidenza con una penna dermografica che, premuta sulla cute, scatena la reazione. Orticaria-angioedema da pressione, insorge dopo 4-6 ore da uno stimolo intenso e persiste anche per più di un giorno. Si può manifestare in zone soggette a frizione con indumenti (bretelle e cinture) o a microtraumi (mani, piedi, glutei,…) Angioedema vibratorio Orticaria da decompressione - da freddo: forma familiare, forma rara forma acquisita, si può manifestare anche con angioedema; insorge da mezz’ora a 4 ore dopo esposizione allo stimolo termico: riduzione della temperatura, acqua o aria fredda, alimenti o bevande freddi, etc. Viene evidenziata con la prova del cubetto, ovvero si poggia sulla cute un cubetto di ghiaccio per circa 5 minuti. - da caldo: localizzata colinergica (generalizzata), rappresenta il 5-7% di tutti i casi; è caratterizzata da pomfi piccoli e diffusi soprattutto alla parte superiore del tronco e alla radice degli arti. Si manifesta in occasione di un aumento della temperatura corporea (esercizio fisico, bagno caldo, febbre, stress emotivo improvviso, cibi piccanti, spezie, alcool). Viene evidenziata con un test da sforzo fisico. Anafilassi indotta da sforzo fisico - da contatto: acqua genica, contatto con acqua a 36° C per 30 - 40 minuti - da radiazioni : solare o radiazioni elettromagnetiche Infine si ricordano: orticaria da sostanze istamino-liberatrici dirette quali alimenti e/o addittivi e/o farmaci; orticaria psicogena; Orticaria Pigmentosa (Mastocitosi); Orticaria idiopatica. L’iter diagnostico segue i punti: - anamnesi - ricerca dei fattori scatenanti - esecuzione del test più appropriato - se necessario, effettuare uno skin test con siero/plasma autologo da supportare con un test in vitro di degranulazione dei basofili La terapia dovrebbe essere per lo più NON farmacologica, ovvero dovrebbe prevedere l’allontanamento del fattore scatenante e la riduzione dei fattori aggravanti (stress, riscaldamento eccessivo dell’ambiente, alcol, dieta,…). Nel caso in cui sia richiesto un supporto farmacologico, la terapia prevede l’utilizzo degli antistaminici anti H1 di prima e seconda generazione. Anafilassi L’Anafilassi è una reazione sistemica acuta determinata dalla secrezione massiva di mediatori da mastociti e basofili. Si presenta con manifestazioni cliniche diverse. Tra queste la compromissione respiratoria e cardiovascolare sono frequentemente fatali. La Reazione anafilattoide si presenta con quadri clinici indistinguibili da quelli dell’anafilassi, ma avviene con meccanismi non IgE-mediati, spesso con formazione dei complessi Ag – IgG – FcγRII. O anche con attivazione diretta dei mastociti (forse per alterazione osmotica di membrana) o con attivazione dei recettori C5aR e C3aR. I mezzi di contrasto e gli anestetici possono agire sul mastocita per l’attivazione diretta. Gli Ab monoclonali possono formare immunocomplessi con le IgG e dare reazione anafilattoide. Nella reazione anafilattica il legame con Ag – IgE – FcεRI sui mastociti scatena il rilascio dell’istamina; mentre nella reazione anafilattoide, l’attivazione del FcγRII su basofili e l’ FcγRIII sui macrofagi induce il rilascio del PAF. Il tempo di insorgenza di queste reazioni è di solito “immediato” (minuti 2 ore), ma può essere ritardato fino ad alcune ore. Nell’uomo non c’è correlazione tra quantità di IgE specifiche e gravità della reazione. Gli agenti che causano più frequentemente anafilassi sono: le punture di imenotteri, le arachidi, e in aumento gli antibiotici, gli anestetici e i mezzi di contrasto. L’effetto dell’istamina e del PAF è la vasodilatazione. Gli eventi che si susseguono in una reazione anafilattica sono: - aumenta la frequenza respiratoria (FR) e quella cardiaca (FC), ovvero c’è tachipnea e tachicardia, mentre diminuisce la pressione arteriosa; - vi è una caduta rapida della FR e della FC, mentre la PA continua a scendere: il soggetto va, cioè, in bradicardia e bradipnea; - se non vengono attuati presidi, il paziente va in arresto cardio-respiratorio per shock che, in questo caso è uno shock distributivo perché c’è uno squilibrio tra la quantità di sangue in circolo e quella nelle regioni periferiche, vaso dilatate. Si può, così, distinguere in stadi la reazione anafilattica: - stadio 1: orticaria e/o angioedema - stadio 2: dispnea, sintomi gastrointestinali - stadio 3: tachicardia, ipotensione, shock - stadio 4: arresto cardio-circolatorio Ad un soggetto che viene alla nostra osservazione vanno rilevati: lo stato di coscienza, la FC e la PA, la FR e la saturazione di ossigeno, la temperatura e la diuresi. Possono essere presenti: orticaria, angioedema, cute fredda e umida, sudorazione fredda, pallore e riempimento capillare ritardato; sintomi gastrici, raucedine, starnuti, stridore laringeo e voce bitonale per edema laringeo, disfagia. In anestesia generale, gli unici parametri che possono essere monitorati sono la PA e la saO2: bruschi cali improvvisi della PA o della saO2 o la comparsa di aritmie, possono essere suggestivi di reazione anafilattica da anestetico. La terapia d’urgenza consiste: - assicurare la pervietà delle vie aeree, se necessario intubare - definire lo stato di coscienza e i parametri vitali - se necessario somministrare adrenalina i.m. o s.c. in dose 0,3-0,5 ml di soluzione 1:1000 ripetibile dopo 10 min; può essere somministrata e.v. diluita 1:10.000 o 1:100.000 solo con monitoraggio ECG. La tachicardia non costituisce MAI controindicazione alla somministrazione di adrenalina nello shock anafilattico. È il farmaco di prima scelta e blocca prima di tutto il broncospasmo e l’ipotensione; successivamente anche i mediatori molecolari. - il trattamento successivo prevede l’utilizzo di antistaminici anti H2, beta2agonisti e corticosteroidi, nel caso antiaritmici o agenti inotropi L’anafilassi bifasica è una reazione caratterizzata dal ripetersi dell’episodio acuto (ipotensione, tachicardia, broncospasmo, sintomi cutanei e gastrointestinali) a distanza di 2-8 ore dal primo episodio ed indipendentemente dal trattamento. Può verificarsi nel 20% dei casi di anafilassi sistemica severa pertanto non è possibile prevedere quali pazienti con anafilassi sistemica manifesteranno una anafilassi bifasica. Di conseguenza, tutti i pazienti che hanno presentato un episodio di anafilassi sistemica devono essere ospedalizzati e monitorati per 24 ore. L’anafilassi protratta è quella condizione caratterizzata dalla persistenza dei sintomi respiratori e cardiovascolari dopo un episodio acuto per più di un ora e fino ad un giorno nonostante un adeguato regime terapeutico. Si verifica soprattutto nell’anafilassi da alimenti perché l’assorbimento continua anche dopo l’evento acuto. Fattori di rischio per l’anafilassi severa sono: l’asma bronchiale; l’assunzione di beta-bloccanti o di ACEinib. In particolare nei pazienti in trattamento con -bloccanti: l’anafilassi ha un decorso più severo (marcata ipotensione e broncospasmo) spesso protratto o recidivante ed è più resistente alla terapia. Alcuni sintomi iniziali (tachicardia) possono essere assenti perché mascherati dall’effetto del farmaco: ciò causa un ritardo nell’inizio del trattamento. Test per il monitoraggio allergologico sono: - l’istamina e suoi metaboliti, ma si ritrovano nel siero solo nelle prime 2 ore dall’evento e nelle urine solo per 24 ore; - la triptasi sierica rimane dosabile per 12-24 ore ma è una dimostrazione certa di anafilassi; - ProstaGlandinaD2 e metaboliti, solo nelle urine; - cysLT Criteri Diagnostici dell’Anafilassi 1. Insorgenza acuta (da pochi minuti fino ad alcune ore) di manifestazioni cutanee e/o mucosali (orticaria generalizzata, angioedema, prurito o flushing) ed almeno uno dei seguenti, oppure 2. Due o più dei seguenti sintomi che insorgono rapidamente (da pochi minuti fino ad alcune ore) dopo l’esposizione ad allergeni probabili per quel paziente, oppure 3. Riduzione della pressione arteriosa dopo esposizione ad allergeni noti per quel paziente (da pochi minuti fino ad alcune ore). Mastocitosi Sono un gruppo eterogeneo di patologie accomunate da un netto aumento dei mastociti, abbondanti nelle zone di frontiera (cute, polmone, fegato, apparato gastrointestinale, cuore, milza, linfonodi). Alla base vi è una mutazione somatica nei mastociti di c-Kit (mutazioni gain of function). Il recettore c-Kit lega il fattore di crescita SCF (Stem Cell Factor), un dimero, che provoca la dimerizzazione e la autocatalisi dei siti tirosin-kinasici. L’attivazione dei recettori attiva almeno tre pathway: via PI3k-Akt per l’inibizione dell’apoptosi; via JaK-STAT nella regolazione della proliferazione; via RAS nella regolazione dello stato di attivazione del mastocita. Nelle mastocitosi, la mutazione più frequente è la D816V che probabilmente favorisce il pathway di proliferazione; mentre nella MAS (Mastcell Activation Syndrome) e nella MMAS (Monoclonal Mastcell Activation Syndrome) la mutazione è in sito diverso che probabilmente favorisce il pathway di attivazione mastocitaria. Di conseguenza i sintomi dipendono o dall’iperattivazione e quindi dall’eccesso di mediatori in circolo, o dall’iperproliferazione e quindi da infiltrazione d’organo. L’iperplasia mastocitaria, dal momento che la proliferazione non è conseguenza di una mutazione nel recettore, è una condizione reversibile. La mastocitosi è una malattia quasi esclusivamente cutanea e pediatrica (85% dei casi); il rimanente 15% comprende le mastocitosi sistemiche di cui il 10% è rappresentato dalle mastocitosi sistemiche indolenti a prognosi benigna, e il 5% da mastocitosi sistemiche aggressive metastatizzanti. Delle cutanee, la forma più frequente è l’orticaria pigmentosa, caratterizzata da lesioni cutanee stabili, pigmentate dal rosso al marroncino (per l’iperproduzione di melanina sotto lo stimolo dell’MSH. Il flushing (simile ad una vampata di calore diffusa a tutto il corpo) si manifesta soprattutto dopo ingestione di alimenti. Tra i sintomi neurologici abbiamo cefalea e depressione, per il rilascio di serotonina. Tra i sintomi gastrointestinali diarrea e gastrite/ulcera. Altri sintomi sono: dolori osteo-articolari, osteoporosi/osteosclerosi; bronco costrizione, ipotensione, alterazione della coagulazione (per rilascio di eparina), cachessia (da rilascio di IL-6 e TNFα). Molto spesso c’è ipereosinofilia per rilascio di GM-CSF e IL-5. Frequentemente le anafilassi ricorrenti idiopatiche nascondono una mastocitosi sistemica. All’esame obiettivo si può evocare il SEGNO DI DARIER, ovvero si gratta la lesione, senza provocare escoriazione; la stimolazione meccanica causa la degranulazione dei mastociti e come conseguenza si può osservare la formazione del pomfo. Questo segno è patognomonico di mastocitosi cutanea. Nel 95% dei casi in età pediatrica, la patologia si risolve spontaneamente entro i 18-20 anni di età senza esiti. Nell’adulto, invece, la condizione si mantiene e persistono gli esiti pigmentari cutanei. Una variante diffusa nei bambini è la forma bolloso, dove al posto delle lesioni purpuriche si possono osservare vescico-bolle sierose. In questo caso è importante evitare la rottura delle bolle in modo che non si abbiano sovrainfezioni delle lesioni (impetiginizzazione). Altre forme di mastocitosi cutanea sono la forma esfoliativa o la mastocitosi solitaria o mastocitoma dove si può rilevare un’unica lesione, infiltrata e rilevata. Nell’adulto la mastocitosi è quasi sempre sistemica, quindi un soggetto con età >18 anni con segni clinici di mastocitosi cutanea deve affrontare sempre un ulteriore percorso diagnostico per escludere o confermare una m. sistemica. L’esame di primo livello è il dosaggio della TRIPTASI sierica. È una serina proteasi accumulata nei granuli dei mastociti (in piccole quantità nelle cellule staminali e nei basofili) di p.m. 134 kDa e presente in due isoforme: - α triptasi, che viene secreta continuamente dal mastocita ed è espressione di crescita - β triptasi, contenuta nei granuli e rilasciato solo in seguito alla degranulazione, è quindi espressione di attivazione mastocitaria. Nella m. sistemica i livelli di triptasi sono, infatti, elevati raggiungendo anche i 600 μg/L. Ma bastano livelli superiori ai 20 ng/mL per porre il sospetto diagnostico di m. sistemica. Livelli al di sopra dei 100 ng/mL possono indirizzare già verso una m. sistemica anche in soggetti con meno di 18 anni di età. Una diagnosi definitiva di m. sistemica deve soddisfare dei criteri diagnostici, ovvero: 1° criterio maggiore: sono rilevabili infiltrati compatti e multifocali di mastociti (triptasi positivi) nel midollo osseo o in altri organi extracutanei con più di 15 mastociti per aggregato. 1° criterio minore: presenza di mastociti anomali nel midollo 2° criterio minore: dimostrazione di mutazioni in c-Kit 3° criterio minore: presenza dei marcatori di clonalità CD2/CD25 4° criterio minore: triptasi sierica > 20 ng/mL Basta che sia soddisfatto il criterio maggiore ed uno minore, oppure 3 minori per fare diagnosi certa di mastocitosi sistemica. La ricerca delle mutazioni di c-Kit e dei marcatori di clonalità va eseguita su biopsia midollare o tessutale con immunoistochimica. La mastocitosi sistemica può essere infine stadiata in: Reperti B = indicano una mastocitosi indolente: il midollo ha un grado di infiltrazione maggiore del 30% ma non si evidenziano segni di dismielopoiesi; la triptasi è maggiore di 200 ng/mL; i tessuti sono infiltrati ma conservano la loro citoarchitettonica e le funzioni non sono intaccate. Reperti C = si ritrovano nelle mastocitosi aggressive: il midollo ha un alto grado di infiltrazione con compromissione della mielopoiesi, infatti sono presenti piastrinopenia, leucopenia e anemia; l’infiltrazione d’organo è marcata e causa alterazioni funzionali: p.es. alterazioni epatiche causano deficit della coagulazione per ridotta produzione di fattori, ipoalbuminemia, ascite, test di funzionalità epatica alterati, … Si osserva ipersplenismo che accentua la citopenia e a livello del tratto gastrointestinale si possono osservare sindromi da malassorbimento. A carico dell’apparato scheletro si osservano lesioni osteolitiche, da distinguere da quelle osteoporotiche in quanto quest’ultime derivano da un alterato equilibrio tra assorbimento e deposito di matrice ossea causato dall’alterato signalling citochinico, mentre le lesioni osteolitiche sono prodotte dall’infiltrazione dei mastociti nel tessuto scheletrico a cui si sostituiscono. Reperti C progressivi = sono rilevabili nelle mastocitosi più aggressive: si osserva pan citopenia marcata e perdita totale delle funzioni dei tessuti colpiti. N.B.: nelle m. sistemiche le IgE totali sono INDOSABILI perché vengono catturate dai mastociti. I sintomi iniziali più frequenti di m. sistemica sono: flushing (80%), orticaria (70%), anafilassi e ipotensione (40%), cefalea (30%), vomito e diarrea (35%). Flow chart diagnostica Flushing , Orticaria, Cefalea, Diarrea, Reazione avversa ad Imenotteri Anamnesi Esame Obiettivo Orticaria (Segno di Darier), Epato-Splenomegalia, Linfoadenomegalia Biopsia cutanea Mastocitosi cutanea Mastocitosi Sistemica Scintigrafia ossea (ipercaptazione diffusa) MOC EGDS/Colonscopia TC Total Body Indagini ematochimiche Dosaggio della triptasi Ecografia addome Rx Scheletro Biopsia osteomidollare Biopsia gastrica o del colon Le cause più frequenti di anafilassi nella mastocitosi sono le punture di imenotteri e l’assunzione di acido acetilsalicilico e FANS che bloccano la sintesi di PGE2, un freno per i mastociti. Non è necessaria terapia nella mastocitosi cutanea pediatrica o nell’adulto e nella mastocitosi sistemica indolente; in questi casi si attua il wait and watch. Nei casi di mastocitosi sistemica grave la terapia prevede antistaminici anti H1 o anti H2, anti cysLT4, corticosteroidi, adrenalina per gli shock anafilattici, … Nei casi di mastocitosi sistemica aggressiva si deve ricorrere alla chemioterapia citotossica. Risposta avversa a farmaci È una risposta nociva e indesiderata ad una molecola farmacologica che si verifica alle dosi generalmente utilizzate nell’uomo per la profilassi, la diagnosi o la terapia di una malattia, o per modificare una funzione fisiologica. Si distinguono in: - reazioni di tipo A (Augmented), legate all’attività della molecola che risulta aumentata, per questo motivo queste reazioni sono dose-dipendente e sono legate al meccanismo d’azione della molecola e quindi sono facilmente prevedibili gli effetti indesiderati e per questo la mortalità è bassa. - Reazioni di tipo B (Bizzarre), sono dose-indipendente e non legate al meccanismo d’azione della molecola, per questo sono imprevedibili ed hanno un’alta mortalità. Le reazioni di tipo B si differenziano a loro volta in: - Reazioni da intolleranza = sono legate ad una situazione momentanea del paziente; p.es. un paziente affetto da EBV può presentare sintomi che possono essere scambiati per una faringite e gli viene somministrata una penicillina: il paziente sviluppa un esantema. - Reazioni da idiosincrasia = sono legate ad un alterato metabolismo del farmaco per carenza congenita di un enzima di quel pathway metabolico. - Reazioni immunologiche = sono statisticamente le meno frequenti ma hanno la maggiore prevalenza (0,8-1,4%), possono essere sia IgE-mediate sia non-IgE-mediate. I farmaci possono comportarsi anche come allergeni completi legando direttamente gli anticorpi oppure reagire come apteni legandosi a proteine plasmatiche o cellulari come avviene per i FANS, gli anticoagulanti, i chemioterapici (soprattutto i platani e i taxani) e alcuni antibiotici. Risalire dalla sola anamnesi a una reazione avversa a farmaco manifesta o pregressa, è molto difficile visto che lo stesso principio attivo viene commercializzato sotto vari nomi. Le reazioni immunologiche IgE-mediate immediate comprendono soprattutto l’orticaria, l’angioedema e l’anafilassi. Fattori di rischio sono: - l’atopia: il paziente è rinitico? È asmatico? - Familiarietà per le reazioni a farmaco - Precedenti reazioni alla stessa categoria di farmaco - Se il paziente assume altri farmaci: p.es. il CYP450 metabolizza sia gli antistaminici anti H1 sia i macrolidi, quindi può capitare che un soggetto allergico debba assumere anche un antibiotico per una faringite. Ciò causa un sovraccarico di lavoro per il CYP450 che non riesce a smaltire entrambi i farmaci. L’accumulo del macrolide può dare reazione avversa. - Caratteristiche intrinseche del farmaco Le reazioni immunologiche di tipo II anticorpo-mediate causano soprattutto anemie emolitiche, piastrinopenia, leucopenie, glomerulo nefriti o necrosi tubulare. Queste manifestazioni sono legate alla formazione di Ab – farmaco-dipendenti; in particolare: - nel tipo I = il farmaco funziona da aptene e lega proteine di membrana; il complesso apteneproteina stimola il legame con Ab specifici che causano la lisi cellulare; sono interessati soprattutto la penicillina e i suoi derivati; - nel tipo II = il farmaco induce la formazione di autoAb contro le proteine di membrana; è tipico degli antipertensivi, gli antiaritmici, la metildopa e la procainamide; - nel tipo III = il farmaco deve essere prima metabolizzato per poter legare le proteine di membrana e quindi indurre la formazione di anticorpi; è tipico dei FANS e delle chinine. Nelle reazioni di tipo III da immunocomplessi, il farmaco legato agli anticorpi attiva i mastociti e le cellule infiammatorie che rilasciano fattori che provocano la vasodilatazione dell’endotelio dei vasi (istamina e PAF). In questo modo si espone la membrana basale agli immunocomplessi che qui si vanno a fissare scatenando l’attivazione del complemento. Le anafilotossine (C3a e C5a) che si formano richiamano le cellule infiammatorie e la reazione che ne consegue causa prima distruzione dell’endotelio e quindi rigenerazione in senso fibrotico. Finale: il vaso diventa stenotico per fibrosi. Queste reazioni si verificano molto spesso nelle regioni più declivi perché qui la pressione è più alta e la forza idrostatica permette un più facile stravaso degli immunocomplessi. Queste zone sono caratterizzate da aree di necrosi cutanee ulcerate. Nelle reazioni di tipo IV si hanno manifestazioni simil-LES (tipico degli antiepilettici). Gli antineoplastici possono dare una dermatite desquamata e infiltrata da linfociti. Le reazioni di tipo IV sono le più gravi perché sono difficili da gestire. Tra queste ricordiamo: - sindrome di Steven-Johnson = compare entro 7 -15 giorni dall’inizio della terapia, è caratterizzata da una eruzione bollosa con componente emorragica perché la lesione procede sia verso la superficie della cute sia in profondità nel derma, per questo il contenuto delle bolle è siero-ematico; sono presenti febbre, mialgie, artralgie, eritema diffuso sulla cute e sulle mucose. - Esantema bolloso = compare entro i 3-10 giorni dall’inizio della terapia; l’esantema è caratterizzato da un eritema che può evolvere in vescico-pustole o vescico-bolle a contenuto sieroso con diametro maggiore di 0,5 cm; l’esfoliazione è minima; possono essere presenti sintomi sistemici (febbre, mialgie, ecc…). - Necrolisi Epidermica Tossica (TEN) = compare entro i 7-21 giorni dall’inizio della terapia; l’eruzione bollosa è diffusa e tende alla confluenza con marcata esfoliazione; è presente febbre, insufficienza renale e pan citopenia. La mortalità supera il 50%. - Reazione con eosinofilia e sintomi sistemici (DRESS) = comprare entro i 14-28 giorni dall’inizio della terapia; si ha soprattutto con l’utilizzo di antinfiammatori e antiaritmici; sono presenti sintomi sistemici, può essere presente un rush cutaneo ortica riode molto sbiadito e di breve durata; può esserci insufficienza epatica e una franca artralgia. - Esantema Pustoloso Acuto Generalizzato (AGEP) = compare entro i 7-28 giorni dall’inizio della terapia soprattutto antibiotica; è caratterizzata da una eruzione papulo-nodulare, sollevata ed infiltrata, pruriginosa e urente, a contenuto muco-purulento. Varianti delle reazioni immunologiche di tipo IV sono le reazioni granulomatose. Tra i farmaci che possono dare queste reazioni vi è soprattutto il metotrexano (immunosoppressore) e i granulomi si registrano in particolare nel tessuto polmonare e in quello epatico. Lo scopo della diagnosi è quello di individuare il farmaco che ha scatenato la reazione (se c’è stata davvero) e individuare, quindi, un farmaco alternativo. Se i sintomi sono in atto, sospendere l’assunzione e attenderne la risoluzione. Di poi, si possono eseguire: - Test in vitro: hanno un’alta specificità (90%) ma una bassa sensibilità (30-50%); comprendono la ricerca delle IgE specifiche e il test di attivazione dei basofili (BAT). Il BAT consiste nel mescolare in provetta i basofili del paziente con il farmaco sospetto e mettere in evidenza la degranulazione con la ricerca dei marcatori CD63 e CD203. CD63 è presente nel granulo, quindi non si trova in provetta se il basofilo non ha de granulato; CD203 viene upregolato nella degranulazione ma viene comunque espresso a basse concentrazioni in membrane, quindi non è un marcatore specifico di attivazione. - Test in vivo: prick test per le ipersensibilità di tipo I patch test per le ipersensibilità di tipo II Test di scatenamento, si effettua SOLO quando la reazione è stata lievemoderata e di ipersensibilità di tipo I (cioè il paziente riferisce solo orticaria, flushing e prurito) e va eseguito SOLO quando il farmaco è insostituibile (è il caso degli antineoplastici e degli antiaggreganti). Si effettua per somministrazione per os partendo da 1/1000 di dose, proseguendo con 1/100 e quindi 1/10 e così via, fino a quando non evidenzia la dose che dà reazione. Test di tolleranza a farmaco alternativo: si effettua quando il paziente ha avuto reazioni di ipersensibilità di tipo II o addirittura anafilassi, e quando il farmaco può essere sostituito con altre molecole (è il caso degli antibiotici). Il paziente va monitorato e tenuto in accesso venoso. Allergie alimentari Ipereosinofilie La concentrazione di eosinofili nel sangue normalmente è inferiore alle 500 unità/mm3 ; con concentrazioni comprese tra 500-1000 unità/mm3 si parla di HES lieve; tra 1000-1500 unità/mm3 di HES moderata e oltre le 1500 unità/mm3 di HES severa. Da ricordare che per ogni eosinofilo nel sangue, ce ne sono almeno 20 nei tessuti di frontiera dove arrivano dopo 24 ore e permangono per circa 5-8 giorni. L’HES è una condizione che si associa a molte patologie e quindi, in prima istanza, il sospetto diagnostico deve essere volto a ricercare una patologia di base che provoca l’aumento degli eosinofili in circolo. La diagnosi di HES primitiva è una diagnosi per esclusione. Vanno escluse: - M. infettive in particolare quelle che provocano risposte TH2, ovvero la scabbia, le infezioni micotiche o da parassiti; - M. allergiche - M. da ipersensibilità a farmaci; - M. ematologiche, quali leucemie e linfomi in quanto l’errore genetico se colpisce un progenitore comune, l’errore si propaga a tutte le linee cellulari; inoltre nei linfomi può esserci un eccesso di IL-5 secreto dalle cellule neoplastiche che non è altro che un fattore di crescita per gli eosinofili; - Adenomi del tratto gastrointestinale, del polmone o della vescica; - M. immunologiche, quali la sindrome da Iper IgE o la Graft-versus-Host disease - M. endocrinologiche, quali l’insufficienza corticosurrenalica in quanto viene a mancare il cortisolo che normalmente inibisce l’IL-5 e ha un’azione pro-apoptotica per gli eosinofili. - M. tromboemboliche; - M. infettive croniche dell’intestino quali la retto colite ulcerosa e la m. di Crohn; - Sarcoidosi - Quasi tutti i farmaci possono dare ipereosinofilia; sospendere un farmaco è un’operazione molto difficile soprattutto se la molecola è insostituibile e anche perché non si avrà mai la certezza, visto che i sintomi tendono a scomparire anche dopo diversi mesi. Anche in questo caso la linea di approccio è il wait and watch. La cellula responsabile di queste sindromi è l’eosinofilo. Quest’ultimo può modificare la sua morfologia in base allo stato di attivazione: attivato diventa ipodenso, ovvero più grande, si svuota di molti dei suoi granuli e si arricchisce di RER e i prodotti di secrezione sono per lo più citochine pro infiammatorie quali TNFα, IL6, IL16, IL4 che indirizzano verso una risposta TH2; IL5 e GMCSF che a feedback positivo mantengono e inducono la sopravvivenza dell’eosinofilo in loco; RANTES e IL8 per il reclutamento delle cellule infiammatorie. L’eosinofilo normodenso si è visto, invece, che tende a secernere per lo più citochine che spengono la risposta infiammatoria quali il TGF-β e IL12; l’INF-γ e IL12 che indirizzano verso una risposta di tipo TH1. Nelle HES si osservano, per lo più, eosinofili ipodensi. Le manifestazioni che si possono osservare sono: la DRESS (vedi reazione avversa a farmaco); una nefrite interstiziale con HE da reazione a farmaco, soprattutto FANS e antibiotici; la mastocitosi sistemica; la sindrome Iper IgE legata a mutazioni di STAT5 che causa infezioni recidivanti eczematose che possono impetiginizzarsi (sovrainfettarsi). Si parla di HES quando, una volta escluse altre patologie di base, la condizione di ipereosinofilia si mantiene per più di 6 mesi, in quanto alcune condizioni temporanee possono lasciare come coda un aumento della concentrazione degli eosinofili anche per alcuni mesi. Le HES si dividono in sistemiche e d’organo. Le sistemiche comprendono: - FIP1L1-PDGFRα = è causata da una traslocazione 1q44 4q12 che genera un oncogene di fusione che induce proliferazione esclusivamente negli eosinofili. Ad oggi è disponibile un antagonista recettoriale, l’IMATINIB, ma alla sospensione della terapia i sintomi, logicamente, ricompaiono. - Leucemia Eosinofila - HES Linfocitaria - HES Mieloproliferativa - HES idiopatica Le manifestazioni sono legate sia all’infiltrazione d’organo sia al rilascio di mediatori. Si possono osservare a livello di: - Occhio = colpite soprattutto retina e corioide con alterazione del visus; - SNC = l’infiltrazione causa sintomi FOCALI - SNP = la neuropatia può essere sensitiva, motoria o mista a seconda del nervo colpito. Se il nervo è motore, l’irritazione causa una prima iperattivazione di risposta e si osservano spasticità e crampi; a lungo andare questo stato provoca la degenerazione del nervo e quindi subentra l’acinesia. Nel caso di nervi sensitivi si ha invece prima parestesia e poi anestesia. - Cuore = l’infiltrazione provoca alterazioni nella citoarchitettonica e quindi alterazioni della cinetica prima e del ritmo poi; - Reni = nei casi gravi con insufficienza renale; - Fegato = solo se l’infiltrazione è marcata e si registra come ostruzione della vena epatica o con un’epatite cronica; - Tratto G.I. = diarrea, vomito, … - Vasi = microemorragie (o splinter) puntiformi sulla cute o subungheali; oppure possono registrarsi fenomeni tromboembolici; - Polmone = tosse secca, iperreattività bronchiale, infiltrati aspecifici, fibrosi; - Costituzionali = stanchezza, sudorazione profusa notturna, febbricola La polmonite eosinofila, in particolare, è caratterizzata da tosse secca, dispnea, febbre, dolore toracico, aumento di VES e PCR, può mancare l’ipereosinofilia periferica. Risultano overespressi le molecole di adesione ICAM1 e VCAM1 sulle cellule endoteliali. I fenomeni tromboembolici sono scatenati, invece, dal rilascio da parte dell’eosinofilo dell’ECP che lega l’eparina inattivandola e della MBF che lega la trombomodulina. In più la perossidasi eosinofila genera un prodotto di ossidazione che induce il tissue factor. Flow chart diagnostica Eosinofilia se asintomatico o se i sintomi sono lievi-moderati applicare il wait and watch e far ripetere le indagini dopo 2-3 settimane se confermata procedere ad escludere patologie associate, quindi effettuare: - Ricerca di autoAb per escludere m. immunologiche; - Esami parassitologici e sierologici per escludere m. infettive; - Ricerca dei markers, esecuzione PET e TC per escludere tumori solidi o ematologici; - Esecuzione prick, RAST e test allergologici per escludere m. allergiche; se vengono escluse tutte queste cause, allora si fa diagnosi di HES che va trattata solo i sintomi sono gravi, ricorrenti e/o invalidanti. Nella FIP1L1 si ricorre all’imatinib e bisogna monitorare la cardiotossicità. Nelle altre HES si ricorre ai corticosteroidi. La strategia terapeutica prevede un primo periodo di attacco con alte dosi di farmaco, quindi una riduzione graduale fino a trovare una dose ideale che non permette la ricomparsa della malattia ma che al di sotto della quale si può rimanifestare, ovvero si deve indurre una remissione della malattia e se, necessario, continuare con dosi di mantenimento o se il paziente risponde alla terapia, sospendere del tutto il farmaco. Se nonostante la dose di mantenimento, il paziente tende ad avere ricadute, allora al corticosteroide si aggiunge anche un immunosoppressore quale la ciclosporina o l’azatioprina. Farmaci di seconda linea sono gli anticorpi monoclonali anti-IL5 o anti-CD52. Vasculiti Le vasculiti costituiscono un gruppo di condizioni morbose, eterogenee dal punto di vista clinico e patogenetico, caratterizzate da infiammazione e necrosi a tutto spessore delle pareti vasali. Ne conseguono riduzione fino all’occlusione del lume vasale ed ischemia dei tessuti irrorati dai vasi coinvolti nel processo vasculitico. Sono malattie da immunocomplessi. Gli effetti vanno dall’infiammazione; alla necrosi fibrinoide così chiamata perché assume l’affinità tintoriale per la fibrina ma il materiale contiene anche molti elementi del sistema immunitario come Ig e complemento; alla generazione di cicatrici o alla formazione di trombi o ancora all’indebolimento della parete con formazione di aneurismi. Il trombo può formarsi anche come risposta all’infiammazione, ma non è mai un evento primario. In più, visto che i processi sono lenti, tendono a formarsi circuiti anastomotici che riducono la sintomatologia circolatoria. Le vasculiti vengono divise in: - V. Necrotizzanti Sistemiche che comprendono: 1. Poliarterite Nodosa (PAN) = si può osservare: astenia e dimagrimento; livedo reticularis; nell’uomo è coinvolto il testicolo con gonfiore e tensione; polineuropatie; mialgie e debolezza muscolare; ipertensione arteriosa per interessamento delle arterie arciformi renali; insufficienza renale; aumentata suscettibilità alle infezioni da HBV. La diagnosi di certezza si ha con l’arteriografia dove si evidenziano numerosi microaneurismi, e con la biopsia cutanea o testicolare muscolo-cutanea perché bisogna osservare più vasi. 2. Sindrome di Churg-Strauss o Angioite Granulomatosa Allergica = il soggetto in questione per anni soffre di asma bronchiale con ipereosinofilia lieve-moderata. I sintomi che indirizzano a questa sindrome comprendono aree di opacità con infiltrati polmonari TRANSITORI ad una RX del torace; polineuropatie e sinusite. Possono comparire manifestazioni cutanee e l’ipereosinofilia si mantiene. Se la sintomatologia è accompagnata da una linfadenopatia toracica si parla di sindrome di Loffler. Viene colpito, inoltre, il pericardio (con versamento) per la produzione di un eccesso di endotelina. 3. Poliangioite Microscopica (PAM) = è la variante microscopica della PAN e interessa i capillari e le venule post-capillari, provocando lesioni sovrapponibili sul piano istopatologico a quello della PAN. È più frequente nel sesso maschile. Contrariamente a quanto avviene nella PAN, è frequente l’interessamento polmonare (25-55% dei casi) con emottisi e i pazienti sono HbsAg negativi. Nel 60% dei pazienti sono presenti anticorpi p-ANCA e nel 15% c-ANCA. - Granulomatosi di Wegener = è quasi esclusivamente una patologia con interessamento polmo-renale con sinusite, otite media, ulcere nasali, ulcere orali, deformità a sella del naso, tosse, dispnea, emottisi, infiltrati polmonari, versamento pleurico, lesioni endobronchiali, pneumopatia interstiziale, presenza di caverne vuote nel parenchima polmonare, ematuria - - - e/o cilindruria con o senza insufficienza renale, sindrome nefrosica, ipertensione. L’occhio può essere interessato con una episclerite. È il prototipo delle vasculiti ANCA positive. Gli ANCA o Anti-Neutrophil Cytoplasmic Antibodies sono anticorpi diretti: c-ANCA o citoplasmatici verso la proteinasi 3 p-ANCA o perinucleari verso la MPO, l’elastasi e la lattoferrina x-ANCA sono gli atipici La differenza tra p- e c-ANCA è data dal fatto che le varie proteine quando vengono fissate con etanolo, precipitano in maniera diversa: quelle che non precipitano permangono nel citoplasma (c-ANCA) e all’immunofluorescenza danno un contorno definito della cellula; mentre altre precipitano intorno al nucleo (p-ANCA) e all’immunofluorescenza danno contorni esterni sfumati della cellula ma evidenziano invece un netto contorno della membrana nucleare. Nella granulomatosi di Wegener, nel 60% dei casi, si ritrovano gli c-ANCA; mentre nella PAM i p-ANCA. Arteriti Giganto-Cellulari che comprendono: 1. Arterite di Takayasu = è una vasculite che colpisce i grandi vasi con lesioni STENOSANTI e di conseguenza i polsi sono o poco o per nulla rilevabili. Il tipo I è caratterizzato da interessamento dell’arco aortico e dei suoi rami (possono verificarsi anche sincopi da furto della succlavia). Nel tipo II c’è interessamento dell’aorta addominale, soprattutto le arciformi renali e quindi con ipertensione secondaria. Il tipo III unisce il tipo I e il tipo II. Nel tipo IV c’è interessamento delle arterie polmonari. La patologia è più frequente nelle donne e si accompagna ad iperreattività alla tubercolina. 2. Arterite temporale di Horton = è evidente un percorso tortuoso nella regione temporale delle arterie. Vasculiti da ipersensibilità che racchiudono: 1. Vasculiti da siero o da farmaci 2. Porpora di Schönlein –Henoch = è una manifestazione secondaria ad infezione da streptococco β-emolitico. Il periodo di latenza può essere anche di alcune settimane dall’infezione primaria che può manifestarsi come una faringite. La sintomatologia comprende una porpora palpabile soprattutto nelle zone di stasi, artralgie, artriti franche asimmetriche, dolori addominali, febbre, ematuria e proteinuria. Nella maggior parte dei casi si risolve spontaneamente entro 10-15 giorni. 3. Vasculite leucocitoclastica = nell’infiltrato infiammatorio si evidenziano numerosi elementi necrotici con distruzione della parete vasale, per lo più venosa. Ne è un esempio l’orticaria vasculite. 4. Vasculite da m. infettive = in soggetti affetti da AIDS, possono comparire lesioni papulari che hanno una parziale risoluzione centrale (eritema marginato) con linfadenopatia superficiale in molte stazioni. 5. Crioglobulinemia = sono vasculiti da ipersensibilità di tipo III; si distingue la tipo I da malattie linfo- o mieloproliferative; la tipo II mista con componente IgMκ e IgGκ o λ dovuta a malattie virali (HCV), batteriche, autoimmuni o linfoproliferative; il tipo III è a componente policlonale. In particolare il tipo II, che rappresenta il 90% di tutti i casi, si associa spesso ad infezioni da HCV e si manifesta con porpora palpabile (10-15% dei casi), Raynaud e sintomi di sofferenza epatica da epatite. Eritema Nodoso Malattia di Bechet Tromboangioite obliterante (Malattia di Bürger) La cute è l’organo più interessato, con lesioni tipiche: Fenomeno di Raynaud = consiste in una prima fase di vasocostrizione arteriolare periferica alle mani che non si spinge mai oltre il polso; una seconda fase di acrocianosi per vasocostrizione venulare e infine la fase di risoluzione. Per Raynaud violenti e ricorrenti, si possono avere anche lesioni ragadiformi periungheali. Livedo reticularis = consiste nella formazione di un reticolato rosso alternato a zone chiare. È causato da una vasodilatazione diffusa. Se schiacciato, scompare. Lupus pernio o gelone. Le strategie terapeutiche prevedono l’utilizzo di corticosteroidi in associazione a immunosoppressori quali la ciclofosfamide per indurre la remissione della malattia che va mantenuta con dosi di sostegno per almeno 2-3 anni. Malattia Reumatica La Malattia Reumatica o Reumatismo Articolare Acuto è una malattia autoimmune il cui agente etiologico è la Streptococco -emolitico di gruppo A e la cui patogenesi è in gran parte sconosciuta. L’incidenza si è costantemente ridotta negli ultimi decenni nei paesi industrializzati mentre rappresenta un serio problema nei paesi del terzo mondo dove si ha una prevalenza di 2,2 casi/1000 adolescenti in quanto si trascura la profilassi antibiotica nella faringite streptococcica. La storia naturale della malattia prevede 4 fasi: 1. comprende due tempi: il primo momento dell’infezione e il momento successivo di latenza post-primaria che va dalle 2 alle 3 settimane; la maggior parte dei soggetti si ferma a questo stadio; 2. lo 0,5-1% dei soggetti entra in periodo di latenza dove si sviluppano gli anticorpi che scatenano la malattia. In questa fase il soggetto può essere curato e la patologia può essere superata; 3. lo 0,1-0,2% dei soggetti in fase 2 sviluppa una patologia cronica, ovvero il paziente è esposto alle recidive delle infezioni ricorrenti dello streptococco; 4. si ha il prosieguo dei danni sistemici, soprattutto valvolari. 5. La faringite streptococcica rappresenta il 25-30% di tutti i casi di faringite; non ha caratteri distintivi in quanto può manifestarsi in una forma eritematosa, essudativa o purulenta; può essere presente mal di gola, disfagia, 24-48 ore di febbre e linfadenopatia. La faringite streptococcica è la sola faringite batterica che può simulare una faringite virale non essudativa. Alcuni ceppi di streptococchi possono dare la scarlattina e l’erisipela (m. infiammatoria cutanea) che non lasciano mai lo strascico della m. reumatica. Altri ceppi possono dare glomerulo nefrite post-streptococcica, eritema nodoso e porpora di Schonlein-Henoch. In casi sospetti, si dovrebbe eseguire il tampone orofaringeo prima dell’inizio della somministrazione antibiotica. Il tampone può essere messo in coltura su piastre di agar sangue, ma il tempo di risposta è di circa 2 giorni; oppure si può ricorrere al test rapido immunoenzimatico che dà una risposta in circa 2 ore. È possibile la presenza di streptococchi -emolitici allo stato saprofitico nel cavo orofaringeo (carrier); queste persone diventano fonti di infezione per i soggetti con malattia reumatica. Lo streptococco presenta antigeni extracellulari tipici, quali: Streptolisina O che viene rivelata con il test immunologico TAS Streptochinasi Ialuronidasi DNAsi B e NAD, tutti e 5 gli antigeni vengono rilevati dallo STREPTOZYME test. Gli antigeni cellulari dosati sono la proteina M tramite lo STREPTO-M test e il polisaccaride A. Il TAS, però, non è specifico di infezione e non è predittivo di malattia reumatica. Il titolo può, inoltre, restare elevato anche per molti mesi dopo l’evento primario. Elevati livelli di TAS sono rilevabili nel 25-30% dei bambini in età scolare in assenza di patologia streptococcica in atto e rappresentano esclusivamente un meccanismo di difesa. Maggiormente predittivi sono lo Streptozyme e lo Strepto-M test perché i loro livelli si alzano dopo 4-6 settimane dall’infezione acuta, raggiungono l’acme in 2-3 mesi e ritornano normali entro 5-6 mesi. Quindi è possibile seguire l’andamento della malattia. I criteri diagnostici si dividono in maggiori e minori. I criteri maggiori sono: 1. Artrite = è la più frequente; si dice che la malattia reumatica morde il cuore e lambisce le articolazioni, l’artrite reumatoide morde le articolazioni e lambisce il cuore. Infatti l’artrite reumatica non è mai deostruente, non dà mai deformità o anchilosi, al contrario dell’artrite reumatoide. È monolaterale e interessa soprattutto le grandi articolazioni (ginocchia, cingolo pelvico e scapolare, gomito). Risponde rapidamente ai FANS anche dopo una singola somministrazione. 2. Cardite = si manifesta con insufficienza mitralica. La valvola si infiamma, diventa edematosa e si ha rigurgito. È apprezzabile all’auscultazione un soffio sistolico irradiato alla base del cavo ascellare che non scompare con i blocchi respiratori, né in posizione supina, né dopo esecuzione della manovra di Valsalva. A lungo andare, se si mantiene la condizione, la valvola può diventare stenotica. Molto più rara è la miocardite che si registra solo in infezioni massive e con insufficienza cardiaca (tachicardia, dispnea ed edemi declivi). La pericardite è rarissima. 3. Corea di Sydenham o Corea minor = è una manifestazione neurologica autolimitante caratterizzata da movimenti involontari, debolezza muscolare (segno della “mungitura”) e labilità emozionale. I movimenti scompaiono durante il sonno e si accentuano con l’attività volontaria. Il segno della mungitura consiste nell’evocare il riflesso di prensione che si mantiene anche dopo che lo stimolo è stato allontanato. 4. Noduli sottocutanei = sono lesioni cutanee violacee non dolenti e mobili localizzate prevalentemente in corrispondenza delle superfici ossee. Si manifestano esclusivamente nei pazienti con cardite. 5. Eritema marginato = consiste in un rush eritematoso evanescente non pruriginoso con risoluzione centrale localizzato generalmente al tronco ed agli arti. Si manifesta esclusivamente nei pazienti con cardite. Tra i criteri minori ricordiamo: Rilievi Clinici: 1. Artralgia 2. Febbre Rilievi di laboratorio: 3. Innalzamento degli indici della fase acuta: VES, PCR 4. Allungamento dell’intervallo P-R all’ECG Evidenze di una pregressa infezione di Streptococco di gruppo A: 5. Positività del tampone faringeo 6. Positività del test antigenico rapido per lo streptococco 7. Titoli anticorpali anti-streptococcico elevato o in aumento (TAS, anti DNasi B, etc.) Per porre diagnosi di m. reumatica sono necessari 2 criteri maggiori oppure 1 criterio maggiore più alcuni minori. Il primo obiettivo è la prevenzione primaria, quindi in teoria tutti i pazienti con faringite dovrebbero eseguire il test per la ricerca dello streptococco β-emolitico. Nel caso di positività al test, il batterio va eradicato completamente con terapia antibiotica; dopo 10 giorni dal termine della terapia si rieffettua il tampone. Si può dire che la malattia è stata superata solo se il tampone è negativo. Dovrebbero essere testati anche i familiari già alla prima infezione, ma anche nelle recidive per escludere lo stato di carrier. La terapia si basa sull’utilizzo della penicillina in dose unica i.m. oppure si somministra ampicillina o amoxicillina per os per 6 giorni. I macrolidi dovrebbero essere riservati ai soggetti allergici alle penicilline. La prevenzione secondaria è riservata ai soggetti che hanno superato la malattia acuta e devono evitare le recidive. In questi casi va eseguita una profilassi continua con amoxicillina continua oppure con penicillina i.m. ogni 3 settimane. Questo ciclo di terapia va continuato fino al 21° anno di età oppure fino al 5° anno dall’ultimo episodio. Tutti i pazienti che hanno avuto una cardite reumatica o che hanno vizi valvolari congeniti, devono eseguire una profilassi antibiotica prima di qualsiasi intervento anche odontoiatrico. Lupus Eritematoso Sistemico Il Lupus Eritematoso Sistemico (LES) è una malattia ad etiologia sconosciuta caratterizzata da una grave compromissione del sistema immunitario con sviluppo di cloni autoreattivi ed un interessamento diffuso del connettivo. Nel LES possono osservarsi lesioni a carico di tutti gli organi ed apparati, da sole od in associazione, con andamento caratterizzato da remissioni e riacutizzazioni, spesso ad esito infausto. Il Lupus Eritematoso Discoide (LED) è una patologia cutanea caratterizzata prevalentemente da lesioni eritematose, vescisolari o nodulari con esiti cicatriziali atrofici o rilevati. L’esordio della malattia si ha soprattutto nella seconda decade di vita ed è più frequente nel sesso femminile dopo la pubertà. Fattori predisponenti sono: Fattori genetici = p.es. si è visto che il topo NZB sviluppa spontaneamente un simil-LES; si registra una familiarietà al LES o ad altre malattie autoimmuni o a malattie da deficit del complemento. Fotosensibilità = accentua le lesioni Infezioni virali o da altri agenti Utilizzo di alcuni farmaci Fattori immunologici = ridotta attività dei Treg che provoca un aumento dei linfociti B anche dei cloni autoreattivi con produzione di autoAb La manifestazione classica è il rush a farfalla, così detto perché interessa le zone malari e il dorso del naso, ma qualsiasi altra sede cutanea fotoesposta può presentare un rush eritematoso evanescente. Può essere presente vasculite cutanea con atrofia delle cicatrici o evoluzione delle lesioni in ulcere. È presente Raynaud con possibile necrosi periungueale. La manifestazione più grave è la nefrite lupica. Alcuni farmaci possono scatenare una sindrome simil-LES; quelli accertati sono la procainamide e la idralazina, mentre per la metildopa e alcuni anticonvulsivanti il rapporto non è ancora così ben definito. Per porre diagnosi di LES devono essere presenti ALMENO 4 dei seguenti criteri: Rush cutanei al volto Lupus discoide Fotosensibilità (360 – 400 nm) anche indotta con test a luce UV Ulcere orali o nasofaringee per la presenza di vasculiti Artrite Sierosite (Pleurite o Pericardite, più raramente peritonite) Danno renale (Proteinuria > 0,5 g/die protratta) Manifestazioni del SNC (Convulsioni o Psicosi, quasi mai sintomi focali perché è interessato da vasculite tutto l’albero circolatorio) Manifestazioni ematologiche (Anemia, Leucopenia, Linfopenia o Piastrinopenia) Reperti immunologici (Fenomeno LE, Anticorpi anti-DNA, Anticorpi anti-Sm, V.D.R.L. falsamente positivo) Anticorpi anti-nucleo (ANA) Il fenomeno LE è stato il primo test per il LES. In questo test soluzioni di globuli rossi del paziente affetto più leucociti causavano la fagocitosi dei globuli rossi per la presenza di autoAb sulla loro membrana. Gli ANA sono una grande famiglia di anticorpi e la dicitura ANA+ non è predittiva di alcuna patologia. È necessario, infatti, ricercare le sottoclassi. Tra queste abbiamo gli Ab anti-DNAnativo, gli Ab anti-DNAdenaturato, gli Ab anti-istoni, e anche Ab anti-cellule ematiche che causano citotossicità anticorpo-mediata con conseguente anemia emolitica o piastrinopenia o leucopenia a seconda delle cellule interessate. Gli Ab anti-DNAnativo sono utili per il follow-up, mentre gli Ab anti-Sm (una riboproteina contenuta nello spliceosoma) sono specifici per il LES. Il Reuma-Test è frequentemente positivo. Gli Ab anti-N-metil-aspartato sono presenti soprattutto nei soggetti con coinvolgimento del SNC. Altre manifestazioni che si possono osservare in corso di LES sono: Artralgie anche ab inizio Mialgie e debolezza muscolare Artrite deostruente Miosite Noduli sottocutanei in corrispondenza delle articolazioni Necrosi asettica ossea soprattutto alla testa del femore Tra le lesioni cutanee anche alopecia, angioedema da consumo, splinter sulle unghie Linfadenopatia nelle stazioni superficiali per attivazione delle cellule B, questo segno necessita di diagnosi differenziale con i linfomi Il polmone è interessato con pleurite e versamento pleurico Alcuni pazienti sviluppano un’endocardite verrucosa di Libman-Sacks soprattutto sulla mitralica dove si possono osservare vegetazioni che spesso vengono confuse con colonie batteriche, ma le emocolture sono tutte negative In base ai sintomi il LES può essere: Lieve = artrite + segni cutanei Moderata = artrite + segni cutanei + sierositi Severo = artrite + segni cutanei + sierositi + interessamento di un altro organo Nei casi di LES lieve si consiglia di evitare l’esposizione alla luce solare anche con l’utilizzo di creme protettive contenenti acido paraminobenzoico (PABA). Per rimettere i sintomi si può utilizzare l’idrossiclorochina supportata da prednisone. Nei casi di LES moderato/severo la terapia va eseguita con cortisonici e ciclofosfamide fino alla remissione che va mantenuta a basse dosi. Sindrome da Ab anti-fosfolipi (APS) La APS è una entità clinica eterogenea caratterizzata dallo sviluppo di trombosi arteriose e/o venose, da aborti ricorrenti, piastrinopenia e dalla presenza di una famiglia di autoanticorpi che riconoscono diverse proteine interagenti con i fosfolipidi. Sono Ab anti-cardiolipina, antifosfatidilcolina, anti-fosfatidilserina,… ma in realtà sono Ab che riconoscono le proteine che legano i fosfolipidi come la β2-glicoproteina I e l’anti-protrombina. Altre proteine coinvolte sono proteina C, proteina S, annessina V, chininogeno, LDL ossidate, attivatore del plasminogeno tissutale, fattore XII, C4, fattore VII. L’APS può anche essere secondaria a LES o altre malattie autoimmuni, a malattie infettive come la sifilide e la TBC, tumori, farmaci o emodialisi. Un test per la ricerca degli anticorpi è il Lupus Anticoagulante o LAC. Questo test utilizza Ab che reagiscono con la β2-glicoproteina I e in più si verifica il siero del paziente per i tempi di coagulazione. In particolare: in vivo gli Ab anti- β2-glicoproteina I aumentano il rischio di trombosi, mentre in vitro allungano il PT e l’aPTT. Questi dati vanno confermati da altri test sulla coagulazione quali il diluited prothrombin time, il kaolin clotting time, il diluited russell’s viper time, ecc… Nei soggetti sani è possibile rilevare bassi livelli di Ab anti-fosfolipidi che possono aumentare fisiologicamente durante le normali risposte immunitarie. Quindi la presenza di valori border-line di anticorpi non hanno alcun significato diagnostico, anche perché si possono rilevare anche in pazienti trombotici non APS. Nelle biopsie cutanee LES-associate si evidenzia una vasculite leucocitoclastica, mentre nelle APS non c’è quasi mai infiammazione ma si evidenziano coaguli e micro coaguli. Nell’APS non c’è MAI innalzamento di VES, PCR e fibrinogeno. L’APS catastrofica è una rara e grave patologia perché ha un decorso di poche settimane con interessamento renale, polmonare, neurologico e cardiaco con trombosi massive e ripetute a stretto legame con le microangiopatie (sono patologie con alterazioni delle cellule endoteliali soprattutto nel microcircolo). Le forme più gravi evolvono in CID. I criteri diagnostici di Sapporo comprendono: Criteri Clinici Trombosi: arteriosa, e/o venosa, e/o dei piccoli vasi Complicanze in Gravidanza Una o più morti fetali dopo la decima settimana di gestazione oppure tre o più aborti inspiegati consecutivi prima della decima settimana di gestazione oppure una o più nascite premature di bambino sano prima della 34 settimana di gestazione a causa di preeclampsia severa, o eclampsia, o insufficienza placentale severa Criteri Biologici Anticorpi Anticardiolipina (IgG o IgM), titolo moderato-alto, in due determinazioni a distanza di 6 settimane oppure positività dell’anticoagulante lupico in due determinazioni a distanza di 6 settimane Tra i sintomi più frequenti abbiamo: Trombosi arteriose/Ischemia miocardica Trombosi venose Artralgia, Artrite • Aborti spontanei (< 10 settimane) • Piastrinopenia • Livedo reticularis (cute marmorata) • Cefalea • Ischemia cerebrale, TIA • Embolie polmonari • Valvulopatie cardiache • Anemia emolitica • Manifestazioni ostetriche : trombosi del tessuto placentare, inibizione della differenziazione del sincizio trofoblasto, induzione del fenotipo infiammatorio nelle cellule deciduali, apoptosi dell’embrione e/o placentare La prevenzione si effettua: valutando gli altri fattori di rischio trombofilico quali: l’omocisteinemia, l’ipertensione arteriosa, il fumo, il diabete e l’ipercolesterolemia. Il trattamento è identico a quello di pazienti senza APL con Eparina non frazionata o a basso p.m. e anticoagulanti orali in modo da mantenere un INR target > 3. Il trattamento deve essere continuato per tutta la vita anche se gli APL non sono più rilevabili. Sarcoidosi È una malattia granulomatosa ad eziologia non nota e patogenesi immunologica. Può avere decorso acuto, subacuto (i sintomi variano d’intensità ma non si risolvono) o cronico. La storia naturale per stadi istologici prevede: 1. alveolite linfomonocitaria, dove si evidenzia uno spiccato infiltrato infiammatorio nei tratti terminali 2. granuloma non caseoso, le cellule alveolari vanno ad organizzare dei granulomi in risposta all’infiammazione cronica 3. fibrosi interstiziale, i granulomi possono risolversi e andare in contro a fibrosi Il test di Kvaim per la sarcoidosi è ormai inutilizzato perchè si effettuava una intradermoreazione con un estratto filtrato di granuloma di un paziente con accertata sarcoidosi. L’antigene che scatena la reazione granulomatosa è forse di origine batterica e forse hanno un qualche ruolo o il micobatterio della tubercolosi o il Propionibacterium acnes. In più si sviluppa una risposta TH1 con comparsa delle cellule effettrici. La diagnosi differenziale va posta con le malattie infettive polmonari, le granulomatosi da miceti o quelle professionali, le polmoniti da ipersensibilità di tipo IV come la polmonite degli uccelli o degli acari dei silos, granulomi di tipo neoplastico come può essere un linfoma a localizzazione polmonare, cirrosi biliare polmonare e altre malattie di tipo immunologico. Nella sarcoidosi i sintomi sistemici sono molto marcati : c’è astenia, facile stancabilità, anoressia, calo ponderale, febbre e debolezza ingravescente. I sintomi più frequenti sono legati a : • apparato respiratorio = nel 90% dei casi l’interessamento polmonare può non essere eclatante e decorrere in maniera subclinica. Si presentano : tosse secca persistente per lo più notturna, dolore toracico a crisi prevalentemente inspiratorio, dispnea inizialmente da sforzo, rara l’emottisi al contrario della granulomatosi di Wegener, insufficienza respiratoria. La patologia polmonare può essere stadiata in fasi radiologiche : 1° stadio = linfadenopatia ilare bilaterale con linfonodi calcifici, può apparire rinforzo della trama bronchiale 3° stadio = coalescenza dei granulomi mai cavitati con infiltrati polmonari 4° stadio = scomparsa della linfadenopatia, ma si può evidenziare una diffusa fibrosi interstiziale Nel lavaggio broncoalveolare (BAL) si effettua la conta numerica delle cellule e si procede alla tipizzazione. In caso di sarcoidosi le cellule infiammatorie superano il milione/mL con un aumento della percentuale dei linfociti T CD4+ e con rapporto CD4/CD8 a favore dei linfociti T CD4+. Inoltre, non solo i linfonodi ilari, ma qualsiasi stazione linfonodale può essere colpita. I linfonodi appaiono ingranditi, mobili sui piani sottostanti, non confluenti e non dolenti. La sindrome di Lofgren è la massima espressione di sarcoidosi acuta caratterizzata da linfadenopatia, eritema nodoso e artralgia. - apparato cardiovascolare = i granulomi hanno un particolare tropismo per il tessuto cardiaco e di conduzione ; la presenza di queste formazioni altera la normale citoarchitettonica con conseguenti alterazioni del ritmo. Può esserci una disfunzione dei muscoli papillari che può indirizzare ad un infarto ; cardiomiopatia restrittiva con scompenso cardiaco congestizio ; pericardite. - Cute = si osservano : eritema nodoso sulla superficie estensoria delle gambe ; tumefazioni dolenti calde traslucide non specifiche della sarcoidosi ma indicano solo una disregolazione del sistema immunitario ; lupus pernio poco tendente all’ulcerazione e localizzato per lo più al volto e alle mani. - Occhio = presenza di uveite anteriore con congestione vasale pericorneale e presenza di inclusi nella camera vitreale ; può esserci ipopion (versamento). - Sistema Nervoso = paralisi del VII nervo cranico (paralisi di Bell) perchè molto spesso nella sarcoidosi sono interessate anche le ghiandole salivari perchè sede del MALT ; tra queste rientra anche la parotide che, attraverso il suo parenchima, dà passaggio al nervo faciale. Eventuali patologie destruenti il tessuto ghiandolare possono portare alla degenerazione della branca nervosa e conseguente paralisi. Ancora possono essere presenti neuropatie periferiche, lesioni cerebrali occupanti spazio (quindi i sintomi sono focali), ipopituitarismo, diabete insipido se è interessata la neuroipofisi con alterato rilascio di ADH e vasopressina. - Rene = interessato con nefrite interstiziale, calcolosi da ipercalciuria perchè i linfociti attivati secernono elevate quantità di vitamina D che, una volta attivata, favorisce il riassorbimento di calcio a livello renale, l'assorbimento intestinale di fosforo e calcio ed i processi di mineralizzazione dell’osso, aumentando in questo modo il carico di calcio a livello renale. Iter diagnostico prevede: anamnesi e l’esame obiettivo; biopsia; RX torace; test di funzionalità respiratoria; ECG e un esame oftalmologico. Per decidere se eseguire o meno la terapia è necessario capire se la malattia è in una fase attiva e se sì, stadiarla, in quanto la somministrazione di glucocorticoidi può aggravare una patologia renale o cardiaca in associazione. Per questo motivo si ricorre alla scintigrafia con Gallio 67. Nello stadio attivo le sedi del MALT sono ipercaptanti e a livello della testa si può evidenziare il cosiddetto “segno del panda”. Ovvero le ghiandole lacrimali, le parotidi, le sottomandibolari e l’anello orofaringeo del Waldayer disegnano questo quadro caratteristico che ricorda la faccia di un panda. Inoltre, VES e PCR sono aumentate; c’è ipogammaglobulinemia policlonale; anemia, leucopenia, piastrinopenia forse per splenomegalia; aumento dei livelli di ACE, sIL-2R, neopterina e lisozima; ipercalcemia e/o ipercalciuria. La terapia consiste essenzialmente nel wait and watch. Nei casi gravi e ingravescenti si utilizzano i corticosteroidi ad alti dosaggi: infatti fino a 0,5 mg/Kg di peso corporeo i corticosteroidi hanno effetto antinfiammatorio; mentre tra 0,5-1 mg/Kg di peso corporeo gli effetti sono immunosoppressivi. Gli effetti collaterali sono evidenti anche a dosaggi bassi e dipendono dalla durata del trattamento. Nella fase di mantenimento si possono associare immunosoppressori quali la ciclosporina, il metotrexano e l’azatioprina.