16 LA RIVISTA DELLA SCUOLA Anno XXX, luglio-agosto 2009, n.11/12 Caratteristiche della società che ai giorni nostri essa risulta maggiormente accessibile alle donne. Nell’antichità, però, esso non fu sempre possibile in quanto lo studio era considerato prerogativa strettamente maschile. 1.6 IL QUINTO COMANDAMENTO La relazione parentale viene paragonata, nelle fonti bibliche e talmudiche, a quella particolare relazione che s’instaura tra l’uomo e il Divino. Ciò può essere dedotto dal fatto che questo particolare comandamento fa parte dei comandamenti riguardanti il rapporto fra l’uomo e Dio. Infatti i dieci comandamenti inscritti su due tavole, contenevano cinque imperativi su ognuna di cui i primi cinque generalmente relazionati al rapporto dell’uomo con il divino mentre gli ultimi cinque legati al rapporto con il prossimo. Il quinto comandamento fa parte dei primi cinque. Malgrado il quinto comandamento sia basato sul concetto di gratitudine, questo obbligo non diminuisce di valore anche se, e qualora, i genitori non dessero niente ai propri figli. Nel quinto comandamento si parla di “onorare e riverire i propri genitori” intendendo per “onorare” un atteggiamento rivolto all’amore reciproco, condizione necessaria per un accettazione incondizionata del genitore, mentre il termine riverire viene inteso come atteggiamento rispettoso che il figlio dovrebbe tenere nei confronti dei genitori cercando di mostrarsi degno del loro amore. L’onorare un genitore implica il fatto che il figlio venga considerato degno di ricevere amore dai propri genitori anche nel caso non sia in grado di raggiungere gli standards che i genitori vorrebbero che raggiungesse o non soddisfi le loro aspettative. Questo genere di relazione duale rispecchia nella tradizione ebraica lo stesso genere di rapporto che s’instaura con Dio: Il Signore ama l’uomo sia maternamente che paternamente. E per questo motivo che nel Talmud la mitzvà di onorare e riverire i genitori viene vista come preparazione a mostrare apprezzamento al Signore così come lo mostriamo ai nostri genitori. Malgrado non vi siano perfetti stereotipi di modelli genitoriali e ogni madre o padre sia in essenza una sintesi di differenti modalità parentali, nella tradizione ebraica l’amore paterno viene visto essenzialmente come un sentimento contingente mentre l’amore materno come incondizionato. L’orientamento base della relazione paterna è di tipo reverenziale per natura. É per questo motivo che la Torah enfatizza maggiormente il fatto che un padre debba essere onorato. L’orientamento base della relazione materna, invece, è ricco di amore e onore ed è per questo motivo che viene enfatizzato il dovere di riverire la madre in modo da compensare alla naturale inclinazione a mostrare più amore che timore. Nella Bibbia è scritto di onorare e riverire i propri genitori “come il Signore tuo Dio ti ha comandato” (Deuteronomio Ch.5) ossia in quanto dovere religioso e disinteressatamente verso ciò che ne riceviamo in cambio. Ramban, uno dei maggiori filosofi ebrei, nel commentare il comandamento pone in evidenza come la tradizione ebraica sia basata sulla sua trasmissione orale attraverso l’educazione delle giovani generazioni.In questo modo il rispetto verso il genitore è la pietra cardine della tradizione ebraica che risale fino al patriarca Abramo cosicché il quinto comandamento risulta essere il garante per gli altri nove.Il verso di “Esodo” riferente al quinto comandamento evidenzia che come conseguenza dell’adempimento, di questo comandamento “si allungheranno i tuoi giorni sulla terra” ossia, la nazione ebraica verrà preservata, sicura, sulla propria terra. Inoltre quest’ultimo verso viene commentato anche come allungamento della vita del singolo sulla terra. La mitzvà di onorare i propri genitori è scritta nella Torah, immediatamente dopo l’appello agli Ebrei a simulare il comportamento divino comportandosi in modo santo ( Levitico 19:1-3). Da ciò si può trarre l’insegnamento che solo quando i genitori riescono a riempire la propria dimora di una particolare atmosfera di santità viene assicurata una giusta educazione e vengono poste le basi perché i figli possano onorare e riverire i propri genitori. La Torah insegna che un “uomo” deve riverire i propri genitori, ossia anche un uomo adulto ha l’obbligo di farlo ed è in questo modo, attraverso l’esempio, che i suoi figli, a loro volta, l’onoreranno.In questo modo un singolo genitore fa in modo che si delinei una situazione in cui sia lui stesso che suo figlio onorino i rispettivi genitori. Inoltre, questa mitzvà occupa un ruolo importante nella Torah proprio a causa della difficoltà di adempierla in modo appropriato. Numerosi aneddoti nel Talmud e nel Midrash (11) mettono in chiaro come fosse considerato fondamentale questo obbligo e quanto fosse basilare in quanto valore. Oltre agli impedimenti pratici che possono impedire l’adempimento di questo dovere ve ne sono di genere emotivo quali la profonda difficoltà psicologica nel sentirsi in debito verso altri. L’uomo per natura tende all’indipendenza e può sentire come costrittivo la necessità di esprimere il proprio apprezzamento. Inoltre vi può essere la tendenza a dare per scontato e non apprezzare il vero valore di ciò che i genitori donano ai propri figli in quanto l’uomo tende ad avere l’aspettativa di un continuo provvedere ai propri bisogni. Questo problema secondo la visione di parecchi maestri della Torah, è rafforzato dalla tendenza attuale dei genitori a porsi in relazione di equità davanti ai figli in modo da ricoprire un ruolo di amicizia. L’onorare e il riverire i genitori rappresentano due distinti comandamenti con relativi differenti parametri. Generalmente, onorare include tutte quelle azioni che servono ad esprimere rispetto filiale attraverso le parole, i fatti ma anche attraverso il pensiero. Dall’altro lato, gli stessi genitori hanno l’obbligo di non porre ostacoli verso la piena attuazione di questo comandamento e parallelamente di non esentare il proprio figlio da questo dovere evitando qualsiasi situazione che possa permettere al figlio di dimostrare il proprio onore. L’onore ai propri genitori deve essere dimostrato personalmente e non attraverso terzi e consiste nel provvedere alle necessità primarie dei propri genitori anche quando essi non facciano richieste esplicite. Nel caso non si tratti di richieste riguardanti necessità di base il figlio è obbligato solo nel caso sia una richiesta esplicita. Per quanto riguarda l’aspetto pratico di questo dovere esso consiste fondamentalmente nel garantire l’alimento, il vestiario e il trasporto per i propri genitori nonché di servirli personalmente nel caso non fossero autosufficienti. Invece, il riverire consiste nell’evitare alcuni generi comportamentali che possano turbare i propri genitori. Questo tipo di dovere include il non contraddire apertamente le parole o l’opinione dei propri genitori, il non chiamarli per nome o sedere al loro posto. I doveri che i genitori hanno nei confronti dei propri figli derivano anch’essi da commenti e chiarimenti riguardanti il quinto comandamento. É vietato ad un genitore il percuotere il proprio figlio una volta cresciuto per evitare di trasgredire all’ingiunzione” non porrai alcun ostacolo davanti al cieco” (Levitico 19: 14), in quanto l’azione paterna potrebbe causare una mancanza di rispetto o una ribellione da parte del figlio.Inoltre un genitore ha l’obbligo di non comandare al figlio di compiere un azione che danneggerebbe l’altro genitore. Nel caso lo facesse al figlio è permesso disubbidire. Nel caso un genitore senta che il figlio si rivolge in maniera degradante ed umiliante verso l’altro genitore, è obbligato a prenderne le difese. L’obbligo di onorare i propri genitori si estende oltre il corso della loro vita e assume diverse forme. É uso frequente quello di dare ai propri figli il nome dei nonni oppure fare carità in nome dei propri genitori. É possibile dedicare un lavoro compiuto ai propri genitori come, ad esempio, la stesura di un libro oppure fare delle preghiere speciali in loro onore. Per quanto riguarda gli obblighi di tipo finanziario, il figlio eredita i debiti del padre ed è obbligato a saldarli al più presto. Oltre all’obbligo di onorare i propri genitori, un figlio è tenuto ad onorare alcuni altri parenti pur se l’onore dovuto ai genitori ha chiaramente la precedenza. Questo obbligo è derivato in certi casi da versi biblici mentre in altri è di natura rabbinica. Esso riguarda l’onore dovuto a genitori adottivi, sorelle o fratelli maggiori, nonni e suoceri. 1.7. IL RUOLO DELLA DONNA La specificità della donna, nella lingua ebraica, è dichiarata direttamente sul suo nome: “ichà”, donna in ebraico, non è solo il femminile della parola “ich”, uomo, ma il fatto che venga aggiunta una lettera nel nome della donna, simboleggia, secondo un commento ebraico, la differenza e specificità della donna. Nell’Ebraismo, la famiglia è considerata la base della vita sociale; il Talmud attraverso le sue leggi, mira ad assicurarne la purezza e la stabilità. Malgrado le società dell’antico medio oriente fossero essenzialmente a carattere patriarcale, la Bibbia riserva un immagine favorevole alla donna, in particolare in ambito famigliare ma anche all’interno della vita religiosa d’Israele. Inoltre, riconoscendo lo specifico ruolo che la donna riveste all’interno della famiglia, il Talmud le attribuisce un alto rango. Malgrado le sfere d’attività maschile e femminile all’interno della famiglia divergano, la donna non occupa un livello d’importanza inferiore all’uomo. Attraverso il ruolo che riveste in famiglia la donna contribuisce allo sviluppo e alla continuità della comunità. 1.7.1 La donna nella tradizione religiosa La Torah, nel suo complesso, si propone due scopi: Il perfezionamento dell’anima ed il perfezionamento del corpo. In altri termini essa si prefigge di portare l’uomo a realizzare al massimo la Volontà divina attraverso l’osservanza degli obblighi religiosi. Per meglio raggiungere questo scopo anche gli istinti più Questo numero della Rivista viene diffuso solo per abbonamento. Non cercatelo in edicola perché non lo trovate comuni devono essere guidati e disciplinati. In generale, secondo la concezione ebraica, gli istinti di base sono due: la conservazione di se stessi, della propria vita (attraverso l’alimentazione) e la conservazione della specie attraverso la procreazione. Ad essi è possibile aggiungere un altro aspetto (più che un istinto) che non si riscontra se non nel genere umano: il desiderio di progredire coltivando la propria mente ed il proprio spirito. Nell’Ebraismo buona parte dei precetti che mirano a regolamentare questi istinti è affidata proprio alla donna ebrea che di fatto diviene la vera responsabile dei momenti più qualificanti della vita. Se tale è il ruolo della donna, è evidente che è suo preciso dovere conoscere a fondo questo ruolo attraverso lo studio della Torah. L’unica cosa che può esserle preclusa è lo studio fine a se stesso, tale da occupare tutto il suo tempo, perché, se ciò fosse concesso, non avrebbe la possibilità di espletare quelle mansioni a lei connaturate. Gli obblighi che la Bibbia affida in modo particolare alla donna, e che sono in relazione agli istinti di base sopra elencati, sono fondamentalmente “mitzvot domestiche” in quanto é la donna ad essere maggiormente presente entro le mura domestiche. Nulla preclude alla donna ebrea la possibilità di svolgere fuori casa una qualsiasi attività lavorativa, ma ciò nulla deve togliere al suo impegno nell’espletamento di quegli obblighi che le sono esplicitamente affidate. In base all’elencazione che ne fa la Mishnà, gli obblighi religiosi specificamente affidate alle donne sono: - La prelevazione di una parte dell’impasto destinato alla panificazione; - La purità famigliare; - L’accensione dei lumi al Sabato e durante le maggiori festività. A riguardo del primo obbligo, al fine di rendere sacro l’istinto primordiale della necessità di nutrirsi per mantenersi in vita, la Bibbia insegna a destinare a Dio una parte di ogni nostro impasto destinato alla pianificazione.Il pane è l’alimento per eccellenza, in quanto esempio evidente di trasformazione ad opera dell’uomo di una sostanza esistente in natura e per questo motivo in molte civiltà assume una valenza sacrale. Di fronte alla necessità di alimentarsi tutti gli esseri viventi agiscono istintivamente da predatori considerando l’alimentazione una proprietà. L’ottica dell’Ebraismo è totalmente diversa.Il cibo, come tutto ciò che è stato creato, non é proprietà dell’uomo bensì del Creatore ed è questo il significato delle molte limitazioni relative all’alimentazione.La donna è destinata dal Signore a dare nutrimento: è con se stessa che nutre e fa vivere i figli. É quindi logico che ad essa sia affidato anche il compito di sacralizzare il nutrimento attraverso questa cerimonia. La consacrazione del secondo istinto, quello della conservazione della specie, viene fatta attraverso le regole di purità famigliare ed è probabilmente collegata agli scopi stessi dell’esistenza del mondo. Ne consegue che il matrimonio, vita coniugale, gravidanza, allattamento, ed educazione dei bambini sono compiti fondamentali in quanto sono mezzi per garantire la continuità del genere umano. Essi sono tutti aspetti della vita legati al ruolo femminile. Se tutto ciò ha un valore sacro, gli atti, sia pure istintivi e naturali, che concorrono a realizzare tale scopo devono essere “sacralizzati” per non perderne di vista i valori che li devono informare. Vi è, inoltre, un aspirazione eminentemente umana: Lo studio di questioni che trascendono i nostri sensi. La realtà umana si esplica attraverso il tempo, ed è nel tempo che periodicamente è necessario recuperare il contatto con il mondo spirituale. Questo è, in genere, il significato dell’osservanza delle ricorrenze ebraiche. Le festività ebraiche vengono sacralizzate e solennizzate attraverso l’accensione di lumi, da parte della donna, che simboleggiano il desiderio umano di luce spirituale. Come in tutti gli altri aspetti dell’Ebraismo, ciò che si richiede all’ebreo è soprattutto di “fare” perché solo l’azione ha il potere di rendere consapevoli che gli insegnamenti morali e spirituali ci coinvolgono direttamente. In accordo con la legge della Mishnà (Kid 1,7) riguardo a ciò a cui le donne sono esenti, in termini di obblighi religiosi, è prescritto che le donne sono obbligate a tutti i comandamenti negativi e a quelli positivi non direttamente legati a limiti temporali. 1.7.2 L’Eguaglianza dei sessi La donna nella Bibbia non è considerata uguale all’uomo nel senso che alla parola “uguaglianza” possiamo dare nel nostro secolo ma in numerose citazioni bibliche se ne esalta la dimensione umana e il ruolo fondamentale che ha, più volte, ricoperto nella storia del popolo ebraico. Lo status sociale della donna, in quanto essere umano, viene riconosciuto dalla legislazione ebraica che la pone su un piano di equità legale pur riconoscendone le differenze e la specificità rispetto all’uomo. Ad esempio, la legge stabilisce uguale rispetto per padre e madre e le regolamentazioni pertinenti all’alimentazione e alle conseguenze dell’adulterio valgono sia per l’uomo che per la donna in egual misura. All’interno del patto religioso che lega gli ebrei, su uomini e donne incombe la stessa responsabilità