Libro Donizetti seconda bozza - Comune di Sesto San Giovanni

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1953-2003
Civica Scuola di Musica
“Gaetano Donizetti”
Cinquant’anni di storia
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Città di Sesto San Giovanni
Assessorato alla Cultura, allo Sport, alle Politiche Giovanili
Questo volume è stato realizzato con la collaborazione di:
Lions Club
Sesto San Giovanni Centro
1953-2003. Civica Scuola di Musica “Gaetano Donizetti”
Cinquant’anni di storia
di Maurizio Bianchi
Collaborazione redazionale: Patrizia Morandi, Giuseppina Pinnavaia
Progetto grafico e impaginazione: Sercom srl – Sesto San Giovanni
Stampa: Tipografia Sociale spa – Monza
Oltre alle persone che si sono prestate a essere intervistate, si ringraziano per avere fornito documentazione, fotografie, indicazioni:
- la Fondazione Isec e il suo segretario generale Giuseppe Vignati
- la Biblioteca Civica “Cadioli” e il responsabile Filippo Poerio
- l’Archivio Comunale e il responsabile del Servizio Affari Generali del Comune Graziano Schiavone
- l’Ufficio Scuole Civiche dell’Assessorato alla Cultura
- Sergio Pontoriero
- Foto Express
- Marco Moggio
© Comune di Sesto San Giovanni
tutti i diritti sono riservati
finito di stampare nel dicembre 2003
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Il saluto del Sindaco
Negli anni dell’immediato dopoguerra l’Amministrazione comunale di Sesto San Giovanni si pose il problema di ricostruire gli edifici
e le strade, che erano stati distrutti o danneggiati dal conflitto. Ma
comprese anche che senza la costruzione o il recupero di una cultura comune non ci sarebbe stato futuro per noi. Da questa idea nacque
la Biblioteca Civica, che divenne ben presto un centro importante di
organizzazione e di proposta culturale. E ancora, unica città in Lombardia a parte Milano, Sesto San Giovanni diede vita a tre Scuole Civiche d’Arte. La Scuola di Musica “Gaetano Donizetti”, che come la
“Federico Faruffini” compie ora 50 anni, di questa politica culturale
e civile è stata uno dei pilastri.
Della nostra Scuola la professoressa Lina Bodini Mazza è stata a lungo l’animatrice professionalmente competente e appassionata, costituendo un gruppo di insegnanti e di collaboratori di assoluta qualità,
che nel corso dei decenni hanno mantenuto alto il livello della “Donizetti”. A lei va oggi il mio saluto affettuoso, così come a tutti coloro che nel corso di questo cinquantennio hanno contribuito a dare
vita a questa esperienza straordinaria. Un saluto affettuoso rivolgo
anche alle migliaia di allievi che hanno frequentato la Scuola, sia a
coloro che hanno fatto della musica una scelta di vita anche professionale, sia a quelli per i quali invece ha rappresentato soltanto un
momento di crescita culturale. Tanto lavoro, tanta passione e tanta
musica ci aspettano ancora per i prossimi anni.
Giorgio Oldrini
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La presentazione
dell’Assessore alla Cultura
La Civica Scuola di musica “Gaetano Donizetti” compie cinquant’anni, avendo iniziato la propria attività nel periodo dopo la guerra,
quando le pubbliche amministrazioni, soprattutto quelle orientate per
motivi politici e ideali verso lo sviluppo della cultura, cercavano di
favorire in ogni modo la formazione civile, culturale e artistica della cittadinanza.
Poche sono le città in Italia, paragonabili per caratteristiche e dimensioni a Sesto San Giovanni, che hanno lavorato, dal dopoguerra
sino ad oggi, per la diffusione e la conoscenza delle arti, nella convinzione che ciò costituisce un momento forte di arricchimento culturale per l’intera popolazione.
La Scuola offre, attraverso i propri corsi, intensi momenti di approfondimento che spaziano dal corso specifico dello strumento musicale ad approfondimenti sulla storia della musica, rivolti a ragazzi e
adulti, consentendo così un approccio diversificato nei confronti dell’arte della musica e delle sfaccettature che la compongono.
Sono diventate a tutti gli effetti attività promosse dalla Scuola, in
un’ottica di sistema formativo unico nel suo genere, la partecipazione di allievi e docenti a importanti momenti culturali della vita sestese ma non solo. I nostri allievi e i nostri docenti sono spesso chiamati a portare la propria musica in altre realtà riscuotendo ampi consensi e simpatie.
Il rapporto che si è instaurato negli ultimi anni con la prestigiosa Orchestra “I Pomeriggi Musicali” di Milano, che utilizza la sede della
Civica Scuola per alcune delle proprie prove, ha consentito di rafforzare il cartellone di proposte per la città, che continua generosamente a dimostrare un’attenzione e un’affezione particolare per il
mondo musicale.
Nel ribadire, con questo libro e con le iniziative celebrative connesse, l’impegno dell’Amministrazione comunale per il potenziamento
dei servizi culturali offerti, rivolgo un ringraziamento all’intero staff
che opera per la scuola nel suo complesso, per la professionalità, la
disponibilità e l’attenzione dimostrata, e agli studenti che sempre più
numerosi ogni anno partecipano alla vita della scuola e la fanno crescere insieme a loro.
Sara Valmaggi
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I Lions del “Sesto Centro” e la musica
“Prendere interesse attivo al benessere civico, culturale,
sociale e morale della comunità”.
“Avere sempre presenti i doveri di cittadino verso la Patria,
lo Stato, la comunità nella quale ciascuno vive;
prestar loro con lealtà sentimenti, opere, lavoro, tempo e danaro”.
“Noi siamo al servizio della comunità”.
Ecco, in due precetti morali e un motto, condensata l’essenza del
Lionismo. A questi due precetti ed a questo motto si ispira da ormai
quindici anni l’attività del Lions Club “Sesto San Giovanni Centro”.
Al benessere culturale, sociale e morale della comunità si può contribuire in modi e misure diversi.
I Lions di questo Club hanno sin dalla fondazione prestato interesse
particolare all’idea di offrire alla Città della buona musica, convinti
come sono che questa possa essere capace di affinare la sensibilità
dell’uomo e perciò farne maturare valori e sentimenti. La musica è
arte e scienza allo stesso tempo. Perciò, allo stesso tempo, deve essere colta emozionalmente e compresa intellettualmente. Anche per
la musica, come per ogni arte e scienza, non esistono scorciatoie che
facciano progredire nella conoscenza. È quindi necessario ascoltare
musica, buona musica, perché quest’arte eserciti la sua suprema funzione culturale e spirituale.
La coincidenza fortunata, per noi Lions del “Sesto Centro”, fu nell’incontro con Lina Bodini Mazza, fondatrice (con il mai dimenticato compianto Sindaco Abramo Oldrini) e direttrice della Civica
Scuola di Musica per lunghi anni. Mentre sto scrivendo queste note,
ascolto le sonate per pianoforte e violoncello di Brahms. Non solo
non avrei apprezzato queste sonate, ma neppure mi sarei ad esse avvicinato se nel corso degli anni non avessi potuto collaborare con la
professoressa Lina Bodini Mazza nella organizzazione di diversi e
svariati eventi musicali cittadini. Lina Bodini Mazza è stata la Musa sestese di questa arte, Euterpe e Melpomene contemporaneamente. E Lei si mise con passione e ardore a nostra disposizione, assieme agli artisti della Civica Scuola di Musica.
Non uso parola inappropriata nel definire artisti gli allievi della Civica Scuola: è sufficiente citare Gianandrea Noseda, il più promettente direttore d’orchestra europeo, conteso dalle più prestigiose istituzioni musicali del vecchio continente. Allievo in gioventù della Civica Scuola.
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Ricordo, con gli artisti della Civica (Stefano Valota, il violinista, ha
cominciato a suonare già in pensione, e alcuni fratelli e sorelle, violoncellisti di talento!!), un memorabile concerto all’auditorium dell’Istituto De Nicola organizzato dal nostro Lions.
E la stagione estiva degli “aperitivi in musica”, la domenica mattina,
nel parterre dell’Hotel Abacus. Poi venne il momento del biennale
“Concorso Nazionale Giovani Strumentisti” che, in collaborazione con
la Civica Scuola e su incarico dell’Amministrazione comunale, ormai
da diversi anni organizziamo, costituendo, con la professoressa Bodini Mazza fino alla penultima edizione, un unicum affiatatissimo.
L’appagamento di vedere quanti giovani, da ogni parte d’Italia, si
emozionano per quella che è la prima esecuzione davanti ad un pubblico estraneo ma competente, ci ripaga delle serate passate a programmare, predisporre, controllare, verificare che tutto sia a posto,
in ordine, pronto. E prendere atto che ci sono ancora fanciulli e giovani che hanno la sublime vocazione alla musica bella, ci dà grande
speranza per il futuro della nostra millenaria cultura.
Un notevole sforzo organizzativo – e finanziario – sta costando ai
Lions sestesi offrire da due anni alla nostra comunità, in preparazione della Settimana Santa, un grande concerto nella Basilica Minore
di Santo Stefano. Anche in queste occasioni, vedere le navate della
Chiesa stracolme di sestesi plaudenti è ricompensa tale da far dimenticare ogni fatica.
Alcuni diranno che la buona musica è conservatorismo, sguardo rivolto al passato, mancata presa di coscienza che il mondo, i gusti, le
passioni evolvono. Che chi ascolta buona musica è rimasto indietro,
non è al passo con i tempi. A costoro la Civica Scuola di Musica, da
ormai cinquant’anni, e il Lions Club “Sesto Centro”, da quindici, rispondono, con le centinaia di sestesi che seguono con passione e affetto le diverse esecuzioni offerte da queste due istituzioni, senza scomodare Aristotele o Benedetto Croce. Rispondono che la musica è
armonia, l’armonia è bellezza, la bellezza è nella natura dell’Uomo,
il bello è universale.
Flavio Rosati
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Indice
Capitolo I: La nascita e i primi passi (1953-1957)
Donizetti, un nome conosciuto
Fiocco rosa in casa del Comune
I saggi degli studenti, un’occasione di socialità
Echeggia qualche stonatura
Si decide per un cambio di marcia
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Capitolo II: Gli anni dello sviluppo
e dell’affermazione (1958-1963)
Entra in scena la “nostra concertista”
La nuova direttrice si mette subito all’opera
La “Donizetti” spicca il volo
Aumentano gli iscritti, si ampliano le classi
Si festeggiano i dieci anni di attività
Il lusinghiero giudizio di un intenditore
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Capitolo III: Una fucina di iniziative e di talenti (1964-1979)
Si intensifica l’azione educativa della Civica Scuola
Un ulteriore scatto di qualità
Decollano le stagioni concertistiche dell’Amministrazione comunale
L’aula consiliare come un teatro d’opera
Per gli allievi una palestra di crescita e di confronto
Molti i giovani che faranno strada
Ribelli per amore della musica
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Capitolo IV: Una reputazione oltre
i confini comunali (1980-2003)
Nasce il Concorso nazionale per giovani strumentisti
Record di iscrizioni a metà anni Ottanta
In concerto, anche fuori città
Si avvera il sogno di una sede propria
Sinergie tra musica e danza
Esce di scena Lina Bodini Mazza
Corsi individuali e collettivi per tutti
Un corpo docente d.o.c.
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L’organizzazione della formazione musicale cittadina
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Capitolo I
La nascita
e i primi passi
(1953-1957)
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Donizetti, un nome conosciuto
La Civica Scuola di Musica “Gaetano Donizetti” viene alla luce il 14
aprile 1953 con il voto unanime della Giunta comunale presieduta
dal Sindaco Abramo Oldrini. Ma un corso musicale intitolato al compositore bergamasco esiste a Sesto da parecchi anni. È uno dei due
rami della Scuola Serale di Musica e Pittura (corso, questo, dedicato al pittore sestese Federico Faruffini anche lui vissuto, come Donizetti, nella prima metà dell’Ottocento) creata nel 1946 e mandata
avanti dal Centro Indipendente di Cultura (Cic), istituito nell’autunno del 1945: una delle tante associazioni sorte per iniziativa dei cittadini nel corso della storia della nostra città, a testimonianza della
vitalità del suo tessuto sociale.
L’intento del sodalizio, tra i cui promotori figurano intellettuali di diversa estrazione tra i quali Elio Bosia, Gino Rossi, Felice Furlani,
Carlo e Vittorio Graffigna, Rino Felappi, Umberto Cazzaniga, Gualtiero Anelli, Luigi Motta, Luigi Caputo, è nobile: indirizzare all’arte
giovani che, nell’ambito delle abituali occupazioni quotidiane, avvertono la necessità di ampliare i loro orizzonti culturali, di realizzare le loro aspirazioni imparando a suonare o a dipingere. Aspirazioni che, a onor del vero, altre organizzazioni cittadine cercano di
soddisfare, per lo meno sul versante musicale: è il caso, per esempio,
delle Acli San Giuseppe di via XX Settembre, che promuovono corsi di pianoforte e violino tenuti da docenti di scuole statali milanesi;
o della Corale “Amilcare Ponchielli”, autentica gloria canora sestese fondata nel lontano 1919; o dei vari corpi bandistici, dalla Banda
dei Lavoratori a quella del Rondò e al Corpo Musicale “Giuseppe
Verdi” del Circolo Cattolico San Clemente.
Animatore del Corso di Musica “Donizetti” è il maestro Serafino
Maghini: lui e un pugno di colleghi, sostenuti da una grande passione, insegnano pianoforte, violino, strumenti a fiato. La loro fatica è
premiata: il numero degli allievi cresce fino a raggiungere l’ottantina nel 1951. Passione e abnegazione, però, da sole non bastano. Ci
vogliono anche i soldi per tenere in vita la scuola.
E di soldi, tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio dei Cinquanta, non
ce ne sono molti. La situazione non è nera come nel 1946, quando l’italiano medio era uno squattrinato che indossava i vestiti di prima della guerra, aveva enormi difficoltà a trovare una casa e un lavoro, mangiava con la tessera e doveva arrangiarsi per sopravvivere. Tuttavia a
Sesto, nonostante la presenza delle grandi fabbriche, di tante piccole
imprese e di laboratori artigianali, la vicinanza con Milano e le sue attività imprenditoriali, il continuo impegno dell’Amministrazione co-
Pagina
accanto
Il coro,
uno dei punti
di forza
della Scuola
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Da sinistra,
gli Assessori
Carlo
Talamucci
e Osvaldo
Balbiani,
il Sindaco
Abramo
Oldrini
e il dirigente
comunale
Dealis
all’inizio
degli anni ’50
munale per sostenere il processo di ricostruzione e di innalzamento della qualità del vivere quotidiano, ci sono ancora tante famiglie che stentano a mettere insieme ogni giorno il pranzo e la cena. In questo periodo, secondo stime della Banca d’Italia, il costo della vita è circa 63
volte quello dell’anteguerra, per mantenere un figlio agli studi i genitori devono sborsare ogni mese la bellezza di 90 mila lire. Fioccano le
domande di aiuto all’Ente comunale di assistenza e le cambiali protestate in banca, la maggior parte di piccolo importo.
Il Cic, per quanto aiutato dal Comune con un contributo annuale, non
ce la fa a portare avanti i corsi e le difficoltà finanziarie si riflettono
sia sui docenti, che si ritrovano a insegnare senza la garanzia di ricevere il loro compenso, sia sugli stessi allievi, disorientati dalle incertezze sul futuro della loro scuola. Se non intervengono fatti nuovi si deve chiudere, con la conseguenza di buttare via un’opportunità culturale importante per la città. Il Comune ne è consapevole e decide di intervenire per scongiurare il pericolo.
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Fiocco rosa in casa del Comune
Il Sindaco Abramo Oldrini è di estrazione operaia, come del resto
quasi tutti i componenti della sua Giunta di sinistra. Sia lui che gli
assessori appartengono però a quell’élite con solide basi culturali, oltre che politiche, che si è fatta le ossa durante gli anni del fascismo e
della Resistenza.
Dall’aprile del 1946 si trova di fronte all’immane problema di ricostruire materialmente e socialmente una città in cui buona parte dei
quasi 50 mila abitanti vive in cascine e case di ringhiera prive di fognatura, molte strade sono disastrate e non ci sono semafori (al punto che non passa quasi settimana senza morti e feriti sull’asfalto), le
scuole sono poche e cadenti, i servizi carenti, le fabbriche hanno ripreso a funzionare ma licenziano e l’anagrafe ogni anno non solo tiene il conto di quanti sono i cittadini, ma censisce pure i capi di bestiame, perché stalle e campi occupano ancora una fetta cospicua del
territorio comunale. A complicare le cose, ecco la “guerra fredda”
con le polemiche al calor bianco tra filoamericani e filosovietici e
una lotta politica senza esclusione di colpi.
Un compito da far tremare i polsi, insomma, ma Oldrini e i suoi non
si perdono d’animo. Al di là dei toni accesi del confronto tra maggioranza e opposizione, cercano di essere gli amministratori di tutti
i cittadini, si adoperano per ricreare una comunità nella quale la crescita economica vada di pari passo con lo sviluppo di una rete di servizi pubblici all’altezza dei tempi e per rivitalizzare un fervore culturale che a Sesto ha radici antiche. «L’idea – commenta l’attuale
Sindaco Giorgio Oldrini, figlio di Abramo – era appunto quella che
non solo andava ricostituito il tessuto urbano e industriale ma che,
dopo il fascismo, occorresse riplasmare un’identità locale aperta verso la cultura del mondo, fondamentale per la dignità delle persone e
la qualità della loro esistenza. In quest’ottica, ebbero un ruolo di primo piano Pietro Lincoln Cadioli, che aveva riunito attorno a sé un
gruppo notevole di intellettuali cittadini (tra di essi, Renzo Cartolari, Tranquillo Casiraghi, Luigi Medri, Enrico Turolla), e Carlo Talamucci, che oltre a essere Assessore all’istruzione pubblica, era viceresponsabile della Commissione cultura del Pci milanese allora guidata da Rossana Rossanda».
Così, nel 1951, apre i battenti la Biblioteca Civica che, grazie all’opera di Cadioli nominato direttore, si trasforma ben presto in un autentico motore propulsivo delle attività culturali progettate o patrocinate dal Comune, in un centro di coordinamento e di indirizzo delle esigenze di cultura che via via emergono dalla popolazione (per
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Conferenza
nel salone
della
Biblioteca
Civica
di Villa Zorn.
Al centro,
con gli
occhiali,
il direttore
Pietro
Lincoln
Cadioli
esempio, esplorare la cinematografia internazionale oscurata dal fascismo: ed ecco, subito, il cineclub), in un luogo di dibattito artistico e letterario, il cui prestigio non ci mette molto a travalicare i confini comunali. E due anni più tardi un nuovo fiocco rosa verrà appeso sul portone del Comune per annunciare, appunto, la nascita della
Scuola Civica Serale di Belle Arti.
«Sapevamo – ricorda Carlo Talamucci – che erano nati gruppi e associazioni di cittadini appassionati di pittura, musica, arte, letteratura.
Erano considerati dei benemeriti per l’impegno profuso, ma la loro attività non garantiva la realizzazione del nostro progetto, che era quello di dare alla cultura locale una dimensione istituzionalizzata e adeguata alle esigenze della città. In breve, doveva essere il Comune a organizzare in forma efficace le iniziative culturali e la Biblioteca Civica esserne il punto di riferimento, di coordinamento e di controllo».
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Un pensiero questo che, per quanto riguarda la traballante scuola del
Cic, si traduce in azione con l’inizio dell’anno scolastico 1952-1953.
Il Comune assume direttamente la gestione, mette a disposizione di
insegnanti e studenti alcune aule di istituti scolastici cittadini (il corso musicale è ospitato nella Scuola Elementare “Martiri della Libertà”, al cui bidello Cesare Pedralli viene assegnato il servizio extra di
cura e pulizia dei locali), fissa la tassa di frequenza (6.300 lire da ottobre a giugno, pagabili a rate, per il Corso di Musica; 4.500 per
quello di Pittura), stabilisce i giorni e l’orario delle lezioni (per la musica il lunedì e il giovedì dalle 18 alle 20), determina gli stipendi del
personale, stanzia un contributo di 600 mila lire per pareggiare entrate e uscite, che vengono iscritte nel bilancio per un importo totale
di 874.500 lire.
A dirigere il Corso di Pittura “Faruffini” è designato il professor Carlo Zocchi, che è anche l’unico insegnante effettivo per una dozzina
di allievi. Alla direzione del Corso di Musica “Donizetti”, al quale si
iscrivono 35 studenti, è invece chiamato il maestro Riccardo Malipiero, il cui figlio Riccardo junior è un apprezzato compositore, uno
dei primi in Italia ad adottare il metodo dodecafonico ideato dall’austriaco Arnold Schönberg. Il corpo docente, oltre allo stesso Malipiero che insegna violino, comprende i professori Serafino Maghini
(strumenti a fiato), Adriana Pizzen e Anna Maria Virzì (pianoforte),
Ugo Bruni (violino e viola).
La Giunta formalizza il nuovo assetto il 14 aprile 1953 con la deliberazione numero 170, che si intitola appunto “Trasformazione della Scuola Serale di Musica e Pittura in Scuola Serale Civica. Assunzione a carico del Comune”. Recita testualmente il documento: «Rilevato che, essendo oggi la Scuola Serale di Musica e Pittura diventata un centro vivo di attività ed elemento indispensabile per la vita
della nostra città, è doveroso che l’Amministrazione comunale intervenga più decisamente, prendendo sotto la propria tutela i corsi di
musica e di pittura e istituendo una vera e propria Scuola Civica di
Belle Arti a modello di altre esistenti in parecchi Comuni anche meno importanti del nostro».
Il dado è tratto. Esce di scena il Centro Indipendente di Cultura, che
nel frattempo ha cessato di esistere, sale definitivamente alla ribalta
il Comune. Un fatto eclatante, perché con quella decisione Sesto diviene, escludendo Milano, l’unico centro della Lombardia a vantare
una civica scuola artistica: un plusvalore che va ad aggiungersi ai
corsi professionali serali di lingue, meccanica, disegno tecnico e che
crescerà ulteriormente negli anni successivi con l’istituzione delle
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Civiche Scuole di Danza e di Recitazione. «L’istituzionalizzazione
dei Corsi di Musica e di Pittura – ribadisce Carlo Talamucci – significò anche una sicurezza per i docenti, che non si sentirono più dei
solitari volontari, ma persone facenti parte, seppure in modo diverso
da un impiegato o un funzionario, di una struttura. Avvertirono che
l’opera da loro svolta non sarebbe stata più precaria e fine a se stes-
Lo spirito di quel tempo raccontato
da un protagonista: Carlo Talamucci
Con Abramo Oldrini sulla sedia del
regista, furono due i primattori
protagonisti nel dopoguerra del risveglio culturale sestese voluto e attuato dal Comune: Pietro Lincoln
Cadioli, cofondatore e direttore poi
della Biblioteca Civica, e Carlo Talamucci, ex tecnico della Breda Aeronautica, partigiano, consigliere comunale, Assessore alla pubblica
istruzione nella prima metà degli
anni Cinquanta, ancora oggi vitalissimo esponente della cultura cittadina. Ecco la sua testimonianza sullo spirito dell’epoca.
Come è arrivato il Comune ad assumere un ruolo centrale nella cultura
cittadina in un momento, quello della ricostruzione postbellica, in cui c’erano mille motivi per pensare a tutt’altro? Nell’infinità di problemi da
risolvere, gli amministratori si resero
conto che mancava nella nostra città
un sistema istituzionale di opportunità culturali, capace di soddisfare le
istanze della popolazione, in particolare dei giovani che, per mancanza di mezzi, non potevano aderire
alle iniziative private. L’Amministrazione comunale mi affidò, in quanto
Assessore all’istruzione, il compito di
studiare la questione e di prospettare le forme organizzative idonee per
conseguire l’obiettivo. Quando nei primi anni Cinquanta fui licenziato a seguito della chiusura della Breda Aeronautica, entrai a far
parte della Commissione cultura della Federazione milanese del Pci, allora guidata da Rossana Rossanda. Potei così trasferire nel Comune di Sesto tutta l’esperienza maturata a
contatto con i centri culturali, specie
della sinistra, del capoluogo lombardo. Ero insomma in grado di riflettere sulle carenze sestesi, grazie al confronto con una città culturalmente
ricca come Milano. I vuoti di sapere
determinati dal fascismo si erano
trasformati in sete di conoscenza e
noi, pubblici amministratori, avevamo il compito di soddisfarla. Era un
obiettivo politico che ebbe il pieno
appoggio del Sindaco e della maggioranza in Consiglio comunale: Sesto doveva diventare una città in cui
la cultura fosse una realtà predominante e non effimera. E così è stato.
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sa come in precedenza, ma che sarebbe stata riconosciuta e sostenuta organizzativamente dall’Amministrazione comunale. Questo senso di sicurezza e di appartenenza dava loro la certezza e la soddisfazione di vedere aumentare il numero degli allievi. Prima se li dovevano quasi andare a cercare, da allora in poi sarebbe stato il Comune a promuovere le attività della Scuola, informandone la cittadinanza».
I saggi degli studenti,
un’occasione di socialità
A settembre ecco comparire i primi manifesti e annunci comunali che
segnalano alla cittadinanza l’apertura delle iscrizioni. Nelle vetuste
aule della “Martiri della Libertà” e nell’omonima strada echeggiano
le note degli strumenti degli allievi della “Donizetti” messi alla frusta dai loro insegnanti.
Alla fine di ogni anno scolastico, come del resto succedeva al tempo del Cic, gli aspiranti musicisti si cimentano in un saggio finale davanti a genitori, amici, parenti, autorità comunali e insegnanti. La
prova, che cade tra la metà e la fine di giugno, non è solo un mo-
La Scuola
“Martiri della
Libertà”,
prima sede
del Civico
Corso
Musicale
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Lezione
di pianoforte
in un’aula
della Scuola
“Martiri”
mento di verifica della preparazione e un’opportunità per suonare in
pubblico e far vedere quanto si è bravi. È anche l’occasione per una
serata di mondanità, di incontro sociale. Teatro delle esibizioni sono
la Scuola “Martiri della Libertà” o il salone della Casa Albergo: il
pubblico indossa il vestito buono, i giovani esecutori salgono sulla
pedana compunti nel loro abitino della festa. Un’eleganza formale,
questa, che sarà rispettata almeno fino a tutti gli anni Sessanta.
Atmosfera di festa, nel giardino della “Martiri della Libertà”, anche
domenica 5 giugno 1955: si celebra la “Giornata della bontà e della
solidarietà”, organizzata dal Patronato Scolastico. Per l’occasione un
piccolo coro di bambini intona l’“Inno alla Città di Sesto”, parole di
Rino Felappi (che era stato tra i promotori del disciolto Centro Indipendente di Cultura) e musica di Serafino Maghini. La prima esecuzione del solenne brano, che è stato composto per onorare la promozione di Sesto al rango di città, è avvenuta pochi giorni prima, il 2
giugno: a cantarlo è stata la Corale “Ponchielli” accompagnata dalla Banda cittadina.
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Echeggia qualche stonatura
Non tutto, però, sembra filare liscio nella vita della giovane Scuola
Civica: affiora qualche stonatura, si levano voci critiche. A gettare il
sasso nello stagno è “L’informatore”, un settimanale locale diretto da
Felappi. Lamenta un articolo dal titolo “Non ha progredito la Scuola di Musica”, pubblicato nel numero del 2 luglio 1955: «Spiace dover constatare che la Scuola “Donizetti” non ha fatto progressi. Brutta impressione dal saggio finale di lunedì 27 giugno alla Scuola
“Martiri della Libertà”. È da segnalare in primo luogo la mancanza
di organizzazione. Tra un frastuono indiavolato, ad un tratto ci si accorge che il saggio è incominciato, una bambina è al pianoforte e si
intravvede che muove le dita sulla tastiera, ma la musica non si sente. Si alza il direttore della scuola, zittisce il pubblico. Non si era mai
visto iniziare un saggio in questo modo. Sarebbe stato opportuno, come consuetudine, che il direttore dicesse due parole ai genitori o che
almeno leggesse una breve relazione sull’attività dell’anno. Ma for-
Il pubblico
di uno dei
primi saggi
di fine anno
degli allievi
della Civica
“Donizetti”
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se era bene tacere, perché le cose non vanno come dovrebbero... Dopo tanti sacrifici dei fondatori della scuola, abbiamo salutato con
gioia quando questa divenne civica e bene fu accolta l’iniziativa del
Comune di una nuova direzione. Poiché nella scuola sono entrati
nuovi insegnanti e particolarmente un nuovo direttore, si credeva che
il progresso non potesse mancare. Purtroppo abbiamo invece con-
Esibizione a
quattro mani
di due piccoli
ed eleganti
pianisti
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statato, attraverso i saggi del triennio 1953-1955, che vi fu piuttosto
un regresso... L’organizzazione non fila, gli allievi con 15 minuti di
lezione al posto dei 30 retribuiti dal Comune non possono apprendere quanto richiesto dal programma. Ci risulta qualche incidente increscioso tra i genitori degli allievi e anche tra insegnanti ad opera
del direttore. Ci sembra che la scuola manchi di impulso, non alludiamo agli insegnanti, ma nel suo complesso organizzativo. È risaputo del non indifferente abbandono di molti allievi i quali, in un primo tempo circa 70, sono andati poi sempre decrescendo sì che ora
sono circa una trentina. Di chi la colpa? A nostro avviso della direzione, che non seppe accattivarsi il benvolere dei genitori e degli allievi: troppa rigidezza da parte del direttore, mai una parola paterna
di incoraggiamento ai ragazzi... È dunque necessario, per il bene del-
Si festeggia il
conferimento
a Sesto
del titolo
di “città”.
Al centro del
balcone di
Villa Mylius,
allora sede
del Comune,
il Sindaco
Oldrini saluta
la folla
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la scuola, che la direzione sia rinnovata con elementi giovani che infondano quella simpatia reciproca che conduce alla stima e al rispetto
di tutti i genitori».
Pronta la replica di Riccardo Malipiero, che in una lettera al giornale (pubblicata nel numero del 9 luglio) puntualizza:
- il direttore riferisce sull’attività della scuola alle autorità competenti
e non al pubblico di un saggio;
- il saggio si è concluso con un bis, dunque gli spettatori sono rimasti soddisfatti, come del resto testimonia il pubblico plauso dell’Assessore Talamucci all’indirizzo del direttore e dei suoi collaboratori;
- non è vero che gli insegnanti sono dei lavativi, lavorano in base al-
Tra gli allievi degli esordi
spunta un futuro Sindaco
Aveva otto anni quando varcò per
la prima volta il portone della Scuola “Martiri della Libertà”, nell’omonima via, dove in alcune aule di sera gli abbecedari e i sussidiari cedevano il posto a spartiti e a manuali
di musica. Era il 1954 e fino al 1957
il piccolo Giorgio Oldrini, figlio del
Sindaco di allora, fu allievo della
Scuola Civica “Donizetti”: uno dei
primi in assoluto. Non fu quella
un’esperienza per lui molto esaltante, anche se oggi la ricorda con
simpatia. Ma senza i rimpianti che
accompagnano quella successiva di
calciatore in erba.
Nel 1954 mio padre si recò in delegazione nei paesi dell’Est Europeo.
Tornò con un violino che proveniva
dall’Ungheria. In famiglia si discusse
a chi toccasse imparare a suonarlo:
ero il più piccolo, la scelta cadde su
di me e fui iscritto alla Scuola di Musica di via Martiri della Libertà. Il mio
maestro era Riccardo Malipiero senior, un signore dall’aspetto austero
che calzava le
pantofole per
tenere caldi i
piedi in quelle
aule così fredde
e umide. Frequentavo anche la classe di solfeggio dove insegnava il professor Giuliano Manzi,
che sapeva instaurare con gli allievi
un clima assai coinvolgente. Ciononostante non mi ci volle molto a capire che la musica è anche fatica e
meno male che a salvarmi, nel 1957,
arrivò da Milano l’Inter per impiantare, in base a un accordo con la Pro
Sesto, una scuola di calcio. Mio papà
mi iscrisse, ma la mamma fu categorica: «Vai già alle elementari, mi disse, dunque in più o il violino o il calcio. Scegli». Non ebbi dubbi e corsi a
indossare la divisa da calciatore. Il
violino però non finì in soffitta, fu
regalato a un ragazzino che imparò
a suonarlo egregiamente. Insomma,
fummo contenti in due.
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le presenze degli studenti e comunque non disattendono l’impegno
assunto con il Comune;
- nessun “increscioso incidente”, a meno di considerare tale l’osservanza delle norme disciplinari stabilite dal direttore;
- falso che gli allievi siano scesi da 70 a 30, dall’anno scolastico
1952-1953 il loro numero si è mantenuto tra i 30 e i 40.
“L’informatore” prende atto, ma non recede.
Si decide per un cambio di marcia
La “Donizetti”, intanto, procede per la sua strada. Gli allievi si mantengono sulla quarantina, ai docenti si aggiunge, per insegnare teoria e solfeggio, un giovane brillante e coinvolgente, Giuliano Man-
Il piccolo
Giorgio
Oldrini
a lezione
di violino
con il suo
maestro
Riccardo
Malipiero
senior,
direttore
della Scuola
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zi, il quale sa come rendere attraente una materia un po’ indigesta.
Non manca il tradizionale appuntamento con il saggio finale. Sabato 9 giugno 1956, in prima fila nel salone della Casa Albergo siede
anche il Sindaco Abramo Oldrini: a ricevere il suo applauso c’è anche un piccolo violinista di nome Giorgio che, seppure emozionatissimo, riesce a suonare fino in fondo la “Piccola melodia” di Bériot.
Meno di mezzo secolo dopo, il 15 giugno 2002, con altrettanta emozione cingerà nell’aula consiliare del Comune la fascia tricolore di
primo cittadino che fu di suo padre.
Il 1° ottobre riaprono le iscrizioni, riprendono le lezioni che si svolgono adesso il lunedì, il martedì, il giovedì e il venerdì dalle 17,30
Giuliano Manzi, con lui
mai noioso il solfeggio
Una noia per gli studenti di musica.
E neppure tanto amato dagli insegnanti di strumento: il solfeggio,
sostengono molti di loro, lo si impara sul campo, mentre si studia
pianoforte, o violino, o flauto, o altro. C’è stato però uno, nella storia
della “Donizetti”, che è riuscito a
rendere attraenti questa materia e
quell’altra, la teoria musicale, che
spesso le tiene compagnia nella
classifica del gradimento: il professor Giuliano Manzi. Il suo segreto?
Una solidissima esperienza didattica, una fruttuosa creatività come
compositore e una straordinaria capacità di coinvolgere gli allievi: con
lui il solfeggio diventava un gioco
educativo, cessava di essere un
“mattone” e basta.
È stato anche un’autorità nel ramo.
Nato a Monza nel 1928, Manzi ha
insegnato esercitazioni corali al
Conservatorio “Pedrollo” di Vicenza. Con le sue composizioni per coro ha fatto man bassa di premi: il
suo brano “Trirodari” ha vinto nel 1987 il
Concorso Usci
di Milano, la
sua fiaba musicale “Cuoredolce” è risultata prima nel 1992 al
Concorso nazionale “Una favola al
castello” di Torino. Suoi lavori sono
stati trasmessi più volte da Radiorai
3 e figurano nei cataloghi di diversi editori specializzati, insieme ai
manuali di solfeggio che hanno fatto cantare migliaia e migliaia di
aspiranti musicisti sia in Italia che
all’estero.
Alla “Donizetti” arrivò a metà degli
anni Cinquanta, rimanendovi per
più di trent’anni. Oltre a insegnare
teoria e solfeggio, ha creato e plasmato il coro della Scuola che, grazie alla varietà del repertorio da lui
proposto, ha sempre raccolto nel
tempo applausi e consensi dovunque si esibisse.
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alle 19,30. C’è pure una novità: ogni domenica mattina si tengono
delle esercitazioni d’orchestra per allievi già pratici di violino, viola, violoncello e contrabbasso. Ma a fine anno arriva il colpo di scena: Malipiero lascia, non si sa se infastidito per le critiche o perché
ha comunque deciso di passare la mano dopo un’esistenza trascorsa
a suonare e insegnare.
L’Amministrazione comunale non si straccia le vesti, non fa più di
tanto per trattenere l’anziano direttore, un gentiluomo all’antica al
quale forse difettava la duttilità necessaria per assecondare appieno
le finalità della “Donizetti”: essere, con la “Faruffini” e la Biblioteca Civica, un riferimento culturale capace di raggiungere, travalicando i suoi confini meramente didattici, famiglie, associazioni, l’intera società sestese. «Bisognava rivedere – rammenta Carlo Talamucci – l’organizzazione della Scuola alla luce delle nuove esigenze che emergevano dagli stessi allievi. Ci voleva una direzione più
energica e sensibile, più aperta e moderna». Sta per scoccare l’ora di
Lina Bodini Mazza.
Il violino, con
il pianoforte,
è sempre stato
uno degli
strumenti
di punta
della Scuola
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Capitolo II
Gli anni dello sviluppo
e dell’affermazione
(1958-1963)
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Entra in scena la “nostra concertista”
Il 13 novembre 1957 viene ratificato l’avvicendamento al vertice del
Corso di Musica “Donizetti”. Con la deliberazione numero 751 la
Giunta comunale formalizza gli incarichi di insegnamento per l’anno scolastico 1957-1958. Se ne va Riccardo Malipiero senior, arriva
Lina Bodini Mazza. Può contare su sette docenti: Adriana Pizzen,
Anna Maria Virzì e Maria Luisa Tommasini (pianoforte), Serafino
Maghini (strumenti a fiato e a plettro), Goffredo Bizzarri (violino),
Giuseppe Taverna (fisarmonica, armonica a bocca e chitarra), Giuliano Manzi (teoria e solfeggio).
Cambia anche la sede. Fuori dalle venerande aule della “Martiri della Libertà”, si trasloca nel complesso “Rovani-Forlanini” di via Marconi e via Fratelli Bandiera: il 5 novembre iniziano le lezioni del nuovo anno scolastico. A Lina Bodini Mazza si spalanca uno scenario
inconsueto.
Quarant’anni, primogenita delle quattro figlie dell’ex maresciallo dei
Carabinieri Evasio Mazza, che tra le due guerre mondiali ha comandato la Stazione di Sesto dell’Arma, la nuova direttrice è una gloria
musicale cittadina. Si era fatta notare già poco tempo dopo aver cominciato, all’età di otto anni, a studiare pianoforte: in un concerto benefico al Teatro “Elena” era stata salutata come “bambina prodigio”.
Completa la formazione pianistica, integrata da corsi di composizione e canto, sotto la guida dei maestri Francesco Martinotti e Carlo
Vidusso, diplomandosi nel 1937 a pieni voti e la lode al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, uno dei più importanti se non, addirittura, il numero uno in Italia.
Decide di intraprendere la carriera concertistica, ma nel 1940 deve
accantonare le sue aspirazioni: l’Italia entra in guerra. Nel 1946, dopo le vicissitudini belliche, riprende a suonare in pubblico. Si esibisce in diverse città italiane, la chiamano alla Rai, suona da solista,
come accompagnatrice di cantanti lirici e in formazioni cameristiche.
Fruttuoso il sodalizio con il Quartetto della Scala, formato dai violinisti Flavio Bonzo e Mariano Frigo, dal violista Walter Rugalli, dal
violoncellista Walter Caletti. Insieme a loro miete applausi anche tra
il pubblico sestese: memorabile il concerto del 1° giugno 1956 nel
salone della Casa Albergo, a chiusura della stagione culturale della
Biblioteca Civica.
L’unanime apprezzamento sulla sua bravura è ben esplicitato da un
articolo pubblicato sul numero del 5 novembre 1955 del periodico
locale “L’informatore”. Si legge: «La signora Bodini Mazza è una
pianista per eccellenza, la nostra concertista. Ha suonato ovunque,
Pagina
accanto
Si suona
insieme,
uno dei
momenti più
emozionanti
dell’educazione
alla musica
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Lina Bodini
Mazza e
i solisti del
Quartetto
della Scala
ricevono
l’applauso
del pubblico
alla fine di
un concerto
con chiunque, senza paura, adattando la tastiera alla maestria delle
sue mani e del suo temperamento, al suo gusto sopraffino e delicato,
sempre mirante più alla forma che alla sostanza. Bada più alla perfezione stilistica che alla musica che “fa colpo”. Non per nulla in
questi ultimi anni si è cimentata con pagine pianistiche di autori moderni (persino Ellington), portandole alla presa di un pubblico al momento perplesso, poi entusiasta. Dove c’è battaglia c’è interesse e
l’interesse di Lina Bodini Mazza è mirare in alto, sempre più dove è
difficilissimo avere un posto d’onore».
Ma non ci sono soltanto i concerti. Mirare in alto, per Lina Bodini, significa anche trasmettere, soprattutto ai giovani, la passione per la musica. Ha cominciato a insegnare privatamente dopo essersi diplomata
e non ha mai smesso neppure durante la guerra. La villetta in fondo a
via Mazzini, dove abita, risuona delle note, ora incerte, ora spavalde,
di tanti aspiranti pianisti. In prima fila, le due figlie nate dal matrimonio con Giovanni, dipendente della Falck: la maggiore, Mariarosa, nel
1960 si diplomerà giovanissima al Conservatorio di Milano, anche lei
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sotto la guida di
Vidusso, anche
lei a pieni voti e
la lode, intraprendendo poi una
brillante attività
concertistica e divenendo, in seguito, docente
dell’istituzione
musicale milanese; pure la minore, Laura, è molto
portata per la musica, ma preferirà
esprimere le sue
capacità su un
versante altrettanto impegnativo,
quello della medicina del lavoro e della prevenzione degli infortuni,
un vero flagello allora come oggi.
Concertista, insegnante e, in più, instancabile organizzatrice di eventi musicali. Tuttavia, non è solo per i suoi meriti professionali che il
Comune chiama Lina Bodini a prendere il posto di Riccardo Malipiero senior. «Decidemmo di puntare su di lei – precisa Carlo Talamucci – perché, pur non avendo all’epoca una vastissima esperienza didattica, la vedevamo molto attiva in campo musicale. Ma pure
perché aveva un carattere deciso, era sestese, di una famiglia conosciuta, era in sintonia con gli orientamenti dell’Amministrazione comunale. Anche questo aveva la sua importanza, essere non necessariamente schierati partiticamente, ma animati da spirito democratico. Tanto che, per esempio, la Commissione di vigilanza della Biblioteca Civica comprendeva cattolici, repubblicani, indipendenti,
non solo comunisti e socialisti. E Lina Bodini seppe superare le difficoltà iniziali, dovute all’incontro con una realtà tutto sommato nuova per lei, proprio perché riuscì a capire l’importanza della nostra impostazione, ovvero che tutte le attività della Scuola Civica di Belle
Arti dovevano rispondere, oltre a ovvie esigenze didattiche, a una visione culturale assai più ampia: i corsi, insomma, dovevano porsi al
servizio della cittadinanza, essere aperti alle sue istanze, non trasformarsi in circoli chiusi per pochi adepti. Fu così che la Biblioteca
Il complesso
scolastico
“Forlanini”,
seconda sede
della Civica
“Donizetti”
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e la Scuola allargarono i loro confini, raggiungendo con le loro iniziative le famiglie, le associazioni, tutto il tessuto sociale: fu questa
una fortuna per lo sviluppo della cultura nella nostra città».
La nuova direttrice
si mette subito all’opera
Il compito che attende la neo direttrice non è facile e in effetti, nei
primi tempi, non mancano le difficoltà e i momenti di scoramento.
Momenti di
trepidazione
per il giovane
pianista
ascoltato
dalla
direttrice
e dal suo
insegnante
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Ma lei non è tipo da tirarsi indietro, ha carisma, temperamento, ambizione. Ha saputo farsi largo, conquistando applausi e notorietà, in
un mondo di segno maschile, qual era allora quello dei concerti di alto livello, che concedeva pochi scampoli ai sogni di successo delle
donne musiciste.
Più spine che rose il debutto
a scuola di Lina Bodini Mazza
Applausi, complimenti, fiori, bella
gente. Tutto un altro mondo, quello dei concerti, rispetto alla poco
brillante realtà del Civico Corso di
Musica che il Comune le affidava
nel 1957 per cercare di risollevarne
le sorti. Persino a una personalità
forte come Lina Bodini venne la
tentazione di lasciar perdere dopo
avere accettato la direzione lasciata da Riccardo Malipiero senior. Ecco la rievocazione di quei suoi primi giorni di scuola.
La carriera concertistica mi aveva dato belle soddisfazioni, però mi rendevo conto che suonare in pubblico
era uno stress notevole per me,
avendo oltretutto come “rivale”,
per quanto fossimo in ottimi rapporti, il mio maestro Carlo Vidusso,
più bravo e ricercato. Non esitai
dunque a cogliere l’opportunità che
mi veniva offerta dal Sindaco Oldrini e dall’Assessore Talamucci: meglio
dirigere una scuola - pensai - che
suonare con l’ansia del successo. Ma
l’impatto con la novità non fu confortante: poche classi, pochi allievi e
per giunta di livello musicale modesto, risultati didattici scarsi. Ero molto delusa, spesso tornavo a casa
piangendo, insomma stavo quasi
per rinunciare:
vivevo quell’esperienza come
una mortificazione per la
mia fama di
concertista. Poi,
parlandone con lui, Vidusso mi disse
che era assai più importante creare
una scuola che suonare in concerto:
molti sono i concertisti - furono le
sue parole - pochi invece i musicisti
capaci di plasmare un’istituzione
scolastica, mantenendola viva. Capii
allora quale doveva essere la mia
strada, tenni duro, poco alla volta
riuscii anche a circondarmi di collaboratori più attenti alla qualità dell’insegnamento che alla quantità degli allievi e alla fine i risultati sono
venuti. La “Donizetti” si è via via fatta conoscere e apprezzare anche
fuori dai confini comunali, ed è arrivata ad avere fino a 700 iscritti: parecchi ragazzi hanno concluso con
soddisfazione il loro corso di studi,
conseguendo il diploma di conservatorio; tanti sono stati e sono tuttora gli adulti, dei quali ho sempre
cercato di favorire la frequenza affinché pure loro potessero coltivare
la passione per la musica.
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Due giovani
sassofonisti
in un saggio
agli inizi
degli anni ’60
Supera la crisi da primo impatto: fallire, del resto, è un verbo che non
fa parte del suo vocabolario. Si rimbocca le maniche e si butta con
decisione nell’impresa di rivitalizzare la cagionevole “Donizetti”,
motivando insegnanti e studenti e imprimendo all’istituzione quello
slancio che il Comune auspica, ma che fin lì non si è visto.
Tempo tre mesi ed ecco che, nel marzo 1958, il salone della Biblioteca Civica apre i battenti per accogliere, come documenta la puntuale cronaca de “L’informatore”: «Un simpatico trattenimento promosso dalla direttrice della “Donizetti”. Sono presenti gli Assessori
Rosa Bisignani Casapollo e Carlo Talamucci, i docenti della scuola
e un folto pubblico di familiari, che hanno applaudito le esibizioni
degli allievi al pianoforte e agli strumenti a fiato. Due ore di lieta armonia, che servono per mostrare i progressi registrati dall’inizio dell’anno scolastico 1957-1958».
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La “Donizetti” spicca il volo
Il ghiaccio è rotto, la “Donizetti” sta per spiccare un volo che, con
qualche inevitabile alto e basso, la porterà dritta nel cuore della città per cinquant’anni. E oltre. Sabato 14 giugno è la volta del salone
dell’Albergo “Moderno” a echeggiare di note: sono quelle del saggio di fine anno, che allinea gli allievi delle classi di pianoforte, violino, chitarra, oltre al coro. È ancora successo.
In quei giorni, però, le cronache musicali locali sono dedicate soprattutto a Giovanni Salvatore, un operaio della Magneti Marelli
grande intenditore di canzoni, che fa man bassa di gettoni d’oro a una
delle trasmissioni più popolari nella storia della televisione italiana:
“Il musichiere”, condotto da Mario Riva, orchestra diretta da Gorni
Kramer, due assi dello spettacolo leggero.
Non ci sono soltanto i saggi nel carnet che la “Donizetti” offre alla
cittadinanza. Un passo dopo l’altro la Scuola si incammina a diventare anche il volano della cultura musicale sestese. Così, tre giorni
dopo la consueta esibizione di fine anno dei giovani musicisti nella
palestra della “Forlanini”, il 16 giugno 1959 tocca alla direttrice e a
un’insegnante, Anna Maria Rotella che è stata sua allieva di pianoforte, animare il concerto che il Comune ha organizzato in onore delle autorità scolastiche cittadine e degli studenti vincitori della borsa
di studio comunale per l’anno testé concluso.
Unanime è l’accoglienza del pubblico, che accomuna nell’applauso l’altra pianista Mariarosa Bodini e il violinista Alberto Giglio.
Pochi mesi più tardi, nel febbraio e nel marzo 1960, la Biblioteca Civica organizza nella sua sede di Villa Zorn delle serate sulla musica
francese e spagnola: sono ancora alcuni insegnanti della “Donizetti”
a tenere banco.
E nel giugno successivo, sempre in occasione della consegna delle
borse di studio del Comune alla presenza del Vicesindaco Alessandro Cazzaniga e dell’Assessore alla pubblica istruzione Rosa Casapollo, si esibisce anche il coro diretto da Giuliano Manzi.
Aumentano gli iscritti,
si ampliano le classi
Domenica 22 maggio 1960, durante il saggio di fine anno alla Scuola “Forlanini”, sull’onda dell’entusiasmo suscitato da tutti gli esecutori e in particolare dal coro che ha incantato il pubblico con canti
popolari russi e americani, viene annunciato l’ampliamento del nu-
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mero delle classi nell’anno scolastico che inizierà in autunno: ce n’è
bisogno per far fronte alle crescenti domande di iscrizione.
Confermerà poi il settimanale locale “Sesto città” nel numero di sabato 8 ottobre: «Tra le attività culturali dell’Amministrazione comunale spicca quella delle scuole serali, che godono sempre più del favore della cittadinanza, come prova il costante aumento del numero
degli allievi. (…) La Scuola di Musica “Donizetti”, sorta alcuni anni fa con un numero iniziale di trenta alunni, ha raggiunto il centinaio lo scorso anno, compresa una folta schiera di bambini di setteotto anni. Inoltre ha ampliato il numero dei corsi. (…) Il successo
delle scuole serali del Comune dipende anche dal fatto che le quote
di frequenza sono molto basse e le lezioni sono tenute in orari possibili per chi lavora durante il giorno».
Un merito non da poco, quello di far pagare tasse di frequenza abbordabili. Si respira aria di boom economico in quegli anni, un pizzico di benessere fa capolino nelle case di Sesto, la cui popolazione è salita a 70 mila abitanti dai 45 mila di dieci anni prima. Ma non
è che la vita sia regalata: nello stesso periodo la spesa mensile di
una famiglia media è rincarata all’incirca di 30 mila lire. Quanto ai
lavoratori, è stata la stessa direttrice a proporre orari accessibili per
dare anche a loro la possibilità di coltivare i propri interessi musicali e di imparare a suonare uno strumento. Anzi, agli insegnamenti se ne aggiunge uno, gratuito come la partecipazione al coro: storia della musica.
Inoltre, proprio per venire incontro alla voglia di avvicinarsi alla
musica e di suonare, Lina Bodini ha pensato di ripartire i corsi di
ciascuno strumento in due ordini di studio: uno conforme ai programmi di conservatorio per consentire agli allievi, se lo vogliono
e sono preparati, di sostenere regolari esami di licenza e di diploma; l’altro più libero, per fornire le nozioni musicali fondamentali e mettere in grado di suonare, anche a un buon livello, per puro
diletto personale.
Insomma, la “Donizetti” funziona. E nel marzo 1961, mese in cui si
celebra in Consiglio comunale il centenario dell’Unità d’Italia, Lina
Bodini Mazza può andare fiera del bilancio che tratteggia al Vicesindaco Luigi Nale in visita alla Scuola: 120 allievi, 11 docenti, lezioni
tutti i giorni dalle 17,30 alle 21. Già che c’è, azzarda una richiesta:
aule più consone a una scuola di musica, quelle della “Forlanini” sono nate per altre esigenze. La questione, nonostante la disponibilità
del Comune, rimarrà sul tappeto ancora per parecchi anni.
Maggio e giugno mettono alla frusta i giovani allievi. Mercoledì 31
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maggio alla Biblioteca Civica si svolge una serata musicale che vede alla ribalta pianisti, fisarmonicisti e strumentisti a fiato. Chiude il
coro. Applausi per tutti. Due settimane dopo, sabato 17 giugno, arriva il momento del saggio di fine anno. Alle 21, nella palestra della
“Forlanini” sfilano sul palco ventidue esecutori. Ce n’è uno che suona al pianoforte brani di Chopin e Albeniz e che negli anni successivi diventerà un’autorità nel campo dell’oncologia, oltre che esponente di rilievo della politica sestese: Giorgio Parmiani, attuale vicedirettore scientifico dell’Istituto nazionale per lo studio e la cura
dei tumori di Milano. Le cronache
cittadine sottolineano i costanti progressi del numero e della qualità delle esibizioni, frutto del lavoro della
direttrice e degli insegnanti.
Si festeggiano i dieci
anni di attività
Con l’avvio in autunno dell’anno scolastico 1962-1963, la “Donizetti” entra
nel decimo anno di attività: gli iscritti
sono 130, pagano mille lire al mese
per la frequenza. È lontano il ricordo
degli inizi stentati, la Scuola è diventata un’importante istituzione della
“città delle fabbriche”, dall’ottobre
1961 gemellata con un centro francese
alle porte di Parigi, che per molti
aspetti le assomiglia: Saint-Denis.
Ma, pochi mesi prima di festeggiare
l’anniversario, perde uno dei suoi
“papà”. Il 3 febbraio 1962, a 50 anni
appena compiuti, muore Abramo Oldrini. Lo piangono amici e avversari:
era un uomo di partito, è stato il Sindaco di tutti. Gli succede Giuseppe
Carrà, un altro personaggio carismatico per il suo passato di combattente
antifascista: la continuità di azione
dell’Amministrazione comunale non
subisce scossoni.
Un compunto
Luigi
Vimercati,
futuro
Assessore,
in posa
seduto
al pianoforte
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Grazie all’appoggio del Comune, la direzione mette in pista nuove
iniziative miranti a moltiplicare le occasioni degli allievi per fare
esperienza, suonando fuori dalle familiari pareti scolastiche, e per
accrescere le loro conoscenze musicali. Così, accompagnati da alcuni insegnanti, gruppi di giovani vanno al Teatro alla Scala dove
si rappresenta “Rigoletto” di Verdi e all’Angelicum per assistere a
un concerto con musiche di Vivaldi e Monteverdi. Altri, invece, animano trattenimenti musicali per gli scolari delle elementari: alla
“Martiri della Libertà”, prima casa della “Donizetti”, si fa notare
Luigi Vimercati, studente di pianoforte, futuro Assessore alla cultura. Altri ancora, i più preparati, vanno in trasferta: al Lyceum e al-
Maria Luisa Tommasini, il rimpianto
di avere dovuto smettere di insegnare
Non fosse stato per una legge del
1996, che impediva di cumulare redditi da lavoro alla pensione, Maria
Luisa Tommasini sarebbe ancora lì,
nelle aule della “Donizetti”, a insegnare pianoforte. Come trent’anni
prima quando, dopo il diploma e
un’esperienza da concertista, fu reclutata nel 1957 per aiutare, con
l’entusiasmo della gioventù, la nuova direttrice a smuovere le acque e
rilanciare la Scuola.
I primi furono anni difficili, costretti come eravamo in sedi poco adatte a una scuola di musica, dove finivamo anche per creare qualche difficoltà organizzativa a chi ci ospitava: si tirava avanti con le lezioni fino alle nove di sera per permettere
agli adulti di frequentare dopo l’orario di lavoro. Il decollo è avvenuto
negli anni Sessanta e al successo
hanno contribuito sia le varie iniziative concertistiche proposte da Lina
Bodini, alle quali ho dato anch’io il
mio contributo
in diverse occasioni, sia i saggi
di fine anno
che hanno consentito ai sestesi di conoscere
il nostro lavoro, sia ancora gli incontri con le scuole elementari della città per promuovere la musica
tra i piccoli alunni. L’Amministrazione comunale ha sostenuto l’attività
della “Donizetti”, considerando come un fiore all’occhiello per Sesto
avere una civica scuola musicale
quando tutt’intorno c’era solo quella di Milano. Anche per noi docenti
era un motivo d’onore insegnarvi,
sebbene la retribuzione non sia mai
stata consona alla reputazione dell’istituzione: ma era, questo, un
aspetto che passava in secondo piano di fronte alle attestazioni di stima e di affetto che, negli anni, ho
ricevuto da allievi e colleghi.
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la Famiglia Meneghina di Milano, al Liceo “Appiani” di Monza
tengono alto il nome della Scuola.
Per il saggio conclusivo del decennale, si fanno le cose in grande. La
palestra della “Forlanini” cambia faccia, si trasforma in un auditorium con fiori e drappeggi come per un’autentica serata di gala, alla
quale aggiunge importanza la presenza del Sindaco Carrà e dell’Assessore Casapollo. Il pubblico che gremisce la sala tributa, con il suo
applauso caloroso e sincero ai giovanissimi e meno giovani esecutori, il riconoscimento più bello ai meriti della “Donizetti”.
Il lusinghiero giudizio di un intenditore
Meriti convalidati anche dagli esperti del ramo. Scrive infatti il critico musicale, docente di conservatorio e direttore d’orchestra Piero
Santi, sul numero di novembre 1963 del bimestrale comunale “La
città”: «L’esistenza e il rapido sviluppo della Civica Scuola di Musica valgono a confermare l’organicità e l’autonomia culturali raggiunte da Sesto San Giovanni, già attestate dalle molteplici iniziative nel campo dell’educazione, della ricreazione e dell’arte attuate dal
L’orchestra
e il coro
nel saggio
celebrativo
del decimo
anniversario
della Scuola
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Comune con ritmo crescente dal dopoguerra a oggi. Tanto più significativa, sotto tale aspetto, appare la Scuola “Donizetti” se si considera che gli istituti di istruzione musicale delle altre città italiane, taluni divenuti in seguito conservatori o licei pareggiati, erano sorti ancora nell’Ottocento o nei primi anni del nostro secolo, per la maggior parte, sotto lo stimolo di una tradizione e di una vita musicale
locali sconosciute a Sesto. Si aggiunga che la Scuola sestese è nata
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a pochi passi da Milano, vale a dire da uno dei centri musicali più
ricchi d’Italia e meglio attrezzati per l’insegnamento... Vero è che la
Scuola Civica “Donizetti”, lungi dall’irrigidirsi in criteri didattici
troppo accademici, seppe presto corrispondere alle predilezioni popolari istituendo, accanto ai corsi originari di pianoforte, violino, teoria e solfeggio, quelli per strumenti di accessibilità e di attrattiva più
facili, tali soprattutto perché li si vede impiegati anche nella musica
leggera, quali il clarinetto, il sassofono, la tromba, la chitarra, la fisarmonica e l’armonica a bocca. Anche questi strumenti, però, sono
insegnati da docenti qualificati sulla base dei programmi di studi dei
conservatori e sulla scorta dei metodi classici, sì da garantire una preparazione rigorosa e di alto livello».
Pagina accanto
Flash
dal saggio
del decennale.
Alla chitarra
il futuro
Assessore
Viscardo
Bulgarelli
Imparare la musica, una chance
di elevazione sociale e artistica
Ma che cosa ha significato per la
cittadinanza, a cavallo tra gli anni
Cinquanta e Sessanta, l’esistenza di
una Civica Scuola di Musica?
Ecco quanto scrisse il settimanale
locale “Sesto città” in un articolo
pubblicato sul numero del 20 ottobre 1962.
La “Donizetti” ha incontrato l’appoggio e l’interesse delle famiglie,
che hanno avuto modo di comprendere il valore e l’importanza
dell’educazione musicale sia per la
formazione del gusto, sia per lo sviluppo della sensibilità artistica e
dello spirito critico nella gioventù.
Ma va anche detto che gli allievi e
le loro famiglie guardano alla scuola come a un’istituzione che seriamente forma le basi per consentire
di raggiungere mete artistiche impensabili senza la sua opera. Questa è la più evidente dimostrazione
dell’importante funzione che svol-
ge una scuola
musicale improntata a criteri di qualità e
sostenuta dall’Amministrazione comunale che anche in questo campo assolve il suo compito di elevazione e
qualificazione dei cittadini. Che ciò
sia vero lo prova il fatto che la “Donizetti” è frequentata da giovani di
più diversa provenienza e condizione sociale. Questi positivi apprezzamenti li facciamo volentieri in un
momento in cui sono sul tappeto
problemi fondamentali per la scuola italiana nella quale ci auguriamo,
anche per i positivi risultati di iniziative comunali come quella sestese, di vedere colmate le gravi lacune attinenti all’educazione artistica
dei giovani, che è pur sempre un indice della civiltà di un paese.
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Capitolo III
Una fucina
di iniziative
e di talenti
(1964-1979)
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Si intensifica l’azione educativa
della Civica Scuola
Non c’è tempo per riposare sugli allori. Archiviati i festeggiamenti
del decennale e gli apprezzamenti, la “Donizetti” riparte di slancio
verso nuovi traguardi. È, del resto, un periodo di trasformazioni per
la “città delle fabbriche”, ma lo sviluppo urbanistico ed economico
non fa dimenticare i valori che hanno connotato la storia locale e che
sono testimoniati dal monumento alla Resistenza, opera dell’architetto Piero Bottoni, inaugurato il 25 aprile 1963 nella piazza attorno
alla quale sta prendendo forma il nuovo centro civico con l’attuale
Palazzo del Comune, che verrà inaugurato il 1° maggio di quattro anni dopo.
Per contribuire ulteriormente all’educazione musicale dei giovani sestesi, all’inizio del 1964 la direzione della Scuola, appoggiata dall’Amministrazione comunale, organizza in collaborazione con il
Conservatorio di Milano una serie di concerti sotto l’egida
dell’A.gi.mus.-Associazione giovanile musicale, un’organizzazione
sorta nel 1949 e patrocinata dal Ministero della pubblica istruzione,
che si occupa di diffondere la conoscenza della musica, affiancandosi alle istituzioni musicali o sostituendosi ad esse dove non ci sono. È, per certi aspetti, la risposta nazionale alla Jeunesses Musicales, il circuito concertistico internazionale per giovani emergenti presente nel nostro paese dai primi anni Cinquanta attraverso la sua filiale, la Gioventù Musicale d’Italia.
Per mettere in pista l’iniziativa si è attivato in prima persona il Sindaco Carrà, che ha preso accordi direttamente con il direttore del
Conservatorio, Jacopo Napoli. Per assistere ai concerti, è necessario
associarsi all’A.gi.mus.: si pagano 700 lire e la quota di iscrizione dà
diritto ad avere lo sconto sul biglietto di ingresso all’Angelicum e in
altre sale milanesi. Un’eccellente occasione della quale approfittare,
dunque, per i ragazzi appassionati di musica, che rispondono molto
positivamente.
Il primo dei cinque appuntamenti in cartellone si tiene la sera del 18
gennaio nel salone della Biblioteca Civica, che si alterna con il Conservatorio nell’ospitare gli spettacoli, tranne uno di balletto che si
svolge alla Scala. In marzo, per esempio, è l’istituzione milanese ad
accogliere i sestesi per l’esibizione, tra gli altri, dell’orchestra e del
coro dei suoi allievi guidati da un giovane napoletano, di cui si dice
un gran bene e che non è proprio un estraneo per Sesto giacché capita spesso, per delle feste tra compagni di studio, nella villetta di via
Pagina
accanto
Si rappresenta
“Tosca”
nella sala
del Consiglio
comunale
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Mazzini dove abita Lina Bodini con la famiglia. Non deluderà i pronostici. In capo a una ventina d’anni diventerà uno dei direttori d’orchestra più acclamati del mondo. Il suo nome? Riccardo Muti.
Una lezione
di violino
in un’aula
della Scuola
“Forlanini”
Un ulteriore scatto di qualità
Proseguono anche gli sforzi della direzione per elevare la qualità della preparazione degli allievi della Scuola. Viene per esempio introdotta la prassi del concorso interno per designare i migliori dell’anno. Sulla scia degli
ottimi rapporti di collaborazione in essere,
nella commissione
esaminatrice siede un
docente del Conservatorio di Milano.
Si pone anche il problema, crescendo il
numero degli allievi
più promettenti che
progrediscono nel
programma ministeriale di studi, di dare
loro l’opportunità di
completare la preparazione per sostenere
gli esami nei conservatori e negli istituti
musicali abilitati: a
Milano, oltre al Conservatorio, all’epoca
c’è solo l’Accademia
“Anzaghi”. La “Donizetti” istituisce all’uopo il corso di armonia complementare, affidandolo a un
docente di indiscusso
prestigio: Franco Donatoni, uno dei massimi compositori del
Novecento.
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Donatoni non è il musicista distaccato, che se ne sta isolato, chino
sul pianoforte e a tavolino a scrivere partiture. Ha la vocazione di
“fare scuola”, insegna al Conservatorio di Milano e per cinque anni
metterà il suo genio a disposizione degli allievi della “Donizetti”, prima di trasferirsi nella romana Accademia di Santa Cecilia e poi a Siena nell’Accademia Chigiana. Sarà il primo di altri grandi nomi della musica che valorizzeranno, con il loro contributo didattico, l’attività della Civica.
Sempre nell’ottica di ampliare il panorama culturale degli allievi, nell’anno
scolastico
1964-1965 il corso di
storia della musica
viene diviso in due filoni: uno volto alla
preparazione degli
esami in conservatorio; l’altro a tema libero, sviluppato in
una serie di lezioni
supportate da audizioni discografiche. Nell’anno in questione,
l’argomento scelto è
il jazz e questo, come
sottolinea il bimestrale “La città”, «pone la
“Donizetti” al secondo posto tra gli istituti musicali, dopo il
Conservatorio di Firenze, nel proporre tale genere musicale
quale seria materia di
studio, con la conoscenza delle sue origini, dei suoi sviluppi
attraverso i vari stili e
dell’influenza che ha
esercitato ed esercita
sui musicisti moderni
e contemporanei».
Il maestro
Franco
Donatoni
con alcuni
suoi studenti
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Si ripete intanto il successo dei concerti targati A.gi.mus.: sono circa 200 i giovani iscritti all’Associazione che fanno la spola, per assistervi, tra il Conservatorio di Milano e la Biblioteca Civica di Sesto, dove si tengono inoltre i concerti del ciclo “Strumenti ad arco”.
Maggio 1955:
applausi agli
interpreti de
“La traviata”
al Teatro
Elena.
Al centro,
la soprano
Floriana
Cavalli
Decollano le stagioni concertistiche
dell’Amministrazione comunale
Tra la fine del 1966 e l’inizio del 1967 Lina Bodini propone al Comune un’idea destinata a trasformare la scena musicale cittadina:
dare vita a stagioni concertistiche annuali in maniera stabile, sotto
l’egida dell’Amministrazione comunale, chiamando a suonare musicisti di valore internazionale.
Non è che Sesto sia, in quegli anni, un deserto in fatto di grande musica. Tutt’altro. Oltre alle molteplici iniziative varate dalla stessa
“Donizetti”, da associazioni e circoli culturali a cavallo degli anni
Cinquanta-Sessanta, la città può andare orgogliosa del concerto da-
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to nell’ottobre 1955 al Teatro “Elena” dall’Orchestra della Scala, diretta da Guido Cantelli, che esegue l’ouverture da “La gazza ladra”
di Rossini, la Quinta sinfonia di Beethoven, la Prima di Brahms e, in
un delirio di ovazioni, concede il bis con la sinfonia da “I vespri siciliani” di Verdi.
L’orchestra scaligera tornerà a Sesto nel novembre 1974, chiamata dalla rappresentanza sindacale della Breda Termomeccanica e dall’Amministrazione comunale, per un altro memorabile concerto: saranno
più di 2 mila le persone che, accalcate nel salone mensa del complesso industriale, applaudiranno gli orchestrali e il loro direttore Claudio
Franco Donatoni, un maestro
di trascinante carica umana
Non capita spesso di avere per maestro un grande della musica. Alla
“Donizetti” è successo: un pugno di
fortunati, tra il 1965 e il 1970 circa,
prese lezioni di armonia complementare nientemeno che da Franco
Donatoni. Straordinario non solo
come compositore, ma anche come
didatta: apprezzato in tutto il mondo nell’una e nell’altra veste. Così lo
ricorda Maria Isabella De Carli, docente di pianoforte al Conservatorio
di Milano, che gli fu accanto nella
vita affettiva e professionale fino alla scomparsa nell’agosto 2000.
Donatoni aveva una forte capacità
comunicativa nei confronti degli allievi. Sapeva trasmettere a tutti una
vitale carica umana e la capacità di
analizzare con rigore la tecnica
della scrittura musicale. Sapeva
sempre aggiungere qualcosa di
nuovo, di suo agli insegnamenti
tradizionali, dal contrappunto alla
fuga, che completano il curriculum
scolastico. Era insomma animato da
un profondo
amore per la
musica, tanto
da dedicare sovente del tempo anche ad allievi probabilmente non dotati. Era un atteggiamento derivante dal fatto che, agli
inizi, egli stesso era stato aiutato da
Goffredo Petrassi, altro caposaldo
della musica del Novecento, che
non si era fatto negare tutte le volte che si era rivolto a lui per consiglio. Allo stesso modo Donatoni dimostrò la massima disponibilità verso gli allievi: sempre porte aperte
per loro. Ed è questo il messaggio
che ha lasciato alla Civica Scuola di
Sesto, un’esperienza che non ha
mai snobbato perché anche lì
avrebbe potuto incontrare qualche
studente con i numeri giusti. Da
musicista e docente non si sarebbe
perdonato di essersi lasciato scappare una tale opportunità.
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Abbado. E nel marzo 1975 la fabbrica tornerà a essere teatro di un altro evento promosso dai sindacati e dalla Biblioteca Civica: la rappresentazione di “Al gran sole carico d’amore” di Luigi Nono, presenti
l’autore, Abbado e un asso del pianoforte, Maurizio Pollini.
Nel febbraio 1956, il bicentenario della nascita di Mozart viene celebrato all’“Elena” dall’Orchestra del Politecnico di Milano diretta
da Alberto Zedda. In programma: il Concerto in la maggiore K488
per pianoforte e orchestra, solista Lina Bodini; e arie da “Le nozze
di Figaro” e “Don Giovanni”, interpretate da un’emergente celebrità cittadina, la soprano Floriana Cavalli, che nel maggio 1955, con
“La traviata” di Verdi, ha tenuto a battesimo l’opera sul palcoscenico dello stesso Teatro, dove per qualche anno si organizzeranno stagioni liriche.
Tanti spettacoli di pregio, insomma, ma senza quell’organizzazione
e quella stabilità di ampio respiro che meriterebbe una città che si appresta a valicare il muro dei 90 mila abitanti. Il cambio di passo arriva il 28 febbraio 1967. Alle 21,15, nel salone della Scuola Elementare XXV Aprile di via Nino Bixio, che ha già ospitato alcuni
saggi degli allievi della “Donizetti”, le luci illuminano il pianoforte
davanti al quale è seduto Bruno Canino, giovane insegnante del Conservatorio di Milano già bene instradato verso una luminosa carriera concertistica. Riscuote un vivo successo. Tornerà altre volte, sempre accolto con calore. Il 20 marzo è la volta del duo formato dal violinista Sergio Marzi e dal pianista Antonio Bacchelli, che insegnano
nelle Civiche Scuole musicali rispettivamente di Siena e di Livorno.
Il 12 aprile tocca all’ensemble dei Giovani Musicisti Contemporanei
e poi il 16 maggio a due allievi della Scuola sestese, il chitarrista Viscardo Bulgarelli (un altro futuro Assessore) e la promettente soprano Giuseppina Manenti, insieme a un quartetto di clarinetti del Civico Istituto Musicale “Donizetti” di Bergamo. Chiudono il ciclo, l’8
giugno, la pianista Mariarosa Bodini, il clarinettista Ezio Zappatini
e il violinista Alberto Campagnano.
La macchina si è messa in moto e andrà avanti per oltre vent’anni.
La direzione della “Donizetti” e l’Amministrazione comunale si dividono i compiti: alla prima la ricerca degli artisti e la pianificazione degli eventi; alla seconda l’organizzazione, sempre impeccabile.
Già dall’anno successivo la sede dei concerti, che sono gratuiti, viene spostata nell’aula consiliare del nuovissimo Palazzo del Comune:
è nata per altri scopi, ma per i sestesi è come se fosse il loro auditorium, stagione dopo stagione cresce il numero degli appuntamenti e
ogni volta si fatica a trovare un posto libero.
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Vengono a esibirsi, grazie alle conoscenze e ai contatti di Lina Bodini, musicisti di razza: dai violinisti Salvatore Accardo, Franco Fantini e Anahi Carfi, ai pianisti Paolo Bordoni, Paul Rosembaum, Antonio Ballista e Leonardo Leonardi, dalla clavicembalista Emilia Fadini ai flautisti Giorgio Zagnoni e Severino Gazzelloni, oltre a quelli già citati. Si esplorano tutti gli angoli della musica classica, compresa quella corale, e si aprono interessanti finestre sulle composizioni dei moderni e dei contemporanei. E i concertisti, rammenta Lina Bodini, «rimanevano esterrefatti dalla partecipazione e dalla competenza del pubblico che veniva ad ascoltarli».
Quando la magia del canto
trasformava il Comune
Brava da spellarsi le mani quando
vestiva i panni delle eroine del melodramma sui palcoscenici di tutto
il mondo. Per la bellezza della voce,
per l’intensità dell’interpretazione
e per quel concentrato di vitale
energia che sapeva infondere anche ai suoi allievi della “Donizetti”
per trasformarli, sul palcoscenico
dell’aula consiliare, in trasognate
Mimì, in maliziose Norine, in appassionati Cavaradossi. Ecco come
l’artefice di tale magia, Floriana Cavalli, ricostruisce gli epici momenti.
Ci voleva un intero anno scolastico,
da ottobre a giugno, per montare
uno spettacolo da rappresentare al
saggio finale. Una parte delle ore di
lezione serviva per insegnare le parti da cantare con l’aiuto del maestro
Nunzio Di Bella al pianoforte, il resto andava nell’allestimento. Ero al
tempo stesso maestra di canto, regista, scenografa, costumista: la
notte prima di mettere in scena
“Don Pasquale” stetti sveglia alla macchina da cucire
per confezionare il costume
della protagonista e i drappeggi della sua camera
da letto, ricavati da vecchie lenzuola. Anche per questa dedizione alla
causa gli allievi, che erano per me
un po’ dei figli, mi sono rimasti sempre affezionati. Ho cercato di trasmettere loro l’esperienza che avevo maturato in palcoscenico, il modo di far vivere i personaggi non limitandosi semplicemente a cantare
le note scritte sullo spartito. E ciò
che mi ha spinto a insegnare alla
Scuola per oltre dieci anni era la
soddisfazione di vedere i miei giovani alunni, opportunamente motivati, riuscire ad affrontare un’aria
d’opera anche quando non possedevano grandi doti canore.
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L’aula consiliare
come un teatro d’opera
Allievi della
classe
di canto
in “La serva
padrona”
di Pergolesi
L’anno scolastico 1967-1968 ha in serbo una sorpresa per chi vuole
iscriversi alla “Donizetti”. Viene istituito un nuovo corso, quello di
canto lirico e cameristico. A tenerlo, su suggerimento del Vicesindaco Libero Biagi, appassionato melomane, è chiamata Floriana Cavalli che, dopo essersi fatta una reputazione a Sesto e dintorni, sta
trionfando sui palcoscenici più rinomati, dal “Massimo” di Palermo
all’Opera di Roma, dalla Scala (dove ha debuttato nel gennaio 1961
con “La forza del destino” di Verdi) al “San Carlo” di Napoli, dal
“Colón” di Buenos Aires al “Covent Garden” di Londra e al “Comunale” di Firenze (la sua interpretazione, nel 1964, dell’ossessa Renata ne “L’angelo di fuoco” di Prokofiev è tuttora insuperata).
La grande cantante si divide inizialmente tra l’insegnamento e le
recite: il suo carnet è zeppo di impegni che non può trascurare. Ma
appena è di scena alla Scala, a gruppetti porta con sé alle prove gli
allievi, in modo che vedano e sentano che cosa succede sul palcoscenico e dietro le quinte. E i
più grandi li invita ad assistere
alle rappresentazioni anche
quando canta lontano da Milano, a Bologna o a Genova.
Esperienze, queste, che per i
giovani studenti valgono quanto
una lezione in aula: guardando i
professionisti sul palcoscenico,
imparano a muoversi, a gestire,
a interpretare.
Così, trascinati dalla loro insegnante che ha cominciato a diradare gli impegni di lavoro e ha
più tempo da dedicare alla Scuola, si cimentano nei saggi in selezioni d’opere con tanto di scenografie e costumi, accompagnati al
pianoforte dal maestro Nunzio Di
Bella. Per gli allestimenti ci si arrangia con fantasia: divani e poltrone sono quelli di casa Cavalli,
tende e drappeggi sono ricavati
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da lenzuola e tovaglie sdrucite, le vetrate sono collage di carta colorata, i costumi la cantante li prende a prestito alla Scala o li preleva
dal guardaroba personale.
L’aula consiliare del Palazzo Comunale, dove si sono trasferiti i saggi di fine anno, si trasforma in un vero teatro, con palcoscenico, platea, palchi (gli scranni dei consiglieri), gallerie (i banchi del pubblico). Si rappresentano “La bohème” e “Tosca” di Puccini, “Don
Pasquale” e “Il campanello di notte” di Donizetti (una rarità, essendo stata pochissimo rappresentata), “La serva padrona” di Pergolesi,
“Il telefono” di Menotti. Il pubblico impazzisce, pronto a incoraggiare con l’applauso anche quando scappa qualche piccolo imprevisto, come ne “La bohème”: la povera Mimì rimane praticamente in
mutande per la rottura del gancio di chiusura della gonna. Gli allievi si sentono protagonisti non di un saggio, ma di uno spettacolo nel
senso pieno del termine. E questo, rammenta Floriana Cavalli, «dava loro fiducia nei propri mezzi e alimentava la voglia di emergere
cavando il meglio da sé».
Rosalia Manenti, la prima
diplomata della Scuola
Andava a lezione privatamente da
Lina Bodini, che nel 1966 decise di
insegnare nella Scuola da lei diretta.
Fu così che la diciottenne Rosalia
Manenti entrò alla “Donizetti” della quale, nel 1973, è diventata la prima diplomata in assoluto e poi insegnante di pianoforte fino al 1996,
quando ha dovuto rinunciare per incompatibilità con l’insegnamento di
educazione musicale in una scuola
media. Molto a malincuore.
Insegnare alla “Donizetti” è stato
un motivo di vanto e anche gli allievi e le loro famiglie hanno sempre avuto la consapevolezza di frequentare un’istituzione seria e importante. Gli anni vissuti da studente erano quelli dello sviluppo e del-
la vivacità musicale che coinvolgeva profondamente
gli iscritti, i
quali avvertivano l’importanza della Scuola come motore di crescita culturale. E in effetti essa ha
fatto molto, non solo e non tanto
perché ha formato talenti che sarebbero in seguito diventati professionisti anche famosi, quanto piuttosto per il notevole interesse che
ha sollevato nei confronti della musica e per le motivazioni che ha saputo infondere in tutti gli studenti.
In breve, è stata per parecchi un’autentica scuola di vita.
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L’impresa delle messe in scena paga: a ogni nuovo anno scolastico,
finché la grande artista rimane alla “Donizetti” (lascerà la Scuola nei
primi anni Ottanta), fioccano le richieste di iscrizioni e il numero di
aspiranti cantanti arriva a sfiorare le venticinque unità.
Per gli allievi una palestra
di crescita e di confronto
Con l’anno scolastico 1969-1970 sale a 190 il numero degli iscritti.
La “Donizetti” affascina, molte sono le famiglie disposte a fare sa-
Saggio
del gruppo
cameristico
diretto
dal maestro
Franco
Fantini
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crifici, perché tira aria di “sboom” economico e il carovita non demorde, pur di pagare la retta di 16 mila lire per mandare i figli a studiare musica. I saggi finali di giugno sono sempre gratificanti per i
ragazzi, i genitori e i tanti cittadini che approfittano dell’occasione
per ascoltare buone esecuzioni.
Dal 1971 fanno la loro comparsa, alla ribalta della sala consiliare, anche gli ensemble cameristici di archi e pianoforte: segno che si sta
sviluppando negli allievi l’esigenza di confrontarsi, suonando insieme, tra chi sta studiando strumenti diversi. È il decennio, quello degli anni Settanta, in cui la Scuola accentua il suo ruolo di palestra che
allena la mente ad allargare la propria visione culturale, che aiuta i
ragazzi a crescere musicalmente e umanamente. Le aule e i corridoi
sono il punto di riferimento non solo per lo svolgimento delle lezioni, ma per ritrovarsi, per dialogare, per cercare partner con i quali
suonare, per essere veri e propri compagni di scuola, né più né meno come alle elementari, alle medie, alle superiori.
C’è fermento creativo, insomma, e gli insegnanti raccolgono la sfida cercando di far emergere da ciascun discepolo tutto il potenziale
di cui è capace. Nel 1975, la direttrice recluta un’altra gloria musi-
Al fianco dei suoi ragazzi come
con i massimi direttori d’orchestra
Formidabile maestro Fantini. Per
lui, abituato a stare al fianco dei più
acclamati direttori d’orchestra del
mondo, non c’era differenza quando si metteva in mezzo agli allievi
del gruppo cameristico della Scuola:
suonare, fare musica era il comune
denominatore di entrambe le situazioni, e pari era l’impegno da mettere. Al punto che nel 1982, assorbito dal lavoro che imponeva la
neonata Filarmonica della Scala,
preferì rinunciare con rammarico all’insegnamento alla “Donizetti” pur
di non fare più le cose per bene.
Ricordo tra i miei allievi Claudio
Mondini, i fratelli Parazzoli, Andrea
Bandel e Luca
Minardi, tutti
in seguito diplomati. Il clima a Scuola
era bellissimo,
gli studenti assai determinati, anche i più piccoli.
Insegnavo la parte uno alla volta,
cercando di far crescere i ragazzi
con un repertorio accessibile e di
farli suonare il più possibile. Ai saggi non mi ponevo davanti a dirigerli, ma suonavo insieme a loro, così si
sentivano più sicuri e il risultato era
sempre confortato dagli applausi
del pubblico.
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cale cittadina con l’obiettivo di costituire una formazione da camera più consistente dei duo, dei trio e dei
quartetti che già animano la
scena scolastica.
È il maestro Franco Fantini,
alla Scala dal 1942, violino
di spalla dell’Orchestra dal
1954. Ha suonato e suonerà
con tutti i più insigni direttori del mondo, da Toscanini a De Sabata, da Gavazzeni a Giulini, da Karajan a
Bernstein, da Abbado a
Muti, persino con Duke Ellington, uno dei “mostri sacri” del jazz. E proprio nel
1975, il 14 settembre, la città (che tre anni prima ha ricevuto dallo Stato la massima onorificenza al valore
per il suo contributo alla
Resistenza) unisce maestro
e Civica Scuola nel riconoscimento delle loro benemerenze artistiche, premiandoli con la medaglia
d’oro del Comune.
Molti i giovani
che faranno
strada
Si affacciano sempre più
studenti di talento, che riusciranno a concludere i loro studi con il diploma di
conservatorio. Alcuni affronteranno con successo la
carriera professionistica: il
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più famoso dei “Donizetti boy” è Gianandrea Noseda, oggi più che
mai sulla cresta dell’onda dopo essere stato chiamato alla guida della Bbc Philarmonic Orchestra di Manchester, primo italiano ad avere questo onore, e dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai: traguardi che hanno impreziosito il suo già invidiabile curriculum. Ma
altri suoi compagni di allora non sono da meno e siedono in orchestre prestigiose o figurano nei più qualificati cartelloni concertistici in Italia e all’estero.
Pagina
accanto
Gianandrea
Noseda
al suo primo
saggio
scolastico e
mentre dirige
un concerto
Gianandrea Noseda, un “Donizetti boy”
nell’olimpo mondiale delle note
Si era iscritto alla “Donizetti” nell’anno scolastico 1973-1974. Aveva
nove anni e il professor Flavio Vailati Venturi, un docente della Civica
che era amico del papà Tarcisio, direttore del Coro Falc di Sesto, e che
gli dava lezioni di pianoforte a casa, aveva suggerito ai genitori di
mandarlo lì, sempre sotto la sua
guida, perché lo vedeva progredire
bene e in una scuola avrebbe potuto studiare meglio la musica, imparando solfeggio, armonia, e responsabilizzandosi un po’ di più
che non tra le pareti domestiche. Ci
aveva azzeccato il professore. Perché Gianandrea Noseda, lasciata la
“Donizetti” nel 1983 per entrare al
Conservatorio di Milano, dopo il diploma nel 1985 e il perfezionamento del suo percorso didattico, ha
spiccato il volo verso l’olimpo mondiale della musica e sembra destinato a viaggiare sempre più in alto.
La musica, quando ero alla “Donizetti”, era come un gioco che, tutto
sommato, mi divertiva perché non
mi affaticava e mi permetteva di fare amicizia con altri bambini che fre-
quentavano la
Scuola e di cementare rapporti che permangono tuttora. C’era l’appuntamento
con il saggio di fine anno, un piccolo concerto di livello esecutivo molto buono. Guardando indietro e rivedendomi com’ero, forse c’era un
bel po’ di incoscienza nell’andare a
suonare davanti a un pubblico, e anche un pizzico di inquietudine come
succedeva quando dovevo essere interrogato dalla maestra alle elementari: nulla, però, in confronto
alla tensione prima di un’esecuzione
oggi, essendo le responsabilità maggiori. Devo alla Scuola la naturalezza con la quale mi ha consentito di
accostarmi alla musica ed è anche
grazie alla bella atmosfera esistente
tra compagni e all’opera degli insegnanti che non ho mai vissuto con
angoscia l’esperienza musicale. Così,
anche tutte le scelte che ho fatto in
seguito sono avvenute con estrema
semplicità e tranquillità.
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Parecchi diplomati andranno invece a insegnare nei conservatori o entreranno a far parte del corpo docente della “Donizetti” per educare
nuove promesse della musica. Numerosi, infine, sceglieranno occupazioni diverse, travasando nella loro attività il sapere, e il modo di organizzarlo, acquisito imparando a suonare uno strumento o a cantare.
È un’attitudine che hanno forgiato sia attraverso il rapporto con il
proprio maestro, sia ascoltando bravi artisti in concerto, sia esibendosi nei saggi e laddove, biblioteche, istituti scolastici, circoli e associazioni di quartiere, la direzione li ha inviati come ambasciatori
Anche nella Civica spira
il vento della contestazione
Maria Teresa Mendicini è stata protagonista, insieme a Mario Garuti,
Alberto Barbero, Alessandro Melchiorre, Marco Lasagna, Paolo Tini
e altri insegnanti e allievi della “Donizetti”, delle esperienze di rinnovamento musicale che hanno contraddistinto la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta. Era il
periodo in cui stava ultimando gli
studi pianistici, sotto la guida del
professor Flavio Vailati Venturi, e si
apprestava a diplomarsi al Conservatorio di Parma. Pianista e compositrice, coautrice di un repertorio di
musica di insieme per gli allievi dei
primi corsi, insegna alla Civica Scuola dal 1987.
Nel periodo in cui stavo per diplomarmi in pianoforte, era in atto un
forte movimento sull’onda dello sviluppo della musica contemporanea.
Milano era un centro pulsante di iniziative che vivevamo in prima persona perché alla “Donizetti” insegnava armonia e composizione Umberto Rotondi, uno dei maggiori
esponenti dell’avanguardia
contemporanea insieme ad
Adriano Guarnieri. Erano anche gli anni
della contestazione e noi ci ribellavamo al fatto che nella Scuola non
ci fossero momenti di aggregazione
e di confronto tra studenti. Riuscimmo a formare un collettivo di rivendicazioni e di promozione di iniziative, ma i margini di negoziazione
erano ristretti. Fu Rondottanta, il
centro culturale allora in piazza IV
Novembre, a darci nel 1981 l’occasione di esprimerci. Lo spettacolo
venne poi replicato nella sala Verdi
del Conservatorio. Partecipammo
anche a trasmissioni di Radio Milano
Libera, nelle quali si discuteva in diretta di compositori allora poco conosciuti: Schönberg, Berg, Webern.
Ma i tempi non erano ancora maturi per un vero rinnovamento e l’entusiasmo si affievolì.
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della “Donizetti” per favorire la diffusione della cultura musicale. Saranno ben dieci, per esempio, gli incontri con le scuole organizzati
da settembre 1978 a febbraio 1979 in collaborazione con la Biblioteca Civica e 3.200 gli alunni che, nel complesso, vi presenzieranno.
Un bilancio mica male, insomma, per la Scuola che il 18 giugno
1978, una domenica, è riuscita a riempire la sala consiliare per un
saggio degli allievi, nonostante la concomitanza con la diretta tv dell’incontro Italia-Austria ai Mondiali di calcio in Argentina.
Ribelli per amore della musica
Quello tra la fine degli anni Sessanta e la fine dei Settanta è anche il
decennio della contestazione, delle lotte operaie, del Movimento studentesco e dell’Autonomia. Le scuole ribollono di agitazioni e il fermento investe, in forme di civile confronto, pure la “Donizetti” dove un pugno di insegnanti e di allievi, attenti e sensibili agli sviluppi in atto nel mondo musicale, tra il 1979 e i primi anni Ottanta rivendica la possibilità di collaudare nuovi percorsi culturali, di esplorare le suggestioni aperte dall’avanguardia contemporanea.
Un’esperienza breve ma intensa, culminante con la creazione di un
collettivo di lotta al quale la direzione della Scuola e il neonato Assessorato alla cultura non offrono chance di mediazione, non per
miope autoritarismo ma per la materiale impossibilità, causa mancanza di spazi e risorse, di venire incontro alle richieste dei “ribelli”.
Un’esperienza comunque significativa, documentata dalla “Rassegna giovani compositori a Sesto San Giovanni” ospitata nel 1981 dal
Centro Rondottanta, altra pietra miliare della cultura cittadina, che
sta muovendo allora i primi passi di una prolifica esistenza. Diretti
da Daniele Gatti, i giovani del collettivo potranno suonare in prima
esecuzione la “loro” musica, composizioni di Fulvio Brambilla, Daniele Faraotti, Giuliano Perboni, Massimo Encidi, Antonio Scavuzzo, Marco Lasagna, Alberto Barbero. Lasciando forse il rimpianto,
in chi li ascolta, di quanto avrebbero potuto fare se solo avessero goduto di qualche credito in più.
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Capitolo IV
Una reputazione oltre
i confini comunali
(1980-2003)
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Nasce il Concorso nazionale
per giovani strumentisti
Nel 1980 prende corpo un’aspirazione che sta maturando da tempo
nella mente di Lina Bodini Mazza: dare alla “Donizetti” una reputazione che vada oltre i confini comunali, farla emergere nel panorama delle scuole musicali dell’hinterland milanese e della Lombardia.
Ma come? Ecco l’idea: un Concorso nazionale, intitolato a Sesto, per
giovani strumentisti che studiano nelle civiche scuole, nei licei e negli istituti musicali di tutta Italia. Esclusi i conservatori, i loro studenti sono di un’altra categoria e poi hanno già occasioni per mettersi in mostra. Ne parla con i responsabili dell’Assessorato alla cultura, l’idea piace, ci si rimbocca le maniche per dare il via all’operazione: il risultato supererà ogni più rosea aspettativa.
Per le questioni pratiche si fa capo alla segreteria delle Civiche Scuole d’Arte. La prima mossa è prendere contatto con gli istituti potenzialmente interessati all’iniziativa. Ma non c’è ancora internet, non
c’è neppure un indirizzario bell’e pronto da consultare. «Si prendo-
Pagina
accanto
Diversi sono
gli spettacoli
allestiti
insieme
dalle Civiche
di Danza
e di Musica
Un duo
pianoforte
e clarinetto
in gara
nella prima
edizione
del Concorso
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Fisarmonicisti
si esibiscono
nella sala
lettura di una
biblioteca
della città
no – ricorda Maria Teresa Mendicini, allora coordinatrice dell’ufficio – gli elenchi telefonici provincia per provincia e si scorrono le
pagine. Ne esce una realtà sorprendente di decine e decine di scuole
sparse in ogni dove. Vengono interpellate per telefono una per una,
si va un po’ al buio, tante non sanno neppure dell’esistenza della
“Donizetti”, però la proposta viene accolta con favore: un concorso
del genere è una novità che attrae».
Aderisce un centinaio di istituti e la mattina del 19 aprile si presentano nell’aula consiliare del Comune, per le pubbliche audizioni, 130
ragazzi provenienti da Abano Terme, Ascoli Piceno, Carpi, Forlì, Novara, Pinerolo, Prato, Rimini, Siena, Vercelli e dai centri della Lombardia: Carugate, Cerro Maggiore, Como, Corsico, Gallarate, Milano, Monza, Pavia, Sondrio, Varese, Vigevano. Quasi metà è di pianisti, una buona aliquota è di violinisti, il resto dei concorrenti si distribuisce su altri strumenti. Vengono divisi in categorie secondo l’età: si va dai bambini delle elementari ai ventenni. A giudicarli c’è una
commissione di docenti e musicisti presieduta dal famoso compositore Riccardo Malipiero (scomparso nel novembre 2003), che dirige
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il Liceo Musicale di Varese ed
è figlio di un altro Riccardo il
quale, ricordate?, 28 anni addietro era stato il primo direttore della Civica.
Per due giorni i 130 in gara si
sfidano a suon di note, come
solisti o in piccole formazioni,
seguiti da un pubblico sbalordito dall’elevato livello delle esecuzioni. Ventisette sono allievi
della “Donizetti”: giocano in
casa, ma non hanno vita facile
perché si trovano a doversi misurare con coetanei di altre città che ci sanno fare e alcuni sono proprio dei fuoriclasse. Domenica
20 aprile, alle 21, concerto di gala dei vincitori, che ricevono il premio della loro fatica dalle mani del Sindaco Libero Biagi e dell’Assessore alla pubblica istruzione e alla cultura Fiorenza Bassoli.
Un successone, che fa della “Donizetti” un punto di riferimento per
le “consorelle” sparse per l’Italia e sprona i suoi allievi a prepararsi
ancora meglio alle future edizioni. «Per la nostra Scuola – conferma
Lina Bodini – il Concorso ha costituito un valido banco di prova, perché chi voleva partecipare alla competizione doveva adeguarsi a seguire una programmazione e una preparazione serie. E rispetto agli
altri concorrenti, i nostri studenti hanno sempre dimostrato di non essere inferiori, guadagnando rispetto e premi».
L’Amministrazione comunale
può andare fiera di questo suo
nuovo fiore da appuntare all’occhiello. Le successive tornate, per un po’ a cadenza annuale, poi biennale dalla seconda metà degli anni Ottanta,
confermeranno la bontà della
manifestazione: sempre nutrito
il lotto delle scuole partecipanti e dei concorrenti, sempre
qualificata la giuria presieduta
da personalità quali i composi-
La penultima
sede
della Civica
(in alto)
e quella
di adesso
in piazza
Oldrini
(qui sotto)
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tori Bruno Bettinelli, Luciano Chailly, Umberto Cattini, il già citato
Malipiero e il violinista Franco Fantini, quest’ultimo in carica nell’edizione del 2003, la quattordicesima, quella del cinquantesimo anniversario. Anche gli studenti di casa sapranno mostrare il loro valore, collezionando via via una pioggia di primi posti assoluti e di categoria, tanto che la Scuola figurerà spesso nell’albo d’oro con il più
alto numero di premiati.
Dagli anni Novanta in poi, alle spese del Concorso contribuiranno i
soci del Lions Club Sesto San Giovanni Centro, che hanno il pallino
delle buone azioni e anche quello della buona musica. Un sostegno
arriverà, edizione per edizione, pure da altre aziende ed enti consapevoli dell’importanza dell’iniziativa per la città.
Record di iscrizioni a metà anni Ottanta
Cominciano in un clima pesante e inquieto gli anni Ottanta. Sesto,
che già nel 1976 ha visto cadere due poliziotti (il vicequestore Vittorio Padovani e il maresciallo Sergio Bezzega) per mano di un bri-
Una famiglia votata alla musica
Tutto cominciò da lei, Bruna Bega,
che la mamma Miranda spedì alla
“Donizetti” nel 1970 per studiare
pianoforte, facendola seguire dal
fratello Davide nel 1972 per dedicarsi, senza molto costrutto, al violino. Diplomatasi al Conservatorio
di Parma e diventata insegnante di
educazione musicale alle medie,
Bruna ha pensato bene di mantenere alta la tradizione musicale di
famiglia (pure nonni e parenti erano musicisti), indirizzando alla Civica anche i tre figli: Edoardo, clarinettista poi passato al Conservatorio di Milano; Carlotta, pianista;
Tommaso, chitarrista.
Studiando ho capito, al di là della
predisposizione naturale, l’importanza della formazione musicale
nell’educazione dei figli e
del cittadino in
generale.
A parte l’aspetto creativo, la
musica conferisce una forma
mentale razionale, aiuta a elaborare un pensiero
logico, attraverso l’esercizio quotidiano abitua al rigore, all’organizzazione del lavoro, alla scansione
del tempo. La fedeltà alla “Donizetti” nasce inoltre dalla constatazione che c’è sempre stato un impegno a costruire una Scuola di ottimo livello. Tant’è vero che ho consigliato a diversi genitori di mandarci i loro figlioli.
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gatista rosso, paga un ulteriore tributo di vite: nel mirino del terrorismo finiscono, in un’impressionante sequenza di sangue e morte, il
dirigente della Ercole Marelli Renato Briano e i suoi colleghi Manfredo Mazzanti della Falck e Maurizio Caramello dell’Italtrafo.
Il ricorso alla cassa integrazione per migliaia di lavoratori dei grandi complessi industriali è il segnale di una crisi strisciante che avvinghia la siderurgia e la meccanica, caposaldi dell’economia locale
insieme all’edilizia, e che esploderà drammaticamente nel decennio
successivo con l’addio alle ultime acciaierie della “città delle fabbriche”. Significativa l’inversione di tendenza della popolazione che,
dopo avere sfiorato il traguardo dei 100 mila residenti, scende a 97
mila abitanti nel 1981 contro i 98 mila di un anno prima: un declino
che andrà avanti fin quasi al termine degli anni Novanta.
Ma è anche un periodo, quello dei primi anni Ottanta, in cui si sviluppano nuove iniziative culturali del Comune, per esempio la seguitissima rassegna “Usciamo al cinema” nel cortile della ristrutturata Villa De Ponti-Visconti d’Aragona in cui si è trasferita la Biblioteca Civica. Anche la “Donizetti” trasloca dalla Scuola “Forlani-
L’orchestra,
diretta
da Maurizio
Schiavo,
in una delle
numerose
trasferte sui
monti della
Lombardia
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ni” in un edificio, adiacente alla Chiesa di Santo Stefano in piazza
Petazzi, che negli anni della lotta contro il nazifascismo aveva ospitato il Comitato di Liberazione Nazionale, e per un certo tempo occupa pure alcune aule dell’Asilo comunale di via Fante d’Italia. Si
viaggia verso il record delle iscrizioni, che nel 1985 toccheranno
quota 700, e c’è bisogno di spazio.
Un’interpretazione del boom della frequenza la fornisce il periodico
locale “Nuovasesto” nel numero del 14 giugno 1985: «Lo strumento principe rimane il pianoforte, ma anche strumenti un tempo considerati “minori”, come il flauto o il clarinetto o il sassofono, sono
saliti nella “hit parade” delle scelte dei giovani: il corso di flauto è
frequentato da 40 allievi ed è qui che si registra la più alta presenza
di chi studia non a scopo professionale, ma per amore dello strumento. Giovani, ma anche persone che in passato erano costrette a
Sono due ragazze
le decane della Scuola
Entrambe hanno messo piede nella Civica
nello stesso anno scolastico,
quello 19841985: Valentina Fantini, 7 anni, per seguire il corso di ritmica e dedicarsi poi al pianoforte; Marzia Aliprandi, quattordicenne, per studiare violino. Sono
cresciute, la prima è diventata operatrice turistica, la seconda funzionaria di banca. L’una e l’altra non
hanno mai smesso di frequentare la
Scuola: sono lì da vent’anni, Valentina canta nel coro, Marzia studia
ancora violino e suona nell’orchestra, meriterebbero un busto all’ingresso per la dedizione alla causa.
La musica – dice Valentina (a sinistra)
– è la mia passione, ha contribuito a
farmi vincere l’innata timidezza, ad
acquistare sicurezza esibendomi in pubblico
ai saggi: di questo devo ringraziare la nonna
Maria, che mi
spinse a iscrivermi alla “Donizetti”.
Continuerò ancora, perché cantare e
suonare sono parte integrante della
mia vita.
Mi sarebbe piaciuto – afferma Marzia (a destra) – seguire il programma ministeriale e diplomarmi, ma
lavorando non ne ho avuto il tempo. Frequentare la Scuola è un
hobby costruttivo, fare lezione con
la mia insegnante Maria Elena Valota è un piacere, è staccare la spina dai problemi quotidiani. Suono
quello che mi attira di più, da Vivaldi a Bach con qualche incursione
nella musica popolare irlandese.
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rinunciare al tentativo di imparare musica avendo superato l’età delle scuole, e che oggi possono recuperare il tempo perduto. E con il
nuovo interesse che la musica classica ha risvegliato tra la gente, cui
contribuisce la stagione concertistica promossa dalla scuola, si spiega anche il successo che in soli due anni di vita hanno avuto i corsi
di chitarra tenuti dai docenti della “Donizetti”, di pomeriggio e di sera, presso le biblioteche cittadine».
In concerto, anche fuori città
Gli allievi più bravi e avanti nella preparazione hanno l’opportunità
di suonare non solo nei consueti saggi scolastici, ma a tutto campo
sia a Sesto che altrove. Proseguono come in passato gli incontri di
L’omaggio al suo maestro
di un allievo diventato professore
Aveva già 21 anni Alberto Zappalà
quando, nel 1981, si iscrisse insieme
ad alcuni amici che, come lui, venivano dall’altro capo di Milano perché la Civica aveva un corso di sassofono, fatto allora non consueto.
Lui voleva però studiare clarinetto
e così ebbe la fortuna di incontrare
Stefano Monti, il suo maestro. Oggi che è diventato docente della
“Donizetti”, rivitalizzando proprio
il corso di sassofono che è tornato a
essere uno dei più seguiti, ricorda
l’esempio e gli insegnamenti del
maestro, che cerca di trasferire ai
propri discepoli.
Monti aveva una notevole esperienza e un grande istinto musicale,
era un talento naturale che si era
affinato in 32 anni di attività con
l’Orchestra della Scala. La sua dote
migliore, oltre a una rigorosa impostazione tecnica, era la capacità
di comunicare una certa essenza
della musica,
tutto ciò che
non è scritto
nelle partiture
e che si può
esprimere solo
se si acquisisce
una concezione totale della realtà
musicale. Quella lezione sto cercando di trasmetterla alla mia classe di
sassofono, che vedo come una realtà aperta in cui è possibile imparare, incontrarsi, suonare insieme,
partendo dai fondamentali tecnici
per arrivare a esplorare qualsiasi
genere, dal classico al jazz. L’importante è comunque suonare, perché
solo così è possibile fare musica e
facilitare il superamento delle difficoltà e dei limiti personali. Il tutto
all’insegna del piacere, della voglia
di divertirsi: non a caso suonare in
inglese e in francese si dice “to
play” e “jouer”, ossia giocare.
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avvicinamento alla musica nelle scuole, nelle biblioteche e nelle associazioni cittadine. Il Centro Culturale Rondottanta, per esempio,
inserisce nei suoi programmi un’iniziativa denominata “Un’ora di
musica”, che va avanti per qualche anno: la domenica mattina e talvolta il martedì sera, giovani strumentisti della “Donizetti” si esibiscono in piccoli, apprezzati concerti che contribuiscono a cementare il feeling tra la Civica Scuola e la cittadinanza.
Tra i numerosi riconoscimenti incassati dalla Scuola, è da sottolineare quello toccato ai ragazzi, freschi di diploma o prossimi a diplomarsi, che partecipano a una manifestazione promossa nel 1989
dall’Ufficio collettività del Teatro alla Scala per far conoscere i più
importanti istituti musicali della Lombardia.
In due concerti, il 19 febbraio e il 7 maggio, nel Salone degli affreschi della Società Umanitaria in via Daverio a Milano, dimostrano
di sapere mettere perfettamente in pratica gli insegnamenti ricevuti.
Si distinguono in particolare quattro clarinettisti discepoli di Stefano
Monti, ex prima parte di clarinetto basso dell’Orchestra della Scala,
a suo agio tanto con i grandi direttori classici quanto con Duke Ellington e il suo jazz, che ha messo il suo talento e il suo mestiere al
servizio della “Donizetti”.
Le percussioni, un buon motivo
per fare gruppo e suonare insieme
È uno dei corsi più trendy degli ultimi anni alla “Donizetti”, insieme a
quello di sassofono: raccoglie in media una decina di studenti all’anno.
L’ha inaugurato nel 1989 uno dei
tanti studenti che, dopo il diploma,
ha fatto della musica la sua professione: Paolo Tini. Insegna anche al
Conservatorio di Cuneo e suona in
prestigiose orchestre, quali quelle
de I Pomeriggi Musicali, della Scala
e della Filarmonica della Scala. Dal
2000 un suo allievo diplomato, Emiliano Minervino, si occupa dei bambini del corso di ritmica.
Le percussioni hanno sempre attirato
i ragazzi, soprattutto la batteria, perché l’aspirazione che
va per la maggiore è mettere
su un complesso
del quale essere, appunto, il batterista a emulazione di quelli delle più
famose rock-band. Poi qualcuno scopre che ci sono altri strumenti percussivi e vi si dedica con entusiasmo. Il segreto è che si suona spesso in gruppo,
il modo più divertente e utile per imparare, e si è ricercati dagli allievi di
altri corsi per fare musica di insieme.
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Verso la fine del decennio Ottanta balza agli onori della cronaca l’orchestra della Scuola, diretta da Maurizio Schiavo. Questi insegna
violino, studia direzione orchestrale al conservatorio, riesce a mettere insieme una compagine di tutto rispetto con archi, fiati, percussioni. Organizza una raffica di concerti, in cui coinvolge il coro validamente guidato dal collega Andrea Perugini. Memorabile l’esibizione nell’auditorium dell’Istituto De Nicola in occasione della consegna, il 26 febbraio 1989, delle borse di studio comunali agli studenti delle superiori cittadine, presenti il Sindaco Fiorenza Bassoli e
l’Assessore all’educazione Luigi Vimercati. E altrettanto memorabile la decina di concerti organizzati, fino alla metà degli anni Novanta, in Val Brembana, in Valtellina, sopra il Lago di Como con l’aiuto di Stefano Valota, un socio del Club Alpino Italiano che suona nell’orchestra: tournée di un giorno che iniziano di buon mattino con
partenza in pullman da Sesto, proseguono con esibizione all’aperto
tra baite e alpeggi, e ritorno a tarda sera, stanchi ma appagati dagli
applausi. Schiavo e Perugini devono lasciare la “Donizetti” nel 1996
per incompatibilità con l’insegnamento nelle scuole medie statali. Il
testimone viene raccolto da Michele Brescia, altro giovane docente
brillante e preparato, che da allora dirige sia l’orchestra, sia il coro.
Concerto
dell’orchestra,
sotto la guida
di Michele
Brescia,
nell’auditorium
della Scuola
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Si avvera il sogno di una sede propria
Nel gennaio 1980 la direttrice Lina Bodini aveva espresso un desiderio dalle colonne del giornale “Nuovasesto”: «Una sede tutta nostra, che ci svincoli dall’ospitalità cui siamo costretti. La sede dovrebbe avere anche una sala per concerti, non grande, ma tale da permetterci di accogliere i saggi degli alunni e altre manifestazioni collaterali della Scuola».
Il sogno si avvera, finalmente, nel 1993. Il Centro Civico “Loi-Traina”, che si estende lungo il lato est della nuova piazza Abramo Oldrini sorta tra le vie Rovani e Sauro al posto dei capannoni dismessi
delle Trafilerie e Corderie Spadaccini, accoglie in una delle due ali
al piano superiore la “Donizetti”, mentre nell’altra si sistema la Civica Scuola di Danza “Milloss”, attiva dal 1963, anch’essa alla ricerca di una casa propria.
Tra le note spunta
un giornaletto birichino
Tra il 1993 e il 1994 un gruppetto di
allievi fu rapito da una travolgente
passione per il giornalismo. Col permesso della direzione diede vita a un
giornalino semiufficiale, titolo “L’incompiuto”, tiratura un centinaio di
copie, periodicità mensile, stampato
a casa con il computer e venduto a
offerta libera. Con fare semiserio
raccontava la vita della Scuola. La redazione dei “giamburrasca” comprendeva Daniela Renna, Valentina
Fantini, Luca Vonella, Alessandro Pelizzi, attorno ai quali ruotava un certo numero di collaboratori. A dirigere il foglio Francesca Maltecca, poi
diplomatasi in flauto nel 1998, laureatasi in biotecnologie nel 2003 e
quindi ricercatrice universitaria: l’esperienza musicale, che prosegue
tuttora con formazioni corali, le ha
sicuramente giovato nel lavoro.
Ogni numero
comprendeva
un editoriale
della direttrice
della Scuola,
un fondo del
direttore, cioè
io, interviste ai professori, varie rubriche su strumenti, compositori,
curiosità, recensioni discografiche,
persino un oroscopo musicale, test
e la posta dei lettori. Il clou era costituito dalla cronaca degli avvenimenti e delle iniziative che si succedevano mese per mese. E fu per un
articolo un po’ troppo ironico su
un’esibizione dell’orchestra, durante la quale successe di tutto e di
più, che “L’incompiuto” dovette
chiudere: una persona si risentì del
resoconto e protestò con la direttrice, che scrisse la parola fine.
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Nel mezzo, comunicante con i due rami e in condominio, un piccolo ma funzionale auditorium ad anfiteatro, con gradinate per un centinaio di spettatori, dove si esibiscono gli strumentisti e si esercitano
le loro vicine della porta accanto. Sul finire degli anni Novanta a far
compagnia agli studenti arrivano i musicisti dell’Accademia dei Giovani dell’Orchestra Filarmonica della Scala e i loro colleghi dell’Orchestra dei Pomeriggi Musicali. Usano la sala per le prove e in
cambio, anziché pagare l’affitto, concordano con l’Assessorato alla
cultura una serie di esibizioni a favore della cittadinanza.
Sinergie tra musica e danza
La nuova sistemazione, oltre a migliorare logisticamente la normale
attività didattica, permette alla “Donizetti” di mettere a fuoco fruttuose sinergie con la “Milloss”. Pur sgomitando civilmente per contendersi l’auditorium, si varano iniziative congiunte che raccolgono
il plauso del pubblico e che culminano, nel giugno 2003, con l’esecuzione al Teatro “Rondinella” della “Rapsodia in blu” di Gershwin,
suonata a quattro mani al pianoforte dai docenti Daria Del Vaglia e
Giovanni Miceli e ballata dalle allieve della Scuola di Danza su coreografia originale delle loro insegnanti.
Un computer pieno di musicalità
È stato nel 2000 l’ultimo allievo di
Lina Bodini Mazza a diplomarsi: il
sessantesimo della serie. Dopo la
laurea in scienza dei materiali, Angelo Racz è tornato alla “Donizetti” per insegnare pianoforte, teoria
e solfeggio e per occuparsi del laboratorio di tecnologie midi inaugurato nel 1999: allora, un’iniziativa all’avanguardia.
Il laboratorio è particolarmente utile all’attività scolastica, essendo servito per dare sostegno con esercitazioni pratiche al corso di storia della
musica, che contempla una parte
corposa dedicata all’acustica, e per
cominciare a
creare un archivio su supporto
elettronico di
quanto viene
eseguito in saggi, rappresentazioni, concerti.
Da non trascurare le opportunità per quanto concerne la videoscrittura musicale, la
composizione di basi midi e la creazione di cd con arrangiamenti personalizzati. Il limite? Avendo una sola postazione, è usufruibile da non
più di tre allievi per volta.
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Entrambe le Civiche approfittano inoltre, nel 2002, di una convenzione tra l’Amministrazione comunale e la Parrocchia del Redentore, che mette a disposizione il Teatro del Rione Vittoria, ristrutturato
dal Comune e con una platea di 250 posti. Danno vita con successo
a un primo ciclo di performance, raccolte sotto il titolo “Mosaico”,
che coinvolge ballerine, strumentisti, orchestra, coro e che ci si ripromette di ripetere vista la favorevole accoglienza.
La “Donizetti”, poi, ha la possibilità di intensificare gli scambi con
altre scuole civiche dell’hinterland milanese, frenati in precedenza
appunto dalla mancanza di una sede propria che impediva di accogliere degnamente gli ospiti: ci si invita reciprocamente e, attraverso saggi congiunti, si possono confrontare gli orientamenti didattici
e la preparazione degli studenti. Ed è inoltre possibile organizzare in-
Il coretto dei bimbi protagonista
di tante belle storie musicali
Aveva sei anni Daria Del Vaglia
quando nel 1978 entrò alla “Donizetti”, seguendo la tradizionale trafila dei più piccoli: corso propedeutico di ritmica, poi passaggio allo
strumento, per lei il pianoforte. Dopo il diploma nel 1996, tre anni a
studiare didattica del pianoforte,
animazione, musicoterapia e dal
1999 insegnante di solfeggio e coro, quindi di pianoforte con i bambini dai 7 ai 13 anni, che coinvolge
con le innovazioni che ha imparato
nel tirocinio di perfezionamento.
Il mio metodo per piccolo coro parte dal presupposto che la musica è
espressione e, nel contempo, creatività. È incentrato sul ritmo, che
viene prima trasmesso attraverso il
corpo con giochi di psicomotricità e
in seguito riportato, con la collaborazione del collega Emiliano Minervino, sugli strumenti a percussione
in modo da
comporre
la
base sulla quale innestare il
racconto musicale sviluppato
dai bambini,
pure con disegni, secondo un tema
da me proposto. Con questo percorso i piccoli si sentono protagonisti, non si annoiano, si familiarizzano con percussioni spesso inconsuete e possono acquisire anche cognizioni di musica classica che, non
proseguendo negli studi, non potrebbero ricevere. Se vogliono, sull’impianto del brano da cantare si
innestano elementi coreografici e il
tutto diventa, alla fine, un minispettacolo. Una metodologia analoga la applico al solfeggio, fondando proprio sul ritmo la progressione dell’apprendimento.
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contri con personaggi della musica, chiamandoli a dialogare con gli
allievi, come succede con il cantautore Angelo Branduardi.
Per quanto concerne i rapporti con la città, tra le iniziative più apprezzate c’è la serie di intrattenimenti “Aperitivi in musica” che nel
1993, su invito e con il sostegno finanziario del Lions Club Sesto
Centro, vede studenti e docenti suonare nella hall dell’Hotel Abacus
di via Monte Grappa.
Esce di scena Lina Bodini Mazza
Nel 2001 Lina Bodini si congeda dalla Scuola che ha governato per
quasi 45 anni. Se ne va in punta di piedi, un’uscita inaspettata da parte di una persona abituata a stare da protagonista sulla scena: sono le
condizioni di salute a piegarla a una rinuncia che, dipendesse dal
temperamento, forse giungerebbe più in là.
La “Donizetti” perde una figura
carismatica, alla quale va una
grossa fetta del merito di averla
fatta diventare un vanto per la città. E Lina Bodini può dirsi soddisfatta per avere assolto il compito
assegnatole nel 1957 dal Comune.
Le succede Lina Calvi, già Assessore all’educazione e insegnante
dell’Istituto De Nicola, che dal
1999 la affianca nelle faccende organizzative e nei rapporti con
l’Amministrazione comunale. Eredita una struttura solida, collaudata, che si affaccia al futuro pronta
ad affrontare, con gli opportuni aggiustamenti, i mutamenti che si
delineano all’orizzonte della formazione musicale in Italia. Anche
perché, nonostante il taglio dei trasferimenti di risorse finanziarie
dallo Stato ai Comuni, l’Amministrazione comunale è ben decisa a
non spegnere la voce delle Civiche
Scuole Artistiche: l’aiuta in parte,
nei suoi propositi, l’appoggio concesso da Banca Intesa.
Lina Bodini
(a sinistra)
applaudita
al termine
di uno dei
suoi ultimi
concerti
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Per gli aspetti più squisitamente didattici, la neo direttrice si avvale
inizialmente della collaborazione di due insegnanti, Maria Teresa
Mendicini e Massimo Encidi. Poi il Comune nomina, nel 2003, un
responsabile artistico: è il maestro Massimiliano Carraro, ex direttore della Civica Scuola di Musica di Milano, la storica “rivale”, agli
occhi degli studenti, della “Donizetti” soprattutto negli anni Ottanta
e Novanta.
Corsi individuali e collettivi per tutti
Oggi la Scuola offre corsi individuali e collettivi che si svolgono al
pomeriggio e alla sera e che sono aperti a tutti, dai bambini agli adul-
Piccoli violini dal suono
e dall’intonazione incantevoli
Da non credere cosa riescono a cavare dal loro strumentino, praticamente già dopo poche lezioni, i piccoli violinisti che studiano con Domenico Cutrì, ex allievo della “Donizetti”, esperienze in diverse orchestre di rilievo a Como e Milano,
ora insegnante dove lui ha mosso i
primi passi musicali.
Ho adottato il metodo Suzuki, un
violinista giapponese che studiò in
Europa e che intuì come la via più
naturale per insegnare a un bambino di 4-6 anni a suonare uno strumento sia la stessa dell’apprendimento della lingua madre: un piccolo impara a suonare come impara a
parlare attraverso l’imitazione, il gioco e un ambiente favorevole, il che
richiede appunto la presenza di un
genitore. Concretamente le note da
conoscere sono quelle delle quattro
corde del violino, alle quali vengono
assegnati dei colori, come pure vengono tracciati dei segni sulla tastie-
ra. Si parte da
canzoncine popolari, quelle
che si intonano
all’asilo e che il
bambino ascolta o ripete poi
con il papà o la mamma. In classe io
canto il motivetto dicendo, al posto
delle parole, la combinazione ditacorde corrispondente a ogni nota.
Così già il primo brano cantato è direttamente eseguibile con il violino.
Dopo un paio di mesi è possibile ottenere un suono e un’intonazione
decisamente buoni, perché il metodo stimola anche la sensibilità dei
bambini al gusto del bello: in classe
li accompagno al pianoforte, a casa
suonano seguendo una base musicale. Questo non succede con i metodi tradizionali: nessun accompagnamento, nessuna opportunità di
suonare insieme ad altri finché non
si è studiato per 3-4 anni.
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ti: un ampio ventaglio di proposte formative, dal primo approccio
con la musica alla preparazione per gli esami di Stato in conservatorio, sotto la guida di docenti diplomati, che svolgono anche attività
concertistica e che adottano, quando è il caso, innovative metodiche
di insegnamento.
Sono circa 400 gli iscritti e, tra gli strumenti più gettonati, figurano
pianoforte (il preferito ieri come oggi), chitarra, violino, viola, violoncello, flauto, sassofono, percussioni, clarinetto, tromba, fisarmonica. È possibile imparare a suonare qualsiasi strumento, purché ci
sia un numero sufficiente di allievi per formare una classe. Si tengono inoltre corsi di canto lirico, cameristico, moderno (reintrodotti dopo la metà degli anni Novanta e inizialmente affidati al basso Aldo
Bramante del Teatro alla Scala) e, dal 2003, di pianoforte jazz. Nei
corsi collettivi sono compresi teoria e solfeggio, armonia complementare, storia della musica, esercitazioni di canto corale, musica di
insieme e orchestra.
Per i più piccoli, la Scuola organizza corsi propedeutici di ritmica e
coro, mentre agli adulti è riservato ogni anno un ciclo di incontri di
guida all’ascolto musicale. È attivo anche un laboratorio di informatica applicata alla musica, che permette di imparare a scrivere e stampare partiture con il computer, a comporre e arrangiare brani, a produrre cd audio.
Un corpo docenti d.o.c.
La Scuola ha sempre esibito una squadra di insegnanti professionalmente preparati e motivati, che non hanno esitato a porre in secondo
piano i pur importanti aspetti economici del loro lavoro pur di non
disattendere la missione loro affidata.
Esibizione
del piccolo
coro: voci
e percussioni
unite in un
simpatico
minispettacolo
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Allievi
e docenti
in posa prima
di dare
il via
a un saggio
di fine anno
Nell’impossibilità di citarli tutti, come sarebbe doveroso, per accomunarli nel ringraziamento degli studenti, delle famiglie e della cittadinanza ecco, a rappresentarli, i 35 colleghi in servizio nell’anno
scolastico 2003-2004: Magdalena Aparta (canto), Giorgio Bandoni
(violino), Laura Battilana (pianoforte), Donatella Bianchi (pianoforte), Michele Brescia (flauto, coro, orchestra), Paolo Canola (chitarra), Lia Cino (pianoforte), Matilde Colombo (flauto), Domenico Cutrì (violino), Daria Del Vaglia (coordinatrice, pianoforte, teoria e solfeggio, piccolo coro), Antonio Di Nardo (tromba), Massimo Encidi
(chitarra), Danilo Faravelli (guida all’ascolto), Rossella Forcillo (pianoforte), Paola Goso (canto), Angelo Lunghi (pianoforte), Paola
Maccabelli (pianoforte), Luigi Manfrin (teoria e solfeggio, armonia
complementare, storia della musica), Giacomo Maruzzelli (chitarra),
Maria Teresa Mendicini (pianoforte), Giovanni Miceli (pianoforte),
Emiliano Minervino (percussioni), Lorenzo Natalini (chitarra), Ambra Noè (canto), Angelo Racz (pianoforte, teoria e solfeggio, tecnologie midi), Silvana Renzini (pianoforte jazz), Bruno Rondinella
(violino), Roberta Ruffilli (violoncello), Paola Rita Sammaritano
(pianoforte), Paolo Suppa (violino), Paolo Tini (percussioni), Maria
Elena Valota (violino), Marco Volpi (clarinetto), Enrico Zambelli
(pianoforte), Alberto Zappalà (sassofono).
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Si delineano
gli scenari futuri
Ha ancora un
senso la funzione della Civica Scuola, voluta cinquant’anni fa dai
“padri” fondatori, di motore culturale per la cittadinanza? Quali cambiamenti si
rendono eventualmente necessari
per adeguarla ai mutamenti in corso nella società e nel mondo dell’istruzione musicale?
La Civica – risponde la sua direttrice
Lina Calvi – ha ancora un ruolo come centro di cultura, essendo
un’occasione per tenere impegnati
i ragazzi in maniera costruttiva, affinché possano crescere in modo da
affrontare anche le questioni importanti della vita. Un ruolo che è
essenziale inoltre sotto il profilo
della prevenzione: senza l’opportunità di incontrare la musica, alcuni
giovani potrebbero perdersi nel
tunnel della droga o infilarsi senza
vie d’uscita in situazioni di profondo malessere sociale. E poiché la
Scuola ha finalità educative, aprire
il più possibile le porte a tutti è un
modo per formare i cittadini. I migliori, poi, devono avere la possibilità di prepararsi agli esami ministeriali per il diploma e di accedere, se
ce la fanno, ai conservatori.
La musica – afferma il responsabile
artistico Massimiliano Carraro – è
un linguaggio che permette di da-
re spazio alle
emozioni ed è
fondamentale
per la formazione
delle
persone. Se le
civiche scuole
fossero costrette a chiudere per
difficoltà finanziarie, tutti sarebbero culturalmente più poveri. A
Sesto questo pericolo non c’è, c’è
semmai il problema di ritarare l’organizzazione e i compiti della “Donizetti” per adeguarli alle nuove
istanze della società, puntando sia
sulla formazione musicale di base
sia sullo sviluppo delle capacità degli allievi dotati di talento. Si vedrà, per esempio, di potenziare le
attività collettive cercando di creare, con la collaborazione degli insegnanti, emozioni musicali che favoriscano la socializzazione e la solidarietà. Si proporranno molteplici scambi con altre scuole per confrontare le reciproche esperienze e
trovare nuovi spunti da coltivare.
Vorrei che la “Donizetti” non si limitasse a dare ciò che chiedono i
cittadini, ma proponesse e portasse avanti pure gli orientamenti più
interessanti nel campo della didattica degli strumenti, del solfeggio,
della musica di insieme, investendo
sugli insegnanti con corsi di formazione e stage di aggiornamento
mirati a far emergere le specificità
della Scuola.
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Assessorato alla Cultura Sport e Politiche Giovanili
Villa Visconti d’Aragona, via Dante 6
Assessore: Sara Valmaggi
tel. 022423032, e-mail [email protected]
Settore cultura
Direttore: Federico Ottolenghi
Servizio attività culturali
Villa Visconti d’Aragona, via Dante, 6
Funzionario: Patrizia Morandi
tel. 022423032, e-mail [email protected]
Segreteria: Loredana Capaccio, Barbara Zicolella
tel. 022423032, fax 0226225490
Ufficio Civiche Scuole
Villa Visconti d’Aragona, via Dante, 6
e-mail [email protected]
Responsabile: Giuseppina Pinnavaia, tel. 022481173
Staff: Loreta Pignataro, Mariateresa Consoli, Ivana Gatto,
tel. 022482647
Ufficio Cultura
Villa Visconti d’Aragona, via Dante, 6
e-mail [email protected]
Responsabile: Mauro Caron
Staff: Isabella Sechi, Luisa Minervini, Federico Dau
Civica Scuola di Musica “Gaetano Donizetti”
Centro Civico Loi-Traina, piazza Oldrini 120
tel. 0222471017 (lunedì - venerdì dalle 15 alle 21)
e-mail [email protected]
Direttrice amministrativa: Lina Calvi
Consulente artistico: Massimiliano Carraro
Coordinatrice: Daria Del Vaglia
Collaboratori: Soccorsa La Pietra, Anna Arcucci