Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico DICHIARAZIONI COMPONENTI UNITA’ DI CRISI La gestione dell’unità di crisi e della task force NICOLA PETROSILLO – Coordinatore unità di crisi, Direttore Infezioni sistemiche e dell’immunodepresso Il diffondersi dell’epidemia da MVE in alcuni paesi dell’Africa occidentale rappresenta attualmente uno dei principali problemi politico-sanitari internazionali. L’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” è riferimento istituzionale per le infezioni emergenti e dispone di capacità di isolamento, diagnosi e trattamento di soggetti contatti/sospetti o confermati per MVE, nel mantenimento di standard ottimali di sicurezza per gli operatori sanitari e gli altri pazienti ricoverati. La possibilità che soggetti con infezione da virus Ebola possano transitare nel nostro paese o essere trasferiti, in caso di infezione accertata, ha reso necessaria l’istituzione di una “Unità di crisi per la Malattia da Virus Ebola (MVE)”, il cui organigramma è allegato. Nelle funzioni di gestione clinica, l’Unità di Crisi si è avvalsa di un gruppo addestrato di medici ed infermieri (Task Force) preparati al trasporto, gestione clinica, adozione di protezioni individuali e sicurezza dell’ambiente. Per il paziente “0” la task force ha modulato il suo intervento sulla base delle necessità cliniche e sulla base del rischio infettivo. Per il trasporto si sono rese necessarie quattro unità infermieristiche addestrate all’uso dei dispositivi di protezione di alto contenimento; per la gestione clinica, nella fase di acuzie in reparto di alto isolamento è stato necessario predisporre turni continui di due infermieri e due medici. In terapia intensiva si è mantenuto lo stesso standard con l’aggiunta di due intensivisti e due infermieri per turno. Nella fase di miglioramento clinico e di convalescenza del paziente, si è passati ad un’assistenza di due unità infermieristiche con il supporto di una unità medica reperibile. In totale le unità di personale infermieristiche e mediche della task force attivamente impegnate nell’attività di gestione diretta del paziente sono state 30. Altri 9 professionisti hanno dato la loro adesione volontaria alle attività per la gestione dell’emergenza ebola ma non sono stati impiegati. Infine si debbono aggiungere tutte le altre figure professionali all’interno dell’Istituto che hanno collaborato come supporto all’attività della task force, secondo l’organigramma in allegato. La gestione clinica e del gruppo di lavoro EMANUELE NICASTRI – Direttore Malattie Infettive e Tropicali La gestione del team clinico medico e infermieristico è stata una sfida che non ci ha trovato impreparati per il lavoro svolto in precedenza: corsi di formazione, prove teoriche, pratiche e simulazioni. Non siamo stati affatto sorpresi dall'arrivo di Fabrizio, sapevamo che prima o poi un caso ci si sarebbe presentato... ma poi dare un volto a lui e ai suoi familiari è stata un'altra cosa. Il team ha vissuto attimi di difficoltà, specie nei momenti di maggiore gravità, per le sfide terapeutiche che Ebola pone: ad oggi non esistono linee guida cliniche, procedure operative o terapie già codificate cui attenersi. Molte scelte, pur meditate e discusse, sono state connotate da criticità e incertezze che hanno reso ogni decisione non facile, complicata ma condivisa. Ogni medico e infermiere, con la sua particolare sensibilità, ha stabilito un rapporto differente con Fabrizio, ma come in un'orchestra in cui ognuno suonando il proprio strumento può contribuire all'armonia complessiva, così ciascuno di noi ha saputo interpretare il proprio ruolo in maniera professionale, contribuendo a raggiungere il buon risultato che è ora sotto gli occhi di tutti. Oltre alla soddisfazione personale e professionale di avere trattato il primo caso di Ebola in Italia è sicuramente stato motivante e gratificante essere parte di una squadra di professionisti che ha dimostrato il suo valore al di là delle azioni dei singoli protagonisti. Le Capacità diagnostiche del laboratorio di virologia MARIA R. CAPOBIANCHI – Direttore Laboratorio di Virologia Il caso di malattia da virus Ebola arrivato allo Spallanzani ha rappresentato la chiusura di un percorso iniziato molti anni fa, quando, nel 2002, i virologi dell’INMI hanno cominciato a relazionarsi con la ristretta comunità internazionale impegnata nella lotta a quei virus che nell’immaginario collettivo rappresentano da sempre uno spauracchio per la loro contagiosità e pericolosità. Intorno al caso “0” si è condensata una task force di laboratorio che ha messo in atto tutta la preparazione costruita, mattone su mattone, in questi anni. Ma non solo, entusiasmo e dedizione sono stati i catalizzatori di una operatività ininterrotta, che ha consentito la gestione clinica del caso in base ai risultati di laboratorio comunicati in tempo reale. Ci siamo trovati di fronte a molte sfide impreviste: la necessità di allargare il campo delle indagini, di affinare l’interazione fra i membri del team, di coordinare gli interventi per ottenere una maggiore efficienza quando la tempestività delle risposte si è rivelata cruciale. Questa esperienza ha rivelato personalità insospettate, leadership emergenti, vigore e forza d’animo contagiose, non solo fra le persone legate da tempo all’INMI, ma anche fra i giovani, che rappresentano il nostro investimento per il futuro e la voce più in attivo nel momento in cui si fa il bilancio dell’esperienza appena conclusa. La messa a punto di diagnostica biochimica e microbiologica in biocontenimento ANTONINO DI CARO - Direttore di Laboratorio di Microbiologia e Banca Biologica Prima di questa epidemia si pensava che il monitoraggio clinico della Malattia da Virus Ebola MVE dovesse essere limitato al minimo utilizzando per lo più sistemi Point of care da posizionare al letto del malato. Il coinvolgimento dell’Europa e del Nord America con i casi importati ha determinato un cambio di strategia con l’ampliamento del pannello diagnostico e l’utilizzo di macchinari più sofisticati e performanti posizionati all’interno dei laboratori di biocontenimento. Questa è stata anche la strategia seguita dall’istituto che ha rapidamente acquisito, anche con la collaborazione dei produttori e degli uffici amministrativi preposti, strumentazioni dedicate ed ha addestrato gli operatori abilitati ad entrare nei laboratori BSL4 (virologi e microbiologi) all’utilizzo di tali strumentazioni, con il supporto esterno dei colleghi della chimica clinica. Per risolvere gli aspetti di biosicurezza correlati alla diagnostica microbiologica ed in particolare per quanto attiene emocolture e test per malaria, si è ricorso a una mescolanza di tecniche colturali non automatizzate e di biologia molecolare. Si è inoltre predisposto l’utilizzo della identificazione con metodiche proteomiche. Tutte le procedure sono state ampiamente discusse e condivise tra il personale dei laboratori. L’entusiasmo ed il coraggio mostrato, in particolare tra il personale più giovane, è stato commovente, specie tenendo conto che gran parte di loro, oltre a costituire l’ossatura della task force ebola del laboratorio è lo stesso personale coinvolto nell’esperienza africana di lotta all’epidemia. La tutela degli operatori sanitari VINCENZO PURO- Direttore Servizio Prevenzione e protezione e Direttore ad interim dell’Unità infezioni Emergenti e Riemergenti Come previsto dai protocolli dell'istituto, gli operatori sanitari impegnati nell'assistenza al paziente e alle indagini diagnostiche hanno indossato i dispositivi di protezione individuale e seguito le procedure previste per il massimo livello di sicurezza per il quale erano stati addestrati. In accordo con le indicazioni internazionali sono comunque sottoposti a sorveglianza sanitaria, che si concluderà dopo 21 giorni dall'ultimo possibile contatto con il paziente o i suoi materiali biologici. Un Ospedale dentro l’Ospedale ANDREA ANTINORI- Direttore sanitario f.f. Al fine di garantire il necessario supporto al paziente, è stato costruito e adottato un modello assistenziale totalmente dedicato, che ha assorbito una quota consistente di risorse umane e tecnologiche, un vero e proprio “ospedale dentro l’ospedale”, che si è mosso all’unisono con tutta la restante organizzazione ospedaliera. Questo è stato reso possibile sia grazie all’efficienza dei meccanismi organizzativi e di distribuzione delle risorse, sia per uno straordinario senso di collaborazione e spirito di corpo che ha investito tutti indistintamente, quelli dedicati all’assistenza diretta del paziente, e quelli che hanno consentito alla restante parte della macchina ospedaliera di funzionare senza rallentamenti o intoppi in tutti i restanti settori di attività dell’Istituto. L’impatto emotivo e lo spirito di servizio è stato generale, indistinto tra chi era dentro l’area di alto isolamento e chi ha lavorato da fuori, per permettere di raggiungere questo risultato