Comune di Berchidda Documento generato il 02-06-2017 La geografia, la storia Image not readable or empty /public/frontend/media/berchidda/ckfinder/images/berchidda.jpg Adagiato alle pendici meridionali della catena del Limbara, che nel territorio di Berchidda raggiunge i 1362 metri con Punta Sa Berritta, e protetto dalle sue granitiche alture, il paese, che ha la forma di una mezzaluna, degrada dolcemente verso occidente sino ad abbracciare la pianura percorsa dal fiume Silvani, che porta le sue acque nel bacino artificiale del Coghinas. Lungo la vallata, in direzione ovest-est, il territorio comunale, è attraversato dalla Statale 597 e dalla ferrovia Cagliari-Olbia. Diverse sono le vie di comunicazione che dalle campagne si dirigono verso il centro abitato. Il luogo offre al visitatore particolari aspetti paesaggistici, di indubbio interesse naturalistico: rocce modellate dal tempo e dal lavoro, boschi di querce e lecci secolari, ampi e moderni vigneti, sorgenti e cascatelle d’acqua che precipitano a valle dalle montagne retrostanti e che, a primavera, sono l’unica sinfonia che accompagna la passeggiata di chi ama confondersi con le bellezze naturali. Gli abitanti registrati nel censimento del 2011 sono 2899. Il centro abitato, esteso per 35 ettari, è situato a un’altitudine media di 300 metri s.l.m. Il territorio, che si estende per 201,88 kmq, è caratterizzato da terreni e rocce di origine eruttiva del Paleozoico. La tipologia del rilievo è quella granitica, affascinante soprattutto per i massi scavati che formano vere e proprie grotte, utilizzate in diverse epoche come sepolture, abitazioni, ricoveri per animali. Le condizioni climatiche sono quelle delle zone interne sarde, con temperature medie di 15°. Un’influenza importante sul clima è data dal lago Coghinas, che aumenta l’umidità della zona, tanto che in alcune parti dell’anno si hanno fitte coltri di nebbia. A 4 km dal centro abitato, a nord, sorge l’area demaniale del Monte Limbara, curatissima e accogliente, dove i corbezzoli, i mirti, i lentischi e i ginepri sono protagonisti dell’ambiente insieme ad alberi e arbusti impiantati in questi ultimi decenni. Di particolare interesse naturalistico il “Giardino delle farfalle”. Questo sito è diventato da qualche anno un teatro all’aperto in occasione della rassegna Time in Jazz. Qui i musicisti provenienti da diverse parti del mondo si confrontano con le loro esperienze musicali e improvvisano, sollecitati dal silenzio e dalla bellezza di anfratti naturali e boschi, nuove creazioni, sempre singolari e gradite al pubblico. Il tessuto urbanistico di Berchidda, situato a ridosso delle alture di Monte Ruinas e Sant’Alvara, è molto mutato in questi ultimi anni, ma il centro storico conserva l’aspetto di un tempo: vie e vicoletti si alternano tra facciate di granito dalle piccole finestre e balconcini, ristrutturati recentemente con sobrietà e grande rispetto per il passato. Al XVII secolo risale la chiesetta del Rosario, a una sola navata e dalla semplice facciata sulla quale spicca una bifora; sul tetto si erge una torretta con una piccola campana. Attigua alla chiesetta la parrocchiale, dedicata a San Sebastiano, interamente ricostruita negli anni Settanta del Novecento, che custodisce al suo interno un altare ligneo policromo barocco, recentemente restaurato, risalente alla prima metà del Settecento. Di particolare interesse artistico anche il bassorilievo di Gavino Tilocca che rappresenta la Via Crucis. La storia Numerosi dolmen, domus de janas, tombe di giganti, tafoni, nuraghi, strutture difensive megalitiche come quella di Pedriscalas e S’Iscala Serrada, attestano la presenza dell’uomo nella regione sin dal Neolitico. Ancora, le fortificazioni di Monte Acuto, Giolzia e Terramala, e i miliari rinvenuti confermano che la zona fu importante area di transito e sempre abitata da popolazioni le cui attività preponderanti erano l’agricoltura e la pastorizia. Scarse sono le notizie relative alla presenza punica nel territorio, anche se il ritrovamento a sud del paese, in località Zonza, di alcune monete testimonia i rapporti commerciali con i Punici che frequentavano l’area olbiese. Quando la Sardegna divenne romana (secoli III-II a.C.) i rapporti con i nuovi arrivati furono conflittuali dal momento che, mentre alcuni gruppi si assoggettarono, altri preferirono la libertà e si rifugiarono sulle montagne, dedicandosi soprattutto all’allevamento di capre. Un cippo ritrovato lungo un corso d’acqua presso San Salvatore di Nulvara attesta il confine tra le popolazioni romanizzate e quelle ribelli, i Balari. L’intera zona era attraversata dalla strada romana Olbia-Turris Libisonis (l’odierna Porto Torres). Qualche decennio fa, lungo il letto del fiume Silvani, sono venute alla luce tracce del ponte e della carreggiata. Interessante, dal punto di vista storico e numismatico, il ritrovamento nel 1918 a sud-est del paese, in località Sa Contrizzola, di un tesoretto: comprendeva 1198 monete romane di età repubblicana, datate tra il 268 e l’82 a.C., conservate oggi nel Museo Archeologico di Sassari. Si è ipotizzato che costituisse il frutto di un furto subito da un ufficiale pagatore dell’esercito romano ad opera di un balaro che, braccato dai romani, interrò il bottino e non ebbe più la possibilità di recuperarlo. Poco si sa del periodo bizantino (secoli VI-X), a parte qualche toponimo; la popolazione si era distribuita in diversi villaggi tra i quali Berchidda, presso il Monte Ruinas, San Salvatore di Nulvara, Resteblas e forse Golomei. Dopo l’anno 1000 la zona ricoprì un ruolo importante tanto che il castello di Monte Acuto, di cui oggi rimangono tracce di fortificazione, una cisterna e alcune fondamenta, divenne punto di incontro per attività non solo politiche e commerciali, ma anche militari. Nei secoli XII e XIII la regione e il castello furono contesi tra Pisani e Genovesi, perché snodi strategici tra Logudoro e Gallura e centro di produzione cerealicola. Nel XIV secolo il territorio fu conteso tra i Catalani e il giudicato d’Arborea, al quale Berchidda appartenne per un lungo periodo. Infine, quando i Catalani, nel secolo XV, ebbero il controllo di tutta l’isola, il territorio di Berchidda fu infeudato a Bernardo De Centelles. Con la dominazione catalana e spagnola (secoli XV-XVIII) la regione, come tutta l’isola, subì una grave crisi sociale ed economica. A questo periodo, in occasione della peste del 1652, si fa risalire lo spostamento dell’abitato da Monte Ruinas all’attuale sede. Entrò in crisi anche il culto di San Sisto e venne introdotto quello di San Sebastiano, attuale patrono del paese, perché ritenuto capace di una protezione più efficace contro il terribile morbo. Il successivo dominio sabaudo trasformò in parte la vita delle popolazioni. I documenti relativi a questo periodo storico e relazioni come quella dell’Angius ci riferiscono che gli abitanti (883) erano dediti ad attività agro-pastorali fiorenti, ma vessati ancora da esazioni feudali molto gravose. I principali problemi che emersero nella prima metà dell’Ottocento furono quelli legati al feudalesimo, istituzione ormai anacronistica, della quale era matura l’abolizione. Tappa fondamentale fu l’Editto delle chiudende, che incoraggiava la chiusura dei terreni non soggetti a servitù di pascolo, assegnando così diritti di proprietà. Come si verificò in molte realtà, anche a Berchidda i benestanti riuscirono ad impossessarsi a scapito dei più deboli di grandi latifondi. Questo è anche il periodo che segna la nascita dei contrasti con i paesi di Oschiri e di Monti per il possesso delle terre (sono raccontati nella Cronaca di cui si parla nella “Piccola antologia”). Un momento importante dal punto di vista economico fu la costruzione, negli anni Settanta dell’Ottocento, della tratta ferroviaria Chilivani-Olbia, che passa a due chilometri dal paese. Nel 1913 nacque, grazie all’interessamento di un gruppo di notabili tra i quali Pietro Casu, la banda musicale intitolata a Bernardo De Muro, famoso tenore del tempo che orgogliosamente ha festeggiato i suoi cento anni di vita. I primi decenni del secolo furono anni nei quali molti cercarono un miglioramento sociale ed economico partendo per l’America: lasciarono il paese oltre 200 emigranti. La partecipazione dei berchiddesi alla prima guerra mondiale è ricordata dal Monumento ai Caduti, eretto nel 1922 a fianco della chiesa parrocchiale. Nel Ventennio fascista aumentò la produzione del grano sia tenero che duro, tanto che nel 1938 il paese ricevette un premio da Mussolini. Intanto le donne berchiddesi si impegnavano nella produzione dell’orbace, molto richiesto dal regime. Nel 1935 re Vittorio Emanuele III concesse a Berchidda lo stemma che reca la scritta latina «Salverò la fedeltà e la stirpe» e comprende le immagini di un aquilotto del Limbara, del paesaggio collinare e del castello di Monte Acuto. Così come era accaduto per la prima guerra mondiale, anche la seconda segnò per il paese la perdita di numerose vite umane. Gli anni seguenti videro un folto numero di berchiddesi emigrare alla volta della Penisola e dell’Europa. Ma fu anche il periodo in cui si svilupparono diverse esperienze legate al modello cooperativistico. Sorsero allora importanti attività nel settore lattiero-caseario, vitivinicolo, olivicolo; gli allevatori locali furono tra i primi nell’isola a credere nella selezione del bestiame soprattutto ovino. A questo proposito costituisce ancora oggi un appuntamento importante per gli operatori del settore la tradizionale fiera ovina che si svolge a maggio. Nel 1999 è stato aperto, ai piedi del colle di Sant’Alvara, il Museo del Vino-Enoteca Regionale. Lungo il percorso didattico, che costituisce uno dei punti forti della struttura, vengono fornite informazioni sulla storia dei vitigni in Sardegna e si possono vedere gli attrezzi da lavoro per la coltura, la lavorazione e l’imbottigliamento dei vini. L’illustrazione materiale è supportata da un sistema multimediale che, con software e immagini virtuali, descrive le realtà enologiche del territorio e dell’intera isola. Nella struttura è presente anche un’area destinata alla degustazione e alla vendita dei vini. Sezione: Il Paese