Infarto cardiaco: l` azione combinata di staminali

Infarto cardiaco: l' azione combinata di staminali
del cordone ombelicale e del Basic Fibroblast
Growth Factor riduce l' area danneggiata, come la
fibrosi, migliora l' attività elettrica e la
neovascolarizzazione.
Le staminali del cordone ombelicale appaiono sempre più efficaci nell' affrontare la la
malattia più letale per l' uomo nell' ultimo secolo: l' infarto del miocardio. Tra le
numerose conferme in modelli animali una delle prime e più rilevanti risulta la
sperimentazione effettuata dall' equipe, diretta dal Professor Seung-Woo Cho,1 del
Department of Bioengineering, presso la Hanyang University, a Seoul (Corea del Sud),
con la collaborazione dei ricercatori della School of Chemical and Biological
Engineering, presso la Seoul National University, del Brain Korea 21 Project for
Medical Science, nello Yonsei University College of Medicine, della Division of
Cardiovascular Surgery, Cardiovascular Center, della Division of Cardiology, presso il
Cardiovascular Hospital and Research Institute, e del Department of Radiology, tutti
nello stesso Ateneo, oltre che del Department of Research and Development for Cellular
Therapy, presso il Medipost Biomedical Research Institute, a Yongin (Corea del Sud).
Lo studio sulle staminali del cordone ombelicale è stato pubblicato sul numero dell'
Ottobre 2007 dell' European Journal of Heart Failure.
Negli Stati Uniti una morte su 5 è determinata da questa patologia, che nei rimanenti casi
può portare ad invalidità o complicazioni a lungo termine. Ogni anno, in tutto il mondo,
più di 3 milioni di persone sono colpiti da ischemia ventricolare con innalzamento del
tratto ST del loro elettrocardiogramma e 4 milioni dalla forma senza tale
sopralivellamento.2 Recentemente l' Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) stima
che 12,6% dei decessi venga causato dall' infarto del cuore.3 Risulta la prima causa di
morte nei paesi industrializzati e la terza in quelli in via di sviluppo, dove, in
percentuale, sta crescendo rapidamente.4 L' incidenza mostra grandi variazioni
geografiche, ma fondamentalmente i dati più preoccupanti si registrano negli Stati excomunisti con 419 infarti ogni 100.000 abitanti, seguiti dai Paesi occidentali che si
attestano su i 300 ogni 100.000 all' anno, compresa l' Italia.
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Fattori di rischio ben noti e gravi risultano l' obesità,5 alcool, il fumo, anche passivo, il
diabete, la pressione elevata, la dislipidemia, nonché, in misura minore, lo stress, la
sedentarietà,6 l' aumento della lipoproteina Lp(a), le malattie periodontali,7 alti valori di
LDL e VLDL, l' iperomocistemia8, elevati livelli di proteina C reattiva (PCR)9 e l'
appartenenza a classi sociali meno abbienti.5
La sperimentazione degli scienziati coreani dimostra che il trapianto di staminali del
cordone ombelicale umano porta ad una forte angiogenesi compensatoria nei pazienti
infartuati, riduce l' area danneggiata e la fibrosi, migliorando anche l' attività elettrica,
soprattutto se associato alla somministrazione prolungata del Basic Fibroblast Growth
Factor (bFGF). Questo trattamento combinato migliora la funzione del ventricolo
sinistro e riduce la sua dilatazione patologica, in misura significativamente maggiore
delle due terapie separate.
I risultati del Professor Seung-Woo Cho rappresentano un rilevante passo in avanti per
future applicazioni cliniche, poiché l' angiogenesi potrebbe risultare una strategia valida,
per salvare i tessuti ischemici. Alcune studi scientifici hanno evidenziato che le staminali
cordonali inducono lo sviluppo di vasi sanguigni collaterali nelle zampe posteriori di
animali da laboratorio, colpite da occlusione arteriosa, aumentando anche il flusso
sanguigno.10 11 Per non parlare degli importanti successi da esse ottenute sull' uomo nella
cura del morbo di Buerger.12
In recenti sperimentazioni si è dimostrato che il trapianto delle staminali del cordone
ombelicale portava alla riduzione delle dimensioni dell' infarto, connesso anche a
neovascolarizzazione.13 Sembra che la maggior parte di tali cellule vada a localizzarsi in
siti peri-vascolari, senza venire incorporate nelle arteriole, formatesi per la la loro
azione. Tra questi studi risulta di particolare interesse quello realizzato dal team di
scienziati del Department of Cardiac Surgery, presso la University of Rostock
(Germania). Nell' articolo scientifico, pubblicato su Cardiovascular Research nel
numero dell' Aprile 2005, hanno reso nota la proprietà delle staminali cordonali di
concentrarsi nei tessuti cardiaci danneggiati e diminuire le dimensioni dell' area
ischemica, oltre che il deposito di collagene. La densità capillare nella zona di confine
dell'infarto è risultata di circa il 20% più alta.14
Pur non entrando, in gran numero, direttamente nel sistema vascolare delle aree colpite,
le staminali del cordone ombelicale giungono ugualmente ad avere effetti benefici sui
tessuti ischemici. Ciò grazie alla secrezione di fattori di crescita angiogenici, alcuni già
noti, altri ancora da individuare, citochine, ossido nitrico e sostanze vasoattive, che
limitano il danno del cuore, favorendone il rimodellamento.15
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Danno origine a potenti cellule progenitrici endoteliali, con un' ampia potenzialità
proliferativa in vitro ed un' intensa capacità di formare nuovi arteriole e capillari.16
Inoltre le staminali del cordone ombelicale CD34+ possono differenziarsi direttamente
in cellule endoteliali.17 Ambedue migliorano significativamente la funzione cardiaca e la
neovascolarizzazione in caso d' infarto.
Negli scorsi anni, per questa patologia, veniva ipotizzata una sinergia tra terapia genica,
alcune proteine e le staminali cordonali o di altro tipo, inducendo la creazione di vasi
sanguigni nel tessuto danneggiato, rami collaterali delle coronarie. Tuttavia fino alla
ricerca della Hanyang University nessuno aveva dimostrato con sicurezza l' efficacia del
trattamento combinato con fattori di crescita proteici.
Il Professor Seung-Woo Cho ha scelto il bFGF per le sue ottime proprietà angiogeniche
e potenzianti la funzione ventricolare, dimostrate in passato.18
Tre settimane dopo l' insorgere dell' ischemia cardiaca, ad alcuni topi anestetizzati sono
iniettate, in due siti adiacenti al miocardio infartuato, 2x107 staminali del cordone
ombelicale umane, dopo coltura e un' opportuna elaborazione,19 ed il Basic Fibroblast
Growth Factor. Prima dell' intervento tutti questi elementi terapeutici sono stati inseriti
in un veicolo composto da una matrice di fibrina, già spesso utilizzato come serbatoio
per fattori di crescita proteici, geni e cellule, che permette un rilascio graduale, per un'
intera settimana.20 21
Sei settimane dopo l' infusione, il trattamento sinergico determina un forte aumento del
numero delle staminali cordonali di origine umana ed una più vasta rigenerazione
tissutale della lesione cardiaca: l' area interessata da fibrosi risulta decisamente più
piccola, coinvolgendo solamente il 16,1% del parenchima miocardico, contro il 35,3%
nel gruppo di controllo senza terapia. Nei confronti di questo vengono ridotte le
dimensioni del ventricolo sinistro ed migliorata la sua funzionalità a 41 giorni dall'
intervento.
La parte del tessuto danneggiato, collegato elettricamente al resto del cuore, aumenta in
modo consistente. Le staminali del cordone ombelicale, insieme al bFGF, migliorano la
sua vitalità, da questo punto di vista, e la propagazione dell' impulso nelle zone di
confine tra miocardio normale e patologico. Dopo il trapianto potenziali elettrici,
derivati da ogni sito, mostrano un' ampia sincronizzazione. Questi importanti effetti
determinerebbero un abbassamento del rischio di sviluppare un' aritmia ventricolare.
Trascorso un mese e mezzo, nella zona periferica della regione ischemica viene ridotta
in misura significativa l' attività apoptotica, la morte programmata delle cellule, per
mezzo della terapia con le staminali cordonali, potenziata dal Basic Fibroblast Growth
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Factor. Il numero di cellule indotte ad iniziare questo processo autodistruttivo appare
significativamente minore: 18 per mm2, rispetto a ben 68 nei topi privi di trattamento.22
Il bFGF perfeziona l' attività curativa delle staminali cordonali, che, già da sole
presenterebbero vantaggi per l' angiogenesi terapeutica. Rispetto alle cellule periferiche
del sangue e alle progenitrici del midollo osseo manifestano specifiche capacità
proliferative: telomeri più lunghi, un ciclo cellulare veloce e la formazione di molte
colonie.23 Dal 60% al 90% delle cellule nucleate possono venir recuperate dall' unità di
staminali del cordone ombelicale congelata, anche dopo 15 anni ed in un prossimo
futuro saranno conservate per intervalli di tempo ancora più lunghi. Esse possono essere
ottenute in modo non invasivo, diversamente da quelle midollari. Inoltre va sempre
ricordata la mancanza di problemi etici e di sicurezza rispetto alle staminali embrionali,
fortemente cancerogene.
I saggi di laboratorio degli scienziati coreani evidenziano che l' espressione, cioè il
processo attraverso cui l'informazione contenuta in un gene viene convertita in una
macromolecola funzionale, del Basic Fibroblast Growth Factor risulta decisamente più
ampia nelle regioni colpite, grazie al trattamento da loro ideato. La sintesi del Vascular
Endothelial Growth Factor (VEGF), prodotto dalle staminali cordonali, come dello
stesso bFGF, viene sovra-regolata in misura maggiore. Sia il rapporto tra Basic
Fibroblast Growth Factor e beta-actina, che quello tra VEGF e quest'ultima sostanza,
appaiono fortemente accresciuti, indicando un incremento dell' azione terapeutica da
parte delle staminali del cordone ombelicale.
Contemporaneamente osservano che una parte di queste cellule vengono incorporate
nella rete vascolare della regione ischemica e molte nei capillari interni a tale area. La
densità cellulare di origine umana risulta decisamente superiore rispetto al gruppo di
controllo, trattato usando esclusivamente cordonali. Come appare aumentato il numero
di arteriole, in caso di azione sinergica delle due componenti della cura: una
concentrazione di 208 per mm2 contro 120 con le sole staminali, 145 impiegando il
bFGF ed appena 65 per mm2 nel gruppo di controllo, che utilizza il processo di
riparazione naturale.22
I risultati del Professor Seung-Woo Cho confermano quelli di un precedente studio, che
individuava la capacità delle staminali cordonali CD133+ trapiantate di prevenire
efficacemente l' assottigliamento della cicatrice fibrosa del cuore colpito da infarto.24
Recenti sperimentazioni indicano che il loro potenziale angiogenico deriva sia dalla
differenziazione in cellule progenitrici ematopoietiche, sia dalla proprietà di secernere
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fattori di crescita, che favoriscano la formazione di nuovi vasi, tra cui l' angiopoietina-1,
il VEGF ed il bFGF. 13 14
Vari rapporti clinici hanno dimostrato che la somministrazione al paziente di un singolo
gene o proteina non risulta sufficiente, per indurre effetti terapeutici significativi in caso
di malattia ischemica.25 Questa costatazione dà ancora più valore alla cura sinergica,
basata sul trapianto di staminali cordonali e terapia genica o proteica. Inoltre è stata
scoperta la possibilità ridurre il numero delle cellule necessarie per un' intensa
formazione di nuovi vasi collaterali ed per facilitare la guarigione del malato od almeno
ridurne le pericolose complicazioni, soprattutto l' insufficienza cardiaca.
Normalmente le cellule infuse nelle zone ischemiche risultano vulnerabili all' ipossia,
per mancanza di un afflusso adeguato di sangue attraverso rami delle coronarie ostruiti.
Esse appaiono maggiormente esposte all' apoptosi in uno stato d' intensa carenza d'
ossigeno.26 Perciò un' ulteriore spiegazione della forte efficacia della nuova terapia degli
scienziati coreani potrebbe venir individuata nella proprietà del Basic Fibroblast Growth
Factor di aumentare la sopravvivenza delle staminali del cordone ombelicale in questa
particolare situazione, attraverso l' induzione della neovascolarizzazione ed inibendo l'
apoptosi nel miocardio colpito da infarto.21 In passato era stato osservato che il
trasferimento del gene, che codifica per il bFGF, in cellule mesenchimali ne migliorava
la vitalità proprio in condizioni d' ipossia.27
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1) Il Professor Seung-Woo Cho lavora nel D. H. Koch Institute for Integrative Cancer Research, presso il Massachusetts
Institute of Technology, a Cambridge, MA (USA), ed nel Department of Chemical Engineering, sempre al
Massachusetts Institute of Technology. In passato ha operato nel Department of Biotechnology, Yonsei University, a
Seoul (Republic of Korea), nella School of Chemical and Biological Engineering, presso la Seoul National University,
nel Department of Bioengineering, Hanyang University, a Seoul, nel Department of Thoracic and Cardiovascular
Surgery, presso la Ajou University School of Medicine, a Suwon (Korea), e nell' Interdisciplinary Program for
Biochemical Engineering and Biotechnology, Seoul National University.
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