La pressione atmosferica Nell`atmosfera ogni strato

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La pressione atmosferica
Nell'atmosfera ogni strato d'aria subisce una pressione che è dovuta al peso
degli strati d'aria ad esso sovrastanti lungo la verticale. L'aria rimane quindi
aderente alla superficie terrestre e partecipa al movimento di rotazione della
Terra, appunto perché pesa. Poiché la pressione è un rapporto tra una forza e
una superficie, generalmente negli usi meteorologici viene usata
internazionalmente un'unità denominata millibar. In un medesimo luogo la
pressione atmosferica presenta variazioni dovute a altitudine, temperatura e
quantità di vapore acqueo.
Con il crescere dell'altezza, diminuisce lo spessore della sovrastante massa
aerea; diminuisce pertanto anche la pressione. Tale diminuzione dovrebbe
giungere fino a quasi al vuoto perfetto in corrispondenza del limite esterno
dell'atmosfera. Tale diminuzione non è però proporzionale all'altezza; essendo
infatti gli strati bassi dell'atmosfera più densi degli strati più elevati, la
pressione decresce sempre meno rapidamente man mano che ci si eleva.
Sapendo inoltre che l'aria è tanto più densa quanto più bassa è la temperatura,
ne risulta che la diminuzione della pressione con l'altezza è più rapida nell'aria
fredda che non in quella calda. E' possibile ritenere che la pressione si dimezza
ogni 5000 metri di quota. Così da 1020 mb al livello del mare si passa a circa
510 mb alla q uota di 5000 metri; a circa 255 alla quota di 10.000 metri e così
via.
ISOBARE E CONFIGURAZIONI BARICHE
Se l'atmosfera che avvolge la nostra terra fosse perfettamente immobile
rispetto alla terra stessa, se non vi fossero pertanto spostamenti di aria fredda
o calda, non vi fossero fenomeni di evaporazione o di condensazione, né
variazioni di temperatura diurna o annuale, la pressione in un dato luogo
mostrerebbe sempre un valore costante. La pressione varia con il tempo, sia
meteorologico, sia cronologico ma varia anche da luogo a luogo. La pressione
può essere in un determinato momento, alta in una località e bassa in un'altra.
Si ha pertanto una distribuzione della pressione atmosferica a un determinato
livello che può essere posta in evidenza riportando su una carta geografica, in
corrispondenza di ciascuna località, il valore della pressione, e tracciando delle
linee che uniscano i luoghi in cui la pressione presenta il medesimo valore.
Queste linee prendono il nome di isobare. Il tracciamento delle isobare pone in
rilievo configurazioni caratteristiche dette sistemi barici. I principali sono
individuati in:
•
Aree anti cicloniche (Anticicloni): successione di isobare, quasi
circolari e concentriche che si chiudono intorno ad un centro presentante
un massimo di pressione (le isobare presentano valori crescenti dalla
periferia verso il centro).
•
Cicloni (aree cicloniche) aree in cui l’aria, più calda e ricca in vapore
acqueo, si sposta verso l’alto e converge vorticosamente al centro
•
Quando si parla da aree cicloniche e anticicloniche non ci si
riferisce a valori assoluti della pressione, ma si esprime un
concetto relativo
Dove le isobare sono molto vicine la pressione cambia rapidamente; dove sono
lontane le variazioni bariche sono poco accentuate. Una valutazione esatta di
queste variazioni si ottiene tramite il gradiente barico orizzontale. Il gradiente
barico orizzontale è la differenza di pressione esistente tra due punti e la
distanza che li separa, misurata perpendicolarmente alle isobare (unità di
misura: 1mbar/111 km, cioè la differenza in millibar per ogni grado meridiano
di distanza)
Il vento
E’ il flusso d'aria parallelo al suolo, che prende origine in modo naturale
nell'atmosfera, per effetto di differenze di pressione atmosferica tra due zone
geografiche; le differenze nella distribuzione orizzontale della pressione
atmosferica causano trasferimenti d’aria che tendono a ristabilire l’equilibrio
barico (i movimenti verticali dell’aria
sono classificati come correnti). Le
differenze di pressione da cui si originano i venti sono da ricondurre a gradienti
di temperatura (cioè differenze termiche) causati da una diversa insolazione o
da differenti proprietà termiche delle superfici raggiunte dalla radiazione solare
(per esempio tra continenti e oceani).
Il vento quindi soffia dalle zone di alta pressione verso le zone di bassa
pressione e la sua intensità, cioè la velocità che può raggiungere è determinata
da due fattori :
1.
la differenza di pressione fra le zone interessate;
2.
la distanza fra le zone di differente pressione.
Quanto sopra è espresso dalla formula del gradiente barico :
I = (Pa - Pb ) / d
in cui I è l’intensità del vento che è direttamente proporzionale alla differenza
di pressione fra le due zone Pa e Pb e inversamente proporzionale alla loro
distanza d
Le aree caratterizzate da pressione atmosferica alta rispetto alla zona
circostante si chiamano anticicloni. Un anticiclone è costituito da una massa
d’aria che, per effetto della forza di Coriolis, tende a ruotare in senso orario
nell’emisfero settentrionale e in senso antiorario in quello meridionale.
Il flusso d’aria non corre in maniera diretta da un punto all’altro,
cioè con stessa direzione della forza di gradiente, ma subisce una
deviazione dovuta alla forza di Coriolis che tende a spostarlo verso
destra nell’emisfero settentrionale e verso sinistra nell’emisfero
meridionale. Tuttavia alle basse quote (meno di 600 m) è
necessario tenere anche conto dell’azione dell’attrito con la
superficie terrestre che è in grado di modificare, la direzione del
vento di circa 10° sul mare e 15-30° sulla terra, rendendo il
percorso dall’alta pressione alla bassa pressione più diretto. La
velocità del vento, o meglio la sua intensità, dipende dal gradiente
barico, cioè dalla distanza delle isobare, e si misura con uno
strumento chiamato anemometro
Alla deviazione dovuta all’effetto Coriolis si aggiunge anche quella dovuta
all’attrito con la superficie terrestre. Tali deviazioni sono dirette verso destra
nell’emisfero settentrionale e verso sinistra nell’emisfero meridionale e variano
secondo l’altitudine. Alle alte quote il vento soffia praticamente parallelo alle
isobare e questa deviazione massima diminuisce avvicinandosi alla superficie
terrestre a causa dell’attrito. L’influenza dell’attrito è differente , sul mare
determina una variazione di 10°/20°, mentre sul suolo i valori salgono a
30°/40°.
A causa dell’interazione di queste forze possiamo osservare che , nel nostro
emisfero, il vento tende ad entrare nelle aree di bassa pressione con direzione
antioraria, mentre tende ad uscire dalle aree di alta pressione con direzione
oraria, così che il movimento delle masse d’aria risulta quello raffigurato nella
figura qui appresso
I venti sono classificati in dominanti, stagionali, locali e ciclonici; questi ultimi
comprendono cicloni, uragani e tornado.
Venti periodici a ritmo stagionale
L'aria che sovrasta la terraferma è in estate più calda e in inverno più fredda di
quella che si trova a contatto con la superficie del mare (contrasti analoghi ai
venti locali ma su spazi più ampi). Durante l'estate i continenti tendono quindi
a divenire sede di basse pressioni e i venti tendono a spirare dal mare verso
terra; al contrario, in inverno, i continenti sono sede di alte pressioni, e
pertanto i venti spirano da terra verso il mare (dalle coste della Somalia alla
Cina orientale). L’esempio più classico di venti stagionali è costituito dai
monsoni, venti che interessano le regioni sud-orientali dell’Asia. Così, da
novembre a marzo, i monsoni soffiano da nord-est (dal mare verso il
continente, apportando piogge copiosissime), mentre per il resto dell’anno
spirano nella direzione opposta, da sud-ovest (dal continente verso il mare,
freddi e secchi). Questi ultimi, sono di solito accompagnati da intense piogge
nell'India e in tutto il Sud-Est asiatico e costituiscono la principale caratteristica
del clima di quelle regioni.
Venti locali o brezze
In scala minore rispetto alle variazioni stagionali di pressione e temperatura, si
verificano analoghi cambiamenti diurni, dagli effetti simili ma più limitati nello
spazio. Particolarmente in estate, la terra è relativamente più calda del mare
durante il giorno e più fredda durante la notte. Le differenze di pressione che si
producono in questo modo instaurano un sistema di brezze diretto verso terra
durante il giorno e verso mare durante la notte. Queste brezze possono
raggiungere una distanza di 50 km dalla costa, sia nell'entroterra sia in mare
aperto. (vedi figure esplicative qui sotto)
L’aria calda normalmente si trova più vicina al suolo che è la fonte del calore;
poiché essa è meno densa e quindi più leggera di quella fredda, tende a
portarsi verso l’alto. L’aria che sale è sottoposta a pressione sempre minore e
si espande perché le particelle che la compongono possono distribuirsi in un
volume maggiore. Anche il calore si distribuisce su un volume maggiore, per
cui la temperatura diminuisce. Poiché l’espansione avviene senza cessione di
calore o assorbimento di calore dall’aria circostante, si dice adiabatica.
L’aria che è salita verso l’alto viene sostituita da aria più fredda e più densa
che si dirige verso il basso (subsidenza). Si instaura così una circolazione
verticale convettiva, che dobbiamo immaginare suddivisa in celle o bolle. Il
meccanismo che abbiamo descritto si verifica continuamente nell’atmosfera
terrestre, ed è alimentato dal calore solare.
Convezione. Quando l'aria calda, meno densa, sale verso l'alto, si crea un'area
di bassa pressione. L'aria poi si raffredda e scende verso il suolo creando una
zona di alta pressione.
Alla base di una colonna d’aria ascendente si forma una zona di bassa
pressione, mentre dove l’aria scende verso il suolo si forma una zona di alta
pressione.
Si chiama gradiente barico il rapporto tra la differenza di pressione atmosferica
che si instaura tra due punti e la loro distanza orizzontale. Quanto più elevata
è la differenza di pressione tra due masse d’aria e minore è la loro distanza,
tanto maggiore risulta il gradiente barico o la forza di gradiente.
L’atmosfera tenta costantemente di ripristinare l’equilibrio, e quindi l’aria si
muove dalle zone di alta pressione verso quelle di bassa pressione, generando
in tal modo i venti.
Tanto maggiore è la forza di gradiente tra una zona di alta pressione e una di
bassa pressione tanto maggiore sarà la velocità con cui l’aria si sposterà da
una zona all’altra.
I venti e la forza di Coriolis
I venti sono masse d'aria in movimento che possono raggiungere estensioni di
centinaia di chilometri soffiando sempre da zone di alta pressione (aree
anticicloniche)
verso
zone
di
bassa
pressione
(aree
cicloniche).
Il vento può essere un fenomeno locale o di ampia portata, può essere secco o
carico di umidità, freddo o caldo, debole o molto intenso.
L'intensità (cioè la velocità) che un vento può raggiungere dipende dalla
differenza di pressione tra la zona di origine e quella di destinazione e dalla
distanza tra le due zone e viene calcolata con la formula del gradiente barico:
La formula del gradiente barico mette in evidenza il fatto che l'intensità del
vento (G) è direttamente proporzionale alla differenza di pressione tra le due
aree e inversamente proporzionale alla loro distanza.
Occorre comunque tenere presente che, avvicinandosi al suolo, il vento viene
rallentato a causa dell'attrito con la superficie terrestre, mentre alle alte quote
è libero di correre senza ostacoli. Il rallentamento dovuto all'attrito è sensibile
soprattutto in presenza di catene montuose, mentre è minimo sulla superficie
dei mari e degli oceani.
La direzione seguita dal vento dovrebbe essere quella del gradiente
(perpendicolare alle isobare) ma questa regola non viene rispettata a causa di
due fattori:
a) la forza deviante (forza di Coriolis) dovuta alla rotazione terrestre
b)
l'attrito
con
il
suolo.
In conseguenza del fatto che la Terra ruota su se stessa, il vento subisce una
deviazione nel suo moto che nell'emisfero nord è diretta verso destra rispetto
alla direzione del gradiente mentre nell'emisfero sud è diretta verso sinistra.
Effetto Coriolis nell'emisfero nord
La deviazione dovuta alla forza di Coriolis risulta massima alle alte quote
mentre diminuisce al suolo a causa dell'attrito. Tra la direzione del gradiente
(che è perpendicolare alle isobare) e la direzione del vento c'è mediamente un
angolo
di
20°
30°.
Nel nostro emisfero il vento tende quindi a entrare nelle aree di bassa
pressione con direzione antioraria, mentre tende a uscire dalle aree di alte
pressioni
con
direzione
oraria.
La forza di Coriolis induce, nelle masse d'aria, un movimento rotatorio e le
masse d'aria, anziché fluire direttamente dalle zona di alta pressione a quelle
di bassa pressione, ci si arrotolano intorno, dando luogo ad enormi vortici: i
cicloni e gli anticicloni.
La forza di Coriolis e' una forza inerziale. Con le forze inerziali ci misuriamo
ogni volta che andiamo in treno o in automobile. Sono forze che si oppongono
al "cambiamento" di velocita' sia come intensita' che come direzione (e' proprio
ciò che accade nelle frenate e nelle curve in automobile o in treno).
La forza di Coriolis in particolare riguarda il moto di un corpo che si trova in un
sistema
di
riferimento
rotante
(come
la
Terra).
Se il corpo è in quiete, si manifesta soltanto una forza centrifuga. Se invece il
corpo è in moto esso "tende a conservare" la velocita' dovuta al suo moto,
oltre a quella impressagli dalla rotazione; in piu', la velocita' impressagli dalla
rotazione varia mentre il corpo si sposta.
Una corrente d'aria che si diriga dal punto A del polo nord verso il punto B
dell'equatore, parte da un punto in cui la velocità lineare è minima e si dirige
verso il punto in cui la velocità lineare è massima. Poiché mantiene la sua
velocità iniziale resta "indietro", rispetto alla rotazione della Terra.
Al contrario una corrente che proviene dall'equatore avra' una velocita' lineare
maggiore di quella che dovrebbe avere vicino ai poli per seguire la rotazione
terrestre, e percio' "girera' piu' veloce della Terra", cioe' deviera' ancora verso
la
sua
destra.
Questo nell'emisfero settentrionale. Nell'emisfero meridionale la deviazione
sarà invece verso la sinistra della corrente d'aria.
Circolazione generale dell'atmosfera
Tra suolo, atmosfera e oceani avvengono continui scambi di materia ed
energia.
L’atmosfera assorbe calore dalla superficie terrestre; questo calore fa
aumentare la sua energia potenziale, quindi la sua capacità di fare un lavoro,
come spostare masse d’aria. Poiché la maggior parte del calore e della luce
solare cadono sulle regioni equatoriali, l’assorbimento di calore da parte
dell’atmosfera non è uniforme; si creano così differenze di temperatura da
zona a zona, cioè gradienti termici orizzontali. Ai gradienti termici
corrispondono gradienti barici, ossia differenze di pressione.
Per favorire l’uniforme distribuzione del calore, l’atmosfera cerca di attuare, su
distanze di migliaia di chilometri, un mescolamento tra l’aria fredda polare e
l’aria calda equatoriale. Tuttavia l’equilibrio termico non viene mai raggiunto,
perché il Sole che è una fonte di energia praticamente inesauribile, ricrea
continuamente le differenze attraverso le sue radiazioni.
L’aria fredda si muove dunque dai poli verso l’equatore e l’aria calda in verso
opposto. Masse d’aria con caratteristiche molto diverse entrano in contatto e in
conflitto tra loro, innescando una varietà di fenomeni, alcuni diluiti nel tempo,
altri concentrati in pochi istanti.
La parte inferiore dell’atmosfera è quindi sede di una infinità di fenomeni,
causati in primo luogo dalla diversità con cui il sole riscalda le calotte polari e
la fascia equatoriale. Il principale protagonista di questi fenomeni è il vapore
acqueo.
Circolazione globale nella bassa troposfera
Nella bassa troposfera la circolazione dell'aria è fortemente influenzata dalla
presenza e dalla disposizione delle masse continentali e dei rilievi e dal diverso
comportamento termico dei mari rispetto ai continenti. Nei fluidi, e quindi
anche nell'aria, i trasferimenti di calore avvengono per convezione con la
formazione di celle convettive. Nella bassa troposfera la circolazione si
suddivide in tre grandi celle convettive per ciascun emisfero che danno vita ad
altrettanti sistemi di venti
All’Equatore l’aria sale lungo una colonna di 10-12 chilometri e quindi si muove
in direzione dei poli. Durante il suo movimento verso Nord viene deviata verso
est per l’effetto Coriolis. Inoltre, poiché i paralleli sono cerchi progressivamente
sempre più piccoli, quest’aria viene anche ammassata e compressa man mano
che procede verso Nord (nell’emisfero boreale). Fra i 25 e i 35 gradi di
latitudine nord la compressione fa aumentare la densità fino a costringere una
parte degli strati superiori di aria a discendere, creando sulla superficie
terrestre le aree tropicali di alta pressione, relativamente calme. La subsidenza
inibisce la formazione di nubi e questa è la ragione per cui molti grandi deserti
si trovano fra le latitudini 30° N e 30°S. Quando l’aria discendente raggiunge il
suolo, una parte fluisce verso l’Equatore, deviando verso ovest (nell’emisfero
nord) e chiude la prima cella. Quest’aria forma gli alisei, venti costanti che
soffiano stabilmente da nord-est nell’emisfero nord e da sud-est nell’emisfero
sud.
Questa prima cella è quindi caratterizzata da divergenza verso l’alto e da
convergenza verso il suolo. La zona di convergenza viene anche detta zona
delle calme equatoriali perché al suolo non si avvertono spostamenti di aria.
All'equatore, la locale direzione verticale forma un angolo retto con l'asse di
rotazione della Terra. Questo fa sì che l'effetto Coriolis non abbia qui
importanza come non è molto importante sulla maggior parte delle latitudini
tropicali.
Nella fascia delle medie latitudini (da 30° a 50-60°) si ha un’altra cella di
circolazione. Parte dell’aria divergente alla superficie vicino alla latitudine di
30° N si muove verso il polo ed è deviata ad est per l’effetto Coriolis formando
i venti prevalenti occidentali. A circa 60° N l’aria risale, si raffredda, si
condensa e forma nuvole e precipitazioni. Parte dell’aria che risale ritorna
verso i tropici dove scende nuovamente per chiudere la seconda cella. In tal
modo, ai tropici la pressione si mantiene permanentemente alta.
Nella zona polare, a Nord di 50°-60° si ha una cella analoga a quella di Hadley
con aria che sale lungo il fronte polare, scende ai poli e quindi si sposta verso
Sud. L’aria che discende ai poli si raffredda e provoca l’alta pressione sopra i
poli. L’aria che si sposta verso sud viene deviata a destra dalla forza di Coriolis
formando i venti polari orientali.
Quando, nel loro moto verso i poli, i venti occidentali incontrano i freddi venti
polari, a causa dell’interazione fra masse d’aria calda e le masse d’aria fredda
si origina una fascia di perturbazioni che è nota come fronte polare. Esiste un
fronte polare nell’emisfero settentrionale e un fronte polare nell’emisfero
meridionale. È lungo il fronte polare che, come vedremo, si spostano le
numerose perturbazioni delle medie latitudini. Il fronte polare si sposta nel
corso dell’anno: si eleva in latitudine durante l’estate e discende in inverno;
nell’emisfero nord, può giungere fino alla latitudine del Mediterraneo in
inverno, mentre in estate si posiziona alla latitudine della Scozia e della
Norvegia.
Deviazione della direzione dei venti causata dal moto di rotazione della Terra
(effetto Coriolis).
Circolazione nell’alta troposfera
Intorno ai 5000 metri di altitudine le condizioni di pressione risultano invertite
rispetto a quelle della bassa troposfera, ossia la pressione atmosferica della
zona equatoriale è più alta di quella delle zone polari. L'aria sollevata nella
fascia equatoriale tende a essere richiamata verso i poli. Si originano quindi
venti che spirano dall’equatore (alta pressione) verso i poli (bassa pressione).
Questi venti vengono deviati a causa della rotazione terrestre e quindi si
muovono da ovest verso est, secondo la direzione dei paralleli, alla velocità
costante di 90-100 km/h. Essi sono chiamati correnti occidentali d’alta
quota
ed
interessano
quasi
tutto
il
globo.
Nella fascia intertropicale è invece presente una più ristretta corrente orientale.
Il fatto che l’altezza della tropopausa vada diminuendo dalla zona tropicale (16
km) alle zone polari (10 km) fa aumentare gradualmente la velocità delle
correnti occidentali. Ai limiti della troposfera, in vicinanza della tropopausa,
queste correnti sono il più veloce tra i flussi atmosferici, e prendono il nome di
correnti a getto (jet stream), venti che hanno velocità variabile dai 60 km/h
nella stagione estiva, ai 150 km/h con punte di 400-500 km/h in inverno
quando
i
contrasti
termici
sono
più
accentuati.
Le correnti a getto trascinano i venti occidentali, che viaggiano a quote più
basse, dando luogo ad una circolazione nelle direzione dei paralleli che viene
detta circolazione zonale.
In ciascun emisfero ci sono due correnti a getto: una corrente a getto polare
ad alta latitudine (45° - 60°) e una corrente a getto subtropicale a bassa
latitudine (25° - 30°). Le correnti a getto polari si trovano alla quota di 10 km,
mentre le subtropicali si trovano alla quota di 13-14 km.
Le correnti a getto non seguono perfettamente la direzione dei paralleli ma
serpeggiano formando meandri con anse e promontori. I promontori si
spingono a Sud e sono sedi di basse pressioni; le anse sono rivolte a Nord e
sono sedi di alte pressioni. Promontori ed anse sono quindi rispettivamente
aree cicloniche e aree anticicloniche.
Le onde, chiamate onde di Rossby, si spostano da Ovest a Est, e con esse
queste celle che sono fonti di perturbazioni e responsabili dell’instabilità del
tempo nelle zone a media latitudine.
Le celle non sono un fenomeno continuo, ma si formano e si dissipano
periodicamente senza regolarità. Superata una certa ampiezza, le onde si
strozzano alla base e le celle si separano. Le celle di alta pressione, contenenti
aria fresca restano circondate da aria calda, mentre quelle di bassa pressione,
che contengono aria calda, restano intrappolate nella zona settentrionale
fredda.
Riassumendo, le teoria moderne sulla circolazione dell’atmosfera sostengono
che tutti i fenomeni che si svolgono al suolo ai limiti della troposfera dipendono
dalla posizione in latitudine, dalla velocità e dall’ampiezza delle ondulazioni
delle correnti zonali: il sistema di venti della fascia intertropicale sarebbe un
fenomeno secondario, conseguenza e non causa della circolazione generale:
• Gli alisei vengono interpretati come correnti orientali zonali che a
contatto con il suolo subiscono una torsione a causa dell’attrito (infatti
sopra gli 800 m spirano nella loro direzione originaria, da Est a Ovest, e
ancora più in alto, intorno ai 9 km scompaiono per lasciare posto ai venti
occidentali, che soffiano ad ogni latitudine fino a quote superiori alla
tropopausa)
• I monsoni non vengono più interpretati come gigantesche brezze di mare
e di terra, il monsone SW, che si stabilisce nel semestre estivo sopra
l’oceano indiano e l’India non è che la corrente occidentale equatoriale,
che in estate migra verso l’emisfero boreale; il monsone di NE che spira
nel semestre invernale sull’oceano indiano, è la normale corrente
dell’aliseo, che si ristabilisce d’inverno a quelle latitudini
• A queste cause dinamiche si sovrappongono però sempre i fattori termici
della concezione classica: in prossimità della S terrestre essi accentuano
la loro azione, rinforzando la velocità e mascherando la direzione delle
originarie correnti zonali.
L’UMIDITA’ DELL’ARIA E LE PRECIPITAZIONI
Il vapore acqueo proviene principalmente dalla continua evaporazione del mare
e anche dalla traspirazione delle piante; l’intensità dell’evaporazione varia
soprattutto con la T ma anche con la velocità del vento e con la secchezza
dell’aria della S evaporante. La traspirazione è influenzata principalmente
dall’insolazione.
La quantità di vapor d'acqua presente nell'aria può essere misurata attraverso
due parametri: l'umidità assoluta (U.A.) e l'umidità relativa (U.R.).
L'umidità assoluta è la quantità di acqua, espressa in grammi, presente in un
m3 di aria (g/m3). Tale quantità è variabile e dipende dalla temperatura
dell'aria. Maggiore è la temperatura, maggiore è la quantità d'acqua che può
essere presente nell'aria. (diminuisce dalle regioni equatoriali - 20/25g.m-3 alle
regioni
polari
–
1/2
g.
m-3)
L'umidità relativa è il rapporto tra la quantità di vapor d'acqua effettivamente
presente in un certo volume d'aria e la massima quantità che lo stesso volume
d'aria potrebbe contenere a quella temperatura. Le variazioni di umidità
relativa
si
possono
quindi
produrre
per:
a) variazione della quantità di vapor d'acqua presente per unità di volume
d'aria;
b) variazione della temperatura dell'aria. L’ U.R. varia in senso in verso rispetto
alla T: diminuisce nelle zone e nei periodi più caldi e aumenta nelle zone e nei
periodi più freddi (diminuisce anche con l’altitudine, ma molto irregolarmente)
Quando l'umidità relativa raggiunge il 100%, inizia il fenomeno della
condensazione (cioè quando l’aria è satura di vapore acqueo, ogni eventuale
eccesso deve essere eliminato: condensazione o sublimazione, quando la T è
molto bassa; ad un eccesso di vapore si può giungere o per aggiunta di vapore
o
per
raffreddamento
dell’aria
già
satura).
Data una massa d'aria con una certa umidità relativa, è detto punto di
saturazione o punto di rugiada la temperatura alla quale l'umidità relativa
raggiunge il 100%.
Le nubi e le nebbie
Le nebbie sono costituite, come le nubi, da goccioline liquide formatesi per i
processi ricordati precedentemente (aumento del contenuto di vapore dovuto
ad effetto dell’evaporazione di una superficie sottostante o al raffreddamento
per emissione di energia radiante, per contatto dell’aria con una superficie
fredda o per mescolanza di una massa d’ari più fredda). Si formano attorno a
nuclei di condensazione vicino al suolo, quando l’aria umida si trova a contatto
con superfici fredde. Le nubi sono costituite da piccolissime gocce d’acqua o da
cristalli di ghiaccio. Queste gocce sono dovute alla condensazione del vapore
acqueo contenuto nell’atmosfera intorno a minuscole impurità chiamate nuclei
di condensazione (cristalli di sale, pulviscolo, granelli di polline, ecc.).
Le diverse formazioni dipendono dalla temperatura alla quale avviene la
condensazione. Quando la condensazione si verifica a temperature inferiori a
quella di solidificazione dell’acqua, le nuvole sono solitamente composte di
cristalli di ghiaccio, mentre quelle formate in aria più calda sono di solito
composte da gocce di acqua.
Anche il movimento dell’aria influisce sulla formazione di nubi. Le nuvole che si
formano in aria calma tendono ad apparire laminari o stratificate, mentre
quelle formatesi in condizioni di vento o in aria con forti correnti verticali hanno
l’aspetto di torri.
Formazione delle nubi
Mentre una massa d’aria sale di quota e si raffredda, diminuisce gradualmente
la quantità di vapore acqueo che può contenere. Quando la massa d'aria
raggiunge il punto di rugiada, essa diviene satura di vapore acqueo e inizia a
condensare. Il punto di rugiada e quindi la quota dove ha inizio la
condensazione variano a seconda dell’umidità iniziale dell’aria ascendente:
tanto più alta è l’umidità iniziale, tanto più basso sarà il livello al quale avrà
luogo la condensazione.
Nubi e precipitazioni
Le nubi non sono masse di aria e acqua inerti, ma sono in un continuo stato di
disfacimento e riformazione, in quanto una parte del prodotto della
sublimazione o della condensazione si porta normalmente verso il basso, ma
rievapora quando incontra strati di aria più caldi. Quando le goccioline d’acqua
o le particelle di ghiaccio raggiungono dimensioni tali da non potere essere più
sostenute dall’aria, hanno luogo le precipitazioni. Non tutti i tipi di nubi
generano le precipitazioni: esse provengono solo dalle nubi a notevole
spessore, con la base a quota non molto elevata, in particolare da nubi miste,
costituite da particelle di acqua e ghiaccio (nembostrati, cumulinembi e nembi)
Distribuzione delle precipitazioni
Disuguale (zone aride e umide, ma esistono variazioni anche nella stessa
località nel corso dell’anno)
Periodi di osservazione lunghi à valori medi
Rappresentazione tramite isoiete (linee che congiungono i luoghi che ricevono
la stessa quantità media di precipitazioni annue o mensili)
Le perturbazioni e i cicloni extratropicali
Accanto alle vaste aree cicloniche e anticicloniche permanenti che interessano
l'intero pianeta, si formano cicloni e anticicloni temporanei, che durano pochi
giorni e che si mantengono costantemente in movimento sospinti dai venti
dell'alta
troposfera.
A seconda della latitudine in cui avvengono i cicloni si dividono in due
categorie:
cicloni
extratropicali
e
cicloni
tropicali.
I cicloni tropicali interessano la fascia compresa tra i tropici e sono determinati
dalla convergenza di masse d'aria tropicali che si verifica nella zona di
convergenza
intertropicale
(basse
latitudini).
I cicloni extratropicali si verificano alle medie latitudini di entrambi gli emisferi.
Cicloni extratropicali
Alle medie latitudini ad alta quota spirano le correnti a getto che scorrono
velocemente da ovest a est con andamento rettilineo ma quando rallentano
tendono a ripiegarsi in ampie ondulazioni (onde di Rossby) formando
promontori di aria fredda polare e saccature di aria calda tropicale. I
promontori di aria fredda scendono verso i tropici mentre le saccature di aria
calda salgono verso i poli. A causa degli opposti movimenti, promontori e
saccature finiscono per staccarsi formando delle celle che si dirigono verso est.
Le celle d'aria calda portandosi su regioni fredde diventano anticicloni mentre
le celle d'aria fredda scaldandosi al passaggio su regioni calde diventano
instabili
e
danno
luogo
a
cicloni.
Nel nostro emisfero gli anticicloni ruotano in senso orario mentre i cicloni
ruotano in senso antiorario.
Le masse d'aria, spostandosi, tendono a scontrarsi e dato che non si
mescolano perché hanno caratteristiche fisiche diverse, producono situazioni di
grande contrasto di temperatura e di turbolenza più o meno accentuata.
La superficie di contatto tra due masse d'aria viene chiamata superficie
frontale, mentre la sua proiezione al suolo prende il nome di fronte.
Un fronte freddo si verifica quando una massa d’aria più fredda (massa d’aria
polare) si dirige verso una regione dove già esiste una massa d'aria più calda
(massa
d’aria
tropicale).
In questo caso, l’aria fredda, più densa e pesante si incunea sotto l’aria calda
più leggera, sollevandola. Lungo la superficie del fronte dapprima si forma una
lieve ondulazione verso il polo, che dà origine a un centro di bassa pressione,
poi l’ondulazione si accentua e l’aria fredda solleva sempre più in alto quella
calda. Si crea così una corrente di aria calda ascendente che per la rotazione
terrestre, assume moto vorticoso (senso antiorario nell’emisfero boreale orario
in quello australe). Poi l’aria calda viene definitivamente separata dal suolo, la
velocità del vortice diminuisce, la depressione si colma e si estingue. Queste
depressioni si formano in famiglie di 4 o 5 e si spostano da ovest a est (per i
venti occidentali). Il fronte verso il quale convergono aria calda tropicale e aria
fredda polare nel nostro emisfero si sposta verso Nord in estate e verso Sud in
inverno (con lo spostarsi delle aree anticicloniche permanenti e stagionali)
anche la traiettoria dei cicloni extratropicali oscilla durante l’anno (maggior
frequenza di perturbazioni in inverno)
Depressioni e cicloni tropicali
Profondissime depressioni bariche di limitata estensione si formano in
prossimità dell’equatore, dove l’aria è molto calda e umida e gli alisei dei 2
emisferi vengono a diretto contatto tra loro o si incontrano con la corrente
occidentale equatoriale. Un’ipotesi per l’origine di questo fenomeno è che i
venti di provenienza opposta e l’alta T producano forti moti ascendenti e
rotatori , facendo nascere un vortice del diametro di poche decine di km che
poi si allarga progressivamente. Il sollevamento dell’aria umida marittima, che
affluisce a ritmo sempre più intenso, provoca la condensazione del vapore
acqueo e la liberazione del calore latente. Si origina una perturbazione con
venti violentissimi, della durata di due o tre settimane, che si sposta dalla zona
di formazione da E a Ovest, deviando gradualmente verso NO per la rotazione
terrestre (verso SO nell’emisfero australe). Si presentano in determinate
stagioni vicino ai tropici senza regolarità; si sviluppano sula mare e e si
estinguono all’arrivo sulla terra ferma e hanno maggior frequenza in tarda
estate
–
inizio
autunno.
.
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